Dispensa 2012 Lezione 2 Rivel.

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    Corso ISTF 01 Introduzione al cristianesimo2012 - Appunti lezione 2

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    INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO

    Sezione prima del CCC - Io credo Noi crediamo

    Prima parte Dio incontro a un uomo capace di lui

    1. Luomo capace di DioA partire dallepoca moderna avviene una sorta di frantumazione delluni -verso ossia della ricerca

    di un comune approdo delle esperienze umane versus prospettive di senso condivise. Se quel

    comune approdo fino alluomo medievale era costituito da Dio, i frantumi delluni-verso

    potenziano il molteplice insensato, la babele dei linguaggi, delle visioni, delle progettazioni e delle

    operazioni. Ma se nel cuore delluomo moderno rimaneva pur sempre una nostalgia di Dio, luomo

    della postmodernit sembra vivere una distanza da Dio in una condizione di presunta sufficienza enormalit.

    Su queste prospettive interessante e audace il titolo del capitolo con cui si apre il Catechismo:

    Luomo capace di Dio. Una capacit che dichiara unassenza, una misura da colmare, bench non

    ce ne si renda conto non se ne sia persuasi. Capax Dei unespressione di Agostino

    ulteriormente rafforzata da S. Tommaso nel senso di capax beatitudinis. La beatitudine per

    Tommaso sta nel vedere Dio, nellentrare in comunione con lui. Ma tale beatitudine grazia-dono

    e non conquista e se luomo ne capace, significa che da tale dono stato gi raggiunto.

    Lespressione indica dunque una fiducia incrollabile nelluomo perch il cristianesimo ne conoscela capacit, le misure autentiche, quelle che Dio stesso mediante il suo Figlio ha rivelato. Quali

    misure? Quelle per cui ogni uomo stato fatto ad immagine del suo Creatore, cui correttamente i

    nn. 355 e 1701 rimandano. Introdursi al cristianesimo vuol dire accogliere la permanente

    possibilit che luomo anche nelle pi fragili o ambigue condizioni dellesistenza rechi un segreto

    anelito ad una misura che gli appartiene e che lo spinge oltre se stesso. Tu non mi cercheresti se

    non mi avessi gi trovato.1 Un uomo piccolo e grande nello stesso tempo, perch aperto allacomunione con Dio, come sottolinea la citazione di GS 19 (CCC 27). Litinerario spirituale di

    Agostino, citato per tre volte nel capitolo diviene emblematico: Ci hai fatti per te e il nostro cuore

    non ha pace finch non riposa in te.

    Il secondo paragrafo indica le vie di cui luomo immediatamente pu disporre per incontrare il

    Creatore. Interessante che esse, un tempo denominate prove, ora vengono preferibilmente

    colte come itinerari. Litinerario del mondo (32) perch tutte le cose recano limpronta del

    creatore e litinerario antropologico (33) per lapertura alla verit e alla bellezza, al bene,

    allinfinito custodita nel cuore delluomo. Sia in rapporto al mondo che alluomo vi un accento

    sulla via pulchritudinis, lincanto che scatta di fronte allarmonia infinita, come percezione delluni-

    verso.

    1B. PASCAL, Pensierin. 553.

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    Ma poich di via si tratta, essa pu essere variamente percorsa: pu recare la fatica della ricerca

    ma anche la sorpresa che qualcun altro la percorra in senso opposto, riducendo le distanze. Il CCC

    da un lato afferma le possibilit per luomo di conoscere il suo Creatore con le forze della ragione.

    Dallaltrotale affermazione lascia a Dio la ragionevole possibilit di rivelarsi come egli crede, al

    di l di quello che preventivamente si potrebbe pensare di lui.

    2. Dio viene incontro alluomoSe luomo posto costitutivamente sulle vie di Dio come pellegrino dellassoluto, come homo

    viator non di meno quellassoluto intuito pu sorprenderlo mediante il Deus viator che si fa

    prossimo delluomo nellevento Cristo.

    La Rivelazione lo spazio di tale sorpresa e incontro cui il CCC dedica il secondo capitolo. Lincipit

    affidato a due concili: il Vaticano I (1868-1870) con i toni assertivi della Dei Filius (50), la

    Costituzione dogmatica sulla Fede cattolica che presenta la Rivelazione alla luce del duplice

    principio di verit e autorit; il Vaticano II con i toni storico-salvifici della Dei Verbum (18 nov.

    1965), la Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione nella quale maggiormente riecheggia il

    linguaggio biblico.

    Rileggere la Rivelazione in chiave storico salvifica consente un pi adeguato riferimento alla

    sorgente da cui promana: il Dio che parla. Non tanto le nostre parole su di lui, ma ci che egli

    stesso dice di s. Inoltre la fedelt al dato storico mette in luce loriginalit di tale comunicazione

    rispetto a qualsiasi altra intuizione e manifestazione del divino.

    PROEMIO 1. In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa sue queste

    parole di san Giovanni: Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si manifest a noi: vi annunziamoci che abbiamo veduto e udito, affinch anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre ecol Figlio suo Ges Cristo (1 Gv 1,2-3). Perci seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporrela genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinch per l'annunzio della salvezza il mondo interoascoltando creda, credendo speri, sperando ami (1) .

    CAPITOLO I - LA RIVELAZIONE

    Natura e oggetto della Rivelazione 2. Piacque a Dio nella sua bont e sapienza rivelarsi in persona e manifestare ilmistero della sua volont (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hannoaccesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questaRivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con s. Questa

    economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dionella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realt significate dalle parole, mentre le paroleproclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verit, poi, che questa Rivelazionemanifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale insieme il mediatore e la pienezzadi tutta intera la Rivelazione (2).

    Preparazione della Rivelazione evangelica 3. Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv1,3), offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di s (cfr. Rm 1,19-20); inoltre, volendo aprire lavia di una salvezza superiore, fin dal principio manifest se stesso ai progenitori. Dopo la loro caduta, con la promessadella redenzione, li risollev alla speranza della salvezza (cfr. Gn 3,15), ed ebbe assidua cura del genere umano, perdare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene (cfr. Rm 2,6-7). Asuo tempo chiam Abramo, per fare di lui un gran popolo (cfr. Gn 12,2); dopo i patriarchi ammaestr questo popoloper mezzo di Mos e dei profeti, affinch lo riconoscesse come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice,

    e stesse in attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via all'Evangelo.

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    Cristo completa la Rivelazione 4. Dopo aver a pi riprese e in pi modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio alla fine,nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1-2). Mand infatti suo Figlio, cio il Verbo eterno, cheillumina tutti gli uomini, affinch dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Ges Cristodunque, Verbo fatto carne, mandato come uomo agli uomini (3), parla le parole di Dio (Gv 3,34) e porta acompimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perci egli, vedendo il quale si vede anche ilPadre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di s con le parole e con leopere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine conl'invio dello Spirito di verit, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cio Dio con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L'economia cristianadunque, in quanto l'Alleanza nuova e definitiva, non passer mai, e non da aspettarsi alcun'altra Rivelazionepubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Ges Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13).

    Nellessenzialit della presentazione, il CCC introduce alcune idee fondamentali che riguardano la

    Rivelazione.

    Piacque a Dio (51). La Rivelazione un atto di amore libero e gratuito nel quale Dio manifesta

    se stesso. lamore la grande energia che pervade il mistero di Dio e che ne consente

    lapertura. Non esiste unintenzione diversa in Dio nel momento in cui si manifesta, n un

    accesso differente per chi a lui si apre. Non un Dio che cattura, ma un Dio a cui piace aprire le

    porte della sua conoscenza e della sua dimora.

    La luce inaccessibile (52). La dimora che Dio apre la luce del mistero trinitario che egli rende

    accessibile mediante il suo Figlio. Egli la Rivelazione: ne la modalit attuativa e loggetto

    stesso. Egli rende accessibile il mistero di Dio e al contempo il mistero di Dio accessibile.

    Gv 14,5 Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?. 6Gli disse Ges: Io sono la via, la verit e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto. 8 Glidisse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. 9 Gli rispose Ges: Da tanto tempo sono convoi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraciil Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre in me? Le parole che io vi dico, non le dicoda me; ma il Padre che con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.

    Per farne figli adottivi(52). il fine della Rivelazione. Esso comprende anche la redenzione dal

    peccato mediante lincarnazione del Figlio di Dio. Ma in fase introduttiva il CCC prende le

    distanze da una visione marcatamente amartiocentrica, per cogliere le prospettive pi ampiedel disegno di Dio, suggerite da Ef. 1,4-5 In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per

    essere santi e immacolati al suo cospetto nella carit, predestinandoci a essere suoi figli

    adottivi per opera di Ges Cristo. Vi la preoccupazione di passare da una presentazione della

    Rivelazione pi di tipo gnoseologico, ad una di ordine salvifico: la verit di Dio aperta dalla

    concreta storia di salvezza che egli stabilisce con gli uomini nel suo Figlio. Non pi separazione

    in Dio tra economia e teologia, tra Trinit economica e immanente: la verit della Rivelazione

    data nella storicit dellincarnazione, nel Dio che si d fino allautoespropriazione. Prima della

    festa di Pasqua Ges, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre,

    dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li am sino alla fine (Gv 13,1).

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    Rendere gli uomini capaci di rispondergli (52). La Rivelazione non unapparizione n un

    monologo: incontro e dialogo che offre allaltro la possibilit di essere interlocutore

    autentico e riconosciuto del rapporto. Dio non prevarica sulluomo, ma lo sostiene indicandogli

    le modalit di accesso e gli strumenti del dialogo.

    Con eventi e parole (53). Dio interviene con un dialogo pieno e appassionato nel quale egli

    consegna se stesso. E la consegna totale, pur nella gradualit storica del suo darsi dallAntica

    alla Nuova Alleanza: Dio non risparmia nulla di s, non ha zone riservate off-limits perch

    tutto ci che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15). E in tale gradualit che

    aiuta a riconoscere una pedagogia divina vi anche unindicazione di metodo legata ad eventi

    e parole intimamente connessi. Gli eventi sono il dato originario, le parole ne offrono la

    chiave interpretativa. Dio non fa lezioni: agisce, ma non abbandona lazione allambiguit

    interpretativa. Offre prospettive di senso mediante la parola, per cogliere il suo progetto, la

    sua ragione, la possibilit di dirlo e di dirsi per chi in esso vi dimora. E circostanzia le parole conlagire perch la sua parola efficacemente si compie.

    Aveva gi parlatoha parlato in questi giorni (65). La prospettiva storico-salvifica della

    Rivelazione conduce a coglierne il suo darsi storico. Ci sono vari approcci che consentono di

    individuarne le tappe. Il catechismo sceglie quella diacronica dalla creazione del mondo,

    allelezione del popolo di Israele ella pienezza in Cristo. Gli studi biblici preferiscono in genere

    seguire la prospettiva della consapevolezza della Rivelazione di Dio da parte del suo popolo,

    partendo da Abramo e dalliniziale contatto con il Dio rivelato, recuperando successivamente

    la vicenda creazionale. Ogni approccio ha pregi e limiti, in ogni caso ci che essenziale

    riconoscere in Cristo il mediatore e la pienezza di tutta la Rivelazione (65).

    A. Liniziale dialogo nella vicenda di IsraeleC una consapevolezza che ben presto accompagna la storia di Israele e che riguarda la

    propria esperienza di fede rispetto a quella di altri popoli:

    Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo.Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono,hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano.Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano;

    dalla gola non emettono suoni (Sal 115, 4-7).

    A Israele non sono mancati i contatti con altre esperienze religiose, subendo il fascino di

    divinit dal volto rassicurante e dallintervento facilmente prevedibile. Ma Israele ha imparato

    a proprie spese lillusoria promessa degli idoli e la loro incapacit di rispondere oltre le parole

    che dalluomo possono essere loro attribuite. In cima al Carmelo, quando Elia richiamer il

    popolo idolatra alla fedelt al Santo di Israele, luomo di Dio si prender gioco dei profeti di

    Baal, incapaci di richiamare lattenzione del loro dio e interlocutori di una risposta che non

    arriva:

    Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino amezzogiorno, gridando: Baal, rispondici!. Ma non si sentiva un alito, n una risposta. Quellicontinuavano a saltare intorno all'altare che avevano eretto. Essendo gi mezzogiorno, Elia

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    cominci a beffarsi di loro dicendo: Gridate con voce pi alta, perch egli un dio! Forse soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglier. (1Re18,26-27).

    Baal non risponde; un dio muto e incapace di farsi udire e di intervenire. Non cos il Dio di

    Israele che invece parla al suo popolo e ne accompagna la vita e il futuro mediante una parolache variamente si fa percepire e del cui imprescindibile valore il popolo progressivamente si

    rende conto. Quando Dio parla, non si limita a esprimere un concetto, un desiderio: la sua

    parola agisce, un evento che si compie e raggiunge luomo, coinvolgendolo nelliniziativa di

    Dio. La sua parola possiede unefficacia straordinaria: non ritorna a lui senza effetto, senza

    aver operato ci per cui stata mandata (cf. Is 55,10-11).

    La Parola che Dio rivolge al suo popolo non ha, per, unicamente lo scopo di istruire, di

    informare e di far conoscere il mistero di Dio e i suoi disegni. Nella Parola di Dio - ci ricorda

    Gregorio Magno - si nasconde il cuore di Dio2. In quei disegni c un progetto di comunione e la

    Parola intende condurre luomo a un rapporto amichevole con Dio, ad un dialogo che emergegi allinizio della Bibbia, quando Dio scende a conversare con luomo nel giardino alla brezza

    del giorno e gli domanda: Dove sei? (Gn 3,8-9). La Parola, dunque, sinonimo di rivelazione

    di un disegno di salvezza e sua concreta attuazione.

    Israele custodisce la persuasione che la sua vita, il suo futuro, la sua prosperit dipendono

    dalla Parola che il Signore Dio gli rivolge e nello Shem, la confessione di fede che apre e

    chiude le sue giornate, rammenta a se stesso:Ascolta Israele!

    B. Ha parlato per mezzo del FiglioLa vicenda cristiana si innesta su questo straordinario dialogo tra Dio e luomo. Lautore della

    Lettera agli Ebrei in maniera molto attenta coglie la continuit e la novit della relazione con il

    Dio che parla e della sua rivelazione: gi nel passato egli ha dischiuso un dialogo di salvezza, ma

    ora Dio fa udire la sua Parola mediante uneloquenza nuova.

    Dio, che aveva gi parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo deiprofeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb1,1-2).

    C un unico verbo per descrivere il comportamento di Dio e la sua iniziativa di salvezza: ha

    parlato. Il verbo viene ripetuto due volte per affermare che si inseriti allinterno di un dialogo

    gi conosciuto, che parte da lontano e che ha gi sviluppato una storia di comunione. Luso

    dellavverbio ultimamente dice che vi , per, ormai una pagina definitiva riservata a tale

    Parola: il Figlio unigenito, Parola fatta carne (Gv 1,14). La Parola di Dio ha il suo vertice in Ges

    Cristo, pienezza e compimento della rivelazione di Dio. Tutto quello che Dio intendeva dirci ce

    lha detto attraverso di lui in maniera assolutamente unica e compiuta.

    Ges Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come "uomo agli uomini", " parla le parole diDio" (Gv. 3, 34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cf. Gv. 5, 36; 17, 4).Perci egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cf. Gv. 14, 9), con tutta la sua presenza e conla manifestazione di s, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente

    2Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio. GREGORIO MAGNO, Registro delle lettere, V, 46.

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    con la sua morte e la gloriosa resurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verit,compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cio Dio con noiper liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna.

    L'economia cristiana dunque, in quanto alleanza nuova e definitiva, non passer mai, e non daaspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore

    nostro Ges Cristo (cf. 1 Tim. 6, 14 e Tit. 2, 13) (DV 4).

    Ges la Parola di Dio rivolta alluomo: quello che progressivamente comprendono i

    discepoli. Chi lo ascolta rimane stupito e si interroga: Donde gli vengono queste cose? E che

    sapienza mai questa che gli stata data? (Mc 6,2). Mai un uomo ha parlato come parla

    quest'uomo!(Gv 7,46). Viene colta la diversit e lautorevolezza del suo insegnamentoperch

    insegnava loro come uno che ha autorit e non come gli scribi(Mc 1,22). Della parola di Ges si

    coglie la forza tanto che tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: Che parola mai

    questa, che comanda con autorit e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno? (Lc

    4,36). Quella parola compie ci che dice perch parola efficace di Dio, come Ges rivela ai

    suoi discepoli: La parola che voi ascoltate non mia, ma del Padre che mi ha mandato (Gv

    14,24) perch il Padre continuamente suggerisce al Figlio le sue parole (cf. Gv 12,50) e colui

    che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio(cf. Gv 3,34).

    Ma se da un lato la Parola che Ges annuncia appartiene al Padre, essa anche la Parola di

    Ges. I discepoli gradualmente comprendono tale verit, come attentamente osserva Pietro,

    dopo la moltiplicazione dei pani e il discorso alla sinagoga di Cafarnao: Signore, da chi

    andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68). Pietro ha compreso che ci che sazia la fame

    delluomo quella parola di verit che si manifesta in Ges.

    La parabola del seminatore pu condurci a individuare Ges nel ruolo di colui che semina la

    parola che il Padre gli ha affidato, ma anche nello stesso seme che, accolto con disponibilit,

    germoglia e porta frutto ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno (Mc 4,8).

    Sar la riflessione della Chiesa apostolica a comprendere pi attentamente che Ges la

    Parola incarnata del Padre: tutta la sua vita, le sue opere, i suoi discorsi e i suoi silenzi,

    soprattutto quanto egli dice mediante la parola della croce (1Cor 1,18) sono lunica grande

    opportunit nella quale Dio manifesta se stesso e la sua salvezza

    Bibliografia per lapprofondimento

    P. HENRICI, Luomo capace di Dio, in: Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale e commentoteologico, Piemme, Casale Monferrato, 2004, p. 591-598.

    R. FISICHELLA, La Rivelazione di Dio, in: Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale e commentoteologico, Piemme, Casale Monferrato, 2004, p. 599-613.

    CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA - COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, LANNUNCIO E LACATECHESI,Lettera ai cercatori di Dio, 2009.

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    INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO

    Sezione prima del CCC - Io credo Noi crediamo

    Seconda parte - La Trasmissione della Rivelazione

    Ges la Parola compiuta di Dio: tutto quello che Dio voleva dirci di s, di noi, del mondo e della

    storia ce lha detto in vista di lui, attraverso di lui, a partire da lui. Egli soggetto e oggetto della

    sua Rivelazione: non esiste parola pi grande di Ges n parola di Dio altra rispetto a Ges. Il

    CCC pur sinteticamente ben lo evidenzia ai nn. 65-67 ricordando le parole di S. Giovanni della

    Croce che, oltre tale citazione, cos continua:

    Pertanto, chi ora volesse interrogare Dio o chiedergli qualche visione o rivelazione, non solofarebbe una sciocchezza, ma anche offenderebbe Dio, perch non fisserebbe gli occhi unicamentesu Cristo senza cercare altre cose o novit. Dio potrebbe rispondergli cos: Se ti ho gi detto tutto

    nella mia Parola, che mio Figlio, non ho altro da aggiungere. Cosa ti potrei rispondere o rivelaredi pi? Fissa il tuo sguardo unicamente su di lui, perch in lui ti ho detto e rivelato tutto e troveraiin lui anche pi di ci che chiedi e desideri. Tu domandi locuzioni e rivelazioni particolari, mentre,se tu fissi gli occhi su di lui, vi troverai lintera rivelazione, perch egli tutta la mia parola, tutta lamia risposta, tutta la mia visione e tutta la mia rivelazione. Ora, io ti ho gi parlato, risposto,manifestato, rivelato, quando te lho donato come fratello, compagno, maestro, caparra epremio. 3

    La Rivelazione compiuta, ricorda il Catechismo, anche se non completamente esplicitata (CCC

    66). Per questo il discepolo invitato a custodire la Parola che Ges perch essa liberi tutta la

    sua pregnanza e verit. Ges infatti dona lo Spirito perch conduca verso tutta intera la verit (Gv

    16,13), perch la sua Parola possa essere accolta, compresa e manifestare/attuare pienamente ildisegno di salvezza del Padre.

    Condotto dalla Parola, infatti, il discepolo non trova semplicemente un indirizzo di vita o un codice

    di comportamento; viene piuttosto rigenerato (cf. 1Pt 1,23) perch chi ascolta la mia parola ha la

    vita eterna (Gv 5,24).

    1. Annunciate il mio vangelo: Tradizione e ScritturaGes risorto affida la sua Parola ai suoi discepoli. Allindomani della pasqua, egli espressamente

    comanda loro di annunciare ci di cui sono stati testimoni: Ges disse loro: Andate in tutto il

    mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. (Mc 16, 15). Il vangelo non corrisponde

    semplicemente alle parole proferite da Ges: vi tutto il suo mistero, ci che lui ha detto, ha fatto

    e vissuto, la parola di Ges e la parola su Ges e il modo con cui tale parola trova compimento.

    Non a caso linvito rivolto alla predicazione strettamente congiunto allesperienza sacramentale:

    Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e

    dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ci che vi ho comandato (Mt 28,19-20).

    Nasce dunque una Tradizione che non solo comunicazione verbale ma trasmissione di un

    patrimonio che riguarda lintera esistenza della comunit cristiana e del quale gli apostoli sono

    3 SAN GIOVANNI DELLA CROCE, Salita al Monte Carmelo, 2, 22, 5.

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    depositari e garanti (CCC 77). Mediante la Tradizione che da essi prende avvio, gli apostoli sanno di

    recare integralmente e autenticamente il messaggio di Ges e la sua salvezza. A fondamento di

    tale garanzia vi sono il rapporto singolare che i Dodici hanno stabilito con Ges, lassistenza

    particolare dello Spirito Santo (At 1,8) e la concreta conoscenza che essi hanno avuto del Signore,

    come attesta laggregazione di Mattia al collegio apostolico in sostituzione al traditore.Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui stato ditra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione (At 1,21-22)

    La relazione singolare che i Dodici e Paolo (Gal 1,1.12 Rm 1,4) stabiliscono con Ges porta ad

    affermare che la rivelazione si conclusa con la fine dellet apostolica , dunque oltre la presenza

    visibile di Ges sulla terra. Non si tratta di una rivelazione ulteriore, di unagg iunta al contenuto

    oggettivo del vangelo di Ges, ma di una chiarificazione e di una meditazione di quel contenuto in

    s completo e definitivo. La predicazione apostolica appartiene allevento compiuto non perch

    dica nuove verit, ma perch ne costituisce il prolungamento nella Chiesa nascente.

    Gli apostoli, tuttavia, ad un certo punto comprendono lesigenza di diffondere e di custodire il

    vangelo di Ges, servendosi anche di un testo scritto. Esso avrebbe avuto il vantaggio di rendere

    stabile e sicuro il loro insegnamento affidandolo ad altri e di restare per sempre fondamentale

    punto di riferimento per la vita della Chiesa.

    Gli apostoli poi, dopo l'ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ci che egli avevadetto e fatto, con quella pi completa intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi diCristo e illuminati dalla luce dello Spirito di verit, godevano. E gli autori sacri scrissero i quattrovangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o gi per iscritto, redigendo una

    sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione delle chiese, conservando infine ilcarattere di predicazione, sempre per in modo tale da riferire su Ges cose vere e sincere. DV19.

    Anche il testo scritto tuttavia non eludeva alcuni problemi. A volte si trattava di difficolt di

    interpretazione, altre volte di aggiunte che arbitrariamente venivano fatte circolare, tanto che

    Paolo esorta i cristiani di Tessalonica a non lasciarsi cos facilmente confondere e turbare, n da

    pretese ispirazioni, n da parole, n da qualche lettera fatta passare come nostra (2Tes 2,1-2). E

    sempre lapostolo ricorda ai Corinti: Noi non siamo infatti come quei molti che mercanteggiano la

    parola di Dio, ma con sincerit e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo

    (2Cor 2,17). Anche Pietro, facendo riferimento agli scritti paolini, ricorda che qualcuno li travisa (cf.

    2Pt 3,16) e interviene autorevolmente per ribadire la fedelt al messaggio originario. La S.

    Scrittura secondo un detto dei Padri scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti

    materiali.

    Affinch il vangelo si diffondesse secondo verit e senza errori cos da conservare fedelmente la

    rivelazione salvifica di Dio per ogni uomo, gli apostoli si sono preoccupati di guidarne la corretta

    interpretazione, stabilendo un rapporto di reciprocit tra parola scritta e testimonianza apostolica,

    affidando la stessa vigilanza ai loro successori chiamati a custodire il buon deposito con laiuto

    dello Spirito Santo. (cf. 1Tm 6,20; 2Tm 1,12-14; 3,14; Tt 2,1). Alla Tradizione apostolica subentracos quella ecclesiale, nella quale i successori degli apostoli, possedendo il carisma certo di

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    verit, sono i garanti della fedelt alla rivelazione, responsabili della sua diffusione e del suo

    approfondimento mentre lo Spirito guida i credenti verso tutta intera la verit. Si delinea cos il

    ruolo del Magistero con il compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio (CCC 85). Il

    Magistero a servizio della Parola di Dio e si avvale in pienezza della sua autorit quando

    interviene mediante il dogma, indicando al popolo di Dio unirrevocabile adesione di fede (CCC88). Il dogma per non spegne lintelligenza: piuttosto una sfida che le viene rivolta perch

    quello che viene proposto sulla base di un gesto di fiducia, possa aprirsi pazientemente ad una

    comprensione del cuore e della mente.

    2. LispirazioneMorto lultimo degli apostoli e dunque conclusa la rivelazione, la Tradizione ecclesiale ha definito il

    canone (dal greco kanon= regola, misura esatta) delle Scritture, lelenco dei libri ritenuti ispirati,

    cos da distinguere ci che rivelato da ci che non lo . Tale elenco comprende i 46 libri

    dellAntico Testamento e 27 del Nuovo. In ambito cattolico, lultima definizione del canone avvenuto nel Concilio di Trento (1546), ma semplicemente confermando una Tradizione

    ininterrotta che giungeva dai primi secoli della fede. La Scrittura , dunque, la Parola di Dio

    attestata, riconoscibile cio in un testo ma anche garantita da una Tradizione di fede che risale

    agli apostoli e che nel Magistero e in tutta la Chiesa non cessa di custodire e di trasmettere la

    verit di Cristo e la sua salvezza.

    A differenza del Corano che, secondo la tradizione islamica, dettato a Maometto da parte di un

    angelo dalla prima allultima sura, ebrei e cristiani pensano diversamente lorigine della bibbia.

    Non scritta da angeli, ma da decine di credenti che hanno messo per iscritto la rivelazione di Diocon le loro capacit umane, letterarie e linguistiche, accompagnati da una particolare assistenza

    divina normalmente designata col termine ispirazione. Tale assistenza riconduce le Scritture ad

    un principio di unit, poich tutte le parole ispirate non sono che ununica Parola, quella del Verbo

    nel quale Dio dice se stesso interamente.

    Il CCC (n. 102-103) con le parole di Agostino evidenzia la necessit di ricondurre tutte le parole

    ispirate allunico Verbo:

    Ricordatevi che uno solo il discorso di Dio che si sviluppa in tutta la Sacra Scrittura ed uno solo

    il Verbo che risuona sulla bocca di tutti gli scrittori santi, il quale essendo in principio Dio pressoDio, non conosce sillabazione perch fuori del tempo.

    E continua con la citazione di DV 21 nella quale in virt della presenza del Verbo nelle Scritture

    viene loro riservata venerazione analogamente a quanto avviene per il Corpo stesso del Signore.

    La persuasione dellispirazione emerge gi nellAntico Testamento, in maniera particolare nella

    letteratura profetica nella quale il profeta consapevole di rivelare una parola che non sua: Mi

    fu rivolta questa parola del Signore (Ger 1,4). Verso la fine dellepoca giudaica Israele esprime la

    consapevolezza di possedere una raccolta di testi sacri che vengono chiamati i libri (2Mac 2,13) o

    libri sacri (1Mac 12,9).

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    Il Nuovo Testamento consolida tale consapevolezza, attribuendone lazione allo Spirito Santo e

    mettendo in continuit lAntico col Nuovo Testamento, scorgendo lappello rivolto dal secondo al

    primo nella direzione di Cristo. Ges richiama vari passi dellAntico Testamento ricordando ai suoi

    discepoli che, proprio a motivo della sua divina ispirazione, la Scrittura non pu essere annullata

    (Gv 10,35). La comunit apostolica ribadisce tale persuasione.2Tm 3,14 Tu per rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'haiappreso 15 e che fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza,che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Ges. 16 Tutta la Scrittura infatti ispirata da Dio eutile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perch l'uomo di Dio siacompleto e ben preparato per ogni opera buona.

    1Pt 1,10 Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia a voidestinata 11 cercando di indagare a quale momento o a quali circostanze accennasse lo Spirito diCristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevanoseguirle.

    2Pt 1,20 Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, 21poich non da volont umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlaronoquegli uomini da parte di Dio.

    Ma se lAntico Testamento Parola ispirata, a maggior ragione lo il Nuovo nel quale riecheggia la

    parola ultima e definitiva di Dio: Noi ringraziamo Dio continuamente, perch, avendo ricevuto da

    noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come

    veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete (1Tes 2,13).

    Un esempio eloquente la considerazione che Pietro attribuisce alle lettere di Paolo, al pari delle

    altre Scritture. Si tratta, dunque, della stessa fonte, la Parola, che sgorga da varie sorgenti.2Pt 3,15 La magnanimit del Signore nostro giudicatela come salvezza,come anche il nostro carissimofratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli stata data; 16 cos egli fa in tutte le lettere,in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gliinstabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina.

    Ed sempre lo Spirito ad agire, secondo le logiche dellincarnazione: per opera dello Spirito Santo

    la Parola eterna di Dio si fa carne in Ges e per opera dello stesso Spirito quanto Dio dice

    mediante Ges si fa parola predicata, celebrata, testimoniata dalla Chiesa e consegnata come

    memoria scritta attraverso lopera degli autori sacri che Dio scelse con le loro capacit affinch

    agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose cheegli voleva fossero scritte (DV 11). Rimane la personalit dellautore ispirato al quale Dio non si

    sostituisce, ma in lui misteriosamente agisce lo Spirito di verit che dir tutto ci che avr udito e

    vi annunzier le cose future. Egli mi glorificher, perch prender del mio e ve l'annunzier. Tutto

    quello che il Padre possiede mio; per questo ho detto che prender del mio e ve l'annunzier (Gv

    16,13-15).

    Le Scritture, dunque, custodiscono unazione di grazia nella quale lo Spirito insegna ogni cosa e

    ricorda tutto ci che Ges ha detto (Gv 14,26).

    Proprio perch ispirate dallo Spirito che prende da Ges, le Scritture comunicano

    immutabilmente la Parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la

    voce dello Spirito Santo (DV 21). Suggerita dallo Spirito, la Scrittura andr dunque accostata con

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    laiuto dello stesso Spirito con il quale stata scritta (DV 12), la cui azione conduce i credenti ad

    una comprensione sempre pi attenta e profonda della rivelazione e presiede allinterpretazione

    della Scrittura.

    3.

    Liberare la ParolaLazione dello Spirito, che suggerisce la Parola e d vita alla Scrittura, ci aiuta a comprendere un

    importante passaggio della Dei Verbum: Sacrae Scripturae Verbum Dei continent et, quia

    inspiratae, vere Verbum Dei sunt, cio: Le sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, perch

    ispirate, sono veramente Parola di Dio (DV 3).

    Nellidea conciliare le Scritture sono correttamente considerate Parola di Dio. Vere Verbum Dei

    sunt, ma laccento anticipato sul continentci aiuta a scorgere la prospettiva di una non immediata

    identificazione tra Scrittura e Parola. La Parola di Dio contenuta nelle Scritture e in esse va

    cercata, ma le Scritture non sono immediatamente Parola di Dio. Hanno bisogno ancora di Dio

    perch dal testo possa emergere la Parola ispirata, custodita e fatta risuonare di nuovo dallo

    Spirito Santo.

    Le Scritture contengono una parola che ha bisogno di essere liberata dallo Spirito secondo

    modalit custodite nella Tradizione ecclesiale. Scrittura, Spirito, Chiesa formano unalleanza

    inscindibile perch la Parola di Dio risuoni per il credente di oggi.

    La tensione esistente tra Scrittura e Parola di Dio un dinamismo virtuoso che mette al riparo da

    due pericoli opposti: lattenzione al testo scritto preserva da letture spiritualistiche o

    psicologistiche basate sul sentire personale (mi sento, mi piace, a me la Parola dice); lattenzione

    allazione dello Spirito mette al riparo da letture fondamentalistiche ( scritto, dunque Parola di

    Dio).

    Ma importante anche il rapporto tra Chiesa e Scrittura, perch la Parola risuoni. La Chiesa

    affidata alla Parola del Signore che la edifica (cf. At 20,32), la plasma giorno dopo giorno. E quella

    Parola sgorga dalla Scrittura che la Chiesa ha generato e custodito. Una volta generata, la Parola di

    Dio diventa per la Chiesa norma normans, orientamento della sua vita, realt che le d un volto.

    Ma la Chiesa custodisce anche gli strumenti necessari perch la Parola parli e liberi tutta la sua

    sonorit.

    4. Dio parla al cuore delluomoDi fronte alla modalit con cui Dio offre la sua Parola, ci si potrebbe chiedere se sia lunica strada

    nella quale egli si fa udire. Da parte di molte persone vi la persuasione di un ascolto reale di Dio a

    partire dalle proprie intuizioni, da fatti ed esperienze, dal creato.

    Ora questa strada, che sembra superare le modalit con cui il Dio di Ges Cristo storicamente si

    fatto conoscere, non supera la sua rivelazione. Ogni cosa creata, infatti, creata in Cristo: Tutte le

    cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli prima di tutte le cose e tutte

    sussistono in lui(Col 1,16-17).

    Tutte le cose, create per mezzo del Verbo e senza il quale nulla stato fatto di tutto ci che esiste

    (cf. Gv 1,3), recano leco della sua voce. Mediante questa voce udibile nella creazione e nelle

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    esperienze degli uomini, Dio sospinge incessantemente luomo attraverso eventi che non sono

    unicamente o immediatamente la predicazione, in una sorta dipraeparatio evangelica.

    Tale voce, per, ci ricorda S. Paolo, pu correre il rischio di non essere udita o addirittura travisata:

    luomo chiude il suo orecchio e dalle creature non risale pi al suo creatore e rimane prigioniero

    della sua mente ottenebrata e ottusa, cambiando la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e

    la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili(Rm 1,21-23).

    Il creato, dunque, e lesperienza umana recano i semina verbi4, praeparatio di ogni

    evangelizzazione. Essi consentono, infatti, di cogliere unazione di Dio che precede lannuncio

    esplicito. Lesperienza umana, nei suoi tratti pi veri e profondi, reca gi in s una parola tanto che

    il Documento Base, citando Paolo VI, afferma con un briciolo di audacia: Per questo non ardito

    affermare che bisogna conoscere luomo per conoscere Dio; bisogna amare luomo per amare

    Dio.5

    Anche la rivelazione, del resto, collocata nel contesto dellesperienza: quella degli uomini bibliciprima di Ges, quella singolare di Cristo, quella dei cristiani che nella Chiesa e sotto la sua autorit

    hanno continuato ad interpretare le nuove esperienze umane in cui erano inseriti:

    levangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello, che si fanno

    continuamente il vangelo e la vita concreta, personale e sociale delluomo.6

    Ma, poich lesperienza umana si presenta in termini ambivalenti che possono generare anche

    ambiguit e fraintendimento sulla presenza e manifestazione di Dio e proprio perch vivo e reale

    il desiderio di comunione con gli uomini, Dio interviene mediante una parola esplicita cui anela

    quella parola che risuona nel cuore degli uomini. la parola risuonata mediante Ges, custoditanella Tradizione ecclesiale e nella Scrittura. Per la particolare garanzia di cui godono Scrittura e

    Tradizione costituiscono il criterio di autenticit e di orientamento che quanto intuibile nelle

    esperienze umane e nel creato sia realmente appello di Dio e riflesso della sua presenza.

    La Parola di Dio risuona nella Chiesa come una sinfonia; sar pertanto necessario assumere una

    visione armonica della Parola, evitando forme erronee, o riduttive o ambigue di comprensione

    mettendo in risalto la sua connessione intrinseca con il mistero di Dio uno e trino e la sua

    rivelazione, la sua manifestazione nel mondo creato e la sua presenza germinale nella vita e storia

    delluomo, la sua suprema espressione in Ges Cristo, la sua attestazione infallibile nella Sacra

    Scrittura, la sua trasmissione nella Tradizione vivente. In relazione al mistero della Parola di Dio,

    diventata linguaggio umano, si porr attenzione alla ricerca delle scienze sul linguaggio e la sua

    comunicazione.7

    4LG 17; AG 11; EN 53.

    5 RdC 122. Cf. Paolo VI, Omelia nella IX sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II , 7 dicembre 1965.

    6 EN 29.

    7 XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa ,Lineamenta, 10 (27 aprile 2007).

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    5. Attenzione a come si ascoltaGes nel vangelo mette in guardia i suoi discepoli: Fate attenzione dunque a come ascoltate;

    perch a chi ha sar dato, ma a chi non ha sar tolto anche ci che crede di avere(Lc 8,18). C un

    ascolto che produce una reale conoscenza di Dio e del suo mistero, della nostra vita con lui e c

    un ascolto presuntuoso che comprende ben poco.

    Per comprendere la Bibbia non basta leggerla: necessario interpretarla. una questione che con

    il linguaggio tecnico viene definita il problema dellermeneutica biblica. L'ermeneutica antica

    quanto la Bibbia stessa; Israele, infatti, non ha mai smesso di interpretare il suo passato e quindi le

    sue Scritture.

    Ebbene, il cristiano interpreta la Scrittura mediante Ges. l ui linterprete affidabile del Padre.

    Levangelista Luca, narrando la vicenda di Emmaus, presentando Ges mentre aiuta i due discepoli

    a riconoscere in tutte le Scritture, da Mos ai profeti, ci che si riferiva a lui (cf. Lc 24,28), usa

    proprio il termine greco da cui deriva il vocabolo ermeneutica, che significa "esprimere,interpretare un testo, commentarlo" (nella letteratura greca, il dio Hermes era il portavoce di

    Zeus). Possiamo dire che lermeneutica fornisce le regole teoriche per una corretta comp rensione

    della Scrittura.

    Cosa significa ricercare il "senso della Scrittura"? Significa stabilire ci che lo scrittore intendeva

    dire quando ha redatto il suo testo, per non travisare le sue parole.

    Ogni comunicazione umana si confronta con questi problemi. Quante volte chiarendoci con un

    amico abbiamo dovuto ripetere: "Ma io non intendevo dire questo!". Bibbia parola umano-

    divina; la sua divinit la rende ricca e vera, ma non toglie la sua umanit con la fatica ed il rischioche questa comporta.

    Come si ascolta correttamente Dio che parla nelle Scritture? Alla luce di quanto abbiamo

    compreso, cerchiamo di individuare alcuni orientamenti per una lettura cristiana della bibbia.

    1. Alla luce dello Spirito. lo Spirito che guida i credenti verso tutta intera la verit (cf. Gv 16,13)ed lui che ha ispirato lautore sacro. Ogni volta che lo Spirito invocato e la Scrittura

    accostata con la fiducia di ritrovare la Parola, lo Spirito le restituisce nuova energia e attualit:

    nuovamente Dio parla. Lo Spirito dunque presiede allinterpretazione della Scrittura ed

    accompagna la Chiesa sulla via sempre nuova della verit da conoscere, da proclamare e davivere.

    2. Lefficacia dellazione liturgica e sacramentale. La Parola di Dio compie quanto dice e in ciche compie ne scopriamo il senso. Il luogo privilegiato in cui la parola si compie la sua

    celebrazione liturgica, in particolare lEucaristia giacch Cristo che parla quando nella Chiesa

    si legge la Sacra Scrittura (SC 7).

    3. Una lettura fedele alluomo. Poich Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini ealla maniera umana (DV 12), occorre recuperare lintenzione dello scrittore e il genere

    letterario nel quale si esprime, quel modo di scrivere, cio, che corrisponde ad unadeterminata epoca, utilizza determinati strumenti, usa particolari accenti. Quando si accosta

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    una pagina biblica importante, dunque, avere un po di strumentazione ed essere aiutati a

    riconoscere lambiente in cui stata scritta, gli interrogativi o le esigenze cui risponde, i

    destinatari cui si rivolge. In tal modo possibile cogliere meglio il senso della parola custodita e

    sentirla pi corrispondente ad analoghe situazioni che anche oggi si possono incontrare.

    4. Una lettura fedele a Dio. Il Concilio Vaticano II offre tre regole per una lettura della Bibbiaaccompagnata dallo Spirito di Dio.

    - Lunit di tutta la Scrittura in riferimento a Cristo. Tutta la Scrittura un solo libro e quellibro Cristo stesso, diceva Ugo di S. Vittore. Occorre ritrovare sempre il disegno unitario

    concepito da Dio per la nostra salvezza come quando si osserva un grande affresco,

    cogliendo i dettagli nellinsieme. E quel disegno trova il suo compimento in Cristo. Cristo

    che ci svela il senso delle Scritture e che fa ardere il cuore quando le spiega (cf. Lc 24, 32);

    senza di lui si rimane stolti e tardi di cuore nel credere alle parole dei profeti. Come

    dicevano gli antichi Padri, il Nuovo Testamento nascosto nellAntico e lAntico svelato nelNuovo: Novum in Vetere latet et in Novo Vetus patet.

    - La Tradizione della Chiesa. Leggere la Bibbia nello Spirito significa mantenere il contattocon la comunit di fede alla quale lo Spirito ha riservato la propria ispirazione, nellAntico e

    nel Nuovo Testamento. La Chiesa lambiente vitale dove la Scrittura si sviluppata e

    correttamente viene intesa. Ci avviene mediante la predicazione dei pastori e il carisma

    certo di verit riservato al Magistero, ma anche con la riflessione e lo studio dei credenti

    (DV 8).

    L'ufficio poi d'interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa stato affidatoal solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorit esercitata nel nome di Ges Cristo. Ilquale magistero per non al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltantoci che stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spiritosanto, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questiunici depositi della fede attinge tutto ci che propone da credere come rivelato da Dio. (DV10).

    - Lanalogia della fede. il principio dellarmonia e della coerenza delle verit rivelate chenon possono entrare in conflitto tra di loro. Per analogia della fede intendiamo la

    coesione delle verit della fede tra loro e nella totalit del progetto della Rivelazione (CCC

    114). Linterpretazione della Bibbia reca allora sempre con s lesigenza di una verifica delproprio ascolto, valutando se quanto si compreso corrisponda o meno alla fede creduta

    dalla Chiesa. La verit che la Scrittura dischiude pu essere approfondita in maniera

    coerente, ma non pu essere soggetta a mutamenti:

    Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vienedall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c' variazione n ombra dicambiamento. Di sua volont egli ci ha generati con una parola di verit, perch noi fossimocome una primizia delle sue creature (Gc 1,16-18)

    5. Alla ricerca di un senso. La Scrittura parola rivolta alloggi del credente per raccoglierne unsenso. Il termine senso dice significato e dice anche orientamento. La Chiesa pertantocerca di comprendere che cosa il Signore le voglia dire mediante la sua Parola e lascia che tale

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    Parola plasmi la vita, le scelte. Per questo ogni mattina accoglie linvito che le rivolge il suo

    Signore:Ascoltate oggi la sua voce (Sal 95,8).

    Secondo un'antica tradizione, si possono distinguere due sensi della Scrittura: il senso letterale

    e quello spirituale, suddiviso quest'ultimo in senso allegorico, morale e anagogico. La piena

    concordanza dei quattro sensi assicura alla lettura viva della Scrittura nella Chiesa tutta la sua

    ricchezza (CCC 115).

    Un distico medievale insegna il significato di questi quattro sensi

    Littera gesta docet, quid credas allegoria,

    moralis quid agas, quo tendas anagogia.

    La lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere,il senso morale che cosa fare e l'anagogia dove tendere.

    In tal modo, secondo il principio formulato da Gregorio Magno, Scriptura crescit cum legente: 8 la

    Scrittura poich contiene la Parola viva di Cristo non rimane inerte, ma cresce. Per crescere, per,

    ha bisogno di quel lettore che laccoglie nel terreno 00buono del proprio cuore. E una volta che

    laccoglie, anche il lettore cresce secondo le misure di Cristo e diviene egli stesso parola. C una

    dinamica vitale che aiuta a capire perch sulla prima pagina del Novum Testamentum Graecum,

    stampato la prima volta a Wrttemberg nel 1734 fosse scritto: Te totum adplica ad textum, textum

    totum adplica ad te (Applica tutto te stesso al testo, tutto il testo applicalo a te!)9.

    Bibliografia per lapprofondimento

    ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa,Messaggio al Popolo di Dio, (24 ottobre 2008).

    J. WICKS, La trasmissione della Rivelazione, in: Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale ecommento teologico, Piemme, Casale Monferrato, 2004, p. 614-626.

    I. DE LA POTTERIE, La Sacra Scrittura, in: Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale e commentoteologico, Piemme, Casale Monferrato, 2004, p. 620-626.

    E. BIANCHI ,Ascoltare la Parola. Bibbia e Spirito: la lectio divina nella Chiesa , Qiqajon, Bose (Magnano BI),2008.

    E. BIANCHI ,Lettura della Bibbia oggi, Qiqajon, Bose (Magnano BI), 2009.

    8GREGORIO MAGNO, Commento a Giobbe, XX,1.

    9Questo pensiero appartiene teologo protestante J. Albrecht Bengel (1687 - 1752).

    http://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/publishers.aspx?name=QIQAJONhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/publishers.aspx?name=QIQAJONhttp://www.libreriacoletti.it/publishers.aspx?name=QIQAJONhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZOhttp://www.libreriacoletti.it/publishers.aspx?name=QIQAJONhttp://www.libreriacoletti.it/authors.aspx?name=BIANCHI%20ENZO
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    INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO

    Sezione prima del CCC - Io credo Noi crediamo

    Terza parteLa risposta delluomo a Dio

    1. La risposta delluomo a Dio: la fedeLa prima sezione del CCC costituita da un trittico al centro del quale posto lincontro tra Dio e

    luomo nella Rivelazione. Nel pannello di sinistra vi raffigurato luomo capace di Dio, in quello

    di sinistra viene posta la sua apertura-accoglienza al mistero di Dio che si rivela: la fede. Il n. 142

    con cui si apre il capitolo lega la riflessione sulla fede alla Rivelazione. Dio stesso che parla agli

    uomini come ad amici e nellinvito alla comunione con lui rende possibile da parte delluomo

    laccoglienza di quella verit che intende affermare. In questo atteggiamento di accoglienza nascosta la fede.

    Nel linguaggio comune, credere viene usato come sinonimo di supporre, ritenere e il verbo

    generalmente seguito da una proposizione oggettiva: credo che piover. Credere, in questo

    senso, si distingue da sapere perch manca di certezza: non so esattamente se piover, mi limito

    a ritenerlo probabile. Non potendo sapere, devo per forza limitarmi a credere. Quanto pi una

    decisione importante, di conseguenza, tanto pi pericoloso prenderla in base a ci che credo e

    diventa necessario fondarla su ci che effettivamente so.

    Per la fede cristiana tale comprensione del credere fuorviante e mortifica la dignit della fede.Credo significherebbe infatti che, per quanto riguarda Dio, non posso sapere nulla e sono dunque

    condannato a restare nell'incertezza. Il vero sapere riguarda le cose che si possono vedere e

    toccare, che sono oggetto di verifica secondo quelli che, a quanto si dice, sono i criteri della

    scienza, o almeno del buon senso; Dio, per definizione, si colloca su un altro piano, di cui non si d

    un sapere, ma solo la fede, che per in questo quadro significherebbe solo affermare qualcosa

    (per esempio: Dio esiste; o: i morti risuscitano), e sperare che sia vero.

    C un secondo significato legato alla parola credere, in relazione alla fiducia accordata a

    qualcuno: ritengo che quel tale dica il vero (credere a). Il credere pu fondarsi semplicemente

    sulla verosimiglianza di quel che ha detto: in tal caso siamo vicini all'uso precedente; ma pu

    anche radicarsi in un rapporto di fiducia personale tra chi parla e chi ascolta. Credere a presenta

    dunque un'analogia con il credere cristiano perch, appunto, si tratta di aver fiducia.

    La confessione di fede, tuttavia, parla di credere in: non si tratta dell'unico uso cristiano del verbo

    (anche la fede crede che, cio si articola in contenuti precisi), ma di quello che esprime il rapporto

    con Dio. Eis (= in) , in greco, la particella che, associata ai verbi di moto, dice dell'entrare in un

    luogo. Credere dunque, in questa prospettiva, un percorso, una storia, prima e pi che un dato

    acquisito una volta per tutte. Pi precisamente, la storia del rapporto con una persona dalla

    quale ci attendiamo vita, gioia, futuro.

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    Anche qui, come nel credere a, questione di fiducia, ma in senso pi radicale. Chi crede in ascolta

    una promessa, che pu essere esplicita o implicita, ad essa si affida, in base ad essa si impegna.

    Ogni decisione, anche la pi banale (per es. alzarsi la mattina ad unora piuttosto che ad unaltra)

    presuppone un credere in, l'attesa di qualcosa di positivo che io non possiedo, ma che spero di

    ricevere compiendo quell'azione. In questo senso, credere in qualcosa, o qualcuno, non unacaratteristica dell'esperienza detta religiosa, ma fa parte della struttura dell'esistenza umana.

    Da questo e in questo credere fondamentale derivano e risiedono le oggettivazioni del credere, le

    verit credute (la fede anche credere che e non solo credere in) che hanno per senso per chi le

    accosta unicamente nella relazione portante del credere. 10

    Da dove nasce il credere in?

    I primi due numeri del cap. III del CCC (142-143) ripropongono la dinamica portante della fede

    ricordando che Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si

    intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con s (DV 2). La verit di Dio ilsuo amore che il suo mistero custodisce e apre. il collegamento alla Rivelazione accostata

    precedentemente.

    La fede la risposta a tale iniziativa damore, tra percezione di quanto gi dato e intuizione di

    una promessa ulteriore. Ho intravisto qualcosa di bello, di promettente per la mia vita e vorrei

    possederlo in pienezza, oltre le misure che gi mi hanno raggiunto. Come posso fare? Vedo che

    quella promessa sfugge ad ogni intento di cattura da parte mia. Essa si d nella logica di un dono,

    di unamicizia che mi offerta: scopro pertanto di non potervi rispondere se non con lo stesso

    linguaggio, con la stessa consegna di me stesso nellamore.Secondo una suggestiva etimologia medioevale 'credere' significherebbe 'cor dare', dare il cuore,rimetterlo incondizionatamente nelle mani di un Altro: crede chi si lascia far prigionierodall'invisibile Dio, chi accetta di essere posseduto da lui nell'ascolto obbediente e nella docilit delpi profondo del cuore. Fede resa, consegna, abbandono. Non possesso, garanzia, sicurezza. 11

    Ma proprio in virt di tale relazione che caratterizza la fede possibile intuirne le variabili, sulla

    disponibilit o meno di consegnarsi a tale relazione, sugli andirivieni da parte delluomo che

    caratterizzano lincontro con Dio, sul fatto di parteciparvi personalmente e insieme ad altri, sulle

    acquisizioni che la verit dischiude.

    Credere perci non evitare lo scandalo, fuggire il rischio, avanzare nella serena luminosit delgiorno: si crede non nonostante lo scandalo e il rischio, ma proprio sfidati da essi e in essi; chicrede cammina nella notte, pellegrino verso la luce. La sua una conoscenza nella penombradella sera, una cognitio vespertina, non ancora una cognitio matutina []. Credere significa

    10Si veda la distinzione agostiniana: credere Deo, credere Deum, credere in Deum. Credere Deo (credere a Dio) mettein evidenza lautorevolezza di Dio mentre si rivela: egli la verit; credere Deum (credere Dio) accentua loggettodella fede, le verit credute mediante lassenso della fede; credere in Deum (credere in Dio) sottolinea ladimensione dinamica della fede, il rapporto personale e storico con lui. Cf. R. F ISICHELLA, La risposta delluomo a Dio,in: Catechismo della Chiesa Cattolica. Testo integrale e commento teologico, Piemme, Casale Monferrato, 2004, p.636.

    11B. FORTE, Piccola introduzione alla fede, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) , 1992, p. 18.

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    stare sull'orlo di un abisso oscuro e udire la Voce che grida: gettati, ti prender fra le mie braccia(S. Kierkegaard).12

    Credere reca con s la dimensione del rischio nutrendo il sospetto che alla voce non corrisponda la

    presenza. La fede nasce dallascolto, ma si sviluppa nella collocazione di s, offrendo segni

    allinvisibile Amante che chiama e permettendogli di individuarci, di raccoglierci e di condurciallincontro pieno con lui. Solo in questo modo lincontro rispettoso di una libert che consente

    di collocarsi reciprocamente senza ignorarsi, ma anche senza sopraffarsi.

    2. Io credoIl CCC articola la riflessione sulla fede nella prospettiva del soggetto credente, singolo e comunit.

    Io credo, noi crediamo. Fede personale e fede comunitaria, come gi si visto, si appartengono e si

    sostengono.

    Il catechismo presenta innanzitutto latto di fede personale. Io credo.

    Lobbedienza della fede.

    Lespressione alla quale frequentemente il CCC riconduce la fede quella di obbedienza che allude

    allascolto (ob-audire), termine molto presente in Paolo, specie nella Lettera ai Romani nel quale

    risuona tutta la forza dello Shema Israel, la preghiera-professione di fede con cui Israele manifesta

    la sua volont non solo di ascoltare ma anche di mettere in pratica la Parola del suo Signore.

    Dt 6,4 Ascolta, Israele: il Signore il nostro Dio, unico il Signore. 5 Tu amerai il Signore, tuo Dio,con tutto il cuore, con tutta lanima e con tutte le forze. 6 Questi precetti che oggi ti do, tistiano fissi nel cuore. 7 Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua,

    quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

    8

    Te li legherai alla manocome un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tuacasa e sulle tue porte.

    Vi lesigenza di unificare tutta lesistenza del credente nellobbedienza totale a Dio riconosciuto

    come Signore allinterno di una relazione damore.Il riferimento biblico allesperienza del credere

    pu essere utile anche per recuperare tutta la variet e la forza dei significati con cui la Bibbia

    presenta la fede. I significati pi comuni collegabili alla radice ebraica aman alludono

    allesperienza della stabilit, dellappoggiare su qualcuno/qualcosa di solido. Ma se non crederete,

    non avrete stabilit (Is 7,9). I due verbi utilizzati sono in realt nel testo ebraico sempre lo stesso:

    credere sinonimo di stabilit. Se non si crede non si ha stabilit. Se non si ha stabilit in unaparola inviata perch possa essere accolta, non si potr conoscere ulteriormente ci che tale

    parola potrebbe dischiudere.

    Ma oltre i termini il CCC presenta la fede mediante le esperienze personali proponendo in una

    sorta di inclusione gli inizi e il compimento della vicenda della fede attraverso lesperienza di

    Abramo e di Maria. Si tratta di vicende personali ( io credo) che divengono per vicenda dellunico

    popolo di Dio (noi crediamo) e di cui ogni esistenza cristiana si nutre. E tra Abramo e Maria vi sono

    tutte le altre esperienze credenti, altrettanto necessarie per cogliere variet e intensit mediante

    si d la vicenda della fede.

    12B. FORTE, Piccola introduzione alla fede, p. 18.

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    Abramo d avvio ad unesperienza obbedienziale che nella fede lo costituisce padre di ogni

    credente, perch ogni ricerca in Dio, anche cristiana, prosecuzione della sua. Abramo, vostro

    padre, esult nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegr (Gv 8,56). per aver

    creduto alla Parola, che tanti si fecero stranieri e pellegrini sopra la terra, dimostrando cos di

    cercare una patria (Eb 11, 13s).

    Maria vive unobbedienza nella quale si compie una beatitudine che da lei si diffonde al discepolo.

    Lei beata perch, obbediente, ha creduto alla Parola (Lc 1,45) e ne ha consentito laccesso nella

    sua vita e nel mondo nella nascita del suo Figlio, il discepolo beato perch mediante la sua

    incarnazione nellobbedienza di Maria, il Cristo mediante la sua Parola ancora accolto e

    generato: Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in

    pratica. (Lc 8,21).

    So a chi ho creduto

    Nel primo approccio il catechismo mette maggiormente in evidenza la fides qua, latteggiamento

    mediante il quale si aderisce a Dio, nel secondo lafides quae, i contenuti della fede creduta.

    santAgostino che propone per la prima volta limportante riflessione sui due aspetti costitutivi

    della fede cristiana, la fides quae e la fides qua. Agostino, a partire dalla Sacra Scrittura, mostra

    come esistano realmente queste due dimensioni nellunico atto di fede: la fede in Dio non

    identica in tutti perch la grazia ricevuta e labbandono nella fiducia alla volont di Dio possono

    essere grandi o piccole (fides qua, la fede con cui si crede, cio la fiducia con cui ci si abbandona

    a Dio), ma, daltro canto, la fede sempre una sola e identica, perch fede nella Trinit (fides

    quae, la fede che crede nellunico e identico Dio nel quale credono tutti i cristiani, la fede che haaccolto la rivelazione del Padre nel suo figlio Ges, la fede sintetizzata e proclamata nel Simbolo di

    fede). 13

    I nn. 150-152 del CCC presentano il contenuto trinitario della fede cristiana, il mistero cui si ha

    accesso nel momento in cui si permane stabili (Is 7,9) nellinvito alla comunione che Dio rivolge

    alluomo e ad esso vi si acconsente con lossequio dellintelligenza e del cuore. Viene consegnato

    in nuce quello che sar oggetto di una trattazione pi estesa nei capito li successivi. come se il

    CCC volesse consegnarci la chiave di accesso. Dio suscita la fede nel cuore delluomo per condurlo

    alla scoperta dellamore trinitario. Quella scoperta possibile perch il mistero di Dio si aperto

    mediante Cristo e il dono dello Spirito Santo. Impensabile parlare di Dio senza Ges Cristo e

    insensato guardare a Ges senza cogliere tutta la profondit di Dio. Solo alla luce del mistero

    Trinitario si comprende la vita di Ges e si rende ragione dei motivi e condizioni di possibilit della

    sua incarnazione, passione, morte e risurrezione. Solo alla luce di Ges e del suo modo di vivere la

    sua umanit e la sua missione trova senso e comprensione il mistero di Dio.

    13 Cf. AGOSTINO, De Trinitate 13, 2, 5.Cos scrive Agostino:Una cosa ci che si crede, altra cosa la fede con cui sicrede (aliud sunt ea quae creduntur, aliud fides qua creduntur).[...] Quando Cristo dice: O donna, grande la tuafede, ed ad un altro: Uomo di poca fede, perch hai dubitato?esprime con questo che ciascuno ha una fede che gli

    propria. Ma si dice che coloro che credono le stesse cose hanno una sola fede, allo stesso modo che coloro chevogliono le stesse cose hanno una sola volont. Queste due dimensioni sono inscindibili: ci si pu fidare di Dioproprio perch lo si conosce ma, daltro canto, conoscendolo, non possibile non affidargli tutta la vita.

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    In questo paragrafo ci viene consegnato il mistero del Dio cristiano come dinamismo da cui la fede

    proviene e come oggetto della fede creduta. La fede infatti risposta alliniziativa damore del

    Padre che si rivela mediante il Figlio nello Spirito.

    Gv 6,44 Nessuno pu venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato (cf. anche Gv 6,65).

    Gv 14,6 Gli disse Ges: Io sono la via, la verit e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di

    me. 7 Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto.

    1Cor 12,3 Ebbene, io vi dichiaro [] nessuno pu dire Ges Signore se non sotto l'azione dello

    Spirito Santo.

    Il dinamismo trinitario della fede, la sinergia nella quale le tre Persone divine agiscono per attirare

    a s, ne dischiude loggetto, consentendo di affacciarsi sul monote ismo trinitario. Leconomia

    divina che rende possibile lapertura delluomo a Dio mediante lazione del Padre, del Figlio e dello

    Spirito consente di cogliere lidentit di ciascuno e nello stesso tempo il mistero di comunione che

    le raccoglie nella perfetta unit. La fede cristiana rivolta a ciascuna delle tre Persone divine e nelsolo Dio che esse costituiscono.

    Le caratteristiche della fede

    Il CCC richiama nei nn. 153-160 la struttura dellatto di fede. Rispetto alla forza che lesperienza

    della fede reca con s, tale osservazione dettagliata sembra inopportuna e inappropriata per

    rendere ragione di una realt viva e coinvolgente che reca con s qualcosa di ineffabile. Lo sguardo

    sulle caratteristiche consente per di salvaguardare la realt della fede perch nessuno dei suoi

    presupposti fondamentali le venga a mancare, snaturandone o perdendone lidentit.

    - La fede una grazia. Grazia il termine che indica lagire gratuito e sorprendente dellamoredi Dio, la sua karis sovrabbondante. Lesperienza di Pietro emblematica: egli confessa che

    Ges il Cristo, il Figlio del Dio vivente non sulla base delle sue elucubrazioni, ma per azione

    divina (Mt 16,17). Non possibile credere se Dio non previene e soccorre con gli aiuti interiori

    dello Spirito Santo (DV 5): apparirebbe insensato. Lo Spirito (lAmore) rende plausibile il

    credere facendo intuire la possibilit di una nuova forma di conoscenza nellamore. E lamore

    bussa dolcemente alla porta, irrompe ma non travolge. Lesperienza di fede di Pietro stesso

    pur beato perch mosso dalla grazia a riconoscere il mistero di Ges, non esaurisce in tale

    circostanza la sua conoscenza, ma si lascia trasportare ulteriormente dalla grazia che

    recuperer anche il suo rinnegamento (Gv 21,15). Quando nella fede si parla di grazia vi a

    volte un certo fraintendimento che porta a ritenere che essa sia data solo a qualcuno, sulla

    base di un arbitrale (o arbitrario!) giudizio di Dio. In tal senso si cerca di spiegare il fatto che

    alcuni credono e altri non vi arrivano. Occorre ricordare innanzitutto che i confini tra fede e

    incredulit non sono ben marcati; i credenti sono tentati di non credere e viceversa, come

    quelluomo che diceva a Ges: Credo, aiutami nella mia incredulit (Mc 9,24). Grazia sta

    invece a indicare la gratuit dellintervento da parte di Dio da cui scaturisce la fede, la sua

    provenienza altrarispetto alluomo e alle sue capacit, la ricchezza di un dono offerto a tutti

    perch Dio fa sorgere il suo sole su tutti i suoi figli. Grazia ricorda che ogni iniziativa credenteproviene da Dio che chiama tutti gli uomini alla comunione con lui mediante una potentia

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    oboedientialis , una capacit (potentia) di apertura e abbandono a Dio che egli nasconde nel

    cuore di ciascuno dei suoi figli ma che si sviluppa con un atteggiamento obbedenziale,

    riconoscendo cio la presenza di un dono e acconsentendo che esso possa germogliare e

    crescere.

    - Lazione della grazia non sminuisce luomo e la sua intelligenza e non ne contraddice lalibert. Il CCC evoca la normalit del credere nellesperienza umana. Luomo nelle sue relazioni

    ed esperienze vive di fede ed proprio il prestare fede che gli consente una pi attenta

    conoscenza della realt, diventando pi autenticamente uomo, in tutte le sue facolt. Basti

    pensare allesperienza dellamore: essa nasce da una fede percepita e accordata nei confronti

    dellaltro e tale atteggiamento consente una conoscenza dellaltro che, al di fuori di un

    rapporto di reciproca fede, sarebbe impensabile. La fede da una parte accorda una ragionevole

    adesione alla Rivelazione di Dio sulla base di unintuizione promettente (la potentia

    oboedientialis), dallaltra schiude alla ragione lorizzonte di una comprensione pi profonda

    della realt. La fede va oltre la ragione, ma la ragione guida, difende e fortifica la fede perch

    non diventi fideismo, ma sia apertura coraggiosa e intellettualmente corretta alla conoscenza

    della verit. Come ricorda la Fides et ratio: La fede e la ragione sono come le due ali con le

    quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verit. E Dio ad aver posto nel

    cuore dell'uomo il desiderio di conoscere la verit e, in definitiva, di conoscere Lui perch,

    conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verit su se stesso. 14

    La fede come atto umano nella sua alleanza con la ragione costituisce anche un vaglio critico

    sullidea di uomo. A salvaguardia delluomo non vi semplicemente il credere (tutte le religioni

    si sviluppano su atteggiamenti credenti) ma anche la conoscenza delluomo che ne deriva,lantropologia di riferimento. La ragione consente di accostare e di confrontare differenti

    antropologie, di coglierne ricchezze, limiti e prospettive: quale idea di uomo nellislam, nel

    buddismo, nellinduismo? Non basta trovare luomo, bisogna trovare anche unantropologia

    convincente. La fede cristiana mentre sottolinea la fede come atto umano, pone di fronte al

    credente luomo Ges e nella sua umanit cerca e indica le proprie misure antropologiche. Una

    fede che renda uomini come autenticamente stato uomo Ges.

    - Lattenzione alluomo porta a sviluppare un ulteriore approfondimento: fede e intelligenza(CCC 156-159) nel quale vi la questione della certezza del credere. Senza tale certezza nonsarebbe plausibile il credere perch verrebbe meno la natura stessa delluomo: non si d un

    atto definitivo su una premessa instabile e incerta. Ma la certezza nel caso della fede non

    precedente ad essa ma connaturata allatto stesso del credere: verit che si dischiude nel

    momento in cui la si accoglie e ad essa ci si abbandona. necessario per aprirsi ad unidea

    della verit che dallaccezione filosofica greca (verit come perfezione dellessere

    immediatamente percepita e intellettualmente contemplata) muova verso lidea cristiana di

    verit come manifestazione della Rivelazione di Dio in un evento storico e nello spazio di un

    divenire che reca gi in s il compimento finale. In tale dinamismo la verit apre uno spazio di

    partecipazione nel quale anche il credente viene inserito, divenendo manifestazione della14

    GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Fides et ratio (1998), incipit.

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    verit stessa. La verit in s percepita come verit per me. Significativo il vangelo di Giovanni.

    La verit di Dio appartiene al mistero dellincarnazione del Verbo e al suo dimorare tra gli

    uomini: in quel momento, osserva levangelista noi vedemmo la sua gloria, gloria come di

    unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verit (Gv 1,14). La verit inseparabile dalla grazia

    con cui si manifesta e mediante la grazia il credente coinvolto nella verit stessa, non nellasemplice contemplazione intellettuale, ma in un dinamismo vitale. La preghiera di Ges per i

    discepoli, alla vigilia della sua morte in croce, Padre, consacrali nella verit (Gv 17,17). Ma

    esserne consacrati significa accoglierne tutta la manifestazione tra dato e promesso, tra

    presente, passato e futuro, sapendo che la verit incrociando questo mondo con gesti e parole

    non solo ne raccoglie le potenzialit, ma ne risente anche dei limiti. Nella finitezza del tempo e

    dello spazio risuona leterno, l'infinitezza di Colui, che Signore del cielo e della terra. Per

    quanto le realt del nostro mondo si dilatino per accogliere e veicolare il divino, esse

    rimangono finite, determinate dal proprio orizzonte. Leccedenza del mistero rimane infinita e

    mai detta e compresa in modo esauriente e adeguato. Lo stesso Cristo, verit di Dio e pienezzadella Rivelazione lo in quanto esprime nella maniera pi alta e pi densa possibile quanto di

    Dio a noi reso accessibile; ma vi unulteriorit che egli non dimentica, alla quale rinvia e

    della quale via (cf. Gv 14,6). In tal modo Dio rivelandosi si vela; comunicandosi si nasconde;

    parlando mostra il proprio silenzio. Il suo avvicinarsi apre a una lontananza infinita; il suo

    avvento per noi promessa e nostalgia della Patria.

    E qui la fede, seconda la celebre definizione di Anselmo dAosta, cerca di comprendere (fides

    quaerens intellectum), fidandosi della Parola udita senza sedervisi sopra, lasciandosi guidare

    dallo Spirito verso tutta intera la verit (Gv 16,13). La fede si fa ricerca, provocata e nutritadal racconto della rivelazione, inquietudine santa che non lascia l'uomo dove lo ha trovato,

    ma lo seduce e l'attira verso un pi vasto orizzonte. E, pellegrina verso una luce sempre pi

    grande, ogni tanto la fede si ferma per dire la luce raggiunta, non per fermare la ricerca, ma

    per darle un appoggio che l'aiuti a comunicarsi e ad andare oltre.

    I pensieri della fede non sono lastre tombali, ceppi che frenino la sete della vita e dellaconoscenza, ma pietre miliari, tappe di un cammino aperto, nutrito di ascolto e di dialogo:pensieri nella speranza. L'atto di fede non si ferma, insomma, all'enunciato, ma cerca, come ilcuore di un innamorato, attraverso di esso il volto dell'Altro: Actus autem credentis nonterminatur ad enuntiabile, sed ad rem (S. Tommaso, Summa Theol. IIa IIae q. 1 a. 2 ad 2um). La

    fede denuncia la provvisoriet di ogni conoscenza del Tutto e ne ricorda il carattere di balbettiodel Mistero, di meraviglia coscientizzata, aperta ancora e sempre alle sorprese di Dio. Perfino la

    professione di fede inizio del Mistero, apertura sull'infinito, finestra sull'illimitato: anche ildogma non lastra tombale, ma pietra miliare! Articulus (fidei) est perceptio veritatis tendens inipsam (Summa Theol. IIa IIae q. 1 a. 6 sed contra). E cos che la fede, nutrita di ascolto e dirisposta, ricerca il volto di Colui, che vuole essere trovato, e, trovatolo, non cessa di cercarLo,perch la Sua occultezza suscita il desiderio di trovarLo e la Sua immensit quello di cercarLoancora.15

    15 B. FORTE, Il dialogo della fede. La sfida del Dio vivo, lassenso credente e la trasmissione della fede , Discorso allaPrima Assemblea Diocesana dei Catechisti di ChietiVasto Domenica 12 febbraio 2006. V. Sito diocesi.

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    Il CCC insiste sulla necessit del rapporto comprendere-credere e conclude con il sintetico

    sguardo di Agostino per il quale il pensiero della fede non pu e non deve mai rinunciare alla

    sua natura dialogica e interrogativa: la razionalit del credere non si oppone alla vita della

    fede, la nutre anzi e l'esprime. Intellige, ut credas!. Il primato della fede non annulla

    l'intelligenza credente, l'esige, anzi, e la stimola: Crede, ut intelligas!.

    In tal senso si pu comprendere anche la non opposizione di fede e scienza, poich sul terreno

    della ricerca scientifica, possibile grazie allintelligenza delluomo creata da Dio, quella stessa

    intelligenza pu aprirsi a ragioni superiori che muovono le cose.

    La fecondit di questo incontro si manifesta, in maniera peculiare e creativa, anche nell'attualecontesto umano e culturale, anzitutto in rapporto alla ragione che ha dato vita alle scienzemoderne e alle relative tecnologie. Una caratteristica fondamentale di queste ultime infattil'impiego sistematico degli strumenti della matematica per poter operare con la natura e mettereal nostro servizio le sue immense energie. La matematica come tale una creazione della nostra

    intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell'universo - che ilpresupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, gi espressamente formulato daGalileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura scritto in linguaggiomatematico - suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda.

    Implica infatti che l'universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista unacorrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura.Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un'unica intelligenza originaria, che sia lacomune fonte dell'una e dell'altra. Cos proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riportaverso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all'irrazionale, al caso e allanecessit, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libert.

    Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalit, riaprirlaalle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nelpieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nellaconsapevolezza dell'intrinseca unit che le tiene insieme. questo un compito che sta davanti anoi, un'avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla culturadel nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza.16

    - La questione della libert dellatto di fede. Se si afferma la certezza della verit, sono libero discegliere o sono legato allevidenza di tale certezza? In tal caso quanto posso essere libero? Si

    visto che la verit cristiana non una mera adesione intellettuale a una realt

    immediatamente compresa ma piuttosto una percezione in divenire nella quale la verit

    data e promessa. E nello spazio della promessa custodita la libert di rispondere aduniniziativa che rimane invito e non costrizione. La libert autentica quella che supera le

    barriere dellimmediatamente accertabile (perch sempre di barriere si tratta, di limite alla

    libert di ricerca!) e consegna il proprio finito ad un infinito che non mette limiti alla libert. La

    fede cristiana si d nel paradosso di un Dio che rispetta a tal punto la libert delluomo da

    considerare e accettare il fatto che quelluomo non lo accolga. Ma in quel momento chi

    offrirebbe garanzie autentiche alla libert delluomo? Dove luomo potrebbe colmare linfinito

    anelito alla libert? Sarebbe una libert prigioniera di se stessa e delle sue pretese e forse

    16 Discorso di Sua Santit Benedetto XVI in occasione del IV Convegno della Chiesa Italiana. Fiera di Verona, 19ottobre 2006.

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    surrettiziamente segnata da altre dominazioni che pesantemente la possono condizionare

    fino a decretarne la perdita. lincontro con la Rivelazione e cio con la verit dellamore di

    Dio in Cristo che garantisce la libert, perch le indica la destinazione autentica e infinita. Ecco

    perch Ges indica la verit come strada per la libert:

    Gv 8,31 Ges allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: Se rimanete fedeli alla miaparola, sarete davvero miei discepoli; 32 conoscerete la verit e la verit vi far liberi. 33 Glirisposero: Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoitu dire: Diventerete liberi?. 34 Ges rispose: In verit, in verit vi dico: chiunque commette ilpeccato schiavo del peccato. 35 Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio viresta sempre; 36 se dunque il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero.

    - La necessit della fede, la perseveranza nella fede e la fede come inizio della vita eterna sonotematiche collegate e trovano il loro denominatore comune nel rapporto fede-salvezza. La

    salvezza cristiana partecipazione alla vita eterna, al destino di comunione con Dio nel seno

    della Trinit. Ma quella comunione gi presente nellesperienza stessa dell a fede nella qualegi si apre la vita eterna. Si tratta dunque di accogliere un rapporto di comunione e di

    perseverare in esso, sapendo che esso conduce di fede in fede, fino alla comunione piena nella

    quale Dio sar tutto in tutti. Per questo senza la fede impossibile essere graditi a Dio (Eb

    11,6): non si tratta tanto di raggiungere un premio, quanto di affermare una condizione tra gi

    e non-ancora che nel cammino dei giorni non fa che anticipare il Giorno senza tramonto. Solo

    nella fede tale giorno avanza e strappa luomo dalle tenebre e dallombra di morte (Lc 1,79).

    Questo non conduce a decretare la perdizione eterna di alcuno: fatte salve le motivazioni che

    sottendono al principio senza la fede impossibile essere graditi a Dio, si tratta anche di

    osservare se vi siano situazioni apparentemente prive di fede che alla fede siano orientate. E sitratta di orientare latto personale del credere ad una solidariet comunionale che lo sostiene

    anche quando debole o vacillante. Ecco perch il CCC alla trattazione su io-credo fa seguire

    quella legata al noi-crediamo.

    3. Noi crediamoLa fede pur essendo un atto personale non mai un atto isolato. Il CCC strappa la fede dal rischio

    del soggettivismo e la riconduce nella comprensione ecclesiale ricordando la relazione tra la

    professione di fede battesimale in prima persona singolare e la formulazione dei Concili ecumenici

    in prima persona plurale (CCC 167).

    Noi crediamo il noidella comunit apostolica, della Chiesa: allora il singolo io credo, necessario

    alladesione personale di ciascuno, si colloca originariamente dentro il noi crediamo. Quindi il

    soggetto che pi propriamente dice Io credo la Chiesa e in essa ogni cristiano formula il

    proprio io credo.

    Lo stretto e interdipendente rapporto personale e comunionale ha una motivazione ulteriore. Se

    latto di fede, infatti, specificato dal suo oggetto, loggetto della fede il Dio trinitario nel quale

    ciascuna delle persone ritrova se stessa nella direzione dellAltro, senza confusione, senzaseparazione. Cos anche i credenti: ciascuno ritrova se stesso, la propria fede nellunica fede che la

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    Chiesa custodisce, senza soprafazione e alcuna e senza venir meno. Noi crediamo il luogo in cui

    laffermazione io credo non viene assorbita, ma trova la sua corretta e propizia collocazione.

    Una collocazione che restituisce il credente al prezioso dinamismo tra gie non ancora, tra dato e

    promessa, in cui la Chiesa, anchessa in cammino sulla strada della fede, di tale strada giintravede e anticipa il compimento, come segno e strumento di una comunione con Dio gi

    attuata e accessibile. Questa ricchezza non appartiene al singolo, ma a tutta la Chiesa con tutto ci

    che fa e dice, anche con la ricerca di una formulazione che consenta di esprimere, comprendere e

    trasmettere la fede.

    Il linguaggio della fede non fatto solo di formule: ogni modalit con cui la Madre Chiesa

    insegna ai suoi figli a parlare. Vi sono tuttavia alcune formule che la chiesa custodisce come

    grammatic