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Realizzare la Costituzione!

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La Costituzione italiana nata dalla Resistenza non è solo una delle più avanzate delmondo. Quel ‘patto giurato fra uomini liberi’ costituisce un programma politico distringente attualità. Ma ‘realizzare la Costituzione’ implica contrastare l’azione dichi vuole svuotarla e stravolgerla, individuare con chiarezza il campo degli

avversari (il governo Lettalfano e il suo Lord Protettore che siede al Quirinale),favorendo una politica unitaria che sappia allo stesso tempo essere profondamentedivisiva (ovvero all’insegna del più schietto ‘o di qua, o di là’).

di Paolo Flores d'Arcais, da MicroMega 7/2013

La Costituzione è la nostra rivoluzione

Realizzare la Costituzione costituisce un programma politico più che mai attuale eassolutamente moderato, perché semplice e dovuta applicazione del pattofondamentale che rende tutti gli italiani con-cittadini, ma insieme assolutamenteradicale, per i contenuti della Carta e per il sistematico tradimento che ne haperpetrato l’egemonia democristiana prima, quella craxiana poi e infine il ventennio del regime berlusconiano e dell’inciucio (da ultimo pudicamente eoscenamente ribattezzato «larghe intese»).

Può essere eccessivo considerare la nostra Costituzione «la migliore del mondo»,

ma certamente è una delle più coerenti con i valori della moderna democrazia, cheda oltre due secoli suonano «libertà, eguaglianza, fratellanza» e ancora prima«diritto al perseguimento della felicità». La Carta che ha fra i suoi autoriCalamandrei, Terracini e De Gasperi, fonda la Repubblica e il suo caratteredemocratico sul lavoro. Non come generico e innocuo richiamo retorico, ma comediritto che deve essere reso effettivo (art. 4). Addirittura «è compito dellaRepubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando difatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo dellapersona umana» (art. 3), impegno anch’esso niente affatto generico bensìtassativo per tutti i governi (che altrimenti diventerebbero estranei e nemici dellaRepubblica), al punto che l’art. 36 specifica certosinamente che «il lavoratore hadiritto a una retribuzione … sufficiente ad assicurare a sé e alla famigliaun’esistenza libera e dignitosa». A sé e alla famiglia, con un solo salario, dunque!Ogni salario che non lo garantisca è anticostituzionale, mentre gli articoli 1 e 4stabiliscono l’ostilità alla Repubblica di ogni politica che non abbia al primo postola scomparsa della disoccupazione. Di più: «a parità di lavoro» alle donne devonoessere garantite «le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore», dunque il 20%

in meno che oggi è la media statistica è anticostituzionale e andrebbe sanzionatopesantemente per legge, mentre «il dovere di assicurare alla madre e al bambinouna speciale adeguata protezione» mette contro la Costituzione ogni politica chenon assicuri a tutti gli asili nido.

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Di conseguenza, e coerentemente, la nostra Costituzione rifiuta che l’iniziativaeconomica privata sia libera nel senso di Marchionne e di gran parte degli attualipadroni, poiché stabilisce bensì che «l’iniziativa economica privata è libera» manel senso inderogabile che «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o inmodo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41).Dove «utilità sociale», o «danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana»,non costituiscono, abbiamo visto, vaghe petizioni di principio, ma si sostanzianocon puntuali obblighi di giustizia ed eguaglianza anche materiali. Del resto, èsignificativo che nel nostro ordinamento repubblicano «i beni economiciappartengono allo Stato, ad enti o a privati», dove i «privati» vengono buon ultimie la legge «determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti [della proprietàprivata] allo scopo di assicurarne la funzione sociale» (art. 42). La funzione socialeè dunque la stella polare cui deve subordinarsi senza se e senza ma la funzione delprofitto. Tanto è vero che «ai fini di utilità generale la legge può riservareoriginariamente o trasferire mediante esproprio e salvo indennizzo … imprese ocategorie di imprese» (art. 43), dove va sottolineato come l’indennizzo non siaaffatto riferito al valore di mercato delle aziende ma ai «fini di utilità generale»,mentre la lista delle intere «categorie di imprese» (che possono essere date inproprietà/gestione a «comunità di lavoratori o di utenti») è vastissima perché vaga, e questa volta volutamente vaga: che «abbiano carattere di preminenteinteresse generale». Il diritto alla cogestione dei lavoratori è infine ribadito in unarticolo specifico, il 46.

Citeremo infine en passant l’art. 33, che con una chiarezza tanto adamantinaquanto calpestata consente scuole private ma «senza oneri per lo Stato», doveonere è inequivoco e onnicomprensivo, poiché implica qualsiasi «peso» per lacollettività, diretto e indiretto (agli alunni, ai professori, ai benefattori, all’edilizia,

ecc., delle scuole private), per erogazione di fondi o mancato introito daagevolazione fiscale. E l’art. 11 che ripudia la guerra non solo come «strumento dioffesa alla libertà degli altri popoli» ma anche «come mezzo di risoluzione dellecontroversie internazionali». È invece necessaria una citazione estesa dell’art. 10,che garantisce il «diritto d’asilo nel territorio della Repubblica» a qualsiasi«straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertàdemocratiche garantite dalla Costituzione italiana». Potremmo continuare.

Questo è il «patto giurato fra uomini liberi», la Costituzione nata dalla Resistenzaantifascista, il vincolo di diritti/doveri che ci tiene insieme in una civile convivenzademocratica. Una Costituzione che grida «giustizia e libertà» da ogni suo articolo(tranne lo sciagurato numero 7). Perché costituisca un programma politico distringente attualità è evidente: perché la storia della nostra Repubblica, a partiredal 1948, è la storia di una «Costituzione materiale» che non si limita a nonattuare la Costituzione scritta, ma positivamente cerca ogni giorno, nell’azione digoverno, di aggirarla, amputarla, negarla. Fino a che l’establishment dell’intrecciopolitico-affaristico, che ha sempre avuto la Costituzione «a gran dispitto», ha

ritenuto di poter gettare anche la maschera dell’ipocrisia (un omaggio che il viziopaga alla virtù, secondo la massima di François de La Rochefoucauld) e aggredirela Costituzione apertamente, portando a compimento la rivoluzione del craxismo- berlusconismo: «porco è bello!».

Senza rinunciare all’ipocrisia, sia chiaro, visto che la contro-riforma vienepresentata con le allettanti grazie della riduzione del numero dei parlamentari e lafine del bicameralismo, per meglio veicolare le misure autoritarie, le picconate alla«balance des pouvoirs», il tracollo dei controlli di legalità sui politici, checostituiscono l’unica motivazione autentica di questi spurghi di inciucio contro laCarta nata dalla Resistenza. È infatti diventato ormai intollerabile per il kombinatdominante partitocratico-finanziario (non scevro da ingredienti mafiosi) che innome della Costituzione i tribunali possano dare ragione alla Fiom e ai diritti deilavoratori metalmeccanici contro le pretese di sovranità padronale allaMarchionne, ad esempio. Ed evidentemente non basta neppure più una CorteCostituzionale largamente addomesticata ma non completamente, pronta ademanare la «sentenza già scritta» (così Zagrebelsky, ex Presidente della Corte)

nella diatriba di Napolitano contro la Procura di Palermo, ma ancora renitente adadeguarsi perinde ac cadaver a tutti i desiderata d’establishment.

Ecco allora le commissioni di «saggi» volute da Napolitano prima e dal governoLettalfano poi, e l’aggiramento dell’articolo 138, e lo scempio della Costituzionerepubblicana che la corrispondenza d’amorosi sensi Pd-Pdl si prepara adammannire a un’opinione pubblica preventivamente narcotizzata dalla potenza difuoco di un sistema mediatico corrivo e ormai asservito in dosi putiniane.Questo attacco finale alla sostanza della Costituzione, al suo cuore «giustizia elibertà», se riesce segnerà una storica e tragica mutazione contro i fondamentistessi della democrazia, santificando a livello istituzionale la progressivalobotomizzazione della vita democratica che le classi dirigenti e il loro malgovernohanno efficacemente perseguito da decenni e decenni.

La Costituzione tradita

La Costituzione di un paese dovrebbe essere il suo orizzonte comune, la trama

condivisa di valori nel cui ambito le forze politiche contrapposte tessono la lorodiversa e concorrenziale tela elettorale. Se la Costituzione diventa un programmadi parte, vuol dire che è stata tradita, vuol dire che l’altra parte è già eversiva diquell’orizzonte comune, è già in «guerra civile» perché intenzionata a distruggere

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il fondamento che ci tiene in pacifica con-vivenza, il con del nostro essere con-cittadini. Fondamento storico ed etico, indissolubilmente. Quale sia l’ethos dellanostra Costituzione repubblicana lo abbiamo già visto. Esso fa tutt’uno con la suaorigine storica, con il sangue, la tortura, il carcere, l’esilio dei combattenti dellaResistenza, con il sacrificio fino alla vita di quelle minoranze di uomini e di donnea cui dobbiamo la nostra libertà. Minoranze a cui la schiacciante maggioranza delpopolo italiano, nell’eleggere l’Assemblea Costituente, ha reso riconoscimentoanche a nome delle generazioni future. Perché questo è una Costituzione: il pegnoche i protagonisti di un momento storico cruciale impongono anche allegenerazioni future, contro le sirene della servitù volontaria verso cui potrebberodiventare arrendevoli.

La nostra è una Costituzione antifascista. L’antifascismo è dunque il cementoirrinunciabile della nostra convivenza repubblicana. Il 25 aprile è festa nazionaleperché è il giorno della vittoria dell’insurrezione proclamata dal «Comitato diLiberazione Nazionale Alta Italia» con il messaggio in codice trasmesso da RadioLondra e da tutte le improvvisate emittenti clandestine: «Aldo dice 26 x 1». Festanazionale vuol dire perciò festa di tutti nel senso categorico e inderogabile che siappartiene alla nazione, si è cittadini della nazione, solo se ci si riconosce in quelladata, nel suo significato, nei suoi valori. Festa di tutti, nel senso tassativo eperentorio che tutta la nazione si riconosce ora in quella parte, che eraminoritaria, che ha combattuto contro un’altra parte (i fascisti, i repubblichini) sucui ora tutta la nazione decide che debba abbattersi la damnatio memoriae. Questodiventa il fondamento comune, il patto irrinunciabile che ci costituisceconcittadini. Chi non è in grado di condividere questo vissuto è fuori dellacomunità nazionale, estraneo alla (con)cittadinanza, ancora nemico. L’unanimeaccoglimento dell’antifascismo e dei suoi valori è l’unica pacificazione con cui sipone fine alla «guerra civile» e alla vergogna storica del paese e di tanti dei suoi

abitanti, dalla marcia su Roma fino a Salò.Se la Costituzione repubblicana resta una bandiera di parte, vuol dire che ilfascismo ancora non è stato sepolto, non è stato archiviato nella cloaca dellastoria. Se la Costituzione repubblicana diventa sempre più programma di unaparte, se la sua difesa diventa la parola d’ordine di una manifestazione di piazza, vuole dire che il fascismo continua con altri mezzi. Se dall’establishment viene bollato ogni giorno come estremista (ma gli epiteti sono di ben altra volgarità) unquotidiano nel cui primo numero il direttore ha scritto «Ci chiedono: quale sarà la vostra linea politica? Rispondiamo: la Costituzione della Repubblica» e a questoimpegno si è sempre mantenuto fedele (Antonio Padellaro, il Fatto quotidiano), vuol dire che i valori della Costituzione sono ormai introvabili, salvo eccezionisempre più sporadiche, nelle testate giornalistiche scritte e radiotelevisive, e chedunque un fascismo vivo e vegeto proietta ancora la sua ombra, l’ossequio alpotere in spregio e in censura dei fatti.

Le guerre civili si chiudono solo con la pacificazione, si dice. Ovviamente. Ma tale

pacificazione è autentica solo con il convinto riconoscimento/sottomissione dellaparte reazionaria e/o incivile di essere stata nel torto, e non semplicemente diessere stata sconfitta. La marsigliese divideva, era il canto della rivoluzione e delle barricate, ora è l’inno nazionale di tutti i francesi, perché tutti cantandoloriconoscono che la Vandea era la parte sbagliata, da condannare e mai piùriproporre. Se «Bella ciao» ancora divide vuol dire che una parte degli abitanti diquesto paese (e massimamente del suo establishment) vuole proseguire la guerracivile con altri mezzi, non si è rassegnata alla fine del fascismo, non ha rinunciatoall’eversione. L’Italia uscirà dal fascismo solo quando tutti sentiranno «Bella ciao»come una canzone loro, e loro la Costituzione repubblicana e il suo ethos di«giustizia e libertà».

Per uscire dalla crisi, la Costituzione di Robin Hood

La Costituzione è più che mai attuale e radicale proprio perché nata in unmomento magico e troppo breve, quello dell’unità antifascista, prima chel’esplodere della guerra fredda mandasse in frantumi l’unanime adesione ai valori

codificati nella Carta. Con la caduta del Muro di Berlino, con la fine di ogni«comunismo» in Europa, viene meno ogni ragione e ogni vestigia di guerra fredda,e dunque la radicalità della Costituzione repubblicana diventa di luminosa eirrinunciabile attualità: non solo l’alibi del comunismo non può più servire adifendere il privilegio, ma la crisi economica che da anni ogni giorno di piùpervade l’Occidente dimostra il carattere socialmente e tecnicamente distruttivodello strapotere finanziario, della sovranità illimitata dei proprietari e deimanager, della libertà umiliata a privilegio, libertà solo per i potenti di ogni risma.La nostra Costituzione repubblicana, con i suoi valori di «giustizia e libertà», sievidenzia sempre più come la cura adeguata per i mali dell’Occidente, dunqueattualissima. La proprietà privata dei beni economici deve essere piegata a finisociali dalla sovranità dei cittadini, altrimenti può essere espropriata come benecomune. Del resto è il candidato sindaco di New York, non un bolscevico d’antan,che risponde soavemente «togliendo i soldi ai ricchi» a quanti gli domandano conquali risorse potrà finanziare l’avanzato progetto di welfare delle sue promesseelettorali. Il riformismo è la forma pacifica del programma di Robin Hood, togliereai ricchi per dare ai poveri, altrimenti non è.

Dunque, la Costituzione è oggi un attualissimo programma politico. Cosa implica?Perché in politica un’affermazione, se non se ne traggono le logiche e praticheconseguenze, resta opportunismo, demagogia o specchietto per le allodole.

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In primo luogo non significa immobilismo talmudico. Ci sono articoli che vannomodificati o abrogati. L’articolo 7, in primis. E in postremis la modifica che«novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119» (novellando, dice proprio così) rendecostituzionalmente vincolante il famigerato pareggio di bilancio. Passando magariper la revisione della revisione dell’articolo 111, uno dei massimi allori dell’inciucio bipartisan, che mescola frammenti di garantismo autentico con pietre di inciampodi caratura berlusconiana, mentre andrebbe riscritto vincolando in Costituzione,semmai, il reato di intralcio alla giustizia.

Quanto all’abolizione del bicameralismo e alla riduzione del numero deiparlamentari, sono misure che, in modo assai più radicale, questa rivista haproposto nel suo secondo numero, tarda primavera del 1986. Una sola camera dicento parlamentari, l’abrogazione del finanziamento pubblico (sostituito da egualirisorse in natura, cioè in comunicazione, per tutte le liste in competizione),sanzioni penali e amministrative deterrenti per ogni mendacio nei bilanci deipartiti, introduzione per legge delle primarie, un articolato sistema diincompatibilità (tra cariche elettive, o Parlamento o assemblea locale oStrasburgo; tra cariche elettive e funzioni ministeriali, tranne che per il premier;tra cariche elettive e cariche di nomina politica, nelle banche, industria di Stato…fino alle Usl; un limite di tre mandati, di cui solo due consecutivi). Tutto questochiedevamo oltre ventisette anni fa! Vox clamans in deserto, ovviamente, ildeserto opulento e corrotto della partitocrazia e dei suoi media conformisti.

Potrei aggiungere quanto contenuto nel «Manifesto dei vecchi democratici»promosso quasi un anno fa da Andrea Camilleri, Margherita Hack, Mario Alighiero Manacorda, Adriano Prosperi, Barbara Spinelli e il sottoscritto, conl’avvertenza, già sottolineata allora, che non si tratta di un programma esaustivo, etuttavia significativo di un ethos e di un mood di governo radicalmente alternativi.

Citando in ordine sparso: abrogazione di tutti i privilegi legali, tranne l’assensoall’arresto. Abolizione di tutti i privilegi per gli ex di qualsiasi carica. Radicalerestrizione, per comuni e regioni, della possibilità di far ricorso a «consulenze».Limite ancor più radicale all’uso di auto blu. Numero prefissato di dirigenti eimpiegati degli enti locali, in relazione al numero degli abitanti. Abrogazione ditutte le leggi ad personam e della prescrizione non appena interviene il rinvio agiudizio. Reintroduzione, aggravata, della precedente legge sul falso in bilancio.Introduzione del reato di ostruzione di giustizia, con pene e severità anglosassoni. Ampliamento del reato di concorso esterno ad associazione mafiosa. Riformaradicale della giustizia amministrativa, oggi di nomina politica. Abrogazione delleleggi su droga e clandestinità nelle versioni attuali che intasano le carceri.

Contrasto di tutte le forme di precariato (e in modo particolarissimo del lavoro inaffitto e di altre forme sempre più di para-caporalato) utilizzando strumenti eaffermando diritti già operanti nei paesi europei più avanzati.Rigoroso rispetto dei diritti sindacali in ogni azienda, attraverso una più ampia

tipizzazione di «comportamento antisindacale». Referendum obbligatorio perogni accordo contrattuale nazionale o aziendale. Lotta all’evasione, prendendo lemigliori parti delle migliori leggi dei paesi più efficienti nel combattere ilfenomeno. Denuncia, nella dichiarazione dei redditi, di tutti i conti correnti,cassette di sicurezza, e qualsiasi altra forma di patrimonio. Diventa reatol’intestazione fittizia di proprietà, a singoli o società. Divieto di avere conti in paesiche non garantiscano possibilità di interventi e rogatorie consoni alla legislazioneanti-evasione italiana. Manette per i casi di gravità medio-alta. Detraibilità diquante più prestazioni professionali possibili. Sospensione e poi radiazione daglialbi professionali per chi non emette regolare fattura, e chiusura per periodiprogressivamente più lunghi per gli esercizi commerciali che non emettonoscontrino. Aliquote secondo il criterio progressivamente progressivo: diminuire ilcarico fiscale sui ceti medi, aumentarlo fortemente (e progressivamente) su benestanti, ricchi e straricchi, introduzione della tassazione sui patrimoni più alti.

Liberalizzazione dell’etere, cioè legislazione antitrust in fatto di frequenze cheprenda il meglio (il più antitrust) delle legislazioni europee. Idem per le agenzie di

pubblicità. Rafforzamento della televisione pubblica e sua trasformazione radicalesu modello Bbc prima maniera (o Bankitalia stile Baffi). Primato della scuolapubblica e rigoroso rispetto della norma costituzionale che esclude «oneri per loStato», di qualsiasi natura, a vantaggio delle scuole private. Abrogazione delle oredi religione confessionali. Riforma della riforma sanitaria. Scelta radicale traprofessione privata e lavoro nel servizio pubblico. Concorsi internazionali percariche mediche e amministrative. Carta dei diritti del malato e dei doveri deglioperatori sanitari. Vincolo di tempi rapidi per la diagnostica e sanzioni per imanager che non li garantiscono. Abrogazione dell’obiezione di coscienza perl’aborto. Testamento biologico e leggi sul fine vita allineate con i più avanzati paesieuropei. Ovviamente si può continuare: MicroMega negli ultimi anni ha dedicato ben due volumi monografici a dettagliati programmi elettorali per un eventuale«partito della Costituzione».

Il partito della Costituzione

Con chi realizzarlo un programma del genere, che fa della Costituzione la sua

stella polare? Con quale forza politica, insomma? Ne esiste una nel panorama deipartiti oggi esistenti? Almeno nella forma di un partito che alla realizzazione dellaCostituzione come programma sia recuperabile con una trasformazionedall’interno? Basta scorrere i punti precedentemente richiamati, basta rileggere la

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Costituzione, basta vedere come agiscano, per opere e omissioni, i partitirealmente esistenti, per essere costretti a pronunciare un rotondo e maiuscolo NO.

Del resto, il Pd è oggi la forza trainante della contro-riforma costituzionale, vistoche a volerla sono il Quirinale e il governo, dove siedono due Presidenti di quelpartito. Perciò, o si butta alle ortiche la logica col suo venerabile principio di (non)contraddizione, o ci si pone il compito di dare vita a una forza politica che possaessere il veicolo di un programma di realizzazione della Costituzione. Il resto èillusione.

Risiede proprio qui il limite della bella manifestazione indetta da Carlassare,Ciotti, Landini, Rodotà e Zagrebelsky, che si è svolta il 12 ottobre scorso a Roma,in una piazza del Popolo piena. Don Luigi Ciotti l’ha conclusa con un appassionatodiscorso in cui l’espressione «la Costituzione è stata tradita» è risuonata, adorecchio, una decina di volte. Denuncia sacrosanta, indignazione necessaria. Cherestano a mezz’aria, tuttavia, se non si aggiunge il «chi» di questo prolungatomisfatto. Se non si elenca il «who is who» attuale di quanti tradiscono laCostituzione e ne impediscono la realizzazione (o peggio vogliono propriosfigurarla).

Chi ha nominato «saggi» a ripetizione perché facciano la Costituzione a pezzi, lospirito santo o Giorgio Napolitano? Chi ha nominato l’ultimo comitato (già pregnodi indagati per reati accademicamente infamanti) lo spirito santo o il governoLetta? Chi ha votato l’indecente aggiramento dell’articolo 138, lo spirito santo o lamaggioranza parlamentare con Berlusconi di cui è maggioranza il Pd?

Indignarsi per il peccato e tacere sui peccatori può essere buona norma nei pulpitidove si predica carità cristiana, ma diventa inaccettabile tabù quando si tratti di

impegno e passione civile, di mobilitazione di massa per realizzare la Costituzione.Nessuno dei cinque «garanti» della manifestazione ha fatto il nome di GiorgioNapolitano, mentre anche il proverbiale bambino sa perfettamente che «il re ènudo», che la cabina di regia della contro-riforma (e del resto di questa intera fasepolitica di larghe intese e rivoltanti inciuci) è sul Colle più alto. Noi stiamo vivendonel più classico dei sillogismi: se la «giusta linea» è la realizzazione dellaCostituzione, i suoi nemici sono coloro che la vogliono invece colpire, ma poiché ilgoverno Lettalfano è lo strumento esecutivo di questo disegno e GiorgioNapolitano il suo Lord protettore, chi vuole realizzare la Costituzione devecontrapporsi a Napolitano e a Letta e denunciarne la manovra politica. Non farlosignifica (s)mobilitare le masse, le coscienze, le energie democratiche del paese.Cioè mobilitarle moralmente ma poi fermarle politicamente, quando si tratta ditrarne le logiche, dunque ineludibili, conclusioni.

Una Costituzione divisiva

Una politica di massa deve sempre essere unitaria, va da sé. Deve unire, non

dividere. Ma unire quanto più possibile, rispetto all’obiettivo che si vuoleraggiungere. Se l’obiettivo è quello di realizzare la Costituzione, una politicaunitaria sarà quella che rafforzerà la mobilitazione e il consenso in questadirezione, indebolendo al contempo il campo degli avversari. Ogni politica unitariaè dunque, insieme, una politica divisiva, che deve indicare gli antagonisti,accrescerne le contraddizioni, sconfiggerli. Una politica unitaria non ha nulla incomune con un qualche irenico «volemose bbene» erga omnes, perché non si vedeallora per quale motivo escluderne i Berlusconi e le Santanchè. Se oggi contro larealizzazione della Costituzione e per la sua contro-riforma si ritrovanoNapolitano e Berlusconi, Letta e Alfano, è cattiva politica non vedere le differenzeche tra loro ancora permangono, poiché solo riconoscendole si possono acuire,aprendo nel loro fronte nuove e continue contraddizioni. Ma sarebbe politicaancora peggiore non prendere atto che comunque, con tutte le loro differenze, oggitutti loro fanno parte di uno stesso campo, quello che ha la nostra Costituzionerepubblicana «a gran dispitto». Il campo che dobbiamo combattere conintelligente intransigenza.

Non lo si fa dando vita a ennesimi partitini, va da sé. Continuare a ricordarlopolemicamente significa però costruirsi una «testa di turco» di comodo, visto cheproprio MicroMega ha combattuto con il massimo di decisione l’ultimo (eovviamente fallimentare) conato in merito, la «Rivoluzione civile» di Ingroia.Nessun partitino, e a dire il vero neppure un qualsiasi partitone: da troppo tempoè all’ordine del giorno il superamento della forma partito con le sue nomenklature,le sue antidemocratiche vischiosità burocratiche e le sue mutazioni carismatico-plutocratiche. Ma una Lista elettorale di coerenti «amici della Costituzione», diquanti hanno per programma la sua realizzazione, questo sì, questo èimprocrastinabile, almeno nel quadro di una democrazia parlamentare e se non siè disposti a scegliere la via della rivoluzione in senso proprio (insurrezione violenta compresa). Cosa che, si spera, dovrebbe oggi andare da sé.

Ragioniamo. Il magma di cittadinanza e di movimenti che vuole «realizzare laCostituzione» può fare a meno di una rappresentanza politica? In una democraziaparlamentare la scadenza elettorale è cruciale e spesso «sovra-determina» le altredimensioni dell’attività politica e civile. Una lotta può essere di massa, prolungata,

infine addirittura vittoriosa sul piano istituzionale (quando un referendumstabilisce che l’acqua deve essere un bene comune e non può essere privatizzata)ma una maggioranza parlamentare di volontà opposta troverà il modo di vanificarla. Non è un’ipotesi, è quanto sta accadendo proprio con le aziende

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