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IIll PPAARRCCOO NNAATTUURRAALLEE RREEGGIIOONNAALLEE
BBoossccoo ddeellll’’IInnccoorroonnaattaa
cronistoria di vita di un piccolo bosco di Capitanata
"Se il Signore avesse conosciuto questa
piana di Puglia, luce dei miei occhi,
si sarebbe fermato a vivere qui"
FEDERICO II DI SVEVIA
COMUNE DI FOGGIA ASSESSORATO AMBIENTE
dispensa didattica ideata e realizzata nell’ambito del progetto dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Foggia
“Proposte didattiche 2006 per il Parco Regionale del Bosco dell’Incoronata” curato dal Centro Studi Naturalistici ONLUS – Maurizio Marrese
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Foggia, Aprile 2006
Dispensa ideata e realizzata nell’ambito del progetto
dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Foggia
“Proposte didattiche 2006 per il Parco Regionale del Bosco dell’Incoronata”
curato dal Centro Studi Naturalistici ONLUS
testi ed elaborazioni immagini a cura di
dott.nat. Maurizio Marrese
Centro Studi Naturalistici ONLUS
dispensa didattica ideata e realizzata nell’ambito del progetto dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Foggia
“Proposte didattiche 2006 per il Parco Regionale del Bosco dell’Incoronata” curato dal Centro Studi Naturalistici ONLUS – Maurizio Marrese
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Introduzione storico-culturale
Per la gente di Puglia, il Santuario della
Madonna Incoronata di Foggia è da sempre un
riferimento, meta di pellegrinaggi e luogo di
accoglienza per famiglie, giovani e bambini. Il Bosco è
altresì luogo di natura viva, di cultura pastorale e di
tradizioni terrazzane.
Nella sua millenaria esistenza, il Santuario ha vissuto
vicende diverse. Un tempo era noto come "Bosco del
Cervaro", ed è stato riserva di caccia di Federico II di
Svevia. La storia documentata inizia nel 1001 ed a quel
tempo il bosco, ricco di querce, era frequentato da
signorotti che lo utilizzavano per la caccia e dai pastori
di Abruzzo che durante la transumanza vi giungevano
percorrendo i lunghi tratturi.
La tradizione, ormai consolidata, narra che nell’aprile
del 1001 un nobile conte di Ariano Irpino sognò che
avrebbe fatto una buona caccia nel bosco del Cervaro
e, incoraggiato dal sogno, vi si recò per una battuta di
caccia. Alle prime luci dell’alba, costui ferì un daino,
lo inseguì presso una grande quercia ed avvicinandosi
all’albero per prendere la preda, fu avvolto da “bagliori
di fuoco” che sembravano bruciarne il fusto. Il
nobil’uomo si ritrasse impaurito quando nella luce vide
apparire la Vergine Maria che gli disse: “Non temere,
io sono te madre di Dio, voglio che mi sia eretta qui
una cappella per essere venerata dai fedeli. Renderò
celebre questo luogo con le grazie che concederò a
quanti mi invocheranno davanti a questa immagine con
cuore sincero e filiale”. Nel frattempo sopraggiunse un
pastore cui la storia assegna il nome di Strazzacappa,
che vide con stupore i suoi buoi piegarsi come in
adorazione dinanzi alla quercia. Con grande meraviglia
del conte e del pastore tra i rami dell'albero apparve
una statua di legno scuro raffigurante la Madonna con
il bambino Gesù. Si racconta che il pastore prese una
caldarella di rame, la riempi d'olio e la appese, dopo
averla accesa, a guisa di lampada in onore della
Madonna. Quell'olio durò, inspiegabilmente, per molti
anni senza che fosse necessario rifonderlo. I pellegrini
accorsero numerosi a venerare la sacra immagine, e
notato il prodigio dell’olio, si ungevano con lo stesso
ottenendo inspiegabili guarigioni fisiche e spirituali.
Anche il conte di Ariano giunto per malattia in punto di
morte, si fece ungere da quell'olio guarendo
prodigiosamente. In seguito, per gratitudine, fece
edificare una piccola cappella che, successivamente
affidata a monaci basiliani, venne nel tempo ingrandita
con la annessione di un convento. L' attuale basilica,
costruita sui resti dell’antico Santuario, è stata
inaugurata l’11 aprile del 1965. Lì all’interno del
Santuario si conserva anche un crocifisso del XVII
secolo ed in esso è custodito, sotto l'altare della cripta il
"santo legno" unico pezzo residuo della antica quercia
della apparizione. In quel tempo vi convogliavano a
migliaia da tutto il Tavoliere, e ciò rappresentava,
appunto, una ritualità pastorale. L'ultimo sabato
d'aprile, difatti, le greggi della transumanza
riprendevano il cammino verso il Gran Sasso ed i
monti dell'Abruzzo. Lungo la strada per Bari fino quasi
a Cerignola corre tuttora una pista sterrata e ciottolosa,
larga quasi un centinaio di metri, questa strada è una
direttrice di transumanza, il tratturo massimo
(Pennacchi, 2001).
L’Incoronata, per secoli rimase solo un
santuario. Il Bosco dell'Incoronata era sterminato, si
racconta in antichi testi che giungesse fino al
preappennino. Federico II ci veniva a caccia e, per tale
motivo aveva costruito un castello a Foggia, una
Domus. La bellezza dello stesso paesaggio, l’amoenitas
loci, giustifica la scelta compiuta da Federico II di
Svevia nell'istituire a Foggia la sua sede imperiale, sede
in cui nacque quell'arte che illuminò altre genti ed altri
popoli, dando origine alla cultura italiana (Masullo,
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2005). Oggi il castello non esiste più, fu demolito alla
fine degli anni sessanta per poter fare lo snodo
ferroviario che servisse il deposito di legnami. A
Federico II piaceva sia il bosco sia la caccia. Difatti
ebbe proprio qui la prima idea di un trattato, De arte
venandi cum avibus, che fu poi il suo vero orgoglio. Le
fonti attestano che arrichì il bosco con svariate
piantagioni di olmi e di querce. Nel 1254 suo figlio
Manfredi, a suggello di tutte le feste che diede per la
sua incoronazione, vi organizzò una partita di caccia
con più di 1500 persone. Ma, come tutti sanno, fu il
suo canto del cigno.
Da alcune carte geografiche d'epoca si può
desumere che il Bosco dell'Incoronata, già agli inizi del
Seicento rappresentava l’unica area boscata del
Tavoliere. Il Galanti (1791), noto economista
meridionale molto sensibile al destino dei boschi
scriveva: "Tra Foggia ed Orta vi era il Bosco
dell'Incoronata, che oggi vedasi in gran parte
distrutto". Le vicende del Bosco dell'Incoronata sono
riportate in un articolo anonimo sugli Annali Civili del
Regno delle Due Sicilie del 1839, in cui si fa una
sintesi degli scritti del giornale degli atti della Società
Economica della Capitanata: " Trovasi poi un breve
racconto del P. Nicolo Borrelli sull'Incoronata di
Puglia, santuario posto in mezzo di larga pianura , a
sei miglia da Foggia verso scirocco, e fra torrenti
Cervaro e Carapelle. Il bosco che lo circondava, e
colle sue mistiche ombre cresceva religione nel cuore
de devoti, venne a poco a poco distrutto; ora di bel
nuovo si va ripopolando di alberi, contandone già
meglio che ventitremila, onde fra breve sarà schermo
dell'ardente sferza del sole e tutto circonderà quel bel
santuario”. Sembra che il bosco, soggetto a distruzione
e a continua erosione fino al XVIII secolo, in quello
successivo sia stato favorito se non, in parte,
ricostituito per sopperire alle necessità di legname da
ardere e da costruzione (Afan de Rivera, 1838).
Nel 1842 il bosco risultava avere una
superficie pari a 26 carra e 10 versure, pari circa a 600
ettari contro i 320 attuali. Il tempo passava
velocemente e nel 1928 l'Incoronata diventa l'apripista
della bonifica foggiana. Il Duce, Benito Mussolini, da
poco aveva tenuto il discorso dell'Ascensione e della
lotta all'urbanesimo. Foggia era stracolma di abitanti ed
insana a causa delle paludi circostanti. Volevano
sfollarla e il podestà Gaetano Postiglione si accinse
all'opera. All'architetto Arnaldo Foschini fu
commissionato il progetto del nuovo santuario. Quello
vecchio non andava più bene. Volevano una cosa
nuova, moderna, “un centro permanente di fulgida vita
religiosa”. La parte agraria della bonifica fu progettata
dai professori De Cillis, Tommasi e De Domenicis e
quella tecnica dall'ing. Giuseppe Colacicco, che era
anche il Direttore del neonato Consorzio di Bonifica e
Trasformazione Fondiaria del Tavoliere Centrale. A
ridosso del santuario, nella zona chiamata Piana
Padule, fu previsto il centro abitato, il borgo: due
edifici su due piani, la scuola e i servizi generali, con in
mezzo una fontanella.
Nel 1938 anche Incoronata, come Segezia,
dovette rispondere alle esigenze di una popolazione
urbana di 3.000 anime e di una rurale di 6.000. Il
progetto fu assolutamente lineare; riprese lo schema
degli assi sfalsati e, sul piano urbanistico, sembrò il
maximum del razionalismo.
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Quando arrivarono gli americani, nel 1943, trovarono
ultimati il municipio, la casa del fascio, l'edificio delle
scuole, l'azienda O.N.C. e i magazzini, la dispensa, la
caserma dei carabinieri, le poste, la locanda e le case di
abitazione (Pennacchi, op.cit.).
Il resto è storia recente, la "città agricola" tra luglio e
agosto “ospita” africani, polacchi ed albanesi, per la
raccolta del pomodoro, i nostri “ospiti” dormono sotto i
ponti, o nei poderi abbandonati. Durante le feste il
Santuario si affolla di pellegrini, giostre, zucchero
filato. Il Bosco di pic-nic improvvisati.
Verrebbe da chiederci: cosa resta della storia, della
cultura e della natura legata a questo luogo?
l’area protetta
Il Bosco dell'Incoronata è ubicato a circa sette
chilometri dal capoluogo di provincia (Foggia), nel
cuore del Tavoliere delle Puglie ad una quota di circa
70 m slm. E’ delimitato a nord dal fiume Cervaro e a
sud dal suo antico letto. L’area protetta è testimone di
un piccolo lembo di vegetazione naturale all'interno di
un territorio intensamente coltivato. Attualmente la
superficie del bosco occupa una superficie di circa 320
ha, di cui 162 ha a bosco d'alto fusto, 115 ha di pascoli
e 43 di seminativi. E' quindi un ambiente diversificato
rappresentativo degli ambienti che in passato
ricoprivano buona parte del Tavoliere (Manzi et al.,
1993). L’istituendo Parco Naturale Regionale
comprenderà oltre il Bosco dell’Incoronata anche parte
del Sito di Importanza Comunitaria proposto (pSIC)
denominato “Valle del Cervaro - Bosco
dell'Incoronata” ricadente nel perimetro del Comune di
Foggia.
Forme di tutela
� Vincolo idrogeologico (RD 3267/1923 e
succ.) copre l'intera area boscata più altre aree
a margine.
� Oasi di protezione ai sensi della Legge
Regionale del 13 Agosto 1998, n°27.
� Sito Importanza Comunitaria (pSIC)
"IT9110032 Valle del Cervaro - Bosco
dell'Incoronata" ai sensi della direttiva
92/43/CEE e del D.P.R. n. 357/1997, come
modificato ed integrato dal D.P.R. N.
120/2003 esteso per 5769 ha.
� Parco Naturale Regionale disegno di Legge
23 gennaio 2006, n. 6 “Istituzione della
riserva naturale regionale orientata “Bosco
Incoronata”.
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HABITAT PRIORITARI DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE
Praterie su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con
stupenda fioritura di Orchidee;
Percorsi substeppici di graminee e piante annue
(Thero-Brachypodietea);
HABITAT DI INTERESSE COMUNITARIO DELLA DIRETTIVA
92/43/CEE
Fiumi mediterranei a flusso permanente Foreste a
galleria di Salix alba e Populus alba;
SPECIE VEGETALI DI INTERESSE COMUNITARIO DELLA
DIRETTIVA 79/409 E 92/43/CEE
Nessuna
SPECIE ANIMALI DI INTERESSE COMUNITARIO DELLA
DIRETTIVA 79/409 E 92/43/CEE
*Lo status di presenza è definito attraverso: CE: certa; PR:
probabile; DF: difficile; ES: estinta; B: nidificante; ?: dubbio,
incertezza
Pesci
Alborella appenninica (Alburnus albidus): CE
Anfibi
Raganella italiana (Hyla intermedia): PR
Ululone appenninico (Bombina pachypus): DF
Rettili
Cervone (Elaphe quatuorlineata): CE
Testuggine acquatica (Emys orbicularis): CE
Uccelli
(solo i nidificanti)
Succiacapre (Caprimulgus europaeus): PR
Averla cenerina (Lanius collurio): PR; ES?
Nibbio bruno (Milvus migrans): ES?
Occhione (Burchinus oedicnemus): DF
Martin pescatore (Alcedo atthis): DF
Cuculo (Cuculus canorus): B
Barbagianni (Tyto alba): B
Calandra (Melanocorypha calandra): B
Calandrella (Calandrella brachydactyla): PR
Mammiferi
Lupo appenninico (Canis lupus): ?
Assenti informazioni attendibili sui Chirotteri
ALTRE SPECIE ANIMALI RARE
Rospo comune (Bufo bufo): CE
Ramarro (Lacerta viridis): CE
Luscengola (Chalcides chalcides): PR
Tasso (Meles meles): CE
Ambienti ed ecosistemi
I boschi planiziali di pianura sono presenti in aree
con falde superficiali.. Spesso le pianure sono
attraversate da corsi d’acqua avvolti, in condizioni
naturali, da fasce boschive ripariali; allorché la foresta
planiziale viene in contatto con quelle forma un
continuum forestale ad elevata biodiversità. Queste
formazioni boschive però sono state storicamente
quelle più soggette a trasformazione agricola; com’è
noto infatti le aree pianeggianti sono state oggetto di
notevoli disboscamenti già ad opera dei Romani. Per
questi motivi oggi sono pochissime le regioni d’Italia
che hanno la fortuna di annoverare nel proprio
patrimonio naturalistico un bosco planiziale: la più
importante formazione di questo tipo è senz’altro
costituita dal Bosco della Mesola in Emilia Romagna.
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Anche in provincia di Foggia troviamo delle
significative testimonianze di bosco planiziale del
bosco dell’Incoronata sul torrente Cervaro a quello di
Dragonara sul fiume Fortore. Queste formazioni
costituite, nei pressi dei corsi d’acqua, da bosco misto
ripariale con Pioppo bianco Populus alba, Pioppo nero
Populus nigra, Frassino Fraxinus excelsior, Orniello
Fraxinus ornus, Salice Salix sp., Olmo Ulmus sp., etc.,
sfumano poi dolcemente, allontanandosi dall’acqua ed
assumono la tipica composizione floristica del raro
bosco planiziale con Roverella Quercus pubescens,
Carpino Carpinus sp., Frassino Fraxinus sp., Acero
Acer sp., ecc.
La trasformazione del Tavoliere delle Puglie
nel “granaio d’Italia” ha colpito più pesantemente le
situazioni di passaggio tra gli ambienti terrestri e quelli
acquatici. La semplificazione della morfologia ha
infatti fortemente ridotto l'estensione delle praterie
umide, delle aree temporaneamente inondate, delle
lanche e in generale degli ambienti laterali ai corsi dei
fiumi e torrenti, tanto importanti per la flora e la fauna
selvatica. E’ da premettere che la stragrande
maggioranza della diversità biologica (e quindi
floristica) degli ambienti umidi dipende proprio da
questi habitat che a loro volta possono esprimersi
grazie alla presenza di gradienti morfologici con
profilo naturale.
Questi habitat sono caratterizzati da qualità ecologiche
di grande importanza, essendo ambienti fragili e rari.
Sono fragili in quanto sono sufficienti modificazioni
anche lievi delle caratteristiche fisiche, morfologiche o
idrauliche per provocare la loro degradazione o
distruzione; sono rari perché l'estensione areale
occupata è molto limitata, soprattutto se confrontata
con la superficie originaria.
In passato, la vegetazione degli ambienti
planiziali è stata sottoposta ad una forte pressione
antropica, dovuta alla tendenza ad aumentare la
superficie dei terreni arabili e dei pascoli. In
conseguenza di ciò, si è verificata una fortissima
riduzione della superficie occupata da tale vegetazione.
La pressione esercitata sui lembi residui si è
intensificata e diversificata dopo l'inizio della
rivoluzione industriale, attraverso molteplici azioni,
che si possono così riassumere:
-disboscamenti e dissodamenti per ottenere ulteriori
nuove aree da destinare all'agricoltura;
-bonifiche e scavi di canali di drenaggio;
-diminuzione della portata per prelievo di acqua per
irrigazione;
-modificazione del regime idrologico a causa della
costruzione di dighe e argini;
-estrazioni di ghiaia e sabbia dagli alvei maggiori per
attività edilizia;
-costruzioni di edifici nei pressi dei corsi d'acqua;
-scarichi d’immondizie, macerie e liquami;
-costruzioni di alvei e greti in cemento, per la
regimazione dei corsi d'acqua;
La degenerazione è segnalata da un forte calo della
diversità floristica, come risultato della scomparsa di
molte specie erbacee nemorali (boschive) e la
penetrazione di alcune specie più eliofile ad ampio
spettro ecologico (nitrofile, ruderali, cosmopolite,
avventizie, ecc.). Nei boschi ripariali scompaiono
innanzi tutto le specie igrofile più sensibili e invece
diventano abbondanti alcune specie euriecie.
La regressione si manifesta mediante una graduale
semplificazione e ulteriormente deterioramento della
struttura delle fitocenosi, che subiscono un'azione
continua d’asportazione di biomassa attraverso
dissodamenti ripetuti, sovrapascolamento del bestiame,
incendi dolosi frequenti e così via. Come conseguenza,
occorrono anche modificazioni delle condizioni
ambientali fino al punto da rendere quasi impossibile la
rigenerazione naturale delle fitocenosi originarie. Tali
fenomeni possono portare, per esempio, alla
sostituzione dei boschi ripariali con arbusteti mesofili
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formati da Crataegus monogyna, Prunus spinosa,
Rubus ulmifolius, Rosa sp., Sambucus nigra, etc.
Le praterie sono parte inscindibile dell’area protetta.
Questo tipo di vegetazione è ormai diventata rara e
frammentata tanto da essere ormai considerato habitat
prioritario da proteggere dalla Comunità Europea. La
causa è sicuramente l’abbandono delle attività
tradizionali come il pascolo ovino.
In passato in sostituzione delle aree in cui il bosco
planiziale era degradato furono realizzati dei
rimboschimenti artificiali di eucalipti (Eucaliptus sp.,
specie australiana), Robinia (Robinia pseudoacacia,
specie nord-americana) e di Pino d’Aleppo (Pinus
halepensis, specie mediterranea costiera) e di altre
specie alloctone. I rimboschimenti hanno una
fisionomia che riflette il carattere artificiale delle
formazioni: gli alberi sono in genere molto fitti,
disposti in gruppi di individui della medesima età e
specie, e nel tempo danno vita a dense fustaie
sempreverdi che lasciano filtrare una debole luce al
suolo; questo limita notevolmente lo sviluppo delle
specie del sottobosco e pochi isolati esemplari
provenienti formazioni vegetali circostanti. Queste
specie estranee alla vegetazione planiziale originaria,
oggi sono utilizzate come aree ricreative.
Un’altra componente ambientale tipica del parco del
Bosco dell’Incoronata è l’agroecosistema, ossia
l’ambiente agricolo.
Il funzionamento di base di un agroecosistema non
differisce infatti da quello di un ecosistema: l'energia
solare, che ne rappresenta il motore, è in parte
trasformata in biomassa dalle piante, in parte trasferita
al suolo attraverso i residui. La sostanza organica
presente in questi ultimi, attraverso processi di
umificazione, è resa disponibile per le nuove colture.
Nell'agroecosistema si possono però identificare tre
fondamentali differenze rispetto ad un sistema naturale:
- la semplificazione della diversità ambientale, a
vantaggio delle specie coltivate e a scapito di quelle
selvatiche, che competono con esse (es. il ricorso
prolungato alla monosuccessione, gli interventi di
bonifica delle zone umide, etc.);
- l'apporto di energia esterna (soprattutto di origine
fossile) attraverso l'impiego dei mezzi di produzione
(macchine, fertilizzanti, fitofarmaci, combustibili, etc.);
l'asportazione della biomassa (attraverso il raccolto)
che viene così sottratta al bilancio energetico;
L'intervento dell'uomo ha dunque introdotto delle
modificazioni essenziali: alla diversità biotica ha
sostituito un numero esiguo di piante coltivate e di
animali allevati, con l'obiettivo di aumentare la quantità
di energia solare fissata dalle comunità vegetali che sia
direttamente disponibile per l'uomo. L'asportazione
della biomassa altera i processi di decomposizione e la
fertilità del suolo è mantenuta artificialmente, non
attraverso il riciclo degli elementi nutritivi.
L'intensità di queste differenze è variabile a seconda
del sistema produttivo impiegato, ed è massima
nell'agricoltura intensiva tipica dei paesi
industrializzati: nell'agricoltura moderna sono
necessarie ingenti risorse energetiche per stabilizzare il
sistema, a scapito della sostenibilità degli
agroecosistemi. Molte sono le specie, specialmente
quelle animali, legate ormai indissolubilmente agli
ecosistemi agricoli sostenibili, come ad esempio la
Gallina prataiola (Tetrax tetrax), la Quaglia, l’Allodola,
le albanelle (Circus sp.), il Falco grillaio (Falco
naumanni), la Cicogna bianca (Ciconia ciconia) e
mammiferi come la Donnola e la Volpe.
La veg etazio n e e la flo r a
Facendo un transetto ideale dalla riva verso
terra troviamo da prima una fascia che emerge solo per
un breve periodo dell’anno ed è colonizzata da piante
annuali con un ciclo biologico molto rapido. In genere
sono erbe non legate a particolari condizioni
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ecologiche e che perciò possono variare notevolmente
da un luogo all’altro. Spesso sono le stesse che
colonizzano gli habitat fortemente influenzati
dall’uomo oppure che vivono come infestanti nelle
colture. Fra le più comuni possiamo ricordare
l’artemisia oppure i poligoni (Polygonum sp.), tutte
piante a distribuzione molto ampia capaci di
approfittare con più facilità delle altre di un terreno
molto ricco di azoto. Abbondanza causata da scarichi e
rifiuti, che purtroppo non mancano mai lungo le sponde
del nostro Torrente, e dai concimi che, sparsi nei
campi, finiscono per essere trascinati nei fiumi dalle
piogge. A questa fascia ne segue quindi un’altra
sempre periodicamente sommersa, ma per periodi
meno lunghi, nella quale si trovano erbe perenni dotate
di robuste radici che le ancorano saldamente al suolo.
Spesso sono piante fornite anche di stoloni o che
comunque si riproducono facilmente per via vegetativa
tanto da formare consorzi estesi e compatti. Tra queste
possiamo ricordare ad esempio la cannuccia
(Phragmites australis) e le due specie di Tifa (Typha
sp.). Al di sopra del livello medio estivo del torrente
Cervaro troviamo poi una terza fascia caratterizzata
dalla presenza di modeste piante legnose. Si tratta
generalmente di salici a portamento arbustivo come ad
esempio il salice (Salix sp.). Questi modesti alberelli,
alti non più di qualche metro, sono particolarmente
adatti a sopportare le forti sollecitazioni della corrente:
i loro rami tanto flessibili da non opporre nessuna
resistenza all’acqua e l’apparato radicale così esteso e
profondo gli permettono infatti di contrastare la forza
delle piene. Anche se sono ricoperti completamente dal
torrente Cervaro, minacciati dall’erosione e scossi dalla
corrente, nella maggior parte dei casi, non subiscono
alcun danno.
La fascia successiva è costituita da quella porzione del
letto del Torrente che viene inondata durante le normali
massime di piena. Questa ovviamente rimane scoperta
per un periodo più lungo rispetto alle precedenti ma è
in ogni modo ricoperta regolarmente dall’acqua. Qui
gli alberi, generalmente salici e pioppi, sono ormai un
elemento costante della vegetazione. Le condizioni
tuttavia non permettono ancora l’instaurarsi di un
bosco vero e proprio e le piante sono riunite spesso in
gruppi o filari. In questa quarta fascia possiamo
distinguere due livelli ulteriori, un primo costituito da
salici a portamento arboreo, come lo sono ad esempio
il salice fragile (Salix fragilis) ed il salice bianco (S.
alba), e un secondo livello ancora più alto costituito
principalmente dai pioppi (Populus alba, P. nigra etc.).
Questo transetto “ideale” dovrebbe
concludersi con il bosco. La così detta foresta
planizaria costituita da Farnia (Quercus robur),
Carpino bianco (Carpinus betulus), Olmo (Ulmus
minor), varie specie di aceri (Acer sp.), frassini
(Fraxinus sp.), tigli (Tilia sp.) e molti altri alberi ed
arbusti. Ma questi boschi che un tempo coprivano per
intero le maggiori pianure italiane e medio europee
oggi sono stati distrutti quasi totalmente per fare posto
alle colture. Si trattava di un habitat estremamente
ricco di specie che grazie all’umidità, la fertilità e alla
profondità dei suoli trovavano un ambiente ideale per il
loro sviluppo.
Nel Bosco dell’Incoronata grazie alla
ricchezza d'acqua e delle falde superficiali, quindi si è
sviluppata una vegetazione con la tipica vegetazione
collinare, caratterizzata dalle piante caducifoglie quali,
ad esempio, la Roverella (Quercus pubescens), l’Acero
(Acer campestre), il Frassino (Fraxinus excelsior) e gli
olmi (Ulmus campestris).
A queste specie di particolare rilievo vanno aggiunte le
specie caratteristiche della vegetazione dei boschi
ripariali, caratterizzata da pioppi (Populus nigra,
P.alba e P.canescens), da salici e da tamerici (Tamarix
sp.), e quella palustre delle sorgenti, delle marane, dei
pantani e dei laghi caratterizzata da giunchi (Juncus
effusus, J.inflexus), da canne di palude ed altre specie
igrofile. Conseguentemente una sì grande ricchezza
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vegetazionale ha favorito nel tempo anche un'immensa
ricchezza faunistica, delineando così un patrimonio
paesaggistico rimasto inalterato nelle sue essenziali
componenti fino ai primi decenni del secolo.
La fauna
Tempo fa qualcuno affermò che il Tavoliere
era la pianura dei quattro colori: verde in primavera,
giallo d’estate, nero in autunno e marrone il inverno. Il
Bosco dell’Incoronata invece è sempre verde, pronto
ad ospitare piante ed animali quasi come una piccola
isola incontaminata. In realtà è davvero cosi, il bosco è
un’isola di biodiversità in un territorio aspro e povero
di natura, il Tavoliere, in cui poche specie riescono ad
adattarsi, l’area protetta invece conserva e protegge
numerose varietà vegetali ed animali che altrove non
troverebbero le condizioni favorevoli per completare il
loro ciclo vitale.
Durante una visita al bosco lungo i sentieri dell’area
protetta sarà facile ascoltare il picchiettio del Picchio
rosso maggiore o la “risata” del Picchio verde, mentre
guardando in basso è possibile scoprire le impronte
della Volpe, del Tasso o della Faina che nella notte
precedente si erano mossi in cerca di cibo, osservando
invece con attenzione verso l’alto fra i rami sarà facile
scorgere il volteggiare della Poiana.
Conclusioni sullo sviluppo sostenibile dell’area protetta
Nonostante tante vicissitudini storiche ed
ecologiche, il Bosco dell’Incoronata resta un’area di
elevata valenza naturalistica e culturale strettamente
legata alla vicinanza, non solo geografica, alla città di
Foggia. Oggi le continue alterazioni ambientali
prodotte dall’attività antropica stanno compromettendo
seriamente i delicati equilibri che supportano gli
ecosistemi del Parco. L’attività antropica attuale ha
prodotto delle modificazioni degli habitat che
richiedono un’urgente revisione delle politiche
ambientali: occorre tutelare la diversità biologica ed i
processi evolutivi che ne sono alla base.
A tale riguardo, è bene precisare che “nelle aree
naturali protette compete priorità gerarchica alla
conservazione, che è valore insuscettivo di essere
subordinato a qualsiasi altro interesse”, compreso
quello economico (Pedrotti et al., 1992).
Bibliografia essenziale
Barbone E., 1982 – Il Bosco dell’Incoronata, Italia Nostra,
Grafesud Foggia.
Lupo L., 1993 – Studio di progettazione dell’area protetta
“Bosco dell’Incoronata”, tesi di Laurea in S. Forestali,
Univ. degli Studi di Bari.
Manzi A. et alii, 1993 - Il Bosco dell’Incoronata
testimonianza della civiltà pastorale, Umanesimo della
Pietra, 8, 83-88.
Masullo M., 2005 – Foggia nel medioevo. Il caso della
Domus di San Lorenzo ed il Palacium dell'Incoronata, sito
internet: www.medievale.it
Pedrotti F. e Venanzoni R., 1992 – La Carta della
vegetazione del Bosco dell’Incoronata, Doc. Phitosocioc.
Pennacchi A., 2001 - Guidonia a Incoronata: masseria e
massoneria, Viaggio per le città del Duce, storie di Limes
Italia.
dispensa didattica ideata e realizzata nell’ambito del progetto dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Foggia
“Proposte didattiche 2006 per il Parco Regionale del Bosco dell’Incoronata” curato dal Centro Studi Naturalistici ONLUS – Maurizio Marrese
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indirizzi utili
COMUNE DI FOGGIA – ASSESSORATO AMBIENTE
C.SO GARIBALDI , 37
71100 FOGGIA
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71100 FOGGIA
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