DONATELLI Estratto Etica Micromega

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I destini dell’etica di Piergiorgio Donatelli Pubblichiamo, preceduto da una presentazione dell’autore, che ringraziamo, un estratto sulla filosofia di Hobbes dell’ultimo libro di Piergiorgio Donatelli (Etica, Einaudi 2015), dedicato al ripercorrimento e alla discussione delle grandi dottrine etiche classiche. Il volume illustra i temi e le concezioni dell’etica attraverso la presentazione dei suoi principali autori classici, da Platone a Nietzsche, introdotti lungo un percorso cronologico che consente di registrare le continuità e le trasformazioni delle diverse categorie filosofiche. Lo scopo è principalmente teorico, ma si è voluto che gli elementi che interrogano la riflessione contemporanea emergessero nel contesto delle opere e del quadro complessivo degli autori classici. Il volume si arresta con l’Ottocento e con Nietzsche, chiaramente non perché Nietzsche sia la conclusione di alcuna vicenda, ma perché con il Novecento, e con gli autori di passaggio tra i due secoli, l’etica comincia a svilupparsi in una rete di programmi filosofici, e non è più possibile descriverla tramite il taglio ricostruttivo per classici con l’esposizione delle visioni complessive che essi stendono. Entriamo gradualmente nel terreno della riflessione attuale, dove è scomparso questo stile di pensiero e dove viceversa possiamo beneficiare proprio del confronto con la lunga tradizione dell’etica dei classici, nella sua diversità e lontananza dallo stile dominante oggi. Contro l’inclinazione dell’etica contemporanea a semplificare lo schema del suo lavoro, una tendenza che fa parte della più complessiva specializzazione dei saperi e del ritagliarsi di microaree nel mare sterminato della ricerca attuale, è salutare tornare ai classici, al loro naturale porsi nella prospettiva più ampia, che in generale include tutti gli aspetti della vita ritenuti rilevanti, e che prende posizione nei confronti della molteplicità dei saperi. In sintesi, i classici ci consegnano materiali tramite i quali interrogare il pensiero contemporaneo e renderlo ai nostri occhi meno sottile, meno sicuro della sua elegante neutralità e autonomia, ritrovando connessioni con grandi momenti della riflessione del passato; inoltre ci insegnano modalità di pensiero che oppongono resistenza all’inclinazione attuale a semplificare e a separare le questioni. Le loro analisi, condotte con grande acutezza e profondità, sono di dettaglio ma disegnano al contempo scene vaste, in cui l’etica risponde ai problemi complessivi della vita umana individuale e associata. Nell’esposizione dei grandi autori, il volume vuole fare emergere differenti dimensioni dell’etica. Le possiamo rapidamente riassumere in alcune tipologie: i modelli (l’etica come sapere pratico, a sua volta inteso come articolazione o fondazione; come modo di vivere; come critica; come autocomprensione riflessiva); le teorie (come l’etica delle virtù, la teoria della legge naturale, il perfezionismo, il razionalismo, il contrattualismo, l’utilitarismo, il sentimentalismo); l’esame della natura dell’etica (il ragionamento pratico; la psicologia morale, in cui spicca il ruolo di sentimenti e ragione; il luogo o la realtà della morale); le nozioni filosofiche centrali (tra cui le virtù, i doveri, i diritti, la coscienza, la libertà ecc.); il rapporto con le altre sfere (tra cui si segnalano politica e religione), i nuclei sostantivi (le tassonomie di virtù e doveri; le concezioni del valore; le loro applicazioni a casi emblematici come, ad esempio, l’integrità fisica, la proprietà, la sessualità).

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Un po' di etica...non fa poi male.....

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  • I destini delletica

    di Piergiorgio Donatelli

    Pubblichiamo, preceduto da una presentazione dellautore, che ringraziamo, un estratto sulla

    filosofia di Hobbes dellultimo libro di Piergiorgio Donatelli (Etica, Einaudi 2015), dedicato al

    ripercorrimento e alla discussione delle grandi dottrine etiche classiche.

    Il volume illustra i temi e le concezioni delletica attraverso la presentazione dei suoi principali

    autori classici, da Platone a Nietzsche, introdotti lungo un percorso cronologico che consente di

    registrare le continuit e le trasformazioni delle diverse categorie filosofiche. Lo scopo

    principalmente teorico, ma si voluto che gli elementi che interrogano la riflessione contemporanea

    emergessero nel contesto delle opere e del quadro complessivo degli autori classici. Il volume si

    arresta con lOttocento e con Nietzsche, chiaramente non perch Nietzsche sia la conclusione di

    alcuna vicenda, ma perch con il Novecento, e con gli autori di passaggio tra i due secoli, letica

    comincia a svilupparsi in una rete di programmi filosofici, e non pi possibile descriverla tramite

    il taglio ricostruttivo per classici con lesposizione delle visioni complessive che essi stendono.

    Entriamo gradualmente nel terreno della riflessione attuale, dove scomparso questo stile di

    pensiero e dove viceversa possiamo beneficiare proprio del confronto con la lunga tradizione

    delletica dei classici, nella sua diversit e lontananza dallo stile dominante oggi.

    Contro linclinazione delletica contemporanea a semplificare lo schema del suo lavoro, una

    tendenza che fa parte della pi complessiva specializzazione dei saperi e del ritagliarsi di microaree

    nel mare sterminato della ricerca attuale, salutare tornare ai classici, al loro naturale porsi nella

    prospettiva pi ampia, che in generale include tutti gli aspetti della vita ritenuti rilevanti, e che

    prende posizione nei confronti della molteplicit dei saperi. In sintesi, i classici ci consegnano

    materiali tramite i quali interrogare il pensiero contemporaneo e renderlo ai nostri occhi meno

    sottile, meno sicuro della sua elegante neutralit e autonomia, ritrovando connessioni con grandi

    momenti della riflessione del passato; inoltre ci insegnano modalit di pensiero che oppongono

    resistenza allinclinazione attuale a semplificare e a separare le questioni. Le loro analisi, condotte

    con grande acutezza e profondit, sono di dettaglio ma disegnano al contempo scene vaste, in cui

    letica risponde ai problemi complessivi della vita umana individuale e associata.

    Nellesposizione dei grandi autori, il volume vuole fare emergere differenti dimensioni delletica.

    Le possiamo rapidamente riassumere in alcune tipologie: i modelli (letica come sapere pratico, a

    sua volta inteso come articolazione o fondazione; come modo di vivere; come critica; come

    autocomprensione riflessiva); le teorie (come letica delle virt, la teoria della legge naturale, il

    perfezionismo, il razionalismo, il contrattualismo, lutilitarismo, il sentimentalismo); lesame della

    natura delletica (il ragionamento pratico; la psicologia morale, in cui spicca il ruolo di sentimenti e

    ragione; il luogo o la realt della morale); le nozioni filosofiche centrali (tra cui le virt, i doveri, i

    diritti, la coscienza, la libert ecc.); il rapporto con le altre sfere (tra cui si segnalano politica e

    religione), i nuclei sostantivi (le tassonomie di virt e doveri; le concezioni del valore; le loro

    applicazioni a casi emblematici come, ad esempio, lintegrit fisica, la propriet, la sessualit).

  • Come si vede, nel presentare questi diversi piani e dimensioni si fa uso di una nozione ampia di

    etica che include sfere (e discipline) che noi siamo abituati a separare, come quelle della moralit in

    senso stretto, del diritto, della politica, della societ, della religione e dellestetica. Ancora una volta

    importante interrogare le scansioni disciplinari attuali con la diversa organizzazione dei saperi nei

    classici e verificare anche in questa prospettiva le linee evolutive. A partire da concezioni come

    quelle di Platone, Aristotele e Tommaso (con il grande salto che questi introduce), le quali facevano

    distinzioni ma erano interessate a tenere unito lintero insieme delle sfere e a inserire letica nella

    pi ampia articolazione del mondo, non solo quello delle attivit degli esseri umani ma il mondo

    intero, il cosmo. E quindi le concezioni della prima modernit che invece cominciano a fare delle

    separazioni; ad esempio sono piuttosto preoccupate a ripensare la religione per ricostruire la fonte

    umana non trascendente delle forme di associazione civile, che sono considerate per al contempo

    morali e politiche. solo con il Settecento che possiamo verificare una separazione di queste ultime

    due sfere.

    Lo scopo principale del volume di presentare i materiali delletica filosofica che troviamo nei suoi

    autori classici, nella loro diversit ed evoluzione, e con ci mostrare anche le differenti concezioni

    di che cosa sia letica, di che cosa essa trovi problematico nella vita umana e nel mondo, prima

    ancora di cercare di offrirne unanalisi e una risposta.

    Dal Capitolo sesto

    1. Hobbes e la crisi della tradizione etica

    La filosofia di Thomas Hobbes (1588-1679) si colloca in unepoca di tumulto delle cose e delle idee

    (le discordie religiose, lopposizione tra Corona e parlamento, la guerra civile, il regicidio di Carlo

    I, il regime di Oliver Cromwell), e deposita alcuni nuclei fondamentali delletica moderna, oltre a

    elaborare un modello preciso che caratterizza limpostazione specifica di questo autore1. La sua

    opera va letta alla luce del primo quadro moderno []. Il grande orizzonte classico (pur nelle sue

    differenze e, in parte, con le grandi eccezioni dello scetticismo e dellepicureismo), presenta i vari

    saperi e letica tra essi come larticolazione riflessiva di un mondo strutturato in vari modi,

    innanzitutto dal finalismo, o da Dio, in ogni caso dalla ragione, un mondo in cui le cose si tengono

    assieme secondo la grande catena degli esseri. Questo tipo di concezione scompare. Hobbes, dopo

    Descartes, vede il mondo dal punto di vista del soggetto individuale e ci muta vertiginosamente il

    quadro. Scompare lidea che ci sia un mondo strutturato e quindi che i saperi siano articolazioni del

    mondo. Il mondo si ritrae dietro ai sensi, che sono le immagini prodotte dal movimento della

    materia sui nostri organi. Ci che conosciamo e ci che troviamo buono e cattivo nelle cose deriva

    dalla nostra reazione soggettiva; comprensibile alla luce della natura umana, non il modo

    1 Per una presentazione complessiva si v. A. Pacchi, Introduzione a Thomas Hobbes, Laterza, Roma-Bari

    1971; Id., Scritti hobbesiani (1978-1990), a cura di A. Lupoli, Franco Angeli, Milano 1998; T. Magri, Saggio

    su Thomas Hobbes. Gli elementi della politica, Il Saggiatore, Milano 1989; Id., Il pensiero politico di

    Hobbes, Laterza, Roma-Bari 1994.

  • adeguato di rispondere alla forma del mondo. Senza il soggetto il mondo non ha una forma propria,

    n conoscitiva n morale.

    Vediamo rapidamente il quadro conoscitivo per esaminare poi la scena morale, e prendiamo in

    considerazione gli Elementi di legge naturale e politica (terminato nel 1640 e pubblicato nel 1650:

    di cui si v. i capp. 1-6) e il Leviatano (1651, di cui si v. i capp. 1-5). Una prima fonte di conoscenza

    lesperienza che costituita dalla memoria di varie immagini e dellordine in cui si sono

    presentate: da essa non possiamo derivare conclusioni universali ma congetture. Cos congetturiamo

    che il sole sorge il mattino, ma non possiamo affermare che ci accadr n domani n in futuro.

    Come scrive nel Leviatano, il futuro una pura finzione della mente che attribuisce alle azioni

    presenti la successione delle azioni passate (I, 3, p. 23), che una tesi che rompe in modo radicale

    con lidea finalistica secondo la quale il futuro inscritto nellessenza delle cose. Ma in Hobbes il

    futuro, delle cose e delle azioni umane, non esiste proprio perch non inscritto da nessuna parte se

    non nellaspettativa individuale. Che le cose seguano un certo ordine, una certa tendenza, che

    lespressione usata da Hobbes, dipende dalle nostre aspettative: non c nessun ordine l fuori. Non

    solo non c un ordine inscritto nella natura delle cose, ma le immagini in cui accumuliamo

    esperienza possono essere false, come succede con le illusioni ottiche e con i sogni, i quali sorgono

    dal movimento interno degli organi e non dal movimento esterno della materia, o con le visioni da

    cui derivano le credenze in fate, spettri e streghe. Il correttivo in questo caso possono essere solo i

    sensi stessi: linganno dei sensi corretto dai sensi (I, 2, Elementi, p. 19).

    Cos lordine dei pensieri, che Hobbes chiama discorso, pu essere prodotto dal ripetersi nella

    mente dellordine con cui vi si sono depositate le immagini, o da ci che la mente ha ricomposto a

    partire dallordine originario, oppure pu essere guidato dallindividuo stesso avendo di mira uno

    scopo, un disegno. La conoscenza e la deliberazione pratica hanno origine da questultimo tipo di

    discorso, mentre i primi due sono tipici delle persone che mancano di preoccupazioni e di

    compagnia e che vivono nellozio. Hobbes inscrive perci la conoscenza nelle preoccupazioni

    pratiche, che egli distingue nellinteresse a escogitare le cause che producono leffetto desiderato e

    nellinteresse (tipico della ricerca e della sagacia) a scoprire gli effetti di una qualunque cosa,

    immaginando di possederla e di utilizzarla per degli scopi. Come si vede, la concezione hobbesiana

    della conoscenza rovescia il quadro classico: essa non si deve elevare a cogliere un ordine superiore

    in cui sono inseriti gli esseri umani ma invece il risultato dellinteresse pratico degli individui. Il

    collegamento con le arti cruciale nella cultura greca ma in quel caso si trattava di immaginare

    lordine del mondo sul modello della produzione tecnica, non di ridurre la conoscenza a ci che

    serve alle tecniche. Il mondo di Hobbes un mondo di persone occupate, attese alle preoccupazioni

    e ai bisogni della vita. Come scrive nel De homine (1658): Le occupazioni sono una buona cosa:

    costituiscono infatti il movimento della vita (XI, 11, p. 123).

    Un passo successivo nella conoscenza si ottiene con il linguaggio. Il linguaggio ci consente di

    registrare i nostri pensieri e la loro connessione, di fare calcoli e di parlare di verit e falsit e da

    esso ha origine la scienza, che Hobbes distingue in due tipi, a posteriori e a priori. La prima risale

    dagli effetti alle cause, e non propriamente scienza ma cognizione: il suo sapere solo probabile

    (Tractatus opticus, p. 147) e concerne la natura fisica. La seconda discende dalle cause agli effetti,

    ed invece in nostro pieno possesso perch riguarda ci che abbiamo costruito noi stessi. Hobbes

    colloca come modello di questo secondo tipo di conoscenza, che la scienza in senso proprio, la

    geometria, in cui siamo noi a tracciare le figure e a conoscerne le propriet, perci qui la

  • conoscenza pienamente dimostrabile (De homine, X, 5, pp. 113-114)2. Il linguaggio allorigine

    anche della possibilit della convivenza civile, oltre che della scienza, e pi in generale delle arti,

    dellindustriosit, del divertimento, della letteratura, nonch della possibilit stessa di trasmettere

    tutto ci tramite linsegnamento. Tuttavia il linguaggio soggetto anche agli abusi che hanno

    origine nellincostanza del significato delle parole, nelle metafore e in tutti quegli usi in cui il

    linguaggio impiegato per ingannare e danneggiarsi reciprocamente (Leviatano, I, 4, pp. 26-27).

    Anche qui troviamo un rovesciamento del quadro tradizionale. Hobbes acquisisce dalla scienza

    moderna limportanza delle definizioni precise e del metodo con cui operiamo sulle parole e sui

    segni e usa le possibilit che si aprono alla scienza per mostrare la natura ambivalente del

    linguaggio. Proprio nel confronto con la scienza e con il suo metodo possiamo comprendere come il

    linguaggio naturale degli esseri umani possa portarli a conoscere le cose e alla convivenza civile

    nello stato, ma sia anche allorigine dellinganno e della mistificazione. Perci, rispetto alla mera

    fiducia nei libri, alle invenzioni prive di senso degli scolastici (contro i quali Hobbes torna molte

    volte in modo sarcastico), agli inganni del linguaggio, sono preferibili lesperienza e la prudenza

    naturale, quelle che troviamo nel modo in cui conduciamo le nostre vite e i nostri affari privati. I

    motivi che ci mettono in guardia per non essere raggirati, le occupazioni della vita ordinaria, la vita

    comune, costituiscono una dimensione che valorizzata rispetto alle sofisticherie che ci appaiono

    sapienti e alte e che invece non contengono nulla. Vi qui una fiducia nel linguaggio a patto che sia

    controllato a priori, con definizioni precise, mentre il suo uso naturale destinato a essere oggetto

    di abusi a meno che non sia controllato dallinteresse immediato, guidato dalle occupazioni legate

    alla vita. Si comprende bene, quindi, come il modello della scienza moderna aiuti Hobbes a

    screditare il linguaggio ordinario staccato dagli usi plasmati dalle occupazioni e dagli interessi

    pratici. Il linguaggio stesso perde perci la caratteristica di articolare il mondo: esso uno

    strumento tanto migliore quanto pi controllato dagli interessi umani e dal metodo3.

    Esaminiamo ora la deliberazione pratica (Elementi, cap. 7; Leviatano, cap. 6). In modo analogo ai

    sensi su cui basiamo la conoscenza del mondo, il movimento della materia arrivando ai sensi, dove

    percepito come odore, colore ecc., procede fino al cuore e incontra il movimento vitale che pu

    assecondare o contrastare. Il piacere la sensazione di qualcosa che favorisce il moto vitale interno

    e il dolore qualcosa che vi si oppone. Il moto vitale risponde a questa sollecitazione cercando ci

    che lo asseconda e respingendo ci che lo contrasta, desiderando il piacere e avversando il dolore.

    Tali movimenti, che Hobbes colloca sotto il concetto di conato, sono lappetito o desiderio e

    lavversione. Il bene e il male sono interamente ricondotti a questi moti naturali di desiderio e di

    avversione, in accordo con la ripresa dei temi epicurei nella cultura europea dellepoca da parte di

    2 La concezione hobbesiana della scienza complessa e muta nelle diverse opere. tra laltro il frutto della sua rielaborazioni dei risultati delle scienze dellepoca, tra cui le teorie di Galileo, e dellopera di Francis Bacon ma anche di Descartes. Si v. T. Sorell, Hobbes, Routledge, London 1986; Hobbess Scheme of the Sciences, in Id. (a cura di), The Cambridge Companion to Hobbes, Cambridge University Press, Cambridge

    1996, pp. 45-61. 3 In questa luce, sebbene vi sia unimportante valorizzazione dal basso della vita comune, su cui torneremo, il modello scientifico-filosofico quello del controllo dallalto. Si v. A.G. Gargani, Hobbes e la scienza, Einaudi, Torino 1971. Sullo stesso tema, si v. Q. Skinner, Reason and Rhetoric in the Philosophy of Hobbes,

    Cambridge University Press, Cambridge 1996, dove la tesi argomentata relativamente al rapporto di

    Hobbes con la tradizione umanistica, di cui si segue levoluzione nellarco dei sui scritti. Il lavoro di Skinner anche utile per spiegare il cambio radicale di stile da un autore come Grozio a Hobbes.

  • Gassendi. Cos Hobbes sostiene: Qualunque sia loggetto dellappetito o del desiderio di una

    persona, per sua parte lo chiama buono e chiama cattivo loggetto del suo odio e della sua

    avversione (Leviatano, I, 6, p. 43). Il bene e il male in questo quadro indicano movimenti degli

    organi vitali e non hanno nessuna capacit di articolare un mondo comune. Il bene [] si dice

    relativamente alla persona, al luogo, al tempo (De homine, XI, 4, p. 119). Il bene si differenzia

    inoltre rispetto alla distanza temporale in relazione al desiderio: se considerato e contemplato alla

    luce della sua desiderabilit chiamato bello; se goduto gradevole o piacevole; se mezzo per

    ottenere qualcosaltro utile. Le passioni sono specificazioni del desiderio e dellavversione in

    relazione alle varie circostanze.

    La deliberazione consiste nellalternanza di appetiti e avversioni, e delle varie passioni in cui

    prendono forma (speranza, paura, benevolenza, gloria ecc.), in relazione alle conseguenze che

    immaginiamo derivino dallazione sotto esame. Lintera somma dei desideri, delle avversioni,

    delle speranze e dei timori, protratti fino al momento in cui lazione venga compiuta, o ritenuta

    impossibile, ci che chiamiamo deliberazione (Leviatano, I, 6, p. 48). La volont lultimo

    appetito o avversione che precede immediatamente lazione o la sua omissione e mette fine alla

    libert che avevamo di fare o di non fare (I, 6, p. 49). Anche qui rimarchevole la distanza rispetto

    al quadro tradizionale. Come abbiamo visto, la deliberazione considerata come una catena di

    ragioni in relazione allagire, nei modi diversi in cui ci spiegato da Platone, Aristotele e

    Tommaso. La deliberazione indica ci che abbiamo ragione di scegliere, plasmata dal fine proprio

    degli esseri umani nelle circostanze in oggetto: mentre qui si tratta di un processo contingente di

    passioni. Hobbes assegna uno spazio alla ragione, che pu intervenire in questo processo mettendo

    in luce la catena di conseguenze e coadiuvando lappetito e lavversione con lindicazione dei loro

    diversi effetti. La ragione si affaccia qui (in modo del tutto inedito se confrontata con la tradizione)

    come una risorsa esterna al meccanismo appetitivo che in quanto tale passionale e autonomo.

    2. Fondare la morale

    Abbiamo offerto una considerazione di insieme del quadro filosofico hobbesiano: con Hobbes

    scompare lidea che la scienza e letica offrano articolazioni del mondo. Entra invece in scena

    lindividuo soggettivo che si fa immagini e previsioni circa il mondo e le proprie azioni, che sono

    tanto pi precise quanto pi riguardano oggetti creati da lui stesso, come la geometria, a cui Hobbes

    accosta non a caso la politica e cio lintero regno della convivenza civile. Ma in Hobbes si sente

    per intero il peso della scomparsa del quadro tradizionale. Lindividuo che prende la scena sembra

    infatti un soggetto diviso: in grado di spingersi fino al linguaggio e ai saperi astratti che offrono

    verit universali (teoremi), ma questa anche la strada che lo porta alle confusioni e agli inganni

    della scolastica, agli abusi di preti e predicatori che scambiano i loro sogni per visioni, al potere

    delleloquenza che d nomi diversi alle cose a seconda della propria approvazione: si danno nomi

    diversi ad una sola e medesima cosa per la differenza delle passioni individuali, in quanto chi

    approva unopinione privata la chiama opinione, ma chi la disapprova, la chiama eresia (I, 11, p.

    82) una tesi che, se da una parte torna alle critiche dei classici contro luso irresponsabile della

    retorica, dallaltra formula un attacco agli usi emotivi del linguaggio (alle definizioni emotive, nel

    lessico novecentesco di Charles Stevenson). Inoltre, la deliberazione pratica, svuotata di una logica

  • propria, messa al servizio di qualsiasi appetito e in quanto tale non in grado di proporsi un bene

    comune, cosicch la particolare natura passionale che Hobbes attribuisce allindividuo umano lo

    rende inadatto alla vita sociale e lo spinge invece allo stato di paura e aggressivit e in fine alla

    guerra di tutti contro tutti, come vedremo. Rispetto a questi esiti, Hobbes mette in luce al contrario i

    meriti delle piccole qualit umane, quelle che sono pi in continuit con gli animali, come la

    prudenza naturale, la ragione che chiamata in causa negli affari e nelle occupazioni personali,

    lesperienza e non la scienza.

    Il ritrarsi del mondo ordinato e strutturato da fini, gerarchie e virt, e lemergere di un soggetto che

    fa da s con poche risorse lasciano quindi sulla scena un individuo che ha bisogno di costruire il

    proprio mondo sociale e culturale. Lesperienza e la prudenza naturale non bastano a farlo fiorire

    nelle arti e nella vita sociale ed equivalgono a una rinuncia alle ambizioni della scienza e della vita

    sociale su larga scala come quella degli stati. Daltro canto, la scienza e letica non sono sfere che

    gli appartengono naturalmente cos come appartengono allessere umano descritto dalla tradizione

    filosofica precedente. Hobbes vede perci la filosofia come unimpresa di fondazione della scienza

    e delletica. Attenendoci al campo delletica, si tratta di fondare letica su basi diverse, che sono

    quelle che caratterizzano la natura umana. Come egli scrive alla fine del Leviatano in un passo che

    potremo comprendere a pieno solo pi avanti:

    fondo il diritto civile dei sovrani, e al tempo stesso il dovere e la libert dei sudditi, sulle

    inclinazioni naturali dellumanit, che sono note, e sugli articoli della legge di natura, di cui

    nessun uomo, che pretenda di avere la sola ragione bastante al governo della propria famiglia,

    dovrebbe essere ignorante (Concl., p. 576).

    Quindi la dimensione politica, che come vedremo coincide con la sfera etica, fondata sulle

    inclinazioni umane e sulluso della ragione. Lidea della fondazione una novit importante e

    caratterizza in modi diversi le differenti impostazioni etiche moderne. Platone, Aristotele, gli stoici

    e Tommaso non fondavano letica su qualcosaltro: per essi letica articolava un mondo. Gli esseri

    umani esaminati nella giusta luce (alla luce delle idee, delle loro essenze, dei fini loro propri)

    rivelano lo spazio delletica4. Con Hobbes, invece, ci che gli esseri umani sono appare come un

    materiale da impiegare per fondare qualcosa di diverso, per fondare uno spazio di vita e di ragioni

    che non inscritto dentro ci che gli esseri umani sono, uno spazio artificiale5.

    Il modo in cui Hobbes svolge il progetto di fondazione della vita civile (morale e politica) il

    seguente. Egli parte descrivendo quello che chiama lo stato di natura, la condizione che caratterizza

    gli esseri umani privi del linguaggio e delle regole che consentono di parlare di giustizia, obbligo e

    4 Per la separazione netta tra i moderni e la tradizione antico-medioevale in questi termini si v. A. MacIntyre,

    Dopo la virt cit. Non invece di pertinenza di questo volume la tesi sostantiva dellautore che considera fallimentari i progetti fondativi moderni. Si v. anche N. Malcolm, Hobbes and Spinoza, in J.H. Burns e M.

    Goldie (a cura di), The Cambridge History of Political Thought 1450-1700, Cambridge University Press,

    Cambridge 1991, pp. 530-557. 5 Questo carattere artificialista stato interpretato come una forma di costruttivismo razionalista, che si

    propone di edificare ex novo la societ, da F.A. von Hayek, Legge, legislazione e libert. Critica

    delleconomia pianificata (1973-1979), Il Saggiatore, Milano 2010 (ad es. pp. 16-17). Enfatizza laspetto di meccanizzazione positivista dello stato C. Schmitt, Scritti su Thomas Hobbes, a cura di C. Galli, Giuffr,

    Milano 1986. In questa linea anche J. Habermas, Prassi politica e teoria critica della societ (1963), Il

    Mulino, Bologna 1973. In questo capitolo mostreremo al contrario gli elementi naturalistici, che convivono

    tuttavia con lesigenza di costruzione e di controllo artificiale.

  • virt, priva di una vita etica e politica piena. Sono gli esseri umani coevi a Hobbes, appartenenti a

    societ selvagge come gli indigeni dellAmerica, o nel passato le popolazioni germaniche prima

    della conquista romana, o ancora le societ che hanno perso la coesione sociale, societ in guerra

    civile (come quella inglese nel Seicento). Ma anche lo stato in cui si trovano tra di loro le nazioni

    indipendenti, ed la stessa condizione umana nelle nazioni civili, dove lo strato antropologico

    originario fa sentire la sua voce quando sbarriamo le porte di casa la notte, chiudiamo a chiave i

    forzieri o intraprendiamo un viaggio ben accompagnati, vale a dire quando diffidiamo degli altri nel

    contesto di una societ civile (Leviatano, I, 13, pp. 102-103; Elementi, XIV, 12, pp. 113-114, De

    cive [1642], I, 2 nota, pp. 80-81). Hobbes descrive perci una condizione umana che pu essere

    ritrovata in queste diverse situazioni, che sono certamente umane ma che sono prive della vita etica

    e politica, e si impegna a fondare e quindi a giustificare una societ civile, dove abbiano un posto i

    concetti di giustizia, di virt e di obbligo. Il meccanismo di fondazione quello del contratto:

    unimmagine fondativa che ha avuto molta fortuna nella tradizione etico-politica successiva fino ai

    nostri giorni6. Come si vede, si tratta di un progetto del tutto nuovo se confrontato con la tradizione

    etica fino a Tommaso, anche se si inscrive nella tradizione filosofica moderna aperta da Grozio.

    Nella tradizione classica la descrizione degli esseri umani illustrava al contempo le virt e la vita

    etica. Con Hobbes invece limpresa filosofica si divide in due parti. La descrizione di ci che gli

    esseri umani sono consegna una base antropologica che richiede una costruzione della vita etica e

    politica che si situa su di un altro piano.

    Piergiorgio Donatelli ordinario di Filosofia morale presso la Facolt di Lettere e filosofia della

    Sapienza Universit di Roma. Dirige la rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica / Philosophy

    and Public Discussion (Il Mulino). Tra le sue pubblicazioni: Etica analitica. Analisi, teorie,

    applicazioni (con E. Lecaldano, LED, 1996); Wittgenstein e letica (Laterza, 1998); La filosofia

    morale (Laterza, 2001, II ed. 2012); Introduzione a Mill (Laterza, 2007); La vita umana in prima

    persona (Laterza, 2012); Manieres dtre humain. Une autre philosophie morale (Vrin, 2015);

    6 anche una nozione che va distinta dagli usi precedenti nella cultura giuridica medioevale. Si v. G. Duso

    (a cura di), Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, Franco Angeli, Milano 1993; Id. (a cura di),

    Contratto sociale, Laterza, Roma-Bari 2005, con il saggio introduttivo Le dottrine del contratto sociale e la

    nascita dei concetti politici moderni, pp. VII-XXXVII.