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P S I C O L O G I A

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Guido Petter

Amiciziae innamoramentonell’adolescenza

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© 2007 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze - ItaliaVia Dante, 4 - 20121 Milano - Italia

ISBN '9788809754454

Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

Prima edizione digitale 2010

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Ai miei allievi di ieri e di oggi,con affetto e gratitudine

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Premessa 11

Introduzione. L’adolescenza: un’età bella e difficile 131. I “compiti di crescita” tipicamente adolescenziali 142. “Compiti” non nuovi che divengono più impegnativi 173. L’interazione con i coetanei 19

Parte primaL’AMICIZIA

I. La classe e i “gruppi organizzati” come vivai di rapporti amicali 251. Gli amici, nel gruppo-classe 262. Gli amici, nei gruppi semi-volontari 283. Dai gruppi-classe, e semi-volontari, nuovi amici 30

II. L’“amico del cuore” 331. Quattro tratti distintivi 352. Come nasce il rapporto 403. Somiglianza e complementarità fra i due amici 454. Un aiuto a crescere 505. La generalità dell’esperienza 556. Le qualità più apprezzate nell’amico 577. Le possibili difficoltà, e la conclusione di un’amicizia 59

III. La “banda” e il “club”, nella preadolescenza 691. Gruppi distinti, per ragazzi e ragazze 70

Indice

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2. Luoghi appartati, per le prime esperienze di indipendenza 71

3. Differenze fra la banda e il club 734. I bisogni che vengono soddisfatti 76

IV. La “compagnia” dell’adolescenza 811. Generalità dell’esperienza 812. Rapporto numerico maschi-femmine e selettività 823. I luoghi della compagnia 844. I bisogni che la vita nella compagnia soddisfa 865. Le attività di una compagnia 926. L’aiuto a crescere 967. Dalla compagnia un aiuto anche a prendere

decisioni? 998. Le possibili difficoltà 1009. La compagnia come occasione di esperienze

sentimentali 107a) L’esperienza della coppia singola 107b) L’esperienza della “doppia coppia” 110

Parte secondaINNAMORARSI NELL’ADOLESCENZA

V. Il primo amore non si scorda mai 1171. “Innamoramento” e “amore” 1172. La generalità dell’esperienza 1223. “Colpo di fulmine” o “arrivo del sole”? 1244. Il primo amore è anche l’esperienza

più coinvolgente? 129

VI. L’esperienza più coinvolgente 1391. Come far conoscere i propri sentimenti? 1392. Quando l’amore non è ricambiato 1513. L’amore ricambiato: un’esperienza

entusiasmante e complessa 1534. Le forme del rapporto 1555. L’intimità fisica 159

VII. I riflessi sul piano cognitivo 1671. L’immagine del partner 167

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2. Il desiderio di essere come il partner, o di renderlo simile a sé 173

3. L’immagine di se stessi, della coppia, del futuro 1784. La percezione della realtà 187

VIII. Difficoltà nella vita di coppia 1931. “È venuto meno qualcosa” 1942. La lontananza 1973. L’emergere di tratti personali spiacevoli 2004. Forti diversità nei valori e nella visione del mondo 2055. Il bisogno di mantenere una certa indipendenza 2076. La paura di impegni seri 2097. Le influenze e le interferenze esterne 2128. Atteggiamenti dissonanti nel rapporto di coppia 2209. La gelosia 228

IX. Dopo la conclusione del rapporto 2391. Una conclusione graduale o improvvisa? 2402. Dopo la conclusione, quali sentimenti? 2433. L’immagine del partner, e quella di se stessi 247

X. Innamoramenti “difficili”, o “insoliti” 2531. Innamoramenti “difficili” 2532. Innamoramenti “insoliti” 267

Considerazioni conclusive 277

Bibliografia 281

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Questo libro si fonda, oltre che sui dati della lettera-tura psicologica specifica, anche su quelli da me raccolti,nel corso di vari anni, attraverso questionari anonimi, suuna popolazione di oltre cinquecento studenti universi-tari di età compresa, in genere, fra i 19 e i 20 anni, conprevalenza femminile (due terzi del campione).

Il questionario conteneva un certo numero di do-mande “aperte”, e le “testimonianze” riportate nei varicapitoli del libro sono appunto alcune delle risposte chea tali domande sono state date (in modo spesso assai cir-costanziato dalle ragazze, e in una forma di solito assaipiù sintetica dai ragazzi). Nel riportare tali testimo-nianze, per rispetto della privatezza, sono stati tolti tuttiquegli elementi, o modificati quei nomi di persone oluoghi, che potessero permettere un’identificazione deiloro autori.

Poiché nel corso degli anni il testo del questionario,per l’esigenza di approfondire meglio certi punti, è statoun po’ modificato, mi sono astenuto (tranne che nei casiin cui la persistenza nel tempo di certe domande rendevala cosa possibile) dal presentare i risultati in una vestequantitativa esatta, così come dal compiere elaborazioni

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Premessa

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statistiche di qualche complessità. Il testo del questio-nario, articolato nelle sue tre parti («L’amico del cuore»,«I gruppi giovanili» e «I rapporti sentimentali fra co-etanei») è contenuto nel mio libro L’adolescente imparaa ragionare e a decidere, pubblicato dall’editore Giuntinel 2002.

Desidero qui ringraziare nuovamente tutti quegli stu-denti che, partecipando con impegno a questa autori-flessione sistematica su alcuni aspetti assai rilevanti dellaloro adolescenza, mi hanno offerto elementi importantiper la stesura di questo libro: un libro la cui lettura speropossa adesso risultare utile ad altri adolescenti chestanno affrontando esperienze simili alle loro.

G.P.

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PREMESSA

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In un certo senso, tutto il periodo che va dalla nascitafin verso i vent’anni (e che comprende l’infanzia e la fan-ciullezza, e poi la preadolescenza e l’adolescenza) puòessere considerato assai bello e intenso. Esso è infatticontrassegnato da una costante esplorazione e scopertadella realtà, da un senso di autorealizzazione che si ma-nifesta come progressiva acquisizione di nuove cono-scenze e nuove abilità, come un’esplicitazione di inte-ressi e di capacità potenziali, come una crescente capa-cità di programmare il proprio futuro. Esso è di solitocontraddistinto anche dal fatto di sentire intorno a sé unambiente caldo e protettivo, il quale resta un punto diriferimento stabile e rassicurante anche quando l’ado-lescente lo abbandona temporaneamente per affrontarein condizioni di crescente indipendenza il mondoesterno.

È dunque un periodo di cui l’adulto conserva in ge-nere un ricordo assai positivo, permeato da un senti-mento di nostalgia, il quale si estende anche alle personeche durante quegli anni gli sono state di aiuto a crescereo lo hanno comunque accompagnato nella crescita, e ailuoghi in cui essa si è attuata.

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IntroduzioneL’adolescenza: un’età bella e difficile

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1. I “COMPITI DI CRESCITA” TIPICAMENTEADOLESCENZIALI

Tuttavia, dobbiamo riconoscere che l’adolescenza, sepresenta, come l’infanzia e la fanciullezza, questi carat-teri di intensità e bellezza, è anche, assai più di quelle,un’età faticosa, carica di ansie e tensioni; un’età difficilesia per i ragazzi che la stanno vivendo sia, di riflesso,anche per coloro che – come genitori o come insegnanti– hanno a che fare con loro. Dai dodici anni in avanti,infatti, un ragazzo deve affrontare una serie di compitiche suscitano in lui preoccupazione o richiedono unforte impegno, compiti che sono stati denominati, ap-punto, “adolescenziali”.

a) Sul piano dello sviluppo fisico, vi è una forte acce-lerazione della crescita del corpo, che comporta una mo-dificazione non solo delle sue dimensioni, ma anche del-l’aspetto delle sue parti (per esempio, la forma del viso,delle spalle o dei fianchi, la voce, ecc.). Vi è poi la matu-razione puberale, con l’apparire delle prime mestruazionie la graduale crescita del seno nelle ragazze, con la cre-scita degli organi genitali, le prime eiaculazioni, la com-parsa della barba nei ragazzi.

Entrambe queste forme dello sviluppo hanno forticontraccolpi psicologici. Esse infatti possono crearepreoccupazioni ed ansie di vario tipo (come quelle de-rivanti dall’idea di essere in ritardo rispetto agli altri, odal cruccio per certe parti del corpo vissute come insod-disfacenti, o dal timore che gli altri possano intuire unacondizione personale, come lo stato mestruale, che sivorrebbe tenere segreta). A queste trasformazioni, inol -tre (e in particolare alla seconda), si accompagna il riaf-fiorare delle pulsioni sessuali, che fra i sei e i dodici anni,ovvero durante quell’età che è stata detta “della latenza”,

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si erano “assopite” e che si ripresentano alimentandoforme di sessualità autocentrata (la masturbazione) oeterocentrata (le prime “cotte” giovanili), che creanoesse pure ansie e tensioni, assorbendo una notevolequantità di energia psichica che viene così sottratta adaltre attività. Compiti adolescenziali sono dunque quellodi accettare fondamentalmente il proprio corpo (pur ap-profittando delle varie possibilità a disposizione per mi-gliorarlo) e quello di giungere a controllare le varie emo-zioni (di curiosità, imbarazzo, paura, colpa, felicità, ecc.)legate alla ripresa della sessualità e alle varie forme in cuiessa si viene manifestando.

b) Sempre sul terreno della sessualità e delle emozioniche la accompagnano, un altro importante compito ado-lescenziale è poi il definitivo superamento del “complessodi Edipo” (ovvero di quell’insieme di emozioni di gelosia,colpa, paura collegate con l’attaccamento affettivo al ge-nitore di sesso opposto, che si sviluppa fra i 3 e i 5 anniper entrare poi “in latenza” fra i 6 e i 12). Esso si ripre-senta come qualcosa di minaccioso e inaccettabile, chenon basta respingere impedendogli di emergere alla co-scienza ma deve essere liquidato attraverso lo sposta-mento dei propri investimenti affettivo-emotivi, con co-loritura anche erotica, dalla figura del genitore a quelladi una persona esterna alla famiglia (come accade ap-punto quando un ragazzo o una ragazza si innamoranodi un coetaneo dell’altro sesso, incontrato nell’ambientedella scuola o in quello extrascolastico).

c) Sul piano dello sviluppo cognitivo, un compito ti-pico dell’adolescenza è anche quello di portare a compi-mento il processo della crescita intellettuale, grazie allaconquista del pensiero formale. È una conquista che con-sente di sviluppare ragionamenti di tipo ipotetico-dedut-tivo, di comprendere eventi che sono complessi perché

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fondati sul contemporaneo svolgersi di altri eventi piùsemplici e interdipendenti; di cogliere nozioni che sonoesse pure complesse come quelle di funzione o di proba-bilità; di organizzare in modo rigoroso un esperimento(identificando e controllando con una certa precisione levariabili in gioco e formulando in modo organico e com-pleto le necessarie ipotesi). È una conquista che, sul pianometacognitivo, favorisce l’emergere di curiosità ancheepistemiche (cioè quelle che riguardano non più solo ilcontenuto di certe conoscenze, ma anche il modo in cuiesse sono state acquisite), così come la capacità di coglierecon facilità certi errori presenti in un ragionamento.*

d) Nei rapporti con i genitori, compiti adolescenzialiimportanti sono quello di conquistare una sempre mag-giore autonomia sul piano delle decisioni (riguardanti,per esempio, l’abbigliamento, gli amici con cui stare, leattività del tempo libero, o il corso di studi) e quello didiversificarsi dalle figure genitoriali, evitando di divenire“la fotocopia” del proprio padre o della propria madree sviluppando invece sia interessi e gusti personali, sia unmodo di vedere e valutare la realtà più o meno diversodal loro.

e) Al compito di conquistare una certa autonomia, at-traverso una modificazione dei rapporti con i genitori(attuata gradualmente anche attraverso scontri polemici,nei casi in cui essi persistano nel rifiutare una discussione“alla pari”, o nell’ostacolare il figlio nel suo desiderio distare più tempo fuori di casa o di scegliersi gli amici), èstrettamente collegato un altro compito: quello di impa-rare a gestire bene la porzione di indipendenza via via con-

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* Per un approfondimento di questo punto si può vedere la prima partedel libro: G. Petter, L’adolescente impara a ragionare e a decidere, Giunti, Fi-renze, 2002.

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quistata. Si tratta, per così dire, dell’altra faccia di unastessa medaglia, che non riguarda più (a differenza dellaprima) i rapporti che un ragazzo ha con i genitori dentrola famiglia, bensì quelli con la realtà esterna, con le no-vità che possono presentarsi quand’egli cerca di esplo-rarla al di fuori della loro tutela, e che possono suscitare,accanto a uno stato d’animo di forte curiosità e ad unatteggiamento di intraprendenza, anche sentimenti didi sorientamento, incertezza, ansia, paura, colpa.

Si tratta di imparare a fronteggiare in modo efficacele nuove esperienze compiute in modo indipendente e leemozioni che le accompagnano, affinando e poten-ziando le proprie capacità di analisi e di riflessione (peresempio, tenendo un diario, o parlando con gli amici) ein particolare la capacità di cogliere la natura di certe dif-ficoltà, di scoprire (anche attraverso l’osservazione deicoetanei e la loro collaborazione) il modo di superarle,e di identificare per tempo certe situazioni pericolose,per decidere se starne lontano o se affrontarle con la ne-cessaria prudenza.

f) Nei rapporti con il mondo degli adulti e con la so-cietà in cui si trovano a vivere, un altro compito che gliadolescenti devono affrontare è quello che riguarda certescelte di vita, ovvero scelte di ampia portata, come quellerelative alla futura professione e quelle (da compiere, oda riconfermare in modo però più autonomo) di ordinereligioso, sociale o politico.

2. “COMPITI” NON NUOVI CHE DIVENGONOPIÙ IMPEGNATIVI

Altri due compiti adolescenziali importanti sonoquello di imprimere un’accelerazione decisiva al pro-

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cesso di autorealizzazione, ovvero di costruzione di unapersonalità ben strutturata e ben definita, di un’“iden-tità” nettamente distinguibile dalle altre per la presenzadi tratti individualizzanti, e quello di elaborare un’“ideadi sé” unitaria e organica, caratterizzata da sentimenti diautoefficacia. Anche questi due compiti sono stretta-mente collegati, e tuttavia distinti.

a) Che cosa è, infatti, l’identità di una persona? È il ri-sultato della compresenza, in lei, di una serie di elementiquali: le sue caratteristiche corporee; le abilità motorie,intellettuali e sociali che possiede; l’insieme delle cono-scenze che ha acquisito; l’insieme dei tratti di carattereche la contraddistinguono; gli interessi stabili che si sonoformati in lei e orientano il suo comportamento; gli at-teggiamenti che assume verso se stessa, verso le altre per-sone e verso la realtà; i rapporti affettivi che vive e le “ap-partenenze” (persone sentite come parti di sé) che talirapporti, quando sono positivi, comportano; infine, certielementi di “stile” nel modo di esprimersi o di affrontarele novità che via via si presentano.

b) E che cosa è l’idea di sé, ovvero il “senso di iden-tità”? È qualcosa che non va confuso con l’identità.Mentre l’identità è costituita da ciò che una persona è aun momento dato, l’“idea di sé” è costituita da ciò cheessa pensa di essere. E non sempre vi è piena coincidenzafra queste due realtà. Certo, entrambe si sviluppano coltempo e sono fra loro in stretto rapporto, ma è piuttostoraro che la seconda sia lo specchio assolutamente fedeledella prima. Per esempio, un adolescente può sottova-lutarsi, essere convinto (idea di sé) di non saper svolgerecerte funzioni, e poi messo alla prova se la cava invecebrillantemente (identità); per contro, un altro è convintodi saper fare bene certe cose e all’atto pratico si rivelainvece “una frana”. L’“idea di sé”, inoltre, soprattutto

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nel periodo adolescenziale (che è quello in cui il pro-cesso della sua formazione vede momenti di particolareintensità e talvolta anche di acuta sofferenza), ha un’ar-ticolazione temporale, si prolunga cioè nella direzionedel passato e pure in quella del futuro: da un lato un ado-lescente riconosce come proprie sia certe azioni che hacompiuto nelle età precedenti di cui oggi si sente orgo-glioso, sia certe altre di cui invece si vergogna; da un altrolato, si proietta verso il futuro, e in certo senso si sentegià ora, almeno in parte, la persona che vuole diventare.

Questi due ultimi “compiti di crescita”, diversamentedai precedenti che sono pienamente adolescenziali (inquanto si presentano per la prima volta in questa fasedella vita), non costituiscono una novità per l’adole-scente, perché egli ha già dovuto affrontarli durante l’in-fanzia e la fanciullezza (la personalità, così come unacerta “idea di sé”, si vengono formando già nei primianni di vita); la novità è invece l’intensità assai maggiorecon cui essi vengono da lui vissuti in questo periodo.

3. L’INTERAZIONE CON I COETANEI

I “compiti di crescita” che ora abbiamo consideratosono tutti, direttamente o indirettamente, collegati conun altro e fondamentale compito adolescenziale, quellodi stabilire, in varie forme, dei buoni rapporti di intera-zione con i coetanei.

Certo, anche in questo caso, come per la formazionedell’identità e dell’idea di sé, non si tratta di un compitonuovo, specifico dell’adolescenza. Anche durante l’in-fanzia e la fanciullezza, infatti, un bambino è quotidia-namente in rapporto con altri bambini della sua età:gioca con loro, può svolgere insieme a loro qualche ri-

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cerca per la scuola, può avere preferenze o simpatie peralcuni di essi. Tuttavia dobbiamo tenere presente che,sin verso i dodici anni, le persone che hanno maggiorerilievo nel suo “spazio di vita” sono gli adulti, e in par-ticolare i genitori e gli insegnanti. È ad essi che egli so-prattutto guarda, per sentirsi rassicurato e valorizzato,per avere indicazioni e aiuto. I compagni possono esserepresenti e assumere qualche rilevanza nei momenti delgioco o in quelli di un’attività di collaborazione propostadalla scuola, ma quando il gioco o l’attività hanno ter-mine, anche i legami con loro si allentano e il bambinotorna a guardare soprattutto agli adulti.

Le cose cambiano nella preadolescenza, con l’appa-rire di quei bisogni di autonomia e di differenziazionedi cui si è detto. I coetanei assumono per un ragazzo unarilevanza crescente, divengono un punto di riferimentoe un sostegno quotidiano nella difficile impresa dellaconquista e poi dell’esercizio dell’indipendenza e inquella, altrettanto difficile, dell’elaborazione di una vi-sione della realtà sempre più personale, e diversa (inqualche misura, almeno) da quella dei genitori. Il con-fronto con i coetanei, e i giudizi che essi esprimono sudi lui, sono poi, per un adolescente, un aiuto essenzialeper la formazione della sua identità e della sua “idea disé”. Essi si configurano come un “terzo polo” che, perle esperienze che egli viene compiendo o si accinge acompiere, assume un’importanza crescente, la quale puòanche superare quella degli altri due (genitori, inse-gnanti).

L’interazione con i coetanei diviene dunque più pro-fonda (nel senso che si estende a molti aspetti della vitae non è più limitata solo alle attività di gioco e a quellescolastiche). Essa diviene pure più costante (nel sensoche viene mantenuta anche quando un ragazzo si trova

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nella propria casa, o è comunque separato da loro, me-diante il telefono fisso, il cellulare, la posta elettronica).Ed essa può assumere sia la forma di un rapporto di ami-cizia con un coetaneo dello stesso sesso eletto come con-fidente e consigliere, ovvero come “amico del cuore”, siaquella della frequentazione assidua di un gruppo di co-etanei (nel cui ambito possono venire compiute molte evarie esperienze, soprattutto di tipo sociale), sia infinequella di un rapporto sentimentale (quando il coetaneoè di sesso diverso e l’interazione si configura comeun’“esperienza di coppia”, di durata più o meno lunga).

È a queste tre forme di interazione (con l’“amico delcuore”, con gruppi di coetanei e con un partner), consi-derate tuttavia anche nel quadro degli altri compiti ado-lescenziali di cui si è detto, che sono dedicati i prossimicapitoli.

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PARTE PRIMA

L’amicizia

«Certo», disse la volpe. «Tu, fino ad ora, per me non sei che un ragazzi-no uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu haibisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi.Ma, se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu saraiper me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.»

(da: A. de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe)

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Come potremmo definire, con riferimento alla prea-dolescenza e all’adolescenza, un rapporto di amicizia?In accordo con J. Youniss, come quella particolare for -ma di interazione fra due coetanei (o due soggetti di etànon molto diversa) che è caratterizzata da certi senti-menti (di simpatia, fiducia, solidarietà, sostanziale pa-rità) e da certi atteggiamenti e comportamenti (la con-fidenza, la riservatezza, la disponibilità a dare aiuto) chesono reciproci e possono consolidarsi attraverso varieesperienze compiute insieme.

Naturalmente questi sentimenti e questi atteggiamentipossono avere un vario grado di profondità e di stabilità.Questo rende comprensibile che un ragazzo possa averemolti amici, mantenendo però legami più stretti solo conalcuni di questi, e riservando poi solo a uno di essi,l’“amico del cuore”, una totale intimità e una frequen-tazione pressoché quotidiana.

Queste amicizie si stabiliscono quando certe forme diinterazione, più o meno occasionali (come quelle chepossono verificarsi in ambito scolastico, o nei giochi chesi praticano nel cortile di un caseggiato, o d’estate in unpunto della spiaggia abitualmente frequentato da dueo più famiglie), portano due o più ragazzi a scoprire diavere certe affinità negli interessi e nei comportamenti le

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La classe e i “gruppi organizzati”come vivai di rapporti amicali

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quali permettono loro di “star bene insieme”, di affron-tare con più facilità certe attività che richiedono abilitàdi vario tipo, non tutte presenti in uno solo di essi, o disvolgere senza timore di prevaricazioni anche dei giochicompetitivi.

1. GLI AMICI, NEL GRUPPO-CLASSE

Una delle situazioni in cui tali interazioni possonoattuarsi è quella del gruppo-classe, un gruppo formatoda coetanei che un bambino o un ragazzo non ha libe-ramente scelto, ma con i quali “è stato messo” per de-cisione di altri (le autorità scolastiche o i genitori). Èinevitabile che egli, anche quando viene introdotto inun gruppo di compagni che vede per la prima volta(come può accadere, per esempio, nel caso di un tra-sferimento di residenza), inizi a interagire in variomodo con loro (sta nel banco con un certo compagno;riceve i libri della biblioteca da un altro che ne è re-sponsabile; durante la ricreazione fa parte di unasquadra che compete con un’altra nel gioco di guardiee ladri; fa un tratto di strada fra la casa e la scuola condue o tre che abitano vicino a lui, ecc.). E può dunqueaccadere che anche in un gruppo a formazione non vo-lontaria, dopo un po’ si costituiscano dei sottogruppisulla base questa volta di una libera scelta, formati ap-punto da allievi che hanno stabilito fra loro dei rap-porti di amicizia.

È noto come sia possibile individuare tali sottogruppiattraverso una specifica tecnica, quella sociometrica, checonsiste nell’invitare ogni allievo di una classe a indicaresia quei membri del gruppo-classe con cui svolgerebbevolentieri una certa attività (per esempio, nel tempo li-

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CAPITOLO I

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bero), sia quelli che non desidererebbe invece averecome compagni in tale attività.

Grazie a tale procedimento, oltre a porre in rilievo, ap-punto, l’esistenza di sottogruppi amicali (formati da al-lievi che si scelgono a vicenda), è poi possibile anche in-dividuare gli allievi che occupano nel gruppo posizioniparticolari, come i “popolari” (quelli cioè che hanno ri-cevuto molte scelte positive), i “controversi” (quelli chehanno ricevuto un numero più o meno pari di scelte po-sitive e di rifiuti), gli “isolati” (che non hanno ricevutoné scelte né rifiuti), i “rifiutati” (che hanno collezionatosolo rifiuti).

Per un insegnante è molto importante individuare ab-bastanza presto gli allievi che si trovano in queste posi-zioni (e in particolare le ultime due, perché così può aiu-tare coloro che le occupano a migliorare il loro statusnel gruppo, sia attribuendo loro qualche incarico che limetta con più frequenza in rapporto con i compagni, siarendendoli consapevoli di certi loro atteggiamenti ocomportamenti che suscitano negli altri antipatia, risen-timento o rigetto). Ma è importante per lui anche indi-viduare i sottogruppi amicali, per tenerne conto siaquando voglia costituire dei piccoli gruppi che svolganoin buona collaborazione una certa ricerca, sia quandovoglia invece (per favorire una reciproca conoscenza fratutti i suoi allievi) costituire gruppi di allievi che nonhanno già fra loro rapporti di amicizia o interazioni diqualche altro tipo.*

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LA CLASSE E I “GRUPPI ORGANIZZATI” COME VIVAI DI RAPPORTI AMICALI

* Per indicazioni più particolareggiate sulla tecnica sociometrica si puòvedere il Capitolo VII del libro: G. Petter, Problemi psicologici della prea-dolescenza e dell’adolescenza, La Nuova Italia, Firenze, 1990.

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2. GLI AMICI, NEI GRUPPI SEMI-VOLONTARI

Ciò che si è detto per il gruppo-classe, che (comeanche quelli che si formano in occasione di una coloniaestiva) è a formazione interamente non-volontaria, puòvalere anche per altri gruppi, che potremmo definire “aformazione semi-volontaria” (o anche “organizzati”, perdistinguerli da altri gruppi essi pure non-scolastici ma“informali”, come la “banda” o la “compagnia”).

Si tratta di quei gruppi nei quali un ragazzo è stato in-dotto (non però obbligato) a entrare dalla pressionedegli adulti. Questo può essere accaduto, per esempio,nel caso dei gruppi scout. In Italia esistono quelli di ispi-razione cattolica, raccolti nell’AGESCI, nata nel 1974dalla fusione delle due associazioni maschile e femminile(l’ASCI, Associazione Scout Cattolici Italiani, e l’AGI,Associazione Guide Italiane), e quelli di carattere acon-fessionale, che fanno capo al CNGEI (Cor po NazionaleGiovani Esploratori ed Esploratrici Italiani). È questoil caso anche per i gruppi giovanili religiosi (quelli del-l’Azione Cattolica Ragazzi) o per quelli del tempo liberoa ispirazione laica, come l’ARCI-Ragazzi. In tutti questicasi, in genere, è stata l’iniziativa dei genitori a portareil ragazzo nel gruppo (anche se poi, in molti casi, egli visi è trovato bene, perché molte delle attività che gli ven-gono proposte vanno incontro a certi suoi bisogni di cre-scita).

Il carattere di semi-volontarietà non riguarda solo ilmomento dell’ingresso nel gruppo, ma anche la sceltadelle attività, così come dei principi che regolano la vitadi gruppo. Si tratta infatti di attività e di principi chesono stati fissati da adulti (Baden Powell, nel caso delloscoutismo; l’autorità ecclesiastica, nel caso dei gruppi re-ligiosi, ecc.), ed è poi sempre presente nel gruppo

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CAPITOLO I