DOCUMENTO DI ELABORAZIONE DELLA RICERCA …...strade da esplorare per realizzare un'integrazione...
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Fondo Sociale Europeo
FORMAZIONE IN SITUAZIONE INTEGRATA NELLA
SCUOLA MEDIA SUPERIORE:
RICERCA SUL MODELLO FORMATIVO E
SULLA SUA EVOLUZIONE
Rif. P.A. 548 Det. Dir. 10/2000 del 31/10/2000
PROVINCIA DI BOLOGNAASS.TO POLITICHE SCOLASTICHE
FORMATIVE E DELL’ORIENTAMENTO
Centro Studi Analisi di Psicologia e Sociologia Applicate Coop. Sociale s. c. r. l. O. N. L. U. S.
Sede legale – Via Marsala, 30 40127 Bologna
“Formazione in Situazione: ricerca sul modello formativo e sulla sua evoluzione” Provincia di Bologna - Det. Dir. 10/2000 Rif. P. A. 548
Ass.to Politiche Scolastiche Formative e dell’Orientamento Unione Europea Fondo Sociale Europeo
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Gruppo di ricerca: G. Artale, G. C. De Marco, A. Goussot, T. Merlino, S. Waldmann.
Elaborazione teorica e sintesi di: G. Artale, A. Goussot, S. Waldmann.
Coordinamento tecnico – progettuale: G. Artale.
I Corsi di Formazione in Situazione Integrati nella Scuola Media
Superiore: genesi ed evoluzione di un modello formativo
"In quanto coscienza di sé l'Io coglie se stesso"
(Hegel: Fenomenologia dello Spirito)
Premessa
Per ragionare sulla nascita e lo sviluppo della formazione integrata
nella Scuola Media Superiore occorre partire da un ragionamento sul
modello della formazione in situazione. E sulla sua estensione - trasferibilità
nel contesto scuola.
Questo modello tendeva a rispondere ai bisogni di diversi giovani
handicappati usciti dalla scuola dell'obbligo e con grossi problemi di
prospettive sociali e lavorative. Questa fase di passaggio è estremamente
importante poiché si colloca nel momento in cui l'individuo struttura in
modo travagliato la propria identità personale, sociale e professionale.
Questa transizione all'età adulta rappresenta spesso un momento
difficile per la persona handicappata che rischia di essere rinchiusa in una
condizione d'inferiorità permanente, passando spesso dall'infanzia alla
vecchiaia senza avere mai conosciuta l'adolescenza e l'età adulta. Dopo
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l'uscita dall'obbligo scolastico - ma già durante – la persona in situazione di
handicap si trova negata nell'essere soggetto della propria esistenza;
memoria, vissuto e sentimenti vengono negati e la persona si trova ridotta
ad oggetto - passivo dell'assistenza benevola nei suoi confronti.
Imprigionato in un universo sociale, materiale, tecnico e concettuale,
costruito per lui, ma senza di lui, dagli "specialisti" e gli "esperti", la
persona in situazione di handicap diventa un Non - Essere, come scriveva J.
P. Sartre, poiché non opera nessuna scelta e non ha la possibilità di
sperimentare la propria libertà nel contatto con la realtà.
Si può riprendere la distinzione che fa Martin Heidegger quando
sviluppa in "Essere e Tempo" la sua idea di cura per spiegare la distinzione
tra la logica dei laboratori protetti e quella della formazione in situazione.
Per Heidegger ci sono due modi di "avere cura":
"I modi dell'avere cura hanno due possibilità. L'aver cura può in certo
modo sollevare gli altri dalla cura, intromettendosi al loro posto. Questo
aver cura assume, per conto dell'altro, il prendersi cura che gli appartiene
in proprio. Gli altri risultano allora espulsi dal loro posto, retrocessi, per
ricevere, a cose fatte e da altri, già pronto e disponibile ciò di cui si
prendevano cura, risultandone del tutto sgravati. In questa forma di avere
cura, gli altri possono essere trasformati in dipendenti e in dominati, anche
se il predominio è tacito e dissimulato.(…)
Opposta a questa è quella possibilità di aver cura che, anziché porsi
al posto degli altri, li presuppone nel loro poter essere esistentivo, non già
per sottrarre loro la "cura", ma per inserirli autenticamente in essa.
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Questa forma di aver cura, che riguarda essenzialmente la cura
autentica, cioè l'esistenza degli altri e non qualcosa di cui essi si prendano
cura, aiuta gli altri a divenire consapevoli e liberi per la propria cura.
L'imparare lavorando in situazione di lavoro reale tenta di creare le
condizioni per favorire la sperimentazione di una libertà consapevole.
Proviamo tuttavia ad inquadrare la nascita e lo sviluppo di questo modello
formativo e, poi, a descriverne le principali caratteristiche nonché la sua
estensione alla Scuola Media Superiore.
Quadro normativo
E’ nella metà degli anni 60 , sia dal punto di vista culturale che
sociale, che si pone con forza la questione dell'integrazione delle persone
con handicap pensando ad un loro accesso alle strutture scolastiche e
professionali aperte a tutti.
Questo vasto movimento, nato sull'ondata della
deistituzionalizzazione e influenzato dall'esperienza di Basaglia, trova i suoi
primi effetti a livello legislativo agli inizi degli anni 70: il riconoscimento
dell'invalidità civile (Legge 118 del 30 marzo 1971), il diritto
all'inserimento della persona handicappata nella scuola dell'obbligo (Legge
517 dell'agosto 1977), la legge di chiusura dei manicomi(legge 180 del 16
maggio 1978) e la legge di riforma sanitaria (Legge 833 del 23
dicembre1978). Nel corso degli anni 70 si è realizzata la legislazione
regionale che prevede un grosso trasferimento di alcune competenze dallo
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Stato centrale alle Regioni in materia di assistenza. La decentralizzazione
delle competenze non riguardava soltanto l'assistenza ma anche materie
come la formazione professionale.
Questo quadro trovava una sua ulteriore integrazione con il codice
sanitario previsto dalla Legge 833 del 23/12/1978, nota come legge della
riforma sanitaria. E’ la legge che istituisce le "Unità Sanitarie Locali". La
Legge 118 del 30 marzo 1971 prevede l'istruzione pubblica obbligatoria
nelle classi normali assicurando l'assistenza necessaria durante l'orario
scolastico. La Circolare Ministeriale del 29 luglio 1975 istituiva la figura
dell'insegnante di sostegno. Con la Circolare dell'8 agosto 1975 si propone il
superamento delle classi speciali, la Legge 511 del 4 agosto 1977 stabilisce,
per la scuola elementare e media, l'integrazione nella scuola dell'obbligo
con l'obiettivo di promuovere la personalità dell'handicappato. Un problema
rimaneva aperto, quello del sostegno all'uscita dalla scuola dell'obbligo.
Certo esisteva la legge 482 del 2 aprile 1968 che prevedeva l'obbligo di
assunzione di un handicappato presso le amministrazioni pubbliche e le
imprese private con più di 35 lavoratori. L'obbligo era quello di assumere un
numero di lavoratori invalidi corrispondente al 15% del personale
occupato. La legge quadro 104 del 17 febbraio 1992 per l'integrazione,
l'assistenza e il lavoro delle persona con handicap definiva i principi
generali sui diritti delle persone handicappate.
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Il modello della formazione integrata nella Scuola Superiore.
In seguito ad un accordo istituzionale tra il Provveditorato agli Studi
di Bologna, l’Unità Sanitaria Locale, alcuni Comuni e l'Assessorato alla
Formazione professionale della Provincia di Bologna è partito nel 1992 un
corso sperimentale di Formazione integrata in Situazione in un Istituto di
Scuola Media Superiore(Istituto Magistrale Laura Bassi). Il Centro Studi
Analisi di Psicologia e Sociologia Applicate in collaborazione con gli
insegnanti della Scuola ha quindi attivato un percorso integrato trasferendo
il modello della formazione in situazione, basato sul principio dell'imparare
lavorando; questo percorso era destinato ad un gruppo di allievi con un
handicap medio - lieve avente già effettuato almeno un anno di scuola
media superiore. Questo percorso formativo biennale si caratterizzava
attraverso una formazione in situazione lavorativa reale ma collegata ad
attività svolte nella scuola; lo stage rimaneva il momento centrale degli
apprendimenti. L'incontro tra Formazione Professionale e Scuola
Media Superiore ha rappresentato una novità ed una innovazione sia sul
piano della tipologia formativa sia su quello della costruzione di un modello
in grado di sfruttare tutte le potenzialità di una rete allargata di attori.
Permetteva anche a diversi giovani con handicap di proseguire
un'esperienza di studio mirata all'inserimento reale nel mondo del lavoro. Si
è tentato quindi di creare un ecosistema formativo composto da contesti
interattivi (C. F. P., Scuola, Servizi, Famiglie, Aziende) e in grado di
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produrre situazioni di apprendimento e sistemi di mediazione aperti
all'espressione delle potenzialità degli allievi.
Per riprendere l'espressione di G.Bateson "la strategia delle scatole
cinesi" ha portato l'insieme degli attori a costruire uno sfondo
multidimensionale e integratore capace di rendere compatibili e
complementari soggetti, ruoli, competenze e contesti diversi; trasformare
quello che sembrava disordine, frammentazione e disgiunzione in una
organizzazione formativa nuova in grado di creare delle connessioni tra
ambiente scolastico, CFP, ambiente lavorativo, creando sinergie e
complementarietà tra funzioni apparentemente estranee l'una dall'altro.
Le connessioni tra servizi territoriali (preposti agli invii), insegnanti
della Scuola, formatori del CFP , alunni , famiglie, aziende, tutori d'aziende,
referenti Asl non sono facili e costituiscono spesso i tanti pezzi di uno stesso
mosaico che si tratta di fare interagire in termini formativi. Questo modello
tentava di rispondere alla multidimensionalità del nuovo dispositivo
formativo, alla complessità dei processi di apprendimento in una situazione
mista come quella del rapporto C. F. P. – Scuola - Aziende e alla difficile
comunicativa tra i diversi attori del progetto.
La formazione integrata come ricerca in azione: l'organizzazione e la sperimentazione.
Si è partito con un approccio comunicativo interattivo anche perché
la sperimentazione è, come scrive Edgard Morin (Il Metodo)," una
ignoranza che si sa ignoranza" che esplora dei percorsi non prefabbricati;
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strade da esplorare per realizzare un'integrazione possibile e produttiva sul
piano formativo per il gruppo degli allievi. Per evitare di riprodurre la logica
della classe speciale, si sono attivati momenti di scambio e partecipazione
con gli altri alunni della scuola: laboratorio d'informatica, attività integrate
con altri gruppi classi, visite fuori dall'Istituto, visione comune con altri
alunni ed insegnanti di filmati, partecipazione al comitato studentesco e alla
vita dell'Istituto.
Durante il primo anno c'erano circa quattro mesi di preparazione in
classe; questo periodo propedeutico è decisivo in quanto permette una
conoscenza del gruppo da parte degli insegnanti e crea un primo contesto di
relazioni tra allievi. Uno dei nodi critici era il problema del collegamento tra
A. S. L., Scuole e C. F. P. rispetto agli invii e all'organizzazione della fase di
osservazione iniziale per valutare l'idoneità preliminare degli allievi per
l'inserimento.
Per evitare la "ghettizzazione" nell'Istituto si è praticato la ricerca di
gruppo in azione come momenti di ricerca partecipata all'interna della
scuola, concordati con gli insegnanti e altri gruppi classe. Si alternavano
attività di apprendimento sullo specifico professionale con i soli allievi della
formazione in situazione e momenti integrati con altre classi e altri alunni.
Alcuni esempi di attività integrate e lo stage
Furono realizzate, con gli alunni della Formazione in Situazione e
alcuni allievi dell'Istituto, delle indagini sull'organizzazione dell'Istituto
come ambiente di lavoro, attraverso interviste e questionari elaborati in
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classe; altre indagini realizzate da gruppi misti furono fatte sul fumo a
scuola e la differenza sessuata; i dati furono elaborati su computer dagli
allievi del corso con allievi di altre classi. Si è anche svolta una ricerca-
azione sul tema dell'apprendere con la partecipazione degli alunni della
formazione, una classe di seconda e un gruppo di insegnanti.
Sperimentare ha significato creare dei possibili processi formativi,
educativi e organizzativi; lavorare sulle "zone potenziali di sviluppo", per
usare un'espressione di L.Vygotsky, dei soggetti, delle situazioni e dei
contesti. Alla fine di gennaio , inizio febbraio, partono gli stage (il corso
essendo polivalente, prevede inserimenti in diversi settori di attività:
impiegatizio, cura dell'ambiente, orto – floro – vivaistico ed altro) per
quattro giorni la settimana gli allievi inseriti in azienda imparano lavorando
con un "tutor" interno (lavoratore di riferimento). La novità è che gli
insegnanti della scuola si recano nelle sedi stage per monitorare il processo
di inserimento e gli apprendimenti del mansionario esattamente come i
formatori del C. F. P.
Vengono presi accordi con le rispettive aziende per definire il
periodo dell'inserimento, il mansionario, gli orari e le modalità di
affiancamento. Per l'organizzazione dello stage si è tentato di tenere conto
del rapporto scuola - mondo del lavoro e questo ha rappresentato una
grossa novità per la Scuola e gli insegnanti ma anche per i formatori che
hanno dovuto operare in contesti nuovi.
L'insegnante di sostegno ha, per la prima volta, con le sue visite
nelle postazioni stage, la possibilità di verificare l'importanza del lavoro
come strumento di apprendimento di competenze professionali, personali e
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sociali. Il formatore si è trovato a sua volta ad essere mobilitatore di
risorse nuove operando nell'ambito scolastico e in raccordo con gli
insegnanti; questo per offrire ulteriori opportunità di apprendimento e di
socializzazione per i corsisti. Queste connessioni non sono sempre facili e
non è facile superare le logiche autoreferenziali.
Il percorso rappresenta un’esperienza nella quale il soggetto con
handicap impara un ruolo produttivo e sociale, il luogo di lavoro diventa
parte centrale di un ecosistema decisivo per i processi di apprendimento e lo
sviluppo delle abilità dell'allievo inserito nelle interconnessioni tra più
situazioni ambientali (famiglia, scuola e lavoro, gruppo dei coetanei, gruppo
di lavoro). Inoltre la presenza dell'insegnante di sostegno sul luogo di
lavoro, e viceversa del formatore del Cfp nella scuola, modifica non solo
l'approccio pedagogico di ognuno ma anche le pratiche formative.
Conosciamo bene il peso determinante dei processi di
simbolizzazione nell'organizzazione dei sistemi comunicativi nella
creazione dei contesti handicappanti. Le rappresentazioni mentali
condizionano i comportamenti, è quello che Lacan definiva "la funzione
dello specchio" come momento fondamentale della costruzione dell'io,
dell'immagine del sé e di quella dell'altro. Il potere verificare i cambiamenti
intervenuti in un contesto diverso permette all'insegnante di modificare il
proprio punto di vista, i propri stereotipi e quindi le proprie pratiche
educative.
Il processo formativo, fondato sulla pratica lavorativa,
responsabilizza l'alunno, lo valorizza come essere in divenire, crea
intenzionalità e recupero di senso dell'essere nel mondo come soggetto
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attivo. E in fondo quello che Morin chiama il "gioco della democrazia" per
quanto riguarda gli apprendimenti: "la democrazia, è anche la possibilità del
gioco della diversità e la possibilità che le diversità siano tollerate e non
represse come insopportabili devianze".
Proprio per facilitare l'acquisizione di competenze socio -
professionali è previsto un giorno di rientro alla settimana, durante il quale
vengono rielaborate, insieme agli insegnanti, le difficoltà incontrate sul
lavoro. Attraverso schede di autovalutazione, diario di bordo, riprese video,
il piccolo gruppo degli allievi funzione come una piccola équipe che lavoro
sulla coscienza del proprio sé e l'autonomia.
L'importanza di questo modello sta proprio nell'interazione tra attori
diversi (Scuola, insegnanti di sostegno - insegnanti di cattedra, Cfp -
formatori, Aziende, famiglie, servizi, Sovrintendenza scolastica e
Provincia).
La costruzione di una rete di connessioni tra gli attori è
fondamentale per individuare i bisogni, agevolare gli invii, valutare gli
inserimenti, supportare e accompagnare i vari percorsi. Il dispositivo
formativo può favorire lo sviluppo di percorsi di apprendimento e di
inserimento lavorativo. Ricordiamoci che l'allievo ha bisogno di sentirsi
valorizzato come soggetto attivo e che il recupero dell'autostima costituisce
un passaggio importante; passaggio fortemente condizionato dal
funzionamento della rete di collegamento tra gli attori che interagiscono a
vari livelli.
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Questo approccio ha a che fare con la gestione della complessità dei
rapporti - soprattutto in una situazione di grosso cambiamento; la sfida è
quella di gestire la complessità come una risorsa, superando
frammentazione, rigidità , logiche autoreferenziali dei vari enti e le
disfunzionalità. Si tratta di trasformare una "unitas complex" in un sistema
formativo in grado di rispondere ai bisogni specifici, alle esigenze dei
diversi soggetti e ambienti, di renderli compatibili nel produrre percorsi
professionali per dei giovani con handicap che rischiano di rimanere senza
prospettiva.
L’evoluzione del modello nell’ultimo biennio Dalle sperimentazioni svolte nelle diverse Scuole in collaborazione con il
C.F.P. emergeva, fin dalla fine del 1998 la necessità, o meglio il bisogno, di
apportare dei cambiamenti alla struttura del modello in vista di una sua
maggiore flessibilità. Tale esigenza nasceva da diverse riflessioni e
valutazioni in merito allo stesso modello realizzate dagli attori più coinvolti
nella progettazione – programmazione dei percorsi: i formatori e gli
insegnanti di sostegno. Emergeva in modo sempre più chiaro che, per i
formatori, il percorso unico ed uguale per tutti non si adattava alle diversità
di cui gli allievi erano portatori; gli insegnanti di sostegno rilevavano,
invece, la difficoltà di interazione dei precorsi con il contesto scolastico.
Tali valutazioni trovano riscontro nelle risposte ai questionari che
più avanti andremo ad analizzare. Contemporaneamente anche il contesto
sociale e scolastico – istituzionale registra dei cambiamenti: la tipologia
delle problematiche degli allievi inviati dall’InterASL si connota
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dall’emergere delle problematiche psicologiche ed affettivo – relazionali. I
servizi socio - sanitari subiscono continui tagli per cui diminuisce la
capacità di monitoraggio diretto dei processi di crescita degli utenti in
carico. All’interno del contesto scolastico si avvia il processo di
riforma dei cicli e di l’autonomia della scuola. Inoltre cambiano i vincoli e
le modalità assuntive delle aziende e, nel 1999 scadono gli Accordi Inter -
Istituzionali di Programma. La ricerca si situa, quindi, in questo momento di
passaggio connotato da profondi cambiamenti dello scenario sociale.
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Presupposti teorici, obiettivi e metodologia della ricerca
L’impostazione generale della ricerca è – per le caratteristiche del campo
indagato – di natura qualitativa per una serie di motivi:
1) L’indagine riguarda un campo piccolo e specifico che rappresenta
fondamentalmente se stesso. La questione della rilevanza statistica è
quindi di poca importanza.
2) Scopo della ricerca non è la verifica di ipotesi, ma l’approfondimento
della conoscenza del campo d’indagine e l’elaborazione di proposte
migliorative.
3) L’ipotesi di elaborare proposte migliorative dipende dalla
collaborazione e dal coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti
/interlocutori della rete.
Articolazione delle fasi della ricerca
La ricerca è articolata in due fasi:
1) Una prima fase pilota (questionario) per evidenziare aree di
approfondimento. Questa prima indagine conoscitiva parte
necessariamente dalla “precognizione” del campo dei ricercatori e non
può evidenziare nodi critici non già presenti in questa
“precognizione”– (se non limitatamente alle domande aperte
utilizzabili soprattutto relativamente ai professionisti già abituati alla
pratica riflessiva coinvolti nella ricerca). In questa prima fase lo
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strumento del questionario può rivelarsi utile al coinvolgimento dei
diversi attori ed a stabilire un primo contatto attraverso il quale
stimolare la riflessione. Le informazioni rilevate non vogliono avere
una connotazione statistica in quanto l’uso del questionario è da
intendersi come strumento di “pretesting”.
2) Una seconda fase prevede un coinvolgimento attivo e mirato dei
diversi attori del processo formativo. Il primo livello di tale
coinvolgimento è la restituzione dei dati rilevati attraverso i
questionari; un secondo livello è rappresentato dalla partecipazione di
alcuni degli interlocutori intervistati ad incontri tesi a stimolare una
riflessione congiunta in merito ai percorsi. A tale proposito citiamo le
parole di Kurt Lewin: “Il compito pratico dell’organizzazione sociale,
come il compito scientifico di comprendere la dinamica della vita di
gruppo, esige che si abbia qualche consapevolezza intorno al desiderio
di e alla resistenza verso un cambiamento specifico. Per risolvere o
anche per formulare convenientemente questi problemi noi abbiamo
bisogno di un sistema di analisi che permetta la rappresentazione delle
forze sociali nell’assise” di un gruppo". (1)
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Definizione del campione
La mappatura
La fase iniziale della ricerca doveva prevedere l'esatta mappatura del
target di riferimento per poter procedere ad una prima ipotesi sulla
formulazione del questionario.
Da progetto il campione era composto dai vari attori interagenti nei
percorsi di formazione integrata. E’ possibile aggregare gli attori in aree
distinte sulla base della loro appartenenza istituzionale e/o sociale.
Area del Centro di Formazione Professionale coinvolto nella ricerca:
a) tecnici della progettazione dei percorsi di formazione;
b) formatori;
c) coordinatori;
Area delle Scuole Superiori coinvolte
a) insegnanti di sostegno degli istituti superiori coinvolti nei progetti
formativi;
b) coordinatori H delle sezioni di integrazione;
c) insegnanti curriculari;
d) presidi;
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Area delle aziende coinvolte
a) tutor aziendali coinvolti personalmente nel seguire gli stagisti;
b) referenti aziendali;
Area dei Servizi Socio - sanitari
a) referenti clinici;
b) operatori ASL che seguono i percorsi preposti alla
programmazione formativa degli utenti H;
c) (eventualmente) educatori del tempo libero;
d) referenti dell'Interusl;
Area dei destinatari primari
a) allievi direttamente coinvolti;
b) famigliari di riferimento degli allievi;
c) (eventualmente) educatori delle strutture residenziali;
Come si evince già da questo elenco si tratta di un campo molto
eterogeneo in cui ogni area presenta delle caratteristiche di particolare
delicatezza e/o complessità.
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Descrizione delle aree coinvolte nella ricerca
L'area del Centro di Formazione professionale
L’area meno problematica potrebbe a prima vista sembrare quella
degli attori del Centro di Formazione in quanto, per questi ultimi, il
monitoraggio delle proprie attività professionali fa parte del "pane
quotidiano"; inoltre sono proprio loro che mantengono i contatti con tutti gli
altri attori coinvolti nei percorsi di formazione iniziale.
Era di particolare importanza per noi coinvolgere comunque tutte le
figure del CFP che avevano un ruolo attivo nella progettazione e
realizzazione delle attività di formazione iniziale. Bisognava però - nella
progettazione della ricerca - tenere conto della differenza categoriale fra gli
attori direttamente coinvolti nel processo dei percorsi formativi e i
progettisti che - pur essendo gli "iniziatori" di tali percorsi hanno solamente
un contatto indiretto con gli altri attori coinvolti e non fanno parte del
processo formativo.
Si è quindi pensato di coinvolgere solo i coordinatori/formatori dei
percorsi integrati e quindi coloro che sono direttamente in contatto con gli
allievi.
L’area delle scuole superiori coinvolte
Alcuni dei presupposti caratterizzanti la prima area potevano
presumibilmente essere validi anche per l'area della scuola. Anche in questo
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caso si tratta di attori coinvolti a diversi livelli di distanza dal processo di
formazione e di professionisti della formazione abituati al monitoraggio
della propria attività professionale.
Infatti presidi e insegnanti curriculari hanno una distanza maggiore
dall'attività formativa professionalizzante essendo invece coinvolti
nell'approvazione dei progetti di formazione e non nella realizzazione
quotidiana dei percorsi di formazione.
Quest'ultima caratteristica è invece propria degli insegnanti di
sostegno - che in maniera paragonabile ai formatori/coordinatori dei CFP
prendono parte attiva nella realizzazione dei corsi. Si è scelto di coinvolgere
solamente questi ultimi nella prima fase della ricerca. La similitudine dei
ruoli ci ha inoltre permesso di adoperare un questionario unico rivolto ai
formatori/coordinatori del CFP e gli insegnanti di sostegno/coordinatori
delle scuole
L’area delle aziende coinvolte
L'area delle aziende coinvolte si presenta invece con alcune
caratteristiche diverse. Si tratta, infatti, di professionisti non strettamente
appartenenti alla formazione di disabili anche se danno un contributo
importante sia alla realizzazione del progetto formativo, sia
all'apprendimento della mansione.
Ritroviamo anche in questo caso la differenza fra attori direttamente
coinvolti nel processo della formazione, i tutor aziendali, ed i dirigenti
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d'azienda la cui funzione è determinata soprattutto dalla tutela
dell'andamento produttivo dell'azienda e che di conseguenza valutano
l'inserimento degli stagisti sotto questo punto di vista.
Se da un lato l'inserimento di un disabile comporta un impegno in
termini di tempi e organizzazione del lavoro (necessità di un tutor) dall'altro
la forma dell'inserimento - tirocinio riduce il rischio dell'assunzione non
mirata e dà all'azienda la possibilità di sperimentare l'integrazione dei
disabili nel proprio ciclo produttivo. Abbiamo quindi deciso di rivolgerci sia
agli uni che agli altri.
L’area dei servizi sociosanitari
Completamente diversa rispetto alle aree finora prese in esame si
presenta la situazione nell'area dei servizi sociali. Non si tratta, infatti, di un
area che prevede attori direttamente coinvolti nelle attività formative. Il
ruolo dei servizi sociali all'interno dei percorsi formativi è invece
caratterizzato da procedure standardizzate relative all'invio e al
monitoraggio e dalla funzione di supporto per le famiglie degli allievi
coinvolti. Gli attori dei servizi gestiscono inoltre i passaggi di informazioni
ai Polo Handicap Adulti.
Più vicini alle attività di formazione sono gli operatori ASL che
seguono i percorsi preposti alla programmazione formativa degli utenti H in
quanto svolgono un ruolo di raccordo e monitoraggio tra i formatori e le
famiglie degli allievi coinvolti.
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I referenti clinici, invece, sono coinvolti nei progetti soltanto nei casi
particolarmente complessi e , ove necessario, nella presentazione clinica del
caso. Vengono coinvolti anche nelle situazioni in cui è necessario
raccordarsi con altre figure (educatori del tempo libero, assistenti di base
terapisti della riabilitazione) per l'eventuale definizione di obiettivi
trasversali utili alla presa in carico globale dell'utente.
Il ruolo degli educatori del tempo libero è di conseguenza definito
come passaggio di informazioni e raccordo nel caso in cui il progetto di un
particolare utente preveda obiettivi più globali che richiedono un approccio
comune di tutti gli operatori coinvolti nella relazione con l'utente in
questione.
I referenti dell'InterUSL, infine, hanno il ruolo di raccolta degli invii
e di trasmissione dei nominativi scelti alla Provincia e fungono, inoltre, da
interlocutori con i progettisti del CFP nella fase progettuale.
Si evince che gli attori di questa area sono coinvolti in maniera
indiretta, se pur significativa, nell'attività formativa. Di conseguenza
abbiamo deciso di interloquire - nella prima fase della ricerca - in via
prioritaria con referenti dell'InterUSL non tramite un questionario che
potrebbe rivelare solo procedure già conosciute, ma attraverso lo strumento
dell'intervista strutturata che facilita la rilevazione di informazioni legate
non tanto alle procedure standard quanto ad eventuali scostamenti da queste
che rispecchiano bisogni formativi differenziati.
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L’area dei destinatari primari
L'area dei destinatari primari è costituita dai diretti fruitori dei
percorsi formativi e dalle loro famiglie. Nel caso di affidamento del minore
a servizi residenziali sono gli educatori delle suddette strutture che
sostituiscono il ruolo dei famigliari e cui, di conseguenza potrà essere
somministrato il questionario.
Il coinvolgimento dei membri di questa area è, a divergenza dai
membri delle altre aree, più vicino alla sfera personale. Questo vale anche
per gli educatori delle strutture residenziali che - in questo simile ai
familiari degli allievi - lavorano all’interno di un progetto che prevede la
presa in carico globale delle persone in affidamento. Il loro interesse è volto,
come per i familiari di altri allievi, ai globali processi di sviluppo e crescita
personale e professionale dei loro utenti.
Per i genitori questo interesse ha una componente più spiccatamente
affettiva e si traduce in una costante interazione con i formatori volta
soprattutto all’inserimento lavorativo dei figli.
Le famiglie, e per certi versi anche gli educatori delle strutture
residenziali, sono attori esterni alle logiche dei progetti formativi ma nello
stesso tempo più vicini alla sfera personale degli allievi. Loro, infatti,
conoscono gli allievi prima dell’inizio dei progetti formativi e nei contesti di
quotidianità. Sono, quindi, testimoni della storia complessiva dell’allievo e
possono rilevare meglio di altri attori i cambiamenti, in termini di
autonomia, realizzati all’interno dei processi formativi professionalizzanti.
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Gli allievi, infine, sono i diretti destinatari dei progetti di formazione
che riportano l’esperienza diretta del cambiamento che la partecipazione al
progetto implica. Nel continuum vicinanza - lontananza dai progetti
formativi loro si collocano sull’estremo della polarità vicinanza per due
ordini di motivi.
In primo luogo, in quanto diretti fruitori di un particolare percorso di
formazione, non hanno una visione della globalità del progetto e conoscono
invece concretamente gli oggetti formativi (aula, stage formatori e tutor)
propri del loro percorso specifico. Possono quindi dare un’immagine
dettagliata e aderente alla concretezza dell’esperienza ma non hanno la
percezione del progetto nella sua globalità e complessità.
La capacità di compiere collegamenti, strettamente connessa alla
capacità di astrazione o di eseguire valutazioni complesse, viene limitata, in
secondo luogo, dal fatto che gli allievi della formazione integrata hanno
prevalentemente diagnosi di ritardo mentale lieve o medio - lieve.
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La costruzione del questionario
Nella costruzione dei questionari era necessario tenere conto sia
della specificità delle diverse aree coinvolte nella ricerca e sopra descritte
sia di stabilire criteri omogenei atti a rilevare la processualità dei percorsi in
maniera trasversale prevedendo quindi item di rilevazione dei dati uniformi
per tutti i destinatari.
La costruzione dei questionari è di conseguenza partita dalla
stabilizzazione di aree tematiche da proporre in modo adeguato e specificato
rispettivamente per le diverse aree a tutti gli interlocutori coinvolti nella
ricerca.
Abbiamo così deciso di dividere il questionario in due ambiti principali
che riguardano:
1) Il rilevamento dei dati "oggettivi" rispetto al progetto di formazione e
alla posizione propria nel progetto di formazione in questione. I dati
rilevati in questa area riguardano:
• Il periodo del/dei progetti di formazione cui si è partecipato;
• Il proprio ruolo nel/nei progetti;
• La rete di lavoro ossia tipo, frequenza e modo di contatto con gli attori
delle altre aree coinvolte nel progetto in cui il soggetto era inserito;
• Esiti dei progetti.
2) Il rilevamento di dati più "soggettivi" che includono la valutazione
personale dell'interlocutore relativamente al/ai progetti di formazione in cui
era coinvolto. I dati rilevati in questo ambito riguardano:
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• La valutazione dell’efficienza ed efficacia della rete cui il soggetto
aveva partecipato;
• La soddisfazione personale del/i percorsi di formazione in situazione in
cui il soggetto aveva partecipato;
• La valutazione dell’efficienza ed efficacia del/dei percorsi di
formazione cui il soggetto aveva partecipato;
Una volta stabilite le aree ed i temi del questionario da sottoporre a tutti
gli interlocutori coinvolti nella ricerca si trattava di adeguare le domande
alle specifiche caratteristiche delle varie aree come sopra descritto.
Diamo, qui di seguito, una breve descrizione dei criteri specifici
adoperati nella costruzione dei questionari per ciascuna delle aree coinvolte
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Il questionario per i formatori ed insegnanti coinvolti nei progetti di formazione in situazione
Riprendendo quanto già detto nella descrizione delle aree degli attori
coinvolti nei progetti di formazione abbiamo scelto di somministrare un
questionario unico ai formatori del CFP e agli insegnanti delle scuole
coinvolte nei percorsi di formazione in situazione in quanto gli attori di
queste due aree presentano alcune caratteristiche comuni.
Entrambi hanno contatti con la stessa rete di persone e sono percepiti
dagli altri attori del campo come rappresentanti della stessa funzione
(insegnanti). Entrambi hanno per il loro ruolo familiarità con il
“background” dei percorsi formativi, sono attori della programmazione
didattica (in ambiti diversi) dei percorsi di formazione e condividono quindi
un linguaggio comune che gli attori delle altre aree (con l’eccezione, in
parte dei servizi) non conoscono.
Potevamo quindi fare affidamento su una loro conoscenza del campo
approfondita ed omogenea (uso di termini tecnici specifici, ecc.).
La pratica autoriflessiva e valutativa e la conoscenza delle
problematiche relative alla programmazione (scolastica per gli insegnanti di
sostegno e formativo - lavorativa per I formatori del C. F. P. ) permetteva
inoltre di fare uso di domande aperte in quanto ci potevamo aspettare
maggiore capacità di analisi del processo formativo da un punto di vista
interno.
In particolare abbiamo rilevato rispetto ai dati oggettivi (fra parentesi il
n° consecutivo delle domande in oggetto sul questionario in allegato 1):
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• Per il periodo del/dei progetti formativi a cui si è partecipato:
l’anzianità di servizio e l’impegno lavorativo (1 e 2);
• Per il ruolo nel/nei progetti: la differenziazione fra insegnanti di
sostegno, formatori del CFP, e coordinatori didattici (3);
• Rispetto alla rete di lavoro: la composizione del gruppo di lavoro,
l’eventuale divisione dei compiti all’interno del gruppo di lavoro, la
frequenza degli incontri del gruppo di lavoro e della rete esterna
(4,5,6,7,8);
• Rispetto agli esiti: eventuali modifiche al progetto iniziale durante il
percorso di realizzazione e il raggiungimento degli esiti da
progetto.(9,18,19).
In merito alla parte soggettiva del questionario le domande miravano a
rilevare:
• Rispetto alla valutazione di efficienza ed efficacia della rete in cui il
soggetto era inserito: stile di collaborazione all’interno del gruppo di
lavoro, processi decisionali del gruppo di lavoro, efficacia della
collaborazione con i vari attori, influenza del contesto esterno sul
lavoro di gruppo (10, 11,12,13,14,20);
• Rispetto alla soddisfazione personale/professionale relativa al/ai
percorso/i di formazione in situazione a cui il soggetto aveva
partecipato: soddisfazione del proprio ruolo, coinvolgimento e
soddisfazione complessiva (15,16,17);
• Rispetto alla valutazione dell’efficacia ed efficienza del/dei percorso/i
di formazione a cui il soggetto aveva partecipato: valutazione
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complessiva del processo e del raggiungimento degli obiettivi in chiave
soggettiva e proposte migliorative (21,22).
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Il questionario per le aziende
Nel caso dei nostri interlocutori aziendali non si tratta, come già
detto sopra, di soggetti abitualmente coinvolti in progetti di formazione per
disabili o che abbiano familiarità con il lavoro educativo - formativo.
L’obiettivo principale per l’azienda è il benessere dell’azienda stessa
e l’inserimento in stage dei/delle ragazzi/e disabili dovrà sempre essere per
lo meno compatibili con questo obiettivo.
La partecipazione ai progetti di "formazione in situazione" per il
personale coinvolto si posiziona come attività accanto al e "secondaria"
all’abituale lavoro quotidiano e la costruzione del questionario per i tutor
aziendali doveva tenere conto di questo dato.
Dagli interlocutori aziendali non potevamo aspettarci, come dai
formatori o insegnanti di sostegno, familiarità con il contesto complessivo o
con i “termini tecnici” dei progetti di formazione. Non si poteva inoltre
presumere che il personale aziendale coinvolto nei percorsi di formazione
avesse a disposizione molto tempo per rispondere alle domande di un
questionario non pertinente con il mansionario lavorativo.
Il questionario doveva essere, di conseguenza, relativamente breve e
semplice e far uso di un “linguaggio quotidiano”. Le nostre domande erano
di conseguenza così strutturate:
1) Rispetto ai dati oggettivi:
• Per il periodo del/dei progetti formativi a cui si è partecipato: anzianità
di lavoro nei progetti di formazione in situazione (2);
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• Rispetto alla rete di lavoro: frequenza e tipo di rapporto con i
formatori/insegnanti, riferimenti nell’affrontare eventuali problemi con
gli allievi (3,4,7);
• Rispetto agli esiti: indicazione dell’apprendimento di un mansionario
lavorativo e dell’eventuale miglioramento comportamentale
dell’allievo, (9).
2) In merito alla parte soggettiva del questionario le domande miravano:
• Rispetto alla valutazione dell’efficienza ed efficacia della rete in cui il
soggetto era inserito: valutazione del rapporto con insegnanti/formatori
in termini di utilità (10,11);
• Rispetto alla soddisfazione personale/professionale relativa al/ai
percorso/i di formazione in situazione a cui il soggetto aveva
partecipato: gradimento dell'esperienza, difficoltà nel rapporto con
l'allievo rispetto a mansionario, comportamento o adesione alle regole
aziendali (5,6, 12);
• Rispetto alla valutazione del efficacia ed efficienza del/dei percorso/i di
formazione a cui il soggetto aveva partecipato: utilità dell'esperienza
lavorativa, valutazione complessiva del processo (13,14,15).
L’intervista strutturata con i Servizi Sociali
L’intervista realizzata con la referente dell’InterUSL ha avuto come oggetto
una valutazione soggettiva dell’efficacia e dell’efficienza dei percorsi
formativi. Tale valutazione, proprio perché rilevata dall’esperienza del
referente del Sevizio, si estende all’analisi dei nodi critici pertinenti alle
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procedure utilizzate dall’InterUSL e relative all’invio e al monitoraggio dei
percorsi formativi.
Il questionario per i famigliari (o in alcuni casi educatori delle strutture residenziali) degli allievi coinvolti nei percorsi di formazione
Anche in questa area non poteva essere presupposta un’approfondita
conoscenza del contesto programmatico o dei termini tecnici della
formazione ed il questionario si doveva di conseguenza basare su un
linguaggio “quotidiano”.
Dall’altro canto, come già accennato sopra, i famigliari possono
essere considerati come gli interlocutori più sensibili alla percezione degli
esiti dei percorsi di formazione. Loro hanno una buona conoscenza degli
allievi prima delle attività formative e nella condivisione della vita
quotidiana possono perciò osservare eventuali cambiamenti degli allievi
fuori dal contesto del corso o dello stage in azienda (per esempio rispetto
alle capacità relazionali o le autonomie degli allievi).
Il questionario dedica, di conseguenza, uno spazio ampio alla
valutazione degli esiti del percorso di formazione in chiave “oggettiva” e
“soggettiva”.
Resta ovvio che la valutazione degli esiti dei percorsi di formazione
che ne consegue non potrà comunque essere considerata come “dato di
fatto” in quanto si tratta di percezioni che possono essere “contaminate” in
maniera considerevole da desideri e dalla relazione affettiva con l’allievo. In
particolare il questionario rileva:
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1) Rispetto ai dati oggettivi:
• Per il periodo del progetto formativo a cui si è partecipato: nessuna
domanda in quanto dato conosciuto;
• Rispetto alla rete di lavoro: domande relative all’informatore/inviante
al percorso di formazione integrata, tipo e periodicità dei contatti con i
membri della rete professionale coinvolti nei progetti di formazione
(A.U.S.L, insegnanti, formatori CFP e personale aziendale) (1,2,3);
• Rispetto agli esiti: sussistenza e tipo di cambiamenti dell’allievo in
seguito alla frequenza del percorso di formazione (cambiamenti
relazionali, cognitivi, comportamentali o relativi alle autonomie
relazionali) (11,12).
2) In merito alla parte soggettiva del questionario le domande miravano:
• Rispetto alla valutazione dell’efficienza ed efficacia della rete in cui il
soggetto era inserito: eventuale desiderio di maggiore contatto,
relativamente a quali nodi della rete professionale e modalità di
contatto preferita (in gruppo con altri genitori o individuale),
periodicità dei contatti desiderata, valutazione dell’utilità delle figure
di riferimento, coinvolgimento nei processi di decisione relativi alla
programmazione del percorso di formazione e area del eventuale
coinvolgimento (scelta dello stage, etc.) (4,5,6,7,8,9,10);
• Rispetto alla soddisfazione del percorso di formazione: giudizio
sull’utilità e importanza soggettiva dei diversi obiettivi del percorso di
formazione (13,14);
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• Rispetto alla soddisfazione e alla valutazione dell’efficacia ed
efficienza del percorso di formazione: valutazione dell’utilità del
percorso di formazione relativamente all’obiettivo dell’inserimento
lavorativo, rilevamento di punti critici relativamente alla preparazione
didattica, al periodo dello stage e al collegamento fra parte teorica e
pratica del percorso (15,16).
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Il questionario per gli allievi/destinatari del corso
Riprendendo quanto già detto sopra il questionario per gli allievi doveva
tenersi vicino all’esperienza concreta del percorso formativo senza
richiedere valutazioni complesse. Oltre allo stage, il percorso in aula e i
contatti con formatori, insegnanti e tutor aziendali, l'esperienza formativa
include anche la relazione con il gruppo dei pari all’interno del corso e ci
sembrava importante includere nel questionario anche alcune domande su
questa parte della “rete di riferimento” degli allievi.
Obiettivo dei percorsi di formazione integrata non è, infatti,
“soltanto” l’apprendimento di saperi o l’inserimento lavorativo dei/delle
ragazzi/e ma al tempo stesso il sapersi relazionare in maniera adeguata con
gli adulti e con i pari e l’“imparare” a costruire amicizie significative.
La formazione - e il “formarsi” - è legata in maniera imprescindibile
alla relazione con altri ossia:
“la modulazione soggettiva dei percorsi di costruzione della conoscenza si esprime sempre nella relazione. La relazione ne è condizione generativa, con le sue complesse implicazioni di natura affettiva, conflittuale, coinvolgente e differenziante”. (2)
In particolare il questionario per gli allievi riguardava:
1) rispetto ai dati oggettivi:
• Per il periodo del progetto formativo a cui l’allievo aveva partecipato:
nessuna domanda in quanto dato conosciuto;
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• Rispetto alla rete: domanda relativa alla costruzione di amicizie con
altri allievi e la durata di questi rapporti anche oltre il termine del
percorso formativo (5,6);
• Rispetto agli esiti: eventuale inserimento lavorativo al termine del
corso e luogo dell’inserimento (azienda o settore dove e stato fatto lo
stage o altro settore lavorativo) (2, 3);
• Inoltre: settore dello stage (1);
2) In merito alla parte soggettiva del questionario le domande miravano a
rilevare:
• Rispetto alla valutazione della rete in cui l’allievo era inserito:
percezione del sostegno che le figure della rete (professionali, ma
anche famigliari e compagni del corso) hanno dato all’allievo (4);
• Rispetto alla soddisfazione relativa al percorso di formazione in
situazione a cui l’allievo aveva partecipato: espressione della
preferenza per la parte teorica (aula) o di stage del percorso,
espressione delle difficoltà incontrate nello svolgimento dello stage
(relativa al mansionario, il rispetto degli orari o le relazioni con il
personale aziendale) (7, 8, 9, 10);
• Rispetto alla valutazione dell’efficacia ed efficienza del percorso di
formazione a cui l’allievo aveva partecipato: Valutazione dell’utilità di
ciò che si è imparato nel corso e degli ambiti in cui può essere applicato
(11, 12).
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Analisi dei questionari
Il questionario per i formatori/insegnati
Il Campione
Sono stati interpellati tutti i formatori ed insegnanti coinvolti nei
progetti di formazione in situazione fra il 1997 ed il 1999 ed è stato
compilato l’83% dei questionari somministrati per un totale di 13.
Gli insegnanti e formatori intervistati hanno quasi tutti una
pluriennale esperienza nella formazione in situazione, solo uno dei
formatori CFP vi lavora da un anno.
Il gruppo di lavoro, le decisioni e la collaborazione al suo interno e la soddisfazione del proprio ruolo
L’équipe di lavoro dei progetti è per la maggior parte composta di
formatori ed insegnanti della scuola, solo in due casi sono stati menzionati
anche i referenti U.S.L e i referenti esterni per attività modulari come
membri dell’équipe mentre le aziende non appaiono nella composizione
dell’équipe.
Il gruppo di lavoro si incontra in tutti i casi almeno una volta ogni 15
giorni, nella metà dei casi anche settimanalmente. Con una sola eccezione,
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tutti gli interpellati affermano che nel gruppo di lavoro è prevista una
suddivisione dei compiti.
La maggior parte degli interlocutori, soprattutto dei formatori CFP
riporta una spiccata differenziazione degli incarichi all’interno del gruppo di
lavoro. La metà degli insegnanti interpellati riporta invece una bassa
differenziazione degli incarichi relativa a due dei compiti del gruppo di
lavoro: il contatto con le aziende (due) e il contatto con gli allievi (uno) -.
Tutti i formatori e tutti gli insegnanti partecipanti alla ricerca affermano di
aver avuto contatto con tutte le figure della rete coinvolta nei progetti di
formazione in situazione.
La maggior parte dei formatori (5 su 7 soggetti) ma solo una parte
degli insegnanti (2 su 6) afferma di essere stato coinvolto in quasi tutte le
attività insite ai percorsi di formazione, le attività più nominate dagli
insegnanti sono la programmazione didattica, le visite stage e la valutazione
del percorso formativo degli allievi.
Quasi tutti gli intervistati definiscono la collaborazione all’interno
del gruppo di lavoro come fluida (10 su 13), fra i punti critici viene riportato
in ordine di importanza una collaborazione difficile (5 preferenze),
discontinua (4), caotica (2) e infine ostile (1 preferenza). Nessun soggetto
definisce la collaborazione come competitiva o inesistente.
Mentre quasi tutti i formatori del CFP ritengono di aver potuto
svolgere il proprio ruolo in maniera soddisfacente (6 si, 1 in parte), fra gli
insegnati il quadro è più articolato (3 si, 2 in parte e 1 no)
I nodi critici riportato sono:
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- la poca chiarezza nella definizione del ruolo (1 preferenza del CFP e 1
degli insegnanti);
- il mancato riconoscimento del ruolo (1 preferenza del CFP);
- l’impossibilità a svolgere il proprio ruolo (1 preferenza degli insegnanti)
La rete
Agli occhi degli intervistati le decisioni per il progetto venivano prese o
dal gruppo di lavoro (7 preferenze) o dai formatori del CFP (6 preferenze).
La valutazione dell’efficacia della collaborazione con gli attori della rete
dà il seguente quadro.
1) rispetto all’efficacia della collaborazione con l’ASL
3 preferenze per il sì e 10 per la risposta “in parte”
2) rispetto all’efficacia della collaborazione con le aziende
9 preferenze per il sì e 4 per la risposta “in parte”
3) rispetto all’efficacia della collaborazione con le famiglie
5 preferenze per il sì e 8 per la risposta “in parte”
Va rilevato che nessuno dei nostri interlocutori parla di una
collaborazione completamente inefficace; la maggior parte, però, vede
margini di miglioramento per quanto riguarda la collaborazione con le
famiglie e con i servizi.
Più grande è invece la soddisfazione rispetto alla collaborazione con le
aziende.
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Modifiche dei progetti durante il percorso di attuazione
Circa la metà dei soggetti interpellarti (6 su 13) afferma che ci sono
state modifiche dei progetti di formazione durante i percorsi di attuazione.
Prevalentemente le modifiche rilevate riguardano la distribuzione della
frequenza degli allievi fra aula e stage ed i contenuti del corso in aula.
L’incidenza del contesto sul lavoro d’équipe
In merito alla rilevazione dell’incidenza del contesto sul lavoro
d’équipe si può affermare che vengono ritenuti facilitanti per i formatori i
contesti dei servizi ASL e delle famiglie mentre gli insegnanti vedono come
contesti facilitanti più la stessa scuola e le aziende.
Agli occhi di tutti gli intervistati tale facilitazione viene realizzata
attraverso la disponibilità e la collaborazione; gli insegnanti ritengono
facilitante inoltre l’integrazione con i gruppi classe.
Solo 4 dei 13 interlocutori hanno rilevato contesti ostacolanti: il
contesto menzionato più spesso è la stessa scuola (un formatore e due
insegnanti). Maggiormente menzionata è la difficoltà di attuare il progetto
dovuta a contesti ostacolanti.
Mentre i formatori del CFP rilevano la non comprensione del
progetto da parte di alcuni attori della rete (ASL, famiglie, aziende e scuola
- 1 preferenza) da parte degli insegnanti gli aspetti ostacolanti sono stati
identificati nella definizione dell’orario scolastico (2 preferenze).
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Valutazione complessiva e proposte migliorative
Nessuno dei soggetti intervistati riporta che i progetti non abbiano
raggiunto gli obiettivi relativi agli allievi ma circa la metà dei nostri
interlocutori riporta un successo solo parziale.
Nella valutazione complessiva la maggior parte degli intervistati (9 su
13) affermano di voler cambiare alcuni aspetti. Riportiamo di seguito le
proposte migliorative segnalate da formatori ed insegnanti:
per i formatori
- maggiore possibilità di preselezione degli allievi;
- ulteriore affinamento degli strumenti di osservazione per la
costituzione dei gruppi e per la progettazione individualizzata
mirata;
- affinamento degli strumenti di valutazione dei percorsi formativi;
- minore burocratizzazione;
- maggiore considerazione sociale ed economica dei formatori;
- maggiore rispetto delle decisioni dei formatori;
- finanziare una ricerca che segue il percorso lavorativo dei ragazzi
usciti dal corso di formazione in situazione, paragonare il loro
percorso lavorativo con quello dei ragazzi che sarebbero stati adatti
a partecipare a corsi del genere ma non vi hanno partecipato;
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- è più la fatica che il gusto; ritengo la collaborazione con la Scuola
Media Superiore ininfluente sul percorso formativo e per gli
operatori estremamente faticosa;
- non integrarlo.
per gli insegnanti di sostegno:
- una maggiore integrazione tra il progetto e il progetto formativo
scolastico nel suo complesso con maggiore incidenza del personale
scolastico in merito alle scelte e agli indirizzi didattico formativi;
- un progetto più individualizzato che coinvolge di più la scuola nelle
scelte (stage, percorso formativo e nell’attività didattica e
formativa);
- aumentare il numero di ore a scuola, favorire l’integrazione con i
normodotati, favorire la conoscenza dei successi ottenuti
dall’inserimento lavorativo;
- io lo farei in tre anni: primo anno solo scolastico con anche la
collaborazione dei formatori del CFP; secondo anno: scuola primo
quadrimestre – secondo quadrimestre inizio stage; terzo anno: stage;
- maggiore flessibilità del monte ore della formazione e dei contenuti
per una programmazione non necessariamente predeterminata dal
progetto e per una maggiore integrazione nell’ambito scolastico.
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Il questionario per le famiglie
Il campione
Sono state contattate tutte le famiglie degli allievi (otto allievi del
Corso C.S.A.P.S.A./ISAB e sei allievi del Corso C.S.A.P.S.A./Ist. “L.
Bassi”) coinvolti nei progetti di formazione in situazione integrata realizzati
tra il 1997 ed il 1999: sette (50%) hanno risposto al questionario.
L’informazione sull’esistenza del corso proveniva nella maggior
parte dei casi dalla scuola e solo in due casi dall’operatore della AUSL.
La rete
All'interno della rete risultano consolidati i contatti con formatori,
insegnanti ed operatori AUSL. Durante il percorso formativo, infatti, quasi
tutte le famiglie hanno incontrato sia i formatori del CFP e gli insegnanti
della scuola sia gli operatori dell’AUSl. Solo una famiglia afferma di non
avere avuto nessun contatto con gli operatori AUSL durante il percorso di
formazione.
Tutti gli intervistati hanno incontrato le figure di riferimento sia
individualmente, sia in gruppo con gli altri genitori. Rispetto alla frequenza
dei contatti la maggior parte del campione intervistato (4) afferma di aver
avuto contatto con le figure di riferimento una volta ogni tre mesi, tre
famiglie riportano contatti meno frequenti (due, e in un caso addirittura solo
una volta l’anno).
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Prevalentemente sono ritenute utili come figure di riferimento i
formatori CFP (3 nominazioni). Vengono nominati inoltre gli insegnanti di
sostegno (1) e gli operatori dell’AUSL (1) ma va riportato anche che due
delle famiglie ritengono che nessuna delle figure della rete professionale sia
stato di particolare utilità per loro. Dato questo che bisognerà approfondire
durante la seconda fase della ricerca attraverso lo strumento delle interviste
aperte.
Il desiderio espresso è di aumentare complessivamente gli incontri
con insegnanti e formatori e soprattutto con gli operatori dell’AUSL (5
preferenze).
Il locus of control
Il locus of control non è percepito come interno dalle famiglie: la
maggior parte delle famiglie (6) non crede, infatti, che le loro opinioni
abbiano influenzato il percorso di formazione e solo una famiglia afferma di
aver influenzato la scelta dello stage.
Possiamo di conseguenza presumere che il controllo sia demandato
alle figure di riferimento più presenti nella rete e più citati dalle famiglie
Tale ipotesi potrà però essere approfondita solo nella seconda fase della
ricerca attraverso le interviste in profondità.
La percezione dello sviluppo dei figli ed efficacia dei percorsi
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Tutte le famiglie coinvolte nella ricerca vedono, all’interno dei
percorsi di formazione in situazione, come prioritario l'obiettivo
dell'inserimento lavorativo dei propri figli.
Quasi altrettanto importante è però, ai loro occhi, il sostegno alla
maturazione personale degli allievi (6 preferenze). Soltanto uno dei nostri
interlocutori ritiene invece che i percorsi formativi dovrebbero servire anche
ad una maggiore scolarizzazione del proprio figlio.
In sintesi si può dire inoltre che i percorsi di formazione in
situazione sono valutati come efficaci in quanto utili sia alla maturazione
delle autonomie personali e comportamentali - tutte le famiglie riscontrano,
infatti, dei cambiamenti nel loro figlio in seguito al percorso di formazione -
che all'inserimento nel mondo del lavoro. Solo una famiglia ritiene che il
percorso di formazione in situazione sia stato un esperienza fallimentare e
non adatta per soddisfare i bisogni del proprio figlio.
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Il questionario per gli allievi
Il campione
Come nel caso delle famiglie sono stati compilati sette questionari su
un campione di 14 allievi.
La rete
La maggior parte degli allievi nomina i formatori del CFP (3
preferenze) e gli insegnanti di sostegno (2 preferenze), come figure di
riferimento più importanti. La famiglia, l’ambiente di lavoro ed i colleghi
sono stati nominati invece soltanto da un allievo.
Quasi tutti (con una sola eccezione) affermano di aver stretto
rapporti di amicizia all’interno del percorso di formazione e quattro dei sette
allievi hanno mantenuto questi rapporti anche dopo la fine del corso. Cinque
degli allievi desidererebbero più ore di lezioni in aula, mentre solo due di
loro affermano che avrebbero preferito un maggiore periodo di stage.
L’inserimento nel mondo del lavoro
Tre allievi hanno fatto lo stage nel settore della distribuzione dei
pasti, due nell’ambito del segretariato, uno nel settore floro - vivaistico ed
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uno nella distribuzione alimentare. Solo uno degli allievi è stato assunto
nello stesso settore lavorativo in cui ha svolto lo stage.
La maggior parte degli intervistati (cinque su sette) riporta di aver
incontrato difficoltà durante il tirocinio in azienda. Queste difficoltà
riguardano per lo più problemi nello svolgimento del compito lavorativo (4
preferenze, possibilità di più risposte), un allievo afferma di aver avuto
problemi con i colleghi ed un altro menziona anche il responsabile del
lavoro ed il rispetto degli orari come aree di problematicità.
La percezione degli esiti
Tutti gli allievi affermano che gli apprendimenti all’interno del corso
sono stati utili per loro. Gli ambiti di utilità maggiormente menzionati sono
la socializzazione con i compagni (4 preferenze) e l’apprendimento di un
lavoro (4 preferenze).
Due allievi riportano il rapporto con i colleghi di lavoro ed un solo
barra anche la voce “stare in aula e a scuola”.
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Il questionario per le aziende
Il campione
Sono state contattate tutte le aziende che nell'arco di due
anni hanno partecipato ai progetti di Formazione in Situazione
Integrata per un totale di 14 aziende di queste, solo 11 hanno dato la
loro disponibilità alla compilazione dei relativi questionari.
Per la compilazione dei questionari si sono resi disponibili
sette responsabili aziendali e quattro tutor. In media l'esperienza
maturata dall'azienda è stata di due anni.
La rete
Rispetto alla frequenza dei contatti tra azienda e C.F.P. questi
sono stati definiti regolari e soddisfacenti; solo in due casi i contatti
sono stati occasionali perché i responsabili aziendali non erano a
diretto contatto con l'utenza e quindi gli incontri con i formatori/
insegnanti venivano svolti dai tutor.
Gli argomenti trattati prevalentemente negli incontri
riguardavano le difficoltà dell'allievo e la definizione del
mansionario.
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La maggior parte degli intervistati dichiara di non avere
avuto difficoltà nella gestione dell'allievo (7 su 11), mentre quattro
dichiarano di sì .
Le difficoltà riscontrate afferiscono ai problemi
comportamentali rispetto ai quali i tutor si sono sentiti maggiormente
sollecitati; solo in un caso le difficoltà da superare sono state in
ambito cognitivo.
Nel caso di problemi comportamentali la soluzione adottata è
stata quella di discutere insieme al tutor, all'allievo e al formatore.
Solo in un caso è stato coinvolto anche il diretto superiore del tutor.
La percezione degli esiti
Alla domanda sull'utilità del percorso formativo per
l’allievo, quattro rispondono che è stato molto utile, cinque
rispondono che è stato utile in parte, mentre due rispondono che non
lo è stato; quindi la maggior parte degli intervistati (9 su 11) valuta
il percorso formativo come utile.
Gli intervistati che affermano che l’esperienza di stage per
l'allievo è stata utile, si ritengono soddisfatti dei miglioramenti avuti
dai ragazzi sia nell'ambito comportamentale che in quello degli
apprendimenti del mansionario.
Rispetto alla domanda sulla collaborazione con gli insegnanti
e formatori questa viene descritta unanimemente positiva .
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I quattro intervistati che hanno dato una valutazione
soggettiva positiva dello stage , la motivano sia per l'aspetto di utilità
sociale del loro impegno che per l'utilità che ne hanno ricavato i
ragazzi. I due intervistati che hanno espresso una valutazione
negativa dello stage non l'hanno legata alla scarsa produttività
dell'allievo, ma ai problemi comportamentali di difficile gestione
manifestati dall'allievo.
Nella domanda relativa alla valutazione sull'organizzazione
dell'esperienza stage quattro rispondono che sarebbero disposti a
ripeterla nello stesso modo, cinque proporrebbero di cambiare alcuni
aspetti anche se non avanzano proposte in merito, solo un
interlocutore afferma che progetti di questo tipo non sono utili.
Quindi su 11 intervistati nove dichiarano la propria
disponibilità a continuare a collaborare alla realizzazione dei
percorsi formativi.
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L’intervista strutturata ai Servizi
Rispetto alla percezione dell’efficienza del modello della
Formazione in Situazione ed in particolare al ruolo dei Servizi A.S.L., è
stata rilevata la necessita’ di un maggior raccordo con i Servizi del Polo
Handicap Adulto.
Inoltre, per quando riguarda il monitoraggio dei processi formativo –
lavorativi è stata rilevata la disomogeneità di tale operatività legata,
probabilmente, alla disponibilità diversificata in termini di ore o di densità
di utenti seguiti sul territorio. Esiste una scheda di monitoraggio elaborata
dall’InterASL ma non viene utilizzata.
In merito all’efficacia è stata rilevata una poca integrazione tra la
Scuola e la Formazione Professionale, e che, per alcuni ragazzi, è
controproducente un eccessivo periodo di permanenza all’interno della
scuola. In generale si ritiene opportuna una rotazione delle esperienze di
stage, in modo da dare la possibilità’ agli allievi di sperimentarsi in diversi
mansionari ed ambienti formativo – lavorativi.
E’ stato segnalato il rischio di isolamento relativo all’eccessiva
individualizzazione dei percorsi.
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La tavola rotonda
Metodologia e analisi dell’incontro
L’occasione della restituzione dei risultati del questionario poteva
configurarsi come un primo momento di scambio e confronto tra i nostri
interlocutori progettisti e il gruppo di ricerca. Il modello procedurale della
ricercazione previsto ha spinto il gruppo di ricerca a stimolare questo primo
confronto a partire dall’organizzazione di una tavola rotonda cui fossero
invitati a partecipare formatori, insegnanti di sostegno, referenti
dell’InterASL e funzionari della Provincia.
Punto di partenza di questo primo incontro sarebbe stato la
presentazione del lavoro da parte del gruppo di ricerca. Il primo incontro si
sarebbe così presentato come un primo passo verso la maturazione di un
gruppo allargato di ricerca che di volta in volta coinvolgerà i diversi attori
del processo formativo (tutor/responsabili aziendali, famiglie e allievi,
dirigenti scolastici) per stimolare la conoscenza reciproca, raccogliere le
opinioni dei diversi attori e offrire l’occasione per individuare i nodi critici
dei percorsi formativi.
Nei prossimi paragrafi daremo una descrizione riassuntiva dei vari
punti di vista espressi dai nostri interlocutori durante il primo incontro.
Questa "fotografia" dell'incontro si basa su una trascrizione della
videoregistrazione effettuata durante l'incontro stesso.
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Descrizione e sintesi della Tavola Rotonda
Sono stati invitati gli insegnanti di sostegno delle seguenti scuole
superiori: Istituto Statale d’Arte (ISAB), l’Istituto Tecnico Commerciale
“Enrico Mattei” ed il Liceo Psicopedagogico “Laura Bassi”, i formatori del
CFP CSAPSA coinvolti nei percorsi formativi dell’ISAB e delle Laura
Bassi, due rappresentanti dell’InterUSL e i funzionari della Provincia di
Bologna - Formazione Professionale. Erano presenti tutti tranne i funzionari
della Provincia e gli insegnanti di sostegno dell’istituto “Laura Bassi”.
Questi ultimi hanno inviato un documento di riflessione sulle esperienze
della formazione in situazione integrata.
L’incontro è stato - previo accordo di tutti i presenti - video e
audioregistrato. È stato distribuito un documento di sintesi degli esiti dei
questionari somministrati.
L’incontro si è tenuto presso la Lega delle Cooperative a Bologna
nel pomeriggio del 18.12.2000; si è aperto con la restituzione dei
questionari da parte del gruppo di ricerca cui ha fatto seguito lo scambio di
riflessioni ed esperienze fra gli interlocutori invitati.
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Il punto di vista dei formatori
La formazione in gruppo
I formatori del CFP fanno presente che il nuovo progetto di
formazione in situazione approvato prevede percorsi articolati in piccoli
gruppi (2 o 3 allievi) mentre in passato erano rivolti a gruppi più consistenti
(6/8 allievi) ). Ne consegue la mancanza di un gruppo di appartenenza e la
frammentazione dei percorsi.
Questo cambiamento ha fatto venire meno il contesto gruppale
come risorsa utile che ha una particolare importanza sia rispetto
all'influenza del processo di costruzione del gruppo sulla crescita
individuale degli allievi sia relativamente alla potenzialità che il gruppo
offre (ad es.: l’uso della differenza come risorsa, lo scambio di esperienze,
opinioni, vissuti).
Nodi critici relativamente all'integrazione con il gruppo classe
Per quanto riguarda la scelta delle attività offerte dalla scuola a cui
gli allievi partecipano con la classe (partecipazioni alle lezioni curriculari)
pensano sia importante individuare criteri di compatibilità ed adeguatezza
dell’allievo all’attività.
Rilevano inoltre che, per gli allievi, l’iscrizione alla stessa classe
(cambio compagni ogni anno) è risultata problematica
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Il rapporto con le aziende
Rispetto al rapporto con le aziende i formatori fanno presente la
difficoltà di collegare le particolari esigenze dei ragazzi con la richiesta di
mano d’opera delle aziende.
La diversificazione degli stage aziendali e il prolungamento, per
alcuni allievi, della permanenza nei percorsi formativi si è rivelata a tal
proposito uno dei mezzi più efficaci per la maturazione delle competenze
socio – professionali e per il futuro inserimento lavorativo.
Un altro punto messo in rilievo riguarda la necessità di un migliore
raccordo tra i servizi ASL, i Centri di Formazione e le aziende in modo da
mettere in rete le esigenze di queste ultime, le effettive capacita/potenzialità
degli allievi e la sperimentazione di percorsi formativi specifici da parte del
CFP.
Alcuni formatori puntano l’attenzione sulla necessità di preselezione
ed osservazione relativa alla tipologia della problematicità degli allievi
finalizzata ad un miglioramento della calibrazione sia dei percorsi sia
relativamente all'abbinamento soggetto/ambiente cruciale per la riuscita
dell’inserimento lavorativo.
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Il rapporto con le famiglie.
Un nodo critico rispetto al rapporto con le famiglie è dal punto di
vista dei formatori il fatto che le attese dei genitori sono spesso più alte
delle risorse dei figli con inevitabili delusioni rispetto all'esito dei progetti
formativi relativamente all'inserimento lavorativo.
Il Centro di Formazione si troverebbe di conseguenza nella
posizione di dover mediare fra le richieste delle famiglie e le esigenze delle
aziende relative alla prestazione lavorativa degli allievi. Nello stesso tempo
alcuni formatori rilevano che i genitori tendono ad avere un atteggiamento
di iperprotezione verso i figli che rende più difficile il lavoro educativo
sullo sviluppo delle autonomie degli allievi.
La comunicazione con la scuola.
Per quanto riguarda la comunicazione tra gli insegnanti ed i
formatori questi ultimi rilevano l’esigenza di costruire un linguaggio
comune che possa diminuire le difficoltà intercorse ed individuano nella
ricerca un’occasione di scambio proficuo.
I formatori sostengono inoltre la necessità di diffondere
l'informazione sulla formazione integrata all'interno delle scuole.
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Il punto di vista degli insegnanti di sostegno
Non si può identificare un comune “approccio” degli insegnanti al
tema. Diamo di conseguenza un riassunto dei loro punto di vista diviso in
due gruppi più simili fra di loro: la rappresentante dell'ISAB ed i
rappresentanti delle Laura Bassi - rappresentate però soltanto attraverso un
documento inviatoci via Fax - da un lato e gli insegnanti dell'ITC Mattei
dall'altro lato.
ISAB e Laura Bassi
L'importanza della permanenza a scuola.
La rappresentante dell'ISAB e le insegnanti delle “Laura Bassi” -
sottolineano l’importanza di una permanenza più lunga all’interno della
scuola in modo da favorire la socializzazione con i coetanei. In particolare
la rappresentante dell'ISAB propone di programmare percorsi strutturati che
si dividono in cinque anni di frequenza scolastica cui segue una seconda
fase biennale di formazione in situazione attraverso i tirocini aziendali come
nei progetti attuali della formazione in situazione.
Ciò può favorire una progettazione mirata ad ogni singolo ragazzo.
La proposta si articola in un periodo iniziale in cui sarebbe prevalente il
tempo scuola mentre negli ultimi anni è prevalente la formazione in
situazione.
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Richiesta di follow-up.
La rappresentante dell’ISAB propone di instaurare una ricerca di
follow up sui percorsi di formazione in situazione che potrebbe fornire una
base più sicura per la valutazione dell'efficacia ed efficienza dei percorsi
finora approvati e la progettazione di eventuali modifiche migliorative.
L'I.T.C. Mattei
La difficile integrazione degli allievi certificati nel gruppo classe.
Le due insegnanti di sostegno dell’I.T.C. Mattei presenti all’incontro
mettono in rilievo il divario fra la programmazione didattica della scuola per
i normodotati e le capacità degli allievi certificati per i quali tali programmi
di regola risultano essere troppo astratti e complessi da poter essere seguiti.
Gli allievi certificati e gli insegnanti di sostegno rischiano, di conseguenza,
di trovarsi emarginati dalla quotidianità dei processi formativi interni al
gruppo classe di appartenenza degli allievi; le attività di socializzazione e di
integrazione si concretizzano quindi o nei momenti di socialità propri (la
pausa, la merenda...) o attraverso le attività laboratoriali che però non
sempre coinvolgono tutta la classe.
Gli insegnanti dell'I.T.C. Mattei sottolineano inoltre la
differenziazione tra ragazzi certificati che vivono bene il contesto scuola e
ragazzi che vivono tale contesto come frustrante. Di conseguenza la scuola
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può, a loro avviso, essere un luogo protetto per alcuni ragazzi a patto che
riesca a "far sentire il meno possibile l’inadeguatezza dell’allievo”.
Utilità dei gruppi formativi per gli "utenti" della formazione in situazione.
Gli insegnanti dell'I.T.C. Mattei valutano inoltre utili e positive le
esperienze formative realizzate attraverso gruppi non troppo piccoli: tali
percorsi formativi hanno permesso una buona integrazione sia tra gli allievi
del gruppo della formazione in situazione che con le diverse figure
professionali coinvolti nel lavoro (insegnanti, formatori C.F.P.).
Il punto di vista degli operatori dell’INTERASL.
L'importanza delle esperienze formative al di fuori dalla scuola
Da parte degli operatori dell’InterASL è stato messo in rilievo la
necessità di far interagire i ragazzi certificati con realtà al di fuori
dall’ambiente scolastico in quanto la scuola rischia di perseverare vissuti di
inferiorità. In questo senso l’eccessiva permanenza a scuola potrebbe a loro
avviso creare ulteriori problemi per alcuni ragazzi.
All’interno di un ambiente lavorativo reale e nello stesso tempo
“protetto”, quale può essere lo stage, gli adolescenti possono fare
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l’esperienza di apprendere abilità di un utilità concreta sia per la loro
crescita sia in vista di una futura collocazione lavorativa.
L’ambiente lavorativo dà a loro quindi la possibilità di percepirsi
come capaci (accrescimento dell’autostima) e di percepirsi come inseriti in
un percorso formativo proiettato in maniera concreta verso una loro identità
futura.
Un cambiamento delle tipologie prevalenti di handicap
Un altro argomento posto in rilievo da parte degli rappresentanti
dell’InterASL riguarda il cambiamento delle tipologie del handicap nel
corso degli ultimi anni. Mentre diventano - anche a causa dei progressi della
medicina - più rari i ragazzi con deficit alla nascita aumentano i casi che
presentano disturbi comportamentali e problematiche psichiche che si
esprimono fra l’altro attraverso ritardi dell’apprendimento.
Questo sviluppo pone nuove problematiche sia per l’integrazione
scolastica, sia al livello dell’accoglienza all’interno delle aziende. Rispetto
ai ragazzi con deficit cognitivo era necessario soprattutto trovare mansioni
lavorative adeguate al loro livello di competenza, nel caso degli allievi con
problemi psichici e/o comportamentali l’accento si pone soprattutto sulla
relazione con “l’ambiente lavorativo”.
Ciò rende meno lineare l’accoglienza dei ragazzi nel contesto
aziendale in quanto facilmente propongono un atteggiamento scostante e a
volte anche provocatorio.
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Proposte migliorative rispetto ai problemi rilevati
Per poter meglio rispondere alle esigenze degli allievi certificati con
problemi più sul versante psichico/comportamentale che di ritardo mentale i
rappresentanti dell'InterASL rilevano inanzitutto l'importanza, al loro avviso
fondamentale, di un maggiore collegamento fra CFP, aziende, servizi,
scuola e di raccordo con il SIL.
I rappresentanti dell’InterASL focalizzano l’attenzione anche sulla
durata dei percorsi: dall’esperienza risulta che i percorsi di formazione in
situazione di soli due anni sono insufficienti per ragazzi con problematicità
gravi.
Una possibile risposta al cambiamento delle problematicità consiste
a loro avviso inoltre nell’individualizzazione dei percorsi come una risorsa
che può venire incontro alle difficoltà di alcuni ragazzi a frequentare anche
solo il primo anno della formazione.
Dal punto di vista dei rappresentanti dell'InterASL è inoltre
necessario affinare gli strumenti di preselezione nonché una progettazione
mirata alle risorse dei ragazzi che presentano specifiche problematiche
comportamentali
Su alcune di queste problematiche rilevano necessario un confronto
con il Provveditorato agli Studi.
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Conclusioni
Il primo dato che si evince dall’analisi approfondita della tavola
rotonda riguarda il senso di frammentazione 1 che sembra accomunare tutti
gli attori coinvolti nell’incontro.
Tale frammentazione è rilevabile dal fatto che la maggior parte dei
contributi in questo primo incontro assume la forma dello ‘statement’: i
contributi assomigliano a dichiarazioni legate alle posizioni che ogni attore
ha nel processo formativo senza riuscire ancora ad entrare in contatto
dialogico con le posizioni degli altri attori. In altre parole i contributi hanno
per lo più un valore autoreferenziale.
Tale autoreferenzialita’ non raggiunge però ancora il livello
dell’espressione di un pensiero unitario limitandosi a sua volta
all’espressione di frammenti.
Critiche, proposte e desideri rimangono scollegati tra di loro. Il
senso di frammentazione è osservabile anche nella richiesta di una maggiore
1 La frammentazione rilevata all'interno della tavola rotonda potrebbe apparire come un fatto discrepante dalla valutazione della rete che emerge dai questionari. Questo dato, a nostro avviso, non è dovuto solo al fatto che l’approccio qualitativo alla ricerca permette l’emergere di aspetti che la raccolta quantitativa di variabili già “pensate” dai ricercatori non può portare alla luce. La discrepanza apparente è inoltre espressione del fatto che il questionario mira a valutare il quotidiano funzionamento e scambio tra gli attori della rete legato alla specificità dell’allievo. Non si valuta però, e non può essere valutato all’interno di un questionario, la capacità di dialogare all’infuori di binari già stabiliti e di instaurare una comunicazione che richiede la capacita di percepirsi come parte di un organismo autoregolato e che possa autovalutarsi.
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interazione tra gli attori della rete che all’interno del primo incontro
costituisce l’unica proposta espressa da tutti gli attori.
Volendo riassumere i nodi critici potremmo collocare le posizioni
dei vari interlocutori in un continuum i cui poli sono determinati dalla
focalizazzione sul processo formativo da un lato e sull’inserimento
lavorativo dall’altro.
L’asse che unisce queste polarità è il “senso attribuito al processo
formativo dagli interlocutori”. Si disegna di conseguenza una linea della
seguente forma:
senso attribuito al processo formativo dagli interlocutori
|---------------------------------------------------------------| focalizzazione sul
processo formativo
focalizzazione
sull’inserimento lavorativo
Descriveremo in seguito meglio questo schema riassumendo le
posizioni dei nostri interlocutori attraverso l’utilizzo del criterio della loro
vicinanza/lontananza dai poli del continuum sopra accennato.
La collocazione degli interlocutori quali le famiglie e le aziende in
questo continuum sono possibile sulla base dei dati emersi dal questionario.
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Resta ovvio che l’analisi approfondita delle posizioni si concentrerà sugli
attori presenti alla tavola rotonda.
A differenza delle famiglie l’allievo è considerato come il fruitore
con una disponibilità più/meno ampia di modulare il percorso di formazione
sulla base delle sue capacita’ e/o bisogni. Non prende pero’ attivamente
parte alla progettazione dei percorsi pensati per lui (ritorneremo più avanti
su questo discorso) e perciò non è stato collocato all’interno del continuum
che descrive il pensiero di chi progetta per rispondere al bisogno formativo
– lavorativo dell’allievo, tenendo conto della forte motivazione e delle
resistenze all’entrata dell’allievo nel mondo del lavoro.
Descrizione del continuum
Come già esplicitato è possibile immaginare un continuum relativo
al senso attribuito dagli attori del processo formativo come un segmento ai
cui estremi si pongono due polarità’ individuabili nel sistema di
vicinanza/lontananza degli attori del processo formativo agli “ambienti”
della formazione stessa: da un lato “l’ambiente formativo scolastico” e
dall’altro “l’ambiente lavorativo aziendale” (vedi schema 1).
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Schema 1
focalizzazione sul
processo formativo focalizzazione
sull’inserimento lavorativo
Maggiore
interesse
verso
“l’ambiente
formativo
scolastico”
Maggiore
interesse verso
“l’ambiente
lavorativo
aziendale”
Insegnanti di sostegno
Formatori Referenti INTERASL
Famiglie Tutor aziendali
Percezione
dell’obiettivo
prioritario: il
successo del
processo
scolastico -
formativo.
Percezione
dell’obietti
vo
prioritario:
il successo
del
processo
formativo.
Percezione
dell’obiettivo
prioritario: il
successo
dell’inserimen
to lavorativo.
Percezione
dell’obiettivo
prioritario: la
definizione di
una possibile
collocazione
lavorativa come
prospettiva per
il futuro del
figlio.
Percezione
dell’obiettivo
prioritario: la
partecipazione ad
un’azione con un
valore sociale
alto; il contributo
alla produttività’
aziendale.
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Gli insegnanti di sostegno, sebbene condividono con i formatori
l’obiettivo prioritario dei percorsi lavorativi, percepiscono l’ambiente scuola
come luogo protetto - socializzante all’interno del quale propongono di
prolungare per quanto possibile la permanenza dell’allievo.
I formatori del CFP, pur condividendo al loro interno la necessità e
l’utilità del percorso formativo lavorativo, percepiscono l’ambiente
aziendale come l’ambiente più consono allo sviluppo dei processi di crescita
socio - lavorativa ed autonomizzazione dell’allievo e conferiscono, quindi, a
questo ambiente una maggiore rilevanza all’interno del processo formativo.
Entrambi pero’ lasciano emergere (attraverso le proposte di follow
up, di maggiore diffusione di informazioni all’interno del contesto
scolastico e di maggiore dialogo con l’interfaccia aziendale) sia degli aspetti
conflittuali relativi alla centralità’ del processo formativo sia un senso di
incompletezza della visione globale del processo che avvalora l’ipotesi,
sopra descritta della percezione frammentata degli attori.
I rappresentanti dell’InterASL mostrano una visione più globale
della tematica formativa; riconoscono l’importanza formativa dell’ambiente
aziendale e si collocano ad un livello più esterno dal processo formativo o
per lo meno diverso in quanto identificano come centrale la tematica
dell’inserimento e della futura collocazione lavorativa degli utenti. Questa
posizione è in parte dovuta al fatto che il loro interesse è anche centrato
sulla formulazione delle prospettive post – formative. Tali prospettive, se
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per l’utenza disabile sono facilmente identificabili, diventano meno certe
per gli allievi con problematiche psichiche o comportamentali.
Considerazioni sull’evoluzione del modello.
Estremizzando la discrepanza fra le due polarità (la permanenza
all’interno dei percorsi formativi da un lato e l’immediato inserimento
lavorativo, senza una permanenza a scuola percepita come "inutile" e
"frustrante", dall’altro lato) sembra configurarsi un out/out fra i bisogni di
"spazio per la maturazione e crescita personale" e la "progettazione di un
reale futuro (lavorativo)" difficilmente risolvibile.
Per poterne uscire è necessario innanzi tutto "ammettere" che si
tratta di un dilemma reale. I bisogni dell’allievo non sono – e lo sono ancora
meno con il cambiamento delle tipologie dell’handicap prevalenti descritte
più avanti – facilmente subsumibili alla logica di un mercato di lavoro che li
valuta attraverso il criterio della produttività. L’esperienza dell’accoglienza
in stage dell’allievo con una diagnosi di ritardo ha, per l’azienda, una
duplice valenza: produce un utile produttivo (seppur minimo) e rappresenta
il tramite del proprio impegno sociale.
L’esperienza di stage per l’allievo si concretizza in apprendimenti
che danno al corsista stesso una maggiore possibilità di trovare una
collocazione lavorativa (aiutato in questo anche dai vantaggi fiscali e dalla
legge relativa all’obbligo d’assunzione). Su un altro piano si collocano le
esperienze di stage per gli allievi con disturbo psichico - comportamentale:
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l’esperienza si colloca all’interno del contesto aziendale con la connotazione
del rischio, a volte, di danneggiare la produttività dell’azienda o il clima
lavorativo. L’allievo potrà, quindi, essere tollerato all’interno dell’azienda
durante il periodo di stage (che non comporta alcun obbligo d’assunzione)
ma tale tolleranza non è garante della riuscita del processo formativo, anzi.
Rispondere a questa difficoltà con il prolungamento dei percorsi
formativi intrascolastici, siano essi integrati con la classe od organizzati
come percorsi "speciali", permette sì di dare maggiore rilievo alla
crescita/maturazione dell’allievo ma rischia, lì dove le motivazioni e le
abilita’ necessarie all’entrata nel mondo del lavoro non siano ben strutturate,
o di costruire una serie di occasioni fallimentari o, nel caso in cui l’allievo
arrivi a conclusione del percorso formativo, di non trovare una successiva
collocazione lavorativa in quanto “certificato” ma né invalido né in grado di
gestire i livelli produttivi standard.
Non esiste una risposta semplice e schematizzata a questo dilemma.
Le logiche dei progetti formativi per allievi certificati non potranno
cambiare le logiche del mercato di lavoro. Una possibile "via d’uscita" è
comunque a nostro avviso stata accennata dai rappresentanti dell’InterASL
quando prospettano la necessita’ di una maggiore individualizzazione dei
percorsi. Ciò non dovrebbe pero’ implicare la separazione dei percorsi in
corsi individuali - escludendo quindi la dimensione gruppale rilevata come
fondamentale dai formatori e da alcuni insegnanti di sostegno - ma una
progettazione individualizzata che, allontanandosi da schemi prefissati, sia
capace di posizionare il singolo allievo al centro del progetto.
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Sarà così possibile pensare progetti, più o meno lunghi, che
prevedono, in maniera differenziata per ogni allievo, una o più fasi di stage,
in ambiente più o meno protetti, che includono percorsi formativi in aula
con altri allievi certificati e/o in classe (se si valuta utile); ma sarà anche
possibile progettare percorsi che includono attività formative e non, come il
gioco e la partecipazione a processi psicoterapeutici / riabilitativi al di fuori
della scuola e dell’azienda quali luoghi tradizionali della formazione. Il
centro di ogni progetto dovrebbe cosi’ diventare il particolare allievo che
viene preso in carico come "soggetto", con i suoi bisogni (espressi o meno)
che possono essere formativi, educativi o terapeutico/riabilitativi. Senza
questo centrarsi sulla particolarità soggettiva dell’allievo anche la
Formazione in Situazione rischia a riprodurre ciò contro cui (fra le altre
cose) era stata creata ossia di fare dell’allievo certificato un essere "negato
nell'essere soggetto della propria esistenza; … la persona … ridotta ad
oggetto - passivo dell'assistenza benevola nei suoi confronti", come
abbiamo scritto nella premessa a questa ricerca.
Tutto ciò non sarà possibile senza una maggiore integrazione fra gli
attori della formazione in situazione. L'integrazione non è solo un obiettivo
formativo o socio - educativo ma anche una modalità di lavoro. Si può
riprendere quello che scrive Paul Ricoeur:
"Noi non viviamo né in orizzonti chiusi, né in un orizzonte unico. Nella misura stessa in cui la fusione degli orizzonti esclude l'idea di un sapere totale e unico, questo concetto implica la tensione tra il proprio e l'estraneo, tra il vicino e il lontano. Il gioco della differenza è così incluso nella messa in comune".
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Attraverso questo "spazio di esperienza" l'allievo si crea
un’intenzionalità reale che gli apre un "orizzonte di vita e di senso", sia sul
piano psico - esistenziale che socio - professionale.
L’inserimento lavorativo dell’allievo dovrà in tutto ciò comunque
rimanere una finalità centrale dei progetti. La nostra proposta non può
quindi essere un rimedio o una via di uscita definitiva dal dilemma sopra
descritto. Anche se non pensiamo che l’identità dell’allievo certificato
(come la nostra) sia definita soprattutto o per la maggior parte attraverso il
lavoro rimane vero che nella nostra società senza identità di lavoro o – per
abbassare un po’ il ‘tiro’ – senza un posto di lavoro difficilmente un
individuo può sviluppare un’identità autonoma. Nei futuri progetti di
formazione in situazione (e nella prosecuzione della nostra ricerca) una
parziale risposta a questo dilemma potrà prevenire probabilmente soltanto
da un maggiore coinvolgimento delle aziende, o meglio dai grandi
rappresentanti del lavoro (confederazioni delle imprese, sindacati…) nella
rete e nei processi di riflessione e sensibilizzazione.
NOTE 1) (Lewin: Field theory in social science, in: A.Ossicini: Kurt Lewin e la
psicologia moderna, Armando editore 1972, pag.115)
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Bibliografia
A.Ossicini: Kurt Lewin e la psicologia moderna, 1972, Armando editore Morelli, Ugo; Weber, Carla: Passione e apprendimento - Formazione-Intervento: Teoria, Metodo, Esperienze, Raffaela Cortina Editore, Milano 1996
Quaglino Gian Piero, Ermolli Giovanna: La Formazione - Criteri e metodi di Valutazione, Franco Angeli Psicologia, Milano 1986
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1985).
P.Bertolini: L'esistere pedagogico (Fi-1987).
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E.Montobbio: Handicap e lavoro (GE-1082).
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M.Cannao - Moretti: Handicap e lavoro (GE-1083).
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G.Lapassade: L'autogestione pedagogica (Mi-1977).
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M.s.Vegetti: L.V.Vygotsky (Mi-1993).
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E.Morin: Il Metodo (Mi-1987).
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M.Heidegger: L'Essere e il Tempo (Mi-1980).
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Alain Goussot: Handicap e il modello della formazione integrata nella
scuola media superiore nella provincia di Bologna (in Sindrome Down
Notizie-maggio1997 - n° 2).
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Indice
I Corsi di Formazione in Situazione Integrati nella Scuola Media Superiore: genesi ed evoluzione di un modello formativo -------- 2 Premessa -------------------------------------------------------------------- 2 Quadro normativo---------------------------------------------------------- 4 Il modello della formazione integrata nella Scuola Superiore.--- 6 La formazione integrata come ricerca in azione: l'organizzazione e la sperimentazione.------------------------------------------------------------ 7 Alcuni esempi di attività integrate e lo stage --------------------------- 8 L’evoluzione del modello nell’ultimo biennio ------------------------12 Presupposti teorici, obiettivi e metodologia della ricerca --------14 Articolazione delle fasi della ricerca -----------------------------------14 Definizione del campione -----------------------------------------------16 La mappatura-------------------------------------------------------------16 Area del Centro di Formazione Professionale coinvolto nella ricerca:-------------------------------------------------------------------------------16 Area delle Scuole Superiori coinvolte ----------------------------------16 Area delle aziende coinvolte ---------------------------------------------17 Area dei Servizi Socio - sanitari-----------------------------------------17 Area dei destinatari primari ----------------------------------------------17 L'area del Centro di Formazione professionale-----------------------18 L’area delle scuole superiori coinvolte---------------------------------18 L’area delle aziende coinvolte-------------------------------------------19 L’area dei servizi sociosanitari------------------------------------------20 L’area dei destinatari primari -------------------------------------------22 Il questionario per i formatori ed insegnanti coinvolti nei progetti di formazione in situazione--------------------------------------------------26 Il questionario per le aziende --------------------------------------------29 L’intervista strutturata con i Servizi Sociali ---------------------------30 Il questionario per i famigliari (o in alcuni casi educatori delle strutture residenziali) degli allievi coinvolti nei percorsi di formazione------------------------------------------------------------------31 Il questionario per gli allievi/destinatari del corso -------------------34 Analisi dei questionari --------------------------------------------------36 Il questionario per i formatori/insegnati -------------------------------36
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Il Campione ----------------------------------------------------------------36 Il gruppo di lavoro, le decisioni e la collaborazione al suo interno e la soddisfazione del proprio ruolo------------------------------------------36 La rete-----------------------------------------------------------------------38 Modifiche dei progetti durante il percorso di attuazione -------------39 L’incidenza del contesto sul lavoro d’équipe--------------------------39 Valutazione complessiva e proposte migliorative---------------------40 Il questionario per le famiglie -------------------------------------------42 Il campione -----------------------------------------------------------------42 La rete-----------------------------------------------------------------------42 Il locus of control----------------------------------------------------------43 La percezione dello sviluppo dei figli ed efficacia dei percorsi -----43 Il questionario per gli allievi---------------------------------------------45 Il campione -----------------------------------------------------------------45 La rete-----------------------------------------------------------------------45 L’inserimento nel mondo del lavoro ------------------------------------45 La percezione degli esiti--------------------------------------------------46 Il questionario per le aziende --------------------------------------------47 Il campione -----------------------------------------------------------------47 La rete-----------------------------------------------------------------------47 La percezione degli esiti--------------------------------------------------48 L’intervista strutturata ai Servizi----------------------------------------50 La tavola rotonda --------------------------------------------------------51 Metodologia e analisi dell’incontro ------------------------------------51 Descrizione e sintesi della Tavola Rotonda----------------------------52 Il punto di vista dei formatori--------------------------------------------53 La formazione in gruppo -------------------------------------------------53 Nodi critici relativamente all'integrazione con il gruppo classe-----53 Il rapporto con le aziende-------------------------------------------------54 Il rapporto con le famiglie. -----------------------------------------------55 La comunicazione con la scuola. ----------------------------------------55 Il punto di vista degli insegnanti di sostegno --------------------------56 ISAB e Laura Bassi -------------------------------------------------------56 L'importanza della permanenza a scuola. ------------------------------56 Richiesta di follow-up.----------------------------------------------------57 L'ITC Mattei ---------------------------------------------------------------57 La difficile integrazione degli allievi certificati nel gruppo classe.-57
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Utilità dei gruppi formativi per gli "utenti" della formazione in situazione. ------------------------------------------------------------------58 Il punto di vista degli operatori dell’INTERASL. ---------------------58 L'importanza delle esperienze formative al di fuori dalla scuola----58 Un cambiamento delle tipologie prevalenti di handicap -------------59 Proposte migliorative rispetto ai problemi rilevati --------------------60 Conclusioni ----------------------------------------------------------------61 Considerazioni sull’evoluzione del modello. --------------------------66 NOTE-----------------------------------------------------------------------69 Bibliografia----------------------------------------------------------------70