dizona_aprile2011

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47 un quartiere in movimento... un movimento di quartiere il periodico informativo di Vanchiglia www.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected] aprile 2011 M entre scrivo ricorre il secondo anni- versario del terremoto che alle 3:32 del 6 aprile 2009 distrusse L’Aqui- la uccidendo 308 persone e ferendone oltre 1.600. Una tragedia collettiva provocata solo in minima parte dalla natura, il cui prevedibile (e previsto…) effetto distruttivo è stato amplifi- cato e moltiplicato dalla colpevole svogliatezza delle istituzioni (Protezione Civile in primis) e ancora oggi dalle speculazioni criminali del governo e della sua corte di avvoltoi e arrivi- sti che hanno “cavalcato” la catastrofe facen- do passare –o almeno provandoci– un vero e proprio assalto alle persone, alle loro vite, alla loro cultura e al loro territorio per una brillan- te operazione di ricostruzione post-terremoto. In molti non ci siamo cascati (nonostante le grandi manovre di abbagliamento del G8…), e bastano l’abbandono e la militarizzazione del dilaniato centro storico dell’Aquila per far- ci capire il livello della menzogna: “Verba vo- lant, sisma manent” gridano con indignazione alcune scritte dai muri della città. Ci pensa poi da molti mesi la squallida cronaca politica a confermare come il gover- no sia ormai accartocciato sulla propria sopravviven- za ad ogni costo, necessa- ria alla difesa di interessi economico-criminali, in un groviglio nauseabon- do fatto di ricatti, corruzione, assenza di scru- poli e miseria morale. Se quella tragedia tutta italiana ha reso evidente a molti la totale strafottenza del governo per le reali esigenze delle persone d’Abruzzo, vittime e sopravvissuti, la recente catastrofe giapponese è stata per la premiata ditta “Silvio&Company” una nuova occasione per mostrare la propria interessata, cinica, spietata disumanità. Mentre scrivo infatti è passato anche un mese dal sisma e dallo spaventoso tsunami che ad oggi (6 aprile) hanno causato in Giappone oltre 12.000 vittime, oltre 15.000 dispersi e 160.000 sfollati. Questa immane tragedia ha lasciato tutti senza respiro nei primi momenti, ma ciò che ben presto ha maggiormente colpito e che tutt’ora spaventa l’opinione pubblica interna- zionale è soprattutto la portata dell’incidente nucleare della centrale atomica di Fukushima e l’angosciante minaccia che questo rappresenta per i giapponesi, ma non solo, oggi e per sem- pre. Dopo il terremoto in Abruzzo il governo italia- no si era tuffato con entusiasmo nel business della ricostruzione, ostentando ottimismo, fa- cendo grandi promesse di rapidità ed efficien- za, in realtà fregandosi le mani, sogghignando e sacrificando il futuro della città e dei suoi abitanti in nome del consenso elettorale e del tornaconto personale. Lo stesso atteggiamen- to saccente e arrogante è venuto fuori anche di fronte al dramma giapponese, attraverso le parole del ministro Prestigiacomo che, men- tre l’incidente nucleare a Fukushima era del tutto fuori controllo, dichiarava che l’Italia non avrebbe mai messo in discussione il pro- prio piano nucleare, men che meno sull’onda dell’emotività. Nessuno si era illuso che questi politici disumani fossero in grado di provare le stesse emozioni che in quel momento scon- volgevano il cuore di tutti. Appena avuto però il tempo di accorgersi che la macabra bilancia fra interesse economico e consenso elettorale rischiava di sbilanciarsi, e copiando i governi stranieri –Germania, Stati Uniti, Russia, Spa- gna, Cina– che nel frattempo si erano mostrati più sensibili alla tragedia (o semplicemente più attenti alle sue conseguenze politiche…), an- che in Italia si è preferito giocare la carta della “prudenza a orologeria”. Ma per quanto? Un referendum c’era già stato nel 1987, all’in- domani della catastrofe di Chernobyl, e ci si era espressi chiaramente contro il nucleare e i suoi pericoli inevitabili. Ora ci toccherà ribadire il concetto, avendo fiducia nell’uso di uno stru- mento democratico contro chi da anni svilisce e svuota il concetto stesso di democrazia. DALL’AQUILA A FUKUSHIMA (ovvero: la politica disumana)

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il periodico informativo di Vanchiglia

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un quartiere in movimento... un movimento di quartiere

il periodico informativo di Vanchigliawww.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected]

apri

le 2

011

Mentre scrivo ricorre il secondo anni-versario del terremoto che alle 3:32 del 6 aprile 2009 distrusse L’Aqui-

la uccidendo 308 persone e ferendone oltre 1.600. Una tragedia collettiva provocata solo in minima parte dalla natura, il cui prevedibile (e previsto…) effetto distruttivo è stato amplifi-cato e moltiplicato dalla colpevole svogliatezza delle istituzioni (Protezione Civile in primis) e ancora oggi dalle speculazioni criminali del governo e della sua corte di avvoltoi e arrivi-sti che hanno “cavalcato” la catastrofe facen-do passare –o almeno provandoci– un vero e proprio assalto alle persone, alle loro vite, alla loro cultura e al loro territorio per una brillan-te operazione di ricostruzione post-terremoto. In molti non ci siamo cascati (nonostante le grandi manovre di abbagliamento del G8…), e bastano l’abbandono e la militarizzazione del dilaniato centro storico dell’Aquila per far-ci capire il livello della menzogna: “Verba vo-lant, sisma manent” gridano con indignazione

alcune scritte dai muri della città. Ci pensa poi da molti mesi la squallida cronaca politica a confermare come il gover-no sia ormai accartocciato sulla propria sopravviven-za ad ogni costo, necessa-ria alla difesa di interessi economico-criminali, in un groviglio nauseabon-

do fatto di ricatti, corruzione, assenza di scru-poli e miseria morale.Se quella tragedia tutta italiana ha reso evidente a molti la totale strafottenza del governo per le reali esigenze delle persone d’Abruzzo, vittime e sopravvissuti, la recente catastrofe giapponese è stata per la premiata ditta “Silvio&Company” una nuova occasione per mostrare la propria interessata, cinica, spietata disumanità.

Mentre scrivo infatti è passato anche un mese dal sisma e dallo spaventoso tsunami che ad oggi (6 aprile) hanno causato in Giappone oltre 12.000 vittime, oltre 15.000 dispersi e 160.000 sfollati. Questa immane tragedia ha lasciato tutti senza respiro nei primi momenti, ma ciò che ben presto ha maggiormente colpito e che tutt’ora spaventa l’opinione pubblica interna-zionale è soprattutto la portata dell’incidente

nucleare della centrale atomica di Fukushima e l’angosciante minaccia che questo rappresenta per i giapponesi, ma non solo, oggi e per sem-pre.Dopo il terremoto in Abruzzo il governo italia-no si era tuffato con entusiasmo nel business della ricostruzione, ostentando ottimismo, fa-cendo grandi promesse di rapidità ed efficien-za, in realtà fregandosi le mani, sogghignando e sacrificando il futuro della città e dei suoi abitanti in nome del consenso elettorale e del tornaconto personale. Lo stesso atteggiamen-to saccente e arrogante è venuto fuori anche di fronte al dramma giapponese, attraverso le parole del ministro Prestigiacomo che, men-tre l’incidente nucleare a Fukushima era del tutto fuori controllo, dichiarava che l’Italia non avrebbe mai messo in discussione il pro-prio piano nucleare, men che meno sull’onda dell’emotività. Nessuno si era illuso che questi politici disumani fossero in grado di provare le stesse emozioni che in quel momento scon-volgevano il cuore di tutti. Appena avuto però il tempo di accorgersi che la macabra bilancia fra interesse economico e consenso elettorale rischiava di sbilanciarsi, e copiando i governi stranieri –Germania, Stati Uniti, Russia, Spa-gna, Cina– che nel frattempo si erano mostrati più sensibili alla tragedia (o semplicemente più attenti alle sue conseguenze politiche…), an-che in Italia si è preferito giocare la carta della “prudenza a orologeria”. Ma per quanto? Un referendum c’era già stato nel 1987, all’in-domani della catastrofe di Chernobyl, e ci si era espressi chiaramente contro il nucleare e i suoi pericoli inevitabili. Ora ci toccherà ribadire il concetto, avendo fiducia nell’uso di uno stru-mento democratico contro chi da anni svilisce e svuota il concetto stesso di democrazia.

DALL’AQUILA A FUKUSHIMA

(ovvero: la politica disumana)

Spesso dalle nostre parti succedono cose che ci vengono nascoste. Cose di cui veniamo tenuti all’oscuro anche se ci riguardano molto

da vicino e delle quali dovremmo essere informati. Non solo perché potremmo esserne danneggiati o perché potremmo non essere d’accordo col fatto che queste cose vangano fatte accadere, il che già basterebbe: dovremmo esserne informati perché così prevede la legge italiana.Spesso succede che questo silenzio arrivi proprio dalle istituzioni e dai media, un silenzio che si concentra specialmente su fatti per i quali si presume ci possa essere un dissenso esplicito da parte della popolazione. Uno di questi fatti riguarda il “treno delle scorie”.

La notte del 7 febbraio 2011 un convoglio carico di scorie nucleari parte da Vercelli, transita per Torino, Collegno e passa poi in Val Susa per attraversare tutta la Francia, compresa Parigi e hinterland, diretto all’impianto di stoccaggio di La Hague. Si tratta di 13 tonnellate di combustibili nucleari esausti, scorie altamente radioattive, che provengono dalla centrale nucleare di Garigliano, chiusa definitivamente nel 1982.La legge italiana (specificatamente la direttiva 618 adottata dal Consiglio delle Comunità Europee il 27/11/1989) prevede in questi casi che la popolazione venga

avvisata per tempo del transito e prevede anche che venga predisposto un piano di sicurezza su tutto il percorso, ma così non è per il treno delle scorie, e la popolazione è ignara.La Rete Nazionale Antinucleare e “Sortir du nucléaire” ne danno notizia su internet, specificando che il viaggio del convoglio è insensato in quanto il trattamento presso l’impianto di La Hague non diminuisce la radioattività delle scorie, ma aumenta il

loro volume. Il trasporto sarebbe quindi un pericolo inutile a cui si espongono le popolazioni. La stessa autorità

francese per la sicurezza nucleare esprime serie riserve sulla legalità di questo tipo di trasporto.Le Donne No Tav organizzano un presidio per quella notte. L’appuntamento è a Condove/ Chiusa San Michele a mezzanotte e il passaggio del treno è previsto per le tre di notte. All’appuntamento si trovano una manciata di manifestanti, che diventano una cinquantina col passare delle ore. Ma non

sono soli. Un’ingente schieramento di carabinieri, guardia di finanza e polizia li aspetta, equipaggiato di manganelli e macchine fotografiche che saranno usate per schedare tutti i presenti. Le forze dell’ordine non fanno mancare insulti, botte, perquisizioni e intimidazioni varie ai cittadini e ai rappresentanti di partito e giunta presenti.La nottata termina verso le sei con due arresti e un fermo. Il treno nessuno l’ha visto neanche passare, perché tutti sono stati tenuti ben lontani dai binari.Ciò che è particolarmente grave, però, é che nessuno ce ne abbia parlato, né prima né dopo, di questo treno - che non sarà certamente l’ultimo a passare nelle nostre città - e che nessuno ci dica che di storie sporche come questa è costellata la via del nucleare. Al contrario di quel che sostiene l’attuale governo, evidentemente il nucleare tanto trasparente e pulito non è.Il fatto che un primo referendum sul nucleare sia stato di fatto ignorato ed i suoi effetti “annullati” e che simili accadimenti passino sotto i nostri occhi, accanto alle nostre case, senza che nessuno si prenda la briga di informarci e di proteggerci da eventuali incidenti è sicuramente un buon motivo per

rimanere vigili sulla questione nucleare in Italia. Oltre ai disastri come quello di Fukushima, infatti, sono numerosi gli incidenti considerati minori: ad esempio nella centrale di Tricastin (vicino a Lyon, dunque molto vicino a noi) da anni ci sono perdite continue di materiale radioattivo classificate come “incidenti di percorso ordinari”, l’ultima il 18 febbraio scorso. Anche il silenzio da parte di istituzioni e stampa pare essere di ordinaria amministrazione e non è assolutamente accettabile.

L’inaccettabile silenzio sul “treno delle scorie” che ha attraversato il nostro territorio

FORSE NON TUTTI SANNO CHE…

Di storie sporche come questa è costellata la via del nucleare

La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (fo-tovoltaico, eolico, biomasse, geotermica) in Italia rappre-senta il 22,2% del totale, il restante si divide tra termi-ca tradizionale (64,8%) ed energia importata dall’estero

(13%)(1). Un risultato positivo che un Governo attento a non dipendere da altri Stati o da idrocarburi che in-quinano e per cui si combattono guerre dovrebbe agevolare sempre di più.È successo invece esattamente il contrario. Il 3 marzo è stato votato, all’interno del decreto mille-proroghe, il famigerato DL Romani (ministro del-lo Sviluppo economico). Una legge approvata con l’avallo di tutto l’esecutivo, desideroso di rendere precaria un’industria in forte crescita nonostante il periodo di crisi, a favore del nucleare, di cui il governo si sta facendo grande promotore.A onor del vero il decreto presenta una voce po-sitiva che limita la costruzione di impianti sui terreni agricoli, uno scempio che sottrae terreno coltivabile a vantaggio della cementificazione del territorio. Questo elemento positivo viene però annullato dalle incertezze sugli incentivi al fo-tovoltaico, incentivi che premiano i proprietari degli impianti che “vendono” l’energia elettri-ca prodotta alla rete elettrica nazionale (questo meccanismo è detto Conto Energia).Il 3° Conto Energia, in vigore fino al 31 maggio se-condo il DL Romani, è attivo dal 1° gennaio dopo ben due anni di gestazione, ed era stato pensato per durare tre anni, con conseguenti investimenti a medio termine da parte di cittadini e operatori. Sarà invece sostituito dal 4° Conto Energia. Una scure che si abbatte su un sistema che dà lavoro a 140.000 persone, un intervento che mina la credibilità di un settore che rischia il collasso.Un sistema che ha permesso nel 2011 l’in-stallazione di oltre 178.000 impianti per una potenza complessiva di oltre 4.000 MegaWatt, con un evidente sviluppo, non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche in termini di ricerca tecnologica, sviluppo industriale e soprattutto di qua-lità ambientale (2). La fine del 3° Conto Energia penalizza tutti quei soggetti che non riusciranno a portare a termine entro il 31 maggio i cantieri, vedendosi fin da subito congelati i finanziamenti erogati dalle banche e di fatto fermando i cantieri in costruzione e rimettendoci anche in termini di penali contrattuali. Per una cooperativa come Retenergie che da tre anni promuove l’azionariato popolare nella costruzione di impianti fotovoltaici, significa non po-ter far partire quattro progetti e probabil-mente chiudere la linea Fotovoltaico, la più democratica nell’attuazione e installa-zione, che favorisce Gruppi d’acquisto di pannelli fotovoltaici e che consente una

migliore distribuzione dei soci sul territorio.La Ubisol di Rimini prima del 3 marzo aveva 83 contratti firmati, per un fatturato acquisito di € 7.000.000; gli effetti del Decreto sono stati la cancellazione di 18 contratti che pesano per € 5.000.000 sul fatturato acquisito, il blocco di 800 preventivi per un potenziale di

€ 13.500.000 e 11 assunzioni bloccate.Evidentemente a preoccupare il governo sono i numeri sorprendenti della produzione da fonti rinnovabili. Si può stimare infatti solo per l’eolico una produzione potenziale nel 2010 di oltre 10 TeraWattora (3). Questa potenza è in grado di ge-nerare una quantità di elettricità analoga a quella che sarebbe ipoteticamente producibile nel 2022 dal primo dei reattori nucleari che si vorrebbero installare in Italia.Insomma un vero pasticcio in cui la fa da padro-ne la totale assenza di programmazione energeti-ca del governo. Tagli ingiustificati ed evitabili se solo l’80% dei soldi destinati alle rinnovabili at-traverso il CIP6 (una tassa che paghiamo in bol-letta per lo sviluppo delle Rinnovabili) andasse effettivamente alle energie Green e non utilizzati per impianti tradizionali e inceneritori.Tagli ingiustificati se solo si dirottassero sulla ri-cerca e sul potenziamento di questo comparto i milioni di euro spesi dal nostro paese per com-battere una guerra per il petrolio in Libia che non vuole nessuno.

Ma noi cosa possiamo fare?Impegnarsi fin da subito nel sostenere la campa-

gna lanciata da SOS Rinnovabili per soste-nere il comparto, fondamentale per rag-giungere gli obiettivi comunitari per l’ab-battimento degli inquinanti entro il 2020. Risparmiare energia partendo dai piccoli sprechi quotidiani. Scegliere in maniera oculata i fornitori di energia elettrica, prediligendo le aziende e le cooperative che producono da fonti rinnovabili (ad esempio la cooperativa Retenergie) a sca-pito delle aziende pro-Nucleare. Per ulti-mo, ma non certo per importanza, votare SI contro il Nucleare al Referendum del 12/13 giugno, per mettere la parola Fine al ritorno di questa tecnologia di morte in Italia.

(1) Studio Bernoni Prof. Ass. Milano in collaborazione con Polo Tecnologico dell’Energia di Trento su dati di Terna SpA.(2) fonte GSE al 24 marzo 2011(3) Studio promosso dalla Comunità eu-ropeahttp://www.offshorewindenergy.org/ca-owe e/ indexp ages/down lo ads/Brussels01_Resources.pdf

UN TAPPO SULL’ENERGIA PULITAIl Decreto Legge Romani e l’attacco alle energie da fonti rinnovalbili

EVIDENTEMENTE A PREOCCUPA-RE IL GOVERNO SONO I NUME-RI SORPREN-DENTI DELLA

PRODUZIO-NE DA FON-TI RINNO-

VABILI

«Manifesto politico dei non-sottomessi. É giunta l’ora del cambiamento»

Uno dopo l’altro i sogni spezzati sono diventati incubi. I sogni dell’indu-strializzazione e dell’urbanizzazio-ne, della crescita economica, dello

sviluppo e del progresso. I sogni della American way of life e del capitalismo o del socialismo. Al risveglio l’orrore continuava ad essere lì. Cia-scuna delle calamità naturali che ci colpiscono e che sono in aumento reca l’impronta di qual-che irresponsabilità. Meno di cento persone possiedono più ricchezze materiali di tutti gli altri abitanti del mondo messi insieme. E conti-nuano ad accumulare.

Il risveglio parte dal riconoscimento lucido, senza catastrofismi né riduzione a spettacolo, del fatto che le istituzioni dominanti sono in crisi.› I sistemi educativi espellono più gente di quanta ne assorbano, ge-nerano spirito gregario, dipendenza e discrimi-nazione e sminuiscono o dequalificano la pro-duzione autonoma del sapere. Non preparano né per il lavoro né per la vita. I giovani “educa-ti” dal sistema non troveranno certo l’impiego che sognavano: 7 su 10 non potranno mai la-vorare nel settore per cui hanno studiato. E la scuola, sradicandoli e assorbendo il loro tempo e la loro attenzione, impedisce che imparino i saperi e le abilità che darebbero loro capacità di esistenza autonoma.› I sistemi sanitari fanno ammalare e discrimi-nano, castigano la libertà autonoma di guarire e incrementano assuefazioni e dipendenze che non possono soddisfare.› I sistemi di comunicazione isolano, separano, manipolano e puntellano meccanismi di con-trollo castranti.› I sistemi politici sono la negazione della de-mocrazia, avvolgono di illusioni la struttura di dominazione e stimolano libertà che ren-

dono schiavi, che generano prigionieri della dipendenza o dell’invidia, e nello stesso tempo legano mani, piedi e lingue e tappano narici, orecchi e occhi, per negare la violenza e il caos che in questo modo propiziano e per impedire iniziative.Il risveglio ci permette anche di contare le nostre benedizioni. Ci sono ancora nelle città iniziative che ordiscono un tessuto di recipro-co aiuto. Intere comunità vivono radicate nelle proprie tradizioni millenarie, nelle quali l’acqua è ancora considerata sacra e tutti hanno libero accesso ad essa secondo le regole proprie di un ambito comunitario. Da essi traggono ispira-zione coloro che sono fuggiti verso il futuro, con la modernità. Per rimpiazzare gli spazi

pubblici di oggi, imper-sonali e astratti, creano ambiti comunitari che raccolgono ed esprimo-no lo spirito del luogo. In queste sacche di resisten-za le persone prendono nuovamente nelle pro-prie mani le decisioni che influenzano la loro vita e percorrono di nuovo le proprie strade. Sappiamo che queste e

molte altre benedizioni potrebbero scompari-re. Ma è motivo di celebrazione constatare che l’impegno per salvarle sta crescendo fra i non sottomessi, i ribelli, gli scontenti o fra i cosid-detti poveri, che sono la maggioranza. Sanno che la guerra incessante scatenata contro di loro può privarli di sussistenza autonoma e condannarli alla miseria dipenden-te. Sanno anche che l’ondata de-vastatrice dell’avido sistema annienterà ogni impegno isolato. Per questo, orga-nizzati per resistere, oggi trasformano la loro resi-stenza in lotte di liberazio-ne. Fermi nella dignità dei propri ambiti, costruisco-

PUBBLICHIAMO IL DOCUMENTO, RIVISTO E AGGIORNATO, SEGUITO ALL’INCONTRO MONDIALE DEI CIRCOLI DI LETTURA DI IVAN ILLICH, SVOLTOSI A CUERNAVACA, IN MESSICO, IL 5 DICEMBRE 2007. L’INCONTRO, DAL TITOLO “LA CONVIVIALITÀ NELL’ERA DEI SISTEMI”, FU ORGANIZZATO IN OMAGGIO A IVAN ILLICH, PROBABILMENTE IL PIÙ LUCIDO STUDIOSO DI CRITICA ALLO SVILUPPO E DI DECRESCITA CONVIVIALE, NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA MORTE. CI SEMBRA UN COMMENTO PARTICOLARMENTE ADEGUATO ALLA SITUAZIONE ATTUALE. TROVIAMO IN ESSO LA CHIAVE DI LETTURA DI TUTTI I PRINCIPALI TEMI FINO AD ORA TRATTATI NEL DIZONA

no catene di fiducia e solidarietà e coalizioni coi molteplici “noi” delle varie sacche di resistenza. Si costituiscono così reti di protezione che ri-flettono l’ampliarsi della dignità di ciascuno e delle sue relazioni con gli altri e con la natura e si trasformano passo a passo nel sostegno del mondo che stanno così re-inventando.

Le crisi hanno effetti drammatici sulla vita quotidiana, però rappresentano anche l’alba di una liberazione rivoluzionaria, che favorisce l’emancipazione dalle istanze che mutilano le libertà. Rivelano la natura e le debolezze del sistema dominante. Il capitale, ad esempio, ha più appetito che mai, ma non lo stomaco per digerire tutti quelli che vuole controllare. L’equità e la libertà sono del tutto illusorie se la società si organizza intorno alle au-

Le crisi hanno effetti drammatici sulla vita quotidiana,

però rappresentano anche l’alba di

una liberazione rivoluzionaria,

che favorisce l’emancipazione dalle istanze che mutilano

le libertà.

«Manifesto politico dei non-sottomessi. É giunta l’ora del cambiamento»

vede come unica restrizione il non dan-neggiare la libertà di accesso degli altri.

Celebriamo la maturità tecnologica alla quale siamo arrivati. Sulla base dei mezzi tec-

nici attualmente disponibili, tutti gli abitanti del mondo possono crearsi una vita buona, nei termini in cui in ogni luogo e in ogni cultura si definisce la buona vita. Ogni persona potreb-be avere accesso in misura sufficiente al cibo, al vestiario e all’abitazione, se quei mezzi, alla portata di tutti e tutte, venissero impiegati in forma economicamente fattibile, socialmente giusta ed ecologicamente sensata, al di là delle ideologie fallimentari che hanno dominato il secolo ventesimo, e del sistema la cui agonia semina ancora instabilità e caos.L’ espansione della dignità è una sfida ra-dicale ai sistemi esistenti, poiché l’auto-nomia creatrice scalza alla radice le strut-

ture su cui è basata la dominazione. Le reazioni tendono ad essere violente e distruttrici e la trasformazione stessa impone sacrifici e sfor-zi. Sappiamo, inoltre, che rinunciare a miraggi e illusioni che offrono sicurezza e comodità, e resistere alla pressione castrante del sistema, non è facile. Però le difficoltà che intravediamo non ci fanno arretrare. Svegliarsi vuol dire an-che recuperare la condizione umana e l’arte di soffrire, godere e morire di cui facciamo tesoro, trasformando il nostro scontento in afferma-zione dell’arte di vivere con dignità.Le crisi attuali sono tutte crisi di grandi dimen-sioni, perché le attività economiche e politiche hanno oltrepassato la scala umana. Sono pro-dotto dell’arroganza e attirano il loro stesso ca-stigo. Con la piena coscienza dei limiti naturali e sociali, al fine di combattere contro la scala oceanica delle grandi potenze nazionali e dei mercati comuni, si può costruire una rete di

argini vernacolari fra loro interconnessi, entro i quali operino forme di

scambio locale tenden-zialmente autosuf-ficienti. In essi non potranno aver luogo le ondate devastatrici che caratterizzano gli avvenimenti odierni.Questi argini comin-ciano a riflettere la misura in cui si re-cupera il senso della proporzione, il senso che si ha della co-munità, il che rende possibile l’autonomia

creatrice e la libertà, e può dare alla democrazia un senso di realtà. La democrazia non può stare se non nel luogo in cui la gente sta. La vivono e la esprimono uomini e donne comuni che definiscono liberamente, nelle loro assemblee autonome, i problemi che li riguardano.Nominare l’ intollerabile, in un mondo che co-mincia a mostrarsi disperato, è già in sé la spe-ranza. Se consideriamo qualcosa intollerabile, si deve fare qualcosa. Per questo la speranza è l’essenza dei movimenti popolari. Nel riscoprir-la come forza sociale si dischiude la possibilità del cambiamento. La speranza non deve essere vista come la con-vinzione che accadrà ciò che concepiamo, alla maniera delle predizioni convenzionali che generano attese illusorie. È la convinzione che qualcosa ha senso, indipendentemente da ciò che accadrà. Per questo la pura speranza risie-de come prima cosa, in forma misteriosa, nella capacità di nominare l’intollerabile, una capa-cità che viene da lontano e rende inevitabili la politica e il coraggio che proteggono le nostre benedizioni, le coltivano e le fanno fiorire. In-vece di restare in attesa o riporre la speranza in miraggi, siamo in movimento, sganciandoci a poco a poco da ciascuno dei sistemi che ci ren-dono schiavi e ci sminuiscono per costruire in libertà un mondo nuovo, in cui siano contenuti i molti mondi che noi siamo. Non accettiamo di venire ridotti ad atomi di ca-tegorie astratte, pure particelle omogeneizzate che ballano al ritmo dei sistemi nei quali si vuo-le integrare quegli individui ossessionati dal possesso in cui il capitale cerca di trasformare tutti e tutte. Nelle nostre sacche di resistenza ci consolidiamo nell’amicizia, come malta che for-ma nuovi ambiti comunitari. In essi è possibile prendere le distanze dagli strumenti materiali e sociali che rendono schiavi, per organizzare in allegria la società che immaginiamo, al di là di ogni ingegneria sociale e di ogni impegno pia-nificatore capitalista o socialista. È giunta l’ora di celebrare la capacità di dare alla nostra realtà di oggi la forma del domani, ben ancorata in un passato che continua ad essere fonte di ispirazione.

Sottoscritto il 5 dicembre 2007 dai partecipanti all’incontro “La convivialità nell’era dei sistemi”, organizzato in omaggio a Ivan Illich nel quin-to anniversario della morte. È un manifesto aperto ad altri ed altre che condividano queste idee, comportamenti e speranze e la decisione di promuovere i cambiamenti e le proposte in esso auspicate.

tomobili e alle scuole e man-

tiene al centro della vita sociale lo

sviluppo della sfera economica. Per sot-

trarsi alle crisi perio-diche, frutto della voracità

e dell’incompetenza, e ai danni causati dalla crescita economica, è

giunta l’ora di proporsi la riduzione calcola-ta dell’economia ufficiale, ridimensionando la sfera che cresce come un cancro e favorendo l’espansione della sussistenza autonoma. Nel porre di nuovo la politica e l’etica al centro del-la vita sociale, subordinando ad esse l’attività economica, si sostituisce l’ossessione per la cre-scita economica con la visione di una società conviviale che garantisce a ciascuno libero ac-cesso agli strumenti comunitari, il cui utilizzo

Considerato quanto è successo in Giappone e in vista del referendum del 12 giugno, abbiamo intervistato Damiano

Piccione, del Comitato cittadini contro il nucleare di Saluggia, per porgli qualche domanda sull’energia nucleare. Damiano ci tiene ad iniziare la nostra chiacchierata invitando i lettori e le lettrici del DiZona ad andare a votare il prossimo referendum, un SÍ contro il nucleare.

Ma entriamo nel merito. Cosa è cambiato nella percezione di noi tutti dopo quanto è avvenuto in Giappone e qual è la situazione che si prospetta per l’Italia? Sicuramente i fatti giapponesi hanno dato nuo-va forza a sostegno di ciò che da tempo soste-niamo: non c’è nucleare sicuro e tanto meno il nucleare ci garantirà l’indipendenza energetica.Andiamo per ordine, per prima cosa gli impian-ti di terza generazione che il governo vorrebbe costruire in Italia, non hanno che un paio di si-stemi di sicurezza in più. Questi impianti sono costruiti in Francia, lo stesso tipo di impianti che sono sotto controllo per via di diversi pro-blemi riscontrati dalla stessa Agenzia francese. Tutto fa pensare che proprio i nostri cugini vo-gliano sbarazzarsi di questi impianti ormai ob-soleti, per poter alleggerire i propri magazzini. Voglio inoltre ricordare che negli ultimi 10 anni in Italia è stata istallata una nuova potenza energetica che equivale ad almeno 10/15 impianti nucleari, per di più solo il 5% dell’energia elettrica è prodotta dal petro-lio, di conseguen-za il nucleare con i suoi 30 miliardi di

investimento coprirebbe una parte irrilevante della produzione energetica a fronte degli alti rischi e costi.

Se quanto dici è vero, per quale motivo molti politici ma anche tecnici e cosiddetti esperti continuano a “mentire” sapendo di farlo?A parer mio si tratta del solito connubio tra in-teressi privati e politici a farla da padrona e a far sì che molte verità non vengano a galla. Per esempio: l’uranio è in fase di esaurimento - le stime dicono che nel giro di 70 anni le minie-re saranno svuotate, e pochi sanno che l’Italia ha una potenza energetica pari al doppio del suo effettivo fabbisogno. Queste menzogne mettono a rischio non solo la nostra vita ma l’ambiente stesso, pensiamo a Chernobyl, Th-ree Mile Island, Fukushima. Inoltre un’aspetto fondamentale che viene troppo spesso lasciato nell’ombra è quello delle scorie: all’oggi non si è ancora trovata una soluzione al problema dei residui nucleari provenienti dalla vecchia esperienza, che continuano a sottrarre alle no-stre tasche la bellezza di 400 milioni all’anno per la loro gestione, una gestione decisamente

fallimentare.

Ecco entriamo nel merito di una questione scottante, quella delle scorie...Le scorie nucleari presenti nella regione Pie-monte, tanto per rendere l’idea, sono una quantità pari all’80% del totale presente in tut-to il territorio nazionale, esemplare è il caso di Saluggia nel vercellese. Vi sono stati diversi in-cidenti negli impianti saluggesi: da quello al re-attore Avogadro fino all’allagamento dei depo-siti per colpa delle ultime alluvioni, passando dalle perdite che hanno contaminato non solo le falde acquifere sottostanti agli impianti ma sono arrivate a distanza di due chilometri dai depositi (per ora), mettendo in grave pericolo l’acquedotto del Monferrato, situato a valle de-gli impianti, che distribuisce acqua a circa 110 comuni.Situazioni analoghe si sono verificate in altri paesi: gli americani tentarono di localizzare nella regione Yucca Mountain il loro deposito nucleare, ma dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi, senza dimenticare i problemi legati alla sicurezza, hanno abbandonato il pro-getto. I tedeschi dal canto loro, non molto tem-po fa hanno dovuto constatare l’insuccesso del loro deposito nelle miniere di Asse, nella Bassa Sassonia, avendo trovato diverse infiltrazioni d’acqua le cui conseguenze potrebbero essere disastrose. Sono state infatti messe in conto spese colossali per ridurre il rischio di conta-minazione ed estrarre il materiale.

Quindi ribadisci la necessità di opporsi al nucleare…Se i diversi paesi europei rivalutano criticamen-te il nucleare, anche se con differenze da caso a caso, ma comunque convinti che non sia certo l’energia del futuro, il nostro governo continua a tirare dritto sulla sua strada, dimenticando la volontà popolare che nell’87 si espresse in gran-de maggioranza contro questa energia. Una vo-lontà che non sembra essere mutata nel tem-po, come confermano gli ultimi sondaggi per i quali tre italiani su quattro sono contro. Quindi non ci rimane che ribadire la nostra contrarietà al nucleare e invitare tutti/e a partecipare al re-ferendum di giugno, mobilitandoci per ribadi-re la ferma intenzione di non voler delegare ad altri le scelte per il nostro futuro e quello di chi verrà. Solo con la gestione pubblico-partecipa-ta è possibile garantire una politica energetica basata sul risparmio che garantisca bollette più eque, non più gravate da balzelli e profitti pri-vati. Vogliamo una politica energetica basata su fonti non inquinanti, sul rispetto dell’ambiente, del territorio e della salute delle popolazioni.

NO NUKE, IERI, OGGI... E DOMANI!Dalle scorie nucleari ancora presenti in Piemonte alla recente catastrofe giapponese, una storia fatta di problemi irrisolti e incidenti spaventosi.

Il recente incidente alla centrale nucleare di Fukushima ha di nuovo mostrato come tutte le centrali nucleari, anche quelle costruite in modo ineccepibile, possano procurare non pochi problemi a moltissime persone per moltissimo tempo (senza parlare delle piante e degli animali che sconteranno gli effetti

della contaminazione). Certo l’onda alta più di venti metri che ha colpito l’impianto è un evento improbabile ma, poichè lo abbiamo visto verificarsi, non impossibile. E chissà quali e quanti di questi eventi “impossibili” potranno colpire in futuro altre centrali nucleari.Ma anche quando va tutto liscio e la centrale lavora a regime c’è una questione che non è sicuramente sfuggita a nessuno: una centrale produce scorie che restano pericolose per decine di migliaia di anni. Un tempo enorme. Le scorie sono quindi un fardello eterno del quale, attualmente, non siamo in grado di occuparci, e che quindi peserà sui nostri figli, sui figli dei nostri figli e su tutte le generazioni future (magari fino all’estinzione del genere umano, o alla fine della sua vita su questo pianeta, visto quello che può accadere in un lasso di tempo così lungo).Il 12 giugno 2011 saremo chiamati (di nuovo) a decidere se vogliamo comunque produrre energia attraverso il nucleare o se preferiamo cercare altre strade. Una scelta così importante va affrontata insieme. Per questo il 27 maggio in Vanchiglia si parlerà di nulceare, in una serata di informazione popolare. Saranno presenti esperti disponibili a chiarirci le idee sui vari aspetti della questione nucleare, in modo da prendere consapevolmente una decisione che avrà effetti per decine di migliaia di anni.

Serge Latouche

COME SI ESCE DALLA SOCIETA’

DEI CONSUMICorsi e percorsi della decrescita

Bollati Boringhieri

In questo libro Latouche riprende i principali temi della sua riflessione

sulla necessità di abbandonare la via della crescita illimitata in un pianeta

dalle risorse limitate. Non si tratta di contrapporre uno sviluppo buono

a uno cattivo, ma di uscire dallo sviluppo stesso, dalla sua logica e dalla sua ideologia. “Come si esce

dalla società dei consumi”, scardina le nostre convinzioni sociali e rimette in discussione positivamente un modello culturale, economico e antropologico

che da troppo tempo rimane inalterato. La stessa crisi attuale può essere vista,

secondo Latouche, come un’opportunità, se servirà ad aprire gli occhi sulla insostenibilità del “progresso” che

l’Occidente ha realizzato fino ad ora. La ricetta di Latuche si può sintetizzare in questo modo: meno consumi materiali

e più ricchezza interiore, meno “benessere” e più “ben vivere”.

Michele - Libreria Linea 451

Borragine in pastella

Ingredienti: 16 foglie di borragine (Borago Officinalis, un’erba di campo, la si può acquistare dai contadini), un uovo, mezzo bicchiere di latte, farina q.b., un pizzico di sale, olio d’oliva.

Preparazione: sbattere a neve l’albume, unire il tuorlo, il sale, il latte e la farina fino ad ottenere una pastella non troppo liquida. Lavare le foglie di borragine, asciugarle bene e intingerle nella pastella; unire le foglie a coppie e friggerle in olio bollente da entrambe i lati. Scolare su carta assorbente e servire subito.

La ricetta popolare

Una centrale è per sempre...

SONORIZZAZIONI SOCIALI

Enola Gay1. martineric1966 (Suonata dagli OMD, anche se nessuno li conosce...) Perchè tutto è iniziato una settantina di anni or sono, sempre nella stessa isola di Honshu, nel paese detto “del sol levante”, pensate un po’...

Kraftwerk – 2. Radioactivity 1978 (2004 Anniversary) Jose54St Perchè è una melodia quasi impalpabile, come la radioattività, però sfido chi è nato almeno nei primi anni ‘70 a dire che non l’aveva mai sentita prima...

R.E.M. – 3. It’s the End of the World Perchè tutto ha una fine, ma nonostante ciò, talvolta riesco a sentirmi “fine” ugualmente...

Patti Smith – 4. People Have the Power Iranweed Perchè se abbiamo bisogno di energia...

Artisti contro il nucleare – Video finale5. GreenpeaceItaly Perchè comunque la pensiate, si è votato un referendum che ha detto NO.

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Columnist since 1917

appuntamentiIl 12 e 13 giugno vota SI ai referendum

Ferma la privatizzazione di acqua e servizi, opponiti alla ripresa del nucleare in Italia

venerdì 27 maggioarea pedonale di via Balbo (se piove dentro il CSA Askatasuna)

ore 19.30 - Apericenaore 21.00 - “Febbre gialla”

La corsa al nucleare: il quartiere interroga gli esperti

Abbiamo bisogno di più energia? Il nucleare è la risposta alle nostre esigenze di produzione energetica?

Col nucleare pagheremo meno cara la bolletta della luce? Le centrali nucleari sono sicure?

e molto altro ancora...

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