dossier olio d0oliova

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XXXXXXXXXA EXXXXX L'olio ha fatto la storia delle civilità mediterranee, trovando nei secoli gli utilizzi più diversi. Oggi che viene principalmente consumato a tavola, cadono molti luoghi comuni sulle sue proprietà nutritive e i suoi effetti sull'organismo. Ma un consumo sempre più elevato e l'apertura a nuovi mercati, ha portato a una smisurata crescita dell'offerta e un crollo dei prezzi all'ingrosso, stimolando così una produzione sempre meno attenta agli standard qualitativi Oro d'oliva MARCO MEROLA ROMA SCIENCEPHOTOLIBRARY

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l'olio ha fatto storia delle civiltà mediterranee, trovando nei secoli gli utilizzi più diversi. intervista all'artigiano dell'olio.

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L'olio ha fatto la storia delle civilità mediterranee, trovando nei secoli gli utilizzi più diversi. Oggi che viene principalmente consumato a tavola, cadono molti luoghi comuni sulle sue proprietà nutritive e i suoi effetti sull'organismo. Ma un consumo sempre più elevato e l'apertura a nuovi mercati, ha portato a una smisurata crescita dell'offerta e un crollo dei prezzi all'ingrosso, stimolando così una produzione sempre meno attenta agli standard qualitativi

Oro d'oliva

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L'ulivo è una pianta molto

antica secondo alcuni sarebbe

esistita già 50mila anni fa

Nelle vene dei pa-esi mediterranei scorre sangue verde, verde come l’olio d’oli-va. La linfa sa-

cra agli dei abita le cucine del sud d’Europa, del Nord-Africa e del Medioriente da millenni, anche se storici e archeologi non hanno potuto, fino a oggi, stabilirne con esattezza il luogo d’origine. Per l’olio si sono combattute bat-taglie campali e consumate ardite imprese di pirateria, prima che diventasse una valuta stabile e apprezzata su tutti i mercati in-ternazionali. Oggi, dunque, è ago della bilancia delle economie dei paesi in via di sviluppo e, soprat-tutto, indice dello stato di salute di popolazioni che grazie alle sue molteplici qualità curative hanno visto crescere la propria aspettati-va di vita.Secondo alcune teorie l’ulivo sareb-be esistito già 12mila anni prima di

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agrIcolTura rISorSe

Cristo ai confini del Sahara e solo dopo sei o sette millenni sarebbe approdato in Siria e Palestina, poi in Grecia. Ma proprio i greci, che in quanto a orgoglio nazionale non sono secondi a nessuno, conserva-no sotto vetro, nell’isola di Creta, una zolla di terreno carbonizzato con all’interno delle foglie di ulivo fossilizzate. Sostengono che pro-venga da Santorini e abbia circa 50mila anni.Riti collettivi, tradizioni, feste e credenze: a memoria d’uomo l’olio è stato sempre presente. Gli atleti vincitori dei giochi panatenaici (se-coli V-IV a.C.) ricevevano in pre-mio anfore ricolme d’olio dell’At-tica. I cristiani adottarono il gesto dell’unzione con olio per devo-zione verso il Cristo, primo “unto del Signore” (christos). Gli egizi lo utilizzavano per lavare la faccia ai morti e farla, così, risplendere di luce propria. I romani ne consu-mavano in gran quantità a tavola o vi si cospargevano il corpo. A fini

L'uso dell'olio è mutato nel corso dei secoli. In Italia

il consumo pro capite, per scopi alimentari, è di circa

12-13 litri all'anno. I nostri antenati però, più che in

cucina, lo utilizzavano per la cura del corpo,

come lubrificante o come combustibile

cosmetici le signore, per meglio af-frontare il nemico e le condizioni avverse dell’arena (freddo, polve-re, pioggia) i lottatori. Anche se non avevano microscopi a scansione elettronica e non sape-vano sequenziare il DNA, queste civiltà percepirono perfettamen-te le potenzialità e la versatilità dell’oro verde. Uno studio condot-to dalla storica dell’Università di Besançon Marie Claire Amouretti (citato nel bel libro Olivi, Oli, Oli-ve di Umberto Mairota e Cosimo Lacirignola), riferisce che i nostri antenati utilizzarono il 54% di que-sto prodotto per la cura del corpo, il 36% per scopi alimentari, il 5% come lubrificante o combustibile e il resto nei riti sacri o in medicina.Oggi questi valori sono sensibil-mente mutati e al primo posto c’è l’olio da tavola. Un bene irri-nunciabile per gli italiani, che ne consumano in media 12-13 litri all’anno a persona. Cioè un litro al mese. Il recente inserimento della cosiddetta "dieta mediterranea" nella lista del patrimonio imma-teriale dell’UNESCO, poi, ha dato definitivamente ragione ai suoi estimatori. Ma l’olio fa davvero così bene?«Se parliamo di olio extravergine di oliva, sì», spiega la dottoressa Sara Farnetti, specialista in Medi-cina interna e nutrizione funzio-nale presso il Policlinico Gemelli

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di Roma, nonché autrice di un li-bro (Alimentazione funzionale e so-vrappeso corporeo, C.E.S.I.) che sfa-ta tanti luoghi comuni sul nettare d’ulivo. «Spremere un frutto che ha dell’acqua all'interno, in questo caso l’oliva, vuol dire ottenerne un succo naturale, buono, sano e dotato di tante qualità nutritive. Spremere semi di girasoli, arachi-di, mais - privi di acqua - compor-ta invece l’utilizzo di solventi chi-mici come nickel e alluminio, che trasformano il 25-45% degli acidi grassi in idrogenati. Questi grassi sono diabetogeni, riducono i livel-li di testosterone e modificano il numero e la costituzione degli adi-pociti (le cellule che accumulano grasso, ndr.)». Tanto per dare un'immagine for-te su cui riflettere, gli americani affetti da gravi forme di obesità, che vediamo spesso nei film e nei telegiornali, sono soliti consumare molti alimenti cotti con olii di semi, come le patatine dei fast food, per

esempio. «L’olio d’oliva, impiega-to a crudo, come condimento», continua la dottoressa Farnetti, «possiede un’azione antiossidante grazie alla vitamina E, ai composti fenolici, agli acidi grassi essenziali e allo squalene, che contrasta l’in-vecchiamento cutaneo. Addirittu-ra, riduce l’assorbimento del co-lesterolo. Inoltre viene dato quasi subito in pasto anche a bambini piccolissimi perché la composizio-ne dei suoi acidi grassi è molto si-mile a quella del latte materno». Un alimento così prodigioso non dovrebbe mai mancare sulle tavo-le, se è vero, come asserito da un gruppo di ricercatori dell’Univer-sità di Monastir, Tunisia, e della King Saud University di Riyadh, Arabia Saudita, che sarebbe per-sino in grado di attenuare gli ef-fetti dei danni al fegato. Eppure talvolta i dietologi, o sedicenti tali, assegnano a qualche malcapitato un barbaro regime restrittivo il cui unico comandamento è No Oil = No

Finché c’è concorrenza c’è vita. Intorno all’olio d’oliva si è sviluppata negli anni una serrata competizione sulla qualità e la quantità che ha coinvolto tutti i maggiori produttori mondiali. Spagna, Italia, Grecia e Tunisia (in ordine di importanza) si sono attestati alla guida della speciale classifica dell’olio prodotto ogni anno e del fatturato generato. Via via gli altri paesi - Francia, Portogallo, Marocco, Algeria, Israele, Siria, Turchia, Libano, Cipro e Libia - von quote di mercato decisamente meno significative. Secondo recenti statistiche, nell’area mediterranea si produce il 79% dell’olio d’oliva mondiale e se ne consuma il 71%. Un dato che dimostra quanto questo alimento sia radicato nella cultura culinaria delle nostre latitudini. La brutta notizia sta nel fatto che sempre meno agricoltori trovano economicamente conveniente lavorare nel settore olivicolo, perché i prezzi della vendita all’ingrosso sono ormai tutt’altro che soddisfacenti. In media si parla di circa due euro al litro, una cifra che lascia margini davvero risicati di guadagno. Il risultato di tale presa di coscienza è stato, dunque, l’apertura di altre vie commerciali. Si è cominciato, cioè, ad aggredire mercati nuovi e più remunerativi aldilà del Mediterraneo. Il Nord Europa, gli USA, il Canada, persino il Giappone. Un’altra importante fetta di mondo che prima era avvezza a burri, margarine e grassi di origine animale che oggi ha spalancato le porte all’olio d’oliva.

un settore a caccia di nuovi mercati

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L'esempio: TerMograMMa dI ParTeNza

TerMograMMa dI uN loTTo orIgINale dI oeVo

TerMograMMa dI uN loTTo NoN coNforMe

carta d'identità: l'alternativa toscana Lo studio calorimetrico delle transizioni di fase (congelamento e successiva fusione) degli oli alimentari ha portato i ricercatori dell’IPCF-CNR di Pisa - in collaborazione con un giovane produttore locale - a proporre una carta d’identità alternativa a quelle che si stanno sviluppando in altri centri del bacino mediterraneo. La “fotografia” identificativa dell’OEVO (Olio Extra Vergine di Oliva) è il termogramma

ottenuto mediante calorimetria con un opportuno protocollo tempo-temperatura. L’analisi permette di stabilire, velocemente e a costi bassissimi, la conformità con l’originale, valorizzando le produzioni italiane. Il consumatore potrà verificare la carta di identità di OEVO su guidaolio.it, dove a breve sarà ampiamente illustrato l’intero sistema.

termogramma di un lotto originale di OEVO

termogramma di un campione di OEVO “dichiarato” imbottigliato dal lotto inizialetermogramma di un campione di OEVO imbottigliato dal lotto iniziale

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Fat. Credendo, in questa manie-ra, di coadiuvare e velocizzare il processo di dimagrimento del pa-ziente. Mossa sbagliata, spiega la Farnetti: «Un pasto senza olio è in assoluto meno buono e meno sa-lutare. Le vitamine A, E e K - con-tenute nella frutta e nella verdura - sono liposolubili, quindi non ven-gono assorbite se mancano i gras-si». Alzi la mano chi non si è mai sentito "consigliare" da un medico l’insalata scondita quale piatto più corretto per contrastare preceden-ti (e reiterati) eccessi alimentari. Magari durante le festività nata-lizie. «Le indicazioni nutrizionali divulgate dai settimanali femmi-nili o dai dietologi sono spesso dannose. Perché senza grassi si mettono a repentaglio l’equilibrio del sistema nervoso, costituito da lipidi, e l’integrità della pelle, che deriva dallo stesso strato cellulare embrionale, l’ectoderma». La dot-toressa ripete a sfinimento queste parole. Ai pazienti, agli studenti e

anche alle ragazze impegnate nella dura selezione di Miss Italia, di cui, da qualche anno, è diventata nume tutelare. Le convinzioni, però, più sono sbagliate più sono dure a morire. Come quella che vuole il fritto un nemico da combattere in ogni modo, soprattutto se si è in sovrappeso. «Il fritto è un tabù anche per chi ha colesterolo alto o problemi con la glicemia. E invece, guarda un po’, l’olio non contiene colesterolo e non fa aumentare la glicemia. Anzi, durante la frittura cede all’alimento la vitamina E. Inoltre, essendo questa una mo-dalità di cottura rapida, conserva molto meglio del forno e della bol-litura le vitamine e i minerali degli alimenti».Il suggerimento di cui far tesoro, dunque, è cucinare seguendo le re-gole della scienza e farlo sceglien-do un olio di buona qualità. La mo-derna giungla rappresentata dagli scaffali dei supermercati però non aiuta. Forse si può distinguere

Usato per friggere l'olio non contiene colesterolo e non fa aumentare la glicemia. Anzi,

dona vitamina E agli alimenti

un olio extravergine d’oliva da un olio di semi. Ma è molto facile che si compri un olio italiano (perché così è riportato sull’etichetta) che italiano non è. Almeno non al 100%. Questo non significa che un olio greco o spagnolo non possano essere all’altezza, ma hanno carat-teristiche diverse da quello di casa nostra, in grado di mutarne il ca-rattere e il sapore. In gergo si par-la di olii blended, mescolati. Non è reato farlo, in certi limiti. Ma è dibattuto se sia reato non pubbli-cizzarlo a dovere. In attesa che il quesito giuridico trovi risposta, la ricerca (compulsata dai produttori locali e, in qualche caso, dai gover-ni) sta imparando come ottenere delle carte d’identità per gli olii in commercio che fughino ogni dub-bio. Ci stanno lavorando l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari e il Centre International de Hau-tes Etudes Agronomiques Medi-

terranéennes di Chania, a Creta.Attraverso appositi test, sono già in grado di determinare la pro-venienza del prodotto. Il suolo e l’ambiente in cui la pianta di ulivo vive lasciano, infatti, delle tracce nelle olive. Naturalmente queste tracce si trasferiscono negli olii. La sfida del futuro è ridurre a zero le frodi alimentari, a tutto vantag-gio dei consumatori. E anche dei produttori piccoli e medi. In Italia, per esempio, i conti non tornano. Produciamo meno olio del fabbi-sogno nazionale, eppure molto di questo rimane invenduto. Il mo-tivo è da ricercare nel complesso mondo delle relazioni diploma-tiche e commerciali, soprattutto con il colosso iberico, che da anni detta i tempi al mercato. Ha rileva-to molte delle nostre etichette più famose e oggi sparge il suo olio do-vunque e comunque. Dunque, sulle nostre tavole, volen-ti o nolenti, finisce molto olio spa-gnolo o ibridato con quello spagno-lo, oppure greco, talvolta tunisino. Talaltra, invece, è un olio di punta, magari pugliese, garantito da una DOP. Come rendersene conto? Guardando il prezzo. Un euro e cinquanta a fronte di sette, otto al litro vorranno pur dire qualcosa. Meglio concedersi il lusso. �

Il suolo e l'ambiente in cui l'ulivo cresce

lasciano tracce nell'olio: identificandole si

stabilisce la provenienza e si combattono le frodi,

sempre più frequenti

alIMeNTazIoNe TraccIaBIlITà

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l'artigiano dell'olio Roberto Passerini, agronomo, oleologo e produttore che punta sull'alta qualità, spiega come si ottiene il meglio da un ulivo. E perché il prezzo conta

«Tutte quelle etichette sembrano fatte per confondere i consumatori! Per questo insieme all'A.I.F.O. (Associazione Italiana Frantoiani Oleari, ndr) stiamo promuovendo una serie di iniziative volte, tra l’altro, a tutelare le produzioni italiane di qualità e a ottenere l'inserimento sull'etichetta della dicitura “prodotto artigianale" per riuscire a distinguerli dai prodotti industriali». A parlare è Roberto Passerini, titolare di La Basentana, azienda agricola che produce olio dal 1870. «Oggi tutti riconoscono a un vino il diritto ad avere un certo prezzo», continua, «ma per l'olio artigianale è la stessa cosa: se scende sotto i 5 o 6 euro a bottiglia, c'è il trucco». Ma come si distingue un olio di qualità? L'ideale sarebbe conoscere il produttore e il suo modo di lavorare, ma non è sempre semplice. Un'alternativa è analizzare con attenzione l'etichetta: di solito l'olio di qualità è prodotto e imbottigliato dalla stessa azienda, o quanto meno deve riportare la dizione "imbottigliato all'origine". e il vostro olio? che innovazioni avente introdotto rispetto alle colture tradizionali? Noi produciamo e coltiviamo le nostre olive in purezza, ogni appezzamento ha una sola varietà, e differenziamo i periodi di raccolta in funzione delle diverse maturazioni. Inoltre, ci occupiamo direttamente di tutta la filiera, dalla cura delle piante fino alla distribuzione dell'olio. Per la raccolta, utilizziamo macchine con ombrello pneumatico che non lasciano cadere le olive al suolo, così non si ossidano in conseguenza di un'ammaccatura e non si mischiano con terra o altri piccoli detriti, come accade con le reti. Inoltre spremiamo a freddo, 19-20 gradi, mentre la legge permetterebbe di arrivare fino a 27: diminuisce la resa, ma migliora la qualità. Si stanno aprendo nuovi mercati, un'azienza come la vostra è interessata all'esportazione? No. Produciamo 10mila litri e li vendiamo nei negozi o nei ristoranti specializzati, quelli che hanno una carta degli olii: non abbiamo bisogno di esportare, puntiamo sull'alto livello della nostra produzione e sulla crescita del consumatore. anche di quello italiano? Certo. Non riesco a capacitarmi del fatto che si spendano 30 euro per l'olio per l'automobile, ma quando si parla di olio alimentare cifre ben più basse sono considerate esagerate. L'olio, quando è buono, fa bene alla salute! D.B.