Dispensa Omaggio - Teorie Dell’Interpretazione Giuspositivismo, Ermeneutica Giuridica,...

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Riassunti del libro Teorie dell'interpretazione di V. Omaggio

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    Vincenzo Omaggio Teorie dellinterpretazione

    Giuspositivismo, ermeneutica giuridica, neocostituzionalismo

    CAPITOLO 1 : GIUSPOSITIVISMO ED ERMENEUTICA

    1 UNA TEORIA NELLA PRATICA GIURIDICA LErmeneutica filosofica stata la tendenza pi influente e significativa del pensiero europeo della seconda met del XX sec. Essa viene definita come una teoria dellinterpretazione ed in particolare indica la tecnica di interpretare testi e documenti storici, ossia il conoscere interpretando. Il movimento ermeneutico si caratterizza per una particolare attenzione al problema del comprendere, inteso come condizione costitutiva di ogni esperienza umana.

    Gadamer uno dei maggiori esponenti di tale movimento. Le scoperte ermeneutiche, in tema di comprensione e di interpretazione, hanno

    contribuito a mettere in discussione il metodo del sapere ispirato a canoni astorici (infatti prima la conoscenza non si ispirava alla storia). Lermeneutica giuridica ha un significato esemplare, che consiste nella costruzione del rapporto tra passato e presente, cio nella capacit di spiegare il passato nella sua continuit con il presente.

    Con lermeneutica filosofica si pongono le basi per il superamento della struttura tradizionale dellinterpretazione statica e obiettiva, che ripercorreva il procedimento mentale dellautore (cio del legislatore). Con questa prospettiva si tende a spostare il fulcro dellesperienza giuridica sullattivit interpretativa ed applicativa. I maggiori esponenti dellermeneutica tedesca sono Esser, Engisch, Hassemer, Kaufmann, Kriele, Lorenz, Mller, Hrusckha. Il punto in comune degli ermeneutici la critica alla giurisprudenza positivistica

    in tema di interpretazione. Infatti veniva definito incapace di funzionare come una teoria della prassi giuridica.

    Il giuspositivismo ha reagito a tali critiche soprattutto con le teorie di Kelsen e Hart.

    2 IL POSTULATO DEL POSITIVISMO

    Il positivismo giuridico la concezione secondo la quale il diritto considerato come un insieme di norme poste in essere da unautorit legittimata a tale compito. Esso in particolare una teoria del diritto ottocentesca che, in

    opposizione al giusnaturalismo, annulla ogni rapporto di principio del diritto con la morale, e lo identifica con le norme poste dallautorit politica del legislatore. I maggiori esponenti del positivismo sono Kelsen e Hart. Herbert Hart, un giurista e filosofo inglese, ha distinto 5 significati di positivismo giuridico, cio esso pu significare :

    1. che le leggi sono comandi; 2. che non vi un legame necessario tra diritto e morale, ossia tra il diritto

    com e il diritto come deve essere;

    3. che lo studio dei significati dei concetti giuridici deve essere distinto dagli studi storici e sociologici e dalle valutazioni morali;

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    4. che lordinamento giuridico un sistema logico chiuso, nel quale dalle norme giuridiche prestabilite possibile dedurre delle correte decisioni giudiziarie;

    5. e che i giudizi morali non possono essere dimostrati facendo ricorso a prove e ragionamenti razionali (teoria etica non cognitivista).

    Tra queste 5 tesi non c legame necessario. Tuttavia lelenco di Hart un utile promemoria per comprendere il positivismo. Oggi, a quasi 50 anni di distanza dal saggio hartiano, la nozione di giuspositivismo si complicata fino a contenere

    posizioni assai diverse rispetto al passato. Secondo il positivismo giuridico, il diritto ritenuto diritto cos com, senza effettuare giudizi etici (morali).

    Ci che essenziale unidea che la scienza del diritto sia puramente descrittiva, cio che si limita a conoscere il proprio oggetto senza modificarlo (quindi si limita

    a conoscere solo ci che conoscibile). Kelsen, ritiene che loggetto della scienza del diritto il diritto stesso, cio le norme giuridiche e le modalit in cui il diritto si rende conoscibile (cio

    diventa positivo). Il giuspositivismo nasce con tre caratteristiche :

    - imperativista, nel senso che esprime un comando; - formalista, in quanto d pi importanza alla forma che alla sostanza; - e statalista, in quanto ogni comando sotto il controllo dello Stato.

    La prima fase positivistica segnata dal trionfo della legge sulle altre fonti e dalla monopolizzazione del diritto da parte del legislatore (cio del sovrano).

    Il diritto un ordinamento autosufficiente, nel senso che da esso possibile trarre delle decisioni corrette, e quindi la decisione del giudice deve essere una riproduzione fedele della legge, senza alcun apporto creativo.

    Nel 1950, Norberto Bobbio, in un suo importante lavoro, definiva che linterpretazione della legge non altro che lanalisi del linguaggio del legislatore nel quale sono espresse le regole giuridiche. Per lanalisi di tale linguaggio non sempre rigoroso, ma spesso richiesto il lavoro del giurista, che provvede a precisarlo e a renderlo pi completo e

    sistematico.

    3 LA CRITICA DEL GIUDIZIO SILLOGISTICO E LA COSTRUZIONE DELLE PREMESSE

    Cesare Beccaria nel 1764 riteneva che linterpretazione delle leggi penali non pu essere effettuata dai giudici, perch essi non sono legislatori. Pertanto in

    ogni delitto il giudice deve effettuare un sillogismo perfetto, dove per sillogismo si intende una forma di argomentazione per la quale da due proposizioni, dette premesse (una maggiore e una minore) se ne trae una terza

    detta conseguenza (o conclusione). Quindi nel caso del delitto la premessa maggiore la legge generale, la premessa minore lazione conforme o no alla legge, e la conseguenza la libert o la pena. Quando il giudice fa pi di un sillogismo, si pu cadere nellincertezza. Montesquieu, qualche anno prima di Beccaria, aveva sostenuto che i giudizi devono apparire stabili e prevedibili, ed inoltre devono essere tali da costituire sempre un preciso testo di legge e da configurare il potere giudiziario come un

    potere in qualche modo nullo e inanimato, che sia solo una semplice bocca che pronuncia le parole della legge. Kant, invece, teorizzava un sillogismo pratico, che era ricavabile dalla divisione dello Stato in tre potestas:

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    potestas legislatoria, che risiede nella persona del legislatore; potestas rectoria, che risiede nella persona che governa conformemente alle

    leggi; potestas iudiciaria, che risiede nella persona del giudice. Per Kant queste tre potest coincidono con le tre premesse del sillogismo pratico.

    Infatti : o la premessa maggiore data dalla legge,

    o la premessa minore data dal comando di seguire la legge, o e la conclusione data dalla sentenza che decide il caso concreto.

    Caratteri del sillogismo : Il giudizio sillogistico presenta due caratteri importanti :

    la scelta della fonte da porre come premessa maggiore, che stata individuata nel testo della legge;

    e la considerazione del testo della legge come un testo che abbia un significato chiaro ed evidente, ed autodotato di senso.

    Secondo la teoria giuspositivista dellinterpretazione, la legge non ha bisogno di alcun elemento integrativo, ma solo della logica del giurista, la cui pronuncia

    limitata al contenuto della norma. Tale principio alla base delle due principali scuole positivistiche europee (cd principio comune):

    la Scuola dellEsegesi, fondata in Francia e basata sul metodo interpretativo logico-grammaticale,

    e la Giurisprudenza dei Concetti, fondata in Germania da Savigny e basata su un modo di interpretare il diritto a partire dai sui concetti, contenuti a loro volta nelle norme.

    Critiche al giudizio sillogistico da parte degli ermeneutici:

    Una critica al giuspositivimo effettuata dalla teoria ermeneutica del diritto riguarda lunivocit del testo di legge e il conseguente sillogismo giudiziale, che pretende di far rientrare i casi concreti nella norma generale mediante

    sussunzione logica. Gli ermeneutici ritengono che il sillogismo non una descrizione delloperato del giudice, ma soltanto una condotta che si prescrive a lui di tenere per ottenere un risultato accettabile. Inoltre ritengono che il sillogismo debole, perch riguarda solo una parte del

    vero percorso sillogistico, cio quello della conclusione, e quindi tralascia le premesse.

    Prima dellattivazione del giudizio sillogistico, infatti, il giudice ha un altro fondamentale compito: cio quello di costruire le premesse sulle quali fondare il

    suo giudizio (rapporto tra fatto e sistema giuridico).

    Costruzione delle premesse : La costruzione delle premesse il momento pi importante, in quanto su di esso si fonda loperato del giudice. Tali premesse non sono poste dal legislatore (cio non si identificano con il testo della norma), ma

    devono estrapolarsi dal rapporto tra fatto e sistema giuridico, cio tra norma e caso vitale si instaura un collegamento reciproco.

    Per Karl Engisch, uno dei maestri della scienza metodologica tedesca del dopoguerra, il principio secondo cui la legge deve essere chiara e determinata,

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    errato. Secondo lui la premessa maggiore caratterizzata dal risultato dellattivit del pensiero giuridico. Josef Esser approfondisce le intuizioni metodologiche di Engisch, e ritiene che la correttezza della sussunzione dipende dal modo in cui vengono formulate le premesse e dagli elementi valutativi che non sono offerti dal legislatore.

    Quindi, secondo Esser, tra fattispecie astratta e fattispecie concreta (legge e fatto) si presenta un terzo elemento, cio la circostanza di fatto giuridicamente

    rilevante, che svolge un compito di collegamento tra i fatti e le norme ed attiva un procedimento circolare, nel senso che : si esamina la fattispecie concreta (cio il caso),

    e poi si selezionano in essa gli elementi giuridicamente rilevanti che mettono in moto il dialogo tra linterprete e il testo, cio si ha uninterazione tra caso concreto (fatto) e caso astratto (norma).

    Quindi il procedimento ora circolare e non pi lineare: il procedimento

    circolare perch parte dallanalisi della fattispecie concerta, mentre se partiva dallanalisi della fattispecie astratta era un procedimento lineare. Linsieme degli atti valutativi presenti in questo procedimento rappresentano la sua precomprensione, cio il modo corretto di impostare il caso. Kaufman ritiene questo movimento di consultazione del testo come un andare a tastoni, cio al buio. Enghish, invece, ha considerato tale movimento come un andare avanti e indietro dello sguardo tra norma e circostanza di fatto. Il concetto di Esser di precomprensione apre la prospettiva verso un sistema giuridico aperto al contesto dei valori extralegali, in quanto secondo lui i giudizi di

    valore sono importanti perch la legge non sempre contiene tutta la disciplina necessaria per risolvere un caso . Tale teoria in contrasto con la teoria pura del diritto di Kelsen, che invece

    intende eliminare tali giudizi di valore dal suo campo di osservazione .

    Per costruire una premessa maggiore occorre un lavoro di selezione ed organizzazione dei dati legislativi, necessario per la valutazione del caso, e che opera della scienza giuridica. Esso consiste nellindividuazione di un segmento del discorso legislativo, attraverso scomposizione e ricomposizione dei documenti con riferimento a una sistematica. La premessa minore sempre inquadrata come caso concreto e linquadramento si fonda sulla somiglianza del caso in questione con gli altri casi pi sicuri, che fanno da materiale di comparazione: ma ogni somiglianza comporta anche delle differenze e linterprete ha il compito di stabilire, in base alle uguaglianze o alle differenze, se collocare il caso dentro o fuori quella classe concettuale di fattispecie astratte.

    4 LA POSITIVITA COME PROCESSO

    Una ragione molto importante che va contro la completezza delle leggi consiste nel fatto che il significato delle sue parole non pu essere stabilito dalle leggi stesse, ma proviene da un contesto extralegislativo.

    Lart.12 delle Preleggi, prescrive che nellapplicare la legge non si pu ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole

    secondo la connessione di esse e dallintenzione del legislatore. Tale articolo nel prescrivere che bisogna dare alle leggi il significato proprio delle

    parole, prevede un aggettivo di troppo, cio il termine proprio. Infatti ogni

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    parola non ha un significato proprio, ma vari significati in base ai contesti. Infatti un testo non pu conoscere tutte le domande che la vita gli rivolger.

    Inoltre, il testo giuridico, come ogni altro testo, un discorso fissato dalla scrittura e, come ogni discorso, ha dei destinatari ed quindi aperta allinterpretazione. Secondo il giuspositivismo, il concetto di positivit riguarda un qualcosa che dato da un soggetto detentore e portatore del senso ad uno dei destinatari che

    ne il ricevitore passivo. Mentre, secondo lermeneutica, il concetto di positivit non riguarda solo la norma come artefatto, ma riguarda il perfezionamento dei suoi contenuti

    attraverso lopera giurisprudenziale e scientifica. Dunque, la norma non si identifica con la sua formulazione linguistica, ma il

    risultato di un lavoro ermeneutico su di essa (cio un lavoro interpretativo). Il diritto, quindi, non impegna solo il legislatore, ma anche i destinatari della

    legge (quali giudici, giuristi, funzionari, cittadini). Hruschka afferm che il diritto positivo in quanto interpretato, e che la positivit del diritto la sua interpretabilit.

    Secondo i giuspositivisti il diritto positivo contenuto tutto nella norma ed insensibile alla storicit; mentre per gli ermeneutici bisogna tener conto delle tesi di Kaufmann ed Hassemer. Per Kaufmann la storicit un elemento importante della filosofia del diritto. Infatti, secondo lui, chi vuole comprendere un testo, elabora un primo progetto

    di senso, a partire da questo poi interroga il testo e nel contempo modifica e corregge la sua anticipazione di senso.

    Quindi secondo lui, ci che il giudice ha di fronte semplice materiale grezzo, e affinch esso diventi diritto, occorre che il suo senso sia ricondotto al linguaggio. Hassemer, invece, ha modificato il concetto di circolo ermeneutico e ha parlato di spirale ermeneutica. Egli infatti aveva affermato che il processo tra norma e decisione non si ha attraverso un circolo di rimandi tipici, dal

    momento che la determinazione reciproca non avviene una volta sola e sullo stesso terreno, ma frequentemente e su diversi livelli ermeneutici. Quindi si ha attraverso precisazioni, trasformazioni, integrazioni, che riguardano la norma in

    base al fatto e il fatto in base alla norma. In contrasto con Engisch e Kaufmann che avevano parlato di un andare qua e l dello sguardo tra norma e fatto, Hassemer definisce la comprensione attraverso diversi sguardi che di volta in volta mettono a fuoco una diversa fattispecie, nella quale si rispecchia un diverso caso pi dettagliato (meglio

    circostanziato).

    5 IL DISCORSO SUI METODI Tutti i giuristi sono daccordo sul sostenere che una legge prima di essere applicata deve essere interpretata. Un punto comune tra tutti i giuristi ermeneutici quello di ritenere indispensabile

    lintegrazione delle leggi con elementi extralegali. Quindi fondamentale la fusione tra legge scritta e diritto non scritto. Anche la Costituzione di Bonn ha previsto che il giudice vincolato alla legge e al

    diritto. Quindi per gli ermeneutici, a differenza dei giuspositivisti, il giudice - interprete

    ha poteri analoghi a quelli del legislatore, per cui nel sistema delle fonti, accanto alla legge si affianca anche il diritto giurisprudenziale e il diritto giudiziale.

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    Al contrario, invece, secondo i giuspositivisti (e tra loro anche Savigny), il sistema delle leggi contiene sempre la decisione per tutte le questioni e quindi il

    giudice, per la risoluzione del caso, deve solo dedurre i concetti dalle norme, lasciando da parte considerazioni morali, politiche o economiche.

    Savigny introduce il canone dei quattro elementi interpretativi detti canoni ermeneutici o criteri di interpretazione:

    1. criterio grammaticale : che analizza il significato proprio dei termini contenuti nella formulazione legislativa;

    2. criterio logico : che analizza le singole parti delle norme, allargando lorizzonte delle singole parole al contesto in cui sono inserite;

    3. criterio storico : che consiste nel ricostruire la volont espressa dal legislatore al momento in cui ha emanato la legge;

    4. criterio sistematico: che consiste nel rapporto tra la singola disposizione da applicare e tutte le altre norme.

    Ogni metodo presuppone una certa idea del diritto: quello letterale, viene preferito dai sostenitori di una volont legislativa

    cristallina; quello storico, esprime una concezione del diritto come risultato delle forze

    sociali;

    quello sistematico, esalta il lavoro dogmatico.

    Critiche degli ermeneutici: secondo gli ermeneutici per i diversi metodi possono dar luogo a esiti interpretativi diversi e il loro cumulo conduce a gravi indecisioni applicative.

    Per questo, secondo gli ermeneutici, non c preferenza tra i metodi; infatti, si sceglie di volta in volta quello capace di condurre al risultato pi soddisfacente.

    Ma sono gli stessi ermeneutici che hanno criticato tali metodi dellinterpretazione, in quanto danno vita ad unindecisione circa la scelta tra di loro (perch non c gerarchia e il cumulo non sempre possibile).

    Esser, ad esempio, ritiene che non sono mai stati spiegati sufficientemente i motivi che fanno preferire un singolo metodo in un caso particolare, n i criteri

    che regolano la loro combinazione. Quindi Esser porta avanti una ricerca antimetodologica, in quanto ritiene che la

    scelta dellinterpretazione va fatta arbitrariamente dal giudice : in nessun caso la legge da sola sufficiente a dare la decisione e quindi la scelta fatta dal giudice fondamentale.

    La legge priva di parametri di giudizio per la sua applicazione. Engisch ritiene che tutte le tesi riguardanti i rapporti tra i vari metodi

    interpretativi rimangono sospesi nellaria. Kriele si espresso anche lui sullinaffidabilit dei metodi; infatti secondo lui le discussioni sul metodo hanno qualcosa di donchisciottesco. Anche in Italia si discusso sul tema dei metodi interpretativi.

    Infatti, alla fine degli anni 40, Rodolfo Sacco sosteneva che le norme non hanno altro senso al di fuori di quello attribuito loro dagli interpreti. Anche Sacco aveva individuato 5 mezzi ermeneutici fondamentali, ma nello

    stesso tempo riteneva che tali metodi di solito soccorrono solo linterprete e non producono interpretazione se non trasformandosi in sentimenti e persuasioni. Ad

    esempio la conoscenza della storia della norma non influenza, ma pu originare laspirazione dellinterprete a leggere il contenuto delle norme in continuit con il passato.

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    Molto pi tardi Sacco ha ribadito che il diritto applicato il frutto di uninterazione tra una fonte primaria (legge o precedente) e uninterpretazione; ha poi definito che linterpretazione il prodotto di pi fattori assimilati nelle convinzioni dellinterprete. Nessuna metodologia pu verificare lesattezza dei risultati dellinterpretazione. Denozza, al contrario di Sacco, in suo recente lavoro, ha rivalutato i metodi

    dellinterpretazione, ritenendo che con i metodi interpretativi il sistema giuridico mantiene la propria autonomia. In questo modo verrebbe smentita lidea di Esser di una scelta del metodo in funzione del risultato, dal momento che gli strumenti ermeneutici andrebbero usati sempre tutti contemporaneamente, provvedendo ciascuno di essi a

    selezionare alcune informazioni importanti. E quindi inutile lazione dellinterprete di scegliere il metodo pi utile, in quanto essi vanno combinati tra di loro. Savigny sostiene che linterpretazione la ricostruzione del pensiero espresso dalla legge e fisso entro i limiti della sua espressione. Quindi, compito

    dellinterpretazione la lettura del pensiero immanente alla legge, attraverso i suoi elementi grammaticali, logici, storici, e sistematici.

    6 PROBLEMA E SISTEMA

    Il procedimento ermeneutico guidato da giudizi di valore che consentono alloperatore di trovare la soluzione del caso concreto anticipando un risultato ragionevole e misurandolo con il senso della legge. Per Esser la preparazione della premessa maggiore e la valutazione delle circostanze di fatto dipendono non solo dallinserimento in un contesto sistematico, ma anche in un contesto di principi. Nella ricerca della decisione Esser individua due fasi:

    1. unipotesi di senso, nel senso che la decisione deve essere ragionevole e accettabile, e quindi ci si affida al comune senso di giustizia e alla morale;

    2. e una successiva verifica di compatibilit con il sistema dogmatico. Queste fasi vengono individuate con il termine di prassi giudiziale.

    Il farsi del giudizio giuridico pu portare a pericoli di arbitrio e di strumentalizzazione delle norme. A ci non pu porre rimedio il formalismo interpretativo, bens una verifica sugli elementi di valutazione, sulla

    ragionevolezza della decisione, sulla plausibilit della soluzione, senza con ci abbandonare il terreno del diritto, ma abbandonando semplicemente la rigida

    separazione tra giuridico e metagiuridico. Il procedimento giuridico connotato in senso problematico, perch: non pu prescindere dai casi concreti;

    non pu attingere levidenza assoluta; gli elementi extralegali di cui necessita appartengono alle forme topiche del

    pensiero. Secondo gli ermeneutici lapproccio problematico richiede unintegrazione tra il ragionamento topico e il ragionamento logico-sistematico. La topica quella parte della retorica che utilizza i luoghi comuni per effettuare una dimostrazione.

    Quindi per la formazione del giudizio giuridico, fondamentale lintegrazione delle norme con criteri extralegali (che sono classificati in modo diverso a

    seconda degli autori).

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    Da precisare per che tali elementi non possono aspirare a diventare fonte formale del diritto, prendendo il posto della legge o della consuetudine.

    Ogni qualvolta una norma contiene riferimenti ad uno standard di comportamento (come buona fede, diligenza, buon costume, ecc.), essa si presenta aperta, in quanto rinvia per la sua applicazione non ad altre norme

    ma a criteri esterni allordinamento. Con essi il lavoro del giudice quello di colmare il vuoto lasciato dal legislatore, con discrezionalit e secondo criteri

    razionali e controllabili. Il lavoro del giudici assicura quindi la comunicazione tra valori etici-sostanziali e istituzioni formali.

    7 IL CONTROLLO DELLE VALUTAZIONI : LA RETORICA, LARGOMENTAZIONE

    Nella teoria ermeneutica un punto considerato irrinunciabile lesigenza di controllare le valutazioni fatte dallinterprete. In tal caso si stabilisce un legame diretto tra lermeneutica giuridica e le teorie del ragionamento non formalistiche (topica e teoria dellargomentazione). La comprensione ermeneutica e le teorie topico-argomentative hanno entrambe

    un carattere pratico. Con tali controlli la pratica ermeneutica non pretende di attingere valori assoluti, ma almeno di lottare contro il soggettivismo e il relativismo.

    Viehweg ha scritto che la discussione lunico modo per effettuare il controllo, cos come per la decisione giudiziale largomentazione il modo per effettuare il dialogo corretto tra legislatore e giudice. Inoltre, ha contrapposto il metodo topico a quello sistematico: il metodo sistematico si basa sulle regole, mentre il metodo topico invece si basa

    sullutilizzo dei luoghi comuni per effettuare una dimostrazione. La topica utilizzata quando non si possiede una soluzione certa, ma si tenta di

    trovarla. Con essa si sposta il valore del ragionamento sulla sua capacit di persuadere un uditorio. Infatti essa ha la funzione di persuadere un uditorio (cio linsieme di coloro che loratore intende influenzare). La topica ha unorigine retorica che le impone di guardare al materiale argomentativo.

    I topoi sono asserzioni di largo consenso, cio affermazioni che si possono utilizzare per cominciare unargomentazione e per poi arrivare ad una conclusione. I topoi possono ricavarsi dalla tradizione giurisprudenziale, fatta di

    massime, brocardi, principi, criteri interpretativi, ma anche dalla morale pubblica extragiuridica.

    Il contenuto dei topoi extralegale, ed oggetto di un giudizio di approvabilit. Viehweg stato criticato da Engisch e Canaris, in quanto stato accusato di essere troppo vago nel dare una definizione dei topoi.

    La topica aveva grande importanza nel periodo pre-moderno, periodo in cui il legislatore non era protagonista; in quellepoca la giurisprudenza per essere argomentativa doveva essere per forza topica. Tale assetto inizia a cambiare quando il legislatore inizia ad avere una posizione privilegiata, infatti largomentazione non pi persuasiva, ma si basa sullinterpretazione dei testi. Perelman il critico della topica, e quindi anche critico di Viehweg. Secondo lui

    alcuni assunti fin qui elaborati sono condivisibili. Infatti egli condivide il fatto: che nel diritto necessario risolvere i conflitti di valore;

    che per far ci non sufficiente ricorrere al ragionamento per deduzione

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    e che le deliberazioni giuridiche possono essere fondate solo su enunciati probabili, verosimili, o accettati dallopinione generale.

    Perelman ha poi sostenuto che per compiti di tale complessit non pu bastare luso della topica, ma necessaria una nuova teoria dellargomentazione, cio una nuova retorica, che comunichi argomenti vagliati criticamente e non soltanto

    retoricamente efficaci. Un altro aspetto della teoria perelmaniana il PRINCIPIO DINERZIA. Perelman sostiene che noi comunemente aderiamo ad una tesi fino a quando non le vengono opposti argomenti che scuotono la nostra fiducia. Il principio dinerzia dice appunto che nulla deve essere cambiato senza ragioni, e che unidea accettata e condivisa da tutti non pu essere abbandonata senza una ragione sufficiente.

    Lonere della prova incombe su chi intende modificare una norma o un principio vigente.

    Questa teoria afferma che non tutti i principi vigenti hanno una loro giustificazione, ed inoltre essi basano la loro esistenza non tanto sulla veridicit quanto sulladesione. Quando tale adesione viene meno (perch il principio diviene per es. obsoleto e confutato) il principio abrogato. Il ragionamento giuridico per Perelman quello volto a ricavare e

    giustificare la soluzione ad una controversia. Inoltre, per Perelman, la giurisprudenza dei tribunali ha un ruolo dominante in quanto spetta ai giudici e non ai giuristi di dire il diritto, mentre il lavoro della

    dottrina pu integrare lordinamento giuridico solo mediante il potere giudiziario.

    8 LA DOGMATICA E LINTERPRETAZIONE I controlli vanno poi effettuati con la consapevolezza che gli elementi

    interpretativi passano attraverso il filtro della dogmatica, intesa come la scienza che tratta dei dogmi, cio principi ritenuti incontrastabilmente veri. Su

    tale concetto si basa il lavoro svolto da Esser, secondo il quale il processo di positivizzazione del diritto coinvolge il carattere scientifico della giurisprudenza, il quale fornisce elementi per poter inquadrare il contenuto delle norme nel

    sistema, per poi renderli praticabili ed efficaci. Infatti ci si basa sul concetto secondo il quale la dogmatica svolge un ruolo di

    filtro tra legislatore e giudice, dove questultimo visto come colui che decide, mentre il giurista colui che propone. Per quanto riguarda il ruolo della dogmatica nellermeneutica giuridica, bisogna dire che essa viene intesa come una disciplina pluridimensionale, in grado di realizzare tre attivit :

    1. descrive il diritto vigente; 2. compie una sua ricostruzione sistematico-concettuale; 3. elabora nuove proposte per la soluzione dei casi problematici. Quindi possibile dire che la dogmatica una disciplina: STATICA, perch consiste in un insieme di principi, norme e concetti legali

    inseriti in un unico sistema; DINAMICA, perch elabora nuove proposte per la soluzione di casi

    problematici. Ci significa che occorre riconoscerne il valore pratico-normativo e quello logico-conoscitivo: nel senso che accanto alla descrizione della struttura delle norme e

    allanalisi dei concetti giuridici, si deve riconoscere anche la creazione di nuove norme.

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    La giurisprudenza pandettistica elaborata da Savigny puntava ad impedire infiltrazioni di punti di vista valoritivi nel regno dei concetti, sia che fossero

    concetti di fattispecie (come latto giuridico, il negozio, il contratto), sia che fossero concetti di situazioni (come il diritto soggettivo, il diritto di credito). Per quanto riguarda il rapporto tra interpretazione e dogmatica, bisogna dire

    che: secondo il positivista Windscheid, tale rapporto era di tipo lineare, in

    quanto linterpretazione ha il compito di estrarre le norme e i concetti utili al caso concreto dal sistema e la dogmatica interviene sul sistema in un secondo momento per accettarne la compatibilit con i concetti;

    secondo lermeneutico Mengoni, invece, tale rapporto era di tipo circolare, in quanto sulle norme estratte con il lavoro di interpretazione interviene la

    dogmatica per accertarne la compatibilit con il sistema; inoltre il lavoro di interpretazione svolto secondo i canoni e i concetti indicati dalla dogmatica.

    I concetti giuridici assicurano un controllo di stabilit delle decisioni giurisdizionali, evitando il rischio di una degenerazione casistica. La dogmatica risponde ad un principio di giustizia e di universalizzabilit richieste

    dallimplicita vocazione delle norme giuridiche; essa per non comporta la conservazione dellesistente, ma lapplicazione del principio dinerzia perelmaniana, che non permette leliminazione di ci che ha dato buona prova senza valide ragioni, ma occorrono buoni motivi per rompere con la tradizione. La dogmatica esonera da nuove verifiche ogni volta che si applichi un concetto

    teorico, una formula tecnica, o un passaggio interpretativo consueto nella prassi.

    9 SCIENZA ED ESPERIENZA Nel contesto circa il rapporto tra scienza ed esperienza, molto importante fu la

    personalit di Giuseppe Capograssi, un filosofo del diritto che ha elaborato una concezione del diritto incentrata sul concetto di esperienza giuridica. In

    numerose opere ha preso posizione contro il positivismo, perch secondo lui il positivismo distingue i caratteri di fatto del diritto dai valori morali e politici attuati dal diritto, e perci non comprende i molteplici aspetti dellesperienza giuridica e favorisce lidentificazione del diritto con la forza. Un punto forte della filosofia giuridica di Capograssi limmanenza della scienza al concetto di esperienza giuridica; infatti secondo lui vi era un rapporto di appartenenza tra scienza e concetto di esperienza giuridica. Per lui il fondamento di un ordinamento vivibile consiste nel rispettare la vit

    com, cio nel lasciare che la vita viva e si svolga secondo le leggi che fanno la sua verit: propria in questesigenza di riattivazione della ricchezza umana del diritto e della sua complessit etica e storica, consiste la nozione di esperienza giuridica. Capograssi scrisse un celebre saggio impostato sulle orme di Vico, intitolato

    Saggio sullo Stato, nel quale egli afferma che il fatto storico da intendersi come atto, spirito, ordine, valore obiettivo, e per il quale noi non abbiamo

    bisogno di darci da fare per passare al fatto, poich noi stessi nel fatto ci siamo gi, visto che lo abbiamo posto ponendo il principio. Di qui il rifiuto di qualsiasi nozione, idea o forma che rimangano estranee al

    reale, o che separino il fatto dal principio. Era proprio nel diritto che si era consumato il tradimento dellesperienza, cio nellinsostenibile rifiuto di forma e contenuto. Se quello che cambia non diritto, ma materia concreta, vuol dire

    semplicemente che il diritto non esiste nella storia, ma solo nella mente, e che

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    quindi tutte quelle creazioni concrete che noi chiamiamo diritto Stato, nella realt pratica, non sono tali, ma sono solo pura illusione, e se sono diritto, lo

    sono solo nella loro parte immobile fuori dalla loro vita. Il diritto, nella sua parte immobile, come diceva Capograssi, si estenuava in una tautologia astorica, che rinnovava il dramma vichiano di ricostruire un ponte tra

    la forma e lesperienza. In Kelsen, Capograssi lamentava la sparizione del problema dellesperienza, in quanto egli pone da una parte le norme e solo le norme, e dallaltra i fatti e solo i fatti, e vede un diritto naturale della forza capace di elevare a diritto qualunque contenuto. Ledificio giuridico kelseniano paragonato a spettri di citt (cadavera urbium). Queste parole di Capograssi provocarono la reazione di Bobbio a difesa della

    distinzione tra punto di vista giuridico e punto di vista morale: nel vivo della polemica, egli giunto al cuore del pensiero capograssiano, individuando e

    respingendo la sua nozione di diritto come unit vivente, con cu Capograssi aveva legato ordinamento ed esperienza. Per Bobbio, invece, tale unit superata.

    La scienza del diritto ha la funzione di adeguare costantemente la spinta creativa dellazione alla concretezza degli ordinamenti. Per in riferimento a quanto detto, ci si chiede come possa la scienza che risulta essere una cosa astratta riferirsi al reale e alla concretezza? La risposta data a tale quesito stata quella di ritenere la stessa scienza in grado di fare ci solo

    qualora essa diventa una pratica. In aggiunta a ci evidenziamo ci che fu stabilito invece da Pietro Piovani,

    secondo il quale la scienza del diritto riesce a condensare, ossia includere, la pi alta conoscenza che una qualsiasi scienza possa accumulare. Quindi, da ci ne deriva che la definizione pi corretta di scienza giuridica risulta

    essere questa, da poter dividere in due punti: In primo luogo, la scienza giuridica una scienza pratica, in quanto riguarda

    ci che si fa , e per questo la scienza con la quale gli uomini sanno quello che fanno ed ha la vita come oggetto.

    In secondo luogo, invece, la scienza giuridica una scienza pratica rivolta

    alla comunit, che alimenta un sistema normativo in cui la volont in quanto tale non ha valore.

    Concludiamo ancora che la scienza in questione pu essere intesa anche come la memoria del passato nel presente dellesperienza giuridica, la quale custodisce un passato in un presente schiarito dalla luce di una profonda unit

    di esperienza. Infine, in riferimento al concetto di unit di esperienza, possibile evidenziare laffermazione di Capograssi, secondo il quale linterpretazione giuridica si distingue da ogni altra attivit perch in essa non vi tanto il mostrare ci che c nella norma interpretata, ma bens il mostrare che c di pi di quello che appare, ossia mostrare in definitiva tutta lunit dellordinamento da cui essa nasce e del quale essa stessa non che una parte che serve a completarlo.

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    CAPITOLO 2 : IL NEOCOSTITUZIONALISMO.

    POSITIVIZZAZIONE DEI PRINCIPI E TEORIA DEL DIRITTO

    1 LA POSITIVIZZAZIONE DEI PRINCIPI Il sistema giuridico pu essere considerato come luso di regole accettate e riconosciute in una comunit che si costituisce attraverso linterpretazione. Per questo si parla di COMUNITA DELLINTERPRETAZIONE, cio linsieme di soggetti istituzionalmente autorizzati ad interpretare il diritto per vari fini

    (scientifici, dottrinali, applicativi, ecc.). Tale comunit composta quindi da tutti coloro che concorrono a definire tali

    pratiche: legislatore, funzionario, giudice, giurista, cittadino (anche se hanno funzioni istituzionali diverse). Con la nozione di comunit dellinterpretazione, cambia la concezione secondo cui al vertice della produzione cera il legislatore, e quella secondo cui il giudice doveva solo applicare la legge.

    Si ha cos un approccio ermeneutico. Cambia quindi la teoria delle fonti, infatti il primato prima era della legge, che si distingueva dalle sentenze e dagli atti amministrativi.

    Questi cambiamenti, avvenuti nel 900, portano alla crisi del positivismo, e aprono la strada al neocostituzionalismo.

    Mentre lo stato legislativo impediva la contaminazione delle leggi scritte con valori etico-morali non scritti, ed inquadrava lautorit nel potere legislativo, lasciando al potere giudiziario soltanto il mero ruolo di bocca del legislatore;

    al contrario, lo stato costituzionale spost questautorit al centro della comunit interpretativa, concedendo un maggiore potere discrezionale ai giudici e agli altri interpreti del diritto.

    Lo stato costituzionale si distingue per alcuni caratteri:

    introduzione di costituzioni rigide, non abrogabili dalla legge e ad essa superiore;

    un controllo di conformit costituzionale sulla legge e sugli atti aventi forza di legge.

    Nel 900 Zagrebelsky, nellelaborato Il diritto mite, afferma che con le costituzioni contemporanee la legge stata un po privata del suo potere, infatti mentre prima non esistevano altri diritti oltre a quelli previsti dalla legge, ora

    invece c stata una separazione tra diritti e legge. La legge inoltre soggetta a principi supremi (costituzionali) che hanno tre funzioni:

    una funzione propulsiva, che d un impulso alla produzione legislativa; una funzione delimitativa, che funge da controllo sulla validit delle leggi;

    e una funzione interpretativa, che guida ed illumina il significato delle leggi.

    Tali principi quindi hanno caratteri strutturali propri rispetto alle leggi, infatti i

    principi: non hanno una struttura linguistica tecnica;

    necessitano di adesione e non di obbedienza, come le norme; per essi non si possono applicare gli strumenti metodologici propri del

    positivismo, ecc.

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    Quindi principi e regole, per le loro differenze, sono trattate in modo diverso dalla scienza del diritto.

    2 DIRITTO E POTERE

    Negli anni 60 in un dibattito filosofico-politico ci fu per la prima volta un confronto tra neocostituzionalismo e giuspositivismo. Ci si ebbe attraverso la

    pubblicazione del saggio del costituzionalista Nicola Matteucci Positivismo giuridico e costituzionalismo . Egli prese in esame le tesi del positivismo, ed in particolare gli scritti di Bobbio,

    secondo cui lo stato fonte del diritto e la sua validit indipendente dal contenuto. Tale teoria totalmente in contrasto con le tesi di Matteucci e quelle del costituzionalismo, secondo cui invece vi una limitazione di tutti i poteri, anche di quello sovrano.

    La ragione dessere nella Costituzione la soggezione del principe alla legge. Sempre nella critica di Matteucci, viene affermato che: Kelsen, afferma che lo stato di diritto si basa sulla forza , cio si limita a

    stabilire lobbligo per tutti i cittadini di obbedire ai comandi del potere costituente,

    mentre Bobbio, afferma che il diritto non pu basarsi solo sulla forza, ma deve contare anche sul consenso. Quindi secondo Bobbio si passa da un concetto di forza come sanzione di un

    diritto gi stabilito ad un concetto di forza come produzione di un diritto. Quindi secondo lui il sovrano fa le leggi perch ha il monopolio della forza e

    non pu commettere illeciti. Questa conclusione inaccettabile da Matteucci ed opposta a quella del costituzionalismo, secondo cui la costituzione il limite giuridico del potere

    legislativo e le leggi incostituzionali sono abrogate. Ed inoltre il costituzionalismo pone la legge come limite a chi detiene il monopolio della forza, infatti sovrane

    sono le leggi e non gli uomini. Matteucci tenta di separare il diritto dal potere. Secondo Bobbio, per, non esiste diritto senza potere, ed inoltre non si pu

    nemmeno fare una distinzione tra costituzioni in cui il diritto al di sopra del potere e costituzioni in cui il potere al di sopra del diritto, come invece

    sosteneva Matteucci. Non lecito sostenere che vi sono costituzioni in cui il diritto al di sopra del potere, in quanto al di sopra di esso non ci sono che regole morali o religiose che

    non fanno parte dellordinamento. Troper distingueva tre tipi di costituzionalismi:

    1. costituzionalismo strictissimo sensu, il quale prevede il controllo giurisdizionale di costituzionalit delle leggi;

    2. costituzionalismo lato sensu, il quale prevede solo la presenza di una costituzione;

    3. costituzionalismo stricto sensu, il quale prevede non solo la costituzione, ma anche una serie di principi con contenuto prescrittivo.

    Quindi possiamo dire che per i costituzionalisti, il diritto com (cio la costituzione), non si pu separare dal diritto come devessere (cio non pu tradire i valori costituzionali), mentre per i positivisti, il diritto com diverso dal diritto come deve essere.

    Possiamo concludere dicendo che la storia del positivismo giuridico stata percorsa da un movimento che va dal potere al diritto, e dal diritto al potere, nel senso che chi ha il potere crea il diritto, e quindi non pu esistere

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    un diritto superiore al potere, perch si tratterebbe di ideali astratti di singoli o di gruppi.

    Al contrario, invece, la dottrina del costituzionalismo era percorsa dal movimento inverso, cio dal diritto al potere, e dal potere al diritto, nel senso che anche il potere vincolato al diritto e non pu contrastarlo.

    3 IL DIRITTO RIMATERIALIZZATO Il neocostituzionalismo prevede un concetto di costituzione nuovo, e cio come un insieme di norme che sono gerarchicamente superiori alle altre e che sono fondamentali per lordinamento. Questo modello ben diverso dal costituzionalismo liberale, che basato sul

    dominio della legge, e dal modello positivistico kelseniano, che, invece, attribuisce alla costituzione il pi alto grado.

    Infatti, per Kelsen la costituzione un semplice vincolo negativo dellordinamento, perch disapprova le leggi che la contrastano. Il controllo di costituzionalit un controllo formale, che si basa su un modello a gradi, in cui ad ogni grado, o livello di applicazione, si controlla la conformit della legge a quella precedente in termini formali e sostanziali.

    Per i neocostituzionalisti, invece, si parla di costituzioni assiologiche, ricche di principi che hanno funzioni di controllo e di garanzia, ma anche funzioni vincolanti.

    Con il neocostituzionalismo si vuole superare la vecchia concezione di ordinamento, basato sulle diverse condizioni sociali (stato monoclasse) e sul

    sistema delle leggi, ed ecco perch la nuova costituzione viene intesa come un insieme di valori e principi morali ed etici. Quindi si assiste ad un processo di eticizzazione della costituzione e ad una

    costituzionalizzazione dellordinamento. Da ci ne deriva che : la validit delle norme non pu pi essere valutata solo in modo formale, ma

    occorre anche un controllo di validit materiale con i valori costituzionali; e anche il giudice soggetto alla costituzione. Quindi il nuovo concetto di costituzione d molta importanza ai principi. Infatti

    applicare un principio porta ad effettuare unargomentazione che pu dare anche una conclusione non prevista nella formulazione letteraria. Inoltre porta a

    ricavare norme implicite non espresse. I principi sono cos tanti e vari, che non possibile catalogarli in uno schema unico. Essi sono alla base della costituzione perch sono gli unici ad assicurare

    la difesa dei diritti civili e sociali. Bisogna poi dire, che, anche se i principi costituzionali hanno ormai una portata

    normativa nellordinamento, essi continuano per ad essere ancora diversi dalle norme sottoposte. Ci soprattutto perch hanno uno stile interpretativo ed applicativo diverso. Infatti stato ritenuto che linterpretazione della costituzione qualcosa di assolutamente speciale e non confondibile con le interpretazioni delle altre norme di legge. Infatti bisogna dire che linterpretazione dei principi costituzionali si divide in varie fasi:

    1. la prima operazione consiste nellindividuare e selezionare, tra i vari principi e valori esistenti nel sistema, quello pi idoneo al caso concreto, ed in tale fase il giudice deve scegliere non in base ad un giudizio soggettivo, ma in base ad un principio di ragionevolezza,

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    2. la seconda operazione consiste nella ponderazione tra diversi valori costituzionali, che non sono mai tra loro incompatibili, ma sono concorrenti e vanno smussati per poter coesistere;

    3. infine la terza operazione consiste nella gerarchizzazione dei principi costituzionali, senza per incorrere in giudizi soggettivi di valore, ma usando un criterio di ragionevolezza e valutazione di morale positiva.

    Quindi la conseguenza di ci che il giudice non pi mera bocca della legge, ma il potere giudiziario acquista un ruolo preminente. Si pu dire che nellapplicare la legge, crea il diritto a tal punto che occorre una garanzia contro larbitrio del potere giudiziario per fare in modo che sia la legge ad avere la supremazia sul potere.

    Infine pu essere detto che tutto il ragionamento giuridico avutosi nellepoca neocostituzionalistica, ha avuto come esito la convinzione che loggettivit non possa pi essere ricavata dal sistema delle fonti formali e che non si pu

    determinare pi con il solo riferimento al momento dellemanazione, ma bens essa deve far riferimento invece al momento sia dellinterpretazione che dellapplicazione. 4 QUALE CERTEZZA PER IL DIRITTO? Con il passare del tempo si avvertita sempre pi lesigenza di rimodernare la nozione di certezza del diritto, da sempre orientata verso un concetto fondato sulla conoscenza dei contenuti delle norme e sulle conseguenze giuridiche dei comportamenti.

    Secondo Letizia Gianformaggio, ci sono almeno 3 accezioni di certezza, cio:

    1. la nozione di certezza come conoscenza del diritto, cio il diritto certo se ognuno messo in grado di sapere cosa autorizzato a fare dallo stesso

    diritto;

    2. la nozione di certezza come prevedibilit delle decisioni giuridiche, cio la certezza coincide con il poter prevedere lesito di un eventuale intervento di un organo giuridico competente alla decisione;

    3. la nozione di certezza come stabilit e coerenza delle norme del sistema, cio essa consiste nella stabilit della regolamentazione di normative che si susseguono nel tempo.

    Ma tutto pu cambiare e complicarsi in base allidea che si ha di diritto: Per i giuspositivisti, il diritto linsieme delle leggi scritte e nullaltro, cio il

    diritto com. Quindi nella visione positivistica il diritto deve essere identificato in base ad un insieme di fonti e procedure predeterminate a loro volta da soggetti autorizzati da norme di carattere secondario. In base a questidea, la certezza del diritto combacia perfettamente con le tre accezioni di Gianformaggio.

    Invece, per i neocostituzionalisti, il diritto un sistema ampio e aperto verso lesperienza, e quindi non solo un insieme di leggi scritte. Quindi nella visione non positivistica il diritto viene invece visto come caratterizzato dai

    ruoli che giocano in esso i procedimenti argomentativi e interpretativi, accompagnato da unidea di ordinamento inteso come un insieme di regole e principi che vanno in modo costante giustificati in base al loro contenuto e alla loro procedura. Questidea comporta lallontanamento della concezione di certezza come prevedibilit, e comporta invece lavvicinamento a quella di certezza come controllabilit della correttezza delle decisioni.

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    Nella concezione di diritto vi ancora la possibilit di evidenziare la visione secondo la quale il diritto pu essere disciplinato facendo riferimento alla

    metafora di Dworkin, il quale introduce il principio della chain novel. In base ad esso il giudice come uno scrittore chiamato ad aggiungere ogni volta un capitolo o una novella: il capitolo che aggiunge deve essere coerente

    con quelli precedenti, deve essere in armonia con la storia e deve lasciare aperta la strada per unevoluzione del racconto e per la stesura di altri capitoli. Il giudice quindi con la sua decisione deve mantenersi in sintonia col sistema e con i precedenti, ed inoltre deve essere consapevole che la sua decisione andr ad aggiungersi al novero dei precedenti.

    Nel contesto del diritto, significativa fu anche la visione di Kriele, secondo il

    quale vi una differenza tra il diritto anglosassone e quello continentale; infatti egli sostiene che il giudice inglese ha una posizione diversa rispetto a quella

    goduta dal giudice del nostro ordinamento, ed afferma che lo stesso diritto anglosassone caratterizzato dal fatto che si riferisce ai precedenti in materia solo per via induttiva, mentre il giudice continentale opera in via deduttiva,

    anche se per secondo il giurista tedesco tale differenza non risulta poi essere decisiva in ambito di pratica, interpretazione ed applicazione del diritto.

    Da quanto detto si pensa che i precedenti hanno complessivamente lo stesso significato sia per il giudice continentale sia per quello inglese; infatti non possono essere ritenuti n orientativi del diritto continentale n obbligatori in

    quello anglosassone, ma essi in entrambi i sistemi reclamano una presunzione di vincolo che in genere uguale nella pratica, anche se invece molto diversa

    nella teoria. Quindi per Kriele i precedenti sono molto importanti, in quanto orientano il giudice, infatti il giudice nel suo operato volge sempre lo sguardo ai precedenti.

    Quanto detto rende chiaro come Kriele affermi che il precedente ha due aspetti: retrospettivo, in quanto il giudice guarda a decisioni precedenti;

    prospettivo, in quanto il giudice guarda quali saranno gli effetti della propria sentenza, immaginando che poi possa essere presa in considerazione in futuro proprio come precedente.

    Quando si evidenziata limportanza che secondo Kriele hanno i precedenti per risolvere problemi giuridici pratici, egli sostiene che la prima operazione consiste

    nel trovare la legge collegata che poi comporta la formazione di un ipotesi della norma. Tale ipotesi ispira lindividuazione di tutti i precedenti collegabili mediante un confronto ermeneutico che viene fatto tra lipotesi della norma prima posta e la ragione del precedente collegato, ed inoltre attraverso la sottoposizione delle ipotesi normative ai risultati decisionali.

    La conclusione che si pu trarre della dottrina data da Martin Kriele circa la propria teoria del precedente quella che egli sostiene in definitiva lidea di una radicale ridefinizioe del sistema positivistico, il quale lo ritiene colpevole di un

    riduzionismo retrospettivo: retrospettivo, poich rimanda lo sguardo alle decisioni legali e

    giurisprudenziali precedenti gi prese, e non a quelle ancora aperte; riduzionismo, poich secondo lui lo stesso sistema positivistico riconosce

    come fonte solo norme giuridiche prestabilite, come la costituzione, la legge, il

    decreto, lo statuto, e la consuetudine. Inoltre una definizione di riduzionismo pu anche essere quella di trascurare

    lesame di problemi giuridici specifici, considerandoli solo problemi morali. Infine secondo Kriele, quando un discorso basato sul come risolvere una

    questione controversa, essa da considerare tipicamente giuridica, mentre nella

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    visione positivistica fino a quando tale questione non viene risolta definitivamente e quindi non giudicata restando aperta, essa da considerare

    solo una questione morale, accomunando cos diritto e morale, invece di tenerli separati.

    5 IL PRIMATO DELLA RAGIONE CRITICA

    Nellepoca moderna si lontani da un concetto di certezza del diritto cos come quello che caratterizz il giuspositivismo, intesa allepoca come il riuscir a prevedere le decisioni, e in cui vi era inoltre la trasparenza logico-semantica

    (intesa come la capacit di capire il significato delle parole) del processo di applicazione delle fonti legislative.

    Infatti su ci intervenne Habermas, il quale consider necessario problematizzare la nozione di certezza, visto che il concetto classico riferito ad essa richiedeva una struttura di regole che per secondo lautore nessun sistema odierno formato da principi e programmi riesce a soddisfare. Ancora Habermas costat che lermeneutica ha negli anni dimostrato che le interpretazioni necessarie per poter applicare le leggi gi stabilite determinano sempre pi la creazione di un ulteriore diritto, e ci d come conseguenza

    lobbligo di dover poi di nuovo affrontare i numerosi problemi che si presentano nellambito sia della prassi giudiziaria sia della dottrina giurisprudenziale.

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    CAPITOLO 3 : HANS KELSEN E LINTERPRETAZIONE

    NOTIZIE SU KELSEN Hans Kelsen nato a Praga nel 1881 morto Berkeley nel 1973.

    Pu essere considerato come il giurista austriaco pi importante del 900 e come il capostipite della dottrina liberaldemocratica del diritto su base giuspositivista.

    La sua dottrina prende il nome di Dottrina pura del diritto, in quanto considera il diritto come costituito esclusivamente da norme positive e valide dellordinamento giuridico. Per Kelsen la legge norma positiva (cio posta dagli uomini) e quindi doveressere e non essere. Secondo Kelsen lordinamento giuridico loggetto del diritto, infatti secondo lui la Dottrina pura una dottrina che vuole conoscere unicamente ed

    esclusivamente il suo oggetto. Per far ci necessario delimitare la conoscenza del diritto da altre discipline, come la psicologia, la sociologia, letica, la politica. Quindi Kelsen fonda una dottrina che puramente descrittiva e che vuole

    eliminare i giudizi di valore dalla sua esposizione di diritto.

    1INTERPRETAZIONE SCIENTIFICA E INTERPRETAZIONE AUTENTICA Kelsen, nelle sue trattazioni sullargomento, non dedica un posto rilevante allinterpretazione. Per bisogna dire che le offre un nuovo ruolo. Infatti anzich vederla come un

    procedimento esterno al sistema delle leggi, la vede come un procedimento interno e onnipresente nel sistema di produzione del diritto. Infatti, secondo Kelsen ogni atto di volont con il quale si istituiscono delle norme un atto

    interpretativo. Quindi in via generale si pensa che il lavoro svolto dallinterpretazione sia il creare una nuova norma di rango inferiore da applicare. Da tale concetto si forma la concezione di Kelsen di un sistema a gradi, secondo la quale linterpretazione da considerarsi come un procedimento spirituale che accompagna il processo di produzione del nuovo diritto da un rango superiore a quello inferiore, regolato da quello superiore.

    In sostanza per, la norma di grado superiore non determina mai laltra norma di rango inferiore, che deve eseguirla, ma conferisce tale compito allorgano competente attribuendogli discrezionalit. Infatti la stessa norma di rango

    superiore ha con quella che la deve eseguire un rapporto basato solo su tale schema, che poi deve essere completato con linterpretazione. Quindi in base allo schema a gradi kelseniano : da una norma superiore se ne produce una di rango inferiore (Stufenbau), che consiste sempre in unapplicazione della norma superiore e in una produzione di quella inferiore. Linterpretazione considerata importante per il fatto che la legge non esaurisce mai il suo contenuto nella risoluzione di un singolo caso, infatti il giudice

    applicando la stessa legge sar tenuto a scegliere tra le diverse norme che la legge propone in modo concreto. Tale concezione di Kelsen evidenzia un netto distacco dalla tradizionale teoria

    positivistica, infatti ci possibile notarlo anche dal fatto che Bobbio preferisce non includere lo stesso Kelsen tra lelenco di tutti i cd. miti dellumanit nel proprio capolavoro intitolato Il Positivismo Giuridico, verso il quale Kelsen non mostra nessun problema nel definirlo illusorio, considerandolo appunto un

    qualcosa che illude.

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    Comunque sia, in ambito di interpretazione, Kelsen afferma che secondo lui vi sono due nette e distinte attivit interpretative, ossia:

    1. LINTERPRETAZIONE SCIENTIFICA : che ha come scopo quello di accertare in senso teorico loggetto che deve essere interpretato, ossia lo schema del diritto che va interpretato, e con elencare i possibili significati della norma. Essa quindi si distingue da quella autentica per i suoi autori e

    finalit. Questa visione di interpretazione vista da Kelsen per in contrasto con la tradizionale giurisprudenza, la quale cerca nellinterpretazione un metodo che consenta di trovare sempre e soltanto una decisione corretta; tale opinione quindi non condivisa da Kelsen, secondo cui linterpretazione scientifica non deve necessariamente dare ununica decisione.

    2. LINTERPRETAZIONE AUTENTICA : che intesa come quel tipo di interpretazione compiuta dallo stesso soggetto che autore del testo interpretato, la quale accompagna il processo di applicazione del diritto.

    Questo risulta essere il concetto classico, anche se Kelsen la ritiene invece come la decisione che spetta al soggetto che deve applicare la norma

    superiore. Tale tipo di interpretazione era considerata da Kelsen come creativa, non per il fatto di essere interpretazione, ma bens per il fatto di essere autentica, essendo lo stesso autore del testo lorgano autorizzato a produrre norme di grado inferiore, per applicare quelle superiori. Kelsen conferm tale convinzione affermando che produrre norme comunque unattivit creativa.

    Si pensa che tutti i metodi interpretativi danno dei risultati accettabili, ma nessuno di essi d quello esatto; non solo, ma lattenersi alla presunta volont del legislatore, invece che alla lettera della legge, da considerarsi sempre uguale.

    Kelsen, cos come altri giuristi, si pose domande come : in che misura sono necessarie le variazioni, quale rapporto c tra valutazioni e metodi giuridici, come la dogmatica pu controllare le valutazioni? Da esse molti giuristi facevano

    dipendere la qualit della scienza giuridica, anche se lo stesso Kelsen riteneva che esse non potevano pretendere di rientrare nello statuto della scienza; infatti

    Friedrich Muller da ci afferm che Kelsen si era fermato proprio dove iniziava il lavoro, poich per egli lidea del lavoro della scienza sostenuta da Kelsen era completamente diversa ed estranea a quella della razionalit, con massima

    importanza attribuita alle scelte pratiche. Uno degli argomenti trattati da Kelsen fu anche lambito della ragione pratica, il quale la ritenne solo uno strumento modesto che non sempre risulta essere allaltezza delle aspettative e delle necessit etiche e spirituali degli uomini. Unaltra visione deludente della ragione era anche quella di Weber, il quale la considerava appunto incapace di rispondere a quelle domande pi profonde che maggiormente ci stanno a cuore.

    Per Kelsen il compito della conoscenza non solo quello di rispondere ai quesiti che le vengono rivolti, ma anche quello di insegnare quali domande le possono

    essere rivolte. La domanda pi sensata che possibile rivolgere alla scienza del diritto quella riguardante chi deve interpretare e qual lambito dellinterpretazione. Comunque sia sembrato giusto affermare che il punto di vista di Kelsen circa la scienza del diritto non lunico possibile, infatti stato considerato giusto riconoscere semplicemente lesistenza di una scienza giuridica che da secoli, anche se con successi non sempre convincenti, stata comunque praticata nei paesi della cultura giuridica europea.

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    Le premesse effettuate da Kelsen sono state analizzate da Losano, il quale le ha definite non opportune visto che poi finiscono per ritorcersi contro di lui. Losano

    infatti aveva definito il metodo scientifico idoneo a creare loggetto della stessa scienza giuridica. Tale concezione di Losano parte dalla convinzione secondo la quale se un modello

    di scienza non risulta essere utile a soddisfare molte delle domande che ci stanno a cuore, cos come credeva Kelsen, d come conseguenza il mettere da parte

    non il bisogno ma lo stesso modello di scienza. In tal senso stata sostenuta lidea di Losano, secondo la quale la dottrina pura kelseniana non ha dato ampio spazio allinterpretazione, e quindi non in grado di descrivere in maniera soddisfacente questo fenomeno, cio quello che fanno i giuristi e i giudici quando interpretano il diritto.

    Tra i diversi concetti analizzati da Kelsen vi fu anche lambito delle lacune del legislatore. Per analizzare tale discorso Kelsen fece riferimento allart.1 del codice civile svizzero, in cui, per ogni singolo caso, in mancanza di una disposizione di legge applicabile, si poteva autorizzare il giudice a giudicare in base al diritto consuetudinario, ed ancora in mancanza di consuetudini, in base

    alle norme che egli avrebbe stabilito se fosse stato legislatore. Quindi per Kelsen, qualora si presentano casi simili, in cui il giudice ritiene

    insostenibile lapplicazione della legge, egli pu essere autorizzato a decidere in modo discrezionale al posto della legge.

    2 LA RAGIONE NEL DIRITTO

    Il rapporto intellettuale di Kelsen con Perelman e Esser ci fornisce lopportunit di approfondire gli aspetti metodologici della teoria kelseniana.

    Confronto tra Kelsen e Perelman : il confronto con Perelman era cominciato negli anni 50 intorno al tema della giustizia, a cui entrambi avevano dedicato importanti lavori, senza per mostrare una grande attenzione reciproca. Infatti, Perelman nel proprio saggio La teoria pura del diritto e largomentazione, effettu una sintesi dellopera kelseniana, affermando che nel tema dellinterpretazione che lo stesso Kelsen mostra di pi i suoi limiti, visibili da fatto che questultimo attribuiva valore solo ad un sapere ispirato a dati dellesperienza e a prove dimostrative, tralasciando quindi la funzione dellargomentazione. Il dissenso tra i due autori visibile anche in relazione al concetto di ragione pratica.

    La discussione ruota intorno al ruolo della ragione umana inteso da David Hume, secondo il quale non vi spazio per una ragione pratica.

    Kelsen accoglie pienamente la lezione humeana, mentre Perelman la rigetta. In particolare, secondo Hume, se la nostra ragione si limita a scoprire il vero e il falso (che a loro volta corrispondono allaccordo o al disaccordo con le relazioni delle idee), allora qualsiasi altra cosa che non sia suscettibile di tale collegamento non pu essere oggetto della nostra ragione.

    Inoltre, poich le norme, le decisioni, e il dover essere sono manifestazioni di volont, cio passioni, non possono essere n conformi n difformi dalla ragione. Perelman, invece, sostiene che se si accetta di elaborare una morale e una

    politica razionali, si potrebbe abbandonare la regolamentazione della condotta. Inoltre Perelman, ritiene che vero che la dottrina pura kelseniana non

    attribuisce al giudice ampio potere interpretativo, ma anche vero che gli attribuisce una volont libera e arbitraria.

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    Infatti Kelsen consapevole che il giudice integra un dato legislativo prima di porlo come premessa del proprio giudizio, ma ritiene che egli possa farlo perch

    ha una funzione normogenetica; mentre secondo Perelman, in questo modo, si trascurano la metodologia giuridica, la pratica giudiziaria e lelaborazione dottrinale, e si crea una collaborazione tra conoscenza e volont allo scopo di

    realizzare una doppia esigenza data da certezza ed equit, appartenenti al diritto.

    In conclusione, secondo Perelman la visione dualista di Kelsen circa la conoscenza e la volont produce una concezione di scienza giuridica del tutto inadeguata.

    La replica di Kelsen a quanto detto da Perelman si ebbe qualche anno pi tardi con la sua opera Teoria Generale delle Norme, dove va a prendere in esame la possibilit di una logica applicata alla scienza giuridica; egli ritiene che linterpretazione non si fonda su unattivit logica, ma consiste solo in unopera di volont, in quanto essa non deduzione di norme inferiori da quelle superiori, ma pura creazione di nuove norme. Per Kelsen, quindi, non c una logica giuridica, ma una logica formale, che accompagna i ragionamenti fino ad un certo punto e poi lascia il campo alla discrezione e alla produzione di nuovo diritto.

    Confronto tra Kelsen e Esser : Passiamo invece ora ad analizzare il confronto che Kelsen ebbe con Esser, al quale egli dedic il suo saggio Norma giuridica e Principio giuridico. La differenza tra essi era basata sulla concezione e sullimportanza dei principi. Esser ritiene che i principi siano parte del diritto e che precisamente essi diventano principi giuridici non appena hanno preso forma istituzionale

    attraverso atti di produzione del diritto da parte del potere legislativo e della giurisprudenza.

    Esser ancora precisa che sono considerati diritto positivo anche: - i pensieri giuridici generali, - i criteri di valutazione,

    - i principi costitutivi di un sistema, - e i principi di giustizia e di morale.

    Egli completa la propria visione affermando che qualora questi non possono rappresentare diritto positivo, possono essere comunque considerati come principi informatori per gli organi che producono diritto, ossia come tutte le

    massime e le regole che disciplinano lesperienza dei giudici.

    Kelsen a tutto ci replica che anche se si riconosce linfluenza dei suddetti principi sulla produzione del diritto, ci comunque non autorizza nessuno a dichiararne la positivizzazione; infatti secondo lui positive sono solo determinate norme, ossia solo tipici atti che obbligano e che vengono prodotti in un modo determinato dal diritto stesso.

    Infatti, secondo Kelsen, solo il concetto di diritto creato in tal modo lo rende distinto dal concetto di morale e dal concetto di politica; distinzione per lui molto importante perch ritiene che tutti i giorni vengono prodotte norme giuridiche

    sotto linfluenza della morale, della politica e del costume, ma comunque a nulla di tutto ci pu essere data la definizione di diritto qualora si volesse conservare

    allo stesso termine del diritto il carattere scientifico. Kelsen ribadisce la propria idea affermando che se una sentenza conforme ad

    una norma morale irrilevante per la sua validit, in quanto essa valida anche

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    se non conforme; infatti per egli ci che conta che tale sentenza sia invece conforme alla norma che lautorizza e che ne stabilisce un certo contenuto. In definitiva pu essere detto che la teoria kelseniana appare incapace di recepire ci che gli stati costituzionali hanno realizzato con la positivizzazione dei principi etico-politici, vista per dalla teoria pura come una trasformazione

    inaccettabile.

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    CAPITOLO 4 : LA TEORIA GIURIDICA DI HERBERT HART

    NOTIZIE SU HART

    Herbert Hart nato nel 1907 a Yorkshire ed morto nel 1992 ad Oxford. Egli pu essere considerato come il maggior giurista e filosofo del diritto

    britannico. 1 UN GIUSPOSITIVISTA DI UNA SPECIE NUOVA? La teoria giuridica di Herbert Hart si configura come una sorta di incrocio tra

    diverse correnti di pensiero. Le teoria interpretative (come quella di Dworkin) sostengono in generale

    che il diritto sia una pratica giuridica e che il giurista deve partecipare a questa pratica, se vuole comprenderla come qualcosa di distinto dalla comprensione soggettiva che ne hanno i suoi membri, e se vuole penetrarne il

    significato alla luce dei principi guida. Le teorie normativiste (come quella di Kelsen) sostengono che il diritto

    com sia un oggetto che stato codificato e pu essere letto. Ma studiare il diritto con metodo descrittivo vuol dire ammettere che esso sia una pratica e quindi il punto di vista cambia.

    Infatti, la pratica linterpretazione costante del significato delle norme che si d soltanto nei contesti determinati. A seconda del contesto, certe valutazioni

    possono valere pi di altre. Ecco perch Kelsen non accetta le teorie argomentative, nel senso che non accetta che un giudizio di valore possa valere pi di un altro.

    Hart suggerisce di mettersi nei panni dei partecipanti e di osservare le regole cos come da questi sono considerate, e senza esprimere con ci alcun

    giudizio morale personale sul loro contenuto, e quindi senza alcun coinvolgimento volitivo. Ci consentirebbe di conservare la comprensione ab intra del significato dei

    fatti senza compromettere loggettivit dellapproccio cognitivo.

    2 IL PUNTO DI VISTA INTERNO SULLE NORME Il lavoro svolto da Hart lo si pu evidenziare principalmente nei 4 capitoli (se

    viene considerato anche il capitolo introduttivo) dellopera The Concept of the Law, nel quale egli va a controbattere - sia le tesi imperativistiche del diritto inteso come comando sostenute da Austin, - sia le tesi normativistiche del dritto sostenute invece da Kelsen, che riducono

    lintero complesso delle norme giuridiche a quelle di tipo coattivo.

    Per quanto riguarda le dottrine imperativistiche, Hart ritenne che esse erano solo in grado di determinare labitudine dellobbedienza verso il sovrano da parte dei sudditi; mentre Hart tiene ben distaccata labitudine dalle regole. Mentre, invece, in relazione alle tesi normativistiche, Hart ritenne che esse

    individuavano un insieme di norme di un solo tipo, che mirano solo ad imporre obblighi o divieti.

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    Tale riduzione al solo obbligo inteso per Hart come il frutto del lavoro svolto da colui che guarda solo dal punto di vista esterno il diritto; cos facendo per si

    pu confondere la nozione di obbligo con leventuale situazione nella quale invece un soggetto si trova ad obbedire per sottrarsi ad una violenza. Secondo Hart per riuscire ad ottenere ed assicurare una pacifica convivenza,

    necessario considerare anche un punto di vista interno sulle norme, cio adottare un atteggiamento critico riflessivo, ossia tutti i comportamenti che

    permettono di esprimersi in un linguaggio normativo, avendo cos la possibilit di usare poi termini come giusto o sbagliato, dovere oppure obbligo, e che servono poi per capire ci che giudicato importante in un determinato contesto.

    Nella visione globale del concetto di diritto di Hart, molto importante fu anche il concetto di pratica giuridica : intesa secondo lui come linterpretazione costante del significato delle norme che possibile trovare in determinati contesti, ed inoltre essa considerata il mezzo attraverso il quale si possono

    trarre doveri sociali, morali e giuridici. Infatti, secondo Hart si hanno: norme sociali quando presente una generale richiesta di conformit e quando

    presente una grande pressione sociale che si fa sentire su coloro che deviano da esse;

    norme morali quando tale pressione si manifesta con semplici censure da parte del gruppo sociale; norme giuridiche quando si fa riferimento a sanzioni fisiche.

    Tutti i cittadini, o meglio i consociati, sono propensi a seguire tutti e tre i tipi di norme.

    Ma anche se spesso norme morali e giuridiche hanno lo stesso contenuto, sono diverse per due aspetti: la soluzione che colpisce il consociato che le violi

    e le motivazioni che spingono i consociati ad attenersi ad essa.

    Per quanto riguarda il primo aspetto (la soluzione che colpisce il consociato che le violi), possiamo dire che dalla violazione di una norma morale o sociale pu derivare una forte pressione sociale (emarginazione, critiche, inimicizia,), mentre dalla violazione di una norma giuridica pu persino derivare una sanzione corporale o comunque una punizione che gia predeterminata e inflitta

    da unautorit. Per quanto riguarda il secondo aspetto (le motivazioni che spingono i consociati ad attenersi ad essa), possiamo dire che guardare la pratica sociale ab intra

    permette al giurista di capire perfettamente le motivazioni che pingono i consociati ad obbedire, senza soffermarsi ad uninutile discorso sulle probabilit. Ad es. vedere dallesterno pi consociati che si fermano quando al semaforo scatta il rosso, spinge il giurista ad affermare che con probabilit gli automobilisti si fermeranno quando il semaforo sar rosso. Ma vedere il loro comportamento

    ab intra ci permette di capire che il singolo consociato si ferma al rosso perch sa di essere obbligato dal codice e lo stesso comportamento lo devono avere gli altri

    automobilisti, perch questo lunico modo per evitare incidenti. Dal lavoro svolto da Hart possibile evidenziare lacquisizione di elementi come lappartenenza degli obblighi alla pratica sociale, che significa per egli il superamento della logica normativistica sostenuta invece da Kelsen, basata sulla capacit della prescrizione di costituire da sola una norma, che veniva posta per

    in modo astratto dal mondo dei comportamenti ed inoltre insensibile al mondo dei destinatari.

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    In definitiva viene rilevato che lesistenza delle regole non pu basarsi solo sul contesto dellobbligo, ma deve essere verificato allinterno dellordinamento, nel quale le norme giuridiche manifestano in modo particolare la loro specificit. Hart tratt anche lambito della norma di riconoscimento, da lui definita come una regola sociale convenzionale non scritta; secondo lui essa, a differenza

    di tutte le altre norme giuridiche, esiste solo come una pratica complessa, ma che di solito viene usata da tribunali e funzionari per individuare il diritto in

    riferimento a certi criteri, aggiungendo che lesistenza di questultima da considerarsi importante come una questione di fatto.

    3 CONOSCERE E ACCETTARE

    Secondo hart non si pu esprimere un giudizio di validit se non sulla base dellaccettazione della norma di riconoscimento. Hart, di fronte ad un gruppo sociale che segue delle norme di condotta, distingue due punti di vista: un punto di vista esterno e un punto di vista interno. Il punto di vista interno appartiene al membro del gruppo che accetta ed

    obbedisce alle norme di condotta, mentre il punto di vista esterno appartiene al membro del gruppo che non le accetta. Questultimo pu registrare i comportamenti degli altri soci come se fossero mere abitudini oppure reazioni al timore delle sanzioni, fatto sta che evidente che i consociati accettano quei criteri di condotta.

    Infatti con quanto detto si rende chiaro che hart vuole tenere ben distinte le affermazioni esterna di fatto (la quale dimostra che i membri della societ non

    accettano determinate norme) da quelle di interna di norma (la quale viene data da un soggetto che accetta tale norma). Specificare ci, secondo Hart, utile, poich, dato che un ordinamento

    costituito da norme primarie (che impongono obblighi e divieti) e norme secondarie (che attribuiscono poteri pubblici o privati), occorre stabilire il tipo di

    accettazione richiesta ai privati cittadini destinatari delle norme primarie, e il tipo di accettazione richiesta ai funzionari pubblici destinatari delle norme secondarie. Da tali concetti si basa la formazione dellordinamento secondo Hart, il quale appunto afferma che vi sono due condizioni minime necessarie e sufficienti per lesistenza di un ordinamento, cio: lobbedienza delle norme primarie da parte dei privati, cio le norme di

    comportamento da considerare come criteri in vigore; e laccettazione ed esecuzione delle norme secondarie da parte degli

    operatori del diritto, cio le norme di riconoscimento da parte dei funzionari. Lobbedienza pu essere soddisfatta anche senza aderire al punto di vista interno (cio anche se non c accettazione del criterio), ma anche solo per il timore ella sanzione. Infatti, per le norme primarie, losservanza distinta dallaccettazione, mentre per le norme secondarie occorre una forma di accettazione ufficiale accettata da tutti gli operatori.

    Quindi possiamo dire che: per i consociati richiesta lobbedienza, indipendentemente

    dallaccettazione; per gli operatori pubblici richiesta laccettazione delle norme secondarie; infine i giuristi e i teorici del diritto sono semplici osservatori e possono

    adottare un punto di vista interno o esterno.

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    Dalla suddetta tesi di Hart appare evidente che per egli, laccettazione della norma di riconoscimento, dalla quale dipende lesistenza di un sistema, richiesta ai consociati, agli operatori giuridici, ai giudici, ai funzionari, ma non ai giuristi e teorici del diritto, ai quali invece spetta un computo di natura solo descrittiva, che lo stesso Hart qualifica come atteggiamento esterno moderato. La centralit dellaccettazione posta da Hart ben accolta anche da Alexy, secondo il quale per accettare una regola, qualora essa si esprime in pratiche comuni, significa passare al giudizio secondo cui una condotta conforme a tali pratiche sia dovuta.

    La tesi di Hart riporta anche i cd. limiti del diritto, ossia un concetto di validit che secondo lui consente, in ogni ordinamento, di stabilire i criteri che

    devono essere soddisfatti dalle singole regole per poterne far parte, ossia che consenta poi di distinguere tra ci che diritto e ci che invece non lo , anche

    se tali limiti si concretizzano nel fatto che in molti casi il diritto non immediatamente applicabile, se non dopo unattenta attivit interpretativa discrezionale.

    Il positivismo di Hart legato alla Social Thesis, cio allesigenza di collegare il diritto a dati oggettivi o fatti sociali, individuati sulla base di regole vigenti in una societ, a prescindere da valutazioni morali.

    Questa tesi criticata da Dworkin; infatti egli rifiuta la possibilit dellesistenza di un osservatore esterno. Per Dworkin la prassi giuridica ha una natura

    argomentativa, nel senso che tutti i suoi attori sanno che i diritti e i doveri dipendono dalla veridicit di certe proposizioni, che hanno valore solo allinterno di questa prassi, prassi che a sua volta consiste nello sviluppare ed elaborare senza fine tali proposizioni. Il confronto tra Hart e Dworkin si basa anche sullaccettare il punto di vista interno o esterno, dove Dworkin propenso ad accettare quello interno, ossia quello riferito al partecipante, nel tentativo di cogliere il carattere argomentativo della prassi giuridica, facendo poi del giudice un osservatore fondamentale del

    diritto. La figura di giudice cui pensa Dworkin quella di un soggetto attivo, interprete

    della storia giuridico-istituzionale del proprio paese, e capace di ricavare da essa tramite strumenti ermeneutici i principi fondamentali del diritto. Con tale visione Dworkin considera il giudice come un teorico del diritto e, al

    contempo, di cittadino che accetta i principi e i valori fondamentali dellordinamento da egli stesso creati. Il giudice individua il diritto adottando posizioni valutative e ne trova la migliore giustificazione in termini di coerenza con lordinamento giuridico dato. Nella pratica sociale del diritto non si possono separare:

    - le basi, cio i criteri per lidentificazione delle proposizioni giuridiche valide; - dalla forza, cio dalle ragioni che giustificano il diritto come coercizione.

    La teoria giuridica non deve contaminarsi con la teoria politica, al punto che Dworkin chiama la sua una teoria politica del diritto. Hart sostiene, invece, una teoria semantica, che si limita alle basi del diritto,

    fatte di norme primarie e secondarie, e non spiega quindi le ragioni del diritto, ossia le ragioni dellobbedienza dei cittadini. Questi elementi sono parti integranti del punto di vista interno di Dworkin, che oltre ad individuare i comportamenti dei consociati, li elabora alla luce di valori

    etico -politici che i partecipanti hanno accettato.

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    Hart preferisce distinguere il momento descrittivo da quello valutativo. La teoria di Dworkin attenta ai casi concreti e ai contesti.

    Infine, in base a tutto ci che si detto possibile concludere che la tesi hartiana pu essere vista sia sotto il punto di vista dellimportanza della distinzione tra diritto e morale, sia sotto quello che riguarda la posizione di Hart

    circa linterpretazione delle norme e sul diretto rapporto tra norme e principi.

    4 I PRINCIPI E LA NORMA DI RICONOSCIMENTO Un punto importante della teoria interpretativa di Hart il superamento della

    giurisprudenza meccanica; infatti la teoria interpretativa di Hart si allontana dalle teorie positiviste.

    Col passare del tempo sembrato giusto riconoscere, daccordo con Carri, che la teoria interpretativa di Hart porta a tre diversi risultati fondamentali:

    lordinamento giuridico non logicamente finito o completo, ossia non deve essere considerato come un sistema chiuso da cui si possono trarre tutte le soluzioni per i casi concreti;

    nei casi di penombra, che rappresentano una quota rilevante delle controversie, i giudici hanno bisogno di unadeguata conoscenza su certi aspetti fondamentali della vita della comunit alla quale appartengono, e sulle conseguenze relative alle loro decisioni;

    infine, nonostante il peso dei casi difficili, molti settore della vita giuridica sono

    disciplinati da regole dal chiaro significato, portando cos ad una situazione nella quale larea dei casi dubbi, viene limitata da quella dei suddetti casi chiari.

    Nella totale visione hartiana, non assume per un posto di rilievo il procedimento decisionale dellinterprete, anche se il giudice ha una certa discrezionalit nei casi in cui la legge indeterminata o incompleta. Quindi per Hart il giudice colui che in parte applica le norme esistenti e in parte

    crea nuovo diritto. Per ci non significa che lo stesso giudice viene autorizzato a decidere in modo arbitrario, poich egli deve sempre ispirarsi a ragioni generali per poter giustificare le proprie decisioni e deve inoltre decidere basandosi sui

    propri principi e valori, riuscendo sempre ad essere un legislatore coscienzioso. Quanto detto rende chiaro che i giudici devono sempre ispirarsi alla

    ragionevolezza delle decisioni, in modo da non commettere mai delle ingiustizie oppure violare regole morali consolidate. Evidenziando ancora il compito svolto dai giudici, vedremo che il rapporto che

    essi hanno con i principi considerato oggetto di un osservazione descrittiva, inerente ci che essi realmente fanno nel momento in cui prendono una

    decisione, momento nel quale essi svolgono una funzione discrezionale che poi viene applicata sui principi, prendendoli poi come oggetto ogni volta che le regole normative risultano incomplete e indeterminate.

    In ambito di discrezionalit dei giudici, si ebbe anche la visione di Dworkin, il quale sostenne che la risoluzione di casi difficili basati sulla discrezionalit la

    conseguenza quasi inevitabile alla quale va incontro chi vede e pensa il diritto solo come un insieme di regole, anche se per Hart crede che la propria teoria del diritto non basata solo sul modello delle regole, ma anche in grado di

    includere i principi anche ammettendo che non vi abbia mostrato tanta attenzione.

    Lo stesso Dworkin evidenzi tre diverse fasi interpretative:

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    1. fase preinterpretativa : in cui vengono identificate le regole e i principi che forniscono il contenuto dellusanza, dove poi linterprete individua loggetto della propria interpretazione, cos facendo compie unopera interpretativa;

    2. fase interpretativa : in cui vengono stabilite le linee generali di giustificazione di tutti gli elementi caratteristici dellusanza che si sono individuati nella fase precedente; in tale fase loggetto dellinterpretazione va ad acquisire una forma autonomia rispetto al lavoro dellinterprete e le usanze vengono poi identificate in base ai valori di cui sono portatrici;

    3. postinterpretativa : in cui il giudice risolve il caso scegliendo la risoluzione pi idonea ai contenuti emessi nelle fasi precedenti; tale fase considerata di

    tipo ricostruttivo, in quanto in essa linterprete, per poter rispondere in modo appropriato alla giustificazione che ha accettato nella fase precedente,

    determina ci che a suo parere lusanza richiede effettivamente, infatti egli interviene in modo sensibile sulloggetto, ma il suo intervento risulta poi limitato da elementi interpretativi prove