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Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio Salmo 84,6 Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio Salmo 84,6 Ke Ka Kò il il KERIGMA KARISMA KOINONIA ANNO III #1 MARZO 2019

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e decide nel suo cuore il santo viaggio Salmo 84,6

Ke Ka Kòilil

KERIGMA KARISMA KOINONIA

ANNO III • #1 • MARZO 2019

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1 «NON BISOGNA AVERE PAURA DI DIRE CHE SI È CRISTIANI»

A tu per tu

5 SONO STATA INVITATA AD UN INCONTRO DI PREGHIERA E LA MIA VITA È CAMBIATA RADICALMENTE

La testimonianza

8 PADRE RICARDO

10 CHIAMATI ALLA MISERICORDIA Quaresima 2019

27 ABRAMO. IL PELLEGRINO GUIDATO DAL SIGNORE Figure della Bibbia

28 LA NOSTRA VIA DI DAMASCO

29 UN ARCOBALENO DI COLORI News da New York

30 “ALLORA IL DESERTO DIVENTERÀ UN GIARDINO”

News dalla Spagna

31 «CHIAMATECI PAZZI, NOI SEGUIAMO GESÙ» News da Roma

32 L’EVANGELIZZAZIONE NON È IMPORTANTE, È INEVITABILE! News dalla Scuola di Evangelizzazione

33 «IL SIGNORE PARLA AI NOSTRI CUORI»

News dalla Scuola di Evangelizzazione

34 IL MESSICO SARÀ TESTIMONE

INCONTRO DI EVANGELIZZATORI

IRLANDA: UN INCONTRO GIOVANI SPECIALE News dalla Sede Federale

35 QUESTO LUOGO DIVENTERÀ LA NOSTRA CASA

SLOVACCHIA: PRIMO MEETING DEI GIOVANI DELLA KOINONIA News dalla Sede Federale

36 INDIA: LA PAROLA DI DIO CORRE

RICORDANDO EMANUELE E FRANCA News dalla Sede Federale

SOMMARIO

DIRETTORE RESPONSABILE:Nicola Scopelliti

SEGRETERIA: Mario Zuccato

REDAZIONE:Federazione delle Koinonie Giovanni Battista, Via Casale, 20 36010 Cogollo del Cengio (VI) Tel. 0445 320442 E-mail: [email protected]

HANNO COLLABORATO:Argañaraz Ricardo, Bergamin Giacomo, Biccheri Adriano, Bocchin Sandro, De Nardi Giuseppe, Girelli Letizia,Grammatica Alvaro, Hakos Marcel, Hetzyg Robert, Iacuitto Francesco Maria,Keller Andrej, Kiss Pavol, Hernández Montes Francisco, Olejnik Miriam, Padula Giulia Thérèse,Rossi Manuel, Tomasella Laura,Trevisan Patrizio, Zuccato Alessandra

DIFFUSIONE E AMMINISTRAZIONE:Mario Zuccato

PROPRIETARIO:Federazione delle Koinonie Giovanni Battista, Via Casale, 2036010 Cogollo del Cengio (VI) Tel. 0445 320442

STAMPATipse, Via Jacopo Stella, 3831029 Vittorio Veneto (TV)

REGISTRAZIONE:Iscrizione al n.11 del Registro Stampa del Tribunale di Vicenza del 15 giugno 2017

in copertina:In cammino alla riscoperta della nostra fede

I IN CAMMINO ALLA RISCOPERTA DELLA NOSTRA FEDE

II UN POPOLO IN CAMMINO

IV SALIRE A CAMPARMÒ

V NEL PELLEGRINAGGIO IL SIGNORE MANIFESTA IL SUO AMORE

VII AI PIEDI DELLA MADONNA DI GUADALUPE

VIII IN TERRA SANTA PER RIVIVERE I LUOGHI DI GESÙ E DEI SUOI DISCEPOLI

IX LA TOMBA DI MARIA N ELLA VALLE DI GIOSAFAT

X AL SANTO SEPOLCRO NON C’È CAOS, MA FEDE

XII NUOVA EVANGELIZZAZIONE E PIETÀ POPOLARE

XIV “FORSE SU QUELLA BARCA C’ERA ANCHE GIACOMO”

XVI «È QUI CHE È VISSUTO LUI: GESÙ!»

In primo piano - DossierIn primo piano - Dossier

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INTERVISTA a monsignor Roberto Farinella, scelto da papa Francesco alla guida della diocesi di Biella. È tra i più giovani vescovi d’Italia.

«NON BISOGNAAVER PAURA

DI DIRECHE SI ÈCRISTIANI»

«Quello che conta è avere l’umiltà di guidare

con pazienza e tanta fede il proprio gregge»

È alla guida della diocesi di Biella dal mese di ottobre del 2018. È il secondo vescovo più giovane del Piemonte. Il primato spetta al presule di Saluzzo. «Quello che conta - dice monsignor Roberto Farinella - è avere l’umiltà di guidare con pazienza e tanta fede il proprio gregge, e tutte le età della vita sono buone».

Monsignor Roberto Farinella è una persona gioviale, sorridente, gioiosa e serena che sa comunicare e soprattutto infonde speranza.

Ma chi è questo nuovo Pastore della Chiesa di Biella? È lui stesso che si racconta.

«Sono un “fi glio del 1968”. In quell’anno, però, non ero nelle piazze a protestare… ero appena nato, ancora in fasce. La mia città di nascita è Castellamonte, in provincia di Torino, Diocesi di Ivrea. I miei genitori giunsero dalla Sicilia, precisamente da Nicosia, per motivi di lavoro. Prima è arrivato mio papà. La sua era una famiglia di cantonieri, ma il lavoro non c’era per tutti. Arrivò a Torino in aiuto ad un fratello più grande, imprenditore nel settore edile. Poi è arrivata mia mamma».

HANNO VISSUTO PER TANTI ANNI NEL CAPOLUOGO PIEMONTESE?«No! Da Torino mio papà è stato trasferito ad Ivrea, ma preferiva vi-

vere in una città più piccola, più a dimensione d’uomo, e così ha scelto il Canavese, dove sono nato. Dopo cinque anni è nato mio fratello».

I GENITORI? «Mia mamma vive a Castellamonte. Papà è morto lo stesso giorno

della mia ordinazione sacerdotale, il 24 settembre 1994. A ordinarmi è stato mons. Luigi Bettazzi».

QUEST’ANNO, DUNQUE, FESTEGGIA IL 25 ANNIVERSARIO DI OR-DINAZIONE?

«Sì, proprio così».

IL SUO MOTTO EPISCOPALE È SPES MESSIS IN SEMINE. LA SPE-RANZA DELLA MESSE È NEL SEME.

«Ho rifl ettuto molto prima di scegliere questo motto. Ho visto quella scritta spesso sui portoni di vari seminari. Ognuno di noi ha esperienza di semina ed io ho avuto modo di vedere come il seme della vocazione prende corpo nella vita dei giovani chiamati. Mi riferisco a quando ero rettore del seminario di Ivrea. Ho avuto la fortuna di vivere insieme, ol-tre ai seminaristi della diocesi, anche con aspiranti sacerdoti provenien-ti non solo dalla vicina diocesi di Aosta (con la quale abbiamo vissuto un periodo di formazione comune), ma anche dalla diocesi di Mbeya, in Tanzania. Una bella esperienza che mi ha arricchito e ora da vescovo

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mi ha portato a scegliere questo mot-to. La speranza sta proprio nel seme».

SEMINARIO, VOCAZIONI. OGGI C’È UNA CRISI CHE FA MOLTO RI-FLETTERE…

«Viviamo un periodo di profondi cambiamenti. È il primo anno che la diocesi di Biella non ha alunni nel seminario. Ormai da diversi anni, è stata fatta la scelta che il seminario di riferimento sia quello di Novara, as-sieme a quello di Vercelli».

AVVICINARE SEMPRE PIÙ I GIOVA-NI ALLA CHIESA RESTA SEMPRE UN GRANDE OSTACOLO DA SUPERARE, È VERO?

«È una grande sfi da. La Chiesa si sta interrogando e l’ha fatto anche con il recente Sinodo. I giovani non pongono più domande. Sembra che siano disinteressati. Ma non è così: bisogna mettersi in ascolto. E ascol-tare è molto diffi cile…»

SI RIFERISCE ANCHE ALL’AMBITO VOCAZIONALE?

«È importante testimoniare. Non servono tante parole, ma trasmettere la fede. Penso ai genitori nei confron-ti dei fi gli, degli amici, dei vicini di casa e dei colleghi di lavoro: a tutti

quelli che entrano in una abitazione, alle persone di ogni tipo e condizio-ne. Non bisogna aver paura di dire che si è cristiani».

CONCRETAMENTE…«L’estate scorsa è stata fatta

un’esperienza, assieme alle diocesi di Ivrea e Aosta, che giudico molto po-sitiva. È solamente un inizio. Abbia-mo aderito all’iniziativa della CEI: “I mille passi della fede”. I ragazzi sono stati a Roma dove hanno riscoperto e hanno avuto la possibilità di far conoscere i cammini della fede del-le proprie diocesi e, in modo parti-colare, ascoltare delle testimonianze signifi cative».

C’ERA ANCHE LEI?«Sì. Devo dire che questa è stata la

prima occasione, come vescovo, di incontrare i ragazzi della mia diocesi. Ero molto emozionato».

POCHE VOCAZIONI MA ANCHE POCHI MATRIMONI…

«Questo è un altro aspetto dell’attuale società. Come parroco ho avuto modo di seguire le giovani coppie. Buona parte dei giovani e

anche delle coppie non più tanto gio-vani, sono conviventi e, a volte, con fi gli. È la cultura del nostro tempo. Quel “per sempre” che le coppie ac-cettano durante il sacramento del matrimonio fa paura. Ecco, sta a noi aiutare a far comprendere questo “per sempre” che tocca la vita di una per-sona, del vero amore, della scelta del-la persona con la quale si dovrebbero condividere le gioie e i dolori».

PAPA BENEDETTO, COMMENTAN-DO IL MIRACOLO DI CANA, PAR-LAVA DI “INNAMORAMENTO”.

«Esattamente. Da quel vino che poi viene a mancare, quello dell’in-namoramento, bisogna che partano tutte le sfi de. I giovani devono avere la certezza che, in ogni circostanza, si è amati e custoditi dall’amore di Dio,

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che è la nostra forza. Dio è buo-no. Il matrimonio è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto».

OLTRE AI GIOVANI CI SONO I POVERI, GLI EMARGINATI…

«La diocesi è molto attenta alle problematiche delle per-sone più bisognose, disagiate. Prestiamo molta attenzione an-che alle nuove povertà. Ci sono associazioni cattoliche molto impe-gnate. Ma non siamo solo benefattori. Siamo proprio coloro che, attraverso gesti si-gnifi cativi, vogliamo aiutare a far vedere il volto di Dio».

D’ACCORDO, MA CI SONO ANCHE I RICCHI. O ME-GLIO DELLE PERSONE CHE ECONOMICAMENTE HAN-NO UN LAVORO STABILE E BEN REMUNERATO…

«L’annuncio del vangelo è rivolto a tutti. Non solo ai poveri economicamente, ma soprattutto ai poveri di spi-rito. Paolo VI parlava di un annuncio a tutto campo e che la Chiesa deve essere esperta di umanità. Quando si parla di ammalati non ci si riferisce solamente al malato fi sico, ma il pensiero è rivolto anche al malato spirituale. Stare vicino ai bisognosi è fare compagnia a Gesù».

CONOSCERE E CAMMINARE INSIEME. RISCOPRIRE LA TRADIZIONE, LA VITALITÀ DELLE COMUNITÀ. UN PERCORSO IMPEGNATIVO…

«Molto impegnativo. Non bisogna mai mettere in secondo piano il conoscere e il camminare insieme. È necessario accompagnare i fedeli, siano essi lavoratori o studenti universitari, naturalmente non tralasciando le famiglie. Ma non bisogna ignorare che esistono delle dif-

fi coltà nell’annuncio. Le formu-le che spesso si usano, a volte, possono sembrare obsolete. Non bisogna scoraggiarsi».

LA VISITA PASTORALE PER UN VESCOVO È UN’OCCA-SIONE PREZIOSA PER CO-NOSCERE LA DIOCESI. A

QUANDO LA VISITA?«Non ho ancora in

programma la visita pastorale. Quest’anno, come diocesi, siamo

all’ultima tappa del cammino di pre-parazione per il quinto centenario dell’in-

coronazione della madonna di Oropa. Sono previsti una serie di eventi, progetti ed iniziative di inte-resse e richiamo in ambito nazionale e con la partecipa-zione di fedeli, famiglie e visitatori da tutto il mondo. Per me sarà un’occasione per scoprire sempre di più il territo-rio della diocesi con le proprie tradizioni».

ECCELLENZA, NELLA SUA COMUNITÀ CI SONO VARI MOVIMENTI SIA QUELLI TRADIZIONALI CHE QUELLI COSIDDETTI “NUOVI”…

«Ho sempre avuto un buon rapporto con le varie associazioni o gruppi. Ognuno di loro ha una grande ricchezza e tutti testimoniano, in vari modi, la loro fede. È molto bello!»

TRA QUESTI C’È ANCHE LA KOINONIA GIOVANNI BATTISTA

«Nella Koinonia Giovanni Battista è evidente la gioia di annunciare il vangelo. Intensa è la preghiera sia per-sonale che comunitaria oltre all’impegno di visitare gli ammalati e gli anziani collaborando attivamente con le associazioni locali».

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ECCELLENZA, CITANDO IL CAR-DINALE SUENENS, IL QUALE CHIE-DEVA: «TANTO CATECHISMO PER LA PRIMA COMUNIONE, CRESI-MA... BENE. MA COSA FACCIAMO PER I FEDELI?». LA KOINONIA CHE RUOLO HA NELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE?

«Ha un ruolo molto importante. Come dicevo

prima la loro gioia di vivere, di rapportarsi con

le persone, sia giovani che meno giovani, è molto positiva. Una

particolare atten-zione viene pre-

stata a questi ul-timi istituendo corsi di chitar-

ra, incontri, gruppi di ballo. Padre

Luca, il parroco di Strona, mi parla-va dell’ultima novità: si tratta di una band musicale. Attraverso questa iniziativa avvicinano i giovani con la musica moderna e i canti ai testi cri-stiani, alla Parola di Dio».

PROCLAMARE LA PAROLA. MA OGGI SI ANNUNCIA LA BUONA NOVELLA?

«La Chiesa è nel mondo proprio per annunciare. E questo è anche il ruolo della Koinonia Giovanni Battista che ho avuto modo di conoscere indiret-tamente durante gli studi romani per la frequentazione di alcune persone e che oggi abbiamo la grazia, come diocesi, di avere tra noi. Tra i doni che Gesù mi ha riservato in questo mio ministero episcopale c’è proprio questo della presenza della comunità della Koinonia. Devo proprio ringra-ziare il Signore».

ECCELLENZA, GUARDANDO AL TEMPO STORICO DI GRANDE CON-FUSIONE CHE STIAMO VIVENDO E ALLA TEMPESTA ATTUALE CHE SQUASSA LA CHIESA, C’È UNA PA-ROLA DI SPERANZA?

«Penso proprio di sì. Bellissima l’e-sortazione apostolica Gaudete et exul-tate di papa Francesco con la quale ribadisce che la Chiesa ha bisogno di missionari appassionati, entusiasti di comunicare la vera vita. Ed è proprio questo il messaggio di speranza che il Pontefi ce ha voluto dare al mondo in-tero: santifi carsi».

UNA PAROLA DI SPERANZA E UN AUGURIO PER LA KOINONIA

«Mi viene in mente quello che san Giovanni Paolo II disse ai giovani citando santa Caterina da Siena: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”. Credo che sia veramente questo l’au-gurio sincero che faccio a tutta la Koi-nonia Giovanni Battista».

Nicola Scopelliti

importante. Come dicevo prima la loro gioia di vivere, di rapportarsi con

le persone, sia giovani che meno giovani, è molto positiva. Una

particolare atten-zione viene pre-

stata a questi ul-timi istituendo corsi di chitar-

ra, incontri,gruppi di ballo. Padre

«La Chiesa è nel mondo proprio perannunciare. E questo è anche il ruolodella Koinonia Giovanni Battista cheho avuto modo di conoscere indiret-tamente durante gli studi romani perla frequentazione di alcune personee che oggi abbiamo la grazia, comediocesi, di avere tra noi. Tra i doniche Gesù mi ha riservato in questomio ministero episcopale c’è proprioquesto della presenza della comunità della Koinonia. Devo proprio ringra-ziare il Signore».

nonia Giovanni Battista».

Nicola Scopelliti

A tu per tu

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QUALE TRA LE FIGURE GENITORIALI È

STATA PIÙ INFLUENTE NELLA MATURA-

ZIONE DELLA TUA VITA DI FEDE?

«I primi passi nella vita di fede li ho mossi in-sieme a mia nonna (sono stata cresciuta dai miei nonni fi no all’età di quattro anni circa), la quale è stata la prima ad insegnarmi a pregare e a chiede-re la protezione divina per me e per la mia fami-glia. Mio nonno, invece, era colui che mi guidava e correggeva con esempi e citazioni della Bibbia. Ritornata a casa dei miei genitori, mio padre ha continuato il lavoro di mia nonna: ogni sera, in-sieme a lui, mi inginocchiavo davanti al quadro di Gesù e dicevo le mie preghiere. Ricordo che ogni domenica insieme alla mia famiglia andavamo in chiesa».

C’ È STATA QUALCHE PERSONA, NELLA

FREQUENTAZIONE DELLA KOINONIA,

CHE HA SUSCITATO IL TUO INTERES-

SE PER LA VITA DI FEDE?

«Stavo passando un periodo buio della mia vita. Ho conosciuto la Koinonia attraverso una mia collega di lavoro, la quale mi trasmetteva pace e sicurezza tutte le volte che la incontravo. Mi ha invitato spesso a partecipare agli incontri di pre-ghiera della comunità, vedendo che io non avevo ancora incontrato personalmente il Signore Gesù. Già dai primi incontri ho sentito la pace di cui

SONO STATA INVITATA

AD UN INCONTRO

DI PREGHIERAE LA MIA VITAÈ CAMBIATA RADICALMENTE e trasmesso

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Mi chiamo Mihaela Sarbu, sono una consa-crata della Koinonia Giovanni Battista, cresciuta in Romania in una famiglia cristiana ortodossa praticante. Sono arrivata in Italia all’età di 25 anni, per lavoro. Dopo alcuni anni in cui ero alla deriva nella mia vita piena di preoccupazioni, paure, ansie e scelte sbagliate, un’amica mi ha invitata a partecipare ad un incontro di preghiera di una comunità arrivata nel paesino dove lei abitava, Strona. Era fi ne novem-bre del 2010 quando decisi di andare a questo incontro. Da quella sera la mia vita ha incominciato a cambiare. In breve tem-

po il Signore mi ha fatto innamorare di lui e della comunità, tanto da capire che la

mia vita apparteneva completamente a Lui. Così nel 2012 ho risposto

alla chiamata alla Verginità per il Regno dei Cieli nella comu-nità che Lui mi ha donato. Quest’anno, nel mese di mag-gio, confermerò il mio “Sì” per sempre al mio amato Gesù e

ai miei fratelli e alle mie sorelle che il Signore, nella sua bontà,

mi ha messo vicino perché io pos-sa sperimentare ogni giorno la Sua

presenza e lasciami guidare nella Sua opera gloriosa.

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avevo tanto bisogno. Successivamente ho conosciuto anche altri fratelli e sorelle in Cristo che mi hanno ac-compagnata nella mia ricerca».

QUANDO HAI PERCEPITO CHE LA TUA VITA

DI FEDE ESPRIMEVA IL BISOGNO DI UNA

COMUNIONE CON DIO?

«Ho incominciato a frequentare gli incontri di pre-ghiera a fi ne novembre 2010 e a gennaio del 2011 ho partecipato al primo incontro di una Casa di Preghiera della Koinonia. Presto, però, mi sono resa conto che non mi bastava più un solo incontro con il Signore alla settimana, ma sentivo il bisogno di stare con lui tutti i giorni. Volevo conoscerlo sempre di più e avere un rapporto più profondo. Così a febbraio di quell’anno ho comprato la mia prima Bibbia e ho cominciato a scoprire quanto ero bisognosa di stare con il Signore, abbandonarmi e lasciarmi guida-re da lui. Partecipavo a tutti gli incontri di preghiera della Koinonia e tutte le volte che mi trovavo insieme ai fratelli sperimentavo la presenza del Signore. Così in poco tempo la mia vita è cambiata radicalmente».

IN CHE OCCASIONE HAI VISSUTO L’ESPERIENZA

CHE TI HA PORTATO ALLA SCOPERTA DEL MI-

STERO DI DIO?

«Quando ho incominciato a frequenta-re la comunità sono stata invi-tata a un weekend

di preghiera, il Corso Filippo, dove ho fatto esperienza che la mia vita può essere totalmente nelle mani del Signore. Mi sono sentita in pace con me stessa perché avevo trovato Qualcuno che aveva già pagato per me, anche se sbagliavo o potevo commettere qualche erro-re. Il Signore Gesù ha preso l’iniziativa nella mia vita e questo Signore, prima, lo conoscevo solo per sentito dire».

IL TUO RAPPORTO CON LA

CHIESA DI PROVENIENZA È

STATO CONFLITTUALE O DI

DIALOGO?

«È stato un rapporto di dialo-go: sono grata e riconoscente

per ciò che i miei nonni e genitori mi hanno

insegnato e tra-smesso. Anche

adesso vivo il ricordo di come cele-bravamo le nostre do-meniche e feste».

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La testimonianza

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HAI APPREZZATO, DELLA VERITÀ DELLA

FEDE, SOPRATTUTTO L’ASPETTO MORALE

OPPURE QUELLO TEOLOGICO?

«Nella mia vita è stato presente il concetto del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, dei comandamenti di Dio trasmessi dalla Chiesa e vissuti nella mia fami-glia. Ad un certo punto della mia vita, però, ho avuto bisogno di fare esperienza della Verità e del Bene attra-verso la conoscenza viva di Gesù Cristo, mio Signore, nella Koinonia Giovanni Battista».

UN GENITORE, NELL’EDUCAZIONE DEI FIGLI,

QUALE VALORE DELLA FEDE TI SEMBRA PIÙ

GIUSTO CHE DEBBA EVIDENZIARE?

«A me sembra che i genitori debbano trasmettere la fede, non come tradizione, ma come un modo naturale di vivere la presenza di Dio nella propria vita. Non è una cosa che si deve imporre, ma si dovrebbe educa-re nella fede accompagnando i fi gli e dando il proprio esempio di fi ducia nel Signore».

R IPENSANDO ALL’ESPERIENZA DI FEDE MA-

TURATA NEGLI ANNI PASSATI, QUALI ASPET-

TI-VERITÀ RITIENI PIÙ URGENTI CONSER-

VARE PERCHÉ IRRINUNCIABILI PER LA TUA

COSCIENZA DI CRISTIANA?

«Per me è stato fondamentale la presenza di tutta la famiglia nel cammino di fede e quindi vorrei mettere in evidenza l’importanza dei nonni e dei genitori e il loro buon agire che mi ha preparato ad essere una persona di fede».

L A PREGHIERA NELLA TUA ESPERIENZA DI

FEDE HA UNA FUNZIONE DI CONTORNO, AN-

CHE SE IRRINUNCIABILE, OPPURE È IL FON-

DAMENTO DELLA COMUNIONE CON DIO E

DELLA VITA DI FEDE?

«La preghiera è quella che ogni giorno mi fa guardare con fi ducia e speranza alla mia vita, anche se sono in diffi coltà. La preghiera mi prepara ad affrontare ogni giornata della mia vita. Questa relazione con Dio mi dona la pace. Sperimento quotidianamente che la pre-ghiera mi lega personalmente con il Signore e mi con-duce a lui quando sono nelle diffi coltà».

F ACENDO UN BILANCIO DELLA TUA ESPE-

RIENZA DI FEDE POTRESTI, DOPO UN PRECI-

SO DISCERNIMENTO, DICHIARARE CHE COSA,

IN ESSA, SIA “VIVO O MORTO”?

«Nel mio cammino di fede mi sono resa conto che per me è stato importante l’inizio nell’ambiente familiare per assimilare i concetti della fede. Vorrei anche dire che gli amici cristiani sono un fortissimo aiuto nell’orienta-mento giusto della vita. La fede può essere mantenuta viva e autentica solo in un contesto comunitario, dove sperimenta una comunità che celebra con gioia e vita-lità la vita nuova in Cristo. Per me questa comunità è stata ed è tuttora la Koinonia Giovanni Battista».

Patrizio Trevisan

tutta la ettere in e il loro persona

PatrizioTrevisan

La testimonianza

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Carissimi fratelli e sorelle giovani,

benediciamo il Signore in ogni tempo! In verità, in ogni situazione della nostra vita, in ogni tempo della nostra vita e in ogni sofferenza o gioia della nostra vita, dobbiamo secondo il Salmo benedire il Signore sempre ed esaltare il suo nome, perché nel suo amore misericordioso Lui trasfor-ma ogni cosa che ci accade, in una grazia che ci predispone all’incontro defi nitivo con Lui.

“Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole.” (Salmo 119,9). Carissimi giovani, con questa lettera voglio diri-germi a voi, che siete il futuro dell’u-manità, quindi della Chiesa, quindi della Koinonia Giovanni Battista.

Il brano citato del salmo 119 (118), ci indica il modo

come deve vivere in questa terra

un giovane: la sua prospettiva

deve essere

realizzare in pienezza la santità nella sua vita, cioè, mettendo in opera tut-to ciò che lo unisce a Cristo e lascian-do da parte tutto ciò che lo separa da Cristo. Essere unito a Gesù Signo-

re, nella teologia ascetico-mistica, si

chiama “santità”. Questa santità in

parecchie parti della Bibbia e in molte

vite dei santi, la teologia ascetico-mi-

stica la defi nisce anche “purezza”;

parola non riferita in modo specifi co

al dominio sul sesso, ma in quanto si

vive incontaminati da tutto ciò che è

impuro, cioè, da tutto ciò che allonta-

na da Dio, da Gesù Cristo, il Signore.

A Panama, papa Francesco ha detto

a voi, giovani, che siete l’oggi di Dio,

l’adesso di Dio. Nella misura in cui

vivrete oggi la santità di vita, in que-

sta misura sarete i santi del futuro e

così renderete sante le società future, i

popoli futuri, l’umanità del futuro, la

Chiesa futura, la Koino-

nia futura.

Osservando la storia ci rendiamo conto che essa si muove, perché ci sono presenti, nello stesso momen-to, tre età: l’anziano, il giovane e la persona matura tra il giovane e l’an-ziano. L’anziano rappresenta il muro di contenimento, la stabilità della sto-ria; il giovane rappresenta lo slancio verso il futuro e l’adulto è colui che tiene legati sia l’anziano sia il giova-ne. Quando in qualche misura manca una di quest’età, si verifi cano le situa-zioni di crisi, di grosse sofferenze per le società.

Il giovane deve, con un imperativo assoluto, lasciarsi penetrare fi no alla profondità del suo essere dalla paro-la di Dio, la quale contiene le istanze fondamentali, perché si possa vivere una vita di santità coerente ai mo-menti diversi della storia. Per questo, carissimo giovane della Koinonia, ti esorto ad essere fedele, anzi, voglio dire fedelissimo, al tuo incontro per-sonale con Gesù nella preghiera gior-naliera.

Cristo è risorto!

«CARO GIOVANE,TI ESORTOAD ESSERE FEDELE ALL’INCONTRO CON GESÙ»

La lettera

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Incontrarti personalmente ogni giorno con Lui, signifi ca ricevere ab-bondantemente la sua luce, perché Lui è luce del mondo, perché Lui è il Verbo della vita; signifi ca pure essere riscaldato dal fuoco del suo amore, perché Lui è il datore generoso dello Spirito Santo che è il fuoco che pe-netra nei nostri cuori, che riscalda i nostri cuori, che guida i nostri cuori e che realizza nei nostri cuori il disegno che Dio Padre ha su ognuno di noi, e su tutti noi insieme.

Sei in un momento privilegiato del-la tua vita, perché ti trovi in quell’età, nella quale sei facilmente plasmabi-le, come argilla nelle mani del vasaio. Quando avrai superato una certa età, cioè l’età della maturità di vita, non sarai più plasmabile con facilità, per-ché dovrai plasmare gli altri. Quindi, per essere plasmato, devi avere la ferma volontà di lasciarti plasmare. Come?

Mettendo la tua vita nelle mani dei tuoi fratelli maturi, dei tuoi responsa-bili, cioè nelle mani della tua comuni-tà. Loro formeranno la tua intelligen-za, la tua sensibilità, la tua volontà, ecc. Mi ha molto colpito una frase trovata nella Somma di teologia di Tommaso d’Aquino, il quale dice che il segno di intelligenza superiore è la docilità, perché con essa accogliamo tutto ciò che serve per modellare la nostra personalità.

Ti esorto dunque ad essere doci-le all’andamento della comunità alla quale appartieni, partecipando non solo a ogni evento della comunità, ma partecipando con tutto il tuo esse-re, con tutte le tue forze, in modo da accogliere tutto ciò che ti viene offer-to, che sicuramente sarà di valore per la ottima tua formazione, e perché tu viva in pienezza la purezza di vita, cioè la santità. In altre parole, la docilità ti

porterà a identifi carti con Gesù il Si-gnore, fi no al punto che potrai dire con verità: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.” (Gal 2,20b).

Alla fi n fi ne, carissimo giovane, ciò che devi fare è lasciarti plasmare dallo Spirito, perché Lui realizzi in te Gesù il Signore e ti leghi attraverso il vinco-lo di perfezione, che è la carità, con gli altri giovani, con gli altri membri della tua comunità.

Carissimi giovani, desidero con tut-to il mio cuore che voi vi identifi chiate con Gesù il Signore, perché possiate essere membri effi caci nella Koinonia Giovanni Battista e così, essere una co-munità santa nella Chiesa, per portare il Vangelo in ogni parte del mondo.

Vostro p. Ricardo

marzo 2019 _ 9

La lettera

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CHIAMATI ALLA MISERICORDIACHIAMATI ALLA MISERICORDIACarissimi fratelli e sorelle,

nel vangelo troviamo scritta un’espressione tipica dello sviluppo del pensiero biblico circa la retribuzione e cioè che ognuno porta il peso dei suoi peccati. Non si può quindi attribuire la responsabilità ad altri, come sostiene invece una teologia della retribuzione, ancora infantile e di sapore veterotestamentario, oggi molto in voga, che viene usata a sproposito per dilazionare la propria con-versione e per avanzare egoistiche pretese.

Viviamo in un tempo dove sembra si sia riaccesa la cac-cia alle streghe e le streghe, naturalmente, sono sempre gli altri. Quindi ecco proclami che invitano alla conversione, naturalmente indirizzati agli altri, come se coloro che li emanano fossero nella condizione di poterlo fare.

Nel capitolo 9 del vangelo di Luca troviamo scritto: «Poi, a tutti, diceva: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.» (Lc 9,23-24). Ciò che colpisce è che Gesù usa l’aggettivo possessivo per indicare che la conversione non può se non essere perso-nale. Sono io che devo convertirmi e non gli altri. Questa è di fatto una novità gesuana, che porta a compimento il pensiero biblico: io sono responsabile della mia conver-sione.

Qui non si tratta della vita degli altri, ma della propria.

Quindi il mio primo impegno è su me stesso. Pertanto in questo tempo di quaresima concentriamoci su ciò che vince il nostro proprio egoismo, facendo gesti contrari al nostro mero interesse.

Qualcuno mi obietterà: e la verità? e il peccato degli altri? non dobbiamo forse denunciare il male? La risposta è molto semplice: 1 Corinzi 13, l’inno alla carità. Ci si avvicina al fratello con la misericordia. La verità è sempre fi ltrata dall’amore. E l’amore tra fratelli si chiama miseri-cordia. Questo forse è il vero e più alto gesto di amore: la misericordia che tutto copre e tutto sopporta, perché la verità non può se non nascere dall’amore e dal perdono.

Carissimi, lottiamo contro il nostro proprio egoismo che ci erge a giudici, smettiamo di giudicare e tendere tranelli, di farisaica memoria, ai fratelli; gareggiamo nello stimarci a vicenda e usiamo ciò che è tipicamente evange-lico: la misericordia.

La Chiesa propone un’ampia scelta di strumen-ti ascetici quali la preghiera, il digiuno, l’elemosina, ma soprattutto le opere di misericordia spirituale e corporale. Tra tutti questi possiamo sceglierne uno che di sicuro è da tutti facilmente realizzabile: chiu-dere la bocca al parlare contro il fratello. E se proprio vuoi fare di più, vagli incontro con gesti di perdono.Così facendo metteremo in pratica ciò che Gesù dice e saremo segno della sua presenza in mezzo a noi.

Alvaro Grammatica

CHIAMATI ALLA MISERICORDIACHIAMATI ALLA MISERICORDIA

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Quaresima 2019

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IN CAMMINOALLA RISCOPERTA DELLA NOSTRAFEDE

DOSSIER 1/2019 _ I

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Il pellegrinaggio nella Chiesa è un fenomeno presente da secoli. A pen-sarci bene, era presente già nell’Anti-co Testamento, vista la fi gura d’Abra-mo e il vagare del Popolo Eletto per il deserto alla ricerca della Terra Pro-messa. I popoli nomadi, tra i quali troviamo gli Israeliti, non avendo un luogo fi sso per vivere, sono diventati un archetipo e un segno per spiegare l’esistenza umana come pellegrinag-gio verso una meta eterna. Perfi no il Figlio dell’Uomo dichiara che non ha dove posare il capo (cfr. Mt 8,20).

Eppure è una cosa così tanto uma-

na quella di cercare un posto stabile sulla terra, un punto di riferimento, un luogo di ancoraggio dove possia-mo fermarci per rinnovare le nostre forze e delineare di nuovo le tracce delle strade della nostra vita.

Per tanti di noi i santuari sono un luogo di ristoro. In essi troviamo la presenza del Signore che agisce nella nostra storia. Il ricordo degli avveni-menti storici, degli interventi divini

e dei miracoli concessi da Dio alle moltitudini di bisognosi ci fa rin-frescare la nostra speranza e tante volte ci porta alla conversione per-ché, scontrandoci con la bontà del Signore, siamo attirati dai suoi stessi desideri e vogliamo cambiare la no-stra vita.

Papa Francesco, apprezzando il ruolo evangelizzatore dei santuari, con la Lettera apostolica in forma di «Motu Proprio» Sanctuarium in Ecclesia dell’11 febbraio 2017, li af-fi dò al Pontifi cio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione e non più alla Congregazione per il Clero. Non sono solo luoghi di pietà e di tradi-zione ma, pure e, osiamo dire, prima di tutto, di trasformazione di vita di coloro che li raggiungono.

Anche noi, della Koinonia, ab-biamo luoghi come questi. In essi si vive la presenza del Signore Gesù oggi. Coloro che vi abitano hanno abbandonato la loro vita a Colui che li ha amati e ha suscitato in loro una risposta di conversione e di dedizio-

UN POPOLOUN POPOLOIN CAMMINOIN CAMMINO

II _ DOSSIER 1/2019

In primo pianoIn primo piano

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ne totale. Questi luoghi sono le nostre Oasi. In esse troviamo la presenza del Si-gnore che si manife-sta, lo sappiamo tutti, non solo nella Parola e nei sacramenti, ma anche nella Sua Chiesa e, in questo caso, la piccola Chiesa che è la comunità di vita. Fratelli e sorelle di vita consacrata dipendono dal Signore che li ha chiamati ma, vivendo in questo modo, sono pure un segno per tutti gli altri: ci ricor-dano il nostro destino eterno, il Regno dei Cieli. La loro dipendenza ha pure un altro aspetto: la provvi-denza divina che si serve dei fratelli e sorelle che li sostengono con i loro beni.

Questo tipo di simbiosi tra chi vive nell’Oasi e coloro che la visitano è un

cammino comune, un pellegrinaggio comuni-

tario. Ci accompagniamo reciprocamente e ci sostenia-

mo gli uni gli altri per strada, portando avanti la nostra vocazione

di essere voce che grida nel deserto. Insieme vogliamo offrire ad ogni persona un’esperienza di ristoro e di scoperta del Signore Gesù, che può por-tare nella vita di ogni persona un vero orientamento e una forza nuova per incamminarci verso una meta, invece di vagare senza scopo e senza ragione. L’o-rientamento e il senso di andare avanti si possono scoprire nella comunità, cioè in questo popolo di pellegrini, ispirati dallo Spirito e dall’evento partico-lare che ha vissuto ciascuno di noi: l’incontro con il Signore. Camminando insieme, ci facciamo guidare dallo Spirito Santo che si serve dei fratelli, i quali, se l o vogliamo vedere, sono i segnali stradali nel nostro cammino. Così, anche se fatichiamo, fatichiamo insieme. Se rallentiamo il passo, non siamo soli. E, diciamolo con audacia, se sbagliamo la strada, siamo con gli altri. In queste circostanze basta non chiude-re il cuore e non far resistenza alla nostra coscienza per farci ritrovare dal Signore, che è sempre presente nel Suo popolo e nella sua lode.

Così scopriamo la comunità come un “santuario ambulante” che, essendo nel medesimo cammino di fi ducia posta in Dio e nei fratelli, invita gli altri a farne parte per non essere più vagabondi smarriti, ma pellegrini spediti verso il Santuario Eterno.

Robert Hetzyg

DOSSIER 1/2019 _ III

In primo piano

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comunità cristiana con fratelli e sorelle sposati e legati tra loro in alleanza d’amore in Gesù vivo.

Da questo luogo così sperduto nasce la Koinonia Gio-vanni Battista diffusa ormai nei cinque continenti che conta duecentocinquanta consacrati, più di cinquanta sacerdoti e migliaia e migliaia di associati. Possiamo così constatare con gioia e stupore la verità della parabola del granellino di senape con la quale Gesù paragonava il Re-gno di Dio: piccolissimo all’inizio, diventa il più grande tra gli arbusti così che gli uccelli del cielo vi possono ni-difi care.

Camparmò rimane, come le montagne che lo circon-dano, il luogo da dove tutto è iniziato, e come tale, essen-do testimonianza visibile degli inizi, è meta di pellegri-naggi di coloro che fanno parte della Koinonia Giovanni Battista nelle diverse nazioni del mondo. Vengono qui per ‘vedere’ da dove sono nati, ma ancor di più, per ‘ri-trovare-rivisitare’ le proprie radici, quelle che danno ali-mento alla pianta e la sostengono.

Venire a Camparmò è ‘comprendere’ con gli occhi del-la fede, la propria origine, la propria identità per poter scendere e viverla in modo rinnovato ed effi cace secondo il progetto meraviglioso del Signore. E questo si compie sempre, in ogni visita, perché questo suolo è stato bene-detto dal Signore.

Sandro Bocchin

IL LUOGO DA DOVETUTTO È INIZIATOIL LUOGO DA DOVEO

Chi sale a Camparmò per la prima volta ha la sensa-zione di non arrivare mai e di raggiungere una località sperduta sulle montagne. Ma appena vi giunge questa sensazione scompare lasciando posto alla curiosità e al fascino di un luogo che avvolge lo spirito di una sensa-zione di pace, proprio come le montagne che da sem-pre incorniciano il luogo, le Piccole Dolomiti. Ora, con diverse case e sistemazioni ambientali a testimonianza dei quarant’anni di presenza della comunità di fratelli e sorelle di vita consacrata; allora, agli inizi, solo ruderi di piccole stalle e un’abitazione diroccata il cui ultimo inse-diamento era il comando militare di appoggio al fronte del monte Pasubio nella prima guerra mondiale.

Non vi era acqua, né corrente elettrica, né linea telefo-nica, solo la fede nella Parola del Signore che aveva chia-mato padre Ricardo Argañaraz e i primi fratelli a seguire il Maestro Gesù lassù in quel luogo per un futuro che solo Lui conosceva. Nella vita di ogni giorno che, agli inizi, era di sopravvivenza nel recuperare e organizzare il necessario per vivere, centrata sulla preghiera e la dipen-denza dal Signore, andava delineandosi e formandosi pian piano una realtà nuova, fervente, feconda, bella, di

IV _ DOSSIER 1/2019

In primo pianoIn primo piano

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Quando ci si mette nella prospettiva di intra-prendere un pellegrinaggio è dare respiro alla no-stra esistenza. Ci rendiamo conto di avere bisogno di qualcosa di più. Lo Spirito Santo ci fa alzare gli occhi per cercare aiuto, senza rinviare. Così ci si mette in cammino e, senza saperlo, incominciamo ad intravedere il “cielo”. A questo punto comin-ciamo ad essere disponibili all’iniziativa liberatrice di Dio nella nostra storia. Il primo passo è il più diffi cile, ma è quello che ci permette di vedere che “il nostro aiuto viene dal Signore” (Sal 121), come accadeva ai pellegrini di un tempo che salivano a Gerusalemme.

A volte, è un invito ad andare in pellegrinaggio che dà avvio ad un nuovo modo di sentire che il Signore stesso si è ricordato di noi, che la nostra vita è preziosa ai suoi occhi e che vuole il meglio per noi. Non è qualcosa di scontato. Rimane in-sindacabile la forma in cui Dio manifesta il suo amore nella nostra vita. Molti fratelli e sorelle, an-che della Koinonia, possono dare testimonianza di questo al rientro da un pellegrinaggio a Me-djugorie.

Il cammino verso Compostela, per esempio, è un viaggio alla scoperta dell’essenzialità della vita.

NEL PELLEGRINAGGIOIL SIGNOREMANIFESTA

IL SUO AMORE

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Il fascino dei pellegrini che affrontavano il lungo per-corso a piedi continua ad attirare, e lasciarsi mettere in di-scussione è il modo migliore per partire con il piede giusto. Strada facendo si esce dalla propria nicchia e non man-cheranno le occasioni per apprezzare anche il più semplice gesto di qualche compagno di viaggio, che dà il necessario vigore per arrivare alla mèta. Si persevera, ma con l’aiuto di chi il Signore ci mette accanto.

È sempre sorprendente scoprire che Dio ha progetti pie-ni di speranza. Dall’esperienza del nostro fondatore, p. Ri-cardo, sappiamo che nella Santa Casa di Loreto ha avuto la conferma della nascita della comunità posando lo sguardo sulla scritta “Qui il verbo si è fatto carne”, all’interno delle mura di quella che era stata la casa di Maria al momen-to dell’annuncio dell’angelo. Lo Spirito Santo continua a scendere abbondantemente su coloro che sono oggetto del-

la scelta del Signore, e la cosa meravigliosa è che ognuno di noi è scelto e voluto così come siamo.

La Vergine di Guadalupe è la patrona dell’America ed è stata cruciale nella prima evangelizzazione del Nuovo Con-tinente. In occasione dei 40 anni di fondazione, p. Ricardo si è recato in pellegrinaggio accompagnato dai responsabili delle varie Oasi della Koinonia Giovanni Battista, in segno di gratitudine e riconoscenza per la costante intercessione della Madonna per la diffusione fruttuosa del Vangelo in tante parti del mondo.

Dovunque sia sorto un santuario è il segno che il Signore ha voluto mostrare in un tempo particolare la sua bontà: Lourdes è il posto dove ogni malato si sente importante e degno di stima; Fatima è un luogo di devozione alla Vergi-ne Maria, vicina nelle travagliate situazioni storiche. Chi si è recato a San Giovanni Rotondo ha visto che ognuno può avvicinarsi con fi ducia, perché il Signore non è indifferente in nessuna circostanza.

Ma il luogo privilegiato per eccellenza rimane la Terra Santa, perché da lì è partita la Buona Novella della Salvezza per ogni persona. È tornare alla sorgente della nostra fede, che può essere germogliata in svariati modi nel percorso della vita. A Gerusalemme c’è la chiesa del Pater Noster dove Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio “Padre”; al Get-semani Gesù ha invocato il Padre nel momento massimo della prova; sul monte della crocifi ssione si è rivolto ancora con fi ducia al Padre.

Sono momenti salienti del pellegrinaggio di Gesù su questa terra, e sul suo esempio trova senso il nostro. Per godere la beatitudine e abitare nella casa del Signore è ne-cessario camminare da discepoli dietro a Gesù fi no alla di-mora che egli ha preparato presso di sé nella casa del Padre per ciascuno di noi. Ogni pellegrinaggio geografi co per i cristiani è un segno sacramentale ed ecclesiale di questo ultimo pellegrinaggio spirituale. “Pellegrini” diventa sino-nimo di “cristiani”, perché sintetizza il senso della Chiesa intesa come un cammino.

Così come Gesù aveva detto a una donna di Samaria, che al pozzo di Giacobbe lo aveva provocato a proposito del vero e legittimo santuario. “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreran-no il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità” (Gv 4,21-24). Il santuario al quale ci si deve recare per adorare il Padre è ormai Gesù. È lui la direzione ultima del nostro pellegrinaggio, attratti verso la Gerusalemme celeste, risor-ti e trasfi gurati in Gesù, dalla “terra” al “cielo”.

Laura Tomasella

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VI _ DOSSIER 1/2019

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È già notte quando l’aereo di p. Ricardo atterra all’aeroporto di Città del Messi-

co, ci attenderanno ore, non soltanto liete, ma profondamente intense. Il nostro Fondatore ha voluto stare tre giorni con tutti i pastori perché ogni traguardo sia celebrato e condi-viso insieme. Non potevamo desiderare d’ini-ziare diversamente il nostro 40°: il primo di gennaio abbiamo celebrato nella Santa Casa di Loreto e pochi giorni dopo a Guadalupe. Maria, infatti, è la madre dell’Uomo nuovo che annunciamo come Salvatore del mondo, il suo sì è l’inizio di una creazione nuova. Due atti di ringraziamento, perché, in questo fe-stoso 2019, rimanga nella memoria di ciascu-no che, se proseguiamo nel cammino, è per-ché non abbiamo camminato da soli, ma in comunione con la Chiesa pellegrina sulla terra e quella trionfante nel Cielo.

I tre giorni trascorsi in una casa di ritiro sul-la collina della Basilica di Guadalupe sono sta-ti ritmati dalla preghiera e dalla condivisione.

Nella mattinata del 4 gennaio, abbiamo potuto rinsaldare la comunione tra noi con-dividendo le ferite degli anni trascorsi ma an-che, e soprattutto, la speranza e le sfi de che ci attendono nel futuro. Nel pomeriggio ab-

biamo avuto una meravigliosa celebrazione, conclusasi con la visita ai luoghi signifi cativi che hanno visto l’apparizione della Madonna a Juan Diego. Tutti sono rimasti toccati per-ché coscienti della protezione che dall’alto ci assicura la Madre di Dio.

Il nostro convenire alla Basilica di Guada-lupe è stato suggellato con la cena insieme ai coordinatori venuti da tutto il Messico. P. Ricardo ha desiderato proiettare la vita di ciascuno nel futuro, ricordando il valore della libertà, in quanto, essendoci legati ai fratelli, ci dà la possibilità di essere fedeli in un amore che tende a rilanciare la fi ducia, anche quando le cose non vanno come vorremmo.

Il mattino seguente siamo ripartiti diretti al congresso a Guadalajara: questo riprendere il cammino è un continuare a tenere nel cuore il desiderio della Madre di Dio di portare Gesù a ogni persona, che è la missione evangelizza-trice cha ha la Koinonia.

Adriano Biccheri

AI PIEDI DELLA MADONNADI GUADALUPE

DOSSIER 1/2019 _ VII

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Nel libro del Deuteronomio, al ca-pitolo 16, vengono descritte le tre principali feste ebraiche: Pasqua,

Pentecoste e Capanne. Secondo la legge mo-saica per questi tre appuntamenti gli ebrei do-vevano comparire alla presenza del Signore (cf Es 23,17), ovvero recarsi a Gerusalemme, sede del Tempio, luogo fi sico appunto dell’incontro con Dio. Gesù stesso, come viene raccontato ad esempio nel Vangelo di Luca (Lc 2,41), si recava a Gerusalemme tutti gli anni, con tutta la fami-glia, per celebrare queste feste. Anche il libro dei Salmi testimonia l’importanza di questo evento, dedicandone alcuni, dal 120 al 134, alle “sali-te” a Gerusalemme, chiamati anche “canti del-le ascensioni”: un prontuario di preghiere per i gruppi di pellegrini che salivano a Gerusalemme per le tre feste annuali. Un momento dunque importante per la vita del popolo giudaico nella relazione con Dio.

Gerusalemme, situata sul monte Sion, è la vetta nella vita spirituale dell’ebreo: per questa ragione, da qualsiasi luogo

intraprendeva il suo viaggio, il popolo ebraico sempre “saliva” a Gerusalemme per incontrarsi con il suo Signore. La distruzione del Tempio, la diaspora, le invasioni susseguitesi lungo la sto-ria hanno reso diffi cile questa pratica, ma mai sono riuscite a sradicarla. Il richiamo del luogo, custode dell’alleanza, è riuscito a prevalere sem-pre su tutte le circostanze, anche le più avverse. Il popolo cristiano, che affonda le sue radici in quello giudaico, ha continuato a sentire questa forte attrazione verso il luogo dal quale è scaturi-ta la nuova alleanza, quella sigillata dal sangue di Gesù sul calvario. Questa volta però non è una prescrizione biblica, ma piuttosto un desiderio che richiama il credente a dare omaggio a quei luoghi teatro del più grande mistero divino: l’in-carnazione, morte e risurrezione di Gesù Messia.

Da duemila anni, pellegrini da tutto il mondo, si recano a Gerusalemme per vedere e toccare quelle pietre solcate

dal piede di Gesù e dei suoi discepoli. È il bi-sogno di una ulteriore conferma: l’esperienza di salvezza non è solo spirituale, ma si basa su un evento storico avvenuto in tempi e luoghi deter-minati. Ancora una volta l’esperienza sensibile per il cristiano si conferma come parte integran-te dell’itinerario di salvezza.

Giacomo Bergamin

IN TERRA SANTA PER RIVIVEREI LUOGHI DI GESÙE DEI SUOI DISCEPOLI

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Quando arrivarono i crociati ne costruirono un’al-tra molto sontuosa, ma anche quella andò in rovina. La chiesa inferiore rimase invece come una cripta lungo il corso dei secoli.

La tomba vuota di Maria è testimone del miste-ro dell’assunzione, un evento segnato cristologi-camente: la Madre del Signore non viene abban-donata nel sepolcro, ma il suo corpo, dopo essere stato deposto nella tomba, viene assunto in cielo insieme con l’anima. Lei ha già raggiunto ciò che noi speriamo: la realizzazione della promessa del posto preparato per noi in cielo. Se Cristo è Ri-sorto nulla è impossibile a Dio, Maria è il segno della salvezza completa, corpo compreso. Con il nostro saluto “Cristo è Risorto! Veramente e noi con Lui!” professiamo tale speranza per ognuno di noi. Pregare Maria e con Maria signifi ca acco-glierla come “sorella maggiore” e “compagna” di viaggio verso la risurrezione della carne e l’eterna comunione con Dio, la vita che non fi nisce mai!

Miriam Olejnik

Ho sentito parlare per la prima volta della tomba di Maria durante il pellegrinaggio in Terra Santa nel 2004, ne rimasi toccata e stupita. La tomba che si trova al Get-semani, oggi è custodita dagli ortodossi Greci e Arme-ni. Grazie agli scavi e ai lavori di restauro effettuati nel 1972 alla tomba al Getsemani, si è potuto constatare che questa era scavata nella roccia in una zona adibita a scopo funerario in uso nel I sec. Solo successivamente rimase isolata, ritagliata dalle altre tombe vicine ed in-clusa all’interno della chiesa. Le medesime tappe si sono succedute alla strutturazione del Santo Sepolcro.

Il secondo sepolcro vuoto a Gerusalemme doveva es-sere in possesso dei giudeo-cristiani, i quali facevano lì la memoria del transito di Maria, e lasciarono il luogo nel-lo stato originario fi no all’epoca costantiniana. Quando il cristianesimo diventò la religione dell’impero, la situa-zione dei giudeo-cristiani cambiò radicalmente. I nuovi arrivati, etnico-cristiani, diventarono una maggioranza infl uente nella Chiesa e s’impossessarono dei luoghi san-ti. Alla scomparsa dei giudeo-cristiani nel IV secolo, la tomba nella valle di Giosafat fu racchiusa in una basilica a forma di croce, ma poi l’imperatore Maurizio fece co-struire una chiesa rotonda, la quale era sovrapposta su quella antica che racchiudeva la tomba di Maria, diven-tando così la chiesa superiore (fu distrutta dai Persiani nel 614).

LA TOMBA DI MARIAN ELLA VALLEDI GIOSAFAT

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Descrivere come si vive la fede nel pellegrinaggio non è così semplice. A volte il confi ne tra vacan-za, turismo e esercizio spirituale non è sempre così chiaro e ben defi nito. A volte troviamo tutte e tre le cose, a volte basta poco per passare nello stesso pellegrinaggio da un estremo all’altro. Non è che, invece, siamo così chiusi mentalmente che ci è dif-fi cile accogliere che un pellegrinaggio possa con-tenere una varietà di esperienze, senza per questo escludere la fede?

Credo che siamo troppo determinati dal nostro modo di vivere la fede per accogliere che fede e tu-rismo, fede e quotidiana umanità possano andare d’accordo.

E qui voglio citare un esempio: il Santo Sepol-cro.

Solitamente quando visitiamo il Santo Se-polcro a Gerusalemme, la prima impressione è di caos all’ennesima potenza. C’è di tutto, ma nulla che ti porti alla preghiera, alla meditazio-ne, alla rifl essione ed in ultima analisi alla fede. Molti dicono che al Santo Sepolcro si perde la fede. Infatti sono testimone di tanti che sono ri-masti scandalizzati al vedere quella mancanza di rispetto, non solo per il luogo, ma anche per le persone che lì sono convenute. Per non parlare della tensione quando rappresentanti delle diver-se religioni si lasciano prendere da vivaci, a volte maneschi, scambi di opinioni, per non dire altro. Così pure le diverse celebrazioni liturgiche sem-brano fare a gara di quale sia la più fastosa e vera.

Molti se ne vanno scuotendo la testa; si aspetta-

AL SANTOSEPOLCRO

NON C’È CAOS,MA FEDE

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vano di trovare un’atmosfera di fede, invece si tro-vano un ambiente che sa di mercato. Ed io ero tra queste persone fi no a quando un giorno ho assistito ad una scena molto particolare.

Ero riuscito a mettermi in un angolino nascosto dentro il Santo Sepolcro e lì pregavo in silenzio. Di fronte a me stava una giovane suora, credo tedesca, sicuramente cattolica di tradizione latina; pregava il suo breviario in modo composto, quasi senza fi atare. Sembrava una statua. Era bello osservarla e infondeva un senso di pace quasi angelica. Era l’im-magine della fede così come io la concepivo; così ho sempre pensato che ci si deve comportare in un luogo sacro.

Di seguito è entrata un’anziana suora ortodossa, credo fosse russa. Non aveva nessun breviario in mano, ma solo un fazzoletto con il quale toccava ogni centimetro quadrato del Sepolcro. Si muoveva quasi come un’ossessa, fi no al punto di essere quasi sdraiata sulla lastra sepolcrale dove fu posto Gesù. Fui impressionato e mi domandai cosa stesse succe-dendo, se questo modo di pregare fosse razionale. Ma, mentre continuavo a guardarla, sorgeva in me ammirazione e mi ricordava le tante donne del van-gelo che avevano incontrato Gesù. Quella visione infondeva calore, gioia e voglia di fare lo stesso.

Capii che una cosa è la fede, altra cosa il modo di viverla.

Ricordo che uscii dal Sepolcro con una nuova co-scienza di libertà; ora guardavo quella folla da mer-cato con occhi pieni di passione religiosa e non di fredda dottrina.

Mi stavo convertendo? Sì, alla fede che ha le sue radici nel cuore umano. Mettevo da parte la mia testa, la mia costruzione culturale della fede e mi aprivo ad una fede immediata, sensibile, piena di passione. A dire il vero non so se riuscirei a fare al-trettanto come la suora ortodossa; credo che la mia mente non me lo permetta, ma mi piacerebbe tanto imitarla.

E così ogni volta che ritorno a Gerusalemme, in particolare al Santo Sepolcro, rivivo quell’esperien-za. Vado con gioia, mi fermo e guardo senza pensare a nulla e mi lascio trascinare da ciò che vedo. Vedo uomini e donne che cercano di credere con il cuore senza fi ltri, così come sanno fare, senza preoccuparsi di cosa pensano gli altri, senza preoccuparsi di ave-re tutto chiaro. Credono con il cuore. Così insegno agli altri: al Santo Sepolcro non c’è caos, ma fede.

Alvaro Grammatica

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Il signifi cato di pietà popolare, inteso come un aspetto fonda-mentale dell’evangelizzazione e

al quale essa non può restare insensi-bile, è stato introdotto da Papa Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evan-gelii nuntiandi. La pietà popolare è compresa come un’espressione spon-tanea e autentica della manifestazio-ne missionaria del popolo di Dio, in cui lo Spirito Santo è l’agente princi-pale. Essa si esprime in modo privile-giato nella vita dei santuari, nei quali l’espressione più alta si manifesta nella venerazione della Vergine Ma-ria, segno di consolazione e di prote-zione, in cui confl uiscono emozioni, devozioni, preghiere, e meditazioni,

attraverso gesti intrisi di umanità che manifestano da un lato, «una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere» (EN 48), dall’al-tro l’irruzione di Dio nell’esistenza umana. Il più delle volte la visita ad un santuario si rivela un rifugio, talvolta un’ultima spiaggia per colo-ro che sono estranei al circuito delle comunità cristiane e che vi entrano per chiedere una grazia particolare, per vedere una fi gura o toccare una statua di qualche santo. Essendo per molti, nella maggior parte dei casi, il primo e unico approccio con la Chie-sa, la pietà popolare si situa alla base della Nuova Evangelizzazione. Si tratta di un’opportunità per coglie-

re quella connaturalità affettiva e il signifi cato teologico presente in quei gesti (i verbi “chiedere”, “vedere” e “toccare” assumono un’importan-za rilevante nei vangeli!), in quanto essi veicolano in sé stessi una forza e una tensione missionaria, che hanno trovato in Papa Francesco un segua-ce appassionato. Nell’Evangelii gau-dium, infatti, egli riserva uno spazio ragguardevole alla pietà popolare in rapporto alla missione della Chiesa, sostenendo in maniera esplicita che «il popolo evangelizza continuamen-te sé stesso» (EG 122) e, riconoscen-do che la pietà popolare ha subito una profonda rivalutazione a partire dagli ultimi decenni del secolo scor-

NUOVA EVANGELIZZAZIONEE PIETÀ POPOLARE

XII _ DOSSIER 1/2019

In primo piano

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so, la segnala come «un prezioso tesoro della Chiesa cat-tolica» (EG 123). Occorre, quindi, approfondire il senso di questa categoria «a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione» (EG 126), e considerare come essa sia collegata con il sensus fi dei del quale Papa Fran-cesco invita a porsi in ascolto nel momento in cui l’esperienza di fede si trovi priva di un linguag-gio appropriato per formularla. La pietà popolare ci offre una prospettiva singolare in cui rie-cheggia una lettura ecclesiologi-ca iniziata al Concilio Vaticano II, evidenziando la facoltà che il popolo di Dio avrebbe di percepi-re, vivere e tramandare la fede, pur essendo privo di un adeguato apparato concettuale. Per la Nuova Evangelizzazio-ne si tratta di favorire, prima di tutto, l’impeto e l’adesione personale a Dio, anziché lo sviluppo di una comprensione del Suo disegno salvifi co. A motivo di tut-to ciò, Francesco può affermare che «le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico» (EG 126), che rivestono un ruolo determinante all’interno del proces-so di comunicazione della fede. Non a caso la decisione di trasferire le competenze sui santuari al Dicastero per la Nuova Evangelizzazione con la Lettera apostolica in

forma di Motu Proprio, Sanctuarium in Ecclesia dell’11 febbraio 2017, prima attribuite alla Congregazione del Clero, indica una direzione precisa: rivalutare i luoghi

della pietà popolare per favorire l’annuncio di un Dio che sa amare, prima ancora

di giudicare. Tuttavia, pur offrendo spazi per riscoprire la propria iden-

tità cristiana e la forza necessaria per un’autentica conversione, essendo costantemente aperta alla infi ltrazione di deforma-zioni religiose, o addirittura di superstizioni, essa può com-portare inevitabilmente anche alcuni rischi: può ridursi ad

essere proposta senza risposta, calvario senza risurrezione, ge-

stualità senza signifi cato, ricordo di pure emozioni, partecipazione senza

comunione. Tutto questo molto spesso ne disperde la forza evangelizzatrice e la riduce a

livello di celebrazioni rituali, senza condurre ad una reale adesione di fede. La pietà popolare, quindi, chiede conti-nuamente di essere illuminata dal Vangelo e convogliata all’interno della Tradizione viva della Chiesa, per custo-dirla da eventuali usi impropri. Si tratta di comprendere che essa possiede una facoltà educativa che, se ben orien-tata e purifi cata mediante una pedagogia dell’evangeliz-zazione, può imprimere nuovo vigore ad una Chiesa che cerca i lontani.

ui pensiamo 126), e con

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“una sete di Dio“una sete di Dioche solo i sempliciche solo i semplici

e i poveri possono conoscere” e i poveri possono conoscere” (EN 48)(EN 48)

Manuel Rossi

DOSSIER 1/2019 _ XIII

In primo piano

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Nella vita di ciascuno

arriva un periodo

quando sente

che la sua esistenza

ha bisogno

di un cambio.

Così è stato

anche per me.

Sentivo che non vivevo

la mia vita intensamente

e che qualcosa

mi mancava...

“FORSESU QUELLA

BARCAC’ERA ANCHE

GIACOMO-SANTIAGO”

XIV _ DOSSIER 1/2019

In primo piano

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Alla televisione ho sentito parlare di un pellegrinag-gio in Spagna, durante il quale le persone prendono con sé uno zaino e camminano verso una città per loro sconosciuta: Santiago de Compostela. Ognuno con la propria velocità e con lo zaino dei propri problemi. Così ho deciso anch’io di iniziare il cammino. Ho com-prato i biglietti per Barcellona e ho guardato la distanza da Barcellona a Compostela. Erano 1500 km. Divisi per i 40 giorni che avevo a disposizione erano 37,5 km di cammino al giorno. Durante il pellegrinaggio volevo cercare la presenza del Signore e chiedergli di mostrar-mi cosa fare nella mia vita.

Sono arrivato a Barcellona pieno di entusiasmo e motivato, ma subito dopo il primo giorno di cammino ho capito che non sarebbe stato tanto semplice. Mal di schiena, vesciche ai piedi e notti in tenda mi toglieva-no il sorriso. Comunque, nonostante ciò, sperimenta-vo sempre la presenza del Signore. Sentivo che si sta-va prendendo cura di me in tante situazioni concrete. Quando mi trovavo ad un incrocio e non sapevo che direzione prendere mi mandava qualcuno ad indicar-mi la strada. Quando avevo fame, all’improvviso, in-contravo delle persone che mi offrivano del cibo. Ogni giorno del cammino era speciale, perché era diverso. Al mattino si sa dove si inizia, ma alla sera non si sa fi n dove

si arriva. E così i giorni passavano e io camminavo, pre-gavo e stavo in ascolto pensando che il Signore avreb-be risposto con una voce chiara, precisa e concreta alle mie domande. Ero quasi alla fi ne del percorso, molto stanco, ma il Signore rimaneva in silenzio ed io comin-ciavo ad essere impaziente e, a dire il vero, anche un po’ arrabbiato con lui. “Perché non rispondi? Perché non parli?” Un giorno pioveva tanto ed io avevo forti dolori al piede, non riuscivo più a camminare. Mi trovavo al-loggiato in un ostello e in quel giorno ero lì stranamen-te da solo. Mi ero appena addormentato, quando mi ha svegliato una telefonata dalla mia banca in Slovacchia: “Buongiorno signor Kiss, qualcuno è entrato nel suo conto corrente e ha rubato tutti i suoi soldi”. Era tutto molto strano, da solo in ostello, con dolori ai piedi e, per di più, anche senza soldi. Ho iniziato a piangere. Ho preso in mano la Bibbia e mi sono messo a pregare. Ho aperto il vangelo, dove Gesù è sulla barca con i suoi discepoli. Gesù dorme. Arriva la tempesta e gli apostoli lo svegliano dicendogli che stanno per morire. Forse su quella barca c’era anche Giacomo-Santiago, verso il quale camminavo. Gesù si sveglia e gli dice: “perché avete paura? perché non avete fede?”. Queste parole mi hanno colpito molto e sono entrate profondamente nel mio cuore. Il giorno successivo ho ripreso il cammino e in pochi giorni ho raggiunto San Giacomo di Com-postella, ma ero già una persona diversa. Sì, è vero, il Signore non mi ha risposto precisamente come volevo, non mi ha mostrato una ricetta perfetta di come deve svolgersi la mia vita. Mi ha dato di più. Mi ha insegnato che atteggiamento devo avere nel corso della vita: fi dar-mi di lui. Se viene la tempesta non devo avere paura, perché lui si trova con me nella barca.

Quando sono tornato a casa, ho ricevuto di nuovo una chiamata dalla banca. I soldi erano di nuovo al loro posto, si era trattato solo di uno sbaglio. Oggi vivo la vita in modo sereno e gioioso al servizio del Signore, ma soprattutto con la fi ducia in lui.

Pavol Kiss

DOSSIER 1/2019 _ XV

In primo piano

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...PREGARE LÀDOVE LA PAROLAÈ DIVENUTA CARNEE GESÙ HA DATO

...HA RAVVIVATO IN ME

ANCORA DI PIÙLA SPERANZANEL CREDERE ALLE SUE

CHE SI COMPIONO

Non sto per descrivere un sempli-ce viaggio, né voglio raccontare di un’entusiasmante gita all’estero, ma voglio condividere un’esperienza che ha rinnovato la mia vita e la mia espe-rienza con il Signore: quella di un pel-legrinaggio.

Sebbene siano ormai trascorsi degli anni e, nel frattempo, io abbia cono-sciuto altri posti e vissuto altri mo-menti signifi cativi, Israele è un luogo che è rimasto in modo particolare nel mio cuore. I luoghi visitati non sono come immagini sbiadite di una vec-chia cartolina, ma sono ben nitidi davanti ai miei occhi, così come in-delebile dentro di me è l’esperienza vissuta.

Forse ad alcuni potrà essere capitato di aver avuto una “leggera delusione” nell’arrivare in Israele, essendosi ma-gari aspettati di trovare tutto esatta-mente come lo leggiamo dai racconti biblici, mentre nei siti ci sono chiese e sulle strade auto moderne... eppure per me è stato esattamente come lo avevo immaginato: nel mio cuore ri-

suonava con forza una sola unica frase “è qui che è vissuto Lui: Gesù!».

In ogni sito visitato era come in-contrarlo di nuovo e, passo dopo passo, cresceva in me il desiderio di conoscerlo ancora di più: da Tabga, al Monte delle Beatitudini, dal Muro Occidentale al Santo Sepolcro, dove indipendentemente dai dibattiti sto-rici, ciò che mi ha rafforzato nella fede è stato trovarlo vuoto, privo di qualsiasi “salma” a cui “rendere omag-gio” perché Gesù è Risorto!

Camminare per le strade dove Lui ha camminato, vedere i luoghi in cui è vissuto e ha predicato, pregare là dove la Parola è divenuta carne e Gesù ha dato la sua vita per me ha ravvivato in me ancora di più la speranza nel credere alle sue promesse, che si com-piono sempre!

Quel pellegrinaggio in Israele non è stato qualcosa vissuto solamente a li-vello personale ma comunitario, con-diviso insieme ai miei fratelli e sorelle, e questo lo ha reso ancora più intenso!

In un certo senso è un’esperienza

fuori del tempo perché, passando at-traverso i luoghi visitati, entriamo in un posto senza spazi, dove Lui, Gesù, è presente, ed è questo che la rende un’esperienza indelebile!

Giulia Thérèse Padula

«È QUI CHE È VISSUTO LUI: GESÙ!»

XVI _ DOSSIER 1/2019

In primo piano

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Abramo lasciò la terra di Carran, per comando del Si-gnore, all’età di settantacinque anni e a quel tempo non esisteva il popolo eletto, se non nei sui lombi, e non c’era nemmeno la legge ma ‘solo’ Dio che si relazionava con lui e lo guidava verso una meta a lui sconosciuta e una strada tutta da scoprire.

E dopo ben ventiquattro anni di cammino e di dialogo tra i due, l’Eterno si rivolge così ad Abramo: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto nume-roso» (Gn 17,1-2). Ecco allora il comando, che rende bene il testo originale ebraico, di ‘camminare davanti a Lui’ e di essere integro.

È una richiesta un po’ strana, come può Abramo cammi-nare davanti al Signore? Cosa signifi ca questo? Le diverse traduzioni dall’ebraico cercano di interpretare l’espressio-ne ‘cammina davanti a me’ con: ‘cammina alla mia presen-za’, ‘ubbidisci a me’, ecc. La traduzione greca dell’Antico Testamento rende questo comando divino con un verbo che signifi ca ‘continua a tenere una condotta bella’, ‘gra-dita’, ‘tale da piacermi’. Qual è dunque il segreto di questa condotta bella agli occhi del Signore? Come può Abramo piacere, farsi bello agli occhi di Dio? Cosa veramente in noi è in grado di conquistare il cuore del Signore? La rispo-sta la troviamo nella lettera agli Ebrei (11,6), dove incon-triamo lo stesso verbo greco visto precedentemente: «Senza la fede è impossibile essergli (a Dio) graditi», o meglio an-cora: «piacergli». La fede è il cosmetico essenziale che ha reso bello Abramo agli occhi del Signore e che rende belli anche noi quando la esercitiamo, la viviamo giorno dopo giorno come parte essenziale della nostra vita. Ovviamente non si intende il credere nell’esistenza di un ‘qualcosa’ o di un ‘qualcuno’, ma piuttosto fi darsi incondizionatamente

di Lui che è nostro Padre e provvede ad ogni nostra ne-cessità.

Ad Abramo non viene imposta una leg-ge, un direttorio di vita, ma gli viene chiesto di riporre piena fi ducia in Colui che lo sta guidando e, conseguentemente, di dipendere da Lui gior-no dopo giorno. Siamo belli agli occhi del Signore quando ci comportiamo da fi gli e siamo capaci di dipendere da lui coinvolgendolo così nella nostra vita. A parole sembra facile lasciare le redini nelle sue mani, ma appena qualcosa non è di nostro gradimento o semplicemente non è nelle nostre aspettative, allora lo trasformiamo in Dio-carriola: lui sta davanti a me, ma in realtà sono io a decidere il cam-mino da percorrere.

Ciò che contrasta il ‘dipendere’ dal Signore è la sfi ducia che nasce dalle delusioni, che producono amarezza e soffocano l’entusiasmo. Quel che noi possiamo fare con l’aiuto del Signore è non permettere che prendano radici

nel nostro cuore. L’atteggiamento pratico del deluso è questo: grande capacità di vedere il negativo e di criticare, e scarsa o nulla di proporre.

Abramo ha saputo coltivare la fi ducia nel Signore rima-nendo sempre dipendente da Lui, anche quando non ri-spondeva o sembrava essere assente. Questa dipendenza si chiama Preghiera.

Giuseppe De Nardi

d e-

o non una leg-

rio di ita ma

Figure della BibbiaFigure della Bibbia

IL PELLEGRINO GUIDATODAL SIGNORE

marzo 2019 _ 27

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La via di Damasco che percorreva Pao-lo e sulla quale incontrò Gesù, secondo gli Atti degli apostoli cap. 9, segnò un

inizio nuovo di tutta la sua vita. A Pa-olo accadde qualcosa che cambiò radicalmente il suo orientamento, i suoi valori e ciò che viveva.

L’essenza dell’esperienza di Paolo è identica con ciò che dice papa Benedetto nella sua lettera enciclica Deus Caritas

est (§1): “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione

etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.”

È proprio l’incontro con quella Persona, con la persona di Gesù Cristo, che cam-bia e trasforma anche la nostra vita, così come ha cambiato e trasformato la vita di Paolo. Questo incontro con Gesù è il momento iniziale e fondamentale per la nostra conversione, che è un processo e

una sfi da quotidiana. Per questo sia-mo sempre su questa strada di con-

versione, su questa “via di Dama-sco”.

In quanto la conver-sione è un processo, ci devono essere presenti

anche altri elementi, altre dimensioni. Nella nostra Koinonia, questo processo con le relative dimen-sioni, lo possiamo caratterizzare secondo la nostra spiritualità KeKaKò, cioè, secondo le tre esperien-ze personali che ognuno di noi è chiamato ad avere ed approfondire, rinnovare e nutrire.

Così, nella Koinonia, nella nostra vita persona-le e comunitaria, la conversione è un cammino e per tutta la vita saremo sulla via di Damasco, sulla quale possiamo incontrare nuovamente e sempre più profondamente Gesù, sotto l’azione dello Spi-rito Santo e nell’amicizia dei fratelli che Lui ci ha donato.

Andrej Keller

La via di Damlo e sulla qualegli Atti degli

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LA NOSTRA VIA DI DAMALA NOSTRA VIA DI DAMASCOSCO

1. KE = KERYGMA: l’esperienza fondamentale che

sta all’inizio, cioè l’incontro personale con il Si-

gnore Gesù, mio Salvatore e Redentore. Sono chiamato

ad approfondire la mia relazione, la mia adesione a Lui

nell’incontro quotidiano con Lui, nella preghiera e nella

lettura della Sua Parola.

2. KA = KARISMA: l’esperienza dello Spirito Santo

che mi guida e che rende viva in me l’esperienza

di salvezza, di gioia e di pace. Sono chiamato ad aprir-

mi alla Sua guida, ai suoi doni e carismi.

3. KO = KOINONIA: l’esperienza dell’amicizia con il

fratello, l’esperienza di essere amato e di amare.

Sono chiamato a chiedere perdono e perdonare, a cer-

care il bene dell’altro.

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Qui a New York, la chiesa della Visitazione, crocevia di diver-se culture, è un vivace laboratorio di idee e se ne vedono di tutti i colori. Il 17 marzo giorno di S. Patrizio, patrono d’Irlanda, la Koinonia si tinge di verde e festeggia con allegre melodie e danze colui che ha portato la luce di Cristo in una terra pie-na di ombre e magia. La celebrazione scandita da momenti di preghiera, musica uniti all’atmosfera familiare comunitaria, ha dato un forte impulso evangelizzatore che ha raggiunto il cuore dei partecipanti.

Rosa è il corso “Donna restaura la tua dignità” creato per es-sere uno strumento di rinascita per la donna frequentemente vittima di abusi. Numerose donne di diversa età, provenienza, dopo aver scoperto la grandezza e bellezza del progetto di salvez-za che Dio ha per loro, hanno sperimentato la forza guaritrice e liberante dello Spirito Santo.

Arancione-rosso come l’alba qui a Red Hook, ben conosciuta dai fratelli della Koinonia che ogni primo sabato del mese si ra-dunano, alle cinque del mattino, per pregare insieme e strappare al Signore le grazie di cui hanno bisogno. Il desiderio di stare con Gesù senza distrazioni e le tante necessità li hanno spinti ad una scelta coraggiosa e scomoda che si è dimostrata vincente. Il Signore ha risposto donando loro una vita di preghiera stabile e fedele, liberazioni, guarigioni fi siche, riconciliazioni familiari, conversioni.

Bordeaux è il colore del passaporto dei volontari che la Prov-videnza ci invia per ricostruire la casa di Dio e che la comunità interna accoglie con gioia, perché sa vedere in loro la presenza di un Gesù che lavora e vive insieme a lei.

Qui nell’Oasi ogni attività è realizzata grazie al supporto dei volontari che, entrati nel fi ume della vita comunitaria, gustan-done la bellezza e la dolcezza, ne vengono trasformati. Come l’arcobaleno unisce in se molti colori facendoli splendere in cie-lo dopo un temporale, così crediamo che lo Spirito stia unendo i nostri sforzi e le nostre vite per realizzare qui a Red Hook, quar-tiere colpito da droga e violenza, un Centro di evangelizzazione che sia un faro che porti luce nelle tenebre di tutta l’America e tu sei il colore che ci manca!!

Letizia Girelli

News da New York

UN ARCOBALENODI COLORIDI COLORI

marzo 2019 _ 29

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Il Signore ci aveva dato questa Paro-la all’inizio dell’Oasi di Villardeciervos in Spagna. Con la certezza che le sue promesse si realizzano nel tempo da lui stesso stabilito, abbiamo cominciato il ministero dei giovani anche quest’an-no. La sfi da è grande come da altre parti, poiché quando si inizia a parlare di Gesù le persone non sembrano in-teressate, si chiudono o addirittura se ne vanno via. Ma la nostra fi ducia in Gesù è ferma e, grazie alle preghiere, il Signore ha iniziato a muoversi tra i giovani spagnoli.

All’inizio dell’anno pastorale 2018-2019 ci hanno chiamato da un colle-gio di una provincia vicino all’Oasi, perché erano interessati alla nostra maniera di presentare Gesù vivo e Ri-sorto, e ci hanno chiesto di fare alcuni incontri con varie classi scolastiche di diverse età, per oltre 130 ragazzi. Con insegnamenti, canti, balli e giochi gli

abbiamo presentato Gesù come amico fedele e non come un Gesù che ti dice: “devi essere bravo per sentire il mio amore”.

L’esperienza è stata favorevole, per-ché con piena libertà erano aperti ad accogliere il Signore come amico nella propria vita.

Per noi, come comunità, è la risposta alle nostre preghiere, non solo per l’in-

vito a realizzare gli incontri, ma perché dopo averli fatti, i ragazzi sono rimasti contenti. Siamo stati invitati a tene-re altri incontri e non solo in questa scuola. Un professore, che accompa-gnava i ragazzi come tutore, è rimasto così soddisfatto per come si è realizzato l’incontro e soprattutto per il fatto che i ragazzi erano felici, che lui stesso ne ha parlato con i suoi colleghi di altre scuole, affi nché ci invitino a lavorare con loro.

Davvero il Signore sta aprendo non solo le porte ma i portoni, per entrare nelle vite dei giovani.

In quest’anno la nostra comunità Koinonia Giovanni Battista sta fe-steggiando i 40 anni di fondazione: crediamo che per il popolo spagnolo e per tutte le altre nazioni il Signore stia realizzando cose grandi e nuove.

Francisco Hernández Montes

News dalla Spagna

“ALLORA ILDESERTODIVENTERÀUN GIARDINO”

30 _ marzo 2019

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Con lo slogan “Call Me Crazy” (chiama-temi pazzo), si è svolto l’11° incontro

nazionale dei giovani, dal 2 al 6 gennaio, pres-

so “En Ghedi” a Bracciano (RM).

I 70 partecipanti hanno misurato la loro

pazzia per Gesù, l’Unico così pazzo di amore

da dare la sua vita per ognuno di noi!

Il tempo è stato scandito da tematiche, dina-

miche, condivisioni e dalla novità introdotta

quest’anno: i workshop, in cui i giovani si sono

messi in gioco in prima persona.

L’input di apertura è stato: “Osare essere

pazzi per Cristo”, per poi analizzare se ci sia

coerenza tra l’esperienza avuta e quotidiana

di Gesù e i loro profi li dei social network. Da

quest’analisi è emerso che molto spesso non

c’è, così i giovani hanno preso la decisione di

essere un faro per la loro generazione e, quindi,

di essere autentici in primis con se stessi e, di

conseguenza, con gli altri. La luce del faro vie-

ne alimentata con due fattori imprescindibili:

l’essere autentici e l’essere radicati come parte

della Koinonia Giovanni Battista, corpo in cui

sono stati chiamati; da qui la consapevolezza

che qualsiasi cosa facciano, la renderanno spe-

ciale dando se stessi. Non è importante il tipo

di incarico, ma il fatto di averne uno proprio

e che dalla propria dedizione nell’attuarlo, di-

pende il successo del progetto generale.

I workshop si articolavano in due momenti.

Inizialmente, i giovani hanno imparato a dare

la propria Testimonianza in maniera diretta,

effi cace e kerygmatica; ad Evangelizzare i pro-

pri amici con un metodo concreto e preciso;

a guidare l’Animazione portando gli altri alla

presenza di Gesù; ed infi ne ad usare lo stru-

mento della Musica come un canale privilegia-

to per toccare i cuori.

In seguito, con molta creatività, i giovani

hanno ideato delle nuove espressioni che pos-

sano colpire il cuore di coloro che non sono

ancora pazzi per Cristo: con un videoclip, con

la musica, con la danza, con i social network,

pubblicando messaggi che trasmettano speran-

za. Tutto questo è online sul nostro canale You-

Tube: Koinoniayouthitalia. Andate a vedere!

A fi ne incontro, il pazzometro mostrava

che erano pienamente matti per Cristo… così

ognuno poteva dire: “Call Me Crazy”.

Francesco Maria Iacuitto

«CHIAMATECI PAZZI,NOI SEGUIAMO GESÙ»

News da Roma

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L’EVANGELIZZAZIONE NON ÈIMPORTANTE, È INEVITABILE!

È interessante vedere nei Van-geli come Gesù di Nazaret fosse costantemente mosso

dalla determinazione di annuncia-re il Regno di Dio. “L’annunciare” di Gesù non si limitava solo a dire qualcosa, ma era piuttosto il suo modo di essere e di vivere a pieno la quotidianità, con il proposito di manifestare l’amore del Padre in ogni momento, ad ogni uomo che si trovava davanti. Il desiderio che tra-spariva in Gesù, che lo consumava e spingeva sempre oltre, era proprio questo: che ogni uomo potesse esse-re toccato e abbracciato dall’amore e dalla bontà smisurata del Padre. E lo è tutt’ora. Questo dimostra chiaramente che l’evangelizzazione, dunque la predicazione del Vangelo, non è importante, ma è fondamen-tale, nonché inevitabile nel piano di salvezza dell’umanità tutta. Qui sta il perché della Scuola di Evangeliz-zazione.

A COSA SERVE?Così come è la nostra formazione

oggi, così sarà la nostra evangelizza-zione domani.

L’ambiente della Scuola ti permet-te di vivere con maggiore intensità grazie alle relazioni di amicizia tra gli studenti presso un’Oasi. Di gran-de valore è la possibilità di avere un contatto reale e diretto con inse-gnanti-maestri con una ricca espe-rienza nell’evangelizzazione, nella vita di preghiera e nell'accompagna-mento.

Ci auguriamo che tu possa risco-prire una nuova passione per portare la speranza del Vangelo e la Vita in ogni area della nostra società. Potrai acquisire abilità pratiche nel cam-po della preghiera di intercessione, dell’animazione, della predicazione e della metodologia dei corsi di forma-zione. Avrai l’opportunità di parteci-pare alle attività di evangelizzazione dell’Oasi locale e mettere in pratica ciò che hai studiato. La Scuola, oltre a trasmettere un know-how formati-vo e una strategia effi cace, ti cambia la mentalità e molto, molto di più… ti offre un approccio e un linguaggio

fresco, aggiornato e comprensibile per la generazione di oggi. Soprat-tutto è un’esperienza che ti spingerà ad uscire dalle tue comodità e dalle tue sicurezze e ti farà vedere nuovi orizzonti verso i quali il Signore ci chiama continuamente.

È UNA SCUOLAPER ME?

Siamo aperti a studenti di ogni età. È per chiunque sia disponibile a collaborare nell’evangelizzazione con maggior impegno e serietà. La nostra Scuola fa parte della Koino-nia Giovanni Battista, ma non è solo per i membri della Koinonia. È una scuola al servizio di tutta la Chiesa, con l’intento di portare il messaggio di Gesù anche al di là dei confi ni della Chiesa stessa.

Lanciamo questa sfi da alle perso-ne desiderose di investire tutti i loro sforzi, le loro energie e il proprio potenziale per la proclamazione del messaggio di Gesù, morto e risorto in mezzo a noi.

Marcel Hakoš

News dalla Scuola di Evangelizzazione

32 _ marzo 2019

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Abbiamo chiesto ad alcuni studenti di condividerci una loro impressione al volo sulla nostra scuola di evangelizzazione…

Enrique dal Messico. È molto sintetico, ma incisivo!

DUNQUE, ENRIQUE, QUAL È IL BAGAGLIO CHE TI PORTI A CASA DA QUESTA SCUOLA?Ciao a tutti, il bagaglio è molto pesante nel senso che ci

posso mettere dentro un sacco di cose, ma cerco di fare una buona sintesi!

TI ASCOLTIAMO!Dunque, per prima cosa la gioia di annunciare il messag-

gio del Vangelo INSIEME! Il che è anche una bella sfi da per mettere alla prova la creatività di ognuno, cercare di essere anticonformisti per non fare di nuovo quello che è stato già fatto.

In più, posso dire che non ho appreso solo informazioni, ma risorse anche pratiche per rispondere alle necessità della gente che incontro.

ENRIQUE, COSA CI DICI DI TE E DELLA RELAZIO-NE CON IL SIGNORE IN QUESTA SCUOLA?La relazione con il Signore si è arricchita. Molto belli

sono stati i momenti di preghiera e non solo, dove il Signo-re parla ai cuori e riempie il vuoto che c’è.

Marta, dalla Spagna, con il suo fare divertente e sempre gioioso ci dice in spagnolo che “tiene poco tiempo” (ha poco tempo) perché deve preparare una motivazione di 15 minu-ti per il giorno seguente... ma poi dice che per “compartir” (condividere) si può sempre fare una pausa dallo studio!

CIAO MARTA! CHE ESPERIENZA È PER TE QUEL-LA DELLA SCUOLA?Ahi! Dura troppo poco! Scusate, ciao a tutti! Vivere la

Scuola è un’esperienza forte di amicizia, dello stare insieme con persone provenienti da ogni parte del mondo, in una comunità che mi accoglie al 100%!

E QUELLO CHE VIVI OGNI GIORNO, COME LO SINTETIZZERESTI IN UNA FRASE?È un continuo apprendere “dalle cose” di ogni giorno per

arrivare a Lui e, attraverso di Lui, a ogni uomo di questa terra.

GRAZIE MARTA, E COSA TI PORTI A CASA?Ritorno sapendo di appartenere ad una comunità di ami-

ci che si preoccupa della nostra formazione. E porto con me il desiderio che altri possano sperimentare ciò che io ho sperimentato. Grazie!

Miscia, viene dalla Repubblica Ceca e il suo sorriso è con-tagioso.

MISCIA, TOCCA A TE: CHE CI DICI DI QUESTA SCUOLA?Poter partecipare alla scuola di evangelizzazione per me è

un grandissimo dono! Sperimento ogni giorno che quello che mi sembrava impossibile, ora è possibile perché è il Si-gnore che lo rende così.

INSOMMA, UNA GRANDE ESPERIENZA!Sì! Sto crescendo nella relazione con Lui e tra di noi, fra-

telli e sorelle. Gesù mi sta manifestando il suo amore perché semplicemente vuole stare con me.

CHE ALTRO DIRE, MISCIA, COSA DICI AI LET-TORI?Gesù vuole stare anche con te! E questa è un’ottima op-

portunità!

News dalla Scuola di Evangelizzazione

«IL SIGNORE PARLA AI NOSTRI CUORI»«IL SIGNORE PARLA AI NOSTRI CUORI»

a cura di Alessandra Zuccato

marzo 2019 _ 33

Page 36: e decide nel suo cuore il santo viaggio · DO IL MIRACOLO DI CANA, PAR-LAVA DI “INNAMORAMENTO”. «Esattamente. Da quel vino che poi viene a mancare, quello dell’in-namoramento,

News dalla Sede Federale

IL MESSICO SARÀ TESTIMONE Ad ogni Epifania in Messico si suo-

le regalare giocattoli ai bambini ri-cordando i doni che i re magi hanno portato al Bambin Gesù. Quest’anno i doni sono arrivati non solo per i più piccoli, ma per tutto il popolo della Koinonia della Repubblica messicana. Mi riferisco al fatto che al Congresso

Nazionale del 5-6 gennaio, a Guadalajara, erano presen-ti tutti i pastori delle nostre comunità sparse nel mondo. L’evento ha celebrato i 40 anni di anniversario della Koinonia Giovanni Battista, nata precisamente il 1 gennaio 1979 a Loreto.

L’arrivo dei nostri pa-stori è stata una benedi-zione per tutte le realtà messicane riunite insie-me, in quanto hanno vi-sto e conosciuto chi si è dedicato all’opera della comunità fi n dal suo ini-zio. È stato un conoscere le radici della comunità attraverso la testimonian-za dei pastori delle Oasi. Questo ha dato il senso di

una comunità solida, ben piantata e un senso di sapersi guidati da coloro che il Signore ha rivestito di saggezza. Inoltre, i messicani hanno compreso di essere parte di una comunità che è memore di una storia di incontro e se-quela con il suo Signore ed è orientata ad essere fedele nel vivere e testimo-niare la Sua Presenza.

Non si poteva iniziare l’anno in una forma migliore: per essere testimoni bisogna prima ascoltare coloro che ci hanno preceduti nella testimonianza dell’esperienza di Gesù. Lo slogan del Congresso, infatti, era “Il Messico sarà testimone”.

IRLANDA:PRIMO MEETING DEI GIOVANI DELLA KOINONIA

In seguito al progetto “Fearless”, che ha avuto luogo nel 2018, i giovani che hanno sentito un’appartenenza alla Koi-nonia hanno partecipato al 1° incontro nazionale dei gio-vani, dal venerdì primo febbraio fi no alla domenica, nella nostra casa studio a The Braid, in Irlanda. I giovani sono stati una trentina e sono venuti da Cork, Belfast, dalla Gran Bretagna e da paesi limitrofi . Il tema è stato “Tu sei mio”

basato sul versetto biblico “Ti ho chiamato per nome” (Is 43,3). Il nostro fratello Darren ha tenuto le fi la dell’incon-tro con la partecipazione del pastore generale p. Alvaro, che ha motivato i giovani all’ascolto della Parola di Dio da vi-vere concretamente, personalmente e comunitariamente. I giovani sono stati entusiasti, pronti a vedere la Parola ascol-tata trasformarsi in realtà nel loro quotidiano.

INCONTRO DI EVANGELIZZATORI Sabato 12 e domenica 13 gennaio si è tenuto a Guadalajara (Messico) il 3°

Incontro di Evangelizzatori Kerigmatici, organizzato dalla Sezione Diocesana di Evangelizzazione e Catechesi dell’arcidiocesi di Guadalajara. P. Alvaro, come invitato, ha introdotto l’evento con una predica sul “Kerigma, risposta alla necessità di Dio dell’uomo e della donna di oggi”. Il Kerigma, infatti, è stato il fi lo conduttore dell’intero evento. I predicatori hanno affrontato diverse tema-tiche legate all’evangelizzazione nel mondo odierno, con vari workshop specifi -ci sui giovani, le famiglie ricostruite, le reti sociali, ecc. I partecipanti sono tor-nati a casa pieni di zelo e di strumenti concreti per portare il Vangelo nel loro ambiente quotidiano.

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SLOVACCHIA: IMPEGNI DEI CONSACRATI NEL MONDO

Domenica 10 febbraio, a Prešov (Slovacchia), i fratelli e sorelle consacrati nel mondo erano in prima linea della giornata di Koinonia. La sorella Janka e il fratello Martin hanno pronunciato i loro primi voti triennali e la sorella Soňa ha pronunciato i suoi voti perpetui. I voti sono stati ri-cevuti dal Pastore generale p. Alvaro, alla presenza del coor-dinatore della realtà di Prešov p. Anton, insieme ai sacerdoti della Koinonia, membri della comunità locale e tanti amici e parenti dei votandi. Possano essere sempre testimoni fe-condi della chiamata del Signore a seguirlo e servirlo nella consacrazione nel mondo.

News dalla Sede Federale

Nel mese di gennaio, dopo il pellegrinaggio in Messico dei pastori e il Congresso naziona-le messicano a Guadalajara, p. Alvaro insieme ad alcuni pastori sono andati a far visita all’O-asi della California.

È stata un’esperienza di quattro giorni vissuti intensamente insieme a tutta la comunità celibataria. L’Oasi si trova ad Ac-ton, a circa 80 km dalla città di Los Angeles.

Dopo la visita del terreno della comunità, circondato da montagne piuttosto desertiche, p. Artur, il pastore dell’Oasi, ha illustrato an-che il progetto delle future costruzioni. At-tualmente, infatti, c’è una casa dove vivono le sorelle, insieme ai luoghi di vita comune, e due roulotte dove dormono i fratelli.

Non è mancata una visita al meraviglioso parco nazionale del Grand Canyon con i suoi paesaggi spettacolari. Ringraziamo il Signore per le meraviglie che compie nella Koinonia in California!

QUESTO LUOGODIVENTERÀ LA NOSTRA CASA

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INDIA: LA PAROLA DI DIO CORRE

I nostri fratelli dell’India non si risparmiano nel portare avanti l’evangelizzazione. Nono-stante il fatto che i Cristiani siano visti con dif-fi denza, le nostre comunità cercano di stabilire relazioni favorevoli con le comunità locali di varie religioni e si invitano a vicenda. Per venire in aiuto ai più poveri, a Meghnagar (Madhya Pradesh) i fratelli coltivano i campi e allevano animali da carne. Numerose famiglie stanno ri-cevendo una formazione spirituale, ma anche socio-culturale, di cui sono grate e testimonia-no quanto importante sia l’incontro con Gesù e con la comunità. Sono motivate a fare “Casa di preghiera”, anche se a volte non possono offrire neanche un tè. A febbraio a Bakrol (Gujarat) è stato organizzato un convegno biblico al quale hanno partecipato un migliaio di persone. Du-rante quest’evento una nostra sorella indiana, Roshni, ha rinnovato i voti di vita consacrata. Anche nella comunità di Pushpaghiri (Tamil Nadu) si stanno aggiungendo nuovi fratelli che sentono la chiamata alla verginità.

RICORDANDOEMANUELE E FRANCA

Carissimo Manu, già 5 anni sono passati da quando ci hai lasciati fi sicamente per raggiungere la tua dimora eterna con il Signore, il 6 febbraio 2014. Ti siamo grati per l’intercessione continua con la quale accompagni la Koinonia Giovanni Battista e ciascuno di noi. In questi anni abbiamo visto mol-tiplicarsi le grazie per le quali ti avevamo chiesto la preghiera, e crediamo che non sono esaurite! Con-tinua a pregare per noi, assieme a Franca di cui celebriamo l’anniversario in questi giorni, e a tutti i nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduti nella Gerusalemme celeste. Grazie!

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News dalla Sede Federale

Franca Bonetti 0

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CostoIscrizioni online entro il:

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con alloggiosenza

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Condizioni(non rim

borsabile)

(non rimborsabile)

(non rimborsabile)

(in hotel 4 stelle)

(entro le 21.30)

(pranzi e bevande escluse)

(3-11 anni)

(12-17 anni)

Iscrizioni online a prezzo agevolato entro domenica 31 marzo 2019!

Chiusura definitiva delle iscrizioni online il 15 maggio 2019

Informazioni e iscrizioni online:

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PRAGA22-24 a g o s t o2019

ANNIDIFEDELTÀ

ad una chiamataVenne un uomo mandato da Dio, come testimone della luce,perché tutti credessero per mezzo di lui: il suo nome era Giovanni.

(cfr. Gv 1,6-7)

CO N G R E S S O IN T E R N A Z I O N A L ED E L L A KO I N O N I A GI OVA N N I BAT T I S TA