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Dispositivi attivi
Generatori dipendenti o pilotati
Molti dispositivi possono essere modellati mediante relazioni costitutive in cui le tensioni e lecorrenti dei loro terminali dipendono dalle tensione e/o correnti presenti in altri terminali dellarete in cui questi dispositivi sono inseriti. Tali dispositivi si dicono pilotati e i quattro modelli piusemplici sono i generatori dipendenti o pilotati.
Generatori di tensione pilotati
Il simbolo dei generatori di tensione pilotati e identico di quello dei generatori indipendenti salvoil fatto che la circonferenza e sostituita da una rombo (vedi Fig.1). I generatori pilotati di tensione
ev K vv e
i
R im
(a) (b)
Figura 1: Generatori di tensione pilotati: (a) in tensione; (b) in corrente.
possono essere pilotati da una tensione o da una corrente nel senso che ai loro capi si stabilisceuna tensione e che dipende da una tensione tra una coppia di nodi o da una corrente in un altroelemento della rete. Le relazioni costitutive sono
e = Kvv generatore di tensione pilotato in tensione (1)
e = Rmi generatore di tensione pilotato in corrente (2)
dove Kv e un parametro adimensionato mentre Rm ha le dimensioni di una resistenza.
Generatori di corrente pilotati
Il simbolo dei generatori di corrente pilotati e identico di quello dei generatori indipendenti salvoil fatto che la circonferenza e sostituita da una rombo (vedi Fig.2). Anche i generatori pilotati dicorrente possono essere pilotati da una tensione o da una corrente nel senso che attraverso i loroterminali si stabilisce una corrente a che dipende da una tensione tra una coppia di nodi o da unacorrente in un altro elemento della rete. Le relazioni costitutive sono
a = Gmv generatore di corrente pilotato in tensione (3)
a = Kii generatore di tensione pilotato in corrente (4)
dove il parametro Gm ha le dimensioni di una conduttanza mentre Ki e un parametro adimensio-nato.
I quattro casi in Fig.1 e in Fig.2 sono ideali: la potenza dissipata all’interno dei dispositivi enulla, poiche non assorbono potenza dalla porta di ingresso e non contengono elementi dissipativinel circuito di uscita.
1
v
G vm
a
(a) (b)
K ii
ai
Figura 2: Generatori di corrente pilotati: (a) in tensione; (b) in corrente.
Risoluzione di reti in presenza di generatori pilotati
Il procedimento piu semplice per risolvere reti elettriche in presenza di generatori pilotati avvienein tre fasi.
(a) Nella prima fase si calcolano le grandezze pilota della rete, supponendo che i valori deigeneratori pilotati siano noti. Per fare questo si possono applicare i procedimenti di calcolo visti inprecedenza.
(b) In una seconda fase, nelle relazioni cosı ottenute tra le grandezze pilota e quelle pilotate sisostituiscono alle grandezze pilotate le relazioni costitutive che danno le tali grandezze in funzionedei piloti. Si perviene cosı a delle equazioni che hanno come incognite solo i piloti, e che vengonodette equazioni dei piloti. Risolvendo tali equazioni si ottengono i piloti e quindi si determinano igeneratori pilotati.
(c) Nella terza fase, noti i generatori pilotati, si calcolano le uscite della rete con i metodo vistiin precedenza.
La procedura di risoluzione e messa in pratica nel seguente esercizio
2
Esercizio: Calcolare la tensione V nel circuito di Fig.3. Dati: I1 = 2A, I2 = 8A, V1 = 10V,R1 = 2Ω, R2 = 3Ω.
V R1
R2
V1
4i
I1
I2
i
Figura 3: Circuito per l’esercizio.
Nella rete da risolvere c’e un generatore di tensione pilotato dalla corrente i che scorre nel ramo delresistore R2. La costante di proporzionalita, indicata con Rm in (2), vale 4. Per risolvere il circuitoe trovare la tensione V applichiamo la procedura descritta in precedenza.(a) Si supponga noto il valore di tensione 4i ai capi del generatore pilotato. Ad esempio chiamiamotale tensione e. Trattiamo dunque il generatore pilotato come fosse indipendente ed applichiamole tecniche di risoluzione note per calcolare il pilota i. A tale proposito, ad esempio, si puo usareil p.s.e.: calcoliamo cioe la corrente i come somma di quattro contributi (i′, i′′, i′′′, i′′′′) ciascuno deiquali dovuto all’effetto di un generatore alla volta e spegnendo gli altri. Si ricorda che spegnereun generatore di tensione equivale a sostituirlo con un corto-circuito e spegnere un generatore dicorrente equivale a sostituirlo con un circuito aperto.Considerando attivo solo il generatore di tensione V1 e spegnendo tutti gli altri (compreso il ge-neratore pilotato che ora stiamo trattando come fosse indipendente) si ottiene il circuito di Fig.4.
V’ R1
R2
V1
i’e=0
I2=0
I1=0
Figura 4: Circuito con solo V1 attivo, gli altri generatori sono spenti.
3
Calcoliamo il pilota i′ come
i′ = − V1
R1 +R2= −2A.
Ricaviamo anche la tensione di uscita
V ′ = −R1i′ = 4V.
Se, invece, consideriamo acceso I1 e spegniamo gli altri generatori otteniamo la rete di Fig.5.
V’’ R1
R2
I1
i’’
I2=0
e=0
V1=0
Figura 5: Circuito con solo I1 attivo, gli altri generatori sono spenti.
Ora otteniamo
i′′ = I1R1
R1 +R2= 0.8A
eV ′′ = I1R1 ∥ R2 = 2.4V.
Attiviamo I2 e spegniamo gli altri generatori ottenendo la rete di Fig.6.
V’’’ R1
R2
I2
i’’’
I1=0
V1=0
e=0
Figura 6: Circuito con solo I2 attivo, gli altri generatori sono spenti.
Si ha
i′′′ = −I2R1
R1 +R2= −3.2A
eV ′′′ = −I2R1 ∥ R2 = −9.6V.
4
Infine, consideriamo il generatore di tensione e acceso e spegniamo gli altri generatori ottenendo larete di Fig.7.
V’’’’ R1
R2
e
i’’’’
I2=0
I1=0
V1=0
Figura 7: Circuito con solo e attivo, gli altri generatori sono spenti.
Si ricavai′′′′ =
e
R1 +R2=
e
5
e
V ′′′′ = −eR1
R1 +R2= −0.4e.
La corrente pilota e la somma dei diversi contributi calcolati
i = i′ + i′′ + i′′′ + i′′′′ = −2 + 0.8− 3.2 +e
5= −4.4 +
e
5
analogamente la tensione V
V = V ′ + V ′′ + V ′′′ + V ′′′′ = 4 + 2.4− 9.6− 0.4e = −3.2− 0.4e.
(b) In questa seconda fase ricaviamo le equazioni dei piloti, cioe ripristiniamo, nella espressionedella grandezza pilota i ricavata prima, la relazione e = 4i imposta al punto (a). Per cui
i = −4.4 +e
5= −4.4 +
4i
5
dalla quale ricavo che i = −22A.(b) Nella terza fase, noti i generatori pilotati, si calcola la tensione V
V = −3.2− 0.4e = −3.2− 0.4(4i) = −3.2− 0.4(−88) = 32V.
Nota: Il metodo per ottenere le rappresentazioni Thevenin e Norton di reti contenenti generatoripilotati e concettualmente lo stesso di quello precedentemente descritto per reti contenenti generatoriindipendenti. Data una rete lineare accessibile attraverso due morsetti, a seconda che si voglia ilmodello di tipo Thevenin o Norton della rete si procede, rispettivamente, con il calcolo della tensionea vuoto v0 chiudendo la rete su di un circuito aperto oppure con il calcolo della corrente di cortocircuito i0 cortocircuitando i morsetti esterni. Per il calcolo della resistenza equivalente R0 bisogna
5
attivare la rete con un ingresso costituito da un generatore indipendente di corrente i ai morsettiesterni della rete lineare, spegnere i generatori indipendenti presenti all’interno della rete per poicalcolare nella rete cosı ottenuta la corrente i. In modo duale si procede, come gia visto, per laconduttanza equivalente G0 della rappresentazione Norton. Un errore comune in questa fase equello di spegnere assieme ai generatori indipendenti anche i generatori dipendenti. Tale errore emolto grave e deve essere evitato.
Esercizio: Calcolare la corrente iR nel circuito di Fig.8 utilizzando il teorema di Thevenin aimorsetti A e B. Dati: I1 = 10A, R1 = Ω, R2 = 2Ω.
R2
i2
I1
R1
A
B
i2
iR
Figura 8: Circuito per l’esercizio.
Nella rete da risolvere c’e un generatore di tensione pilotato dalla corrente i2 che scorre nel ramo delresistore R2. La costante di proporzionalita vale 1. Utilizzando il teorema di Thevenin e necessariocalcolare la tensione equivalente v0 e la resistenza equivalente R0 ai morsetti A-B.Iniziamo a calcolare la v0. Essa e definita come la tensione a vuoto tra in morsetti A-B. La Fig.9(a)mostra il circuito da esaminare per calcolare v0 in cui la corrente che entra nel morsetto A e 0.
R2
i2
I1
A
B
i2
i=0
v0R2
i2
A
B
i2
I1=0
(a) (b)
iv
Figura 9: Circuito per determinare la tensione equivalente v0 di Thevenin (a) e la resistenzaequivalente R0 (b).
Applichiamo la procedura di risoluzione per reti contenenti generatori pilotati. Consideriamo notala tensione ai capi del generatore pilotato, ad esempio poniamo e = i2. In tali condizioni applichiamoil p.s.e. e calcoliamo il pilota i2. Considerando attivo il generatore di corrente I1 e spento (corto-circuitato) e si ha immediatamente che i′2 = I1 = 10A. Se, invece, spegniamo I2 (circuito aperto) eaccendiamo e si ha i′′2 = 0. In questo caso il pilota e dunque i2 = i′2 + i′′2 = I1 = 10A. La tensioneequivalente v0 = R2i2 − i2 = 10V.
6
Calcoliamo la resistenza equivalente R0. Per far cio si applichi un generatore di corrente indipen-dente i tra A e B e si consideri la tensione v sviluppata ai suoi capi quando nella rete sono spentitutti i generatori indipendenti (quelli pilotati non si devono spegnere). In tali condizioni R0 = v/i.In circuito da considerare per il calcolo di R0 e mostrato in Fig.9(b). Da notare che, essendo ilcircuito diverso da quello utilizzato per calcolare la tensione a vuoto, non e possibile utilizzare ilrisultato per la grandezza pilota trovato in precedenza, la quale dunque dova essere ricalcolata.Il caso mostrato in Fig.9(b) e particolarmente semplice in quanto si nota che i2 = i imposta dalgeneratore di corrente, per cui R0 e
R0 =v
i=
R2i2 − i2i2
= R2 − 1 = 1Ω.
Il circuito finale e mostrato in Fig.10 in cui la rete a sinistra dei morsetti A-B e stata sostituitadall’equivalente Thevenin calcolato in precedenza. La corrente iR vale
R0
v0 R1
A
B
iR
Equivalente Thevenin
Figura 10: Equivalente Thevenin.
iR =v0
R0 +R2
10
1 + 4= 2A.
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Dispositivi elettronici attivi ideali
I dispositivi elettronici attivi sono componenti in grado di controllare il flusso di corrente in uncircuito. I dispositivi attivi servono per elaborare segnali digitali e analogici e permettono, inol-tre, la regolazione dei flussi di potenza elettrica. Con l’espressione elaborazione di segnali digitali,come abbiamo avuto modo di dire in precedenza, si intendono i processi che eseguono operazionie funzioni logiche (AND, OR, NOT, memorizzazione, conteggio, fino ad arrivare ai complessi pro-cessi eseguiti dai microprocessori o dai microcontrollori). Con l’espressione elaborazione di segnalianalogici si intendono i processi che eseguono funzioni analogiche (ad esempio amplificazione, som-ma, differenza) su variabili continue. La regolazione dei flussi di potenza elettrica, invece, consistenell’insieme di processi che eseguono elaborazioni di energia (generazione di potenza, attuazione dicomandi).
Dispositivi attivi ideali per l’elaborazione digitale
In tal caso il dispositivo attivo puo essere schematizzato come un interruttore comandato da unsegnale elettrico1, ad esempio una tensione vi come mostrato in Fig.11(a).
vi
(a)
vi A INT
ON
OFF
“1”
“0”
Alto
Basso
(b)
Variabile
logica A
0
i0
v0
i0
v0
vi Alto
vi Basso
(c)
Figura 11: Dispositivo attivo per l’elaborazione dei segnali digitali; (a) Schematizzazione coninterruttore comandato da un segnale elettrico; (b) tabella ; (c) stato elettrico dell’uscita.
Alla tensione vi puo essere associato un valore binario A (0 o 1) a seconda che essa sia maggioreo minore di una soglia prefissata. Ad esempio, in modo arbitrario, se vi e superiore a tale soglia(vi con valore Alto rispetto alla soglia) possiamo assegnare alla variabile logica A il valore logico1. Viceversa, quando vi ha un valore Basso rispetto alla soglia, A e posta al valore logico 0.Convenzionalmente la procedura di associazione di una variabile logica ad un livello alto o bassodi una grandezza elettrica con le regole appena definite, viene detta assegnazione in logica positivama e utilizzabile anche la posizione complementare (logica negativa).
Lo stato di apertura e chiusura dell’interruttore dipende dal livello della tensione vi, ad esempio,se vi e Alta (A =′′ 1′′) l’interruttore si chiude mentre si apre per vi Bassa (A =′′ 0′′). Tale corrispon-denza tra lo stato di vi, quello della variabile logica A ad essa associata e lo stato dell’interruttoree sintetizzata dalla tabella in Fig.11(b).
La Fig.11(c) mostra lo stato delle variabili elettriche di uscita i0, v0 in un grafico corrente-tensione: quando l’ingresso e alto, la caratteristica ideale e quella tipica del corto-circuito (v0 = 0),mentre per ingresso basso la caratteristica e quella tipica di un circuito aperto (i0 = 0).
1Per realizzare funzioni logiche complesse e necessario, infatti, che le uscite logiche di un elemento siano leggibilidall’ingresso logico di un altro elemento posto in cascata.
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Esercizio: Si faccia riferimento al circuito in Fig.12 dove sono presenti due dispositivi attivi perapplicazioni digitali (indicati con i numeri 1 e 2) disposti in parallelo tra loro, un resistore R ed unasorgente costante VAL di alimentazione. Si associno, con assegnazione in logica positiva, i valoridelle tensioni all’ingresso dei dispositivi attivi vA, vB e all’uscita del circuito vu a tre variabili logicheA, B ed U , rispettivamente. Mostrare che la variabile logica U all’uscita del circuito realizza lafunzione logica NOR delle variabili A e B, ossia U = A+B.
Variabile
logica A
Variabile
logica B
VAL
Variabile
logica U
R
1 2
vA vB vu
Figura 12: Circuito per l’esercizio.
Ricordiamo che la funzione logica NOR produce U =′′ 1′′ se gli ingressi A e B sono contempo-raneamente a 0, mentre tutte le altre combinazioni logiche agli ingressi generano U =′′ 0′′. Conriferimento alla Fig.12, si nota come portare A o B ad 1 equivale a chiudere almeno uno dei dueinterruttori, e quindi ottenere vu = 0V, ossia U =′′ 0′′.Per avere vu a livello alto (U =′′ 1′′), e necessario che entrambi gli interruttori siano aperti in modotale che vu = VAL, cio si ottiene con A = B =′′ 0′′. La funzione implementata e dunque una NOR.
Con riferimento alla Fig.11(a), notiamo come la potenza elettrica assorbita alla porta di ingressodel dispositivo attivo per applicazioni digitali (ideale) e nulla in quanto i morsetti sono in circuitoaperto ed e dunque nulla la corrente che vi circola. Analogamente la potenza richiesta alla portadi uscita e nulla a causa del fatto che, a seconda dello stato logico in uscita, v0 = 0 oppure i0 = 0.Siccome l’energia assorbita da un circuito e convertita in calore, questa proprieta permette direalizzare complessi circuiti digitali contenenti un numero elevatissimo di dispositivi mantenendola temperatura complessiva entro limiti accettabili. Collegata a questa proprieta c’e l’esigenza didisporre di dispositivi attivi di dimensioni microscopiche in modo da contenere un numero elevatodi dispositivi in uno spazio ridotto.
Un’altra caratteristica che devono possedere i dispositivi attivi per applicazioni digitali e lavelocita di commutazione delle loro uscite logiche da uno stato logico all’altro in modo tale daconsentire di disporre dei risultati delle elaborazioni digitali in tempi estremamente ridotti.
Le nozioni fondamentali e le applicazioni elettroniche per l’elaborazione digitale verranno stu-diate nella seconda parte del corso.
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Dispositivi attivi ideali per l’elaborazione analogica
In questo caso occorre che il dispositivo attivo consenta di regolare con continuita il flusso dicorrente in un circuito in funzione di un segnale elettrico di comando. La fondamentale differenzafra le applicazioni analogiche e quelle digitali e nel termine continuita: nelle applicazioni analogichesi richiede che a tutti gli infiniti valori della grandezza di comando corrispondano infiniti valori dellagrandezza comandata, e che la relazione fra le due grandezze sia priva di discontinuita. Inoltre,nella maggior parte dei casi la relazione necessaria e lineare.
Il dispositivo attivo deve quindi funzionare come una valvola che regola il flusso di correntenel circuito. Tale effetto si ottiene con un generatore di corrente pilotato da una tensione o dauna corrente. La Fig.13(a) mostra un generatore di corrente i0 pilotato dalla tensione vi tramiteuna costante di proporzionalita gm che ha le dimensioni di conduttanza mentre nella Fig.13(b) ungeneratore di corrente i0 e pilotato dalla corrente ii tramite una costante di proporzionalita Ki
adimensionata
i0 = gmvi (5)
i0 = Kiii (6)
g vm i
(a) (b)
K ii i
iii0
v0vi
i0
v0
Figura 13: Dispositivi attivi ideali per l’elaborazione analogica: (a) generatore pilotato in tensione;(b) generatore pilotato in corrente.
La Fig.14 mostra la rappresentazione grafica del comportamento di un dispositivo attivo idealeper applicazioni analogiche nelle due versioni di Fig.13. Sulle ordinate del grafico in Fig.14 si hala corrente i0 che attraversa il generatore dipendente, sulle ascisse la tensione v0 ai suoi capi. Perun dato valore del segnale elettrico di comando (vi oppure ii a seconda che consideri il circuito diFig.13(a) o (b)) il generatore di corrente pilotato eroga una corrente i0 costante indipendentementedal valore di tensione v0 che si stabilisce ai sui capi. Ogni curva caratteristica e dunque una rettaorizzontale che interseca l’asse delle correnti al valore della corrente generata, valore influenzatosolo dal parametro di comando.
Mostriamo come i dispositivi attivi ideali di Fig.13 consentano di realizzare l’operazione fonda-mentale per l’elaborazione analogica, l’amplificazione. Si consideri a tale scopo il circuito mostratoin Fig.15(a) in cui e utilizzato il generatore di corrente pilotato in tensione di Fig.13(a). In talecircuito il generatore di corrente i0 e pilotato dalla tensione vi che rappresenta il segnale analogicoche si intende amplificare. Tale generatore pilotato e inserito in serie ad un generatore esterno ditensione costante VAL e ad un resistore R ai capi del quale si stabilisce la tensione di uscita vu. Intali condizioni, la tensione ai capi del resistore R vale
vu = Ri0 = (Rgm)vi. (7)
10
0
i0
v0
vi0 i0 = 0= 0 (o i )
vi1 i1 >> (o i )vi0 i0i
v vi2 i1 i2 i1> i> (o i )
v vi3 i2 i3 i2> i> (o i )
v vi4 i3 i4 i3> i> (o i )
v vi5 i4 i5 i4> i> (o i )
Figura 14: Caratteristica corrente-tensione di un dispositivo attivo ideale per applicazionianalogiche.
VAL
R
i0=g vm i
vi
v Rg vu m i=( )
VAL
R
i0=k ii i
v Rku i i=( )i
ii
(a) (b)
II
A
B
v0 v0
dispositivo attivo dispositivo attivo
Figura 15: Schematizzazione di un circuito amplificatore: (a) amplificatore di tensione; (b)amplificatore di transresistenza.
La relazione (7), la quale esprime vu in funzione di vi (ossia vu = f(vi)), e tipica dei circuitiamplificatori come abbiamo visto in alcune lezioni precedenti. Nella (7), il rapporto
vuvi
= Rgm
e una costante che, se maggiore di uno, consente di avere una tensione d’uscita vu maggiore di vi, cioeun guadagno mentre, se minore di uno, rappresenta un’attenuazione dell’uscita rispetto all’ingresso.Essendo le grandezze elettriche di ingresso e di uscita entrambe delle tensioni, l’amplificatore edetto di tensione. Notiamo, inoltre, come i morsetti di ingresso non assorbono potenza elettricadal segnale di comando vi.
In modo del tutto analogo al caso precedente, si puo supporre di utilizzare una corrente ii comesegnale di ingresso da amplificare. Il circuito in esame e mostrato in Fig.15(b) dove il dispositivoattivo e rappresentato ora dal generatore di corrente pilotato in corrente di Fig.13(b). Il generatorepilotato e inserito in serie ad un generatore esterno di tensione costante VAL e ad un resistore R.La tensione ai capi di R vale
vu = Ri0 = (Rki)ii
11
e dimostra una amplificazione, chiamata di transresistenza, pari a
vuii
= Rki.
Anche ora i morsetti di ingresso non assorbono potenza dal segnale di comando ii.Con riferimento ai circuiti in Fig.15, il circuito esterno al dispositivo attivo soddisfa l’equazione
di maglia VAL = v0 + Ri0, rappresentabile graficamente nel piano (v0, i0) dalla retta (di carico)disegnata in Fig.16 e passante per i punti caratteristici P0 di coordinate (VAL,0) nel caso in cuii0 = 0 (ossia quando il comando vi = 0 oppure ii = 0 dato che valgono le relazioni (5) e (6) a secondache si abbia un dispositivo attivo pilotato in tensione o in corrente) e P1 di coordinate (0,VAL/R)nel caso in cui, invece, v0 = 0. Le intersezioni tra la retta di carico e la famiglia di rette orizzontalirappresentanti la caratteristica del dispositivo attivo, identificano i punti di funzionamento deldispositivo ossia le coppie di valori v0 ed i0 che caratterizzano il proprio funzionamento all’internodel circuito al variare della grandezza pilota vi (o ii).
0
V RAL/
VAL
retta di carico
i0
v0
P0
P1
v vi1 i0 i1 i0> i> (o i )
v vi2 i1 i2 i1> i> (o i )
v vi3 i2 i3 i2> i> (o i )
v vi4 i3 i4 i3> i> (o i )
v vi5 i4 i5 i4> i> (o i )
vi0 i0 = 0= 0 (o i )
generico punto
di funzionamento
V0
I0
Figura 16: Caratteristica corrente-tensione di un dispositivo attivo ideale per applicazionianalogiche e retta di carico.
Nel punto (VAL,0) il dispositivo si dice interdetto: non potendo condurre (dato il circuito esterno)valori di corrente negativi, tale punto costituisce un confine di funzionamento. In modo analogo eun punto limite il punto (0,VAL/R) poiche il dispositivo non puo assumere (dato il circuito esterno)valori di tensione negativi. Tra i due punti limite, il dispositivo si comporta in modo lineare.
Consideriamo le potenze elettriche in gioco nei precedenti circuiti amplificatori. La potenza PR
fornita al resistore R valePR = vuI
dove con I e indicata la corrente che attraversa il resistore R. Tale potenza e fornita dalla sorgenteesterna VAL che alimenta il circuito e non dal dispositivo attivo. Infatti, con riferimento allaFig.15(a), la corrente I circola nel verso indicato dalla freccia, entra nel nodo A del dispositivo edesce dal nodo B, mentre la tensione ai capi del dispositivo attivo e piu positiva in A che in B, cioeil dispositivo attivo assorbe (dissipa) potenza elettrica. In tal senso l’aggettivo attivo associato altermine dispositivo non deve essere inteso come capacita di fornire energia all’utilizzatore ma comecapacita di controllare il flusso di energia dalla sorgente di alimentazione esterna verso l’uscita delcircuito.
La potenza elettrica complessiva erogata dalla sorgente VAL vale
PAL = VALI
12
e si distribuisce tra il resistore R ed il dispositivo, ossia PAL = PD + PR dove PD e la potenzadissipata all’interno del dispositivo attivo esprimibile come
PD = PAL − PR = (VAL − vu)I.
Consideriamo il circuito rappresentato in Fig.17 in cui, rispetto al circuito Fig.15(a), le posizionidel dispositivo attivo e del resistore R sono scambiate.
VAL
R
i0=g vm i
vi v V Rg vu AL m i= -( )
Figura 17: Schematizzazione di un circuito amplificatore di tensione di tipo invertente.
Ora la tensione di uscita vu e prelevata ai capi del dispositivo attivo. La legge alla maglia valeVAL = Ri0 + Vu che, risolta rispetto a Vu, fornisce
Vu = VAL − (Rgm)vi = VU + vu (8)
nella quale si e utilizzata la relazione costitutiva del generatore pilotato (5). La tensione Vu in (8)e la somma di una componente continua VU = VAL e di una componente variabile vu = −(Rgm)vi)proporzionale al segnale da amplificare vi. Il rapporto tra la componente variabile dell’uscita e ilsegnale da amplificare e l’amplificazione (di tensione in questo caso)
vuvi
= −Rgm.
Il segno negativo davanti a tale amplificazione sta a significare che se facciamo crescere vi alloraVu diminuisce: per tale motivo l’amplificatore ottenuto con il circuito di Fig.17 viene chiamatoamplificatore di tensione invertente. In particolare, si nota che se vi = 0 (condizione detta di riposodell’amplificatore) allora Vu = VAL.
Consideriamo un circuito amplificatore sia nella forma non invertente mostrata in Fig.15(a), siain quella invertente di Fig.17 e analizziamo cosa succede se applichiamo all’ingresso del dispositivoattivo un segnale elettrico da amplificare a valor medio nullo, ad esempio la tensione vi sinusoidalemostrata in Fig.18(a).
In entrambi i circuiti, affinche l’operazione di amplificazione risulti corretta, e necessario chela corrente i0 del generatore pilotato cambi il proprio verso assumendo valori negativi durantel’intervallo di tempo in cui vi < 0. Tale corrente, come gia osservato in precedenza, e erogata dalcircuito esterno al dispositivo attivo (si veda la corrente I in Fig.15(a)) il cui unico scopo e quellodi regolarla con continuita. Il circuito esterno, data la polarita della sorgente di alimentazione VAL,non puo quindi consentire il cambiamento di segno della i0 .
Se si preferisse una rappresentazione grafica del fenomeno, si consideri ad esempio la relazioneinvertente (8) disegnata su di una piano cartesiano con ascissa vi ed ordinata Vu come mostratoin Fig.19(a). La pendenza della retta in Fig.19(a) rappresenta l’amplificazione di tensione −Rgm
13
t
vi
0
semiperiodo non
amplificabile
vi
0
segnale con
polarizzazione
(tutto amplificabile)
VI0
t
Figura 18: (a) Segnale sinusoidale vi a valor medio nullo; (b) effetto della polarizzazione sul segnale.
0
vu
vI
VAL
0
vu
vI
-Rgm
VAL
VI0
VU0
(a) (b)
punto di
funzionamento a riposo
Figura 19: (a) Rappresentazione grafica della relazione (8); (b) polarizzazione del dispositivo attivo.
ricavata in precedenza. Se si volessero amplificare eventuali valori negativi di vi, come si deducedalla Fig.19(a), la tensione Vu dovrebbe essere maggiore di VAL e la corrente i0 invertirsi.
Questa limitazione puo essere superata con un artificio molto semplice: e necessario spostarela tensione pilota vi di un valore costante e positivo tale per cui in assenza di segnale il dispositivoattivo eroghi una corrente i0 = 0. Tale valore di tensione costante da sommare al segnale da ampli-ficare (tensione a riposo ossia in assenza di segnale) e indicato come VI0 in Fig.18(b). La proceduracon cui si effettua tale spostamento della corrente a riposo del dispositivo e detta polarizzazionedel dispositivo attivo.
In corrispondenza di VI0 la tensione all’uscita dell’amplificatore non vale piu VAL ma sara unvalore inferiore, ottenibile applicando la (8) (indicato con VU0 in Fig.19(b)). Il punto di coordinata(VI0, VU0) e detto punto di lavoro, o punto di funzionamento, a riposo del dispositivo attivo. Ilvalore VI0, essendo continuo, non fara parte del segnale da amplificare come spiegato in precedenza.Come mostrato in Fig.18(b), il segnale sara costituto, invece, dalla variazione di Vi attorno a talepunto di lavoro, che potra assumere valori sia positivi che negativi rispetto ad esso a patto cheVAL > Vu > 0.
Dispositivi attivi ideali per applicazioni sia digitali sia analogiche
Un dispositivo attivo ideale deve poter dunque essere utilizzato sia per applicazioni digitali, nellequali deve comportarsi come un interruttore aperto oppure chiuso a seconda di un comando elet-trico, sia per applicazioni analogiche, nelle quali deve comportarsi come un generatore di correntepilotato da una tensione o da una corrente applicata al suo ingresso. La caratteristica corrente-tensione globale di un dispositivo attivo ideale per applicazioni sia digitali sia analogiche e mostra-
14
ta in Fig.20. Tale figura include entrambe le caratteristiche corrente-tensione viste in precedenza
0
interdizione(qui funziona come un circuito aperto)
i0
v0
vi i = cost= cost (oppure i )
regione attiva(qui funziona come un generatore di corrente pilotato)
qui funziona come
un corto circuito
Figura 20: Caratteristica corrente-tensione di un dispositivo attivo ideale per applicazioni digitalie analogiche.
(Fig.11(c) e Fig.14) in cui la famiglia di rette orizzontali rappresentanti il comportamento di ungeneratore di corrente pilotato confluiscono tutte in un unica retta verticale che rappresenta il casodi interruttore chiuso (corto-circuito).
Se si desidera interdire il dispositivo (comportamento come interruttore aperto) e sufficienteapplicare il comando elettrico che faccia operare il circuito sulla retta corrispondente a correntei0 = 0 (circuito aperto, interdizione). Se si vuole chiudere il dispositivo attivo e necessario applicareun comando Alto in modo che sulla retta di carico si arrivi all’asse v0 = 0. Per comandi elettrici divalore intermedio ai due precedenti, il circuito opera all’interno delle rette orizzontali (regione diattiva di funzionamento), dunque come generatore di corrente pilotato utilizzato per applicazionianalogiche.
15
Esercizi risolti
Esercizio 1: Calcolare la corrente i nel circuito di Fig.21. Dati: V1 = 12V, I1 = 3A, R1 = 2Ω,R2 = 3Ω, R3 = 4Ω.
R3
R2
V1
4i3
I1
i3
R1
i
Figura 21: Circuito per l’esercizio 1.
Utilizzando la procedura di risoluzione per reti contenenti generatori pilotati, supponiamo noto ilvalore della corrente impressa dal generatore di corrente pilotato in corrente. Chiamiamo a = 4i3 erisolviamo la rete per ottenere il pilota i3 con le tecniche note valide per reti contenenti generatoriindipendenti. As esempio applicando il p.s.e. calcoliamo
i3 =V1
R1 +R2 +R3+ I1
R1
R1 +R2 +R3+ a
R3
R1 +R2 +R3= 2 + a
4
9. (9)
Allo stesso modo calcolo la corrente i
i = − V1
R1 +R2 +R3+ I1
R2 +R3
R1 +R2 +R3− a
R3
R1 +R2 +R3= 1− a
4
9. (10)
Ripristinando la relazione a = 4i3 e sostituendola nella (9) si ottiene la corrente pilota i3 = −2.57A.Con tale valore noto si calcola la corrente i sostituendolo nella (10). Si ricava i = 5.57A.
Esercizio 2: Con riferimento al circuito in Fig.22, esprimere la tensione di uscita vout in funzionedelle tensioni vin e VAL.
vG
g vm G
VAL
R2
R1
vin
vout
Figura 22: Circuito per l’esercizio 2.
16
Applicando la procedura di risoluzione per reti contenenti generatori pilotati, si calcola la grandezzapilotante vG, considerando il generatore pilotato come un generatore indipendente di correnteincognita a. A tal fine, trattandosi di un circuito con tre generatori (VAL, vin e a), si applicail p.s.e (nel seguito si indichera con un apice il contributo di VAL, con due apici il contributo di vine con tre apici il contributo di a).Con riferimento al circuito in figura, la grandezza pilotante vG sara quindi data da
vG = v′G + v′′G + v′′′G = 0 + vin − aR2. (11)
Sostituiamo nella (11) la relazione costitutiva del generatore pilotato a = gmvG ricavando
vG = vin − gmvGR2
da cui si ottengono i valori della grandezza pilotante e di quella pilotata
vG =vin
1 + gmR2
a = gmvG =gmvin
1 + gmR2.
Noto il valore del generatore pilotato in funzione degli ingressi esterni, si calcola il valore dell’uscitaapplicando nuovamente il p.s.e.
vout = v′out + v′′out + v′′′out = 0 + 0 + aR2
da cui
vout =gmR2
1 + gmR2vin.
Esercizio 3: Con riferimento al circuito in Fig.23, esprimere la tensione di uscita vout in funzionedelle tensioni vin e VAL.
vG
g vm G
VAL
R2
R1
vin v
out
Figura 23: Circuito per l’esercizio 3.
Applicando la procedura di risoluzione per reti contenenti generatori pilotati, si calcola la grandezzapilotante vG, considerando il generatore pilotato come un generatore indipendente di corrente
17
incognita a. A tale scopo, la rete e identica a quella di Fig.22 per cui si ottiene lo stessa grandezzapilotante e la stessa grandezza pilotata dell’esercizio precedente
vG =vin
1 + gmR2
a = gmvG =gmvin
1 + gmR2.
Noto il valore del generatore pilotato in funzione degli ingressi esterni, si calcola il valore dell’uscitaapplicando nuovamente il p.s.e. Alternativamente, applicando la LKT alla maglia di lati VAL, R1
e vout si ottiene
vout = VAL −R1a = VAL − gmR1
1 + gmR2vin.
Esercizio 4: Calcolare la amplificazione di tensione AV = vu/vi per il circuito di Fig.24. Calcolare,inoltre, la resistenza equivalente che si vede dal morsetto A. Dati: rπ = RL = 1kΩ, gm = 1mS.
rp
vi
RL
gmv
p
vu
vp
A
Figura 24: Circuito per l’esercizio 4.
La LKT alla maglia di lati vi, rπ ed RL e
vπ = vi − vu. (12)
La LKC al nodo A evπrπ
+ gmvπ =vuRL
. (13)
Sostituisco la (12) nella (13) ed ottengo
vi
(1
rπ+ gm
)= vu
(1
RL+
1
rπ+ gm
)dalla quale si ricava l’amplificazione
AV =vuvi
=1/rπ + gm
1/RL + 1/rπ + gm= 0.67.
Per il calcolo della resistenza equivalente vista dal nodo A bisogna procedere spegnendo il generatoreindipendente vi, collegare al nodo A un generatore indipendente ad esempio di tensione v e calcolarela corrente i che lo attraversa. La resistenza equivalente sara data da R0 = v/i. Il circuitomodificato per il calcolo di R0 e mostrato in Fig.25.
18
rp
vi=0
gmv
pvp
A
v
i
Figura 25: Circuito modificato per il calcolo della resistenza equivalente vista dal nodo A.
Con riferimento alla Fig.25 si nota che vπ = v mentre la corrente i vale
i = −vπrπ
− gmvπ =v
rπ+ gmv = v
(rπ + gm
)La resistenza R0 vale dunque
R0 =v
i=
1
1/rπ + gm=
rπ1 + gmrπ
= 500Ω.
Esercizio 5: Calcolare la amplificazione di tensione AV = vu/vi per il circuito di Fig.26. Dati:rπ = 1kΩ, RL = 10kΩ, gm = 1mS.
rp
vi
gmv
pvp
RC
vu
Figura 26: Circuito per l’esercizio 5.
Notiamo come la corrente impressa dal generatore pilotato si possa scrivere nel modo seguente
gmvπ =vi − vuRC
. (14)
Inoltre vi = vπ che, sostituita in (14), fornisce
gmvi =vi − vuRC
in cui separando i termini con vi da quelli con vu si ha
vi
(1
RC− gm
)=
vuRC
che permette di ricavare l’amplificazione di tensione
AV =vuvi
= 1− gmRC = −9.
19
Esercizi proposti
Esercizio proposto 1: Calcolare la corrente I nel circuito di Fig.27 sostituendo al bipolo neltratteggio in suo equivalente di Norton.Dati: V1 = 10V, V2 = 5V, I1 = 3A, R1 = R3 = 1Ω, R2 = 3Ω, R4 = 2Ω.
R3
R2
V1
I1
R1
2v
R4
V2
v
I
A
B
Figura 27: Circuito per l’esercizio 1.
[Sol.: I = 2.58A]
Esercizio proposto 2: Con riferimento al circuito in Fig.28, esprimere la tensione di uscita voutin funzione delle tensioni vin e VAL.
vG
g vm G
VAL
R2
R1
vin v
outR3
Figura 28: Circuito per l’esercizio 2.
[Sol.: vout = VALR3/(R1 +R3)− vingm(R1 ∥ R3)/(1 + gmR2)]
20
Esercizio proposto 3: Con riferimento al circuito in Fig.29, esprimere la tensione di uscita voutin funzione delle tensioni vin e VAL.
vG
g vm G
VAL
R2
R1
vin v
outR3
Figura 29: Circuito per l’esercizio 2.
[Sol.: vout = VAL − vinβR1/(R2(1 + β) +R3)]
Esercizio proposto 4: Con riferimento al circuito mostrato in Fig.30 si associno, con asse-gnazione in logica positiva, ai valori delle tensioni all’ingresso dei dispositivi attivi vA, vB, vC eall’uscita del circuito vu le variabili logiche A, B, C ed U , rispettivamente. Quale funzione logicalega la variabile di uscita U da quelle in ingresso A, B e C?
Variabile
logica AVAL
Variabile
logica U
R
1
vA
vu
Variabile
logica B
Variabile
logica C
2 3
vB vC
Figura 30: Circuito per l’esercizio 4.
[Sol.: U = A(B + C)]
Esercizio proposto 5: Calcolare la amplificazione di tensione AV = vu/vi per il circuito diFig.31. Dati: rπ = 1kΩ, RL = 10kΩ, gm = 1mS.[Sol.: AV = gmRL = 10]
21
rp
vi
gmv
pvp
RL
vu
Figura 31: Circuito per l’esercizio 5.
Esercizio proposto 6: Determinare l’equivalente Thevenin ai morsetti A-B del circuito in Fig.32.
vs mvgR
vg
A
B
Figura 32: Circuito per l’esercizio 6.
[Sol.: v0 = vs[µ/(1 + µ)]; R0 = 0]
22
Dispositivi elettronici attivi reali
I dispositivi elettronici attivi reali si comportano in modo simile a quelli ideali solo per campilimitati delle tensioni e delle correnti ai loro morsetti.
I dispositivi elettronici, costituiti da materiali semiconduttori che svolgono le funzioni digitalied analogiche, nonche di controllo della potenza sono detti transistori. Due tra i piu diffusi edimportanti tipi di transistore sono descritti nel seguito.
Transistori bipolari a giunzione - BJT
I transistori bipolari a giunzione (bipolar junction transistor, BJT) sono dispositivi elettronici atre terminali che, a seconda delle modalita costruttive, possono essere di tipo NPN oppure PNP.I simboli circuitali di entrambi di tipi di transistore, e i versi convenzionali delle correnti e delletensioni ai loro morsetti, sono mostrati in Fig.33. I terminali di un transistore (sia esso NPN sia
B
C
E
Vce
Vbe
Ic
Ie
Ib
Vcb
B
C
E
Vec
Veb
Ic
Ie
Ib
Vbc
(a) (b)
Figura 33: Simbolo del transistore bipolare a giunzione: (a) di tipo NPN; (b) di tipo PNP.
PNP) sono detti base, emettitore e collettore identificati con le lettere, B, E e C, rispettivamente.La presenza della freccia nel simbolo identifica l’emettitore, mentre la direzione della freccia definisceil tipo. Essendo il transistore bipolare di tipo PNP ricavabile dall’NPN scambiando il segno a tuttele tensioni e a tutte le correnti, nel seguito si fara riferimento al solo transistore bipolare NPN.
Per ricavare le caratteristiche corrente-tensione del transistore bipolare NPN si consideri ilcircuito in Fig.34 dove un generatore di tensione costante VBE e collegato ai morsetti di base e diemettitore di un transistore mentre un generatore di tensione costante VCE e collegato ai morsettidi collettore e di emettitore. Si supponga, inoltre, che entrambi i generatori di tensione costante
B
C
E
Ic
Ib
VCE
VBE
Figura 34: Circuito elettrico per la derivazione sperimentale delle caratteristiche corrente-tensioneIC-VCE del transistore bipolare NPN.
VBE e VCE in Fig.34 consentano di variare il valore di tensione ai loro capi con continuita (cio e
23
rappresentato graficamente tramite la freccia sovrapposta al simbolo del generatore di tensione).In tali condizioni, si misuri la corrente che entra nel collettore IC al variare sia di VBE sia di VCE.
Si ricava che, se VBE < Vγ , dove Vγ e un valore di tensione detto di soglia il cui valore dipendedalle caratteristiche costruttive del transistore ma che generalmente e compreso tra 0.6 ed 0.8V,allora qualunque sia la tensione del generatore VCE la corrente IC = 0. Possiamo rappresentaregraficamente tale situazione in un piano cartesiano di ordinata IC e di ascissa VCE ottenendouna retta orizzontale in corrispondenza di IC = 0. In tale regione di funzionamento mostrata inFig.35(a), detta di interdizione, il transistore si comporta ai morsetti collettore-emettitore comeun interruttore aperto. Se, invece, VBE ≥ Vγ e, contemporaneamente, VCE = 0 si ha che IC = 0.
0
interdizione
Ic
Vce
Ic=0 Vbe<Vg
0
interdizione
Ic
Vce
Vbe<Vg
Vbe1
Vbe2
Vbe3
Vbe4
Vbe4>V >V >V >be3 be2 be1 Vg
regione
attiva
(a) (b)
Figura 35: Derivazione della caratteristica IC-VCE di un transistore bipolare: (a) regione diinterdizione; (b) regione attiva.
In particolare, purche VCE > VBE la corrente di collettore e indipendente dalla VCE ma dipendesolamente dalla VBE. La caratteristica IC-VCE sara dunque costituita da una famiglia di retteparallele all’asse delle ascisse parametrizzate dalla tensione VBE come illustrato in Fig.35(b). Talecomportamento riproduce quello dei dispositivi attivi ideali per applicazioni analogiche visto inprecedenza. In particolare, per ciascun valore della tensione VBE il transistore si comporta aiterminali collettore-emettitore come un generatore di corrente pilotato dalla VBE. Tale regione difunzionamento del transistore bipolare e detta attiva.
Ricaviamo ora la legge che regola il valore di Ic in funzione della VBE. Per fare cio, consideriamoil circuito di Fig.36 in cui la tensione VBE e variabile come gia nel circuito di Fig.34 mentre VCE
e ora costante ad una valore tale per cui il transistore lavora in regione attiva (ossia VCE > VBE).In tale configurazione, se si misura la corrente di collettore Ic al variare di VBE si ottiene la curva
B
C
E
Ic
Ib
VCE
VBE
Vce
>Vbe
Ie
Figura 36: Circuito elettrico per la derivazione sperimentale delle caratteristiche corrente-tensioneIC-VBE del transistore bipolare NPN in regione attiva.
24
di Fig.37(a). La curva in Fig.37(a), che esprime graficamente la relazione cercata tra grandezza
0
T1
Ic
VbeV
g
Vce>Vbe
0
Ic
VbeV
g
T2 T3
I
T >1 T >T2 3
(a) (b)
Figura 37: Caratteristica IC-VBE di un transistore bipolare NPN.
pilotata (Ic) e pilotante (VBE) e approssimata dalla relazione matematica
IC ∼= ISeVBEVT (15)
dove IS e un parametro tecnologico detto corrente di saturazione inversa il cui significato sara resopiu esplicito quando si descrivera il comportamento dei diodi, VT = kT/q e l’equivalente in tensionedella temperatura in cui k = 1.38·10−23J/K e la costante di Boltzmann, T e la temperatura assolutae q = 1.602−19C. A temperatura ambiente T = 300K e VT
∼= 26mV.L’equazione (15) mostra come la Ic dipenda in modo esponenziale dalla VBE e come tale relazione
dipenda dalla temperatura attraverso il parametro VT. La Fig.37(b) mostra graficamente cosasuccede alla caratteristica Ic-VBE al variare della temperatura. In particolare, si dimostra cheper mantenere la corrente Ic costante, ad esempio al valore I indicato in Fig.37(b), la VBE debbadiminuire di un valore compreso tra circa 2− 2.5mV/C.
La relazione (15) mostra che la legge che regola il valore di Ic in funzione della VBE e tutt’altroche lineare. Una relazione piu lineare della precedente si puo ottenere ricavando alcune relazionifondamentali tra le correnti ai terminali del transistore. Con riferimento alla Fig.33(a), conside-rando il transistore come un grosso nodo, per il quale vale la legge di Kirchhoff per le correnti, siha
Ib = Ie − Ic (16)
nella regione attiva si ha cheIc = αIe (17)
dove α e un parametro che dipende dalle caratteristiche costruttive e tecnologiche del transistoreil cui valore e inferiore ad 1 ma ad esso molto prossimo (ad esempio α = 0.9÷ 0.99). Sostituendola (17) nella (16) si ottiene
Ib =Icα
− Ic = Ic1− α
α=
Icβ
(18)
dove β = α/(1 − α) ∼= 10 ↔ 400. Infatti, una minima variazione relativa di α provoca unagrande variazione di β a causa del termine (1 − α) al proprio denominatore. Le tolleranze deiprocessi tecnologici consentono al costruttore di garantire il valore minimo di β mentre il valoremassimo e normalmente 3-4 volte il valore minimo. Aggiungiamo anche che α (e dunque anche β)non e costante al variare della corrente di collettore IC. Come mostrato nell’esempio di Fig.38, β
25
presenta una massimo per una determinata IC e diminuisce leggermente al crescere o al diminuiredi IC. Nella stessa Fig.38 e mostrato, inoltre, come il parametro β non sia costante neanche con
0
b
log10 cI( ), mA
T=125°C
100
200
300
400
0.01 0.1 1 10 100
T=25°C
T=-55°C
Figura 38: Parametro β in funzione di IC.
la temperatura T ma che per Ic costante cresca di circa 1% per ogni grado centigrado di aumentodella temperatura.
Sebbene la relazione Ic = βIb espressa dalla (18), a causa della dipendenza del β dalla Ic e dallatemperatura, non e lineare, tuttavia la sua linearita e piu soddisfacente della relazione esponenzialein (15). Per tale motivo, in prima approssimazione, si preferisce parametrizzare le curve in regioneattiva tramite la corrente di base Ib e non attraverso la Vbe.
Vediamo ora cosa succede alle caratteristiche IC-VCE del transistore se la condizione VCE > VBE
non e verificata. In questo caso, facciamo riferimento ad un circuito elettrico di prova mostrato inFig.39. In tale circuito, il generatore ideale di corrente eroga una corrente IB costante mentre il va-
B
C
E
Ic
Ib
VCE
Figura 39: Circuito elettrico per la derivazione sperimentale delle caratteristiche corrente-tensioneIC-VCE del transistore bipolare quando VCE < VBE.
lore imposto dal generatore VCE puo essere variato con continuita. Si supponga di impostare i valoridei generatori in modo tale per cui sia soddisfatta la disuguaglianza VCE > VBE = VT log(IB/IS),ossia il transistore sia in regione attiva. A partire da tale condizione iniziale, si diminuisca progres-sivamente il valore VCE e si misuri la corrente IC. Tale situazione e rappresentata graficamente inFig.40. Fintantoche VCE > VBE, il transistore permane in regione attiva. Graficamente, nel pianodelle caratteristiche IC-VCE, cio significa che al diminuire di VCE si percorrere la retta orizzontalecorrispondente al valore di IB imposto dal generatore di corrente. Con riferimento alla Fig.40, ciosignifica che, ad esempio, iniziando l’analisi partendo da un valore di VCE = VCE1 il transistoresi trova ad operare nel punto P1 di coordinate (VCE1, IC) e che diminuendo progressivamente latensione VCE fino al valore VCE3 il transistore si trova ad operare nel punto P3 di coordinate (VCE3,
26
0
Ic
Vce
IB
VCE1
VCE2
VCE3
P1
P2
P3
< <
P4
IC1
P5
IC
IC2
VCE4
VCE5
<<
Figura 40: Risultato dell’esperimento sul circuito di Fig.39 sul piano IC-VCE.
IC). In particolare, essendo il transistore in regione attiva, la corrente IC non dipende dalla tensioneVCE e rimane costante al valore IC = βIB.
Quando VCE ≤ VBE, invece, la corrente IC diminuisce prima lentamente e poi, quando VCE
diminuisce ulteriormente, in modo piu rapido. Cio e rappresentato nella Fig.40 dai punti P4 e P5.Siccome con IB costante la IC ora diminuisce (in corrispondenza dei punti P4 e P5, ad esempio, lacorrente di collettore diminuisce ai valori IC1 e IC2, rispettivamente) ora il rapporto IC/IB < β.Tale regione di funzionamento del transistore, che corrisponde quasi al tratto verticale dell’asseVCE = 0, detta di saturazione, e quella in cui il transistore puo essere pensato come un interruttorechiuso.
La caratteristica completa IC-VCE del transistore e mostrata in Fig.41.
0
interdizione
Ic
Vce
Ib1
Ib2
Ib3
Ib4
saturazioneregione
attiva
Figura 41: Caratteristica IC-VCE di un transistore bipolare NPN.
Ricapitoliamo quanto detto fino ad ora attraverso un breve esempio applicativo. Si consideriil circuito di Fig.42 in cui un transistore NPN e inserito in un circuito formato dalla serie di un
27
generatore indipendente di tensione VAL = 10V, il quale fornisce l’alimentazione, con un resistoreR = 500Ω. La base del transistore e collegata ad un generatore indipendente di corrente IB. Ilcircuito in Fig.42 e identico a quello mostrato in Fig.17 in cui al posto del transistore bipolarevi e un dispositivo attivo ideale pilotato in tensione. Per il circuito di Fig.42 si puo ricavare la
B
C
E
Ic
Ib
VAL
R
Vce
Figura 42: Circuito amplificatore con dispositivo attivo reale.
retta di carico la cui equazione nel piano IC-VCE si ricava applicando la LKT: VAL = VCE + RIC.Graficamente la retta di carico e individuata dalle due intersezioni con gli assi: VCE = VAL = 10Vper IC = 0 e IC = VAL/R = 10/500 = 20mA per VCE = 0. La posizione della retta di carico nelpiano IC-VCE delle caratteristiche del transistore e mostrata in Fig.43.
0
Ic, mA
Vce, V
Ib1=20 Am
Ib2=40 Am
Ib3=60 Am
Ib4=80 Am
V RAL/ =20mA
VAL=10V
retta di carico
Ib5=100 Am
A
B
C
D
E
F
4
8
12
16
51
Figura 43: Sovrapposizione della retta di carico sulle caratteristiche IC-VCE.
Tutti i punti di funzionamento del transistore (cioe le coppie di valori IC e VCE) devono appar-tenere a questa retta di carico. Si supponga di fornire alla base del transistore IB = 0A: si ottieneil punto di funzionamento indicato con la lettera A in Fig.43, corrispondente ad IB = 0A e, quindi,alla condizione di interdizione.
Se si aumenta la corrente IB a 20, 40, 60 ed 80mA si ottengono i punti di funzionamento indicati,rispettivamente, con B, C, D ed E con correnti IC crescenti a 4, 8, 12 e 16mA, corrispondenti allaregione attiva del transistore in cui esso si comporta come generatore di corrente pilotato di valoreIB = βIB = 200IB.
28
Tutte le IB > 100mA comportano all’incirca il punto di lavoro F che corrisponde ad avere iltransistore saturo con IC = 20mA, VCE molto piccola (pari ad un valore denominato VCE,sat
∼= 0.2V)e β < 200.
Nota: Il raggiungimento della regione di saturazione e contraddistinto da due fatti: incrementandola corrente di base IB la corrente di collettore IC e la tensione VCE non variano apprezzabilmenterimanendo, la prima, ad un valore pari a circa VAL/R e la tensione a circa VCE,sat
∼= 0.2V .
Ci soffermiamo ora sulle limitazioni proprie del transistore che impongono al progettista dellerestrizioni al fine di evitare il danneggiamento del dispositivo. La prima limitazione fornita dalcostruttore e relativa alla massima tensione applicabile tra collettore ed emettitore. Tale tensionemassima, indicata con VCE,MAX, non deve essere superata per evitare che il transistore entri nellacosiddetta zona breakdown contraddistinta da un repentino incremento della corrente di collettorenon piu controllata dalla corrente di base.
Inoltre, il costruttore fornisce il massimo valore della corrente di collettore IC,MAX oltre il qualesi ha la fusione dei microcollegamenti interni al dispositivo.
Le suddette limitazioni devono essere rigorosamente rispettate, anche introducendo opportunimargini di sicurezza, indipendentemente l’una dall’altra: la tensione massima non deve esseresuperata anche con corrente nulla, e la corrente massima non deve essere superata anche contensioni bassissime.
Una ulteriore limitazione fornita dal costruttore e legata alla massima potenza dissipabile daltransistore (PD,MAX). La potenza elettrica dissipata nell’elemento, infatti, ne aumenta la tempera-tura e il semiconduttore con cui e realizzato il transistore non puo resistere a temperature superioridi un certo limite (dell’ordine di 125− 200 C).
La potenza dissipata nel transistore e la somma di quella dissipata dalla base e di quella dissipatadal collettore:
PD = VBEIB + VCEIC = VBEIB + VCEβIB
in cui, in regione attiva, il termine VBEIB e decisamente trascurabile rispetto a VCEIC per cuiPD
∼= VCEIC.La relazione PD = VCEIC = PD,MAX nel piano IC-VCE e rappresentata da una iperbole. La
Fig.44 mostra che i limiti di tensione, corrente e potenza dissipata identificano un’area detta areadi lavoro sicuro (safe operating area, SOA) all’interno della quale il costruttore garantisce il correttofunzionamento del transistore.
In nessun modo, per un dato transistore, puo essere ampliata la SOA tollerando una VCE >VCE,MAX ne una IC > IC,MAX. Per quanto riguarda la potenza dissipata, invece, e possibile ampliarela SOA disponendo di un mezzo adeguato per raffreddare al giunzione (dissipatore), che impediscadi superare la massima temperatura sopportabile del semiconduttore, pur dissipando una potenzamaggiore.
Transistori ad effetto di campo metallo-ossido-semiconduttore - MOSFET
Sono i dispositivi piu utilizzati nei circuiti integrati per applicazioni logiche e hanno sempre mag-giore diffusione come dispositivi di potenza. L’acronimo MOS deriva dalle parole metallo, ossido,semiconduttore e la motivazione e da ricercare nella struttura fisica di tali dispositivi. Le moda-lita costruttive, inoltre, permettono di realizzare due tipi complementari di transistore MOS: iltransistore MOS a canale N (o NMOS ) e quello a canale P (PMOS ).
I simboli grafici utilizzati per rappresentare il MOS possono essere diversi a seconda dell’ambitonel quale essi sono impiegati. I simboli circuitali di entrambi di tipi di transistore, e i versi conven-
29
0
Ic
Vce
Ib1
Ib2
Ib3
Ib4
IC,MAX
Vce,MAX
Ib5
PD,MAXArea di lavoro
sicuro (SOA)
Figura 44: Area di lavoro sicuro (SOA) per un transistore bipolare.
zionali delle correnti e delle tensioni ai loro morsetti, sono mostrati in Fig.45 per le tre diverse areedi applicazione (da sinistra a destra: applicazioni di potenza, analogiche e digitali) I terminali di untransistore (sia esso a canale N sia P) sono detti gate, source e drain identificati con le lettere, G, Se D, rispettivamente. La presenza della freccia nel simbolo identifica il source, mentre la direzionedella freccia definisce il tipo. Essendo il transistore MOS a canale P ricavabile da quello di tipo Nscambiando il segno a tutte le tensioni e a tutte le correnti, nel seguito si fara riferimento al solotransistore MOS a canale N.
A differenza dei transistori bipolari, la corrente che entra nel gate di un transistore MOS incondizioni statiche e nulla, per cui ID = IS.
Per ricavare le caratteristiche corrente-tensione del transistore MOS, si procede come gia fattoper il transistore bipolare, ossia si consideri il circuito in Fig.46 dove un generatore di tensionecostante VGS e collegato ai morsetti di gate e source di un transistore MOS mentre un generatore ditensione costante VDS e collegato ai morsetti di drain e source. Anche ora i generatori di tensionecostante VGS e VDS in Fig.46 consentono di variare il valore di tensione ai loro capi con continuita.In tali condizioni, si misuri la corrente che entra nel drain ID al variare di VDS per diversi valori diVGS.
Si ricava che, se VGS < VTH, dove VTH e un valore di tensione detto di soglia il cui valoredipende dalle caratteristiche costruttive del transistore ma che generalmente e compreso tra 0.3Vfino a qualche volt, qualunque sia la tensione del generatore VDS la corrente ID = 0. Nel pianodelle caratteristiche ID-VDS cio corrisponde alla regione di interdizione rappresentata da una rettaorizzontale in corrispondenza di ID = 0, in cui il transistore si comporta ai morsetti drain-sourcecome un interruttore aperto.
Se, invece, VGS ≥ VTH e, contemporaneamente, VDS = 0 si ha che ID = 0. In particolare, purcheVDS ≥ VGS−VTH la corrente di drain e indipendente dalla VDS ma dipende solamente dalla VGS. Lacaratteristica ID-VDS sara dunque costituita da una famiglia di rette parallele all’asse delle ascisseparametrizzate dalla tensione VGS come illustrato in Fig.47(b). Tale comportamento riproducequello dei dispositivi attivi ideali per applicazioni analogiche visto in precedenza. In particolare,per ciascun valore della tensione VGS il transistore si comporta ai terminali drain-source come ungeneratore di corrente pilotato dalla VGS. Tale regione di funzionamento del transistore MOS e
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D
S
G
D
S
G
DD
SS
GG
D
S
G
D
S
G
DD
SS
GG
Vgs
Vds
Id
Is=Id
Ig=0
Vdg DD
SS
GG
Vsg
Vsd
Id
Vgd
Ig=0
DD
SS
GG
Is=Id
(a)
(b)
Figura 45: Simboli del transistore MOS: (a) a canale N; (b) a canale P.
G
D
S
Id
VDS
VGS
Figura 46: Circuito elettrico per la derivazione sperimentale delle caratteristiche corrente-tensioneID-VDS del transistore MOS a canale N.
detta attiva.Ricaviamo ora la legge che regola il valore di ID in funzione della VGS. Per fare cio, consideriamo
il circuito di Fig.48 in cui la tensione VGS e variabile come gia nel circuito di Fig.46 mentre VDS e oracostante ad una valore tale per cui il transistore lavora in regione attiva (ossia VDS ≥ VGS − VTH).In tale configurazione, se si misura la corrente di collettore ID al variare di VGS si ottiene la curvadi Fig.49.
La curva in Fig.49, che esprime graficamente la relazione cercata tra grandezza pilotata (ID) epilotante (VGS), e approssimata dalla relazione matematica
ID = K(VGS − VTH)2 per VDS ≥ VGS − VTH
dove K e un parametro che dipende dalla tecnologia e dal rapporto d’aspetto del transistore vale adire dalle dimensioni geometriche.
Esaminiamo il comportamento del transistore MOS quando la condizione VDS ≥ VGS−VTH none verificata. Nel caso in cui VDS < VGS − VTH, si dimostra che la relazione tra ID al variare di VDS
e la seguenteID = K[2(VGS − VTH)VDS − V 2
DS] per VDS < VGS − VTH (19)
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0
interdizione
Id
Vds
Id=0 Vgs<VTH
0
interdizione
Id
Vds
Vgs1
Vgs2
Vgs3
Vgs4
Vgs4>V >V >V >gs3 gs2 gs1 VTH
regione
attiva
(a) (b)
Vgs<VTH
Figura 47: Derivazione della caratteristica ID-VDS di un transistore MOS: (a) regione di interdizione;(b) regione attiva.
G
D
S
Id
VDS
VGS
Vds>Vgs-VTH
Figura 48: Circuito elettrico per la derivazione sperimentale delle caratteristiche corrente-tensioneID-VGS del transistore MOS a canale N in regione attiva.
e la regione di funzionamento corrispondente del MOS e detta regione triodo. In tale regione difunzionamento ID ha un andamento parabolico in funzione della tensione VDS come mostrato nellaFig.50(a). In particolare, se VDS ≪ 2(VGS − VTH) allora la precedente equazione (19) si riduce a
ID ∼= 2K[(VGS − VTH)VDS] per VDS ≪ 2(VGS − VTH). (20)
L’equazione (20), una volta fissato il valore della tensione VGS, rappresenta una relazione traID e VDS di tipo lineare in cui il rapporto tra la VDS e la ID individua una resistenza Ron
Ron =VDS
ID=
1
2K(VGS − VTH)per VDS ≪ 2(VGS − VTH)
il cui valore e controllabile tramite la tensione VGS. Da un altro punto di vista, alla stessa conclu-sione si puo giungere considerando che per valori molto piccoli di VDS le parabole corrispondentialla regione triodo mostrate in Fig.50(a) possono essere approssimate da rette aventi pendenza dif-ferente a seconda del valore di VGS. Tale regione di funzionamento del MOS, mostrata in Fig.50(a),ed ingrandita nella Fig.50(b), e detta regione resistiva (o lineare). Nel caso in cui si voglia utilizza-re il MOS come un interruttore chiuso e necessario operare nella regione resistiva applicando unatensione VGS sufficientemente alta da rendere la Ron trascurabile.
Inoltre, per i transistori MOS sono applicabili le medesime considerazioni fatte a propositodell’area di sicuro lavoro dei transistori bipolari.
Il transistore MOS e il dispositivo attivo piu usato per i dispositivi logici ad altissima scala diintegrazione (very large scale of integration, VLSI) perche a parita di prestazioni con i transistori
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0
ID
VGSVTH
Vds> -V Vgs TH
Figura 49: Caratteristica ID-VGS di un transistore MOS a canale N.
0interdizione
Id
Vds
Vgs1
Vgs2
Vgs3
Vgs4
(a)
Vgs<VTH
regione
attivaregione
triodo
0 interdizione
Id
Vds
Vgs1
Vgs2
Vgs3
Vgs4
(b)
Vgs<VTH
regione
resistiva
Vgs4>V >V >V >gs3 gs2 gs1 VTH
regione
resistiva
Figura 50: (a) Caratteristica ID-VDS di un transistore MOS a canale N; (b) particolare ingranditodella regione lineare resistiva.
bipolare e piu piccolo e ha un elevata velocita in commutazione. In tali applicazioni vengonoperlopiu utilizzate configurazioni in cui sono presenti sia transistori NMOS sia il suo complementarePMOS (logiche Complementary MOS, CMOS). E inoltre molto utilizzato nella applicazioni di mediapotenza per il pilotaggio di attuatori per le sue proprieta di velocita.
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