Due traduzioni per una polemica: León Felipe e Borges ... · León Felipe rappresentano due forme...

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MARCO CIPOLLONI Due traduzioni per una polemica: León Felipe e Borges traduttori di Whitman Traduzioni e tradizioni:. storia di una polemica. La storia della ricezione di Whitman nei paesi di lingua spagnola inizia non a caso con José Martí e si intreccia con il trauma culturale de- terminato su entrambe le sponde dell'Atlantico dalla guerra di Cuba e dalla definitiva crisi del sistema coloniale spagnolo '. Lo stile e le imma- gini di Leaves of Grass si inseriscono infatti nella dialettica tra moder- nismo e novantotto e vengono riutilizzate sia per affrancare definitiva- mente la cultura delle ex-colonie, sia per liberare la ex-madrepatria dal complesso metropolitano e dalle ipoteche della tradizione imperiale. Alla lettura culterana e gongorina di Whitman che da Darío arriva a Lorca e a Neruda, si contrappone quella eroica e chisciottesca di Una- muno e León Felipe 2 . Al processo di controcolonizzazione, che, rove- sciando i secolari equilibri dello import-export culturale, porta lo speri- mentalismo modernista e ultraista dall'America all'Europa, fa da con- traltare un riesame critico della tradizione medioevale ispanica. Appena sbarcato, il vate continentale e internazionale dei modernisti viene tra- 1 Vale la pena di ricordare che la "Deathbed edition" di Leaves of Grass è del 1891-92. Per quanto riguarda la fortuna di Whitman nei paesi di lingua spagnola i principali contributi sono G. W. Alien, Walt Whitman Abroad, Syracuse Un. Press, 1955 e F. Alegría, Walt Whitman en Hispanoamérica, México, 1954, che traccia un percorso che ha tra i protagonisti, oltre a Marti, Giocano, Darío, Vasseur e Neruda. Cfr. anche N. Bottiglieri, Walt Whitman e José Martí, "Letterature d'America", HI (1982), pp. 23-45. 2 Su questo punto: M. García Blanco, Walt Whitman, in Idem, América y Unamuno, Madrid, 1964, voi. II e Unamuno y las letras norteamericanas, in Pensa- miento y letras en la España del siglo XX, Nashville, Vanderbilt Un. Press, 1966; E. Pa- lacios Fernández, Walt Whitman y León Felipe: notas sobre una deuda, "La Ciudad de Dios", 188 (1975), pp. 445-468.

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MARCO CIPOLLONI

Due traduzioni per una polemica:León Felipe e Borges traduttori di Whitman

Traduzioni e tradizioni:. storia di una polemica.

La storia della ricezione di Whitman nei paesi di lingua spagnolainizia non a caso con José Martí e si intreccia con il trauma culturale de-terminato su entrambe le sponde dell'Atlantico dalla guerra di Cuba edalla definitiva crisi del sistema coloniale spagnolo '. Lo stile e le imma-gini di Leaves of Grass si inseriscono infatti nella dialettica tra moder-nismo e novantotto e vengono riutilizzate sia per affrancare definitiva-mente la cultura delle ex-colonie, sia per liberare la ex-madrepatria dalcomplesso metropolitano e dalle ipoteche della tradizione imperiale.Alla lettura culterana e gongorina di Whitman che da Darío arriva aLorca e a Neruda, si contrappone quella eroica e chisciottesca di Una-muno e León Felipe 2. Al processo di controcolonizzazione, che, rove-sciando i secolari equilibri dello import-export culturale, porta lo speri-mentalismo modernista e ultraista dall'America all'Europa, fa da con-traltare un riesame critico della tradizione medioevale ispanica. Appenasbarcato, il vate continentale e internazionale dei modernisti viene tra-

1 Vale la pena di ricordare che la "Deathbed edition" di Leaves of Grass è del1891-92. Per quanto riguarda la fortuna di Whitman nei paesi di lingua spagnola iprincipali contributi sono G. W. Alien, Walt Whitman Abroad, Syracuse Un. Press,1955 e F. Alegría, Walt Whitman en Hispanoamérica, México, 1954, che traccia unpercorso che ha tra i protagonisti, oltre a Marti, Giocano, Darío, Vasseur e Neruda.Cfr. anche N. Bottiglieri, Walt Whitman e José Martí, "Letterature d'America", HI(1982), pp. 23-45.

2 Su questo punto: M. García Blanco, Walt Whitman, in Idem, América yUnamuno, Madrid, 1964, voi. II e Unamuno y las letras norteamericanas, in Pensa-miento y letras en la España del siglo XX, Nashville, Vanderbilt Un. Press, 1966; E. Pa-lacios Fernández, Walt Whitman y León Felipe: notas sobre una deuda, "La Ciudad deDios", 188 (1975), pp. 445-468.

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sformato in un profeta nazionale e universale, che rivaluta l'oralità bi-blica della Edad Media e la collega al grande tema cavalieresco dellagiustizia.

Queste due letture tornano a contatto con l'esilio spagnolo deiprimi anni quaranta, coinvolgendo Borges e León Felipe in un'interes-sante polemica sul senso e il valore delle traduzioni poetiche.

Nel 1941, infatti, León Felipe pubblica a Buenos Aires, per Lo-sada, una traduzione da Song of Myself, usandola come pretesto perun'autonoma riflessione biografica e storica sulla sconfitta della repub-blica e sulla propria condizione di poeta dell'esilio e di profeta errantedella giustizia tradita. La traduzione è preceduta da un prologo in versiconcepito come un centone di immagini prese dai Libri I, III e VI diLeaves ofGrass e rejundidas in un canovaccio apologetico in difesa delletraduzioni militanti e della cultura di koinè, in polemica con le versioniaccademiche e con ogni forma di purismo intellettuale:

AHORA....cuando el soldado se afianza bien el casco en la cabeza,cuando el arzobispo se endereza la mitra[...]muchos pensarán que acuñar este poema en español es un mal ne-gocio[...]¿Quién ha dicho que ésta no es la hora?Sí, esta es la hora.[•••]La mejor hora para brindar por el hombre con canciones de otras lati-tudes, trasladadas a nuestro discurso.[.-]Ahora...[•••]cuando reculan frente al odio el amor y la fequiero yo presentaros con verbo castellano, y en mi vieja manera dedecir,a este poeta del amor, de la fe y de la rebeldía.

Amore, fede, ribellione, cantate alla vecchia maniera. È la tradi-zione individualistica e profetica della Spagna anarchica e radicale, che,attraverso Whitman, parla a se stessa. La traduzione di León Felipe è in-somma il Canto a mi mismo della Repubblica sconfitta e usa lo slancio

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profetico di Whitman per riaffermare, dall'esilio, i propri valori diparte. Il "mí mismo" di León Felipe, a differenza del "Myself" diWhitman, non racconta un modo di vivere (la prosaica epopea socialedel Self trascendentalista), ma un modo di sopravvivere (l'utopia poeticae popolare del Yo spagnolo). In questo senso Whitman non è uno speri-mentatore, ma uno strumento della memoria, un ospite che viene dallatradizione:

* Porque es vuestra canción la que vais a escuchar.No os trae nada nuevo.Sabe que sois ricos y os lo viene a recordar3.

Con "vuestra canción" León Felipe non intende, come Whitman,il "Song of everybody", la canzone di tutti e di ciascuno. Dietro quel"vuestra" c'è il dramma di una guerra civile tra la voce autentica e popo-lare della Spagna e la retorica clerico-imperiale del potere4. IlWhitman di León Felipe rinuncia alla propria vocazione di archetipoamericano per compiere una missione di simbolo universale:

Y más que el poeta de la democraciaes un poeta místico y heroico.

La funzione del poeta è la stessa dei profeti nel Vecchio Testa-mento: la lotta spietata contro chi, per interesse di casta, vorrebbe buro-cratizzare la tradizione, neutralizzandone la portata rivoluzionaria. LeónFelipe spara a zero su queste maschere del potere (il soldato, il prete, ilvescovo, gli intellettuali di regime, i politici i sociologi e tutti quelli che,in un modo o nell'altro, "viran hacia la derecha porque parece que va aganar el tirano"). Il suo Whitman è ovviamente tutto il contrario:

3 I versi contrassegnati con (*) sono whitmaniani.4 Nella lirica Hay dos Españas León Felipe scriverà: "Hay dos Espafías: la del

soldado y la del poeta. / La de la espada fratricida y la de la canción vagabunda./ Haydos Españas y una sola canción [...]/ Franco, [...]/ Tú te quedas con todo y me dejasdesnudo y errante por el mundo.../ Mas yo te dejo mudo... ¡mudo!".

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* No es doctor,* ni reverendo,

La polemica di León Felipe si dirige contro gli eruditi di profes-sione e i ministri officiami di qualsivoglia culto:

* que se callen aquí* los scholars,* los arqueólogos

Toccato nelle sue inattuali querencias di scholar e arqueólogo ed evi-dentemente infastidito dalle rumorose scelte stilistiche di León Felipe,Borges pubblica sulla rivista "Sur" una lapidaria stroncatura, accusandoLeón Felipe di multiplicare versi e immagini, di enfatizzare "a la manerade Núñez de Arce" gli accenti tribunizi dell'originale e di spezzare il re-spiro metrico del testo inglese, trasformando la "larga voz sálmica" diWhitman negli "engreídos grititos del cante jondo" 6. Raffinato dilet-tante e intransigente assertore dell'autonomia dell'arte, Borges non di-fende ovviamente né gli intellettuali di mestiere, né tantomeno quelli diregime. Contesta invece l'uso politico della letteratura (l'uso di scriverecontro i nemici), rivendicando la dimensione ludica e privata dellapoesia e della traduzione (il piacere di scrivere per gli amici). Borges eLeón Felipe rappresentano due forme estreme e radicali di individua-lismo, egualmente estranee ai paradossi comuni tari del Self anglosas-sone.

Il poeta spagnolo replica nel 1942, con Tal vez me llame Jonás',autentico prototesto del libro I e dell'epilogo di Ganarás la luz. Come

5 Song ofMyself, 46 dice: "I have no chair, no church, no philosophy"!6 II problema della "indudable verbosidad de Canto a mí mismo", contrap-

posta alla "dudosa estruendez" di Song ofMyselfh affrontato anche da F. Alegría, Cuntoa mí mismo: variaciones de León Felipe sobre un tema de Walt Whitman, "Atenea"(Cile), CVI, 233 (1952), pp. 240-253.

7 Un frammento con questo titolo viene pubblicato in "Cuadernos Ameri-canos", I, 3 (1942), pp. 119 e ss. La versione estesa alla qule faccio riferimento è statapubblicata nel 1977 sul numero 67-68-69 di "Litoral", dedicato alla poesia di León Fe-lipe. Il tema di Giona come metafora dell'esilio spagnolo era già stato utilizzato nel

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la traduzione, anche la polemica letteraria viene usata da León Felipecome pretesto per parlare di ciò che più gli preme, cioè per esporre lagenealogia retorica (Bibbia e tradizione popolare spagnola) e le radicistoriche (guerra civile, esilio, etc.) del proprio canto, evidenziando ilnesso tra il nucleo (auto)biografico della sua poesia e le grandi metafore(bibliche) dell'esodo e del pianto:

Escribo estas páginas después de haber leído una nota crítica y agresivaque me envían desde Buenos Aires sobre mi traducción de Walt Whitman[...]. Esperaba esa protesta [...], pero no esperaba de ninguna manera queviniese en esta forma, de ese lado, bajo esa firma y por el cauce limpio yaristocrático de la revista Sur, donde yo creí que tenía algunos amigos [...]No quiero descender a la polémica. Ya lo he dicho. Yo he traducido aWalt Whitman por un mandato [...] No voy a contestar ni a defenderme[...] Yo digo lo mio. Y lo mío es lo siguiente: [...] mi poesía se apoya en labiografía. [...] la biografía se hace Destino y la canción entra a formarparte de la GRAN CANCIÓN DEL DESTINO DEL HOMBRE.

Di fronte alla tragica statura di questo Destino profetico ed eroicole obiezioni di Borges vengono giudicate irrilevanti e notarili e ricon-dotte ad un malinteso rigore professionale e ad un censurabile conserva-torismo di casta, fatto di pregiudizi accademici e rivalità di assai mo-desto profilo; trascinato dalla sua foga chisciottesca León Felipe nonriesce ad apprezzare l'assoluta indipendenza e la paradossale marginalitàdelle ragioni e delle passioni che rendono l'aristocratico dilettantismo diBorges estraneo e irriducibile a qualsiasi forma di conformismo buro-cratico e di corporativismo nazionalista. Anche per questo Tal vez mellame Jonás non intende essere una replica, ma l'inizio di un autonomoprocesso di autocoscienza del processo creativo. León Felipe, infatti,non può e non vuole giustificare le proprie scelte di poeta e traduttore,se non esibendone la genealogia. La vocazione poetica (proprio comequella profetica) nasce da una chiamata: non è né una scelta di vita, nétantomeno una scelta estetica; è un destino per il quale si viene scelti. Ilconflitto fondamentale del tradurre, dunque, non è quello indicato da

1941 nel poema Nubi del catalano Josep Carner, Marca Hispánica, Barcelona1986.

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Borges tra poesia e parola, ma quello tra poesia e biografia, calato nellecircostanze, fatali e senza rimedio, della tradizione spagnola, della scon-fitta e dell'esilio. Il verso corto e gridato è il frutto di questa tradizione,di questa sconfitta e di questo esilio: "el salmo español, partido y verti-calizado, no es gritito engreído de cante jondo". Il dramma del traduttorenon è quello di Proteo (l'identità e la metamorfosi)8, ma quello di Pro-meteo (la conoscenza e il sacrificio). Rifiutando il modello di fedeltà tra-duttiva proposto da Borges, León Felipe inizia a percorrere quella sin-golare scala di perfezione mistica che, lungo la linea biografia-poesia-de-stino-luz, troverà piena espressione nei simboli di El poeta prometeico(1942) e nel mestizaje poetico ("mi canto florece en la convergencia delos mitos", ediz. Cátedra, p. 159) di Ganarás la luz (1943), dove Gionae Whitman, Prometeo ed Edipo, Giobbe e Don Chisciotte diventanoavatara successivi di un'unica ricerca di identità umana e di giustiziapoetica: "Busco un nombre solamente. Mi verdadero nombre (no minombre de pila ni mi nombre de casta)" (ed. Cátedra, p. 104). La tradu-zione da Whitman e la polemica con Borges diventano insomma pre-testo per avviare un'autonoma riflessione sulla radicale intraducibilitàdell'uomo:

¿Y si yo me llamase Walt Whitman? A este viejo poeta americano de laDemocracia, le he justificado yo, le he prologado, le he traducido, le hefalsificado y le he contradicho [...] El hombre es el que se contradice y nosabe traducirse a sí mismo. El hombre "es indomable e intraductible". Al-guien me ha insultado porque no sé traducir. Y me ha llamado calum-niador [...] Después de tanto empeñarme por ser sincero conmigo y conlos demás (ediz. Cátedra, p. 118).

Questa incorporazione della critica altrui tra i materiali da costru-zione della propria "autobiografia poemática" è la base di ciò che LeónFelipe chiama "poética de la llama" e riassume nella "fòrmula de Pro-meteo": "todo lo que hay en el mundo es mío y valedero para entrar en

8 Per l'importanza di questo mito nella cultura ispanoamericana bastí pensarea Proteo e Motivos de Proteo di J. E. Rodó, ediz. di E. Rodríguez Monegal, Aguilar,Madrid 1967, pp. 889-980 e pp. 301-495. Cfr. anche R. Adams, Proteus, His Lies, HisTruth: Discussions on Literary Translation, New York, Norton, 1973.

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un poema, para alimentar una fogata" (ediz. Cátedra, p. 174). León Fe-lipe riconosce in questo debito verso la parola altrui, sia essa di Sofocle,della Bibbia, di Borges o di Whitman, la matrice e il modello del pro-prio metodo di poeta, traduttore e refundidor: "Los poemas impresos si-guen siendo borradores [...] Aun muerto el poeta que los inició, puedeotro después venir a seguirlos, a modificarlos" (ed. Cátedra, p. 255). Inun breve articolo pubblicato in "Letras de México" (III, 1945) e signifi-cativamente intitolato Mis Colaboradores, León Felipe scrive:

Todos los días salgo de mi casa en busca de la crítica. De la crítica ad-versa. He observado que los ataques y las protestas contra mis versos [...]son fuerzas ocultas y fecundas tan grandes que muchas veces tienen lavirtud de fortalecer y prolongar un poema (p. 5).

Negli anni compresi tra il 1940 e il 1945 Whitman diventa perLeón Felipe il poeta-simbolo di un destino profetico fatto di prestiti e diprivazioni:

Yo soy Walt Whitman. Y en mi sangre hay un sabor americano, roman-tico, desorbitado y místico [...] El viento me ha arrancado dolorosamentede mi patria [...] he cruzado el mar. Y aquí estoy. Ahora soy un vaga-bundo sin patria, sin decálogo y sin tribu (ediz. Cátedra, pp. 262-263).

Nel corso di questo processo di autocoscienza, la poesia e il dolorediventano la moneta dello scambio ineguale tra uomini e dei, il denarodelle "grandes transacciones", "¡El rescate orgulloso de la Esclava!":"Dios no es más que un mercader [...] que cotiza mi llanto para vendersu luz" (ediz. Cátedra, p. 143).

La risposta di Borges a questo lungo dialogo di León Felipe con sestesso è indiretta e tutt'altro che immediata. Nel 1969 egli pubblica in-fatti un'antologia da Leaves ofGrass9 che si apre proprio con una ver-sione di Song ofMyself. In perfetta antitesi con quello in versi di LeónFelipe, il prologo in prosa di Borges riporta la questione dalla storia alla

9 Hojas de hierba, Buenos Aires, 1969, traduzione, scelta antologica e prologodi J. L. Borges. N

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letteratura e la risolve in un gioco di corrispondenze formali tra tradu-zione poetica e letteratura sperimentale, collegando il contrappunto trabiografia e destino alla dialettica tra autore e personaggio e tornando avedere in Whitman il poeta di una "democracia literaria" minacciatatanto dallo "abuso de las urnas electorales", quanto dagli "excesos de laretórica":

Whitman se impuso la escritura de lina epopeya de ese acontecimientohistórico nuevo: la democracia americana. América era entonces el sím-bolo famoso de un ideal, ahora un tanto gastado por el abuso de las urnaselectorales y por los elocuentes excesos de la retórica.

Se il prologo di León Felipe confondeva la poesia con la politica el'attualità ("AHORA"), quello di Borges confonde la politica con la re-torica e la nostalgia ("Entonces"), sognando e facendo sognare aWhitman una democrazia aristocratica che sarebbe senza dubbio pia-ciuta a Tocqueville. Per Whitman-Borges la democrazia si riduce ad unproblema di stile e si confonde con una questione letteraria; il bisognodi celebrare adeguatamente l'ideale democratico si identifica col pro-getto di un'epica polifonica e plurale:

En cada uno de los modelos [...] había un personaje central — Aquiles,Ulises, Eneas, Rolando, El Cid, Sigfrido, Cristo [...]. Esta primacía, sedijo Whitman, corresponde a un mundo abolido [...], el de la aristocracia.Mi epopeya no puede ser así; tiene que ser plural [...].

Perché i valori aristocratici dell'eroe epico possano diventare attri-buti del S^f sovraindividuale, l'epopea di Song ofMyself non può chetrasformarsi in un titanico esperimento letterario, "el experimento másaudaz y más vasto que la historia de la literatura registra". II verso li-bero, la tensione enumerativa e, soprattutto, il personaggio multiplo na-scerebbero dunque da questo bisogno di realizzare una sintesi tra valoriaristocratici (mondo degli eroi) e credo democratico. Di questo eroe co-rale Borges coglie e privilegia tre facce complementari (autore-reale, au-tore-personaggio e lettore):

Necesitaba [...] un héroe [...] innumerable y ubicuo, como el dispersoDios de los panteistas. Elaboró una extraña criatura que no hemos acá-

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bado de entender y le dio el nombre de Walt Whitman. Esa criatura es denaturaleza biforme: es el modesto periodista Walter Whitman [...] y es,asimismo, el otro que el primero querría ser y no fue, un hombre de aven-tura y de amor [...]. Whitman ya era plural: el autor resolvió que fuera in-finito. Hizo del héroe de Hojas de Hierba una trinidad; le sumó un tercerpersonaje, el lector, el cambiante y sucesivo lector.

A beneficio di questo lettore Borges sposta l'attenzione dalla bio-grafia dell'autore all'epopea del personaggio multiplo e dalla polemicaextraletteraria degli anni quaranta a quella letteraria sul senso e il valoredelle traduzioni poetiche. La sua antologia è un esperimento di contro-traduzione, un curioso compendio di tutto ciò che le traduzioni deglianni trenta e quaranta avevano ignorato o scelto di ignorare (la modera-zione, l'ascetismo, il puritanesimo, lo sperimentalismo, e l'anima freddae trascendentalista di Whitman). Il rapporto con le altre traduzioniviene riconosciuto ed evidenziato dallo stesso Borges:

no me atreveré a declarar que mi traducción aventaje a las otras. No las hedescuidado por lo demás; [...]. El idioma de Whitman es un idioma con-temporáneo; centenares de años pasarán antes que sea una lengua muerta.Entonces podremos traducirlo y recrearlo con plena libertad [...]. Mien-tras tanto, no entreveo otra posibilidad que la de una versión como lamía, que oscila entre la interpretación personal y el rigor resignado.

La poesia contemporanea secondo Borges è, come l'uomo per LeónFelipe, intraducibile. Per essa non può esserci traducción, ma solo versión.Ogni tentativo di tradurre la poesia di Whitman non può che generare una"versión errónea y perifrastica". La dimensione militante in cui León Fe-lipe collocava la propria traduzione è dunque rifiutata non tanto per le sueragioni di parte, quanto per la sua logica partigiana: "centenares de años"devono passare prima che sia possibile attribuire a Whitman e alla suapoesia una qualsiasi funzione eteronoma. Finché il processo di fossilizza-zione non sarà terminato non ci saranno che esperimenti e l'esperimentoperfetto è per Borges quello che non sembra tale, perché da alla "interpre-tación personal" la veste minimalista del "rigor resignado". Whitman fi-gura, anche per questo, tra i poeti sperimentali:

Hablar de experimentos literarios es hablar de ejercicios que han fraca-sado de una manera más o menos brillante, como las Soledades de Gón-

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gora o la obra de Joyce. El experimento de Whitman salió tan bien quepropendemos a olvidar que fue un experimento.

Il ciclo delle metamorfosi, aperto dalla traduzione di León Felipe, si èvirtualmente richiuso: Whitman non solo ha perduto la sua funzione anti-gongorina, ma è addirittura diventato un fratello spirituale di Gón-gora.

Traduttori-traditori: due testi a confronto.

Fin dal titolo sia León Felipe che Borges scelgono di tradire Whitmane le radici culturali della sua poesia: traducendo "Canto a mí mismo", LeónFelipe enfatizza una componente autodedicatoria assente nell'originale etrasforma il Song ofMyselfm Song to/fir myself; la traduzione di Borges —"Canto de mí mismo" — è a prima vista più fedele, ma punta sull'ambi-guità che la preposizione "de" conserva in spagnolo (complemento di argo-mento, genitivo oggettivo o genitivo soggettivo?), mentre la particella "oF'dell'originale equivale chiaramente, dato il contesto, non ad una preposi-zione semplice, bensì ad una preposizione articolata; infatti, al contrario diquanto accade con lo spagnolo mí mismo o con l'italiano me stesso, il valorepronominale di "Myself ' non viene dato da my, ma dal pronome genericoSelf di cui il possessivo "my" specifica appunto l'appartenenza: "(thè) Self= "(il) sé"; "Myself' = "il mio sé". Il titolo di Whitman significa cioè qual-cosa di molto simile a "Canto del mio sé".

La questione è meno accademica di quanto non sembri, poichégran parte dei tradimenti spagnoli e ispanoamericani di Whitman na-scono proprio da questo problema di grammatica culturale. La strutturadel sistema pronominale riflette infatti una diversa concezione del sog-getto, da cui derivano, nelle versioni spagnole, l'incapacità di tradurreadeguatamente il rapporto tra song e Self e la conseguente tendenza a ri-durre la dimensione corale ed orizzontale del trascendentalismo e della"démocratie en Amérique" alla statura verticale, profetica ed eroica delYo spagnolo (León Felipe) o alla dimensione omerica, antieroica ed ari-stocratica del personaggio multiplo (Borges). Separando la retorica pro-fetica del "song" dalla filosofia trascendentalista del "Self", le due tradu-zioni di cui ci stiamo occupando finiscono insomma per trasformare ilprotagonista di Song ofMyselfm un Giona prometeico (León Felipe) e

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in un Ulisse proteiforme (Borges), facendo saltare la sintesi poetica dicui Whitman si era servito, nel suo tentativo di coniugare identità e plu-ralità, per dare una struttura epico-biografica allo stream of consciousnessdella "democrazia" americana.

L'io poetico celebrato da Song ofMyself non è dunque un "Yo" bi-blico ed eroico come pretenderebbe León Felipe, né un antieroico edomerico "Don Nadie" come vorrebbe Borges, bensì un emersoniano"Representative man", una proiezione del "Self" comunitario, realizzatamescolando la filosofìa trascendentalista al "prophetic mode" di J. Bu-nyan e W. Blake 10. La forma di Leaves ofGrass è solo apparentementeautobiografica. Il senso del pellegrinaggio che il protagonista compiealla ricerca del proprio "Self (l'identità americana) nella mitologia delproprio tempo e del proprio paese (il mito adamitico, il mito dellospazio americano, il mito democratico, etc.) è tutto nel primo verso diSong ofMyself (l celebrate myself): l'io deve diventare cantore del pro-prio Self. Nel corso dei cinquantadue quadri che compongono il testolo stream of consciousness del "Self" personale espande progressivamentela propria vocazione locutoria fino ad attingere attraverso il proprio"song" l'anima impersonale di tutto ciò che esiste.

Rinnegando questa sintesi poetica, la traduzione di León Felipeprivilegia la dimensione del Song, cioè l'aspetto retorico e profetico, vi-cino alla tradizione orale della poesia popolare (la canción) e ad unaconcezione eroica della vita, della poesia e della storia; la versione diBorges segue invece il cammino del Self, valorizzando la scrittura speri-mentale e la teoria del personaggio multiplo. Le due traduzioni si rive-lano dunque ugualmente "infedeli", sia pure in modo diverso: quanto latraduzione del poeta spagnolo è saturante e ispirata, tanto quella dell'ar-gentino è selettiva e volutamente prosaica. Borges è linguisticamente esoprattutto metricamente più fedele, ma questa sua "rassegnata fedeltà"si rivela spesso fredda ed impersonale a fronte di un originale incande-scente, personalissimo. Se la traduzione di León Felipe pecca per ec-cesso, mantenendosi sempre "sopra le righe", quella di Borges si collocaintenzionalmente all'estremo opposto; manca sempre "per difetto" e ri-

10 G. T. Couser, American Autobiography: The Prophetic Mode, Amherst, Un.of Mussachussetts Press, 1975.

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mane quasi sempre "sotto le righe". Per esempio, nel capitolo 34,Whitman, con un tono da ballata, scrive:

At eleven o'clock began thè burning of thè bodies;That is thè tale of thè murder of thè four hundred and twelve youngmen.

León Felipe esaspera questa dimensione richiamando Y incipit delquadro (Now I teli what I knew in Texas in my early youth /[...]/ 'Thisthè tale of thè murder in cold blood of four hundred and twelve youngmen), secondo uno schema "ad anello" assai comune sia nel romancerospagnolo che nella tradizione popolare inglese:

A las once comenzaron a incinerar los cadáveres. Y esta es la historia delasesinato, a sangre fría de aquellos cuatrocientos doce soldados, gloria delos Guardias Montañeses, tal como la contaban en Texas cuando yo eramuchacho.

Borges propone la seguente traduzione, linguisticamente corretta,ma talmente estranea ai toni dell'originale da sembrare il lapidario finaledi un rapporto di polizia mortuaria:

A las once empezaron a quemar los cuerpos;Tal es la historia del asesinato de los cuatrocientos doce muchachos.

Proprio per questa natura "fredda" e "sperimentale" il valore dellaversione di Borges è molto diseguale, ma quando l'esperimento riesce ilsuo Canto de mí mismo è brillante e persino utile ad una migliore com-prensione di Whitman; per esempio, nel quarantaseiesimo quadro, doveviene evocata la metafora del cammino:

I know I have thè best of rime and space, and was never measuredand never will be measured.I tramp a perpetuai journey (come listen ali!).

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León Felipe, "poeta caminante de la libertad" ", si trova tanto asuo agio con questa metafora da renderla ancor più radicale, ripetendo"of time and space" fino a creare nuovamente un ritmo orale, da ballata0 da filastrocca infantile:

Lo mejor del tiempo y del espacio es mío,del tiempo y del espacio que nunca se han medido,del tiempo y del espacio que nadie medirá.Marcho por un camino perpetuo. (¡Escuchadme todos!).

Col suo consueto puntiglio ascetico, minimalista e quasi burocra-tico, Borges in questo caso esplora a fondo l'ambiguità grammaticaledell'inglese e ne ricava una traduzione decisamente più convincente:"was/will be measured" non dipende da "thè best of space and time", mada "I know": non il tempo e lo spazio sono incommensurabili, ma l'io.Sintomatica e tipica, la preferenza accordata al congiuntivo esortativo,là dove León Felipe privilegiava l'imperativo:

Me ha tocado en suerte, lo sé, lo mejor del tiempo y del espacio;nunca he sido medido y no seré medido jamás.El viaje que emprendo es eterno (¡que todos me oigan!).

Nel quarto quadro Whitman descrive la genesi della prospettivapoetica come una condizione di distaccata partecipazione all'andirivienidella storia e della vita: "Apart from thè pulling and hauling stands what1 am". Nella visione "orizzontale" di Whitman, la prospettiva è frutto diuno spostamento laterale; nella visione "verticale" di León Felipe di-venta frutto di un movimento verso l'alto: "Yo estoy fuera [...] Yo mequedo arriba". Il tradizionale vallo tra essenza ed esistenza — messo incausa dal trascendentalismo — viene rispettato anche nella traduzionedi Borges: l'io autentico è ciò che permane al di là degli accidenti: "Lejosde la contienda [...], perdura lo que soy". Linguisticamente la tradu-zione di "stands" non è scorretta, ma la forzatura è evidente. La prospet-tiva non risponde più alle necessità prospettiche del canto, ma a quelle

" E. Palacios Fernández, León Felipe, poeta caminante de la libertad, en "Li-toral", 67-68-69 (1977), pp. 182-187.

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ontologiche dell'io. La superiorità morale dell'eroe e il distacco aristo-cratico dell'intellettuale — due opposte facce della verticalità spagnola— si oppongono qui al paradosso orizzontale della partecipazione: Yospagnolo e Self americano sono davvero due entità incompatibili.

All'inizio del sedicesimo quadro Whitman si definisce:

One of thè Nation of many nations, [...]

León Felipe "traduce":

Soy de una nación gigante / formada de muchas naciones [...]

Borges propone:

Ciudadano de la Nación de muchas naciones [...]

Whitman intende: "sono americano"; León Felipe traduce: "faccioparte del genere umano"; Borges interpreta riduttivamente: "sono citta-dino americano"; il catalogo whitmaniano dichiara qui il suo criterio dirubricazione ed è un criterio che né l'io eroico di León Felipe, né quelloaristocratico di Borges si sentono di fare proprio. L'impressione di ora-lità che domina il canto di Whitman e che León Felipe accentua fram-mentandone i versi e moltiplicando gli appoggi tonali (esclamazioni,forme imperative di verbi percettivi, puntini di sospensione, pause stro-fiche, et.) viene scrupolosamente neutralizzata da Borges, grazie ad unamaggiore attenzione alla semantica e alla metrica dell'originale (e al-l'uso, ove possibile, del congiuntivo esortativo). In León Felipe la speri-mentazione tecnica (enumerazioni, prosaismo, verso libero) non è chelo strumento di una fedeltà retorica. Per Borges, la cui fedeltà è essen-zialmente linguistica, l'esperimento letterario è invece rigorosamentefine a se stessa, la letteratura è un mondo a parte.

Non è un caso se il massimo scarto tra l'originale e le due versioniriguarda proprio questo punto; nel primo quadro Whitman dice:

Creeds and schools in abeyanceRetiring back a while sufficed at what they are, but never forgottenI [...], etc.

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León Felipe, forzando e rafforzando, traduce:

Que se callen ahora las escuelas y los credos.Atrás. A su sitio.Sé cual es su misión y no lo olvidaré; que nadie lo olvide.

All'estremo opposto, Borges:

Me aparto de las escuelas y de las sectas, las dejo atrás; me sirvieron, nolas olvido;

La differenza tra i tre testi è sconcertante: la rinuncia alla retoricascolare con cui Whitman apre il proprio "Self ' al mondo massificato eimpersonale della società moderna diventa in León Felipe polemico ri-fiuto della mediazione culturale e in Borges garbato omaggio all'utilitàdella tradizione!

La traduzione di León Felipe mescolando il motivo profetico,quello politico e quello eroico propugna una concezione militante e im-pegnata della letteratura. La versione di Borges difende invece una con-cezione ludica e aristocratica della letteratura, valorizzando il motivodell'autonomia dell'arte e facendo dell'antieroe trascendentalista un an-ticipatore del flusso di coscienza e della teoria del personaggio multiplo.Inoltre, mentre la traduzione di León Felipe può essere letta e godutaindipendentemente dall'originale, quella di Borges richiederebbe nonsolo il testo a fronte, ma la consultazione costante di altre traduzioni(tra cui, ovviamente, quella di León Felipe). Se è vero che il poeta diCamden consegna ad entrambi "unas llaves" (come dice il prologo diLeón Felipe), è evidente che i due traduttori le utilizzano per aprire (echiudere) porte diverse; mentre León Felipe cerca di saldare attraversoWhitman la tradizione popolare spagnola alla battaglia culturale dell'e-silio, Borges costruisce la sua traduzione come una partita di scacchi traletteratura colta e scrittura sperimentale.

Il risultato di queste osservazioni sembra confermato anche dall'in-flusso esercitato da Whitman sull'attività poetica dei suoi due tradut-tori n. Entrambi manifestano infatti una conoscenza di Leaves ofGrass

Oltre al citato articolo di E. Palacios Fernández, Walt Whitman y León Felipe:

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che va ben oltre Song ofMyself. Le due traduzioni e la polemica che lelega sono dunque parte di un significativo processo di autocoscienza cheriflette — nella diversa ma ugualmente voluta inattualità dei due autori— due diverse concezioni della vita, della poesia, della storia e dellaletteratura.

notas sobre una deuda, cfr. anche E. Imaz, Grito a mí mismo, "Litoral", 67-68-69 (1977),pp. 208-223. Per quanto riguarda Borges, cfr. invece J. J. Benevento, Wbat Borges Leamedfrom Whitman, "Walt Whitman Quarterly Review", 2, IV, pp.21-30.