don Lorenzo Milani, dal motivo occasionale al motivo profondo

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EDOARDO MARTINELLI DON LORENZO MILANI dal motivo occasionale al motivo profondo con il testo integrale della Lettera ai giudici Editrice Fiorentina Società

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Il libro di Edoardo Martinelli riporta alla luce i nuclei fondanti la pedagogia del Priore di Barbiana. Un metodo d'insegnamento che ha nell'aderenza alla realtà e nel rapporto “maestro-allievo” il suo fulcro vitale. Il Maestro conduce l'allievo in una zona di intersezione e laica, ma non neutrale, tortuosa, affilata e a rischio quale il filo di rasoio. Dove non esistono più certezze, bensì il primato della coscienza, il libero esercizio della ragione critica, i problemi concreti da risolvere in un tempo diluito.

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EDOARDO MARTINELLI

DON LORENZO MILANI dal motivo occasionale

al motivo profondo con il testo integrale della

Lettera ai giudici

Editrice FiorentinaSocietà

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NIIl libro di Edoardo Martinelli riporta alla luce i nuclei fon-

danti la pedagogia del Priore di Barbiana. Un metodo d’inse-gnamento che ha nell’aderenza alla realtà e nel rapporto “mae-stro-allievo” il suo fulcro vitale. Il Maestro conduce l’allievo in una zona di intersezione e laica, ma non neutrale, tortuosa, affilata e a rischio quale il filo di rasoio. Dove non esistono più certezze, bensì il primato della coscienza, il libero eser-cizio della ragione critica, i problemi concreti da risolvere in un tempo diluito. Una concezione rivoluzionaria della pratica d’insegnamento che don Milani concretizzò anche in punto di morte e di cui Martinelli, suo allievo dal ’64 al ’67, fornisce una preziosa testimonianza.

€ 14,00

Edoardo Martinellinasce a Rho (Mi) il 20 settembre del 1950. Giunge per la prima volta a Barbiana nel luglio del 1964. Dopo una boc-ciatura decide di frequentare la scuola attratto dalla figura carismatica del Priore. Educatore multimediale, opera nelle scuole di Prato come esperto del Comune.

Edoardo Martinelli

Don Lorenzo MilaniDal motivo occasionale al motivo profondo

con il testo integrale dellaLettera ai giudici

Editrice FiorentinaSocietà

© 2007 Società Editrice Fiorentinavia G. Benivieni 1 - 50132 Firenzetel. 055 5532924fax 055 [email protected]

isbn 978-88-6032-034-6

Proprietà letteraria riservataRiproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata

Le immagini pubblicate in copertina e all’interno del volume sono state riprodotte per gentile concessione del Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana.Tali immagini furono gentilmente donate al Centro dalla sorella del Maestro, Elena Milani, che si ringrazia.

I testi pubblicati alle pagine 50-59, 125-129, 130-164 sono stati pubblicati per gentile concessione del Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana.

Il Centro collabora con chiunque sia interessato a diffondere il pensiero e le opere di Don Lorenzo, nelle scuole e nella società.Per qualsiasi informazione potete rivolgervi a Nanni Banchi (055 844578) ed Edoardo Martinelli (347 4835167) oppure visitare il sito www.barbiana.it

Indice

vii Introduzione di Antonio Avitabile

i. quel maestro

3 Ricordi

11 Il modello Barbiana. Interpretazioni, critiche e mistificazioni

21 Regia e lavoro di gruppo

25 Pedagogia dell’aderenza. Dal motivo occasionale al motivo profondo

29 Pedagogia dell’aderenza. Nuclei fondativi

43 Arte dello scrivere

49 Lorenzo parla del suo metodo: corrispondenza tra Barbiana e Mario Lodi

54 Barbiana 55 La nostra scuola 56 Perché venivamo a scuola sul principio 57 Perché veniamo a scuola ora 58 Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare

ii. cambiare la scuola si può

63 Oggi

77 Scuola e politica

iii. Quel prete

93 La conversione

101 Fede, stato di grazia e ragione

113 La morte la regalò ai suoi ragazzi

appendice

125 Università e pecore

130 Lettera ai giudici

132 Come maestro Il motivo occasionale 132; Il motivo profondo 134; Ma è poi reato? 136; L’Italia ripudia la guerra 137; Anche il soldato ha una coscienza 141; La responsabilità in solido 143 144 Come sacerdote La storia 145; La dottrina 145

151 Intervista alla madre

158 Intervista a mons. Bensi

Mi scusi, mi son distratto, le stavo dando una lezione dell’arte dello scrivere che lei non mi aveva chiesto. Ma è che l’arte dello scrivere è la religio-ne.

Il desiderio d’esprimere il nostro pensie-ro e di capire il pensiero altrui è l’amore.

E il tentativo di esprimere le verità che solo s’intuiscono le fa trovare a noi e agli altri.

Per cui esser maestro, esser sacerdote, essere cristiano, essere artista e essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa

Don Lorenzo Milani,Lettera alla signora Lovato,

16 marzo 1966

Ringrazio chi, direttamente o indirettamente ha contribuito, come i tanti fogliolini di Barbiana, alla realizzazione di questo libro.

In modo particolare Gianfranco Zavalloni, per avermi fatto tornare, dopo tanti anni, nella scuola media. Maria Miceli, per avermi fatto sperimentare, la prima volta, nella scuola pubblica le metodologie e le tecniche di Barbiana. Gegè Scardaccione, per-ché la sua passione mi ha riportato a rivivere i tempi di Eda. Renato Ciabatti, per la nostra amicizia. Stefania Vannucchi, per il rapporto quotidiano di riflessione sui temi della disabilità e del disagio. Adele, Nanni, Nevio, Mileno, Nello, Fabio, Franco e altri allievi, per avermi aiutato a ricordare. Aldo Bozzolini, per avermi sostenuto sempre. Carmel Borg e Peter Mayo, per avermi stimolato con le loro domande. Mimma Vi-sone per la pazienza, Romilda Saetta, Lorenza Polinetti, Franco De Santo, Vincenzo Altomare, per avermi testimoniato la difficoltà di essere insegnante, oggi, nella scuola pubblica. Romolo Perrotta, per avermi messo in contatto con i futuri maestri. Gianni Vaccaro, per avermi fatto vivere la realtà dei poveri delle baraccopoli di Lima. Eduardo Cossios, per le serate allegre e il buon cibo. Rosanna Bartoletti e Fiamma Bellandi, per le tante riflessioni e confidenze. Mio fratello Piero, Mario Pisone e Raffaele Carnovale che mi hanno liberato da tanti impegni quotidiani. Michele Piccini, per le riflessioni sul “tempo e luogo” dell’apprendimento. Letizia Orlando, Paola Zilianti, Emanuela Costi Paoli, Cristina Magelli, Carla Romanelli, Carla Bergonzini e Anna Rugnone, per le sperimentazioni, fatte nelle scuole. Fabio Molari, per la fantasia e il buon vino. Antonio Deangeli, per l’amicizia ritrovata. Gianni Trallori, per esser sempre stato libero e coerente. Cristina Corvo, per i baci elettronici. Filippo Trippanera, per il suo carattere e disponibilità. Vittorio Minucci, per i tanti esempi e le tante parole.

Maria Luigia Stancari, per aver condiviso e sostenuto le idee diventate progetti sul territorio.

I miei figli, Raffaella, Lorenzo e Francesco, per avermi fatto riflettere sulle nostre esperienze. Mia figlia Lia, perché è troppo simpatica e Pippo, il capitano, per averla fatta ridere e piangere nella costa peruviana. Mio nipote Niccolò, per avermi raccon-tato le sue prime esperienze di lotta.

Tutti coloro che mi vogliono bene.

INTRODUZIONE

Volo ut sis: voglio che tu sia te stesso, che tu esprima la tua anima, il tuo essere. In queste parole di sant’Agostino da Tagaste è racchiusa l’essenza della pedagogia di Don Lorenzo Milani, così come emerge dai vividi e suggestivi ricordi di Edoardo Martinelli, suo allievo ai tempi di Barbiana. Pedagogia come atto di amore, rivolto soprat-tutto a chi, per condizione sociale, veniva discriminato dalla scuola classista dell’epoca.

Al soffocante nozionismo dei programmi ministeriali, alla perpetua ansia da prestazione, si sostituiva un modello di scuola libera e parte-cipata, tuttavia fondata su regole rigorose nei metodi e nei comporta-menti. Sì, perché libertà e partecipazione, prima di divenire un logoro binomio identificativo, avevano assunto a Barbiana un significato pro-fondo di lotta all’esclusione e alla marginalizzazione, di riappropria-zione della propria vicenda umana nell’ambito della società.

C’è da chiedersi – e nella testimonianza il quesito assume spessore e centralità – cosa resta di questo afflato nell’attuale contesto sociale, nel quale la perdita di punti di riferimento si abbina alla proposizio-ne di modelli culturali fondati sulla competitività e sul consumo. In effetti, il contesto è totalmente stravolto, poiché don Milani operava rapportandosi a una tradizione iniqua per quel che concerneva le disuguaglianze e i pregiudizi di classe, ma che al tempo stesso conte-neva dei valori di forte appartenenza.

Basti pensare all’essenzialità e alla frugalità della cultura contadi-na, vero antidoto contro quella moltiplicazione fittizia dei bisogni

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cui purtroppo assistiamo ai giorni nostri. L’essenzialità era in effetti la cifra che contraddistingueva l’opera di don Milani: il bagaglio essenziale per viaggiare attraverso la vita era costituito dalla capa-cità critica, dalla non accettazione di alcuna opinione, senza averla prima vagliata con attenzione. Nel racconto di Edoardo Martinelli si riscontra questa continua tensione critica, questo tentativo di affinare il proprio giudizio, ricusando qualsiasi comoda definizione o precetto.

Forse è questa la parte più viva e attuale della vicenda di Barbiana, specialmente in tempi di forte radicalizzazione, nei quali l’intransi-genza a difesa dei valori di una civiltà camuffa a stento la meschinità degli interessi in gioco. Esiste tuttavia una intransigenza più fecon-da: l’impegno civile, il rifiuto di ogni neutralità, considerata come un peccato di ignavia verso la società e, quindi, verso se stessi, costi-tuiscono ancora un messaggio di grande impatto.

La rievocazione di Edoardo Martinelli mette in luce questi spun-ti e molti altri, senza indulgere a sentimentalismi. Riprendono vita così le tensioni e le passioni del tempo, la carismatica personalità del Priore e la sua vis polemica, trasmessa anche ai suoi allievi.

Numerosi sono gli spunti di riflessione, non limitati agli aspetti pedagogici di quella indimenticabile esperienza, spunti che hanno una valenza quasi fiabesca. Si pensi al tempo dilatato delle lezioni, quasi un tempo mitico nel quale l’ozio giovava alla conoscenza più dell’applicazione continua. Oppure alla centralità del divertimento, inteso nella sua reale accezione, che si traduce in una perenne curio-sità, vero elisir per la pienezza dell’esistenza.

Saggezza è anche comprendere la serietà del gioco e forse il segreto di Barbiana sta proprio nella levità di don Milani…

Che l’ignavia, cioè il non volersi confrontare senza compromessi con la realtà, fosse per don Milani il peccato capitale, appare eviden-te soprattutto nella sua esperienza di sacerdote. Egli arriverà a com-prendere quei seminaristi che, pur cadendo in tentazione, facevano i conti con i loro istinti, piuttosto che gli asceti che quegli istinti troncavano di netto, rimuovendoli del tutto. In un’ottica vicina alla dottrina di san Paolo, la carità consiste anche nella comprensione,

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nella vicinanza a chi è sulla via dell’errore, nella tensione verso la grazia divina, nonostante le nostre debolezze.

Nella vicenda dell’improvvisa vocazione del giovane Lorenzo, suc-ceduta alla passione per l’arte, si trovano quelle forti motivazioni di fede e di impegno totale, che ne hanno sempre ispirato la vita. Rampollo di buona famiglia, avrebbe potuto benissimo dedicarsi agli ultimi e ai diseredati, mantenendo la sua appartenenza sociale. Ma “non si mangia il pane bianco nelle strade dei poveri” e, quindi, qualsiasi scelta dettata da un amore così profondo non avrebbe po-tuto essere altro che una scelta radicale.

Si compie qui il percorso inverso a quello narrato da James Joyce nel Dedalus: mentre questi approdava a una piena visione artistica provenendo da una formazione religiosa, Lorenzo Milani comprende in poco tempo che la realizzazione ricercata attraverso l’ispirazione artistica è fittizia e autoappagante. L’armonia da lui ricercata era più concreta e sostanziale, richiedeva la messa in discussione personale, una vicinanza reale all’anima delle cose.

E così Lorenzo Milani divenne sacerdote, animato dal fuoco del suo amore per chi non aveva voce, ma anche dall’insofferenza verso le gerar-chie e i formalismi. La scelta della scuola come strumento per conqui-stare dignità di persona e di cittadino si fondeva con i motivi della sua vocazione, a tal punto che i suoi stessi allievi di Barbiana non avrebbero saputo distinguere la missione del priore da quella del maestro.

Alla fine don Milani chiederà perdono per aver anteposto l’amore per quei ragazzi a quello per Dio, ma si autoassolverà, ben conscio della grandezza della misericordia divina. A quegli stessi ragazzi farà dono della sua morte, in uno scenario socratico, come a voler sancire la continuità del suo testamento spirituale.

Sulla tela dell’artista regna un’eguaglianza tra colori e tonalità, poi-ché tutti insieme concorrono all’equilibrio della composizione. Nella vita è ben diverso: chi è al margine della società resta un colore senza nome, confuso in una nicchia di oscurità. Con l’amore e l’impegno, don Milani tentò di rendere visibili sulla tela del creato anche coloro che non avevano gli strumenti e le opportunità di esprimersi.

Antonio Avitabile (allievo di Agostino Ammannati)