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DUE MODI DELL'ESPRESSIONE AMERICANA SOR JUANA INÉS DE LA CRUZ E FRAY SERVANDO II 17 aprile 1695 nel Convento di Santa Paula dell'Ordine di San Jeró- nimo moriva, contagiata di peste, Sor Juana Inés de la Cruz, al secolo Juana de Asbaje, « única poetisa americana, musa dézima, Fénix de México »; un anno prima aveva affidato all'arcivescovo don Francisco de Aguiar y Seijas tutti i suoi libri e strumenti scientifici affinchè li destinasse ad un uso bene- fico; aveva reiterato i voti firmando il documento con il suo stesso sangue, come col sangue aveva firmato il suo ultimo messaggio alle consorelle: « Supli- co por amor de Dios y de Su Purísima Madre, a mis amadas hermanas las religiosas que son y en lo adelante lo fueren, me encomienden a Dios, que he sido y soy la peor que ha habido. A todas pido perdón por amor de Dios y de su Madre. Yo, la peor del mundo. Juana Inés de la Cruz » '. Aveva 44 anni. Il 3 dicembre 1827, ospite illustre del Presidente Guadalupe Victoria, muore nel Palazzo Nazionale del Messico Fray Servando Teresa de Mier, predicatore domenicano. Poche settimane prima, nell'imminenza della morte, aveva personalmente invitato amici e personalità della repubblica alla ceri- monia dell'Estrema Unzione; l'Olio Santo gli fu portato con gli onori mili- tari e fu impartito dal Ministro di Giustizia Ramos Arizpe. Il moribondo Servando riuscì ancora a pronunciare un discorso in difesa di sé. Aveva 64 anni. Due morti esemplari per molti aspetti, quelle dei due religiosi messicani, due morti che concludono due vite per molti versi parallele, ma segnate dalla differenza di sesso ben più che dalla differenza dei tempi in cui toccò loro di vivere. Sor Juana muore nella mortificazione, nel segreto del chiostro e nel bru- ciante desiderio di sacrificio: le sue ultime parole sono di negazione verso se stessa, « la peor del mundo ». Fray Servando muore nei fasti del palazzo, fra il cordoglio del popolo e delle autorità: le sue ultime parole sono ancora, testardamente, di affermazione di sé. In coerenza con le loro vite, entrambi 1 AGUIRRE MIRTA, Del encausto a la sangre: Sor Juana Inés de la Cruz, La Habana, 1975, p. 75.

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DUE MODI DELL'ESPRESSIONE AMERICANASOR JUANA INÉS DE LA CRUZ E FRAY SERVANDO

II 17 aprile 1695 nel Convento di Santa Paula dell'Ordine di San Jeró-nimo moriva, contagiata di peste, Sor Juana Inés de la Cruz, al secolo Juanade Asbaje, « única poetisa americana, musa dézima, Fénix de México »; unanno prima aveva affidato all'arcivescovo don Francisco de Aguiar y Seijastutti i suoi libri e strumenti scientifici affinchè li destinasse ad un uso bene-fico; aveva reiterato i voti firmando il documento con il suo stesso sangue,come col sangue aveva firmato il suo ultimo messaggio alle consorelle: « Supli-co por amor de Dios y de Su Purísima Madre, a mis amadas hermanas lasreligiosas que son y en lo adelante lo fueren, me encomienden a Dios, quehe sido y soy la peor que ha habido. A todas pido perdón por amor de Diosy de su Madre. Yo, la peor del mundo. Juana Inés de la Cruz » '. Aveva44 anni.

Il 3 dicembre 1827, ospite illustre del Presidente Guadalupe Victoria,muore nel Palazzo Nazionale del Messico Fray Servando Teresa de Mier,predicatore domenicano. Poche settimane prima, nell'imminenza della morte,aveva personalmente invitato amici e personalità della repubblica alla ceri-monia dell'Estrema Unzione; l'Olio Santo gli fu portato con gli onori mili-tari e fu impartito dal Ministro di Giustizia Ramos Arizpe. Il moribondoServando riuscì ancora a pronunciare un discorso in difesa di sé. Aveva64 anni.

Due morti esemplari per molti aspetti, quelle dei due religiosi messicani,due morti che concludono due vite per molti versi parallele, ma segnatedalla differenza di sesso ben più che dalla differenza dei tempi in cui toccòloro di vivere.

Sor Juana muore nella mortificazione, nel segreto del chiostro e nel bru-ciante desiderio di sacrificio: le sue ultime parole sono di negazione versose stessa, « la peor del mundo ». Fray Servando muore nei fasti del palazzo,fra il cordoglio del popolo e delle autorità: le sue ultime parole sono ancora,testardamente, di affermazione di sé. In coerenza con le loro vite, entrambi

1 AGUIRRE MIRTA, Del encausto a la sangre: Sor Juana Inés de la Cruz, La Habana, 1975,p. 75.

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offrono due modi opposti di dare testimonianza di piena e costante adesionealla religione cattolica, ma Sor Juana lo fa ribadendo la propria sottomissionee obbedienza, chiedendo perdono, mentre Fray Servando tenta ancora di farcomprendere il proprio impegno ad imporre nuove idee in un mondo in crisi.Eppure non vi è alcun dubbio che numerose analogie avvicinano questi straor-dinari personaggi, questi intelligenti « criollos », gente nuova, senza radiciné « abolengo » (checché ne dica l'aggressivo Fray Servando2) che costruìla propria identità sullo studio e la cultura, sull'informazione e la scienza.Giovanissimi entrambi, vennero loro riconosciuti gli eccezionali meriti chefecero dell'una un'applaudita poetessa e dell'altro un celebre predicatore.Ma proprio a questa fama precoce si devono, come poi si vedrà, le incom-prensioni e le persecuzioni che resero straordinarie le loro vite.

A soli 17 anni, l'autodidatta Juana de Asbaje, non ancora suora, sostieneun esame di cultura davanti ad un nutrito gruppo di professori dell'Univer-sità nel palazzo del viceré; è lo stesso viceré, signor Marchese de Mancera,che ne descrive l'esito: « Que a la manera que un galeón real se defenderíade pocas chalupas que la embestíeran, así se desembarazaba Juana Inés delas preguntas, argumentos, réplicas que tantos, cada uno en su clase, le pro-pusieron »3 . A 12 anni pare avesse già scritto un'impeccabile Loa al Santí-simo Sacramento e sotto i trent'anni la sua fama era tale da ricevere l'inca-rico di dirigere l'Arco Trionfale che il « Cabildo de la Iglesia Metropolitanade México » fa erigere per festeggiare l'arrivo dei viceré Paredes y de laLaguna, la sua seconda famiglia, i suoi grandi protettori. Proprio a MariaLuisa Gonzaga Manrique de Lara, la viceregina, si deve nel 1689 la pub-blicazione della Inundación Castálida, la prima raccolta poetica di Sor Juna,in Spagna, seguita l'anno dopo dal Io volume di Poemas.

A 16 anni Fray Servando Teresa de Mier professa già nell'Ordine diSan Domenico, in breve tempo diventa un predicatore celebre e sotto itrent'anni per la fama acquisita viene incaricato di predicare durante leOnoranze Funebri a Hernán Cortes (8.XI.1794) celebrate con grande solen-nità alla presenza di tutte le autorità civili, militari ed ecclesiastiche dellaColonia. Lo stesso Servando, il quale non pecca mai di modestia, affermache in quell'epoca godeva di straordinaria popolarità grazie al suo talentoed alla sua cultura.

Celebri ed affermati a trent'anni, godevano entrambi il riconoscimento

2 SERVANDO TERESA DE MIER, Memoria Político-Instructiva, Filadelfia, 1821, p. 62. L'autoreafferma di essere discendente di Cuauhtémoc.

3 PADRE DIEGO CALLEJA, Aprobación, 1700; cito da JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras Esco-gidas, Selección y notas de don Juan Carlos Merlo, Barcelona, 1968, pp. 545-6.

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delle proprie doti di intelligenza e raccoglievano i frutti del proprio impegnonello studio e del proprio estro. Sor Juana, protetta dal favore dei viceré,continua a produrre poemi, commedie, autos sacramentales, villancicos itail plauso unanime; tuttavia, con la morte dell'arcivescovo Fray Payo Enri-quez de Ribera — che occupò anche la carica di viceré ad interim — e la suc-cessione al seggio episcopale dell'austero e misogino Don Francisco de Aguiary Seijas « quien ni siquiera quería que penetrasen mujeres en su residen-cia » *, cominciano a manifestarsi ombre sulla libertà intellettuale della mo-naca. Con la partenza dei viceré Laguna y Paredes, il temporale che si andavaannunciando scoppia con modalità che non persuadono del tutto: in unaconversazione privata Sor Juana aveva sostenuto che gli argomenti addottidal celeberrimo predicatore gesuita padre Vieyra nel suo famoso Sermóndel Mandato potevano facilmente essere contestati, e lo aveva dimostrato:per la dotta monaca la « mayor fineza de Cristo » consisteva proprio in « nohacer finezas » ovvero nell'astenersi dal fare benefici agli uomini, poiché perla sua infinita bontà è questo il sacrificio maggiore; viceversa il portogheseVieyra aveva sostenuto (1650) che la prova più grande dell'amore di Cristoconsiste nell'avere detto: « Io vi ho amato e dunque amatevi l'un l'altro ».Una discussione « bizantina », come acutamente la definisce Mirta Aguirre,che tuttavia si trasformò in una vera e propria catastrofe per Sor Juana,costretta a metterla per iscritto da un illustre personaggio di identità noncerta. Pubblicata a sua insaputa col titolo di Carta Athenagórica (o degnadi Minerva) questa disputa teorica provoca una lettera di reprimenda daparte di Sor Filotea de la Cruz, nome fittizio di colui che sostiene di averpubblicato la Carta e che viene concordemente indicato come il vescovo diPuebla don Manuel Fernández de Santa Cruz. Dopo alcuni mesi di signifi-cativo silenzio, il Io marzo 1691, con la sua Respuesta a Sor Filotea la monacamessicana affronta una battaglia che la ridurrà al silenzio e con ansie dimartirio.

Nel pieno della Fama Fray Servando viene incaricato di pronunciare ilSermone per la festa del Santuario della Madonna di Guadalupe « como oradorejercitado y que ya había predicado tres veces de la misma imagen conaplauso » s in questa occasione, segnala O'Gorman, « Mier tuvo la audacia- quizá fuera mejor decir, la ingenuidad - de aprovechar tan solemne ocasiónpara afirmar en presencia del arzobispo de México, don Alonso Núñez de

4 MIRTA AGUIRRE, op. cit., p. 72, cita il biografo dell'arcivescovo Aguiar y Seijas, JoséLezamis.

s SERVANDO TERESA DE MIER, Memorias, prologo de don Alfonso Reyes, Editorial América,Madrid, si.; cito sempre da questa edizione, p. 2.

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Haro, del virrey y de todas las autoridades y corporaciones de la ciudad, quela tradición aceptada acerca de las apariciones guadalupanas debería limpiarsede falsedades y enmendarse, porque la verdad era que la imagen de la Virgenno se había pintado milagrosamente en la tilma del Indio Juan Diego, sinoque tenía un origen mucho más antiguo y glorioso. Era, sí, pintura celestepero ejecutada en la capa de Santo Tomás apóstol, quién habría pasado aAmérica en persona a predicar el Evangelio. La venerada imagen constituía,pues, el principal testimonio histórico de esa predicación de la que, por otraparte, afirmó Mier, había innumerables y elocuentes huellas en los mitos,religión, costumbres y monumentos de los antiguos pobladores del NuevoMundo. El sermón (...) le valió a Mier verse procesado en el Tribunal ecle-siástico; condenado en un edicto del arzobispo y deportado a España consentencia de diez años de reclusión en el Convento de Las Caldas... »6 .

Siamo giunti al momento cruciale di queste due vite parallele: attaccatientrambi dai loro vescovi, i due religiosi giocano le loro vite nella difesa,ma con grande diversità fra l'arroganza del domenicano e l'umile coerenzadella gerolomina. Assurdamente perseguitati per il peccato di fare eserciziodell'intelligenza e del sapere, fray Servando perseguirà per tutta la vita l'affer-mazione delle proprie ragioni, mentre Sor Juana, dopo un ultimo, poeticotentativo di autodifesa nel Villancico a Santa Caterina soccomberà al sensodi colpa, all'insicurezza di fronte all'audace progetto di affermare il propriosapere di donna e morirà invocando il perdono.

Certo, i tempi in cui vivono questi due ingegni messicani sono diversi,ma non tanto, se si considera che già alla fine del 600 il Messico, afflitto dacarestie, inondazioni ed epidemie, affronta gli anni incerti del regno diCarlo II , « El hechizado », fra forti tensioni sociali che sfociano in una ribel-lione degli indios esasperati dall'aumento vertiginoso del prezzo del pane, iquali incendiano il Palazzo Reale e il Municipio costringendo l'arcivescovoa trovare rifugio in un convento. Neanche la seconda metà del 700 fu un'epocatranquilla per la colonia: ribellioni di indios nello Yucatán, agitazioni deilavoratori dell'« estanco de tabaco », resistenze nell'organizzazione dello sfrut-tamento delle miniere, cospirazioni e scoppi di collera popolare, ma è ancheil momento del dispotismo illuminato dei Borbone, della creazione di Acca-demie, Biblioteche e teatri, è l'epoca in cui si formano i Morelos, gli Hidalgo,i Fray Servando. Ma se Mier è figlio del suo tempo, Sor Juana precorre itempi, « lleva su barroquismo a un afán de conocimiento, universal, científico,que lo acerca a la ilustración »7 .

6 SERVANDO TERESA DE MIER, Ideano Político, Prólogo, notas y cronología de EdmundoO'Gorman, Biblioteca Ayacucho, Caracas, 1978, p. 6.

7 JOSÉ LEZAMA LIMA, La expresión americana, Santiago de Chile, 1969, p. 37.

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Precocemente celebri entrambi, entrambi organici al sistema sociale ereligioso del loro tempo, tentati ambedue dalle lusinghe della polemica intel-ligente irritano il potere incarnato in entrambi i casi nella figura dell'arcivesco-vo, personaggio cosi importante da ricoprire frequentemente il ruolo, tuttopolitico, di viceré nei necessariamente lunghi intervalli dovuti al cambio dellaguardia; e proprio per un testo dichiaratamente senza importanza per entrambisi scatena la persecuzione. Sor Juana afferma più volte di non aver mai avutoparticolare attenzione per la Carta: « ... de las bachillerías de una conversa-ción, que con la merced que V. md. me hace pasaron plaza de vivezas, nacióen V. md. el deseo de ver por escrito algunos discursos que allí hice de repentesobre los sermones de un excelente orador... »8 . Quanto a Fray Servando,ha affermato « Confieso, sin embargo, que mi entusiasmo había caído con eltiempo, y que a haber habido dos días más para hacer otro sermón, no hubierapredicado el mismo. Pero la urgencia del tiempo, el voto de mis amigos, laspruebas incontrastables que decía tener Burunda, y algunas no muy despre-ciables que yo hallaba en el fondo de mi instrucción, y sobre las cuales enta-blaré luego mi defensa, me hicieron hechar pecho al agua »9 .

Dunque, nell'un caso e nell'altro, non è la sostanza del discorso a scate-nare l'irritazione del potere che veramente sembra assurdo che il vescovo diPuebla obblighi Sor Juana a trascrivere una conversazione che ritiene peri-colosa, per poi darla egli stesso alle stampe, come altrettanto assurdo sembrail fatto che l'arcivescovo Núñez de Haro abbia contribuito personalmentealla pubblicità dell'« eretico » sermone di Guadalupe attraverso l'editto « con-denatorio » e che abbia voluto comminare al predicatore, nonostante la suaritrattazione, una condanna cosi severa. Altre devono essere le ragioni. E nonbasta parlare genericamente dell'invidia che desta la fama, anche se su questodiscorso i due religiosi coincidono sorprendentemente nel lamentare il prez-zo della gloria, e neanche convince del tutto il fatto di aver toccato problemireligiosi se si pensa che la celebre Sor María de Jesús Agreda (1602-1665),ricordata sia da Sor Juana che da Fray Servando, era uscita vittoriosa da unconfronto con la Santa Inquisizione, nientemeno che sullo scottante temadell'Immacolata Concezione. Altre sono le ragioni, e se non vi è dubbio cheper Sor Juana il fatto di essere donna si poneva come un'aggravante, neancheil fatto di essere donna, religiosa e dotta è sufficiente a spiegare la spieiatacondanna al silenzio che le comminano le tre autorità a cui deve obbedienza:l'arcivescovo Aguiar y Seijas, il vescovo di Puebla e, soprattutto, l'impla-cabile confessore, il gesuita Padre Antonio Núñez de Miranda. Nel caso di

8 MIRTA AGUIRRE, op. cit., p. 30.9 SERVANDO TERESA DE MIER, Memorias, cit., p. 6.

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Fray Servando, poi, come credere che un sermone buttato li in pochi giorni,poi ritrattato, sia pure controvoglia, possa costare a un dottore dell'Uni-versità, ad un predicatore domenicano l'interdizione perpetua ad insegnaree a predicare! Le autorità ecclesiastiche stanno esigendo dai loro religiosi,peraltro sinceramente devoti, il sacrificio più grande: a Sor Juana quellodi non più studiare: « Yo no estudio para escribir, ni menos para enseñar(que fuera en mí desmedida soberbia) sino sólo por ver si con estudiar ignoromenos »10, a Fray Servando di non insegnare; la donna, che non ha ancora•acquistato il diritto alla parola deve rinunciare perfino a « un libro mudo »e ad « un tintero insensible » n , e l'uomo, che da tempo si è impossessatodegli strumenti del sapere e del persuadere, deve astenersi dal comunicarele proprie idee: « si podemos escribir, podemos predicar » n. È evidente chesi tratta di sottrarre a due intelligenze pericolose le armi di cui si servonoper costruire e rinforzare le proprie coscienze; si tratta di un tentativo dicastrazione e di negazione di identità che se riesce in parte nel caso dellamonaca di San Jerónimo, assai più esposta per la sua condizione femminileal dubbio e all'incertezza, fallirà del tutto nel caso dell'arrogante e testardodomenicano. Ma, dicevamo, le ragioni di cosi dure condanne non possonoessere generiche prese di posizione dettate dall'invidia — come pure i duereligiosi mostrano di credere - o dall'uso - moderatamente spregiudicato —del proprio sapere, perché, in fin dei conti, tutta l'opera di Sor Juana rientranei generi di moda del barocco ispanico, sia per ciò che riguarda la produ-zione poetica che quella teatrale che quella strettamente religiosa 13, mentreil Sermone di Guadalupe, che non nega la tradizione, si basa su un interesseper « las antiguallas mexicanas » fortemente in voga alla fine del 700, speciea partire dagli scavi archeologici avviati sotto la Plaza Mayor.

Le vere ragioni si trovano altrove, nella pericolosa e proterva rivendica-zione di un'identità messicana che, in forme più o meno esplicite comparenell'opera del frate e della monaca. Certo, Sor Juana Inés, pupilla del potere,finché fu coccolata da arcivescovo e viceré, dimostra in gran parte della suaproduzione una acritica accettazione delle gerarchie spagnole e pare nonmetta mai in discussione il ruolo subordinato della colonia e questo non solonegli Omaggi di Corte (a don Felipe IV, ai diversi viceré ed alle loro spose,a don Carlos II , all'arcivescovo Fray Payo Enriquez de Ribera) ma anche

10 JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras Escogidas, cit., p. 494.11 Ivi, p. 501.12 SERVANDO TERESA DE MIER, Memorias, cit., p. 43.a Fra le opere di carattere religioso di Sor Juana ricordiamo oltre alla Carta Athenagórica,

Ejercicios Devotos de la Encarnación, Ofrecimientos de los dolores, Confesión General, PeticiónCausídica.

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nelle rituali schermaglie amorose dei celebri sonetti, delle décimas y redon-dillas e nei romances, tuttavia nella sua produzione corale o collettiva, comela definisce Planearte, cioè nei Villancicos y Letras Sacras, forse la parte piùdeliziosamente popolare della poesia della monaca, ai riti liturgici, alle festecattoliche, partecipa tutto un mondo meticcio che indubbiamente dovevacostituire il sostrato collettivo della società coloniale. Ecco che alle lodi aMaria, o per la nascita del Bambino Gesù, intervengono con le proprie pre-cise identità culturali ed espressive, assieme ai rudi biscaglini o ai nostalgicigaglieghi, i negri e gli indios, anch'essi chiamati alla festa, anch'essi parteintegrante di una civiltà nuova, gli indios con i loro incomprensibili « toco-tines » in « náhuatl », i negri con la loro tenera lingua deformata. È statogià segnalato che Sor Juana « decía a las veces cosas que no podían oír sininquietud los hombres en cuyas manos estaba el régimen orgánico de lacolonia, como eran las que ella puso en labios de los negros en los villancicoscompuestos en honor de San Pedro Nolasco, en los que toda una revolu-ción social está a punto de proclamarse. » 14, ma, forse, c'è anche di più:nelle Loas che precedono i tre Autos Sacramentales da lei scritti è semprepresente il tema dell'America. E se in quella di El mártir del Sacramento, lascoperta del nuovo mondo serve solamente ad esemplificare che anche ciòche ancora non è dimostrato può essere certo: « No haber más Mundocreía / Hércules en su blasón, / mas se hecho al agua Colón / y vio que másmundo había. » 15, nelle altre due il discorso si fa ben più interessante e pro-fondo: Sor Juana che dichiara a chiare lettere che « el fin a que aspirabaera estudiar Teologia » 16 affronta un tema assai scottante, anche se non origi-nale. Si tratta del tentativo di conciliare l'antropofagia rituale precortesinacon il sacramento dell'eucarestia, dando forma e voce ad un sincretismocattolico ancora oggi particolarmente evidente in America Latina. Nella Loapara El Cetro de José, la Fede riesce a convincere l'Idolatria vestita da India,che il corpo e il sangue di Cristo è « ofrenda soberana » mettendo cosí atacere le rivendicazioni e le preoccupazioni di colei a cui la Fede aveva strap-pato la Corona « que por edades tan largas / pacífica poseía » 17 e che avevaminacciosamente lamentato che « toda amotinada, / en mí mi Nación os

14 EZEQUIEL A. CHÁVEZ, Ensayo de Psicología de Sor Juana Inés de la Cruz y de estimacióndel sentido de su obra y de su vida para la historia de la cultura y de la formación de México,Barcelona, Araluce, 1931; si veda anche l'opinione più sfumata ma sostanzialmente simile diMlRTA AGUIRRE, Op. Cit.

15 JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras Completas, edición de Alfonso Méndez Planearte,México, 1955, voi. III , Loa para el auto intitulado «''El Mártir del Sacramento, San Hermene-gildo», pp. 110-111.

16 JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras escogidas, cit., p. 41717 JUANA IÉNS DE LA CRUZ, Obras Completas, cit., p. 192.

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dice / que mientras Víctima Humana / no permitáis ofrecer / no viváis enconfianza / de que es fija su obediencia. » 1S. Sor Juana dimostra qui di averecoscienza della instabilità politica e sociale del paese, ed altrettanta consa-pevolezza dimostra nella Loa para El Divino Narciso, il suo auto più famoso,che fu pubblicato, guarda caso, nello stesso anno della Carta Athenagórica(1690), dove manda in scena, nei loro pittoreschi e rituali abiti indios l'Occi-dente e l'America che lamentano con parole accorate l'irruzione dello Zeloe della Religione che turbano « le delizie e le allegrie » del Nuovo Mondo.Anche qui la Religione persuade gli antagonisti che il rito azteca del veroTeocualo (Dios es comido) altro non è che il rito cattolico dell'Eucarestia,ma tutta la Loa traspira un evidente spirito pagano sottolineato dal martel-lante ritornello « al Gran Dios de la Semilla ». È evidente che tanto i vil-lancicos che le Loas, fatti per essere rappresentati, erano destinati ad unpubblico ben più ampio della colta e raffinata élite religiosa e cortigiana,e che su questo contava Sor Juan quando usava quel linguaggio e quellemetafore. Che importanza attribuisse la suora messicana a questi temi e checoscienza avesse della loro carica eversiva nei confronti del potere noi nonsappiamo, tuttavia nella sua cella di appestata, assieme ai tre manuali didevozione che ormai costituivano tutta la sua biblioteca, fu trovato un ultimopoema a cui è affidato un messaggio ben chiaro: « ¿Qué mágicas infusiones /de los indios herbolarios / de mi patria, entre mis letras / el hechizo derra-maron? » 19 dal quale, come da tutto il resto del poema, si evince la consa-pevolezza della propria diversità in quanto donna e soprattutto in quantoamericana.

Se in Sor Juana questa consapevolezza va rintracciata nelle pieghe dellasua vasta produzione, ben più esplicito si dimostra Fray Servando, il qualeafferma ripetutamente di avere individuato chiaramente le ragioni della pro-pria persecuzione, essendo nota la avversione di Haro contro i « criollos »per cui, indubbiamente, l'ostilità verso il Sermone di Guadalupe « no eramás que una maniobra para procesarme, quitarme el crédito que yo tenía enel pueblo, y perderme por envidia o por su odio notorio contra todo ameri-cano sobresaliente » ** e d'altra parte Fray Servando dichiara che « sobresalíademasiado por el favor de mis paisanos, para merecer misericordia »21.Insiste, dunque, il domenicano sul fatto che essere americano e popolarefra gli americani è stata la sua gran colpa agli occhi del potere che ha indi-

18 Ivi, p. 195.19 Ivi, p. 160; si tratta del romance n. 51 ¿Cuándo, númenes divinos...?2 0 SERVANDO T E R E S A DE M I E R , Memorias, cit., p . 7.21 Ivi , p . 84.

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viduato subito nel sermone quanto di pericoloso vi era (anche al di là delleintenzioni dell'autore) per la conservazione del sistema, il fatto, cioè, di riven-dicare al Messico il diritto all'evangelizzazione insieme al resto del mondo edi conseguenza il tentativo di togliere agli spagnoli il pretesto principale, ilpiù nobile, della Conquista. « Americanos imbéciles, los europeos del arzo-bispo se burlaban de nosotros, y lejos de creeer que la Virgen os ha hechomás favor con Guadalupe que a ellos con el Pilar, uno de los motivos de mipersecución fue que yo os procuraba un favor igual y os igualaba con ellos. »22.Tutto ciò Fray Servando dice ben chiaro nella sua Memoria Apologética,ma c'è qualcosa che non dice altrettanto chiaramente ed è l'essersi fattoconoscere come sovversivo negli anni splendidi della sua carriera di predi-catore. La sua autobiografia, cosi diretta, incalzante, sincera, si fa reticentesu questo punto probabilmente perché lo stesso Servando si rendeva contoche la vera accusa, quella che non poteva meritare misericordia, era quelladi sovversivo, di « reo del Estado », e questa accusa ce la presenta comeuna meschina vendetta dell'arcivescovo. Solo nel capitolo VI della sua apo-logià parla brevemente dei capi di accusa che più contribuirono a rendereimplacabile la sua persecuzione in Spagna: « El ultimo cargo es el que suenamás grave y valía menos, aunque mis enemigos hacían gran misterio, y porlo mismo debo sobre él extenderme más. Decía, pues, que yo había sidoprocesado por dos virreyes, y no especificaba más para que abultase más elpreñado. »23. Si trattava di due accuse gravi: la prima, di aver partecipatoad una ribellione di « estanqueros » ai quali il viceré aveva impedito diportare il tabacco a casa per poter lavorare con l'aiuto della propria famiglia(una vera e propria rivendicazione del lavoro nero); Fray Servando avrebbesuggerito ai manifestanti di gridare « viva el Rey » scavalcando cosi l'auto-rità locale ma restando, tuttavia, nell'obbedienza monarchica. La secondaaccusa fu di aver partecipato con alcuni francesi residenti in Messico adattività rivoluzionarie, ma vi fu anche una terza accusa, quella di aver datouna versione poco ortodossa della Conquista nelle aule dell'Università. FrayServando, che cerca di passar sopra a questi argomenti senza troppo appro-fondirli, è costretto ad ammettere che per rimediare a questa « gaffe » uni-versitaria, fu consigliato dal viceré in persona di « alabar a los reyes » inoccasione delle Onoranze Funebri a Cortes. Ma neanche un mese dopo, ilrecidivo Fray Servando incorreva nella stessa imprudenza con il fatale Ser-mone di Guadalupe; a questo punto appare assai evidente il fatto che glispagnoli avessero individuato nel domenicano quel pericoloso sovversivo,

22 Ivi, p. 146.23 Ivi, p. 17.

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quel feroce anti-spagnolo che si sarebbe poi rivelato nel resto della sua avven-turosa vita. Del resto egli stesso ne era pienamente cosciente: « La desgraciaes que nuestra Corte vive en continua alarma sobre América, y toda delacióncontra americanos, lejos de castigarse, si no se premia, se agradece comoun efecto del celo; y por sí o por no, Lázaro siempre padece. »24. I duereligiosi messicani hanno voluto rivendicare al proprio popolo la scelta dellareligione, dunque hanno tentato di sottrarre agli spagnoli l'unica legittima-zione morale della Conquista ed è per questo che hanno meritato il castigo.Fray Servando, del resto, ne è ben consapevole quando afferma « ... nadie,sin vocación al martirio, se atreve a arrostrar públicamente una tradiciónpopular piadosa... »25 tuttavia entrambi hanno scelto il martirio, ma è pro-prio qui che le loro vite parallele divergono ed è qui che interviene, comediscriminante decisiva, la differenza dei sessi. Dove Sor Juana insinua, sug-gerisce, implora, Fray Servando afferma, rivendica, insulta e non si trattadelle diverse modalità di due opposti caratteri, ma piuttosto di differentigradi del processo di identificazione che attribuiscono al maschio le certezzedel proprio ruolo di professore dell'Università e di predicatore ed alla donnatutte le insicurezze di chi non riesce neppure ad imporre il proprio, sacro-santo diritto allo studio. Giunto il momento di difendersi, Sor Juana si servedi una lettera personale, La Risposta a Sor Filotea, dai toni appassionati esinceri che esclude l'ipotesi che la monaca pensasse mai di vederla pubblicata:« lo que es por mi defensa, nunca tomaré la pluma » * dichiara, ed aggiunge« la paciencia vence tolerando y triunfa sufriendo »27. In questo bel docu-mento, giustamente rivendicato dal movimento delle donne come uno deiprimi manifesti per la parità dei diritti fra i sessi, Sor Juan ci obbliga adun percorso labirintico, complicato da sbalzi di umore, appassionati penti-menti, momenti di ironia, attraverso il quale è possibile ricostruire la fragilepsicologia della monaca lacerata dalle troppe contraddizioni che le impedisconouna netta acquisizione di identità: Sor Juana non riesce ad essere solo unareligiosa, o una poetessa acclamata, o una studiosa appassionata delle scienzefisiche e umane, o semplicemente una donna, o una patriota americana. SorJuana è tutte queste cose insieme e non può rinunciare a nessuna di esseanche quando sente che ciascuna di queste identità è, di per sé, spietata-mente esigente; la sua fama poetica la obbliga a scrivere su ordinazione epoi: « de lo poco que se ha impreso mio, no sólo mi nombre, pero ni el

a» Ivi, p. 171.» Ivi, p. 13.26 J U A N A I N É S DE LA C R U Z , Obras escogidas, cit., p . 524 .27 Ivi, p. 524.

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consentimiento para la impresión ha sido dictamen propio, sino libertadajena » a ; come monaca deve obbedienza alla regola del chiostro, deve im-piegare parte del suo tempo nel lavoro collettivo e deve dirimere le con-troversie delle serve, confortar le consorelle; come studiosa deve obbedire per-fino agli ordini di una « prelada muy santa y muy càndida » M che le proibisce10 studio come se fosse « cosa de Inquisición », e poi, come donna deve sot-tostare a tutte le discriminazioni tradizionali: « Pues ¿cómo me atrevierayo a tomarlo en mis indignas manos (il Cantico dei Cantici), repugnándoloel sexo, la edad y, sobre todo las costumbres? » x , perfino la scelta del con-vento nasce dalla impossibilità per una donna di lavorare e vivere sola, aldi fuori del matrimonio: « Éntreme religiosa, porque aunque conocía quetenía el estado cosas (de las accessorias hablo, no de las formales) muchasrepugnantes a mi genio, con todo, para la total negación que tenía al matri-monio, era lo menos desproporcionado y lo más decente que podía elegiren materia de la seguridad que deseaba de mi salvación »31; infine, comeamericana, non aveva più alcuna collocazione poiché nella colonia del '60011 dato più disidentificante doveva essere quello di sentirsi messicana, cioèsentirsi parte di qualcosa che ancora non esisteva ed è questa una schizofreniatipica del « criollo », né spagnolo né indigeno e pertanto incerto su se stesso.

Fray Servando, invece, si difende con le sue memorie apologetiche, cioèsa di difendersi e vuole che i suoi argomenti passino alla posterità: « Estiempo de instruir a la posteridad sobre la verdad de todo lo ocurrido (...).La debo a mi familia nobilísima en España y en América, a mi Universidadmexicana, al orden a que pertenecía, a mi carácter, a mi religión y a la Patria,cuya gloria fue el objeto que me había propuesto en el sermón »32. Eccoscandite in poche frasi le certezze di Fray Servando che rivendica una per unatutte le proprie identità di "criollo", di dottore, di predicatore e di patriota.Nelle parole esplicite, dirette, aggressive del domenicano è possibile captarele certezze dei ruoli e della propria collocazione: « Yo he sido el único ame-ricano que tuvo el honor de ocupar en él (Academia de Francia) un lugarcomo corresponsal. »33, « aunque en toda América no había quién pudieraexcederme en nobleza. »34, « Siendo un doctor público que tengo la facultad

» Ivi, p. 526.29 Ivi , p . 508.30 Ivi, p . 493.31 Ivi, p . 496.3 2 SERVANDO TERESA DE M I E R , Memorias, cit., p . 1.33 Ivi, p. 264.34 Ivi, p. 93.

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de enseñar en todas partes, por el papa y por el rey... »3S. Proprio a partiredalle certezze sancite dalla tradizione egli può aggredire gli accusatori, cer-care giustizia per mezza Europa e dedicarsi poi, per intero, alla causa mes-sicana; il problema dell'identità nazionale è l'ultimo problema da risolvere.È vero, i tempi sono cambiati, la rivoluzione francese e l'avventura napo-leonica hanno coinvolto il mondo intero, tuttavia una Sor Juana monaca nelsettecento, probabilmente, avrebbe dovuto risolvere ugualmente tutti i suoiproblemi di ruolo e di identità, come dimostra La Monaca di Diderotdel 1758.

Per tutte queste ragioni, di fronte alla proibizione di leggere, Sor Juanaregala la propria biblioteca; Fray Servando, invece, va a Roma a farsi auto-rizzare « para leer libros prohibidos sin ninguna excepción »3é. Obbligataa non studiare anche in due precedenti occasioni, Sor Juana se ne ammala,tanto da far revocare la proibizione per i timori che desta la sua salute, mail domenicano che sa che i libri sono le sue vere armi, accusa l'arcivescovodi privarlo dei suoi strumenti di difesa; per l'uomo, dunque, la cultura èun'arma, per la donna un vizio disgraziato che costa prezzi altissimi: « A mi,no el saber (que aun no sé), solo el desear saber me ha costado tan gran-de... »37, per questo Sor Juana si lamenta « ¡Y que haya sido tal esta minegra inclinación, que todo lo haya vencido! » a e perfino il successo di cuiha goduto grazie ad altissime protezioni viene vissuto come violenza: « ¿Quiénno creyera, viendo tan generales aplausos, que he navegado viento en popay mar en leche, sobre las palmas de las aclamaciones comunes... » **, ma, invece,le cose non andarono cosi: « Y, a la verdad, yo nunca he esento sino vio-lentada y forzada y solo por dar gusto a otros. » "°, anzi, Sor Juana confessaaddirittura di apprezzare « más el nombre de católica y de obediente hijade mi Santa Madre Iglesia, que todos los aplausos de docta. » 41.

Se lungo le sue memorie Fray Servando pronuncia una sola volta la pa-rola « Obedecí », quando racconta di essersi sottomesso alla volontà del-l'arcivescovo42, Sor Juana si strazia nel proprio desiderio di obbedienzagiungendo perfino a somatizzare i traumi psicologici che le costa, autoumi-liandosi in una serie di dichiarazioni, per altro sincere, « Por ventura ¿soy

ss Ivi, p. 161.» Ivi, p. 290.37 JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras Escogidas, cit., p. 501.» Ivi, p. 501.39 Ivi, p. 502.40 Ivi, p. 493.« Ivi, p. 521.42 Ma con un'avvertenza: «pero tuve la advertencia de poner que lo hacía por no poder

sufrir más la prisión ». SERVANDO TERESA DE MIER, Memorias, cit., p. 87.

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más que una pobre monja, la más mínima creatura del mundo y la másindigna de ocupar vuestra atención? »43.

La Risposta a Sor Filotea e le Memorias contengono molti elementicomuni, ma uno soprattutto mi interessa ora: con forme diverse, i due appas-sionati religiosi affrontano con la stessa veemenza l'uno la difesa del proprioonore, inteso non solo come fatto personale, ma come simbolo del rispettoche il « criollo », in quanto americano, sa di meritare; in altre parole, FrayServando difendendo se stesso difende un nuovo soggetto sociale il cui dirittoall'esistenza viene pretestuosamente messo in dubbio dai naturali avversari.L'altra, Sor Juana, si spoglia di incertezze e mortificazioni solo in un pas-saggio della Risposta, quando si assume la difesa patetica del diritto delledonne a saper ed insegnare. Sor Juana tralascia le reticenze e i dubbi perdifendere a muso duro la Carta Athenagórica che diviene pretesto per soste-nere il sacrosanto diritto di intervenire, di contare, di esserci anche perl'altro sesso: « Mi entendimiento, tal cual, ¿no es tan libre como el suyo? » M,si interroga la monaca a proposito del diritto del padre Vieyra a contraddirei Padri della Chiesa.

Cosi stando le cose, bisogna riconoscere a questi due straordinari mes-sicani il merito di aver dato voce a minoranze sacrificate e di averlo fattocon la passione di chi difende una causa che è anche la propria causa, e inquesto senso ripetiamo che il loro intervento, tutto politico, non potevache meritare la persecuzione, e prima ancora di questo, un destino di soli-tudine, nonostante gli applausi e il successo. La loro solitudine si materia-lizza nel comune destino di reclusi e si fa oggetto proprio nei loro scritti:impediti a dibattere, impensabile il colloquio sui temi che hanno ossessio-nato la loro vita, entrambi devono ricorrere alla scrittura per dare voce alleproprie ragioni, una scrittura che diventa l'ultima prova della loro incomu-nicabilità. Ma anche qui la differenza dei sessi impone diverse modalità eFray Servando, credendosi in punto di morte, vuole ancora lasciare testi-monianza di quanto è avvenuto, affinchè la posterità « juzgue con su acostum-brada imparcialidad, se aproveche y haga justicia a mi memoria, pues estaapología ya no puede servirme en esta vida que naturalmente está ya cercade su término en mi edad de cincuenta y seis años. »45, in altre parole, FrayServando scrive per il dopo, ha bisogno di giustizia anche per dopo poichéè in grado di proiettarsi in un futuro che sarà per forza giustizierò. Ma SorJuana, invece, drammaticamente colpita dalla Carta di Suor Filotea, risponde

4 3 J U A N A I N É S DE LA C R U Z , Obras Escogidas, cit., p . 490 .44 Ivi, p. 520.45 SERVANDO T E R E S A DE M I E R , Memorias, cit., p . 1.

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dopo alcuni mesi di silenzio, perché non ha questa capacità, ancora tuttamaschile, della speranza, ella sa che la sua è una battaglia persa e forse pensache è una battaglia che non doveva neanche essere intrapresa, cosa che diventasempre più evidente a mano a mano che i suoi protettori scompaiono, tantoche scrive a Sor Filotea: « (Su Majestad) sabe que le he pedido (a Dios)que apague la luz de mi entendimiento dejando sólo lo que baste para guardarsu Ley, pues lo demás sobra, según algunos, en una mujer. »"*; ma fortuna-tamente Sor Juana non sceglie il silenzio, e non lo sceglie perché anche leivuole essere capita; dal fondo della sua solitudine cerca chiarezza e lo dice:« Y si la he de confesar toda, también es buscar refugios para huir la dificultadde responder, y casi me he determinado de dejarlo en silencio; pero comoeste es cosa negativa, aunque explica mucho con el énfasis de no explicar,es necesario ponerle algún breve rótulo para que se entienda lo que se pre-tende que el silencio diga. »47. Sor Juana parla ancora negli autobiograficiversi in onore di Santa Caterina, ma ancora per poco: privata della confes-sione dal padre Núñez de Miranda, tradita dal vescovo di Puebla, vittimadell'ostilità dell'implacabile arcivescovo Aguiar y Seijas, Juana implora ilperdono firmando col sangue la « Protesta que hizo de su fe y amor a Diosla madre Juana Inés de la Cruz, al tiempo de abandonar los estudios, paraproseguir, desembarazada de este afecto, en el camino de la perfección »*.Fray Servando, per l'ennesima volta costretto in prigione ma stavolta comeestrema beffa, nelle prigioni dell'Inquisizione « ocurrencia notable porquefue sin duda el primer religioso dominico que las habitó »49, nonostante unafrattura al braccio destro, frutto dei tormenti che non gli furono lesinati,scrive proprio per spezzare il silenzio, per non venire ingoiato anche luida quel buco della storia dove per secoli sono andati a finire tutti gli emar-ginati. Padroni della scrittura, sia pure a caro prezzo, Servando e Juana sonooggi fra noi più vivi che mai.

ALESSANDRA RICCIO

46 JUANA INÉS DE LA CRUZ, Obras escogidas, cit., p. 494.« Ivi, p. 491.48 V. JUANA INÉS DE LA CRUZ, Antología, selección y notas de Elias Rivers, Anaya,

Madrid, 1979, p. 12.m II genérale Tornei, citato da Alfonso Reyes, prólogo a Fray Servando Teresa de Mier,

Memorias, cit., p. X.