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Dott. Fabio Meloni Elementi di Psicologia del Funzionamento e della Disabilità Prof. Stefano Federici LO PSICOLOGO nell’ATA process 16 marzo 2012

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Dott. Fabio Meloni

Elementi di Psicologia del Funzionamento e della Disabilità Prof. Stefano Federici

LO PSICOLOGOnell’ATA process

16 marzo 2012

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LA PSICOLOGIAÈ MORTA

… E ANCHE IL MODELLO BIO PSICO SOCIALE NON SI SENTE TANTO BENE

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(Gazzaniga, 1999)

(Meloni, Federici, Stella et al. 2012)

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“La psicologia di per sé e morta. O, detto in altri termini, la psicologia si trova in una strana situazione. Il mio college, il Dartmouth, sta costruendo un magnifico nuovo dipartimento di psicologia. I suoi quattro piani sono così suddivisi: il seminterrato è interamente dedicato alle neuroscienze, il primo piano è destinato alle aule e all’amministrazione, il secondo alla psicologia sociale, il terzo alle scienze cognitive e il quarto alle neuroscienze cognitive. Perché allora viene chiamato il dipartimento di psicologia? “(Gazzaniga 1999, p. 21)

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Perché il modello bio-psico-sociale non si sente tanto bene?

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BIO – PSICO - SOCIALE

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La psicologia possiede gli strumenti per prevenire l’abbandono delle tecnologie assistive

Lenker and Paquet 2004; Philips and Zhao 1993; Riemer-Reiss and Wacker 2000; Scherer, et al. 2005; Söderström and Ytterhus 2010; Verza, et al. 2006; Waldron and Layton 2008; Zimmer and Chappell 1999

e per garantire “un processo condotto dall’utente attraverso il quale la selezione di uno o più ausili tecnologici per una soluzione assistiva è facilitata dall’utilizzo di strumenti che comprendono misure cliniche, analisi funzionale e valutazioni psico-socio-ambientali, che si rivolgono, in uno specifico contesto d’uso, al benessere personale dell’utente attraverso il migliore abbinamento tra l’utente/cliente e la soluzione assistiva”

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Quali abilità professionali per lo psicologo in un centro ausili?

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• sostenere la richiesta dell’utente nel processo da lui guidato attraverso il quale si giunge alla selezione di uno o più ausili tecnologici per una soluzione assistiva;

• mediare tra gli utenti che ricercano una soluzione e il team multidisciplinare di un centro ausili;

• facilitare i rapporti tra i membri del team multidisciplinare

• riformulare le relazioni tra l’utente/cliente e la sua famiglia nel quadro delle nuove sfide, limitazioni e restrizioni che si trovano ad affrontare.

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la centralità dello psicologonel processo di valutazione e assegnazione

• il recente avanzamento del modello biopsicosociale nelle comunità sociale e scientifica (Plante 2005),

• l’integrazione di misure oggettive e soggettive nel processo diagnostico (Federici and Meloni 2010; Kayes and McPherson 2010; Ueda and Okawa 2003; Uppal 2006),

• la riconosciuta rilevanza dei fattori contestuali e, in particolare, di quelli personali che influenzano il successo a lungo termine dell’abbinamento con la TA (Nair 2003),

• la crescente attenzione allo “squilibrio di potere” (Brown and Gordon 2004) nella relazione tra professionisti e utenti

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• I fattori personali non sono codificati nell’ICF anche se sono coinvolti nel processo del funzionamento e della disabilità e compresi nel background concettuale della Classificazione (Geyh, et al. 2011).

• I fattori personali sono definiti come: “il background personale della vita e dell’esistenza di un individuo, e rappresentano quelle caratteristiche dell’individuo che non fanno parte della condizione di salute o degli stati di salute”

• “Il sesso, la razza, l’età, altre condizioni di salute, la forma fisica, lo stile di vita, le abitudini, l’educazione ricevuta, la capacità di adattamento, il background sociale, l’istruzione, la professione e l’esperienza passata e attuale [...] modelli di comportamento generali e stili caratteriali, che possono giocare un certo ruolo nella disabilità a qualsiasi livello” (OMS, 2002, p. 21; Ueda and Okawa 2003)

• Essi comprendono un dominio (influenze interne su funzionamento e disabilità) e un costrutto (impatto delle caratteristiche della persona)

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Il dominio è “cosa” l’ICF classifica in ciascuna delle sue componenti al più alto livello semantico (per esempio, funzioni mentali, strutture del sistema nervoso, apprendimento e applicazione delle conoscenze, ecc.).

Il costrutto si riferisce a “come” ciascuna categoria è pesata e operazionalizzata attraverso qualificatori specifici.

La performance di una persona (aspetto positivo: qualificatore di funzionamento da pesare) che ha perso la sua gamba [dominio delle strutture corporee (cod. s750); aspetto negativo: qualificatore dell’estensione della menomazione (cod. s750.4)] in un incidente sul lavoro e da allora utilizza un bastone [costrutto dei fattori ambientali (cod. e1201); aspetto positivo: qualificatore di facilitatore (e1201.+3)] ma incontra medie difficoltà nello spostarsi [costrutto attività e partecipazione; aspetto negativo: qualificatore di limitazione dell’attività (cod. d4500.2)] perché i marciapiedi del quartiere sono molto alti e hanno una superficie molto scivolosa [costrutto fattori ambientali; aspetto negativo: qualificatore delle barriere (cod. e2100.-3)] è codificato come “medie restrizioni nella performance nel camminare per brevi distanze”: cod. d4500.2.

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Il processo di valutazione può essere effettuato da un team multidisciplinare nel quale un professionista psicologo (clinico) può non essere necessario.

La competenza nella cognizione, nelle emozioni, nei comportamenti umani e nei sistemi delle relazioni sociali non sono essenziali per classificare la persona o per assegnarle l’ausilio.

Le influenze interne e l’impatto degli attributi della persona sul funzionamento e la disabilità non sono considerati

“Psico” resta solo un prefisso ad una parola

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Il fallimento nella codifica dei fattori personali dieci anni dopo la pubblicazione dell’ICF crea un inquietante parallelo tra la International Classification of Impairments, Disabilities, and Handicaps del 1980 (ICIDH; WHO, 1980) e l’ICF:

ICIDH aveva lo scopo di descrivere e rappresentare la disabilità nei termini del modello sociale ma ha finito per rivelare una coerenza sostanziale con il modello medico

ICF sembra ignorare la richiesta di complessità per essere soltanto, letteralmente, un’integrazione tra i modelli medico e sociale senza un reale salto qualitativo.

Le variabili psicologiche possono comportare differenze sostanziali nel processo di riabilitazione e giocano un ruolo centrale nel corso dell’ATA process.

Una valutazione psicologica appropriata o un intervento clinico preciso possono prevenire l’abbandono o il non-utilizzo della soluzione assistiva fornita

È ragionevole presumere che la scarsa importanza data allo psicologo sia dovuto alla mancata codifica dei fattori personali nell’ICF.

Sosteniamo che l’ICF necessiti di una revisione dal momento vi è l’urgenza di sviluppare i fattori personali. Come rimarcano Geyh e colleghi, i fattori personali “non sono stati studiati estensivamente o sono stato sottovalutati (Cruice 2008; Lehman 2003; Threats 2007; Weigl, et al. 2008) […]” (2011, p. 1097).

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I FATTORI PERSONALI DEL FUNZIONAMENTO E DELLA DISABILITÀ

Rassegna della letteratura (Geyh, et al. 2011): 353 citazioni 79 articoli 538 affermazioni sui fattori personali

Gli autori: hanno identificato diversi fattori personali sostengono la necessità di una standardizzazione

hanno creato una lista di 238 esempi di fattori personali . Di questi, solo tre incontravano il consenso di più di cinque articoli: autoefficacia (13), motivazione (7) e personalità (7).

Accordo generale sul ruolo dei fattori personali in tutte le fasi del processo di riabilitazione (Geyh, et al. 2011; Gutenbrunner, et al. 2007; Steiner, et al. 2002) “dal momento che l’ICF è stato introdotto come uno schema di valutazione globale, olistica e multidisciplinare in un contesto clinico” (Geyh, et al. 2011, p. 1097).

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FATTORI PERSONALI E SOLUZIONI ASSISTIVE/1

I fattori personali sono prevalentemente menzionati in articoli relativi a:

• riabilitazione occupazionale e professionale, riabilitazione psichiatrica, • counselling riabilitativo,• intervento di cura psicosociale

Solo 4 articoli relativi ai dispositivi assistivi (Barker, et al. 2006; Cruice 2008; Henderson, et al. 2008; Howe 2008).

Alcuni autori hanno indicato che specifici fattori hanno un impatto sull’uso/abbandono degli ausili . Tre fattori su quattro correlati all’abbandono:

• mancanza di considerazione dell’opinione dell’utente • facilità nel procurarsi l’ausilio• cambiamenti nei bisogni o priorità dell’utente

sono collegati a fattori personali (Philips and Zhao 1993).

Fattori personali dimensione imprescindibile per il best match dell’utente con il dispositivo

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FATTORI PERSONALI E SOLUZIONI ASSISTIVE/2

Dalle tecnologie assistive alla soluzione assistiva: più che un dispositivo tecnologico per una “riparazione tecnica” [technical-fix] o per superare lo stato di menomazione (Roulstone 1998), “essa spesso richiede un insieme di tecnologie tradizionali e assistive il cui assemblaggio è differente da un individuo ad un altro e da un contesto ad un altro” (AAATE 2003).

Uno strumento per identificare i fattori personali (Pape et al.,2002) prende in considerazione 81 pubblicazioni per specificare i significati assegnati alla TA e come questi significati personali influenzano l’integrazione della TA nelle attività quotidiane .

Gli autori hanno trasformato i concetti dei fattori personali che emergono dagli 81 articoli in domande per una indagine operativa che coinvolgono questioni psicologiche, culturali e di adattamento.

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/1

“Le predisposizioni, le aspettative e le reazioni delle persone all’uso di ATD [dispositivi di tecnologie assistive] sono altamente specifiche e personali. Queste predisposizioni, aspettative e reazioni emergono da certe influenze come il variare dei bisogni, le capacità, le preferenze e le esperienze passate e l’esposizione alle tecnologie. Cosa ancora più importante, le predisposizioni all’utilizzo di sostegni (così come i benefici ottenuti dall’uso) dipendono anche dal proprio senso di benessere e di soddisfazione verso l’attuale performance nelle attività e nella partecipazione agli eventi della vita quotidiana” (Scherer, Craddock e MacKeogh, 2011, p. 812).

Tra tutti i professionisti che fanno parte del team multidisciplinare, lo psicologo è il maggior esperto nei fattori personali

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/2

Divisione 22 della American Psychological Association: “lo psicologo della riabilitazione lavora con l’individuo con disabilità per dedicarsi ai fattori personali che incidono sui domini dell’ICF dell’attività e partecipazione”

Ambiti da indagare:“lo stato neurocognitivo, l’umore e le emozioni, il livello desiderato di

indipendenza e interdipendenza, la mobilità e la libertà di movimento, l’autostima e l’autodeterminazione e il punto di vista soggettivo sulle capacità e sulla qualità della vita così come sulla soddisfazione riguardo ai traguardi in aree specifiche come il lavoro, le relazioni sociali e l’essere in grado di andare dove si desidera al di là della mera capacità fisica di farlo”

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/3

MODIFICABILITÀ/IMMODIFICABILITÀL’etnia, la lingua, il background culturale, il sesso, l’età, il livello di sviluppo,

l’orientamento sessuale e l’identità sessuale sono tutti fattori personali immodificabili che influenzano fortemente, in un dato contesto, il rapporto tra l’utente/cliente e la tecnologia (Geyh, et al. 2011; Howe 2008; Threats 2003, 2007).

Lo psicologo promuove la consapevolezza dell’utente/cliente riguardo alle risorse individuali sulle quali egli può agire al fine di ottenere il migliore abbinamento e potenziare il proprio benessere: non solo trasformare le barriere ambientali in facilitatori ma anche motivare l’utente/cliente a fare lo stesso sulle proprie risorse individuali.

• esplorare le caratteristiche individuali • fare leva su tutti i fattori personali che abbiano un potenziale adattativo in un dato

contesto.

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/4

OGGETTIVITÀ/SOGGETTIVITÀ“Il cuore della riabilitazione sono le attività del paziente, il suo comportamento”

(Wade, 2000, p. 115) ma “la natura delle convinzioni e delle aspettative del paziente può influenzare il grado e la natura della disabilità e effettivamente può occasionalmente essere la causa primaria” (p. 117).

La dimensione soggettiva del funzionamento è stata descritta da Ueda e Okawa come una combinazione di esperienze soggettive negative e positive situate a un “livello psicologico-esistenziale” (Ueda and Okawa 2003, p. 599).

Ueda e Okawa (2003) distinguono tra fattori personali e dimensione soggettiva dal momento che essi considerano quasi tutti i tratti proposti in letteratura come appartenenti a fattori personali all’interno del livello oggettivo.

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/5

Le dimensioni oggettiva e soggettiva sono relative a diversi punti di vista sul funzionamento individuale:

• dalla parte del professionista, molte delle dimensioni dell’ICF possono essere viste come dimensioni oggettive, per una codificabilità e misurabilità del funzionamento individuale;

• dalla parte dell’utente/cliente la maggior parte dei codici ICF sono elementi del funzionamento soggettivo individuale o dell’esperienza di disabilità.

Dal momento che l’obiettivo dell’ATA process è il benessere dell’utente inteso come esito di un sottile equilibrio tra la dimensione soggettiva e oggettiva della salute (Federici and Olivetti Belardinelli 2006; Sen 2002) lo psicologo dovrebbe prestare attenzione al bilanciamento dei fattori soggettivi e oggettivi mediando tra la richiesta dell’utente/cliente e l’erogazione della soluzione del team multidisciplinare.

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LO PSICOLOGO: SPECIALISTA IN FATTORI PERSONALI/6

FUNZIONI CORPOREE/FATTORI PERSONALI

Se un cliente con una paralisi dovuta ad un incidente stradale riferisce che egli non aveva confidenza con la tecnologia prima dell’incidente e che egli continua a non averla, questo tratto può essere considerato un fattore personale.

Ma se riferisce che la sua confidenza si è ridotta in concomitanza con l’inizio della paralisi, questo fattore può essere categorizzato tra le funzioni corporee (Howe 2008).

Da questo punto di vista, l’insieme delle valutazioni del Matching Person & Technology (MPT) (Scherer 1999) è una misura utile al fine di effettuare la corretta attribuzione:

• Assistive Technology Device Predisposition Assessment (ATD PA - questionario auto-riportato che misura la predisposizione/disponibilità all’uso di dispositivi di TA.)

• Survey of Technology Use (SOTU - strumento che ha lo scopo di rilevare se l’utente percepisce l’uso della tecnologia come una minaccia al suo benessere/autostima e di aiutarlo a scoprirne gli aspetti positivi (Scherer 1999).

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QUALE RUOLO PER LO PSICOLOGO NELL’ATA PROCESS?/1

La psicologia moderna ha assunto un atteggiamento paradossale nei confronti della disabilità:

• Da una parte, può imprigionare le persone disabili nei loro corpi “come esseri non-abili”, facendone abitualmente menzione solo nelle discipline di ambito medico

• Dall'altra, difende la disciplina in quanto “psicologia dell’anormalità” sostenendo che “le distinzioni di normale e anormale non sono sinonimi di buono o cattivo. Si consideri una caratteristica come l’intelligenza. Una persona che si colloca all’estremità superiore della curva coinciderebbe con la nostra definizione di anormale: questa persona sarebbe anche considerata un genio. Ovviamente, questa è una circostanza nella quale essere fuori della norma è in realtà una buona cosa" (Cherry 2010). Tale argomento ricade agevolmente nell’ "excusatio non petita, accusatio manifesta" .

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QUALE RUOLO PER LO PSICOLOGO NELL’ATA PROCESS?/2

La psicologia moderna nasce dalla “scuola del sospetto” (Ricœur 1976) di Freud. L’anormalità rivela le strutture e le dinamiche del comportamento umano. La psicologia clinica e dello sviluppo sono fondate sulle basi di un modello universale di anormalità:

• mentre le neuroscienze cognitive osservano il comportamento anormale delle persone con danni cerebrali per comprendere le normali rappresentazioni nervose dei processi mentali, di modo tale che la anormalità resta un’eccezione nel normale funzionamento umano,

• la psicologia clinica e dinamica, al contrario, generalizzano il comportamento anormale dal momento che i meccanismi sottostanti, evidenziati dalla malattia mentale, sono condivisi dall’intero genere umano.

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QUALE RUOLO PER LO PSICOLOGO NELL’ATA PROCESS?/3

“La disabilità non è un attributo umano che demarca una porzione di umanità dall’altra […]; è una caratteristica della condizione umana infinitamente varia seppure universale” (Zola 1989).

Il problema della disabilità per gli individui “non è se ma quando, non tanto quale, ma quante e in quale combinazione” (Zola 1993, p. 18).

Non sono i meccanismi di base, cioè le strutture e le funzioni corporee, che fanno la differenza tra gli individui ma i gradi e le combinazioni del funzionamento individuale.

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QUALE RUOLO PER LO PSICOLOGO NELL’ATA PROCESS?/4

Nel delineare il ruolo dello psicologo nell’ATA process, vorremmo recuperare ciò che è proprio della moderna psicologia: un sospetto ermeneutico nei riguardi di tutti i processi di valutazione che trasformano gli utenti/clienti “in oggetti da codificare più che in esseri umani da sostenere” (Duchan 2004, p. 65).

L’obiettivo di qualsiasi sostegno psicologico non è la “riparazione tecnica” [technical-fix] di un funzionamento individuale anormale, ma il benessere personale.

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IL RUOLO DELLO PSICOLOGO NELL’ATA PROCESS/1

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1. Accettazione e valutazione della richiesta dell’utente (esagono n. 1)

a. Raccolta dati utente Tutti i dati forniti dall’utente/cliente sono analizzati dallo psicologo clinico al fine di: • (i) tracciare un profilo dell’utente cliente secondo una prospettiva bio-psico-sociale e

olistica; • (ii) redigere un referto psicologico per la successiva valutazione da parte del team

multidisciplinare.

b. Meeting del team multidisciplinare I compiti dello psicologo clinico in questo stadio sono: • (i) mettere in rilievo gli aspetti unici e peculiari del caso rappresentato dall’utente/cliente

in termini di fattori personali e del suo contesto di vita umano e relazionale; • (ii) rappresentare la richiesta dell’utente/cliente nel team multidisciplinare; (iii) facilitare

le comunicazioni tra i membri del team e la ricerca di una soluzione nell’interesse dell’utente/cliente.

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2. Promuovere la soluzione assistiva (esagono n. 2)

a. Valutazione della soluzione assistiva da parte del team multidisciplinare• In questa fase lo psicologo clinico rappresenta la richiesta dell’utente/cliente garantendo

un processo di assegnazione realmente guidato dall’utente. • Ascolto attivo, empatia, abilità nel riformulare le richieste dell’utente/cliente in un

linguaggio condiviso, sono i principali strumenti utilizzati. Inoltre, lo psicologo può offrire l’opportunità di ristrutturare la relazione tra l’utente e la sua famiglia.

b. Consenso dell’utente/cliente• Lo psicologo clinico può richiedere che l’utente/cliente esplori le ragioni del rifiuto,

specialmente se sono relative a fattori personali o dipendenti dal contesto delle sue relazioni. Se il principale obiettivo dell’ATA process è la migliore soluzione assistiva per l’utente cliente, è altrettanto vero che spesso una soluzione “sufficientemente buona” è meglio che nessuna soluzione.

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3. Supporto all’utente e follow-up (esagono n. 3)

Quando l’ausilio tecnologico è fornito all’utente/cliente, viene programmato un follow-up e fornito un supporto continuo. Lo psicologo clinico lavora per promuovere il benessere dell’utente/cliente monitorando regolarmente la buona qualità dell’abbinamento ottenuto in termini di impatto sul suo empowerment personale.

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