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SiPGI Campania 1 Dispense Master: Autostima a cura di Antonio Di Maio – Counselor formatore

SiPGI CAMPANIA

Scuola di Counseling Professionale

Autostima

a cura di

Antonio Di Maio

ASPIC

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L’autostima è essenziale per la sopravvivenza psicologica. Come esseri umani siamo in

grado di definire chi siamo, in altre parole, di formare un identità ed attribuirle un valore.

L’autostima è un senso soggettivo e duraturo di autoapprovazione del proprio valore

personale basato su appropriate autopercezioni.

L’autostima non viene nutrita soltanto dagli apprezzamenti che riusciamo ad ottenere

dall’esterno e da quello che gli altri pensano di noi, ma anche, e soprattutto, da ciò che noi

abbiamo interiorizzato e sentiamo per noi stessi. Con un autostima positiva si può tollerare

il rifiuto perché si ha un supporto interiorizzato che sostiene, indipendentemente dalle

opinioni degli altri.

La mancanza di autostima produce un bisogno costante di appoggio esterno: il bisogno di

essere stimato dagli altri. E poiché questo appoggio ambientale viene cercato come

conseguenza del proprio concetto di sé, non può mai apportare un contributo alla crescita

del sé. L'uomo trascende se stesso solo mediante la sua vera natura, e non attraverso

l'ambizione o le mete artificiali.

Il contributo di Carl Rogers

Ogni persona vive nel mondo privato e unico delle proprie percezioni e reagisce all'ambiente

attraverso l'apertura della propria consapevolezza personale. È la realtà individuale, la

mappa percettiva che le persone usano per scegliere azioni e per interpretare le risposte

degli altri.

Il bambino nel corso della crescita gradualmente impara a distinguere la parte del suo

mondo privato che "me" e la parte che è "non me", quella che è sua da quella che non è

sua. Nel corso dello sviluppo graduale del senso di sé, il bambino attribuisce un valore

positivo o negativo alle esperienze, vissute rispettivamente come soddisfacenti e nutrienti o

minacciose.

Poiché tutte le persone hanno bisogno di essere accettate, specialmente durante l'infanzia,

la valutazione da parte di altri può incidere sul processo di autovalutazione organismica

dell'individuo. Eventuali conflitti tra le proprie valutazioni e quelle degli altri possono

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costringere l'individuo a diffidare del suo senso di sé interno e a considerarlo pericoloso e

da rifiutare.

Oppure, il bambino può introiettare i valori dei genitori o di altre figure significative e

considerarli propri.

Le introiezioni che derivano da tali influenze sono delle simbolizzazioni distorte

dell'esperienza e per questo la loro validità non può essere mai confrontata con quella

dell'esperienza diretta.

La percezione del sé emerge dalla struttura costituita dal sé direttamente sperimentato e

dalle introiezioni distorte.

Quando una percezione in disaccordo con la struttura del sé raggiunge la coscienza,

l'individuo nega o distorce il suo significato. In questo modo la persona incanala e riduce le

informazioni e i comportamenti a sua disposizione, confermando la struttura del sé come

autodefinizione della propria identità. Quando esiste una sostanziale discrepanza tra

l'esperienza organismica e il concetto di sé, si creano tensioni e ansia, come risultato del

conflitto tra lo sforzo dell'organismo di soddisfare i propri bisogni e il tentativo del sé

cosciente di restare inconsapevole di tali bisogni.

Scopo della terapia è, secondo Rogers, la ristrutturazione del sé. Il processo di

ristrutturazione può essere attuato soltanto dall'individuo stesso, poiché i valori del

terapeuta potrebbero costituire ulteriori introietti. Rogers sottolinea l'importanza della

relazione terapeutica nel ristabilire un buon livello di autostima.

Meta principale della terapia rogersiana è quella di creare una relazione calda, empatica,

congruente, non direttiva tra il terapeuta e il cliente, che permetta al cliente di imparare a

determinare responsabilmente le mete personali e ad agire per raggiungerle.

L'interesse di Rogers, nella comprensione dell'autostima, è rivolto alla conoscenza del

proprio sé da parte dell'individuo. Il Sé da scoprire, secondo Rogers, non coincide con le

capacità e gli interessi personali, ma soprattutto con i valori e le preferenze affettive della

persona. Le persone sane, che hanno fiducia nel processo di autovalutazione organismica,

scelgono uno stile di vita in armonia con i propri sentimenti e valori più profondi.

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Le persone con una alta stima di sé sviluppano una propria identità e non vivono in base

agli introietti imposti loro dagli altri mentre la paura del rifiuto porta l'individuo a

nascondere o a negare la propria espressione autentica.

Secondo le teorie dell'apprendimento sociale, il funzionamento psicologico è il risultato di

fattori personali e fattori ambientali (Bandura 1977). Le persone acquisiscono

gradualmente su sé stesse opinioni che riflettono il modo in cui sono state trattate

dall'ambiente sociale.

In sostanza gli individui arrivano a percepirsi e a valutarsi allo stesso modo in cui sono

stati percepiti e valutati dagli altri, soprattutto dai propri genitori e da altre figure

importanti.

Studi successivi hanno evidenziato l'importanza dell'autostima attraverso una valutazione

approfondita e sottile di aspetti specifici del concetto di sé (Markus, Wurf, 1987).

Alcuni autori hanno sottolineato l'importanza che al discrepanza tra i diversi Sé (tra il Sé

reale e il Sé ideale) assume nel determinare conflitti cognitivi o cognitivi-affettivi che

procurano autovalutazioni negative (Higgins, klein, strauman, 1985; Rosenberg, 1979).

Secondo recenti prospettive di ricerca, le persone con bassa autostima non sempre

sarebbero caratterizzate dalla presenza di odio di sé. Caratteristica comune alla persone

con bassa autostima sarebbe piuttosto l'assenza di amore per sé e l'incapacità di

riconoscere in sé qualità positive (Baumeister, 1993).

Un concetto di sé scarsamente definito e inconsistente (Campbell, lavallee, 1993)

condurrebbe ad autodescrizioni e presentazioni di sé neutrali, moderate e non impegnative

con una modalità autoprotettiva (self-protective), tendente al mantenimento dell'autostima

(Tice, 1993), piuttosto che all'auto-innalzamento" (self-enhancement).

Il segreto è capire cosa si ha intenzione di fare, decidere cosa è meglio e portarlo avanti

(Giusti, 1995).

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L'evitamento L'evitamento è una delle principali componenti psicologiche della scarsa autostima, esso è

una forma di negazione e di fuga che richiede distorsioni del pensiero e delle percezioni,

preclude la crescita e lo sviluppo personale.

Mediatore di questo

apprendimento sono due

fattori:

ASSUNZIONE DI

AVVICINARSI E CONTATTARE

Elaborazione e integrazione degli elementi conflittuali

AMPLIAMENTO DELLE POSSIBILITÀ

DI APPRENDIMENTO,

CRESCITA PERSONALE,

CAMBIAMENTO

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Rischio intrapsichico è il rischio di scoprire e conoscere pensieri e

sentimenti rifiutati perché considerati inaccettabili o

minacciosi (affrontando l'eventualità che ciò che si

teme sia reale)

Rischio interpersonale è il rischio di rivelarsi, essere conosciuti, scoperti.

Personalità sana

Quella in grado di affrontare una notevole quantità di conflitti ansiogeni senza essere

troppo influenzata dalla minaccia di questi conflitti

ESSERE RESPONSABILI non significa farsi carico di doveri, responsabilità del comportamento altrui ed accollarsi improduttivamente sensi di colpa. Se ci consideriamo responsabili per situazioni su cui non possiamo esercitare alcun controllo la nostra autostima ne soffre.

ESSERE RESPONSABILI significa considerarsi l’agente causale principale della propria vita e del proprio comportamento.

Evitando la responsabilità ci consideriamo delle vittime, diamo potere a tutti tranne che a noi stessi.

Maggiore tolleranza al rischio = maggiore apprendimento psicologico

La disponibilità ad affrontare il rischio psicologico si può stimolare e sviluppare

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La Critica

La Critica patologica è la voce interiore negativa che ci attacca e ci giudica. Ciascuno di

noi ha una Critica interiore, ma le persone con scarsa autostima hanno una voce critica

più forte e giudicante. La Critica ha molte armi. Tra quelle più efficaci ci sono i valori e le

regole con cui siamo cresciuti. La Critica le rivolge contro di noi, paragona come siamo a

come “dovremmo essere” e ci giudica inadeguati o “sbagliati”.

Persone con bassa autostima non si considerano in grado di affrontare ansia, disagi e i

rischi che si presentano e usano la critica per gestire sentimenti di ansia, rifiuto,

impotenza, vulnerabilità, inadeguatezza.

La Critica offre un sollievo temporaneo.

La Critica ci dice “non ce la farai”, impedendoci così di tentare e rischiare e sbagliare e

soffrire.

La Critica ci aiuta predicendo il rifiuto (anticipandolo); in questo modo desensibilizza dalle

future ferite.

L'origine della Critica

La critica interna si forma nell'infanzia sulla base delle relazioni con i genitori, altri adulti

significativi e modelli di riferimento (parenti, amici, vicini di casa).

"I genitori hanno una grande influenza su di noi e sulla nostra vita e continuano ad

esercitarla anche quando, essendo ormai adulti, non ce ne rendiamo conto" (Giusti, 1995).

Nel corso dell'infanzia gli adulti ci insegnano quali comportamenti sono accettabili, quali

sono pericolosi, quali sono moralmente sbagliati e quali sono fastidiosi, premiando il

comportamento giudicato appropriato e punendo quello inappropriato. Per un bambino i

genitori sono la fonte di tutto il nutrimento materiale ed emotivo, perciò, avvertire che c'è

qualcosa che in lui "non va" è percepito come un rifiuto e suscita dolore e paura di perdere

il supporto dei genitori.

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Tutti i bambini crescono con residui emotivi generati da rimproveri, giudizi, ammonimenti

e conservano ricordi consci ed inconsci delle circostanze in cui si sono sentiti "sbagliati" o

cattivi. È da queste esperienze che trae origine la Critica. Questa cerca di "proteggere" la

nostra parte vulnerabile dal dolore e dalla vergogna di "essere meno di quanto dovremmo

essere".

La voce della critica è quella del genitore interiorizzato che disapprova, ammonisce, è la

voce proibitiva che ha modellato il nostro comportamento quando eravamo bambini. Le

persone con una scarsa autostima considerano gli errori come un indice di una generale

mancanza di valore. La Critica, mentre distrugge la fiducia nelle proprie capacità, portando

alla rinuncia, viene rinforzata dal temporaneo senso di sollievo che procura.

Ristrutturazione cognitiva per l'autostima

E' possibile sviluppare contestazioni specifiche contro gli attacchi della Critica. Si può

imparare a contestare e interrompere i pensieri negativi e svalutativi sostituendoli con

affermazioni positive ed imparare ad identificare i punti di forza.

L'autostima non consiste solamente nel riconoscere i propri aspetti positivi. Significa anche

avere un attitudine all'accettazione e al non giudizio nei confronti di se stessi e degli altri.

Si può migliorare l'autostima utilizzando le tecniche di ristrutturazione cognitiva,

attraverso l'esplorazione dell'autodialogo negativo, la confrontazione della Critica e delle

distorsioni cognitive e lo sviluppo di un autovalutazione più benevola.

Per poter riconoscere le affermazioni negative su noi stessi, come primo passo dobbiamo

soffermarci sui nostri pensieri, per individuare da un lato la Critica patoogica, e dall'altro

la voce "sana" che è la capacità di pensare e valutare realisticamente.

Se abbiamo fatto uso della Critica così a lungo evidentemente ha per noi una funzione, che

può essere quella di spingerci verso il comportamento desiderato, di proteggere

paradossalmente le nostre autovalutazioni o di controllare sentimenti dolorosi.

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È importante comprendere i bisogni che ci spingono a ricorrere alla Critica (ad esempio

evitare la paura del fallimento).

L'obbiettivo è di sviluppare contestazioni specifiche da utilizzare contro gli attacchi della

Critica e verificare e confutare le distorsioni. Bisogna imparare a contestare ed

interrompere i pensieri negativi e svalutativi sostituendoli con affermazioni positive, ed

imparare a identificare i nostri punti di forza.

L'autostima non consiste solamente nel riconoscere i propri aspetti positivi. Significa anche

avere un attitudine all'accettazione e al non giudizio nei confronti di se stessi e degli altri.

L'obbiettivo è di diminuire gli attacchi verso se stessi e di stimolare un autodialogo più

sano.

Disarmare la Critica

Per combattere la Critica occorre innanzitutto riconoscerla. Dopo essere riusciti a separare

la sua voce dal flusso dell'autodialogo quotidiano, arriva il momento di disarmarla. Questo

processo comprende due fasi:

- individuare i suoi propositi

- contestarla e renderla inutile

esempi di individuazione

- mi paragona a tutti gli altri, con la speranza di trovare ogni tanto qualcuno peggiore di

me

- mi rimprovera come facevano i miei genitori e io le credo come credevo a loro

- mi sta dicendo che non sono capace, così non provo e non rischio di fallire

- mi sta dicendo che non piacerò all'altro, così non mi farò illusioni e non sarò ferito se

verrò rifiutato

- mi sta dicendo che saranno delusi di me in modo da essere pronto al peggio

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esempi di contestazioni

- la Critica mi paragona agli altri: non ha senso paragonarmi ad un altro

- quando ero bambino ero costretto a subire i rimproveri, adesso non più; posso scegliere

se credere alla Critica oppure no

- la Critica mi dice "non provare, sei incapace". Ogni volta che evito un esperienza, dando

ascolto alla Critica, mi procuro un fallimento, che è proprio quello che tento

maggiormente di evitare. Ogni rinuncia conferma la validità degli attacchi della Critica e

mi sento perdente

- la Critica mi dice che "non piacerò": in questo modo mi precludo qualsiasi possibilità di

amicizia intima e di amore. In realtà in questo modo sono io a rifiutare gli altri per

proteggermi dal loro eventuale rifiuto

- la Critica mi dice che "io posso deludere": la Critica provoca delusione in me, piuttosto.

Sono nauseato dai suoi attacchi.

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DISTORSIONI COGNITIVE

Le distorsioni cognitive sono messe in opera dalla Critica patologica come abitudini di

pensiero con le quali interpretiamo la realtà in modo distorto. Tali abitudini sono difficili da

riconoscere e correggere e sono fatte proprie anche dalle persone più razionali.

Le più frequenti sono:

• Generalizzazione: invece di osservare tutti i dati disponibili si prende un evento e si fa

del singolo evento una regola generale. La funzione può essere quella di nascondere o

placare forti sentimenti che riguardano una situazione o una persona i quali, sentiti

come pericolosi, vengono generalizzati e confusi.

"Non ho superato l'esame, quindi sono uno studente fallito, quindi sono una persona

fallita."

Si estende una valutazione negativa della propria performance, relativa ad un modo di

essere o ad un evento particolare ad una valutazione globale di sé come persona.

• Uso di etichette: applicare etichette ad intere categorie di persone.

• Selezione e filtro della realtà: si tende a dar rilievo ad elementi negativi togliendo

valori a quelli positivi.

" Di una bella serata si tende a ricordare soltanto l'episodio in cui si è versato del

vino sulla tovaglia"

• Pensiero polarizzato: dividere il mondo in bianco e nero senza tonalità intermedie.

• Autorimproveri: ci si rimprovera per eventi che, in fondo, non possiamo controllare.

Caratteristico è giustificarsi incessantemente.

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"se proponete una gita e il tempo si guasta vi sentite responsabili"

• Personalizzazione: la persona si sente al centro dell'universo e tutti gli eventi vengono

sentiti in relazione a sé.

"In lontananza scorgo una persona che conosco e che improvvisamente si infila in

un negozio. Non voleva salutarmi."

• Lettura del pensiero: si parte dal presupposto che tutte le persone sono come noi e gli

si attribuiscono i propri pensieri, intenzioni e sentimenti spesso condizionati dalla

nostra autovalutazione negativa.

• Ragionamento emotivo: con esso ci si basa sulle proprie emozioni per interpretare la

realtà senza tenere conto di regole razionali. Percepiamo tutto attraverso le emozioni del

momento.

"Ci sentiamo inutili o brutti e diventiamo inutili e brutti"

Si combattono le distorsioni cognitive consapevolizzando i processi alla base e facendo

sorgere, sulla base di una nuova visione le voci di contestazione:

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distorsione contestazione

Non piaccio a nessuno Non piaccio ad alcune persone

Non posso cambiare Non permetto alla critica di privarmi del mio potere.

Claudia mi guarda in silenzio, è arrabbiata con me

Non posso indovinare i suoi sentimenti. Posso verificare e non precludermi, così, l'intimità.

Obbiettivo è diminuire gli attacchi verso se stessi e sviluppare un autodialogo più sano

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I "DEVO" I primi valori nascono dal bisogno di essere amati e approvati dai propri genitori. "Sono

come tu mi vuoi, quindi accettami". Altre convinzioni sono acquisite dal bisogno di essere

accettati e provare un senso di appartenenza ai gruppi (scuola, sport, amici, ufficio,

associazione).

A creare la tirannia dei devo è la loro natura assoluta, la loro inviolabilità, il loro senso di

giusto e sbagliato. A causa dei "devo" le persone si torturano con sensi di colpa e

autorimproveri sentendosi paralizzate quando si trovano a dover scegliere tra regole rigide

e desideri spontanei. I "devo" vengono introiettati senza essere "masticati".

I "devo" più comuni:

• Devo essere un genitore perfetto, un amico perfetto, uno studente perfetto ecc…

• Non devo mai sentirmi ferito.

• Devo amare i miei figli in uguale misura.

• Devo contare sempre e solo sulle mie forze.

• Non devo mai avere paura.

• Devo procurarmi una posizione sociale, benessere, ricchezza, potere.

• Devo fare sempre qualcosa. Riposare è solo una perdita di tempo.

• Devo sempre proteggere i miei figli da ogni dolore e delusione.

I "devo" colpiscono l'autostima perché spesso non ci appartengono, sono stati adottati da

altri per soddisfare i loro bisogni, e spesso, quando entrano in conflitto con i nostri

bisogni personali ci troviamo a dover fare una scelta difficile fra la rinuncia alla

soddisfazione del bisogno, sperimentando quindi la perdita, e il tradimento della regola con

conseguenti sensi di colpa.

I "devo" colpiscono la nostra autostima applicando concetti di giusto e sbagliato a

situazioni che non costituiscono una questione morale. Al bambino che si sporca col gelato

viene detto "Guarda che hai fatto, sei cattivo!".

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Scoprire i propri "devo

Inventario dei "devo"

1.Relazioni interpersonali

coniuge o partner

figli

genitori

fratelli/sorelle

persone bisognose

insegnanti, studenti, clienti ecc…

2.Attività in casa

Manutenzione

Pulizia/ordine

Arredamento

Cucina

3.Attività ricreative

4.Attività lavorative

efficienza

rapporti con i colleghi

rapporti con i superiori

iniziativa

affidabilità

obiettivi e risultati

5.attività di sviluppo delle proprie

potenzialità

istruzione

esperienze di crescita

attività di espressione della creatività

6.Sessualità

Prestazioni sessuali

Coinvolgimento con il partner

7.Attività sociale e politica

8.Religione

9.Denaro e finanze

Abitudini di spesa

Tenore di vita

Risparmi ed investimenti

10.Cura di sé

Aspetto fisico

Esercizio

Abuso di sostanze: fumo, alcool,

droga

Prevenzione e cura della salute

Abitudini alimentari

11.Gestione ed espressione di

sentimenti

rabbia

paura

tristezza

gioia

amore

delusione ecc…

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SiPGI Campania 16 Dispense Master: Autostima a cura di Antonio Di Maio – Counselor formatore

Poniamoci le seguenti domande per ogni area dell'inventario

• Provo dei sentimenti di colpa in quest'area? Ne ho provati in passato?

• Sperimento dei conflitti? Mi trovo in difficoltà nello scegliere tra quello che voglio

fare e quello che "devo" fare?

• Provo un senso di obbligo o dovere?

• E' qualcosa che sento di dover fare e, invece, sto evitando?

Una volta riconosciuta la presenza di questi sentimenti possiamo risalire al "devo" che li

provoca.

Qualche volta può essere difficile risalire al "devo" che impone un determinato

comportamento. In questi casi provate a domandarvi "che cosa succederebbe e

significherebbe per me se non rispettassi la mia regola"?

Una volta individuati i "devo" occorre:

determinare se sono utili, sani e appropriati;

se il linguaggio da noi usato si basa su generalizzazioni;

se è possibile ridimensionare i principi assoluti di "giusto" e "sbagliato";

se quel "devo" si addice alla nostra personalità, ai nostri bisogni, ai nostri desideri.

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Altri fattori che contribuiscono al soffocamento dell’autostima

• Imperativi morali – Alcuni bambini vengono fatti sentire sbagliati perché si esprimono in maniera non conforme alle aspettative dei genitori.

• Differenziazione tra comportamenti e identità – Dire a un bambino che è cattivo

perché corre in strada (e non spiegargli i pericoli legati al correre in strada) vuol dire mandargli il messaggio che sia lui che il suo comportamento sono sbagliati. Il bambino può non riconoscere la differenza tra quello che fa e quello che è. Quando sarà adulto la critica colpirà entrambi.

• Frequenza di eventi punitivi – Il senso di inadeguatezza nasce anche attraverso una

Critica ripetuta. • Contraddittorietà – Le persone che hanno ricevuto una genitorializzazione

incoerente si portano dentro un senso di colpa; sentono di avere sbagliato qualcosa ma non sanno cosa; non hanno sviluppato un criterio stabile di valutazione.

• Legati alla rabbia – La Critica accompagnata alla rabbia ha un impatto notevole

anche da adulti a discapito del concetto e della stima di sé “Sei cattivo e per questo ti rifiuto”.

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Gestire gli errori

Una caratteristica riscontrata nelle persone con bassa autostima è la difficoltà che hanno

di ammettere persino a se stessi di aver sbagliato. Gli errori vengono vissuti come un

ulteriore conferma della propria inadeguatezza e mancanza di valore.

Spesso i rimproveri fatti al bambino non sono circoscritti al comportamento ritenuto

sbagliato ma vengono accompagnati dal messaggio più o meno sottinteso "sei sbagliato".

Questi rimproveri genitoriali interiorizzati determinano la nostra critica interna che

ripetono il rimprovero quando commettiamo o pensiamo di aver commesso un errore.

Ridimensionare gli errori significa interpretarli in maniera nuova limitando la loro

minacciosità. Gli errori sono una funzione della crescita che non si arresta mai. Chi non

commette errori in fondo arresta il suo processo di analisi e crescita. Solo dai propri errori

è possibile imparare veramente. A volte siamo talmente occupati a difenderci dagli attacchi

della nostra Critica che perdiamo l'opportunità di ascoltare quello che gli errori hanno da

dirci.

"Porto ora, che sono vecchio, le ferite di tutte le battaglie che ho evitato" Pessoa.

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1) Mi capita di pensare che le persone con me non si divertano tanto

0 1 2 3 4 5

2) Spesso non mi sento accettato e apprezzato del tutto anche da chi mi conosce bene

0 1 2 3 4 5

3) Non mi sento sicuro/a di cosa fare o dire quando mi trovo con persone che non conosco bene

0 1 2 3 4 5

4) Ho difficoltà a riconoscere le qualità degli altri 0 1 2 3 4 5 5) Spesso mi sento una persona troppo timida, anche se agli altri non sembra così

0 1 2 3 4 5

6) Bisogna che gli altri mi conoscano prima che io possa piacere a loro.

0 1 2 3 4 5

7) Anche se mi dico di avere più fiducia nelle mie capacità, le situazioni nuove mi spaventano sempre.

0 1 2 3 4 5

8) Sono preoccupato per le critiche o le osservazioni 0 1 2 3 4 5 9) Non mi ritengo una persona creativa 0 1 2 3 4 5 10) Mi capita di rimandare spesso gli impegni di lavoro 0 1 2 3 4 5 11) Trovo difficoltà ad esprimere le mie opinioni soprattutto quando sono discordi da quelle degli altri

0 1 2 3 4 5

12) Quando mi guardo allo specchio non mi piaccio. 0 1 2 3 4 5 13) I complimenti mi mettono in imbarazzo, mi stupiscono, stento a crederci.

0 1 2 3 4 5

14) trovo difficoltà ad affrontare ed accettare i miei errori 0 1 2 3 4 5 15) Difficilmente i miei colleghi/amici apprezzano le mie idee o accettano le mie proposte

0 1 2 3 4 5

16) Sono troppo emotivo 0 1 2 3 4 5 17) Nelle occasioni importanti mi sono sempre sentito solo 0 1 2 3 4 5 18) Gli altri intorno a me mi considerano un tipo chiuso 0 1 2 3 4 5 19) In mezzo alle persone, al lavoro, con gli amici mi sento spesso a disagio

0 1 2 3 4 5

20) Per quello che non va bene nella mia vita penso che sia colpa del destino

0 1 2 3 4 5

Questionario di autovalutazione dell'autostima Da “Training dell’assertività” di E. Giusti

Il questionario comprende una serie di affermazioni da valutare in base a quanto corrispondono all'esperienza personale, dove 0 equivale a "assolutamente non corrispondente all'esperienza personale" e 5 a "massima corrispondenza all'esperienza personale". Per compilarlo va messa una X sulla casella ritenuta opportuna.

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21) Mi è difficile dire quello che penso 0 1 2 3 4 5

22) Ci sono molte cose che vorrei cambiare di me stesso 0 1 2 3 4 5

23) Manco di buon senso 0 1 2 3 4 5

24) Cerco di nascondere alcune parti del mio corpo 0 1 2 3 4 5

25) Spesso mi sento lasciato fuori dal gruppo 0 1 2 3 4 5

26) Cambierei il mio aspetto se potessi 0 1 2 3 4 5

27) Evito il più possibile di affrontare conflitti e contrasti 0 1 2 3 4 5

28) Ho poca fiducia in me 0 1 2 3 4 5

29) A volte faccio cose per accontentare gli altri piuttosto che

per me

0 1 2 3 4 5

30) Ho sempre pensato che ai miei genitori io non piacessi

così come ero

0 1 2 3 4 5

31) Mi è capitato più di una volta di subire frustrazioni

inaspettate

0 1 2 3 4 5

32) Quando gli altri sono gentili con me mi insospettisco 0 1 2 3 4 5

33) Non riesco a capire cosa si aspettino da me i miei

superiori al lavoro

0 1 2 3 4 5

34) Cerco di prevedere minuziosamente il tipo di impegno

che mi aspetta

0 1 2 3 4 5

35) Quando riesco male in un lavoro mi viene spesso da

pensare che, anche se io mi fossi impegnato maggiormente,

non avrei potuto fare meglio.

0 1 2 3 4 5

36) Mi capita di provare una sensazione di disagio nel

contatto fisico, anche con persone conosciute.

0 1 2 3 4 5

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Lettura risultati 30 - 70 Livello alto di autostima Sei soddisfatto/a della vita che vivi e delle scelte che hai fatto. Hai un'ottima immagine di te, esprimi agli altri la tua unicità, accettando anche il rischio di apparire diverso/a . Il tuo lavoro ti soddisfa e queste ti consente di investire creativamente le tue energie per raggiungere nuovi obiettivi. 71 - 110 Livello medio di autostima Hai un buon livello di autostima, anche se le situazioni nuove ti creano qualche disagio. Sei consapevole dei tuoi punti forti e delle caratteristiche positive, ma hai qualche difficoltà ad accettare le tue debolezze. In ambito lavorativo sei molto apprezzato per le tue capacità, ma hai difficoltà ad accettare i suggerimenti, le proposte degli altri. 111 - 160 Livello basso di autostima Spesso senti di non valere molto, sei critico/a con te, utilizzi frequentemente affermazioni negative per descrivere te stesso/a. le situazioni nuove ti spaventano, pensi subito che avrai difficoltà o che non ce la farai, e questo ti può far stare in ansia. Spesso sul lavoro hai difficoltà di concentrazione e questo ti impedisce di portare a termine un'attività. Il rapporto con i superiori spesso vive sulla sfida e la ribellione.

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Bibliografia

- Jerold D. Bozarth, 2001 – La Terapia Centrata sulla Persona - Sovera

Multimedia S.r.l. Editore - Roma

- Edoardo Giusti, 2000 – Autostima - Sovera Multimedia S.r.l.Editore – Roma –

seconda ristampa

- Edward Craighead – Migliorare l'autostima - Edizioni Erickson – Trento

- Leslie S. Greenberg, Sandra C. Paivio, 2000 – Lavorare con le Emozioni in

Psicoterapia Integrata – Sovera Multimedia S.r.l. Editore – Roma

- Annamaria Di Fabio - PSICOLOGIA DELL’ORIENTAMENTO

- (Autostima Autoefficacy, Locus of Control) - Giunti