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L’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) rappresenta uno degli strumenti tributari di maggior rilievo dell’ordinamento fiscale complessivo sia per l’estensione e la generalità del campo di applicazione, sia per la funzione determinante rispetto all’obiettivo dell’autonomia finanziaria delle regioni.

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E’ stata introdotta dal d.lgs. 18.12.1997, n. 446 a seguito di un’ampia elaborazione teorica e di approfonditi lavori preparatori intorno alla individuazione di un tributo di nuova generazione il cui gettito va destinato tipicamente alle regioni.

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Si tratta di un tributo a carattere reale che essendo stato istituito con legge dello Stato non era da ritenere riconducibile alla categoria dei tributi propri della regione

Tuttavia, con l’art. 1, 43° co., l. 244/2007 si espressamente stabilito che «in attesa della completa attuazione dell’art. 119 Cost. … l’Irap assume la natura di tributo proprio della regione e, a decorrere dal 1.1.2009, è istituita con legge regionale».

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Le regioni non possono intervenire per modificare le basi imponibili, ma sono abilitate a disciplinare le aliquote, le detrazioni e le deduzioni nonché ad introdurre agevolazioni ed esenzioni (art. 1, 43° co., l. 244/2007).

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L’entrata in vigore del nuovo tributo ha prodotto un significativo effetto di sostituzione, determinando la contestuale soppressione di alcuni tributi quali l’Ilor, l’imposta sul patrimonio netto delle imprese, l’Iciap, le tasse di concessione comunale e, soprattutto, i contributi sanitari (art. 36, d.lg. 446/1997).

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Tale sostituzione è stata prefigurata come un contributo al processo di razionalizzazione e semplificazione del sistema dei tributi in quanto idonea a consentire una sensibile riduzione delle forme di prelievo tributario in capo alle imprese, ai professionisti ed ai dipendenti

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Il presupposto del tributo è costituito dall’ “esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi” (art. 2);

Tra i soggetti passivi sono compresi anche gli esercenti arti e professioni (art. 3);

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La base imponibile per i professionisti è costituita dalla “differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti all’attività esercitata, compreso l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente” (art. 8);

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IRAP E CORTE COSTITUZIONALE

Con la sentenza n. 156/2001 la Corte costituzionale ha precisato che l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione di impresa, mentre è “possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui”;

L’accertamento di tale condizione “in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto” da verificare caso per caso;

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…L’imposta ha carattere reale e colpisce un fatto economico diverso dal reddito, quale il valore aggiunto prodotto dalle unità produttive autonomamente organizzate; questa nuova ricchezza della singola attività produttiva che viene assoggettata ad imposta, prima ancora che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, si trasforma in reddito per l’organizzatore dell’attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori e costituisce idonea espressione di capacità contributiva del soggetto che, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione.

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…A conclusioni del pari negative è pervenuta la Corte per quanto concerne l’eccepita violazione del principio della capacità contributiva e di quello della tutela del lavoro in tutte le sue forme,dedotta sotto il profilo che la nuova imposta determinerebbe una ingiustificata equiparazione, ai fini fiscali, tra redditi di impresa e redditi di lavoro autonomo.

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…Al riguardo, dopo aver ricordato che l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, ha affermato che la normativa denunciata non riguarda la tassazione dei redditi personali, per cui le censure riferite all’asserita equiparazione del trattamento fiscale dei redditi di lavoro autonomo a quello dei redditi di impresa risultano fondate su un presupposto palesemente erroneo; del resto, l’assoggettamento all’imposta del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, si rivela conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva, identica essendo , in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta, né appare in alcun modo lesivo della garanzia costituzionale del lavoro.

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…Peraltro, è stato significativamente aggiunto, “nel caso

di un’attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione- il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto- risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive, per l’appunto rappresentato, dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.

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…Dal rilievo, infine, che l’IRAP non colpisce il reddito

personale del contribuente, ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, è discesa la reiezione dell’eccepita disparità di trattamento in danno dei lavoratori autonomi rispetto ai lavoratori subordinati, non assoggettati all’imposta, in quanta si tratta di un prelievo che colpisce appunto gli esercenti attività autonomamente organizzate, e non anche i lavori dipendenti, la cui attività è per definizione priva del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione.

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IRAP E CORTE DI CASSAZIONE

Di recente la Corte di Cassazione ha stabilito che sussiste

autonoma organizzazione quando ricorre almeno uno dei

seguenti presupposti, da valutare caso per caso: a)

impiego, in modo non occasionale di lavoro altrui; b)

utilizzo di beni strumentali eccedenti, per quantità o

valore, le necessità minime per l’attività (Cass. nn.

3673/2007 e 8374/2008);

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…Le sentenze rese riguardano esercenti arti e professioni, per i quali si è formata cospicua giurisprudenza di merito dal 1997 ad oggi; per gli imprenditori la Cassazione sembra condividere l’assunto della Corte Costituzionale, secondo cui l’esistenza di un’organizzazione dotata di autonomia sia requisito connaturato alla nozione stessa di attitivà d’impresa (sent. nn. 3676 e 3678).

Nell’esaminare le specifiche fattispecie, affiora l’indirizzo interpretativo che vede l’assoggettabilità all’Irap solo di quei contribuenti dotati di un’organizzazione di beni o lavoro altrui idonea a configurare una struttura autonoma, separata ed aggiuntiva, che configuri una capacità contributiva che si identifica col dominio sui fattori della produzione e con la potenzialità economica e produttiva.

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…L’autonoma organizzazione, quindi, va intesa non come

libertà di organizzare tempi e modi del proprio lavoro, e quindi come auto-organizzazione, ma come possesso di una struttura capace di una potenzialità produttiva distinguibile da quella del singolo professionista (etero-organizzazione).

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…Tuttavia la Cassazione ritiene che incomba sul

professionista o sull’imprenditore l’onere probatorio in merito all’insussistenza di detta struttura organizzativa nell’esercizio in concreto dell’attività, che richiede un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito (tesi sostenuta nella citata sentenza della Corte Costituzionale n. 156/2001).

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…Così, nella sentenza n. 3680 del 16 febbraio 2007 la Cassazione afferma: <L’individuazione del concetto di “autonoma organizzazione”, comporta che si tratti di un’organizzazione di cui sia responsabile, in qualsiasi forma, lo stesso professionista (il che porta ad escludere dall’area dell’imposizione tutte quelle ipotesi in cui egli sia inserito in una struttura organizzata da altri nel proprio interesse) e che tale organizzazione non si esaurisca nella mera autoorganizzazione del lavoro individuale, ma comporti l’utilizzo di beni strumentali mobili, diversi dagli strumenti indispensabili per l’esercizio dell’attività, o immobili, a qualsiasi titolo posseduti - e/o di lavoro altrui, organizzati in modo da accrescere in modo apprezzabile la capacità di guadagno del lavoratore autonomo (nel caso di specie una presentatrice televisiva)>.

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…Nella sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007 la Corte esplicita il

medesimo concetto usando altre locuzioni: <Il requisito dell’“autonoma organizzazione” ricorre quando il contribuente: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso (nel caso di specie un avvocato) dell’imposta, asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni sopra elencate>.

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…La Suprema Corte ha poi riconosciuto nella sentenza n. 3674, di

pari data, che il requisito dell’“autonoma organizzazione” avrebbe portata oggettiva, precisando che non é necessario che l’apparato organizzativo del professionista (nel caso specifico un pediatra) raggiunga un grado di autonomia tale da eclissare la figura e l'opera dell'esercente arti e professioni. E’ quindi rigettata quell’opinione che vede nell’intuitus personae delle professioni intellettuali, e quindi l’indispensabilità del titolare dell’attività, l’elemento che esclude l’applicazione dell’Imposta.

Lo stesso principio trova riscontro nella sentenza n. 3675.

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…La sentenza n. 3672, di pari data, conferma che

l’assoggettamento ad IRAP si ha solo quando l’attività dia luogo ad un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso, di guisa che l’imposta non risulti applicabile ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si sia avvalso il contribuente (nella fattispecie concreta un dottore commercialista) costituiscano un mero ausilio della sua attività personale, simile a quello dei collaboratori continuativi o dei lavoratori dipendenti.

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…La Corte fa poi riferimento, nella sentenza n. 3673, a

parametri quali la non occasionalità nell’impiego di lavoro altrui e l’utilizzo di beni eccedenti il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività.

In buona sostanza può affermarsi che l’orientamento accolto dalla Corte di Cassazione sia complessivamente equidistante dalle due tesi contrapposte: quella per cui si riconduce la soggettività passiva dell’Imposta in capo a tutti i titolari di reddito di lavoro autonomo e d’impresa, nessuno escluso; l’altra che vede insussistente il requisito imprescindibile dell’autonoma organizzazione laddove il libero professionista svolga un’attività intellettuale, in cui l’intuitus personae rende la sua prestazione infungibile.

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…La Cassazione esclude l’imponibilità solo nelle ipotesi in cui il

professionista non superi il minimo indispensabile di dotazione organizzativa; per definire i limiti entro i quali l’organizzazione non prevarrebbe, la Corte ha fatto uso di locuzioni quali <mezzi personali e materiali costituenti il mero ausilio della sua attività personale>, alla stregua di quelli di cui dispongono soggetti quali i lavoratori dipendenti o i collaboratori continuativi (sent. n. 3673), oppure quali l’esistenza di un apparato che sia <sostanzialmente ininfluente>, perché non idoneo a rendere più efficace o produttiva l’attività (sent. nn. 3676 e 3677), o più concorrenziale ed in condizione più favorevole di quella avuta in sua assenza, nel senso che fornisca il professionista di un <effettivo qualcosa in più> (sent. n. 3677); ha fatto riferimento alla necessità di un’indagine di fatto che accerti in quale misura i beni strumentali o il lavoro altrui incidano su costi ed oneri esposti dal contribuente in dichiarazione dei redditi (sent. n. 3675).

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…Uno degli elementi di maggior pregio nelle pronunce rese è

l’aver riconosciuto la preponderanza dell’aspetto qualitativo dei fattori produttivi costituenti l’organizzazione (es. sent. n. 3680); uniche sentenze in cui è dato particolare rilievo all’aspetto meramente quantitativo, in riferimento all’esiguità o meno del valore dei beni strumentali e dell’apporto altrui è contenuto nelle decisioni nn. 3675 e 3679.

Ulteriori questioni chiarite dalla Cassazione sono: la spettanza dell’onere probatorio, posto in capo al contribuente, che deve dimostrare l’assenza dell’autonoma organizzazione o, rectius, la sua irrilevanza quantitativa e qualitativa; la infondatezza dell’istanza di rimborso in presenza di condono tombale ex art. 9 L. n. 289/2002 (orientamento già espresso nelle sentenze nn. 3273/2006, 15635/2004, 195/2004, 3163/1997).

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IRAP E CIRCOLARI AG.E.Con la circolare n. 45/E/2008 l’Agenzia delle

entrate ha fatto leva sui requisiti previsti per l’accesso al cosiddetto regime dei minimi per arrivare ad individuare dei parametri cui fare riferimento per apprezzare l’esistenza, o meno, dell’organizzazione;

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Con la Circolare del 14/04/2009 n. 16 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all'articolo 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, che introduce la parziale deducibilita', ai fini delle imposte sui redditi dell'imposta regionale sulle attività produttive che colpisce il costo del lavoro e gli oneri per interessi sostenuti dalle imprese e dai professionisti, in quanto componenti negativi non ammessi in deduzione nella determinazione del valore della produzione da assoggettare al tributo regionale.

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La deduzione forfetaria, pari al 10 per cento dell'IRAP versata, puo' essere fatta valere in sede di determinazione del reddito a condizione che alla formazione del valore della produzione imponibile abbiano concorso spese per lavoro dipendente oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella determinazione della base imponibile Irap.

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Con la circolare del 28/05/2010 n. 28 l’Agenzia delle Entrate ha fornito istruzioni agli Uffici in ordine al contenzioso pendente in relazione:

- Attività ausiliarie del commercio di cui all’art. 2195 1° comma n.5 del c.c.;

- Autonoma organizzazione – utilizzazione di beni e servizi;

- Attività di medico di medicina generale;

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Si considerano contribuenti minimi coloro che:a) nell’anno precedente: - hanno conseguito compensi non superiore a € 30.000,00; - non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori;

b) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisto di beni strumentali per un importo complessivo superiore a € 15.000,00.

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CORTE DI GIUSTIZIA: Irap e IvaA parere di autorevole dottrina, l’identità della base

imponibile tra Iva ed Irap renderebbe quest’ultima illegittima, sia perché concretizzerebbe una doppia tassazione e sia perché violerebbe il dettato comunitario.

L’identità di struttura tra le due imposte è ravvisata in particolare nella traslazione del carico tributario sul prezzo dei prodotti e servizi commercializzati; traslazione che, però, nell’Irap è solo eventuale.

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…Con ordinanza della Commissione tributaria provinciale di

Cremona 9 ottobre 2003, è stata sottoposta al vaglio della Corte di giustizia delle Comunità europee la questione della sua compatibilità con l’ordinamento comunitario, sul rilievo che si tratterebbe di imposta simile all’IVA; la nuova imposta si rivelerebbe, infatti, in contrasto con la sesta direttiva IVA, laddove, al fine di impedire l’introduzione di imposte che danneggino il sistema comune dell’IVA, fa divieto agli Stati membri di applicare qualsiasi imposta, diritto e tassa avente il carattere d’imposta sulla cifra d’affari e che perciò possa essere assimilata all’IVA sotto il profilo dell’oggetto del tributo (il valore aggiunto) e dell’ambito di applicazione (generalità e proporzionalità dell’imposta).

Sono state, in proposito, rilevate molteplici somiglianze tra le due anzidette imposte.

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…Pertanto, è stato chiesto alla Corte di giustizia di

pronunciarsi pregiudizialmente se l’art. 33 della direttiva77/388/CEE (così come modificato dalla direttiva 91/680/CEE) debba essere interpretato nel senso che vieti di assoggettare all’IRAP il valore della produzione netta derivante dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla produzione di servizi.

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…Il problema della compatibilità dell’IRAP con la

normativa comunitaria era stato già affrontato quando si è trattato dell’istituzione dell’anzidetto tributo, e risolto in senso positivo, dalla Commissione di studio che aveva esaminato le possibili misure per il finanziamento degli enti locali (Commissione Gallo); le considerazioni in tale occasione svolte vanno certamente condivise ove si tengano presenti le origini storiche, il presupposto e la capacità contributiva delle due menzionate imposte.

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…L’IRAP, infatti, nel perseguimento delle anzidette finalità di finanziamento degli enti locali, ha preso sostanzialmente il posto di imposte considerate tradizionalmente come tributi diretti, quali l’ILOR, l’ICIAP, l’imposta netta sul patrimonio delle imprese , o , comunque, del tutto lontani da un’imposta sulla cifra d’affari, quali la tassa di concessione governativa per l’attribuzione del numero di partita IVA ed il contributo per il servizio nazionale sanitario;

l’IVA, invece, istituita per realizzare un mercato unico nell’ambito della Comunità europea, ha preso il posto dell’IGE che era un’imposta sulla cifra d’affari e si differenzia da questa per il fatto che non è tributo plurifase a cascata, ma è proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle transazioni intervenute nel processo di produzione o di distribuzione antecedente alla fase impositiva.

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…Ugualmente differente è il presupposto delle due imposte:

l’IRAP è costituito dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi e riguarda, in sostanza, il momento della determinazione del così detto valore della produzione;

l’IVA colpisce gli atti di cessione di beni e le prestazioni di servizi e cioè il consumo e i consumatori e non l’attività produttiva e il produttore, anche se la legge fa riferimento formalmente, quale suo presupposto, alle cessioni e prestazioni di servizi e , quali soggetti passivi, agli imprenditori ed agli esercenti arti e professioni.

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…Vero è, poi, che sia l’IVA che l’IRAP colpiscono il

valore aggiunto, ma nell’IVA, il valore aggiunto oggetto di imposta è quello che risulta al termine del ciclo economico e precisamente nella fase del consumo, mentre nell’IRAP il valore aggiunto è determinato nella fase della produzione indipendentemente dalla distribuzione dei beni e servizi prodotti, per cui si configura con le caratteristiche proprie di un’imposta di tipo reddituale .

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…Ne deriva che per l’IRAP, la capacità contributiva assume

carattere reale e impersonale in cui la manifestazione della ricchezza è data dalla combinazione di uomini, capitali, macchine materiali, conoscenza tecnica, capacità imprenditoriali e manageriali; l’anzidetta capacità contributiva , quindi, è distinta da quella personale dei singoli percettori del reddito destinatari del valore della produzione netta.

D’altra parte, come ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, cit., il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate costituisce valido indice di potenzialità economica del quale il legislatore può legittimamente avvalersi, in quanto rientra nell’esercizio della sua discrezionalità l’individuazione di un indice di capacità contributiva diverso da quello utilizzato ai fini di ogni altra imposta.

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…Nell’IVA, la capacità contributiva non è quella

dell’imprenditore o dell’esercente arte o professione, i quali costituiscono solo un tramite per l’applicazione del tributo, ma del soggetto consumatore finale che, nel ciclo impositivo, resta definitivamente inciso dal tributo.

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…Un’ulteriore differenza è data, ove si consideri il criterio

del beneficio:

per l’IVA il beneficio è dato dal consumo e quindi rivela nei confronti dei consumatori,

mentre per l’IRAP, il beneficio consiste nell’utilità che i soggetti passivi ritraggono dai servizi pubblici resi dalla regione.

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…Le considerazioni fin qui svolte sono avvalorate dall’esame della

disciplina della base imponibile:

L’IRAP colpisce il valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione;

nell’IVA, la base imponibile è costituita dall’ammontare complessivo di ciò che è dovuto al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali pattuite in corrispettivo delle cessioni o prestazioni di servizi, per cui la base imponibile non è costituita dalla differenza tra l’ammontare delle vendite e quello degli acquisti, ma dall’importo complessivo pattuito per l’effettuazione delle operazioni così dette attive.

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…Si è, quindi, in presenza di due diverse nozioni di valore

aggiunto: di tipo economico per l’IRAP; di tipo consumo per l’IVA.

Pertanto la Corte di giustizia della Comunità europea, con sentenza della Grande sezione del 3 ottobre 2006 (procedimento C- 475/03) , ha ritenuto che “l’art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari- Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche dell’imposta di cui si discute nella causa principale”.