Dispensa Di Diritto Ecclesiastico Dal Folliero

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M.C FOLLIERO DIRITTO ECCLESIASTICO. ELEMENTI Principi non scritti. INDICE COME INTRODUZIONE 1. Diritto ecclesiastico: origini e compiti 2. Il Diritto ecclesiastico come la risultante della relazione tra religione e laicità 3. Quale laicità tra secolarizzazione e cultura “teo-con” 4. I due banchi di prova della laicità 5. La dimensione verticale dell’esperienza religiosa e il suo sbocco nel diritto negoziato 5. La trasversalità dell’esperienza religiosa 7. La dimensione orizzontale dell’esperienza religiosa e il suo sbocco nel diritto comune: le garanzie costituzionali e il diritto comune 8. Il Diritto Ecclesiastico e il processo riformistico in campo 9. Riforme di sistema in rewind 10. Il Diritto Ecclesiastico dell’età del cambiamento DIRITTO ECCLESIASITCO E PRINCIPIO DI LAICITA’ 1. Il principio di laicità 2. Principio di legalità: interessi → valori 3. Principio di legalità: interessi → diritti 4. Interessi religiosi → diritti religiosi 5. Le “forme” della legalità: legalità legale, legalità costituzionale 6. Principi e regole. Diritto Ecclesiastico e legalità multilivello DIRITTO ECCLESIASTICO E PRINCIPIO DI LAICITA’ Premessa 1. La laicità cooperativa degli anni ‘90 IL PRINCIPIO DI LAICITA’ Premessa 1. Il Diritto Comparato e l’affievolimento dell’equazione separatismo-laicità 2. Le fonti del principio di laicità: la giurisprudenza costituzionale 3. Laicità di principio e suoi postulati 4. Laicità di contesto: la categoria ermeneutica dei “principi supremi” e la legalità delle norme concordatarie 1

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M.C FOLLIERODIRITTO ECCLESIASTICO. ELEMENTIPrincipi non scritti.INDICECOME INTRODUZIONE1. Diritto ecclesiastico: origini e compiti2. Il Diritto ecclesiastico come la risultante della relazione tra religione e laicità3. Quale laicità tra secolarizzazione e cultura “teo-con”4. I due banchi di prova della laicità5. La dimensione verticale dell’esperienza religiosa e il suo sbocco nel dirittonegoziato5. La trasversalità dell’esperienza religiosa7. La dimensione orizzontale dell’esperienza religiosa e il suo sbocco nel dirittocomune: le garanzie costituzionali e il diritto comune8. Il Diritto Ecclesiastico e il processo riformistico in campo9. Riforme di sistema in rewind10. Il Diritto Ecclesiastico dell’età del cambiamentoDIRITTO ECCLESIASITCO E PRINCIPIO DI LAICITA’1. Il principio di laicità2. Principio di legalità: interessi → valori3. Principio di legalità: interessi → diritti4. Interessi religiosi → diritti religiosi5. Le “forme” della legalità: legalità legale, legalità costituzionale6. Principi e regole. Diritto Ecclesiastico e legalità multilivelloDIRITTO ECCLESIASTICO E PRINCIPIO DI LAICITA’Premessa1. La laicità cooperativa degli anni ‘90IL PRINCIPIO DI LAICITA’Premessa1. Il Diritto Comparato e l’affievolimento dell’equazione separatismo-laicità2. Le fonti del principio di laicità: la giurisprudenza costituzionale3. Laicità di principio e suoi postulati4. Laicità di contesto: la categoria ermeneutica dei “principi supremi” e la legalitàdelle norme concordatarie5. Laicità di progetto e laicità cooperativa: il Concordato e le Intese6. Laicità di programma: l’ulteriore contributo della Corte Costituzionale alladifferenziazione tra le Confessioni religiose7. Laicità di risultato: la neutralizzazione del principio di non identificazione e ilcontributo della giurisprudenza costituzionale e di legittimità8. Le conseguenze della crisi della laicità cooperativa9. Ridefinire la laicità: compiti dell’ecclesiasticista e prove di svolgimento

COME INTRODUZIONE1. Il Diritto Ecclesiastico nasce nell’800 da una costola del Diritto Pubblico, e con lamissione precisa di soddisfare l’esigenza dello Stato di tutelare il sentimento religiosoindividuale e di ridurre il peso esercitato nel Paese dal fatto religioso collettivo, cioèdalle Chiese, segnatamente quella Cattolica perché da sempre maggioritaria. Così ilgiovane Stato Italiano ritenne di chiudere le sue pendenze con il Papato adottando lec.d. Leggi delle Guarentigie (1871, legge con cui il Regno d’Italia concedeva unaserie di garanzie alla Chiesa di Roma; rimase in vigore fino al 1929, con i PattiLateranensi). Lo Stato rivendicò a sé la gestione e il controllo dei bisogni di natura

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collettiva. Il Diritto Ecclesiastico dette l’impulso di separare per legge gli interessipubblici, di esclusiva competenza dello Stato, da quelli privati, come quelli religiosi;confinandoli nella coscienza individuale. Però nei primi anni ’20 – in Europa come inItalia – ci fu un radicale cambiamento. Il fascismo seppe guadagnare consenso eseguito sociale, puntando tutte le sue carte in materia di politica ecclesiastica. Infattifu durante la parente autoritaria del Fascismo in Italia che i rapporti tra Stato e fattoreligiose eretto dal Liberalismo andò in frantumi. Il Fascismo seppe fare della Chiesaun rinnovato strumento di coesione sociale e consenso politico: -la resuscitataalleanza tra “trono e altare”, -la promozione sul campo di Benito Mussolini come“uomo della Provvidenza”, -la Questione Romana chiusa, -il Concordato stipulato nel’29 e la coeva legislazione sui c.d. culti ammessi che sanciva la superiorità dellaChiesa di Roma. Il secondo dopoguerra e la Costituzione entrata in vigore nel ’48solennizzano l’accoglimento nella Carta dei principi di eguaglianza e pluralismoreligioso. Al contempo però, mettono in salvo il Concordato del ’29 e la discrimantelegislazione sui culti ammessi; che restano in vigore. Bisognerà aspettare gli anni ’80per la stipulazione, rispettivamente, del Nuovo Accordo Concordatario e di un certonumero di Intese e per vedere concreta attuazione ai principi del pluralismo religiosoe della eguaglianza tra le fedi e le confessioni religiose scritti nella Costituzione piùdi trent’anni prima. Questo modello di relazioni con le fedi e le Chiese considera lareligione uno dei motori del processo di autorealizzazione umana (art.3.2 Cost.)nonché fattore di progresso collettivo per il Paese (art.4 Cost.).Tipicità e identità sono i caratteri che le attuali norme di Diritto Ecclesiasticoderivano dalla loro plurisecolare gestazione. Sono tipiche in quanto specchio fedele evariabile dipendente dall’atteggiamento di chiusura o di disponibilità che il dirittopubblico dello Stato assume nei confronti del fenomeno religioso individuale ecollettivo. La religione viene presa in considerazione dal diritto sotto due distintiaspetti: il bisogno religioso e il diritto di libertà religiosa. Il secondo dei due profili:quello del diritto è una forma di espansione e di rafforzamento del primo. Il bisognoreligioso e la mite pretesa di soddisfarlo esternandolo con preghiere riti e cerimonie,sono di fatto, divenuti un diritto. Diritto di libertà religiosa sarà il suo nome anchequando ad ammantarsi della relativa garanzia saranno istituzioni religiose di vertice.Caratteri tipici e identitari presentano anche tutte le attuali norme di DirittoEcclesiastico, per l’apporto dato al consolidamento di un’idea di religione comecomponente culturale trasversale altamente performante del sottosistema politico esociale. La disciplina trova il suo ambito di riferimento nell’insieme delle normeconcernenti il trattamento giuridico assicurato ai diritti individuali e collettivi dilibertà religiosa nel rispetto della laicità dello Stato e nel quadro dei principi dellaCostituzione. Diverse forme di tutela sono tuttavia previste anche al livello del DirittoInternazionale, Privato e Comunitario. Però in ambito internazionale la libertàreligiosa non gode della stessa autonoma previsione che da noi all’art.19 Cost.Il Diritto Internazionale la concepisce, invece, come uno dei modi attraverso cui ilprincipio di eguaglianza (le sue prerogative si identificano con il divieto didiscriminazione per motivi religiosi) e la libertà di pensiero (la garanzia riguarda lalibertà di espressione riconosciuta a tutte le concezioni e visioni del mondo)assicurano a ognuno e a tutti le stesse opportunità. La conseguenza principale è chesono gli aspetti individuali della libertà religiosa a godere di specifica tutela; Legaranzie di quelli di natura collettiva vanno ricercate nel diritto di associazione enella libertà di pensiero assieme. Queste caratteristiche costituiscono la dominante ditutti gli strumenti normativi comparsi via via in ambito internazionale. Quanto alledifferenze, esse vanno ricercate nel diverso regime di efficacia, vincolatività egiustiziabilità. La Dichiarazione Universale dei diritto dell’uomo e il Patto

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Internazionale sui diritti civili hanno un’indubbia autorità morale ma ancorata aragioni politiche. La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU 1950) èdotata di misure applicative, sanzionatorie, giustiziabili.Verso la metà del secoloscorso vi è il Trattato costituzionale europeo e la Costituzione che esso ha adottato; latutela del diritto di libertà religiosa è riassorbita nel quadro delle garanzie facenticapo al principio di eguaglianza (e al divieto di discriminazioni) e alla libertà dipensiero. La Carta Europea dei diritti continua ad apparire un fatto dubbio sul pianodell’efficacia e della giustiziabilità; Un sospetto alimentato dal rallentamento delleratifiche sulle secche del sonoro no di Francia e Olanda. Quindi, la tutelainternazionale dei diritti religiosi conserva natura di tutela individuale e soggettiva eresta affidata a misure di “soft-law” (privi di efficacia vincolante diretta).La libertà religiosa viene intesa essenzialmente come libertà individuale: ciò nonsignifica che in alcuni casi non sia prevista un’attenzione particolare per i suoi profilicollettivi; ma che anche in questi casi non sono ammesse distinzioni di trattamento traassociazioni religiose o di altro tipo. Nella Dichiarazione allegata all’Atto finale diAmsterdam del ’97 relativa allo status delle chiese e delle organizzazioni nonconfessionali compare l’esempio più lampante di equiparazione tra Chiese eorganizzazioni filosofiche e non confessionali, e la prova della disattenzione deldiritto comunitario generalista per il profilo c.d. istituzionale delle Chiese.Riguardo il Diritto Ecclesiastico Comunitario, l’eccesso di aspettative spiega ladelusione; Il malcontento è nato dalla constatazione che alle Chiese Europee alla finesia toccato un trattamento giuridico identico a quello previsto per le organizzazionifilosofiche e non confessionali. Di qui l’esigenza di ricorrere ai ripari. Si inscrive inquesto “sentimento” la convinzione di assistere ad una grossolana sottovalutazionedel potenziale di integrazione, coesione e sviluppo del fattore-Cristianesimonell’Unione Europea. Le Chiese si sentono minacciate dall’allargamento dell’Unione,dalla forzata condivisione dello spazio religioso europeo con le Chiese dell’Est concui il dialogo è sempre difficile, e che comportano l’ampliarsi della platea dei gruppi,delle fedi e delle confessioni. Si affermano così studi che si fanno portavoce deldisagio e della richiesta di garanzie specifiche per la libertà religiosa c.d. istituzionaledelle Chiese Europee; Gli studiosi coprono più livelli di studio: quello di base dàconto dei riconoscimenti e delle opportunità che il diritto comunitario vigente giàoffre all’azione e al ruolo simil-istituzionale delle Chiese attraverso i suoi organi dirappresentanza; il successivo livello serve a prefigurare gli scenari normativi futuridelle Chiese; Il diritto vigente è appannaggio della prima linea di ricerca. Di questistudi si fa forte una seconda linea di ricerca che cresce e monta parallelamente allastesura e redazione finale della Costituzione europea, e che fa da cassa di risonanzaalla richiesta di collocare al suo interno un richiamo alle radici cristiane dell’Europa;considerandolo, non solo un’esigenza primaria, ma anche un solido appiglio per ilriconoscimento della soggettività pubblica delle Chiese. Però a cose fatte, il preziosoriconoscimento non comparirà nel Preambolo del Trattato costituzionale europeo;infine gli articoli della sua Costituzione continueranno a mantenere sostanzialmentesu di un piano di parità la condizione delle Chiese e quella delle associazionifilosofiche (soluzione definita da molti generica e inappropriata).E’ venuto il momento di ammettere il radicamento del diritto ecclesiastico “…nellatradizione e nella specificità nazionale” e di ritirarsi dall’Europa. Infatti si è smorzatol’ottimismo dei giuristi circa la capacità di istituzioni sopranazionali come le NazioniUnite, la Banca Mondiale o la Corte Penale Internazionale; è perciò al DirittoEcclesiastico dello Stato e al suo studio, che noi volgeremo la nostra attenzione inragione anche delle maggiori garanzie.

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2. Nella definizione data inizialmente di Diritto Ecclesiastico si individuava nellalaicità dello Stato uno degli elementi concettuali che qualificano e delimitano questoinsieme di norme. Il principio di laicità è, in realtà, una delle maschere di cui, inquesto particolare contesto, si riveste il principio di eguaglianza. Al riguardo si devericordare come il principio di eguaglianza e l’idea di giustizia che con esso fasistema, assieme al principio di autonomia e di libertà, rappresentino la piattaformaassiologia su cui poggia l’ordinamento. Le caratteristiche di ognuno di essi sono ilriflesso e la risultante della tensione che continuamente si ricrea tra istanze di libertà(e i diritti di cui si compone) e istanze di eguaglianza o giustizia (o giustizia sociale);questa dialettica si assesta, in sostanza, da due fattori: vi è la pressione di tipolobbystico rivestita di rivendicazione dell’una o dell’altra libertà che pesa sulleistanze politico-decisionali dello Stato e sui procedimenti di produzione del diritto;sull’altro piatto di questa ideale bilancia vi è il principio di eguaglianza e l’idea digiustizia (art. 3.2 Cost.). E’ questo altalenante movimento che fa continuamentependere il piatto di questa ideale bilancia verso l’una o l’altra delle due polaritàindicate come eguaglianza o rispettivamente libertà. Influenza l’andamento deidiversi settori del diritto, ne determina le trasformazioni, ne condiziona il tipo disviluppo. Quanto appena detto vale anche per il Diritto Ecclesiastico: in quest’ambitoè la laicità a rappresentare l’interfaccia da cui la regola costituzionaledell’eguaglianza (art.3 Cost.) si mostra nelle relazioni tra diritto pubblico e libertàreligiosa. Tent’è che la relazione che si instaura tra libertà (religiosa) e eguaglianza(principio di laicità) costituisce il cuore di questa disciplina. Un ruolo importante, inquesta relazione, lo gioca la concezione che la politica ha del principio di laicità el’indirizzo politico che imprime alle relazioni dello Stato con le Chiese; Vi è poi daconsiderare a chi competa di vigilare sulla costituzionalità delle normative adottate inmateria di interessi religiosi.

3. Bisogna dire qualche altra cosa riguardo l’idea di laicità, di cui si nutre la politica,si forma nel contesto sociale. In questa età senza altra ideologia che non sia quella diuna generalizzata aspirazione alla pace e il rifiuto altrettanto generico della guerra,pare non esservi tema che non trovi un potente innesco in rivendicazioni che silegano, più o meno immediatamente, alla religione. In una società secolarizzata comela nostra, segnata da vuoto e bisogno di senso, il diffuso distacco e la presa didistanza dalle religioni rafforzano il potenziale di affidabilità e di imprinting socialedel magistero delle Chiese; quest’ ultime si sentono richieste di contribuire allaformazione di scelte pubbliche destinate a ricadere su rilevanti aspetti della vitasociale. Ma è sul terreno delle questioni di natura etica che esse esercitano un vero eproprio diritto di intervento (ad es. la Chiesa Cattolica in materia di bioetica). LeChiese individuano nella modernità dell’Occidente le condizioni favorevoli perun’evangelizzazione di ritorno e la somministrazione dei valori che difettano. Un“supplemento d’anima” in sostanza. Una forma nuova per un compito antico. Quellodi contribuire alla elaborazione del sistema di valori che sorregge l’azione pubblicaindirizzandola. Un intreccio di questi fattori sta a monte di quel sincretismo culturaleche trova espressione nella cultura teo-con d’oltreoceano, o, in quella nostrana degliatei-devoti. La qualità della relazione esistente tra libertà religiosa e laicitàrappresenta la bussola per capire se si è cittadini di uno Stato separatista,confessionista. Laico-cooperativo sembra essere l’opzione che gode al momento nelnostro ordinamento della maggiore riuscita.

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4. Il Diritto Ecclesiastico ha dalle sua solide ragioni “storiche” e strutturali che negiustificano l’autonomia riconosciutale. Le ragioni di natura costitutiva: la religione èuna componente basica del patrimonio culturale e giuridico non solo del Paese ma ditutto il Vecchio Continente (incessante dibattito sulle radici cristiane dell’Europa).Ma oggi, XXI° secolo, sono sostanzialmente due le dimensioni che caratterizzano lapresenza del fattore religioso nella società: l’una verticale e l’altra orizzontale.5. Molte delle chiese presenti nel Paese traggono la loro origine da esperienzareligiose collettive diffuse in certi ambiti territoriali e durature nel tempo. Il DirittoEcclesiastico è aiutato dalla teoria istituzionalistica della pluralità degli ordinamentigiuridici. Ciò che, in realtà, dà impulso alla trasformazione di comunità religioseorganizzate in Chiese poi Confessioni è l’associazione fissata e mantenuta tra leregole religiose e comportamentali impartite agli appartenenti al gruppodall’auctoritas costituitasi al suo interno. Il convinto e durevole consenso gli vale unapatente di originarietà, autenticità ed effettività cui si ricollega la legittimazione dalbasso conferita dalla base dei fedeli alla fonte di provenienza dei precetti. Tutto ciòcon il risultato che nel momento in cui la frattura tra principi di fede e regolecomportamentali diviene percepibile per l’autonomizzarsi dello Stato dalla religione,l’abitudine all’obbedienza a una religione e a una Chiesa, conserva una valenzanormativa vincolante alle credenze/prescrizioni ricevute; quanto all’auctoritas che leha emanate non è più solo di fatto accreditata di poteri legislativi e di governo sullacomunità religiosa, di cui non è più solo guida morale di un messaggio di fede.I fenomeni di VERTICALIZZAZIONE, concentrazione e istituzionalizzazione che siproducono nelle società religiose culminano nel costituirsi al vertice di una gerarchiadi governo. La credibilità del suo vertice istituzionale risulterà proporzionale allacapacità di garantire diffusione, estensione e osservanza al messaggio religiosoproposto. Elevatissima diventerà nel caso in cui la società presenti un’improntareligiosa omogenea. Ciò inciderà sul passo successivo dei rappresentati della Chiesain questione: incanalare il rapporto con lo Stato nelle forme di un riconoscimentoreciproco. Il massimo di successo sarebbe rappresentato dalla conversione dell’interasocietà e dell’autorità politica all’osservanza del corpus di regole religiose ecomportamentali prescritte ai fedeli. Obiettivo irrealistico oggi come oggi. Iconcordati-quadro e le intese-quadro sono l’esito compiuto di un processo diaccreditamento. E’ per le Chiese accreditate una garanzia di stabilità e serietà degliimpegni assunti dallo Stato nei rispettivi confronti. Il percorso descritto corrisponde aquello di Chiese e Confessioni religiose oggi presenti. La loro presenza è la base perla creazione di una rete di rapporti giuridici con lo Stato in proporzione al grado diapprezzamento e accreditamento di cui vengono a godere sulla scena sociale. Lastrada è un po’ tutta in salita per i gruppi religiosi di nuovo conio o, per quelli coevial Cristianesimo, che seguono due direttrici; la prima delle due strade passa perl’aggiornamento e il rafforzamento delle tradizionali forme di garanzia delle relazioniStato-Chiese e degli strumenti di collegamento più collaudati in materia. Questistrumenti: i Concordati e le Intese confermano la loro attualità. Quanto alle attivitàfinalizzate alla loro negoziazione, stipulazione e traduzione in legge la Costituzioneattuale li mantiene saldamente nelle mani dell’Esecutivo e del Parlamento. Il sistema,esteso a partire dall’84 alle Confessioni diverse dalla Cattolica, dando così attuazionealla previsione costituzionale del ’48, ha trovato conferme nella revisionecostituzionale del 2001 che ha interessato il Titolo V della Costituzione (l’art.117Cost. lett. c sanziona come prerogativa esclusiva dello Stato la competenzalegislativa in materia di rapporti con le Chiese).6. Le relazioni tra Stato e Chiese non si esauriscono in rapporti di vertice. Miglioraree intensificare i modi della partecipazione delle Chiese nella loro dimensione

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associativa e partecipativa, alla vita sociale e politica del Paese è oggi un obiettivoraggiungibile attraverso strumenti normativi che esulano dalla logica degli accordi divertice propria dei Concordati e delle Intese. Esiste infatti anche una dimensioneORIZZONTALE dell’esperienza religiosa organizzata che corre trasversalmente allarealtà sociale in cui è immersa. A questa dimensione risponde il principio disussidiarietà orizzontale (art.118 Cost.). La trasversalità, l’attrattività del fattorereligioso e la sua capacità performante sulla società sono legate alla circostanza chela fede e l’esperienza religiosa tendono a coinvolgere globalmente la persona umana.Il bisogno di testimoniare nel foro esterno il proprio credo religioso portano ilsoggetto, o il suo gruppo, a entrare in contatto con altre comunità oltre che con leistituzioni politiche e di governo centrale e periferico del sistema Stato, le qualihanno il dovere di assicurare una convivenza ordinata alla società (“garanziegiuridiche e risorse economiche”). Pane e diritti attraverso la previsione di pacchettidi regole ancorate ai valori condivisi e scritti in Costituzione.

7. La rete di interessi religiosi trova nel diritto comune e in quello costituzionale unaserie di garanzie che, nel presumibile rispetto del principio di laicità, si traducono informe di sostegno e valorizzazione della dimensione orizzontale del fenomenoreligioso. Si tratta per la precisione dell’art.118 Cost. comma 4; attraverso il principiodi sussidiarietà c.d. orizzontale la norma provvede a garantire anche la incentivazionedel fattore religioso nella sua estesa dimensione orizzontale e comunitaria; dietro lafiligrana della norma si intravede il variegato popolo del non profit che avanzacompatto assieme a enti e associazioni che sono diretta espressione delle Chiese;Nascono intorno agli anni ’70 come Terzo Settore e sono indifferenti al profitto; siinseriscono in maniera riuscita nel processo di privatizzazione e di esternalizzazioneche coinvolge i Servizi Pubblici, ieri ispirati ai valori di solidarietà sociale (art.2Cost.) oggi, con riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale (art.118 Cost.);Rivestiti dal marzo 2005 della unificante forma giuridica di impresa sociale integranofinalità economiche e di profitto alla ispirazione solidale della loro azione. Tuttequeste diverse realtà hanno le carte in regola per beneficiare di forme di sostegno evalorizzazione; oggi ad es. vi è il c.d. cinque per mille (la destinazione diretta, daparte del contribuente, di una quota dell’Irpef a suo carico a vantaggio di enti senzascopo di lucro, della ricerca scientifica e delle università, della ricerca sanitaria e deiservizi sociali dei Comuni). Tra i suoi beneficiari troviamo anche espressioni tipichedell’associazionismo religioso.

8. Appare evidente che il Diritto Ecclesiastico attuale ha parecchio a che fare colprocesso riformistico preterintenzionale. Il senso di disorientamento collettivocollegato del venir meno delle grandi ideologie cattoliche, liberali e socialisteaccentua l’impressione di saldezza e solidità delle chiese, il che decuplica il loropotenziale di intervento e di ascolto sociale del loro messaggio. Sono le Chiese ariuscire meglio di altri opinion makers a riempire il vuoto di senso di collettivitàsociali impoverite (tramonto delle grandi ideologie del ‘900). In una dimensione disolitudine e di sostanziale scollamento dal Paese reale i è mossa la politica e l’azionedi governo dall’inizio di questo secolo. Tant’è che ha sviluppato una compulsiva equasi esclusiva inclinazione per attività legislative rivolte a sempre nuove stesuredelle c.d. “riforme istituzionali”, o alla integrazione o modificazione di quelle dellostesso tipo. Questo riformismo con le sue particolari note identificative ha segnato unpo’ tutti gli aspetti importanti della vita collettiva e delle istituzioni di questo Paese.Comprese le scelte di politica ecclesiastica.

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9. Ritorno al passato e cancellazione dell’ultimo decennio sono stati i trattiidentificativi di un po’ tutto il riformismo che la stagione politica, normativa eculturale legata alla precedente legislatura ha voluto esprimere. Le sue costanti sonorinvenibili nel rapido deteriorarsi dei modelli politici ed organizzativi varatiattraverso le riforme degli anni ’90 e nell’accelerarsi dei tentativi tesi alla lorocancellazione e sostituzione. In sostanza, il modello riformista politico, giuridico esociale che aveva per un decennio tentato di superare i limiti della c.d. PrimaRepubblica appare esaurito. Le tappe più significative della Riforma dello Statohanno coinciso con i tentativi via via più riusciti di superare aspetti censurabili dellac.d. Prima Repubblica rimuovendone le cause politiche. Questo discorso vale per laintroduzione del sistema maggioritario volto a favorire il bipolarismo, il federalismoamministrativo inteso a trasferire una parte consistente dei poteri dello Stato alleautonomie locali (sussidiarietà verticale) insieme alla parallela espansione delle c.d.autonomie sociali (sussidiarietà orizzontale). Infine, la elezione diretta dei sindaci.

10. Ogni legge finanziaria che iscrive un nuovo segno meno sulla fascetta dei bilanciregionali, o aumenta i controlli o si riducono le prestazioni a favore dei cittadini o lesi sostiene attraverso un inasprimento della imposizione fiscale locale; o siimprovvisano assemblaggi di entrambe le soluzioni.E’ naturale che il Diritto Ecclesiastico dedichi una specialissima attenzione atrasformazioni di ordine costituzionale e la forma di Stato e la forma di governo. Inquelle trovano conferme le ragioni del peso crescente della religione come valore e leconfessioni religiose come momento di sintesi di interessi collettivi fortementeverticalizzati ed istituzionalizzati tendono ad occupare nel sistema giuridico attuale,non solo nazionale. Se muta il diritto dello Stato, è naturale che abbiano a mutare icontenuti e l’ambito di riferimento di questa disciplina.

DIRITTO ECCLESIASTICO E PRINCIPIO DI LEGALITA’Dalla nascita dello Stato di diritto (Tra il XV e il XVII secolo si consolidò in Europauna forma di organizzazione politica nota come Stato Moderno) passando per lo StatoCostituzionale di diritto (emerge nell’ambito delle esperienza costituzionali europeedel secondo dopoguerra), e fino allo Stato Sociale (una variante dello StatoCostituzionale di diritto e costituisce la versione italiana del c.d. Welfare State,ispirato ai principi dell’universalismo egualitario, il quale opera secondo duemodelli: nel modello universalistico esso si preoccupa di assicurare a tutti i cittadiniuno standard minimo di benessere, mediante dei Servizi Sociali, affidando in granparte alla c.d. fiscalità generale il finanziamento dei Servizi Pubblici; nel modelloparticolaristico il finanziamento è in buona parte di tipo contributivo, cioè affidato aforme di prelievo individualizzato. Questa forma di Stato diviene più percepibile nelnostro ordinamento nella prima metà degli anni ’60), l’essenza dei sistemi politici edei loro ordinamenti è espressa dal principio di legalità. Coincide cioè con la leggeintesa come fondamento e condizione di esercizio del potere. E col suo principalepostulato: la scomposizione del potere. Questa si realizza sia in via orizzontale(producendo la separazione dei poteri) che verticale (con la contestuale adozione delfederalismo come modello politico-organizzativo dello Stato). La legalità è di fatti“...un attributo o un requisito del potere, per cui un potere è legale...quando vieneesercitato nell’ambito o in conformità delle leggi stabilite” (BOBBIO). Il DirittoEcclesiastico rappresenta la regolamentazione data, nell’ambito di un certo sistema

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politico, al complesso dei poteri, degli interessi e dei diritti riconducibili allareligione. Sicché esso è parte della legalità del nostro ordinamento. La sua presenzaed il suo sviluppo sono condizionati dalla idea di legalità ivi imperante.

1. Sgombriamo subito la nozione di legalità NON utile al nostro ragionamento; inessa l’idea di legalità e i concetti di forza e di sicurezza si tengono stretti tra di lorofino a costituire un tutt’uno. Però quello che ci interessa è la relazione tra legalità eDiritto Ecclesiastico. Bisogno, quindi, cercare altrove. Provando nella FilosofiaPolitica; il fondatore della filosofia politica moderna è Machiavelli, il quale ha postol’accento sulle motivazioni egoistiche dell’agire politico dell’uomo in società. Così(Thomas Hobbes) la Teoria politica la smette di caricarsi del peso di rendere icittadini buoni giusti e santi. Il fondamento del potere sovrano si sgancia dacondizionamenti di tipo morale. Il potere diventa assoluto, potenzialmente; perchè ilfondamento del potere ha bisogno di radicarsi in qualcosa che non sia la virtù, ma inun elemento artificiale, cioè fatto dall’uomo, appunto il diritto. La legalità è, dunque,requisito ed elemento costitutivo del potere; in questa accezione per principio dilegalità si intende (BOBBIO) che chi esercita un potere è tenuto a farlo in conformitàdelle leggi; L’esercizio legale del potere è anche legittimo se poggia su di un titoloereditario o legale giuridicamente fondato. La legalità è, quindi, la risultante d unaduplice interazione. Quella tra potere e Diritto è la prima. Una seconda, di egualepotenza, è quella tra potere e Diritti (i diritti dei consociati). Senza una fondazionegiuridica non c’è potere legittimo. Ma senza un’autorità dotata di potere legittimo nonc’è certezza nei diritti. La disciplina del costituzionalismo ha sempre una relazioneduplice con il potere. Il Diritto Costituzionale tratta il potere e chi lo incarna come unsoggetto da limitare precostituendo garanzie a difesa dei diritti dei singoli; Ma loconsidera pure come l’unico soggetto in grado di permettere a quelle garanzie diesistere e di essere fatte valere. Negli ordinamenti positivi contemporanei il potere sifonda sempre sulla legge. Di solito, nei paesi di tradizione europea continentale (civillaw) il suo incipit è dato da un atto costituente democratico formalizzato in undocumento scritto chiamato Costituzione. Se aspira a durare il potere, costituenteprima costituito poi, deve riuscire a interpretare e garantire il soddisfacimento degliinteressi reali e profondi della comunità che vuole controllare, facendoli rientrarenella forma “legale” delle garanzie di cui sono forniti i diritti, individuali e collettivi;in questa veste detti interessi trovano riconoscimento e sintesi programmatica giànell’atto costituente. Ma, anche la Costituzione è tutt’altro che un atto statico; La suaevoluzione, quindi modifica, quando interviene, trae le sue ragioni dal mutamento dibisogni, di interessi e dell’idea di comunità. Il nostro ordinamento, all’art.138 Cost.,prevede procedimenti legislativi di revisione o di integrazione costituzionale.

2. Il potere e l’uso che se ne fa vengono influenzati dal diritto; la sua conquistadipende dalle relazioni che intercorrono tra chi il potere lo esercita attraverso(politici) e chi, invece, dall’altra parte, vi sottostà; Questo secondo fronte lopresidiano i cittadini con i loro diritti e i loro bisogni; avanzano richieste edesercitano pressione. Governare la complessità sociale è il vero banco di prova diquanti, dopo avere conquistato il potere per vie democratiche, intendano esercitarlostabilmente con metodo parimenti democratico; cittadini e gruppi sociali, è unindicatore attendibile della loro riuscita; più il gradimento si impenna e si allarga piùsi consolida l’obbligo politico di obbedienza rispetto alle decisioni di chi governa el’obbligo giuridico di sottoposizione alle leggi. Diversamente vanno le cose quandol’azione di governo difetti dei requisiti di legalità ed equità richiesti.La Carta Costituzionale legittima l’esercizio dei potere, a cominciare da quello

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legislativo se svolto nell’ambito di precise competenze e indirizzato al perseguimentoe soddisfacimento di principi ovvero valori, interessi generali, utilità diffuse per lacollettività nazionale o per quelle locali. Una traccia importante di questo tipo diimpostazione compare nell’art.4.2 Cost., norma di garanzia del valore-lavoro e dellarelativa norma-principio-diritto. In questo significativo contesto viene individuato nel“progresso materiale e spirituale della società” un corpo di valori, interessi e utilitàdiffusi cui si ricollega l’impegno, altrettanto generalizzato (ogni cittadino) e cogente.Dotato di portata generale, il “progresso materiale e spirituale della società” hal’energia sufficiente per mobilitare e tenere uniti interessi, esigenze e finalità “diparte” di singoli e gruppi, valorizzandone le potenzialità coesive e di integrazione. Lareligione è stata accreditata di un valore costituzionale aggiuntivo, ulteriore rispetto aquello conferitole da specifiche norme-principio, in quanto portatrice di un suopeculiare contributo al progresso morale e culturale del Paese.

3. Finora ci siamo occupati del principio di legale come meccanismo giuridico concui poteri e competenze vengono suddivisi secondo Costituzione. Sussiste un secondoaspetto della legalità, e riguarda la determinazione dei presupposti costitutividell’obbligo politico e giuridico dei cittadini di sottostarvi; così intesa la legalità è larisultante dell’impiego di tecniche giuridiche con cui si assicura ai cittadinil’esercizio delle proprie libertà e dei propri diritti mentre i poteri dello Stato sonomessi nelle condizioni di non poterne intaccare il concreto esercizio. Questo aspettodella legalità deve riflettere il valore e l’estensione attribuiti ai diritti e alle libertàindividuali; riguardo l’esperienza contemporanea, ciò significa dovere includere tuttauna serie di diritti di matrice diversa. I diritti c.d. sociali, emersi dagli anni ’70 conl’affermarsi dello Stato Sociale. Stesso discorso va fatto per i più recenti nuovi dirittio, ancora, per i c.d. diritti umani. Come destinatari di decisioni politiche e di parallelescelte giuridiche sono di fatto i cittadini la seconda decisiva gamba del rapporto traautorità e libertà. Sul versante opposto a quello del potere la legalità ha quindi a chefare con la possibilità data ai cittadini di contare. Assicurando visibilità e rilevanzagiuridiche ai rispettivi interessi individuali e collettivi. Tanto la qualifica ad essi viavia conferita di diritti legali (legalità legale), quando il collegamento con i valoricostituzionali sono strumenti indispensabili per rafforzarne il ruolo. In questaprospettiva, la legalità ordinaria, intesa come riconoscimento e qualificazioneselettiva di interessi e poteri, va vista come un obiettivo verso cui si proiettano tutti iportatori di interessi presenti nella società e nello Stato. (es. l’espansionecostituzionale del principio delle c.d. pari opportunità tra uomo e donna, che gode ditutele rafforzate derivanti da leggi di integrazione costituzionale – introduzione dellec.d. quote rosa nelle liste elettorali). Chi governa sarà legittimato ad attribuire, conleggi e per legge, garanzie giuridiche più estese e una parte più consistente dellerisorse collettive ai portatori di interessi/valori generali espressamente fatti oggetto dirichiamo costituzionale. Diverso il destino degli interessi rimasti minoritari e di parte.

4. Gli interessi religiosi hanno un posto di rilievo nella ristretta cerchia di interessiprofondi e diffusi nella collettività. La politica non può trascurare gli interessi chesono il cuore di un fenomeno come quello religioso; in grado di incidereprofondamente sulla struttura della società, assumendo forme stabili ed organizzate(vere e proprie istituzioni). Chi detiene il potere deve individuare gli interessireligiosi maggioritari e più rappresentativi. L’operazione ha inizio rivestendo gliinteressi di tipo religioso delle garanzie che competono ai diritti, tanto individuali checollettivi. Se considerati riconducibili alla categoria degli interessi/valori generaliessi verranno in considerazione come norme-principio. Poi nella legislazione

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ordinaria trovano operatività concreta in qualità di norme-regole.5. Restano da delineare gli elementi tipici della relazione attuale tra la nostradisciplina e il principio di legalità. Nell’impatto con la nuova forma di stato lanozione monolitica originaria di legalità si spezza letteralmente in due. Se vogliamoguardare agli studiosi di allora, i testimoni dell’avvento dello Stato Costituzionale didiritto e dello sdoppiamento prodottosi nei concetti di sistema giuridico e di legalità,non si può negare che abbiano provveduto ad elaborarne di nuovi. In quelli di nuovoconio la legalità viene qualificata sulla base del collegamento con ognuno dei sisiteminormativi di cui è espressione e attraverso un’aggettivazione che ne consental’identificazione. Nascono così le definizioni e i retrostanti concetti di legalità legalee di legalità costituzionale. In realtà vi sono più piani della legalità, come vi sono piùordinamenti giuridici. Lo Stato di diritto ottocentesco era portatore dei caratteri dellalegalità legale e risultava fondato sul primato della legge. Il secondo dei due modelli:lo Stato costituzionale di diritto è invece espressione della legalità costituzionale.Sintesi di valori condivisi; si fonda sul primato della Costituzione. Infine, lo StatoContemporaneo (o Stato Sociale) che rinviene la sua essenza nei diritti sociali. Ognitransizione da una forma di stato all’altro prevede un dopo. Ma, anche il prima ah lasua importanza. Alla base di tale smottamento vi è la pressione sociale, politica egiuridica esercitata dagli interessi emergenti o delusi. Comprendiamo bene come siastoricamente impossibile già rappresentare la legalità costituzionale dello StatoCostituzionale di diritto come una sorta di naturale svolgimento della legalità legaledello Stato di diritto. Con l’avvento dello Stato Costituzionale di diritto, il principiodi centralità della legge nell’ordinamento entra in crisi e subisce una secca sconfitta.L’introduzione del controllo obbligatorio di costituzionalità sulle leggi rappresenta ilriconoscimento e l’accettazione di questa sconfitta. L’ultimo atto di questa fase hacoinciso con la previsione della Corte costituzionale, che occuperà il centro delsistema dei poteri e contropoteri istituiti dallo Stato Costituzionale di diritto. Ma, ilsistema della legalità legale non scompare. I due sistemi mantengono ruoli e logichedi funzionamento ben distinti. Autorità diverse vigilano su esse. La Corte dicassazione sulla definizione e interpretazione della legalità legale. La Cortecostituzionale sulla legalità costituzionale. I potenziali conflitti risultano affievolitiattraverso meccanismi di coordinamento. Conclusione: resta operativo, al livello deldiritto interno, nonostante i meccanismi di coordinamento istituiti, un vero e propriodoppio circuito interno della legalità.Con l’affermarsi dell’Unione Europea dei diritti condivisi e della moneta unica, vi èstato un processo di erosione della sovranità degli Stati e di ridimensionamento deidiritti nazionali. Prima il diritto e le istituzioni dell’Unione Europea, poi il dirittointernazionale e quello c.d. globale, hanno sviluppato la tendenza ad affermarsi neltentativo in parte riuscito di sottrarre spazio e poteri di intervento giuridico a quellinazionali. Questo con due conseguenze di ordine generale. La prima riguarda lanecessità di studiare con attenzione i nuovi collegamenti da aggiungere al fascio dellerelazioni che il Diritto Ecclesiastico continua a mantenere in vita con la sfera dellalegalità legale e con quella della legalità costituzionale. La seconda investe lanecessità di valutare con accortezza i modi in cui avviene l’integrazione tra le formedi regolamentazione previste nel diritto interno per i diritti e gli interessi religiosi equelle che ad essi può assicurare la legalità multilivello risultante dall’affermarsi dinuovi sistemi giuridici. Il primo con cui confrontarsi è costituito dal sistema delleistituzioni e delle norme prodotte e operanti nei Paesi facenti parte della ComunitàEuropea; Il nostro ne è membro fondatore. Vi è, quindi, una legalità comunitaria cuifare riferimento; con relativo apparato di norme corredato del requisito essenzialedella giustiziabilità, ossia la concreta possibilità di agire in giudizio per far valere la

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lesione della propria situazione giuridica. Il giudice competente è la Corte diGiustizia di Lussemburgo, il quale ha di fatto giudicato dei ricorsi presentati da chi siè ritenuto leso, nel proprio diritto di libertà religiosa, da atti o normative comunitarieo, anche, da provvedimenti discriminatori nazionali.Altre sfere di legalità si aggiungono a quelle già elencate. La legalità convenzionale ètra quelle più rilevanti ai fini del nostro studio. Il suo riferimento essenziale è nellaConvenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e nella giurisprudenza dellaCorte Europea dei diritti dell’Uomo. La Corte di Strasburgo emana sentenzevincolanti per gli Stati firmatari (tra cui l’Italia). Le norme convenzionali, una voltaimmesse nell’ordinamento, vi sono classificate come fonti c.d. “atipiche”,acquistando un posto nella gerarchia delle fonti superiore a quello delle leggiordinarie. Tant’è che tali norme diventano “...insuscettibili di abrogazione da parte dilegge ordinaria”. Questo è stato ribadito dalla giurisprudenza costituzionale econfermato anche dal c.d. giudice di legittimità, cioè la Corte di Cassazione. Perquanto riguarda gli strumenti previsti dalla Convenzione per tutelare i diritti garantiti,oltre al c.d. ricorso interstatale azionabile da parte di uno Stato membro nei casi dipatente violazione della Convenzione da parte di altro Stato, è ammesso il ricorsoindividuale (ma come estrema soluzione). Riguardo gli effetti e gli obblighi derivantidalle pronunce della Corte, la dottrina e la giurisprudenza costituzionale italianecontinuano a sostenere come esse siano efficaci esclusivamente tra le parti. Apparechiaro come, al momento attuale, le sentenze della Corte abbiano soprattuttoun’efficacia persuasiva tendente a suggerire (allo Stato “condannato”) di introdurrenella propria legislazione modifiche normative idonee. Lo scopo è anche quello diprevenire successive violazioni dello stesso diritto. Sui tavoli di Strasburgo dovetorreggia la mole di condanne inflitte al nostro Paese per “ingiusto e interminabileprocesso” scarseggiano invece le sentenze contenenti gli orientamenti della CorteEuropea per violazioni della libertà di coscienza e di religione commessi attraverso ildiritto interno degli Stati. Nella esigua giurisprudenza, la più condannata per eccessodi interventismo, ingerenza e protezionismo in faccende religiose appare la Grecia,dove è dominante la presenza della religione ortodossa. Di qui, le ripetute condanneper abusi in materia di proselitismo, violazione delle libertà di auto-organizzazionedelle confessioni religiose. Riguardo le assoluzioni, cioè i casi la Corte ha respinto iricorsi contro pretese violazioni imputabili ai diritti nazionali, va detto che l’art. 9.2CEDU che prevede restrizioni di libertà religiosa per la tutela di interessiconcorrenziali (sicurezza pubblica, salute, ecc.) giustifica la determinazione con cui,le poche volte, la Corte ha escluso significative responsabilità negli Stati imputati.Nel contesto delle tutele assicurate dalla Corte Europea alla libertà religiosa, lapreoccupazione principe appare quella di garantire la diffusione ed il mantenimentonegli ordinamenti degli Stati firmatari della Convenzione dei principi di laicità elegalità. Sono questi i valori preminenti che vengono tenuti presenti al momento digiudicare l’atteggiamento degli Stati verso comportamenti religiosi e non. Questoassunto costituisce anche il cuore di due pronunce che “salvano” però entrambe laTurchia dall’accusa ripetuta di violare al libertà religiosa dei suoi cittadini (la primariguarda la lesione di libertà di associazione, la seconda l’ostentazione dei simbolireligiosi in luoghi pubblici).

6. Nell’introduzione abbiamo definito il Diritto Ecclesiastico come il sistema diregole attraverso cui viene disciplinato - in un certo sistema politico e giuridico –l’insieme dei poteri, degli interessi e dei diritti riconducibili alla libertà religiosa, nelrispetto della laicità dello Stato nel quadro dei principi costituzionali. Questadefinizione però lascia aperti due interrogativi. Si può definire il Diritto Ecclesiastico

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un sistema? Delle sue norme si può dare una lettura sistematica? Il DirittoEcclesiastico può essere visto come un (sotto)sistema, in quanto l’insieme delle suenorme è efficacemente integrato con il sistema più vasto. Per rispondere al secondointerrogativo è necessario richiamare alcune delle conseguenze derivanti dallanozione dei legalità. Richiamiamo la distinzione introdotta all’interno delle normeappartenenti al sistema interno del Diritto Ecclesiastico. Alcune di esse vannoetichettate come principi. Le altre appartengono al genere delle regole. I principitutelano e favoriscono l’affermazione dei diritti individuali e sociali religiosi. Lenorme-regole disciplinano in maniera analitica singoli ambiti, situazioni, profilisoggettivi o collettivi di diretto o indiretto interesse religioso. Nel loro insieme,costituiscono il sistema legale delle fonti di Diritto Ecclesiastico. E’ pur vero che peraversi una soddisfacente interpretazione sistematica, il sistema delle fonti legalidovrebbe risultare pienamente compatibile con tutti i principi costituzionali. Nellapratica però tale vincolo di coerenza è osservato fedelmente solo con le normeprincipioespressamente dedicate alla valorizzazione del fenomeno religioso stesso.Sicché le norme-regole di Diritto Ecclesiastico finiscono col essere momento diesclusivo attuazione di questi ultimi. La deformazione del rapporto di coerenza egerarchico che in astratto legherebbe tutte le regole ordinarie a tutti i principicostituzionali interni e non, può essere però rilevata, denunciata e risolta. Se rilevatadalla giurisprudenza interna allo Stato, l’anomalia in questione incorre nel giudiziocorrettivo o abrogativo della Corte costituzionale. Il sospetto di asistematicità chenasce dal cortocircuito che si crea quando le regole di Diritto Ecclesiastico vengonomesse a confronto con principi costituzionali diversi da quelli dedicati alla tutela delfenomeno religioso non è l’unico. Altri vengono alimentati dal disallineamento tra leregole interne di Diritto Ecclesiastico e le norme-principio contenute in Atti eConvenzioni Internazionali. In ognuno dei casi segnalati l’impossibilità di procederead una lettura, o ad un’applicazione sistematica delle norme di Diritto Ecclesiasticodeve indurre ad individuare e, quindi, a denunciare la violazione della legalitàcostituzionale, nel primo caso. Di quella comunitaria o convenzionale, nel secondo.Concludendo. Il Diritto Ecclesiastico consta di un sistema costituzionale (interno) difonti dalla cui esistenza e consistenza dipende il mantenimento e la diffusionenell’ordinamento di un sempre più esteso sistema legale di fonti. L’obiettivo, o ilrisultato, cui l’interpretazione del diritto e la sua applicazione tendono è la produttivaintegrazione tra legalità legale e legalità costituzionale o convenzionale.

L’IDEA DI LAICITA’Comunemente per laicità si intende l’atteggiamento di indipendenza di un soggetto edi una collettività da condizionamenti di tipo religioso, o anche, da apparatiideologici in grado di influenzarne azioni e comportamenti. Di definizioni così nette eunivoche non vi è però traccia nella lingua parlata, o nei media. Quanto ai vocabolari,spiegano il termine laicità come l’”essere laico”; il che porta al punto di partenza. Chiprosegue la ricerca, alla voce “laico” trova due suoi significati. Il primo: unaggettivo, riguarda una condizione di vita, sicché laico è il “credente cattolico nonappartenente allo stato ecclesiastico”. Nel secondo, laico compare come sostantivo eindica la resistenza che si può opporre ai condizionamenti di natura ideologica. Inversione forte il termine si contrappone a confessionale, colui che “...rivendicaun’assoluta indipendenza e autonomia di scelte nei confronti della Chiesa cattolica odi altra confessione religiosa”. In versione debole la parola definisce laico colui che“posto di fronte a problemi e scelte, specialmente etici o politici, non segue

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rigidamente un’ideologia o i dettami di una fede religiosa”. All’inizio del nuovomillennio si sono aggiunti: il laico-devoto dichiarato e il teo-dem convinto. Nei teoconvi militano giornalisti, filosofi e politici; Accomunati dall’ostilità verso l’Islam,propugnando un immancabile scontro di civiltà tra fondamentalismo terrorista ecristiano; Fiancheggiatori della Chiesa Cattolica nelle sue recenti incursioni dirette inpolitica (battaglia contro i pacs nel 2007) aspirano al posto dell’ex partito deicattolici: la Democrazia Cristiana, dissoltosi con la fine della c.d. “PrimaRepubblica”; Raccontano di avere le qualità per ricoprire il ruolo di mediatore fraChiesa Cattolica e politica; In realtà non credono nelle verità cristiane. Quanto ai teodem,raccoglie politici e parlamentari che, pur di sinistra o centrosinistra, sonosensibili al magistero della Chiesa e alle sue indicazioni etiche.

1. Il diffondersi nella lingua parlata di versioni multiple della laicità è il riflesso delmutato quadro di rapporti tra Chiesa e politica degli ultimi dieci anni. Anche ilrapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica italiana ha subito cambiamenti. I piùsignificativi cadono nel decennio ’85-’95, definito “la stagione delle Intese”; Qui vi èuna più forte iniziativa dello Stato sulla “questione religiosa”. Attraverso l’ideazionedi schemi normativi generali e modulari: un Concordato-quadro e di un Intesaquadro.All’interno di tali paradigmi si svolgeranno le relazioni a venire con leConfessioni religiose all’insegna del rispetto per la Costituzione e la laicità delloStato. Le garanzie individuali e collettive spettanti ai diritti collettivi di libertàreligiosa possono essere viste come la risultante delle sinergie reciproche esistentinell’ordinamento giuridico tra regola dell’eguaglianza, principio di laicità e principiodemocratico. Però gli accordi stipulati con le chiese italiane presero un’altra strada.Nell’Accordo stipulato nell’84 con la Chiesa Cattolica, nella sua norma di apertura,l’art. 1, oltre al richiamo all’indipendenza reciproca di Stato e Chiesa Cattolica, vicompare un obbligo di collaborazione, sottoscritto da entrambi i contraenti, perprovvedere congiuntamente alla “promozione dell’uomo e al bene del paese”. Ilnostro. L’Italia. L’idea di laicità c.d. cooperativa fa qui il suo debutto. Le Intese sirivelano una base di partenza per l’inserimento delle Confessioni intesizzate in uncircuito di sub-negoziazione con lo Stato e un’inclusione trai soggetti religiosibeneficiari di misure di favore fiscale e di forme nuove di sostegno economico efinanziario (art. 8.3 Cost. “I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sullabase di intese con le relative rappresentanze”). La stagione delle Intese che si richiudeintorno al 2000 con la mancata approvazione delle intese già sottoscritte conTestimoni di Geova e Buddhisti, lascia alcune questioni aperte: la stipulazione diIntese non è il modo esclusivo attraverso cui lo Stato garantisce lo svolgimento diesperienze religiose collettive né l’istituto relativo può trovare un’applicazioneindiscriminata. Il punto interrogativo più grande riguarda lo statuto giuridico daassicurare ai gruppi religiosi non dotati di Intesa e pertanto sottoposto al dirittocomune. La valorizzazione della laicità come cooperazione tra Stato e Chiese esercitala sua positiva influenza sia sulla legislazione ecclesiastica, che su quella chefavorisce una sempre maggiore espansione degli interessi religiosi. Ragione in piùper sostenere che siamo di fronte alla piena valorizzazione del principio di libertàreligiosa. La politica ecclesiastica del nostro Paese e le scelte (laiche,bipartisan), sonosempre più aderenti al modello selettivo, inclusivo e neo-cooperativistico dei rapportiStato-Chiese che ha preso piede.Gli equilibri diventano però instabili intorno alla fine del secolo XX°; la questionedella laicità dello Stato rioccupa il centro della scena sociale e del dibattito culturalee giuridico. La laicità come predisposizione di strumenti di cooperazione ecollaborazione tra società politica e società religiose è diventata una prospettiva

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insufficiente, o non sempre praticabile. La Chiesa non può restare sorda alle richiestedi certezze provenienti da un opinione pubblica disorientata né tradire la sua missionemagisteriale nel mondo. La risposta della Chiesa copre i due fronti. Sul primo, laChiesa associa libertà religiosa, diritti naturali e diritti umani precisandone la comunematrice cristiana per tutti. Non si contano le difficoltà insorte in sede legislativariguardo ad un possibile provvedimento legislativo sulle c.d. coppie di fatto, oppureriguardo il testamento biologico (eutanasia). In questi episodi emerge la tradizionaleesigenza della Chiesa italiana di affermare il proprio modo di concepire il dirittonaturale e fondamentale di libertà religiosa. Questo testimonia due cose: l’apertura diuna nuova stagione politica e la riformulazione della idea di laicità che ci fu daglianni ’80 in poi. Ne sono un chiaro indice la sicurezza con cui la Chiesa Cattolicaprecisa come la laicità debba essere buona e sana: “...Legittima è una sana laicitàdello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loroproprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamentoultimo nella religione...” (Benedetto XVI).L’Italia è diventato un paese di immigrazione. L’Italia è una società occidentalizzatanei consumi, declinante sul piano industriale e accentuatamente terziarizzata cherischia di collassare se priva di manodopera straniera a basso costo. In Italia,l’integrazione degli estranei con le comunità locali, avviata in nome della tolleranza,della laicità, diventa difficile nel momento in cui le più giovani generazioni dellecomunità ospitate, sentendosi cittadini a tutti gli effetti, per il fatto di votare e pagarele tasse, rivendicano lo stesso diritto di esternare i propri costumi (velo islamico), stilidi vita (famiglie poligamiche), credo religioso (islam). Questi sono alcuni dei profilidella “questione dei musulmani” in Italia. Una questione non riassorbibile nelloschema della laicità cooperativa. Le richieste di questa comunità, la più numerosa inItalia, di avere certezza dei propri diritti hanno risonanza grande, ma risultati scarsi.La risoluzione dei conflitti resta affidata a forme di mediazione privata e registrapoche, ma significative, aperture da parte di autorità pubbliche. E’ il caso delprotocollo di intesa tra il Comune di Colle di Val D’Elsa e l’Associazione “Comunitàdei Musulmani di Siena e Provincia” per la costruzione di una Moschea. Mancaun’Intesa ai sensi dell’art. 8.3 Cost., per quanto richiesta dalla comunità in questione.Il problema poteva trovare soluzione attraverso l’istituzione della c.d. ConsultaIslamica avvenuta nella scorsa legislatura; L’organismo dovrebbe garantirel’emersione di un islam moderato; ma la comunità di riferimento non la riconoscecome sua rappresentante. Manca anche un quadro normativo generale di riferimento.L’esasperazione delle differenze di lingua, costumi, di idee, di stili di vita le rendeintollerabili e sospette. Esponenti del revisionismo cognitivistico (HABERMAS)individuano nella religione cristiana la risorsa per ridurre il danno cheglobalizzazione e secolarizzazione producono nello Stato contemporaneo. La Chiesaitaliana soffre anche per l’assenza di alleati affidabili. Nasce da questi timori la“svolta” del 2005 e la scelta di intervenire in politica con la riforma costituzionaledella c.d. devolution e il referendum abrogativo sulla fecondazione assistita. Lariforma costituzionale viene bocciata dagli elettori (la Conferenza Episcopale italianala definì non solidale, imputandogli di compromettere il dialogo tra istituzionireligiose e politiche). Il referendum del 2005 non spacca il Paese in quanto la più altadelle astensioni gli impedisce di raggiungere il quorum.Vi è confusione nel dibattito sulla laicità che periodicamente si riaccende nel Paese:tra chi, laico dichiarato, vuole che lo Stato si sottragga a condizionamenticonfessionali e chi, invece, da cattolico storico e poi da laico devoto, punta sullareligione come fattore di coesione della società disgregata. Ogni occasione è buona.Confusi e accalorati sono sempre i toni della discussione di ogni tema che riguardi la

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laicità. Gli interventi delle Chiese (la Cattolica soprattutto) vanno considerati - allaluce di una lettura forte della laicità – come interferenze, intromissioni nello spaziopubblico. Oppure, viceversa - sulla base di un principio di laicità in versione debole -vanno visti come legittimo esercizio di una potestà di magistero. Violazioni dellalaicità vengono continuamente denunciate da due fronti ideali e si appuntano sullestesse questioni. Si irrobustisce l’idea che strategie politiche di collaborazioneselettiva tra chiese e istituzioni civili costituiscano la formula di salvaguarda delnostro sistema di vita e un’autentica risorsa per la democrazia.

IL PRINCIPIO DI LAICITA’Vi è un rapporto assai stretto tra i mutamenti culturali dell’idea di laicità e icambiamenti che si producono nel costume, nella mentalità, nelle appartenenzepolitiche e in quelle sociali. La legislazione è anche terminale di richieste dicambiamento. Statuto della famiglia, regolamentazione delle convivenze di fatto,fecondazione assistita, testamento biologico e, fino a qualche anno fa, ilfinanziamento delle scuole private confessionali con alcuni validi esempi di ciò.Accade che alcune richieste di riforma diventino subito dei “casi”; suscitino cioèlarga eco nell’opinione pubblica. Auto-investitasi del ruolo di interprete autentica del“diritto naturale” e di “custode” dei valori tradizionali, la potente e ascoltataistituzione cattolica gode di un ascendente sociale proporzionato alla sua crescentevisibilità. Oltre ad una libertà magisteriale in materia di fede e morale indiscussa egarantita anche dalla Costituzione.Vi sono due essenziali significati che si può attribuire al termine “laicità”: il primodei due modi di intenderla (laicità senza aggettivi) condensa nella nozione di laicità enella relativa regola giuridica l’obbligo di neutralità, distinzione e autonomia delloStato rispetto alle fedi e il rispetto per i diritti di libertà e di cittadinanza dei cittadini ;il secondo (laicità sana o buona) fondato da pretese di riconoscimento pubblico dellereligioni e delle indicazioni etiche ed identitarie di provenienza del magistero delleChiese, essenzialmente quella cattolica. Il fatto che le due prospettazioni della laicitàsiano ai ferri corti su un punto decisivo del patto costituzionale significa che sonosaltati, o cambiati, i termini in cui si era assestato il compromesso politico e quellogiuridico stretto,a tempo, tra cattolicesimo democratico e socialismo liberale. Negliultimi vent’anni tale compromesso aveva sostanzialmente tenuto ("compromessostorico": cattolici, socialisti e comunisti potevano e dovevano cooperare in un regimedi collaborazione in vista della costruzione di una società, per la ripresa e lo sviluppodella democrazia italiana). Le finalità di uno Stato democratico coincidono con lavalorizzazione e l'armonizzazione di tutte le esigenze individuali e collettive.

1. Va riconosciuta la parte avuta dal Diritto Comparato nella costruzione dell'identitàgiuridica del principio di laicità nel nostro ordinamento. La comparazione giuridica èperò un metodo di studio; va intesa come ricognizione delle diverse esperienzegiuridiche e accompagnata dalla capacità di mettere a fuoco gli accostamenti possibilie le distanze ineliminabili rispetto a quella nazionale; Così usata ha offerto spuntifruttuosi: come l'idea che sia impossibile distinguere gli effetti che producono, neidiversi ordinamenti, le scelte di politica ecclesiastica, nonostante ancorate alcune aformule costituzionali di separazione, altre invece frutto di concertazione e codecisionetra rappresentanze politiche e religiose. Anche il separatismo, una voltasinonimo di laicità, come netta e reciproca esclusione tra politica e religione, lo si

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percepisce sempre più come "la forma dell'acqua": una nozione liquida e polisenso. E'nella nostra vecchia Europa che Paesi dichiaratamente laici e separatisti, mostrano dinon avere complessi a sostenere le esperienze religiose organizzate. Però nessuno cispiega perchè la Francia continui a rifiutare riferimenti a radici cristiane dell'Europanella Costituzione europea e, a casa sua, nomini addirittura una Commissione perverificare lo stato di salute del principio di laicità. Il nostro Paese ospita il Papato,cuore della cristianità; Qui il Presidente della Repubblica osserva come lo Stato perarrivare a regolamentare le convivenze civili debba riuscire a realizzare una "sintesi"politica comprensiva del punto di vista della Chiesa Cattolica e cittadini suoi fedeli.Non esiste una definizione assoluta di laicità. Ciò che, invece, si mantiene unitaria èl'essenza della laicità e la percezione della sua funzione da parte dei giuristioccidentali. Il suo nucleo ristretto ed essenziale continua a impersonare un caratteretipico dello Stato democratico. Tra l'essenza di laicità e il modo in cui la laicità entraconcretamente a far parte degli ordinamenti costituzionali vi è sempre una frattura.Da noi è stata la Corte Costituzionale a trovare un fondamento giuridico-positivo alvalore della laicità e a conferirgli ruoli e significati determinati in rapporto a altrefonti e principi di sistema dell'ordinamento.

2. Inizialmente abbiamo definito il Diritto Ecclesiastico come il trattamento giuridicoassicurato ai diritti individuali e collettivi di libertà religiosa nel rispetto della laicitàdello Stato e nel quadro dei principi della Costituzione. Dobbiamo esaminare laconcezione del principio di laicità che la giustizia costituzionale, nella sua qualità difonte del diritto ecclesiastico, ha provveduto a proporre negli anni. L'ideacostituzionale di laicità è distribuita nella ventina scarsa di pronunce, dagli anni '90fino alle più recenti, contenute nell'ordinanza n. 117/2006, avente quest'ultima adoggetto la presenza si simboli religiosi in luoghi pubblici come i Tribunali. Con laconseguenza che la concazione giuridica attuale della laicità è indissociabile dallavisione della Corte Costituzionale.

3. Correva l'anno 1989 quando il principio di laicità assunse nel nostro ordinamentolineamenti giuridici positivi ben precisi. Crollava ufficialmente il comunismo("muro" di Berlino) quando la Corte Costituzionale, con la "storica" sentenzan.203/1989, decise essere venuto il tempo di ufficializzare la presenza del rocciosoprincipio nel nostro sistema giuridico; Lo fece qualificandolo come "uno dei profilidella forma di stato delineata in Costituzione" e lo incluse, seduta stante, tra i c.d.principi supremi dell'ordinamento. La sentenza, pronunciata per conferire valenzagiuridica al principio di laicità, si preoccupò però anche di segnalare l'imponenza dinorme costituzionali (artt.7,8,19 e 20 Cost.) messe a presidio dell'interesse religioso edei suoi riconoscimenti legislativi presenti, passati e futuri. Proprio questi elementi(valore normativo conferito al principio di laicità + garanzie costituzionali degliinteressi religiosi) sono alla base della fruttuosa lettura del principio di laicità avviatadalla Corte Costituzionale. L'idea liberale della laicità come elemento di divisionecostituzionale tra religione e politica viene soppiantata da un'idea di laicità comefattore viceversa di integrazione costituzionale di valori. La giustizia costituzionaleconferma quella che è la diversità italiana nel panorama europeo; il nostro è pursempre il Paese in cui il diritto e politico guardano alla religione e all'interessereligioso non come a qualche cosa che divide, bensì come un potente collante sociale.Quindi il principio di laicità costituisce una delle componenti della forma di statodelineata in Costituzione. Una funzione che esso svolge rendendo più stringente larelazione con i principi pluralistico, democratico, personalistico e di eguaglianza. Vadetto che il principio pluralista, nelle sue diverse accezioni (art.3), traduce in termini

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giuridici il fenomeno della pluralità degli ordinamenti all'interno di quello dello Stato.Il pluralismo va visto come lo strumento per eccellenza di integrazione politica. Iprocessi di integrazione cui dà impulso il pluralismo è una caratteristica delle societàc.d. aperte (POPPER: società disponibile al cambiamento); Come, a larghe linee, è lanostra. In contesti così, in omaggio al principio di laicità, lo Stato e i suoi apparatidevono conformare ad una neutralità attiva (o alla non identificazione) il modo in cuisi rapportano alle ideologie (religioni) e alle loro organizzazioni. Il rispetto dellaregola della neutralità comporta non solo l'astensione, da parte dello Stato, da formeplateali di sostegno del singolo credo, ma anche l'impegno a scongiurarel'affermazione esclusiva dei culti più diffusi a discapito di altri minoritari. La ragionedi ciò è che lo Stato Democratico considera un valore non l'omologazione dei costumie delle idee, bensì le differenze, in quanto ritenute un fattore di crescita. Altrointerrogativo riguarda le condizioni in base alle quali la società aperta si mantienetale. Un suo tratto essenziale, ricollegabile al concetto di democrazia, risiedenell'impegno di rispettare i valori basici del patto costituzionale. I precisi limiti(art.138 Cost.) cui è subordinato il potere di revisione costituzionale ne sonol'esplicazione. Inoltre, non ogni singolo aspetto della Costituzione è revisionabile. Laspeciale formulazione dell'art. 139 Cost. ("la forma repubblicana non può essereoggetto di revisione costituzionale") sanziona in realtà l'immodificabilità di tutti iprincipi costituzionali co-essenziali al mantenimento della forma repubblicana e alsuo corretto sviluppo (principio democratico di cui all'art.1 Cost.). La giurisprudenzacostituzionale è proprio tassativa nell'individuare collegamenti tra principio di laicitàe metodo c.d. democratici. Nei Paesi moderni e occidentali l'accettazione del metododemocratico poggia sul principio maggioritario. Il rispetto del diritto alla differenza edei diritti delle minoranze politiche, religiose, culturali, si pone come controvalore ecorrettivo ideale del principio maggioritario. Esso è il riconoscimento dellamaggioranza dei diritti della minoranza. In questa prospettiva per laicità di unademocrazia si può intendere: "lo spazio pubblico di tutti i cittadini, credenti e noncredenti... dove ciò che conta è la capacità di reciproca persuasione e la lealeosservanza delle procedure". Occorre aggiungere adesso il legame assai stretto che lalaicità – per la giustizia costituzionale – mantiene con il principio personalista e conquello di eguaglianza. Il primo dei due principi: quello personalista, impegna loStato laico a favorire la massima espansione dell’autonomia dell’individuo (art.2Cost.). Dal legame tra laicità e eguaglianza derivano poi le garanzie di eguaglianzaindividuale e formale spettanti ai cittadini dinnanzi alla legge “senza distinzioni direligioni” (ex art.3.1 Cost.). Con esse fanno sistema le garanzie destinate alla libertàreligiosa individuale e associativa (artt.19 20 Cost.) e quelle che, sotto il nome dipluralismo c.d. confessionale, riconoscono pari dignità sociale alle diverse concezionietiche e religiose (artt.7 e 8 Cost.).

4. Una notevole importanza circa il significato conferito dalla giurisprudenzacostituzionale al principio di laicità riveste anche il contesto in cui maturò ladecisione n. 203/1989. La giurisprudenza costituzionale definì la laicità come uncarattere necessario immancabile dello Stato Democratico previsto dallaCostituzione. Una qualificazione che lo rendeva unità di misura della costituzionalitàdelle leggi e un limite invalicabile per lo stesso potere di revisione costituzionale. Maveniamo allo speciale ambito dei rapporti Stato-Chiesa Cattolica, in cui maturòl’affermazione del principio di laicità come principio supremo del nostroordinamento giuridico. Il “caso “ da cui nacque il tutto era quello dell’insegnamentodella religione cattolica nelle scuole pubbliche, che il Concordato dell’84, fondato sulprincipio del pluralismo religioso, derubricava d insegnamento obbligatorio, che era

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stato dal Ventennio che considerava quella cattolica “religione di Stato”, ainsegnamento “a scelta”. Nella pronuncia compare il modo con cui la Corte riassorbìil potenziale conflitto tra interessi religiosi e interessi collettivi statuali. Fu ribadita lafacoltatività della scelta dell’insegnamento di quella cattolica nella scuola pubblica esolennizzato il valore della laicità. Nel processo costituzionale istruito dalla Cortenon furono scelte, come parametro di legalità del Concordato, una o più normecostituzionali, come solito, bensì il principio di laicità, della categoria dei principisupremi; Farne uso in occasione della verifica di norme concordatarie significòassimilarle ad esse e dotarle di un rango superiore a quello delle leggi ordinarie.Facendole rientrare, per così dire, nella categoria delle fonti c.d. atipiche. La stradascelta questa volta, a differenza del Concordato del ’29, libera le norme concordatariedall’accusa di trattamento privilegiato.La formulazione del principio di laicità dello Stato è dunque l’evento clou dellasentenza n. 203/1989. In realtà si precostituisce (nell’ambito dell’educazione religiosadei giovani) la base programmatica e la patente preventiva di costituzionalità delmetodo del negoziato permanente tra Stato e Chiese. E’ il modo in cui la pronunciaaffronta origine e fasi di affermazione del principio giuridico di laicità, ad essereassai rivelatore. Non è la differenziazione bensì il loro formidabile impasto a renderleirresistibili e a imporne il radicamento negli ordinamenti moderni. Qui la libertà dicoscienza e principio di eguaglianza diventano un “carattere” assodato dei diritti dicittadinanza. La religione (elemento cerniera tra le diverse fasi attraversate dallalaicità) va vista come potere coesivo e mobilitante, sul piano individuale e collettivo.Ciò con tre conseguenze. La prima: in ambito sociale, la laicità suffraga l’insieme diprincipi e valori. La seconda: sul piano istituzionale la laicità diventa l’insieme deicriteri incaricati di dare una forma concreta specifica al pluralismo religioso econfessionale. Terza: la laicità è intesa come distinzione tra interessi religiosi einteressi pubblici .

5. La dinamica dei rapporto tra Stato e Chiese ha risentito dell’impostazionecooperativa data al principio di laicità. Se la laicità - secondo la Corte – non è“indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma... un impegno per la salvaguardiadella libertà di religione” diventa legittimo guardare alla regola della bilateralità(artt.7 e 8 Cost.) come ad una manifestazione se non esclusiva, almeno moltorilevante del principio giuridico in questione. Concordato e Intese diventano prove trale più attendibili della sua corretta applicazione. In questa prospettiva lo Stato è laiconella misura in cui sostiene senza discriminazioni tutte le esperienze fideistiche e leloro estrinsecazioni in ambito collettivo. Ma il conferimento dei diritti, ilriconoscimento delle identità religiose e la ripartizione delle risorse economichepubbliche diventano proporzionali alla rilevanza sociale delle diverse Confessioni.L’ambita condizione di Confessione “con intesa” più che garantire il rispetto delleidentità religiose è un fattore essenziale di inclusione nel circuito del sostegnopubblico diretto (8 per mille) o indiretto per gli enti e gli istituti gravitanti nell’orbitadelle rispettive Chiese. L’architettura odierna delle relazioni ecclesiastiche mostra illivello più elevato presidiato dalla Chiesa Cattolica e dalle Confessioni intesizzate.Dei due gradini sottostanti, quello intermedio, resta appannaggio di gruppiriconosciuti come associazioni religiose attraverso la legge sui “culti ammessi” del’29. La dottrina parla del nostro Paese come di uno Stato aconfessionale: uno Statoconsapevole dell’importanza del fattore religioso nella costruzione della sua identità,rispettoso delle libertà di coscienza dei cittadini, formalmente equidistante da tutte leChiese e impegnatosi in politica ecclesiastica nella non ingerenza negli affari internidelle Confessioni.

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6. Particolarmente importante è il trend dedicato alla tutela penale del sentimentoreligioso. Nonostante la Costituzione abbia adottato il principio dell’eguaglianza trale fedi e le esperienze religiose e l’Accordo dell’84 con la Chiesa Cattolica abbiaannunciato la fine della religione cattolica come religione di Stato, la Corte sposal’idea di assegnare un plusvalore costituzionale alla religione in sé anche in ambitopenale. Sintomatico è che dalla laicità venga valorizzato il profilo della libertà dicoscienza individuale unitamente a quello del rispetto per il pluralismo religioso econfessionale. Di qui il pareggiamento e l’allargamento a tutti i culti esistenti delsistema sanzionatorio per le offese arrecate alla religione. Fino al 1997l’orientamento della Corte è stato abbastanza lineare. Lo Stato e le Chiese hannofinalità distinte che tali vanno mantenute e il principio di non identificazione harappresentato un aspetto ultrasignificativo del principio di laicità. La svolta partedalla sentenza 508/2000, la quale sdoppia l’obbligo di “...equidistanza e imparzialità”della legge nei confronti delle diverse esperienze religiose. Si comprende come siaormai solido l’orientamento per il quale le leggi (dello Stato e delle Regioni) nonnegoziate, siano vincolate alla parità di trattamento del diritto di culto. Diversamentedal diritto derivante da Intese, le quali sono per loro natura, strumenti relativi ad“aspetti che si ricollegano alle singole confessioni e che richiedono deroghe al dirittocomune...”. Meglio, in materia di laicità, ancorare direttamente il diritto prodottodallo Stato al rispetto del principio di aconfessionalità o non confessionalità; conquesto differente carattere, da intendersi come equidistanza da tutte le religioni e noningerenza negli affari interni delle Confessioni, lo Stato potrebbe riservare trattamentigiuridici differenziati alle Chiese più rappresentative dell’identità storica e culturaledel Paese.

7. Il dibattito culturale corrente, l’azione legislativa e la giurisprudenza costituzionalela sciano pensare che il principio di aconfessionalità abbia gradualmente indebolitonel nostro ordinamento il principio di laicità dello Stato come formulato nellasent.203/1989. Fa propendere a questa conclusione anche il depotenziamento delprincipio di neutralità e di non identificazione; Ricordiamo che l’atteggiamento dineutralità e l’imparzialità che lo Stato mantiene rispetto al fattore religioso è lariprova della laicità cui è improntato il suo ordinamento giuridico. A contrario, siritiene che il principio di non identificazione venga leso quando i poteri pubblici siidentifichino con una certa ideologia o fede religiosa. Il che accade anche quando inluoghi pubblici si adottino comportamenti religiosi o si espongano simboli di identicanatura. Le contestazioni legate alla presenza del crocifisso nelle aule giudiziarie eall’interno di scuole pubbliche hanno trovato finora scarsissimo ascolto presso laCorte costituzionale; Le due pronunce intervenute hanno ribadito il vecchio assioma:“Decidere di non decidere è sempre non decidere”. Il loro risultato è stato quello dilasciare le cose inalterate passando alla giustizia amministrativa ulteriori questioni ariguardo. L’inizio è legato alla questione di costituzionalità sollevata dal Tar Venetosulla base del convincimento che “il Crocifisso è essenzialmente un simbolo religiosocristiano... tant’è che l’imposizione della sua affissione nelle aule scolastiche nonsarebbe compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato...”. La questioneperò, osserva la Corte, “è manifestamente inammissibile” in quanto “l’impugnazione”riguarda “norme regolamentari... prive di forza di legge...”; Infatti, in base all’art. 134Cost. che fa riferimento “alle leggi e agli atti aventi forza di legge” il controllo dilegittimità costituzionale sui regolamenti è vietato alla Corte costituzionale. La Cortenel secolo XXI° si limita a instradare verso il giudice amministrativo le controversiedi questa natura. Nelle vicende processuali, sempre intorno alla presenza dei simboli

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religiosi negli spazi pubblici, è possibile individuare delle linee di fondo che vengonoprogressivamente affermandosi; esse presentano come tratto comune la decostruzionedel principio di laicità delle istituzioni pubbliche e la revisione del concetto di libertàdi coscienza. Una di queste linee si ricollega alla risalente idea che il crocifissorappresenti un simbolo universale, storico-culturale e identitario; Era stata laCassazione, con la sentenza n. 10/1998, a sostenere che la libertà di coscienza delcittadino è violata solo quando gli venga imposta una prestazione a caratterereligioso; Smentita dalla giurisprudenza, anche costituzionale, sopravvivegagliardamente. Lo stesso non si può dire del principio della “necessità neutralità delpubblico ufficiale” e dei servizi pubblici come manifestazione della laicità dello Statointrodotta dalla giustizia costituzionale e ripresa dalla Cassazione nel 2000. Lasottolineatura della laicità in senso pluralistico e la sua stretta attinenza con laformazione della coscienza sono di fatti alla base nel 2003 dell’ordinanza delTribunale di L’Aquila che dispone la rimozione del crocifisso dalle pareti di unascuola materna di Ofena in quanto tale presenza violava “la libertà di religione deglialunni, ma anche la neutralità di un’istituzione pubblica”. Ma, tale ordinanza vieneprima sospesa dal presidente del tribunale di L’Aquila e quindi impugnata. In sede direclamo, i giudici del collegio revocavano l’ordinanza dichiarando il proprio difettodi giurisdizione in favore di quella amministrativa. Della scelta a favore dellagiurisdizione amministrativa risentono le interpretazioni che dal 2004 in poi vengonodate del principio di laicità e della libertà di coscienza. La sentenza del Tar Veneto (n.1110/2005) sostiene che il crocifisso coniughi efficacemente l’aspetto storicoculturaleed identitario in cui si riconosce la collettività di questo Paese con il suovalore intrinsecamente religioso. Meno bigotta, ma in sostanza adesiva dellaprecedente, è la pronuncia del Consiglio di Stato (n. 556/2006) che avvalla la tesi diun principio di laicità come variabile dipendente “dalle tradizioni culturali, i costumidi vita, di ciascun popolo...”; Il Consiglio di Stato ritiene che “...è indispensabileriaffermare anche simbolicamente la nostra identità...”, fondando sulla religione e sulcristianesimo in particolare la stessa idea di Stato e di Costituzione. Sono due lesentenze che chiudono simbolicamente la fase della giurisprudenza esaminata. Laseconda recente sentenza della Corte Costituzionale (n.127/2006) è una di esse;Dedicata all’esposizione del crocifisso in un luogo pubblico. Si tratta di un’aula diTribunale e di un magistrato; Viene sollevato un conflitto di attribuzioni tra il poteregiurisdizionale dello Stato e quello amministrativo; A detta del giudice remittente, lapresenza del simbolo religioso in un’aula di tribunale avrebbe configurato “unillegittima invasione della sfera di competenza del potere giurisdizionale da parte delpotere amministrativo...”. Non la pensa affatto così la Corte Costituzionale.L’ordinanza di inammissibilità che chiude il caso declassa il conflitto di attribuzionilasciando intendere che la presenza del simbolo religioso non comporti alcunamenomazione delle attribuzioni del potere giudiziario; Anzi. E’ la volta (10 luglio2006) della Cassazione di dire la sua; Lo fa attraverso l’ordinanza n. 15614 cheblinda la competenza esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie relativealla contestazione della legittimità dell’esposizione del crocifisso nelle aulescolastiche. Va richiamata l’attenzione sul fatto che buona parte delle vicendeprocessuali sono nate in ragione della rilevante presenza di immigrati non cristianinel nostro Paese, con figli che frequentano le nostre scuole pubbliche. La religione e isuoi simboli occupano un posto rilevante ne processo di espansione egerarchizzazione degli interessi sociali. Le comunità religiose giovani si ritrovano albivio di omologarsi o, autoescludersi socialmente. Ai gruppi religiosi nel casoitaliano sta a cuore la stipulazione di un’Intesa per pretendere tutela dei propriinteressi. La nostra collettività sociale e il suo diritto, è alle prese con una insoluta

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crisi di valori; L’identità culturale e valoriale è minacciata dalla molteplicità dellefedi, delle culture e degli stili di vita che si affollano nella nostra società. In questocomplicato scenario la Chiesa Cattolica si è ritagliata il ruolo di interprete autenticadel “diritto naturale” e di “custode” dei valori tradizionali “sani”. In realtà è il ruolopubblico delle religioni a costituire il vero oggetto del contendere. La concezione checircola in non poche pronunce rappresenta il tentativo di ridimensionare il principiodi non identificazione, calibrandone l’efficacia a seconda della dimensione sociale edelle religioni.

8. Tra la seconda metà degli anni ’80 e la fine del secolo scorso, si è affermata nelnostro ordinamento una laicità cooperativa di tipo inclusivo. Il suo humus eranell’idea tutta italiana della religione come fattore di coesione civile. Nel XXI° secolosi arriva ad una revisione e ad una seconda versione della laicità cooperativa. Rilettain senso debole ed esclusivo. La prospettiva della laicità cooperativa debole faguardare al pluralismo in una duplice prospettiva. Chi lo considera un beneindiscusso messo oggi a rischio ritiene di doverlo preservare e proteggere attraversonorme e strutture dedicate (ad es. con l’istituzione di una “Consulta giovanile per lequestioni relative al pluralismo religioso e culturale” al fine di facilitare e sostenere lepolitiche di integrazione multi-culturale e multi-religiosa). Ma, la prospettiva dellalaicità cooperativa debole può anche portare a considerare il pluralismo religioso econfessionale come una necessità rischiosa. La religione diventa un identity maker:una sorta di identificatore, un modo per riportarci al sicuro e farci sentire “a casanostra”, un luogo protetto “...nel quale ci identifichiamo e che ci identifica”.9. Politica e legislazione sono il destinatario comune di due domande di sensoprovenienti dalla collettività. L’una incentrata sul rispetto dei diritti di libertà e dicittadinanza. L’altra espressiva delle pretese a carattere identitario delle religioni adun riconoscimento pubblico. Avvenimenti recenti legati ai sofferti tentativi diregolamentare le convivenze civili: i c.d. pacs, hanno messo in luce la tensioneesistente tra queste due polarità. I giuristi si dedicano alla ricerca di una ridefinizione,o rideterminazione condivisa, del principio di laicità. C’è necessità di un vigorosorestyling della regole della bilateralità, di cui all’art. 8.3 Cost. Le Chiese funzionanoormai stabilmente da collante identitario, sono suggeritori di azione politica enetwork di orientamenti etici su diritti civili e temi sensibili (bioetica, orientamentisessuali); Col risultato di interferire continuamente, senza contraddittorio da partedello Stato, con la libertà di scelta dei singoli.

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