DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER … · sismo e xenofobia. Ma, come in epoca...

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descritto l’orrore russo per l’“ordinarietà”). Va detto poi che i russi (anche i magnati), provano un sostanziale di- sprezzo per il denaro (retaggio della tradizione anti-capi- talistica), lo spendono quasi infastiditi dall’accumulo: manca loro del tutto l’ideologia dell’investimento umile e duraturo, vincolato alle rinunce, al “risparmio faticoso”; proprio per questo, la classe media tende a comprare suv e visoni prima della casa di proprietà (d’altronde, l’of- ferta dei mutui bancari in Russia è avvilente, il costo del denaro - proibitivo). In sostanza, comunque, la virata storica in direzione di un capitalismo dal volto decisamente disumano - che ha co- inciso non a caso con il trionfo dell’elettronica - ha avvici- nato i russi a una mentalità globalizzata post-umanistica. Se in URSS il primato sociale lo avevano i letterati (gli “scrittori ufficiali” erano le figure più ammirate e rispettate, nonché più gratificate sul piano economico), oggi l’invidia e l’ammirazione sociale della massa è tributata agli “oli- garchi” (i miliardari) e, in seconda istanza, ai “ricchi”, en- trambi dediti a una capillare ostentazione dell’opulenza. Ricchi e magnati, si potrebbe dire, sono schiavi di un co- atto “consumismo del lusso”: devono sbandierare il pro- prio ruolo sociale, poiché in carati, cilindrate, metri qua- drati e cinque stelle, si misura l’appartenenza all’élite e l’accesso alla pubblica invidia. Se in URSS chi aveva più degli altri lo nascondeva, nella Russia di oggi, enfatizzare il drastico dislivello di classe è un fine primario; pertanto, in nome dell’esclusività, i ricchi arredano le case, si vesto- no, si addobbano, si spostano e si massaggiano come comandano le patinate riviste dell’establishment occiden- tale. La piccola e media borghesia nascente, dal canto suo, è dedita a imitarli, intenta a distinguersi dai poveri, che sono tanti, soprattutto nel campo della cultura e del- l’impiego statale (la classe operaia è ormai fatta per lo più da Gastarbeiter asiatici, mentre quella contadina è in via di estinzione, decimata da alcolismo e urbanizzazione). La fine dell’URSS, dunque, ha implicato il crollo dell’istru- zione: se il potere sovietico aveva portato un impero di analfabeti ad avere la migliore istruzione del mondo, in vent’anni, grazie anche alla fuga pressoché totale dei cer- velli, il regresso culturale ha drogato milioni di russi con telenovelas e “grandi fratelli”. Oggi, dunque, non solo si ostenta ricchezza, ma anche rozzezza, in una sorta di ne- mesi contro il primato dell’intelligencija: per i più giovani, essere non solo ricchi, ma ignoranti è motivo di vanto particolare. La figura sociale più ambita è quella del gio- vanissimo imprenditore o “manager” di prima generazio- ne, che non ha studiato, si arricchisce in fretta, senza fati- ca, privo di esperienza, temerario e autoritario, ma anche libero dai “pregiudizi del sapere”, pieno di intuizioni e mo- tivato da un mercato facilmente plasmabile. Il suo primo acquisto aziendale è un suv coi vetri scuri, indispensabile per una image intimidatoria. Se si arricchisce più del pre- visto (possibilissimo), allora cercherà di accedere alla poli- tica o almeno di crearsi una rete di relazioni altolocate. La politica, anche in Russia, è legata a doppio filo alla gran- de industria e alla media impresa e resta quasi inaccessi- bile a chi abbia più motivazioni umanitarie che appoggi e finanziamenti. Del resto, tanto dall’alto, quanto dal basso, la Russia (ma non è la sola) è oggi percorsa da crociate di sapore oscurantista che inneggiano a nazionalismo, ses- sismo e xenofobia. Ma, come in epoca sovietica, qualsia- si cosa accada ai vertici, i russi preferiscono tacere pub- blicamente ed esprimere il loro dissenso (cioè buon sen- so) nelle ormai sempre più sporadiche chiacchierate tra amici fidati. Comunque, quale che sia la classe sociale o il regime politico, i russi restano esterofili nei consumi e guardano il “made in” prima del prezzo. In particolare adorano il marchio “Italia”, garanzia di “classe alta” e anti- doto al “made in China” imposto alle classi basse. Dalla pizza al Brunello, l’Italia è amatissima e l’italiano, a scuola e sul lavoro, è spesso più richiesto dell’inglese. Ma oltre al “made in Italy” tecno-frivolo, firmato Ferrari e Prada, l’af- fezione dei russi per il nostro Paese molto deve al retag- gio culturale del passato: è l’amore profondo per Dante e Michelangelo, De Sica e Mastroianni, Venezia e Roma. E, ovviamente, per l’unico idolo transgenerazionale che, al di là di simboli e ideologie, è uscito davvero indenne da ogni tracollo: Adriana Cillintana…l Laura Salmon è Professore ordinario di Lingua e Cultura Russa presso l’Università degli Studi di Genova Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 15 Sintetizzare in poche righe le principali caratteristi- che del drastico mutamento avvenuto nella società russa dopo il crollo dell’URSS è un’impresa impossibile, tanto più per uno studioso della cultura russa. Tenterò, tuttavia, di abbozzare qualche generalizzazione, sperando sia utile agli imprenditori italiani che, considerando l’ipotesi di af- frontare il mercato russo, siano comprensibilmente im- pensieriti da una cultura e una mentalità a loro ignota. Va ricordato in primis che la Russia è il Paese più grande del mondo (dieci fusi orari), multietnico, ma drammatica- mente sottoabitato, con enormi metropoli occidentalizza- te, campagne abbandonate e steppe desertiche. Da sempre, la cultura delle due storiche “capitali” (Mosca e Pietroburgo) si differenzia da quella delle province e ben più di quanto si distingua dalla cultura italiana. Si può anzi dire che, per noi, la cultura russa urbana sia solo parzial- mente aliena: fin dal passato sovietico, infatti, molto ac- comuna la vita russa a quella italiana. I russi amano il be- nessere, il cibo, gli svaghi, l’arte; valorizzano gli affetti fa- miliari, l’amicizia, la lealtà professionale; denotano una spiccata propensione all’umorismo, alle violazioni e alle deroghe; come noi, i russi sono esperti nel “fare le leggi e gli inganni” e scalpitano seccati al semaforo rosso. Anche a livello burocratico, la Russia, offre complicazioni inutili in tutto simili alle nostre, ostacolando così chi non parli il russo; del resto, come noi, neanche i russi amano parlare le lingue straniere (e perché farlo? La loro è stata per de- cenni la lingua franca di quasi un terzo del pianeta). Co- me noi, i russi amano viaggiare: lo facevano anche in epoca sovietica, sfruttando un territorio immenso, ma ora esiste un imponente turismo di massa con spiccate ten- denze esterofile. Come noi, i russi amano stare all’estero, ma si struggono di nostalgia, considerando di avere una patria “speciale” (più per l’estro umano, che per l’oro e il gas). Se possono sembrare più nazionalisti di noi, è solo in presenza di stranieri, preferendo “lavare” (energica- mente) “i panni sporchi” in casa propria. Passando alle divergenze, si può dire che, diversamente da noi, i russi tendono a non drammatizzare le avversità, manifestando virtuosistiche capacità di rassegnazione. Potendo, coltivano calma, riposo e pigrizia, ma i ritmi del neo-capitalismo impongono ormai modelli di vita stres- santi. Quanto al gusto, i russi (sempre in termini impres- sionistici) somigliano agli americani: prediligono oggetti, edifici, persone e situazioni che li facciano sentire privile- giati, diversi dalle “persone normali” (Dostoevskij ha ben DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D internazionalizzazione I RUSSI dopo l’URSS I RUSSI dopo l’URSS 14 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 Cresce il numero dei nuovi ricchi e ricchissimi, la classe operaia è ormai fatta da Gastarbeiter asiatici e quella contadina è in via di estinzione. I russi amano il lusso del “made in Italy” ma nutrono un affetto profondo anche per Dante e per le nostre città d’arte. di Laura Salmon

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descritto l’orrore russo per l’“ordinarietà”). Va detto poiche i russi (anche i magnati), provano un sostanziale di-sprezzo per il denaro (retaggio della tradizione anti-capi-talistica), lo spendono quasi infastiditi dall’accumulo:manca loro del tutto l’ideologia dell’investimento umile eduraturo, vincolato alle rinunce, al “risparmio faticoso”;proprio per questo, la classe media tende a compraresuv e visoni prima della casa di proprietà (d’altronde, l’of-ferta dei mutui bancari in Russia è avvilente, il costo deldenaro - proibitivo). In sostanza, comunque, la virata storica in direzione di uncapitalismo dal volto decisamente disumano - che ha co-inciso non a caso con il trionfo dell’elettronica - ha avvici-nato i russi a una mentalità globalizzata post-umanistica.Se in URSS il primato sociale lo avevano i letterati (gli“scrittori ufficiali” erano le figure più ammirate e rispettate,nonché più gratificate sul piano economico), oggi l’invidiae l’ammirazione sociale della massa è tributata agli “oli-garchi” (i miliardari) e, in seconda istanza, ai “ricchi”, en-trambi dediti a una capillare ostentazione dell’opulenza.Ricchi e magnati, si potrebbe dire, sono schiavi di un co-atto “consumismo del lusso”: devono sbandierare il pro-prio ruolo sociale, poiché in carati, cilindrate, metri qua-

drati e cinque stelle, si misura l’appartenenza all’élite el’accesso alla pubblica invidia. Se in URSS chi aveva piùdegli altri lo nascondeva, nella Russia di oggi, enfatizzareil drastico dislivello di classe è un fine primario; pertanto,in nome dell’esclusività, i ricchi arredano le case, si vesto-no, si addobbano, si spostano e si massaggiano comecomandano le patinate riviste dell’establishment occiden-tale. La piccola e media borghesia nascente, dal cantosuo, è dedita a imitarli, intenta a distinguersi dai poveri,che sono tanti, soprattutto nel campo della cultura e del-l’impiego statale (la classe operaia è ormai fatta per lo piùda Gastarbeiter asiatici, mentre quella contadina è in viadi estinzione, decimata da alcolismo e urbanizzazione).La fine dell’URSS, dunque, ha implicato il crollo dell’istru-zione: se il potere sovietico aveva portato un impero dianalfabeti ad avere la migliore istruzione del mondo, invent’anni, grazie anche alla fuga pressoché totale dei cer-velli, il regresso culturale ha drogato milioni di russi contelenovelas e “grandi fratelli”. Oggi, dunque, non solo siostenta ricchezza, ma anche rozzezza, in una sorta di ne-mesi contro il primato dell’intelligencija: per i più giovani,essere non solo ricchi, ma ignoranti è motivo di vantoparticolare. La figura sociale più ambita è quella del gio-vanissimo imprenditore o “manager” di prima generazio-ne, che non ha studiato, si arricchisce in fretta, senza fati-ca, privo di esperienza, temerario e autoritario, ma anchelibero dai “pregiudizi del sapere”, pieno di intuizioni e mo-tivato da un mercato facilmente plasmabile. Il suo primoacquisto aziendale è un suv coi vetri scuri, indispensabileper una image intimidatoria. Se si arricchisce più del pre-visto (possibilissimo), allora cercherà di accedere alla poli-tica o almeno di crearsi una rete di relazioni altolocate. Lapolitica, anche in Russia, è legata a doppio filo alla gran-de industria e alla media impresa e resta quasi inaccessi-bile a chi abbia più motivazioni umanitarie che appoggi efinanziamenti. Del resto, tanto dall’alto, quanto dal basso,la Russia (ma non è la sola) è oggi percorsa da crociate disapore oscurantista che inneggiano a nazionalismo, ses-sismo e xenofobia. Ma, come in epoca sovietica, qualsia-si cosa accada ai vertici, i russi preferiscono tacere pub-blicamente ed esprimere il loro dissenso (cioè buon sen-so) nelle ormai sempre più sporadiche chiacchierate traamici fidati. Comunque, quale che sia la classe sociale o ilregime politico, i russi restano esterofili nei consumi eguardano il “made in” prima del prezzo. In particolareadorano il marchio “Italia”, garanzia di “classe alta” e anti-doto al “made in China” imposto alle classi basse. Dallapizza al Brunello, l’Italia è amatissima e l’italiano, a scuolae sul lavoro, è spesso più richiesto dell’inglese. Ma oltre al“made in Italy” tecno-frivolo, firmato Ferrari e Prada, l’af-fezione dei russi per il nostro Paese molto deve al retag-gio culturale del passato: è l’amore profondo per Dante eMichelangelo, De Sica e Mastroianni, Venezia e Roma. E,ovviamente, per l’unico idolo transgenerazionale che, aldi là di simboli e ideologie, è uscito davvero indenne daogni tracollo: Adriana Cillintana…l

Laura Salmon è Professore ordinario di Lingua e Cultura Russapresso l’Università degli Studi di Genova

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 15

Sintetizzare in poche righe le principali caratteristi-che del drastico mutamento avvenuto nella società russadopo il crollo dell’URSS è un’impresa impossibile, tantopiù per uno studioso della cultura russa. Tenterò, tuttavia,di abbozzare qualche generalizzazione, sperando sia utileagli imprenditori italiani che, considerando l’ipotesi di af-frontare il mercato russo, siano comprensibilmente im-pensieriti da una cultura e una mentalità a loro ignota. Va ricordato in primis che la Russia è il Paese più grandedel mondo (dieci fusi orari), multietnico, ma drammatica-mente sottoabitato, con enormi metropoli occidentalizza-te, campagne abbandonate e steppe desertiche. Dasempre, la cultura delle due storiche “capitali” (Mosca ePietroburgo) si differenzia da quella delle province e benpiù di quanto si distingua dalla cultura italiana. Si può anzidire che, per noi, la cultura russa urbana sia solo parzial-mente aliena: fin dal passato sovietico, infatti, molto ac-comuna la vita russa a quella italiana. I russi amano il be-nessere, il cibo, gli svaghi, l’arte; valorizzano gli affetti fa-miliari, l’amicizia, la lealtà professionale; denotano unaspiccata propensione all’umorismo, alle violazioni e allederoghe; come noi, i russi sono esperti nel “fare le leggi egli inganni” e scalpitano seccati al semaforo rosso. Anche

a livello burocratico, la Russia, offre complicazioni inutili intutto simili alle nostre, ostacolando così chi non parli ilrusso; del resto, come noi, neanche i russi amano parlarele lingue straniere (e perché farlo? La loro è stata per de-cenni la lingua franca di quasi un terzo del pianeta). Co-me noi, i russi amano viaggiare: lo facevano anche inepoca sovietica, sfruttando un territorio immenso, ma oraesiste un imponente turismo di massa con spiccate ten-denze esterofile. Come noi, i russi amano stare all’estero,ma si struggono di nostalgia, considerando di avere unapatria “speciale” (più per l’estro umano, che per l’oro e ilgas). Se possono sembrare più nazionalisti di noi, è soloin presenza di stranieri, preferendo “lavare” (energica-mente) “i panni sporchi” in casa propria. Passando alle divergenze, si può dire che, diversamenteda noi, i russi tendono a non drammatizzare le avversità,manifestando virtuosistiche capacità di rassegnazione.Potendo, coltivano calma, riposo e pigrizia, ma i ritmi delneo-capitalismo impongono ormai modelli di vita stres-santi. Quanto al gusto, i russi (sempre in termini impres-sionistici) somigliano agli americani: prediligono oggetti,edifici, persone e situazioni che li facciano sentire privile-giati, diversi dalle “persone normali” (Dostoevskij ha ben

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER Dinternazionalizzazione

I RUSSIdopo l’URSS

I RUSSIdopo l’URSS

14 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

Cresce il numero dei nuoviricchi e ricchissimi, la classe

operaia è ormai fatta daGastarbeiter asiatici e quella

contadina è in via di estinzione. I russi amano il lusso del “made in Italy”

ma nutrono un affetto profondo anche per Dante e

per le nostre città d’arte.

di Laura Salmon

Europea e monitorato delle Commissioni del ParlamentoEuropeo.Si tratta certamente di una dinamica complessa e cometale viene considerata una questione per addetti ai lavori.Eppure l’allargamento ad est dell’UE è stato ed è unostraordinario fenomeno geopolitico per il nostro continen-te. È sorprendente, come notava il centro studi ESI - Eu-ropean Stability Initiative, che in questi 20 anni non siaemerso nemmeno un best seller per animare la discussi-one sulla riunificazione europea.D’altro canto, uno degli aspetti principali del deficit demo-cratico dell’UE è proprio la povertà del dibattito sulle no-stre istituzioni e le nostre politiche, e l’allargamento è solouna di queste. L’integrazione europea non è un processofacile, comporta cessione di sovranità e condivisione dioneri. I membri UE più ricchi e con democrazie matureimportano parte dei problemi dei paesi più deboli anchese ne beneficiano in termini di prosperità e sicurezza in

senso lato. Invece i paesi balcanici ancora fuori dall’Unio-ne vivono comunque le conseguenze della dipendenzaeconomica dalla zona euro, come sottolinea Dimitar Be-chev dell’ECFR - European Council on Foreign Relations.E se fino al 2008 erano tutte economie in forte crescita,poi hanno subito duramente le conseguenze della crisi: loshock per il crollo degli investimenti esteri, il ridursi del-l’accesso al credito, la contrazione delle rimesse hannoavuto conseguenze pesanti.La congiuntura economica che viviamo ci schiaccia su di-battiti dal respiro corto ma nei Balcani a pochi sfugge ilparallelismo tra la crisi che oggi vive l’UE e quella che vi-veva la Jugoslavia a cavallo degli anni ‘90. E se qualcosapossiamo apprendere dal passato è che in Europa nes-suno esce da solo dalle crisi e senza rilanciare quel pro-getto comune di cui tanto abbiamo beneficiato fino adoggi. Grazie a “Racconta l’Europa all’Europa”, Osservato-rio Balcani e Caucaso accrescerà il suo sforzo per colma-re il deficit democratico e stimolerà la discussione sull’in-tegrazione europea dei Balcani e della Turchia con ben11 diversi partner, in 4 paesi differenti. Non solo sul webma anche alla radio, nelle aule universitarie, nei corsi diformazione e infine al cinema. Anche grazie al contributodei suoi numerosi lettori, OBC continuerà a lavorare per lacostruzione dell’Europa dei cittadini facendo dialogare emettendo in rete organizzazioni e persone tra le duesponde dell’Adriatico. Perché per tenere vivo il dibattito inEuropa bisogna essere in tanti.l

Luisa Chiodi è direttrice scientifica di Osservatorio Balcani e Caucaso

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 17

“Racconta l’Europa all’Europa” è il titolo del proget-to europeo che vede impegnato Osservatorio Balcani eCaucaso (OBC) per tutto l’anno 2013. Del resto contri-buire al dibattito sull’Europa è uno degli obiettivi di OBCfin dal suo esordio.Inizialmente la ragione d’essere di Osservatorio era quelladi riflettere sulle conseguenze della guerra in Europa e sulsostegno alla ricostruzione dei Balcani. Con il tempo la si-tuazione è gradualmente migliorata e dall’aiuto umanitariosi è passati a discutere di armonizzazione di sistemi giuri-dici e consolidamenti democratici.Il prossimo luglio la Croazia diventerà il 28esimo membrodell’Unione. Ma, a seconda del punto di partenza, negliultimi anni anche gli altri paesi della regione hanno fattopassi avanti nel processo di democratizzazione avendo difronte la prospettiva dell’integrazione europea.Sebbene dominato da questioni economiche e aspettitecnico-legali, il processo di allargamento dell’Unione Eu-

ropea ha avuto un ruolo chiave nel superamento delleguerre degli anni ‘90 e nella stabilizzazione regionale e re-sta un fondamentale orizzonte politico per tutti i Balcani.E ciò non dovrebbe sorprendere perché si tratta ancheper l’Europa sud-orientale di accedere a quel processostorico di superamento della guerra e di costruzione di uncomune spazio politico, da cui è di fatto rimasta esclusafino alla fine degli anni ‘90.Di questa Europa i mezzi di informazione parlano pocose non quando si agitano gli animi per la paura di nuoviflussi migratori o si evidenzia l’instabilità politica che lacaratterizza. Senza dubbio per alcuni paesi balcanici,con economie fragili e amministrazioni soffocate dallacorruzione, l’impegno per accedere all’integrazione euro-pea è ancora molto oneroso. Ma nonostante tutto il processo di armonizzazione lenta-mente prosegue lontano dai riflettori, assistito dalla Dire-zione Generale per l’Allargamento della Commissione

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D

Veduta aerea della città vecchia di Dubrovnik

internazionalizzazione

Luisa Chiodi

16 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

Con questo progetto,l’Osservatorio Balcani e Caucasoconferma il suo impegno nelcontribuire al dibattitosull’integrazione europea deiBalcani e della Turchia.Ricordando che l’allargamento aest dell’UE è stato ed è unostraordinario fenomenogeopolitico per il nostrocontinente.

OBC è un media elettronico e un centro studi che esplora letrasformazioni sociali e politiche nel sud-est Europa, in Tur-chia e nel Caucaso. Si occupa di 26 paesi e regioni, di cui seisono già membri dell’Unione Europea, altri sette hanno in-trapreso il percorso di integrazione e una buona parte èl’Europa post-sovietica oggi coinvolta nella politica di vicina-to di Bruxelles. Attraverso l’interazione tra un gruppo di la-voro con sede a Rovereto (Provincia di Trento) e una rete dioltre 50 corrispondenti e collaboratori locali produce infor-mazione, analisi e ricerca pubblicati quotidianamente sulportale www.balcanicaucaso.org, visitato da oltre 120milalettori ogni mese: docenti e ricercatori; giornalisti; studenti;diplomatici; funzionari di enti locali, regionali e nazionali;policy makers; volontari e professionisti della solidarietà in-ternazionale; operatori economici; cittadini delle diasporedel sud-est Europa e del Caucaso; turisti e viaggiatori. Ac-canto al lavoro di informazione della testata giornalisticaonline, OBC promuove attività di divulgazione e formazio-ne. Tra queste rientrano la produzione di documentari emateriali multimediali, la realizzazione di supporti didattici edi docenze, l’organizzazione e la partecipazione a eventipubblici. Il progetto “Racconta l’Europa all’Europa” è confi-nanziato dalla Commissione Europea - Direzione Generaleper l’Allargamento. È realizzato da OBC - capofila - e nume-rosi partner con sede in Italia, Bulgaria, Slovenia e Spagna.l

Osservatorio Balcani e Caucaso

Raccontal’Europa

all’Europa

di Luisa Chiodi

L’Osservatorio Balcani eCaucaso conferma il suoimpegno nel dibattitosull’integrazione europea dei Balcani. Ricordando che l'allargamento a est dell'UEè stato ed è uno straordinariofenomeno geopolitico per il nostro continente.

Le imprese italiane hanno sempre giocato un ruoloimportante nell’economia russa, con successi e momentidi minore fortuna, ma sempre caratterizzate da costantevivacità. Negli anni novanta, dopo la dissoluzione del-l’URSS, le imprese che nel periodo sovietico avevano giàrealizzato importanti siti produttivi o accordi pluriennali,come ENI o Merloni, sono state un punto di riferimentoper la comunità imprenditoriale italiana. Da rappresentanze che privilegiavano gli aspetti politici edi pubbliche relazioni si è passato velocemente a impreseche dovevano offrire in loco un servizio completo, chiaviin mano. I clienti infatti non potevano più contare sullegrandi trading statali russe, monopoliste nell’importazio-ne, che se da un lato godevano di maggiore autonomia elibertà, dall’altro lato soffrivano di una assoluta mancanzadi esperienza e non avevano le strutture pronte ad affron-tare contratti internazionali. In quel periodo il partner straniero ha rappresentato perl’acquirente russo non solo un fornitore di beni e servizi,ma anche un consulente aziendale fisso per le sceltestrategiche. In questo ambiente di pionierismo capitalisti-co molte imprese italiane hanno saputo capire le prospet-tive di un’economia in radicale trasformazione. Dopo ildecreto di Boris Eltsin dell’aprile 1993, che sanciva il pas-saggio da un’economia pianificata e statalista al diritto al-la proprietà privata, l’era del libero mercato era ufficial-mente iniziata. Questo repentino passaggio certamente creò disorienta-mento e difficoltà, ma al tempo stesso aprì la porta alle sin-gole imprese straniere che potevano agire direttamente sulterritorio. L’Italia, con la grande quantità di piccole e medieimprese altamente qualificate, fu una delle prime nazioniad affacciarsi attivamente a questo nuovo mercato.In breve tempo, a Mosca si formò un gruppo di imprendi-tori e manager italiani che cominciò a riunirsi prima in Am-basciata e nella sede ICE e poi, anche, autonomamente.Così nasce il Gim, Gruppo Imprenditori italiani a Mosca.Una variegata compagine formata da grandi aziende,banche italiane, piccole e medie imprese e singoli opera-tori. Lo scopo principale era quello di orientarsi in unaeconomia in profonda trasformazione e le cui regole era-no poco chiare e che presentava una certa distanza tra laregola scritta e quella d’uso. Già alle prime riunioni del 1994 partecipavano 100 iscrittie il Gim si dotava di uno statuto e regole base per poteressere un riferimento per i connazionali che iniziavanoun’attività. La Russia in quel periodo richiedeva di tutto, dai generi diprima necessità alle tecnologie. Il problema fondamentaleera quello di reperire sufficienti fonti finanziarie in un Pae-se dove il reddito medio procapite era di gran lungo infe-riore a quello europeo. In poco tempo il Gim divenne ilpunto di riferimento dell’imprenditoria italiana. Nel biennio1995-1996 l’economia russa registrò un’impennata im-provvisa, grazie alla facilità di conversione della valuta euna domanda crescente di beni e tecnologie. Le aziendeitaliane che prima erano presenti come pionieri comincia-rono a strutturarsi e ad acquisire una mentalità più adatta

al libero mercato e iniziarono i primi piccoli investimentinel Paese. Ma è con la profonda crisi dell’agosto del1998 e il default dello Stato Russo che il Gim comincia adavere un ruolo di primaria importanza. Molte banche rus-se fallirono e trascinarono con se aziende russe compli-cando la vita ai loro fornitori italiani che si vedevano con-gelati i pagamenti. Gli strascichi di questo periodo, durati almeno due anni,hanno impegnato i dirigenti e gli associati Gim in un’ope-ra di preziosa consulenza e accompagnamento deglioperatori italiani nel disbrigo di situazioni apparentementeirrisolvibili. E si può dire che grazie alla nostra associazio-ne il nostro Paese è uno di quelli che meno ha risentitodel disastro economico creatosi in quegli anni. Avere unpunto di riferimento condiviso e competente fu fonda-mentale per la soluzione delle controversie e in quel pe-riodo si creò un vero e proprio coordinamento tra le pre-senze istituzionali e private italiane in Russia.L’inizio degli anni 2000 segnò una fase all’insegna dellanuova crescita economica grazie soprattutto alla doman-da sempre crescente di materie prime e di energia nelmercato mondiale. La Russia divenne uno dei grandi gio-catori a livello internazionale e iniziarono a costituirsi veri epropri imperi economici. In questa situazione il Gim sistrutturò come figura giuridica non-profit e sostenne coninnumerevoli iniziative la necessità di spingere gli investi-menti nel paese. Nella seconda metà del 2000 gli investimenti italiani di-vennero importanti. Oltre alla presenza storica di Eni e In-desit, arrivarono Enel, Ferrero, Unicredit, Banca Intesa, iproduttori di materiali per l’edilizia e molti altri marchi im-portanti. Oggi la nostra Associazione è ormai una realtàconsolidata e si può considerare quasi imprescindibileper gli operatori che lavorano stabilmente nel Paese. La struttura è dotata di proprio personale per la segrete-ria, i servizi e la comunicazione: dal supporto per i vistid’affari a una rassegna stampa specializzata sui rapportiitalo/russi, a corsi di aggiornamento e promozioni nelleregioni. Al Gim, che ha aperto filiali nei punti principali della Fede-razione Russa, sono iscritte circa duecento imprese cherappresentano oltre il novanta per cento dell’interscambiotra i due Paesi. Questa crescente attività e un ruolo sem-pre più importante nella promozione e difesa degli inte-ressi delle imprese italiane in Russia hanno portato al na-turale rapporto con Confindustria, di cui da anni il Gim eradivenuto socio aggregato. Un anno fa, con la visita del Vice-Presidente EdoardoGarrone, è nata l’idea di unire ancor di più gli sforzi persupportare l’internazionalizzazione delle imprese italianein Russia, tanto da farne un solo brand. Così, dal que-st’anno, il Gim si chiama Confindustria Russia: non soloper usare un nome più familiare, ma soprattutto per crea-re maggiori sinergie con l’associazionismo imprenditorialeitaliano e per avere un peso ancora maggiore in Italia enella Federazione Russa. l

Vittorio Torrembini è presidente di Confindustria RussiaAntonio Piccoli è di direttore di Confindustria Russia

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DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D

Mosca, Cattedrale di San Basilio

internazionalizzazione

L’Aquilotto in Piazza Rossa

18 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

Dal 1993, ilGruppoImprenditoriItaliani aMosca riuniscee assiste leimprese cheoperano sulmercato russo;da quest’anno,il GIM, giàsocioaggregato delsistemaconfederale, èdiventatoConfindustriaRussia.

di Vittorio Torrembinie Antonio Piccoli

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DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER

Omsk, Russia

Ufa, Bashkortostan

Alberto Bagna, Commercial Director, Arinox SpaArinox produce nastro di precisione in acciaio, un prodot-to di nicchia per il quale, fino a cinque anni fa, in Russianon c’era domanda. Ora comincia a muoversi anche ilmercato russo, ma non con la rapidità che ci saremmoaspettati; del resto, in tutti i Paesi dell’Est Europa la curvadei consumi ha registrato un trend meno positivo rispettoalle attese. Lavorare sul mercato russo è complicato: sulnostro prodotto vengono applicati dazi tra il 20 e il 30%,creando una barriera di ingresso scoraggiante e che nonha giustificazioni dal punto di vista della “protezione”dell’industria nazionale, perché in Russia non esistonoimpianti per la produzione di nastri di precisione. La bu-rocrazia è un altro grosso ostacolo, tanto che ai nostriclienti russi vendiamo il prodotto franco fabbrica, ovverosono i clienti stessi che vengono a ritirarsi il materialepresso il nostro stabilimento e che si fanno carico, di con-seguenza, di tutte le pratiche doganali. Noi trattiamo direttamente con grandi gruppi multinazio-nali o con i titolari delle imprese, clienti che abbiamo ac-quisito “sul campo”, solo con le nostre forze. Probabil-mente con il supporto di qualche soggetto istituzionalepotremmo avere, in futuro, una penetrazione maggioresul mercato, sempre tenendo conto della peculiarità delnostro prodotto.l

Aurelio Ferrucci, Executive V.P., Prometheus SrlPrima del crollo del muro di Berlino eravamo una dellepoche società genovesi che avesse contatti con la Russia,dove avevamo sviluppato progetti di nuovi impianti di raf-finazione. Negli anni successivi al crollo del muro, il Paeseera diventato una specie di far west e noi ci siamo rivoltiad altri mercati. Il ritorno di fiamma è dovuto al fatto che, in Russia, l’in-dustria della raffinazione, alla quale è destinato il nostroprodotto (un software a supporto dell’attività di program-mazione e di gestione delle raffinerie di petrolio), è in fa-se di espansione e di riorganizzazione, al contrario diquanto sta accadendo nell’area del Mediterraneo e nelnord Africa, dove è entrata in crisi a seguito della Prima-vera araba. Così abbiamo cominciato a riallacciare i rap-porti con la Russia, ma ci siamo resi conto che per affron-tare questo mercato è necessario strutturarsi sul territo-rio, magari aprire un ufficio a Mosca. Nel frattempo, abbiamo partecipato alla task force Italia-Russia a Ufa, nel corso della quale abbiamo avuto contat-ti interessanti, e stiamo collaborando con una societàisraeliana per presentare un progetto congiunto per laraffineria di Omsk.l

Il tema dell’internazionalizzazione associativa e organiz-zativa, d’altronde, sta assumendo sempre più una valen-za particolare all’interno di Confindustria tanto che il Pre-sidente Squinzi ha ritenuto di farne oggetto di una speci-fica delega affidata a Edoardo Garrone che, con grandeimpegno, ha seguito ogni tappa del nostro progetto, apartire dalla nostra prima Assemblea Generale tenutasi aSofia nel 2010.Ci si può domandare perché uno dei primissimi passicompiuti dal Sistema Confindustria fuori dai confini nazio-nali sia stato rivolto proprio a quest’area. La risposta è semplice: l’imprenditoria italiana possiedegli strumenti per seguire il processo di crescita e sviluppodi questi Paesi cogliendone le opportunità e fornendo alcontempo un know-how che i partner locali hanno già di-mostrato di stimare e apprezzare. L’Italia, con i suoi prodotti e il suo modello industriale,mantiene nei Balcani un’altissima reputazione. L’impresaitaliana in tali contesti nazionali può mirare a un ruolo dileadership economica utile sia allo sviluppo dei Balcani

sia al rilancio economico del nostro Paese. Sono molteinfatti le aziende che, grazie a un’espansione oltre l’Adria-tico, hanno potuto reinvestire in Italia e riguadagnarecompetitività. Parliamo di una regione europea da 50 mi-lioni di consumatori che conosce il prodotto italiano e losceglie, che apprezza la nostra cultura e che comprendele nostre esigenze imprenditoriali. Il tutto a poche ore divolo dalle nostre città. Una linea di internazionalizzazionenon solo appannaggio dei grandi gruppi ma realizzabileanche dalle piccole e medie imprese più determinate. Sitratta, inoltre, di Paesi che hanno avuto una reazione piùelastica alla crisi. Dal punto di vista macroeconomico,seppur non ai ritmi vertiginosi del triennio 2005-2008, tut-ti i mercati dell’area hanno conosciuto una ripresa dellacrescita del PIL. Purtroppo parliamo di mercati le cui potenzialità non sonosempre pienamente rappresentate nel panorama infor-mativo italiano. Eppure nel 2011 l’export italiano verso iBalcani ha raggiunto gli 11 miliardi di euro: più del doppiorispetto a quanto realizzato in India o in Brasile. Tuttavia, tale atteggiamento “diffidente” sta fortementecambiando. Nel corso del nostro road show “ObiettivoBalcani” - organizzato in collaborazione con il gruppoUniCredit capillarmente presente in Europa orientale - ab-biamo visitato numerose associazioni territoriali e settorialidi Confindustria, registrando un interesse fortissimo daparte delle aziende nei confronti dell’area balcanica.Sotto il profilo dei settori interessati, al fianco degli ormaiclassici esempi di investimenti legati al mondo del mani-fatturiero - metalmeccanica e tessile in testa - rileviamouna crescente attenzione da parte del mondo dell’ediliziaper le infrastrutture, dell’energia, dell’agroindustria, dellalogistica e dei servizi. Alla delocalizzazione degli anni ‘90si è andata sostituendo una multilocalizzazione che miraa seguire ed esplorare nuovi mercati che, come quelli bal-canici, sono dei veri e propri hub da cui rivolgersi a realtàeconomiche significative come la Russia e la Turchia. IBalcani si trovano in una posizione centrale rispetto alnuovo sviluppo logistico dell’Europa e saranno attraver-sati dai principali corridoi di trasporto paneuropei. A oggila sfida risiede nella celere realizzazione di queste opereche, purtroppo, appare al momento in ritardo.Un’ultima riflessione: Confindustria Balcani non nasce persottrarre energie all’Italia, nasce per razionalizzare e sup-portare il rafforzamento del sistema industriale italiano inun’area strategica per l’internazionalizzazione. Sentiamospesso emergere voci nel dibattito pubblico che lamenta-no il ritardo dell’Italia sui temi dell’internazionalizzazionesostenendo che “abbiamo perso il treno”. Eppure quellodel Sud Est europeo è un mercato in cui siamo partnerforti e rispettati, in cui siamo presenti in tutti i settori, in cuiabbiamo saputo riproporre con successo la complessitàdel nostro sistema industriale formato sia dai grandi grup-pi sia dal nerbo delle PMI. Un treno sul quale siamo salitipuntuali esiste: quello dei Balcani. L’importante adesso ènon scendere.l

Luigi Salvadori è presidente di Confindustria Balcani

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 23

Confindustria Balcani nasce ufficialmente nel 2010da numerose precedenti esperienze di associazionismoindustriale italiano nel Sud Est Europa - in particolare Con-findustria Bulgaria e Confindustria Romania - che hannoaccompagnato la diffusione delle iniziative imprenditorialinell’area fin dagli anni complessi della transizione dall’eco-nomia pianificata a quella di mercato di questi Paesi. Permolte delle aziende italiane che hanno individuato nei Bal-cani una nuova area di espansione delle proprie attività,l’associazionismo industriale e il Sistema Confindustria,con la sua autorevolezza, sono stati uno strumento irri-nunciabile di rappresentanza e aggregazione prontamenteriprodotto nei nuovi mercati presidiati. L’obiettivo era chia-ro: riunire le aziende, interagire collettivamente con i go-verni, le parti sociali e gli enti locali, socializzare le espe-rienze di successo, trovare soluzioni comuni a problemicomuni, creare strutture snelle e specializzate che aiutas-sero le imprese giorno per giorno. Nel corso del tempo i gruppi di imprenditori attivi nei sin-goli Paesi hanno iniziato a conoscersi, a confrontarsi, e da

questo processo si è sviluppato il progetto ConfindustriaBalcani. L’idea nasce dunque dalla volontà di elaborare unapproccio integrato e omogeneo a quest’area che, con lesue peculiarità nazionali, va certamente affrontata nel suocomplesso, come un mercato unico. Oggi la nostra Fede-razione raggruppa le associazioni industriali italiane ope-ranti in Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Macedonia, Moldova,Romania e Serbia creando un network di più di milleaziende. Nel corso di quest’anno puntiamo all’inclusionein tale network dell’Albania e della Croazia, due mercatitradizionalmente legati all’impresa italiana. Insieme rappre-sentiamo un presidio stabile in realtà strategiche, uno stru-mento di rappresentanza degli interessi delle aziende giàpresenti su questi territori, un ponte per le aziende interes-sate a conoscere questi Paesi e a essere supportate findall’inizio nelle loro operazioni economiche in loco.Il prestigio riconosciuto a Confindustria anche al di fuoridei confini italiani fa sì che le associazioni, operando sottol’egida dell’aquila confederale, si trovino a dialogare conle istituzioni sia locali sia italiane nei Paesi di riferimento.

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D

Palazzo dell’Assemblea Nazionale, Sofia

internazionalizzazione

di Luigi Salvadori

OpportunitàBalcani

22 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

Un’areaeconomica

strategica perl’imprenditoria

italiana al centro dellanuova Europa.

l’Eurozona. I Paesi UE emergenti e quelli Csi risentirannodi un peggioramento della crisi nell’Eurozona, essendogià caratterizzati da diverse instabilità. Nel gruppo deiPaesi UE emergenti alcuni rischi si sono attenuati, adesempio gli elevati deficit di parte corrente, ma sonoemersi nuovi squilibri come l’aumento dei crediti in soffe-renza delle banche e le difficoltà nella gestione dei contipubblici.Nell’area Csi le prospettive sono diverse tra Paesi espor-tatori e importatori di energia. I primi (Kazakistan, Russia)beneficiano degli investimenti dall’estero nei settori petro-

lifero, estrattivo e infrastrutturale; i secondi risentono delladebolezza della domanda estera. Un peggioramento dellacrisi dell’Eurozona ha anche un impatto indiretto, tramite ilrallentamento dell’interscambio con la Russia. In Russia ildisavanzo pubblico non-oil è più che triplicato dall’iniziodella nuova fase di crisi e le riserve petrolifere si sono ri-dotte. L’Ucraina risente di vulnerabilità nelle finanze pub-bliche, a causa di un aumento nella spesa per salari epensioni. La Bielorussia, ancora provata dalla crisi valuta-ria del 2011, dovrà attuare politiche restrittive per ridurrel’elevato tasso di inflazione. Caso a se stante tra i Paesidell’Europa emergente, la Turchia continua a crescere main modo più moderato rispetto all’ultimo biennio (+2,7% inmedia le previsioni per il Pil nel 2012-2013); l’economia èsostenuta dai consumi, con impatti positivi su importazio-ni e investimenti privati.Le esportazioni italiane cresceranno, nel biennio 2012-2013, intorno al 9% in quasi tutti i Paesi dell’Europa emer-gente. Questo risultato sarà confermato anche nel trienniosuccessivo. Le eccezioni sono Bielorussia e Ucraina, chemostrano tassi di variazione più contenuti nel 2012-2013,ma in accelerazione nel 2014-2016. In Polonia e Romaniale nostre esportazioni raggiungeranno livelli molti elevati(rispettivamente intorno a 10 e 7 miliardi di euro in medianel 2012-2013) grazie al buon posizionamento delle im-prese italiane in questi mercati. Cresceranno le vendite inTurchia e Russia (+9,9% e +9,1% rispettivamente nel2012-2013), dato il maggiore dinamismo di queste eco-nomie. Risultati positivi sono previsti anche in Slovacchiae Ungheria.L’importanza dei mercati dell’Europa emergente per l’ex-port italiano continuerà a crescere negli anni successivi. InRussia, Polonia e Turchia le vendite italiane arriveranno, inmedia, a 13 miliardi di euro ciascuno nel periodo 2014-2016. Livelli di vendite elevati erano stati raggiunti già ne-gli anni precedenti la crisi finanziaria internazionale. L’ex-port sarà trainato da grandi progetti di investimento neisettori oil & gas - nel caso della Russia - ma anche dallosviluppo infrastrutturale e dall’interesse per i prodotti italia-ni più tradizionali come alimentari e moda. L’ingresso dellaRussia nella World Trade Organization (Wto), a dicembre2011, ha comportato una riduzione delle restrizioni all’im-port di beni manifatturieri e agricoli. Inoltre i rapporti di col-laborazione tra Pmi russe e italiane si stanno rafforzando.In Polonia circa il 40% delle importazioni di beni è rappre-sentato dall’automotive; l’indotto di questo settore offrediverse opportunità, considerato il favorevole posiziona-mento italiano nel Paese. In Turchia l’export italiano è trai-nato da un incremento dei consumi e della domanda dibeni intermedi. L’Italia è il quarto partner commerciale delPaese. La Romania è una destinazione che sta assumen-do sempre più peso e dove nel triennio 2014-2016 si rag-giungerà quasi 1 miliardo di euro di beni venduti, grazie aopportunità nel settore infrastrutturale (in particolare ma-teriali da costruzione) e nel food processing. In mercaticome Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria ilivelli delle nostre vendite sono più ridotti ma i tassi di cre-scita sostenuti (+8,5% in media nel biennio 2012-2013).l

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 25

Le economie dell’Europa emergente sono sem-pre più legate a quelle dell’Europa avanzata. I sistemibancari sono diventati più integrati, con le banche euro-pee occidentali che controllano oltre l’80% delle banchenell’Europa dell’Est ed erogano finanziamenti, in media,per il 27% del Pil in questi Paesi. È cresciuta la reciprocaimportanza commerciale; le esportazioni dell’Europadell’Est verso l’area euro costituiscono il 15% del Pil del-la regione. È inoltre aumentata la presenza delle cateneproduttive europee, specie nel settore automobilistico.La trasmissione della crisi nell’Eurozona è avvenuta at-

traverso i canali bancario (a causa della riduzione delfunding da parte delle banche controllanti) e commercia-le (minore domanda di importazioni), oltre che per lacontrazione degli investimenti diretti esteri (Ide) dell’areaeuro. Gli afflussi di capitali dall’estero sono negativi nel2012 in quasi tutti i Paesi. Anche i Paesi della Comunitàdegli Stati Indipendenti (Csi) sono legati all’area euro, so-prattutto per vie commerciali. Nonostante una crescitasostenuta dai prezzi delle commodity e la ripresa dellaproduzione agricola in Russia e Bielorussia, l’aggravarsidella crisi ha ridotto le esportazioni di questi Paesi verso

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D

Russia, raccolta di grano

internazionalizzazione

Europaemergente

24 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

Dal Rapporto Export 2012-2016 diSACE, riportiamo il capitolo dedicatoalle relazioni commerciali tra i Paesi

UE e l’Europa dell’Est.

Dal Rapporto Export 2012-2016 diSACE, riportiamo il capitolo dedicatoalle relazioni commerciali tra i Paesi

UE e l’Europa dell’Est.

1964, francobollo stampato in URSS per la mostra dell’industria chimica per l’agricoltura

tuali meno volatili anche alla luce della recente approva-zione in Italia del decreto che regolamenta il settore. Lastruttura finanziaria del Gruppo, estremamente solida e li-quida ha permesso grande flessibilità nel perseguire unpercorso di crescita organico e per acquisizioni sia in Ita-lia che all’estero. Oggi, infatti, attraverso ERG Renew, sia-mo presenti nel mercato eolico di cinque paesi europeicompresa l’Italia dove, a seguito della recente acquisizio-ne degli asset di IP Maestrale Investments Ltd, siamo ilprimo operatore a livello nazionale, con una capacità in-stallata di circa 1.061 MW e fra i primi 10 operatori a livel-lo europeo. Il primo passo verso la diversificazione geo-grafica è avvenuto nel 2007 con l’acquisizione di 5 parchieolici in Francia; oggi siamo presenti nel nord del paesecon 6 parchi, per una capacità complessiva di circa 64MW. La Francia rappresenta un mercato con un elevatopotenziale e con un sistema di incentivazione definito estabile basato sulle tariffe preferenziali: da qui la scelta dimuovere il primo passo verso questo Paese. La recenteoperazione di IP Maestrale, ci ha permesso inoltre di en-trare nel mercato tedesco con un totale di 86 MW instal-lati: anche la Germania, primo mercato eolico a livello eu-ropeo e terzo a livello mondiale, presenta un sistema diincentivazione stabile e definito. La strategia di crescitaall’estero che abbiamo perseguito in questi anni si starealizzando, in particolare nei Paesi dell’est europeo, an-che attraverso LUKERG Renew, Joint-Venture pariteticafra ERG Renew e LUKOIL-Ecoenergo, nata per operarenel mercato delle rinnovabili, in particolare nel settore eo-lico, inizialmente in Bulgaria e Romania e successivamen-te in Ucraina e Russia. Le attività della joint venture hannocondotto, in pochi mesi dalla costituzione della società,all’ingresso prima nel mercato bulgaro attraverso l’acqui-sizione di un parco in esercizio della potenza di 40 MW esuccessivamente nel mercato rumeno con l’acquisizionedi un progetto per la realizzazione di un parco con unacapacità prevista di circa 84 MW, che dovrebbe entrare inoperatività entro la prima metà del 2014. In Bulgaria la risorsa eolica è di elevata qualità ed il siste-ma di incentivazione, per i parchi esistenti, risulta stabile.Con l’Energy from Renewable Sources Act del maggio2011, emendato ad aprile 2012, è stato definito il qua-dro normativo per il sistema di incentivazione. Per i par-chi esistenti è prevista una tariffa costante per 15 anni.Questo si traduce in certezza per gli investitori. Perquanto riguarda la realizzazione di nuovi parchi eolici, lalegge ad oggi non fornisce altrettanti elementi di certez-za sul livello della tariffa, rendendo anche critico il reperi-mento di finanziamenti. Infatti la tariffa per i nuovi parchi,che viene riconosciuta - costante - per i primi 12 anni diesercizio, è definita dal regolatore su base annua e ap-plicata agli impianti in avviamento. Nel caso di progetticon tempi di realizzazione superiori all’anno, non è per-tanto sempre possibile conoscere per tempo il livello ta-riffario che verrà applicato. Proprio in virtù della certezza nel livello dei ricavi per i pri-mi 15 anni di esercizio per i parchi già esistenti, perse-guiamo opportunità “buy”, come avvenuto nel caso della

prima acquisizione di capacità eolica in Bulgaria, oppure“make” di piccola/media taglia, per mantenere i tempi direalizzazione al di sotto di un anno. Il mercato eolico è didimensioni comunque modeste (basti pensare che il Pia-no Nazionale di Sviluppo delle fonti rinnovabili - NREAP-prevede una capacità installata di poco superiore a 1,4GW nel 2020), ma la ricerca di parchi ad elevata ventositàe di buona qualità sono la principale guida per seleziona-re i progetti di interesse. Una delle principali criticità per losviluppo dell’eolico nel Paese è rappresentato dalla situa-zione della rete elettrica, soprattutto in alcune aree, nellequali insiste il maggior numero di progetti, che risulta sot-todimensionata rispetto alla capacità eolica che dovrebbeessere connessa. Pertanto risulta fondamentale, nella fa-se di valutazione dei progetti, un’attenta analisi della si-tuazione della rete nella zona di interesse. Anche la Romania presenta un potenziale eolico moltoelevato, soprattutto nella zona di Dobrogea, sulla costadel Mar Nero, dove si trovano la maggior parte dei pro-getti, e nella zona montagnosa dei Carpazi. Il mercatoeolico ha visto, infatti, una rapida crescita negli ultimi annie soprattutto nel 2012, passando da una capacità pres-soché nulla nel 2009 (14 MW) agli attuali 1,9 GW. In basealle previsioni del NREAP, al 2020 è prevista una capacitàdi 4 GW, che crea opportunità di nuovi investimenti. Adattrarre gli investitori, oltre alla buona ventosità ed all’altopotenziale di crescita, è un sistema di incentivazione cen-trato sui certificati verdi che si è mantenuto, fino a oggi,ben bilanciato. Tuttavia, a partire dall’inizio di quest’anno,l’incertezza sul futuro del sistema di incentivazione è au-mentata, anche a seguito della diffusione, più o meno for-male, di alcune ipotesi di modifica dello stesso. Restainoltre il rischio di mercato relativo all’evoluzione del prez-zo dell’energia elettrica, che rappresenta una delle com-ponenti dei ricavi totali. Il prezzo dei certificati verdi, inve-ce, prevede un cap e un floor - definito in Euro - e indiciz-zato su base annua all’inflazione. Anche in questo caso, esistono criticità legate al sottodi-mensionamento della rete elettrica, soprattutto nelle areea maggior sviluppo eolico. Permane quindi elemento fon-damentale nella valutazione dei progetti, un’attenta analisidella situazione della rete elettrica e della dispacciabilitàdel parco nella zona di interesse.Tenendo conto dell’elevato potenziale, del livello del siste-ma di incentivazione e della gestione dei rischi ad essocorrelati, il mercato eolico rumeno rappresenta un’oppor-tunità di crescita per LUKERG Renew, anche con opzioni“make”. La tempistica di realizzazione risulta elementochiave per garantire un livello di incentivo basato sull’at-tuale normativa/regolamentazione. Recentemente è statoperfezionato il closing dell’acquisizione di una società ti-tolare delle autorizzazioni necessarie per la realizzazionedi un parco eolico nella regione di Tulcea, con capacità dicirca 84 MW, la cui entrata in esercizio è prevista entro laprima metà del 2014.l

Giovanni Mondini è presidente della Sezione Risorse Energetiche di Confindustria Genova e vice presidente Gruppo Erg

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Il trend di sviluppo delle rinnovabili è ormai consoli-dato a livello mondiale, infatti la nuova capacità rinnovabi-le installata nel 2012 in Europa è stata pari al 70% dellanuova capacità elettrica. Nonostante la crisi finanziariaabbia generato pressione sui sistemi di incentivazione econseguentemente sugli operatori più “fragili”, eolico e fo-tovoltaico hanno nuovamente superato il gas naturale e il2012 è stato un anno record per le installazioni eoliche inEuropa, con quasi 12 GW di nuova capacità. L’Europa sipone, pertanto, in una posizione di leadership per lo svi-luppo del settore sia con il pacchetto clima “20-20-20”sia, più recentemente, mediante la Roadmap europea al2050 che delinea uno scenario di sostanziale decarboniz-zazione dell’economia, puntando ad un abbattimento finoall’80% delle emissioni di gas serra. Negli ultimi anni, tut-tavia, stiamo assistendo ad una diversificazione nel trenddi crescita: alcuni mercati più “maturi” stanno rallentandoo consolidando il ritmo di crescita, mentre altri, come Bul-garia e Romania, mostrano elevati trend di sviluppo conuna capacità eolica totale installata passata dai circa 190

MW del 2009 ai quasi 2600 MW del 2012. Questi paesiaffiancano ormai i tradizionali “colossi” dell’eolico (Germa-nia, Spagna, Danimarca): basti infatti pensare che, men-tre i mercati “tradizionali” rappresentavano nel 2000 circal’85% della capacità installata, a fine 2012 la quota erascesa al 32% e molti dei “nuovi” paesi membri dell’UE(Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria Let-tonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slo-venia), che non avevano capacità eolica, oggi rappresen-tano il 18% della capacità installata. Questa importantecrescita è anche il risultato di efficaci sistemi di incentiva-zione, abbinati ad un’elevata qualità della risorsa eolica. Èpertanto verso questi nuovi mercati che ci stiamo mag-giormente orientando, nell’ottica della diversificazionegeografica e della riduzione del rischio normativo. ERG ha saputo cogliere questi segnali e, contestualmen-te alla progressiva riduzione della propria esposizione nel-la raffinazione, pesantemente indebolita dal perduraredella crisi economica, ha focalizzato negli ultimi anni gli in-vestimenti nel mercato eolico che presenta profili reddi-

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER Dinternazionalizzazione

L’energiadei Balcani

26 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

ERG Renew, in joint venturecon LUKOIL Ecoenergo,opera nel mercato dellerinnovabili, in particolare nelsettore eolico, in Romania ein Bulgaria, con prospettivedi crescita in Russia eUcraina.

di Giovanni Mondini

Nel 2006, quando RINA Spa apre la sua prima sede aBucarest, in Romania operavano già molti imprenditoriitaliani (soprattutto grandi gruppi del settore tessile, mani-fatturiero e delle costruzioni) e molti altri ancora erano at-tesi, attirati da un costo della manodopera particolarmen-te conveniente e dalle concrete opportunità di sviluppofavorite anche dagli interventi della Comunità Europea asostegno dell’ingresso del Paese nell’Unione.«Con una presenza consolidata di imprese italiane - ricor-da Alessandro Romei, Country Manager Romania Grup-po RINA - la Romania rappresentava un mercato con in-teressanti prospettive di crescita nel settore della certifica-zione. Così abbiamo fondato RINA Romania, a Bucarest,e poi abbiamo aperto uffici a Costanza, per seguire le atti-vità del comparto navale, e a Timisoara. Nei Balcani sia-mo presenti anche con RINA Bulgaria e RINA Albania».

Nell’arco di questi ultimi cinque anni, osserva Romei, «laRomania si è evoluta moltissimo, perché la delocalizza-zione delle imprese straniere ha significato, per il Paese,cultura industriale, formazione professionale, rinnovo diimpianti e di macchinari, nuovi prodotti, contribuendo co-sì allo sviluppo del tessuto sociale. Ora c’è più trasparen-za, meno burocrazia, le istituzioni locali sono più attente.In generale, il clima è decisamente migliorato e più favo-revole a investimenti stabili. Se la Romania non vuole es-sere più soltanto una “tappa” dove le imprese delocaliz-zano per poi spostarsi ancora più a est, in funzione deiminori costi di produzione, deve insistere su questo per-corso di crescita. Per il Paese oggi è diventato prioritariodotarsi di un’efficiente rete stradale e autostradale, men-tre dal punto di vista del trasporto aereo è decisamenteall’avanguardia: in poco tempo, l’aeroporto di Bucarest è

diventato un hub internazionale strategico».Anche in Romania la crisi globale sta lasciando segniprofondi. «Direi che il peggio lo si è vissuto nel 2009 -continua Romei -, con la bolla immobiliare; le impreseche avevano delocalizzato solo a scopi speculativi sonoscomparse, mentre quelle che avevano un business soli-do hanno tagliato i costi improduttivi e si sono rafforzate.Accanto ai grandi player, tra i nostri connazionali presentiin Romania ci sono tanti piccoli imprenditori, che hannoinvestito con mezzi propri e che sono molto integrati sulterritorio». Oggi il Gruppo RINA conta in Romania un centinaio di di-pendenti, risultato anche di due importanti acquisizioni:Simtex, nel 2011, e Iscir Cert, nel 2012. «Con Simtex -spiega Alessandro Romei - siamo passati da 400 a 4000certificati, e grazie al cross-selling abbiamo integrato i ser-

vizi già forniti da Simtex con quelli innovativi di RINA; Iscirè un ente che si occupa di certificazione e di ispezione diprodotto che abbiamo acquisito partecipando a una garadel Ministero dell’Economia rumeno. Attraverso Iscir RINAha potuto notificarsi per la marcatura CE anche in Roma-nia. Entrambe le operazioni sono avvenute a conclusionedi un’attività di scouting che ha tenuto conto della serietàe della solidità economico-finanziaria dell’azienda, del va-lore del brand e delle capacità del management». Simtex e Iscir Cert hanno sede, con RINA Romania, aBucarest, in un moderno edificio di sei piani, dotato di au-le attrezzate per la formazione. «Per ribadire il legame con il territorio - conclude Romei -,è stato mantenuto lo stesso brand, ma con il personalec’è piena condivisione degli obiettivi e molta voglia di cre-scere ancora».l (P.P.)

internazionalizzazione

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 29

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER D

28 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013

RINARomania

Romania, Bulgaria, Albania: lapresenza di RINA Spa nei Balcani

è capillare e consolidata. InRomania, il mercato è presidiatoda tre società per complessivi

100 addetti. Ne parla AlessandroRomei, Country ManagerRomania Gruppo RINA.

Romania, Bulgaria, Albania: lapresenza di RINA Spa nei Balcani

è capillare e consolidata. InRomania, il mercato è presidiatoda tre società per complessivi

100 addetti. Ne parla AlessandroRomei, Country ManagerRomania Gruppo RINA.

Alessandro Romei

Bucarest, Palazzo del Parlamento

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DuePi Service, fondata una decina di anni fa dall’attualepresidente, Bernardo Porrata, si occupa della progettazio-ne e della produzione di quadri elettrici per l’automazioneindustriale e la distribuzione di energia, fornendo un pro-dotto chiavi in mano, dall’engineering di primo livello almontaggio del quadro finito sull’impianto, collaudo com-preso. «L’idea di una fabbrica in Romania- racconta Porra-ta - è nata nel gennaio 2008, al Country Supplier Day diABB, la giornata di incontro tra tutti i grandi fornitori delGruppo. In quell’occasione, l’amministratore delegato diABB Italia, Hanspeter Faessler, ci parlò dei vantaggi del“cluster” di imprese per affrontare i mercati esteri, presen-tando esperienze positive in tal senso in Tunisia e Bulgaria.La scelta nasce dall’esigenza di ABB Italia, ma anche dellealtre aziende del Gruppo mediterraneo (area MED) di es-sere più competitivi sul mercato e di delocalizzare partedella produzione in un paese “low cost” dell’Est europeo».DuePi Service ed Enerpro (azienda genovese che operanel campo delle energie rinnovabili e già presente in Ro-mania con una sua società) decisero così di realizzarequesto progetto e di costituire, a Bucarest, la DuePi Ser-vice Ro, per rispondere in via primaria, all’esigenza diABB. «Rispetto alle attese - commenta Bernardo Porra-ta -, non tutto è andato proprio come avremmo voluto,complice anche la crisi, che non consente di otteneregrandi risultati, e una burocrazia piuttosto pesante. Inogni caso, il nostro stabilimento in Romania è diventatoun importante “hub” per il Gruppo ABB, in quanto nonsolo l’Italia, ma anche la Svizzera, la Spagna, la Sveziahanno affidato a noi importanti commesse. Inoltre, da cir-ca un anno, forniamo i quadri di bordo macchina alla fin-landese Glaston. Nel complesso, siamo soddisfatti del-l’investimento fatto e ci stiamo impegnando per farlo cre-

scere ancora sul territorio». La produzione di serie dellaDuePi Service è stata così decentrata in Romania, mentrenello stabilimento genovese, oltre a costruire quadri stan-dard, ci si è concentrati sul service e sulla costruzione diquadri elettrici prototipi. «Rispetto all’Italia - aggiunge Por-rata -, uno dei vantaggi per le imprese localizzate in Ro-mania è costituito dai tempi di pagamento: qui si paga re-golarmente, a 30-60 giorni al massimo. Tanto che fino aoggi abbiamo potuto fare a meno del sostegno delle ban-che. Come in Italia, però, l’accesso al credito è molto rigi-do: sbaglia chi pensa che in Romania non ci sia rigore».Alla DuePi Service Ro il personale è tutto rumeno. «Sitratta di operai e di ingegneri specializzati nel settore elet-trico che hanno seguito sei mesi di training in Italia. Que-sto - sottolinea Porrata - per assicurare la massima accu-ratezza nel processo di produzione e, di conseguenza, unalto livello qualitativo dei prodotti. Una parte della produ-zione è destinata al mercato italiano; un’altra parte, inve-ce, viene spedita in Albania, Egitto, Svizzera, Spagna,Finlandia». Per quanto riguarda i “pro” dell’attività impren-ditoriale in Romania, il presidente della DuePi Service neelenca un paio di indubbio interesse: «la fiscalità è chiarae non è così opprimente come quella italiana; il costo del-la manodopera è ancora piuttosto conveniente. Lo svan-taggio - completa il quadro Porrata - è soprattutto di tipologistico, perché occorre prestare particolare attenzionenella movimentazione delle merci, per evitare perdite ditempo e di denaro». L’obiettivo di DuePi Service Ro è consolidarsi sul mercatorumeno e, da lì, rivolgersi ai Paesi confinanti. «La nostraambizione - dichiara Bernardo Porrata - è riuscire ad af-fermarsi in maniera più consistente nell’area russa». Mis-sione difficile, ma non impossibile.l

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DO internazionalizzazione

Bernardo Porrata

Elettronicarumena

Genova Impresa - Marzo / Aprile 2013 31

DuePi Servcie Ro opera inRomania dal 2008 come fornitore

certificato (ISO 9001 e ISO14001) di ABB. Ce ne parla

Bernardo Porrata, presidente di DuePi Service.

neto e in Friuli (ben 9 con russo curricolare). Ventuno so-no le scuole con russo curricolare in tutta Italia, concen-trate nel nord e centro Italia, unica eccezione una scuoladi Alghero, in Sardegna. Tra le scuole aderenti 7 sono nelcentro Italia, 13 nel sud e nelle isole. Segno che anchedove non c’è la lingua russa inserita nel curriculum, c’èugualmente un interesse per la cultura russa, che alimen-ta relazioni di vario tipo. Ad esempio, il “Progetto Russia”,attivo a Taranto dal 2002, riunisce in una propria retescuole di vario tipo, anche elementari e medie, che daben dieci anni coltivano intensi rapporti di scambi e distudenti con la zona nord di Mosca.Importante dal punto di vista economico è notare che inmolti casi l’interesse per la lingua e cultura russa si è svi-luppato da collegamenti imprenditoriali e commerciali,così è stato anche il caso di Genova, dove a metà degli

anni ‘70 il russo al Liceo Grazia Deledda è stato istituito inun corso come seconda lingua straniera (prima è ovvia-mente l’inglese) sulla base dell’economia genovese di al-lora, che aveva tra l’altro poli di evidente interesse indu-striale (Italimpianti) e commerciale/marittimo (Odessa, cit-tà gemellata con Genova, adesso in Ucraina).Negli ultimi anni l’interesse per la cultura e la lingua russanelle scuole ha seguito alcune direttrici turistiche, comenella dorsale adriatica, ma ha toccato anche diversi istitutitecnici. L’Istituto per geometri “Quarenghi” di Bergamo hada diversi anni un attivo contatto con scuole e universitàdi Ekaterinburg, città con la quale peraltro anche Genovaha un gemellaggio attivo, curato dal Comune. Nell’Istitutodi Bergamo il russo non è lingua curricolare, tuttavia lascuola ha aggiunto, con risorse proprie, fornite dagli inte-ressati o da sponsor, dei corsi di russo come lingua a stu-dio facoltativo, proprio per favorire e mantenere questocollegamento.L’auspicio dell’attuale direttore degli Affari Internazionalidel MIUR, Marcello Limina, è che si attuino anche colle-gamenti verticali tra scuole e università o ITS in Italia, escuole e università russe, in modo da sviluppare progettiad alta valenza innovativa interessanti per entrambe leparti, ovviamente con il coinvolgimento di imprese italianee russe. Ciò a dimostrazione che qui non si sta parlandosolo di licei e di lingua russa studiata come letteratura,ma si sta parlando anche di istituti tecnici, perfino indu-striali, dove la lingua russa, studiata tanto o poco, curri-colare o facoltativa, è utilizzata per amicizia come per usitecnici e professionali.Personalmente ritengo che sarebbe importante trovare ilmodo di connettere questo tipo di reti scolastiche, basatesu interessi culturali e linguistici, con reti di scuole italianegià direttamente coinvolte, anche con Confindustria, inprogetti attivi di collaborazione tra scuola e impresa; que-sto potrebbe essere un modo per collegare non solo lascuola italiana all’impresa italiana, ma anche le scuole ita-liane più dinamiche nei rapporti internazionali, e impreseitaliane con scuole e imprese straniere.La Rete nazionale italiana sta progettando un convegnorivolto al mondo dell’impresa e del commercio, nonché alMIUR, per mettere a fuoco le questioni legate all’insegna-mento del russo, nonché allo studio dell’italiano in Russiae del russo in Italia, in una prospettiva di sviluppo delle re-lazioni economiche tra i due Paesi, con l’obiettivo anchedi verificare in che modo possano essere coinvolte leaziende interessate al mercato russo.Nelle scuole italiane spesso la presenza delle lingue stra-niere è legata a problemi di organico degli insegnanti:questo è uno dei fattori che tengono la scuola lontanadalla società. Invece, nelle scuole occorre favorire l’inse-gnamento non solo delle lingue di moda o di quelle piùtradizionali, ma anche di quelle realmente interessanti peril territorio, per stabilire e mantenere rapporti di commer-cio e di impresa, oltre che di amicizia e di cultura.l

Ignazio Venzano è Direttore della Fondazione FULGIS (scuole genovesi Deledda - Duchessa - DIS)

Ci sono mille motivi validi per pensare che l’inglese èormai la lingua di tutto il mondo, senza la quale nessunrapporto internazionale si crea o si alimenta. Ed è certa-mente vero. Tuttavia, nella “sterminata Russia” l’inglesenon è molto coltivato, né nella scuola né nella vita civile. Èun dato di fatto che senza la conoscenza dell’alfabeto ci-rillico è difficile orientarsi nelle metropolitane di Mosca e diSan Pietroburgo, perché mancano le traduzioni in ingle-se, ed è anche sicuro che nelle scuole russe sono ali-mentate un po’ tutte le lingue europee, così come sonoinsegnate anche le lingue asiatiche, in primis il cinese.I motivi della diversificazione linguistica nella FederazioneRussa, grazie alla quale anche l’italiano è molto richiestoe presente più di quanto si pensi, sono molti, e in parteconsiderevole risalgono ancora al periodo sovietico e aperduranti interessi geopolitici. Si tende infatti a privilegia-

re i contatti con i singoli Stati dell’Unione Europea, e, perl’italiano, le relazioni risalgono alle molte e belle cose che iRussi apprezzano della cultura italiana. Non per nulla, co-me si sa, San Pietroburgo si deve in gran parte ad archi-tetti italiani.In Italia, a partire dall’interesse locale, conoscendo l’inte-resse russo per la lingua e cultura italiana, si è costruita,nell’ultimo decennio, una rete nazionale di scuole che allaluce dell’autonomia degli istituti scolastici si è offerta an-che al Ministero dell’Istruzione come struttura di servizioper l’implementazione dei rapporti scolastici e culturali trai due Paesi. La Rete si compone attualmente di 54 scuo-le, di cui 20 licei (linguistici, qualche scientifico), 7 fra liceimusicali e conservatori, 27 istituti turistici e tecnici. Lescuole con insegnamento del russo (non solo quelle ap-partenenti alla Rete) sono concentrate soprattutto nel Ve-

DOSSIER RUSSIA E BALCANI DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER DOSSIER Dinternazionalizzazione

di Ignazio Venzano

A lezione di cirillico

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FULGIS, la Fondazione che riunisce lescuole genovesi Deledda, Duchessa diGalliera e Deledda International School, è capofila della Rete nazionale “IstituzioniScolastiche di Italia e Russia”.

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