Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente ... · favorenti quali diabete,...
Transcript of Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente ... · favorenti quali diabete,...
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 215
Review
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organonel paziente con insufficienza renale cronica
Antonio LupoDirettore Divisione Clinicizzata diNefrologiaAzienda Ospedaliera- Universitaria diVeronaDivisione di NefrologiaOspedale Civile Maggiore37126 VeronaTel: 045-8122528Fax : 045-915176e-mail : [email protected]
Dyslipidemia, inflammation and organ damage in chronic kidney disease
SummaryCardiovascular disease is commonly found in patients with chronic kidney disease (CKD) and is associated withaccelerated atherogenesis and increased cardiovascular mortality. Dyslipidemia and subclinical inflammationmay be the two major contributors to this process, as is suggested by the activation of both local and systemicinflammatory markers. In this paper we review the most recent available data on the topic, as well as theencouraging results of a recent clinical trial with statins and n-3 series polyunsaturated fatty acids (PUFA), bothuseful in reducing inflammation and cardiovascular mortality and morbidity.
Lupo A. Dyslipidemia, inflammation and organ damage in chronic kidney disease. Trends Med 2007; 7(4):215-226.© 2007 Pharma Project Group srl
Key words:inflammationrenal diseaseatherosclerosis
Epidemiologia dellemalattie renali cronichee insufficienza renalecronica
Si definisce Malattia RenaleCronica (MRC) la presenzapersistente (per almeno tremesi) di alterazioni urinarie(microalbuminuria o protei-nuria) o anatomiche renali ola riduzione della funzionerenale stimata come riduzio-ne del Volume di FiltrazioneGlomerulare (VFG)1. Secon-do questa definizione le malat-tie renali croniche sono classi-ficate in 5 stadi (tabella 1).Con valori di filtrato glome-rulare <60 mL/min si ponediagnosi di Insufficienza Rena-le Cronica (IRC). Il problemadelle malattie renali cronichee dell’insufficienza renale cro-nica è considerato di “salutepubblica” per diverse conside-razioni. In primo luogo per-ché il numero di pazienti cheannualmente necessita di dia-lisi per la perdita completadella funzione renale è in pro-
gressivo aumento (tasso di cre-scita stimato 5-7% annuo) intutto il mondo2. In secondoluogo perché questo progres-sivo aumento di IRC è princi-palmente legato al progressi-vo invecchiamento della po-polazione e all’aumento cre-scente di patologie cronichefavorenti quali diabete, iper-tensione ed aterosclerosi, aloro volta conseguenze di stilidi vita scorretti (obesità, fumo,sedentarietà).Circa il 50% dei pazienti cheannualmente inizia la dialisi hauna età superiore ai 65 anni eil 40% presenta patologie va-scolari o diabetiche quale cau-sa di uremia. Ne consegue chela popolazione con IRC e intrattamento dialitico non soloaumenta progressivamente dinumero, ma è caratterizzatada una sempre maggior preva-lenza di soggetti anziani conimportanti fattori di co-mor-bilità soprattutto vascolari:coronaropatia, pregresso IMAo ictus, vasculopatia periferi-ca, scompenso cardiaco.
216 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
A. Lupo
Negli USA circa l’11% dellapopolazione è portatrice diMRC e il 5% è portatore diIRC di diversa gravità3. Studieuropei riportano dati di pre-valenza simili4. Estrapolandoqueste percentuali all’Italia sipuò ragionevolmente stimareche, oltre ai 43.000 pazienti intrattamento dialitico ve ne si-ano diverse centinaia di miglia-ia con insufficienza renale cro-nica e milioni con malattie re-nali croniche in diverso stadio.
Complicanzecardiovascolari
Oltre al rischio di dialisi, unaltro dato epidemiologico cherende la MRC un problemarilevante per la salute pubbli-ca è il rischio che questi pa-zienti hanno di svilupparecomplicanze cardiovascola-ri5,6. Per molti anni si è ritenu-to che l’aumentata mortalitàcardiovascolare fosse unacomplicanza prevalentementesolo nei pazienti giunti allaterapia dialitica. In effetti il ri-schio di morte cardiovascola-re nei pazienti in dialisi è assaimaggiore rispetto a quello do-cumentato in soggetti norma-li di pari età7. Studi epidemio-logici più recenti, tuttavia,hanno chiaramente dimostra-to che tale incremento del ri-schio non è limitato ai pazientiin dialisi ma è presente in tut-ti i pazienti con MRC (anche
in quelli con funzione renaleapparentemente normale) edaumenta progressivamentecon la riduzione del filtratoglomerulare. Nei pazienti conMRC, quindi, il rischio dimorte per un evento cardio-vascolare è superiore al rischiodi arrivare in dialisi e il rischioè continuo e progressivo dallefasi di microalbuminuria allainsufficienza renale terminale.Tali dati sono ormai consoli-dati, per cui anche le societàscientifiche internazionali ri-tengono che la presenza di unaMRC, anche se si manifestasolo con microalbuminuria,debba essere considerata unrischio cardiovascolare forte eindipendente e che i pazienticon MRC debbano essere va-lutati e trattati come pazientiad alto rischio8.Numerosi dati epidemiologi-ci legano strettamente le MRCe il rischio cardiovascolare(RCV) sia in studi di comuni-tà (popolazione generale) siain popolazioni a rischio (es.ipertesi).Weiner analizzando i dati di 4studi di comunità (escludendosoggetti che avevano una pa-tologia cardiovascolare dibase) dopo un periodo di os-servazione di 8 anni ha docu-mentato, nei soggetti conVFG <60 mL/min una com-parsa di eventi cardiovascola-ri (infarto, coronaropatia,stroke, morte) superiore a
quella che si verificava nei sog-getti con VFG >60 mL/min9.Gli eventi CV, per 1000 per-sone/anno erano 42 nei sog-getti con VFG <60 ml vs 16in quelli con VFG > 60 mL/min. Il Rischio Relativo “ag-giustato” per la eventuale pre-senza di altri fattori di rischio(diabete, età, ipertensione, fa-miliarità, etc) è risultato supe-riore del 20% nei pazienti conIRC.Un aumentato rischio di even-ti CV nei pazienti con IRC èstato documentato in un altrostudio di comunità, in cui laincidenza di eventi CV era del4.8% nei soggetti con VFG>60 mL/min vs 9.3% nei sog-getti con VFG <60 mL/min10.Un’analisi del DataBase delKaiser Permanente Center(una delle maggiori compa-gnie assicurative negli USA),eseguita su 28.000 pazienti conMRC in diversi stadi seguitiper 5 anni, ha dimostrato chela percentuale di pazienti giun-ti in dialisi era del 3%, mentrela percentuale di pazienti mor-ti (soprattutto per cause CV)era del 25%11. In particolare lapercentuale di dialisi vs morteera: 1.1 vs 19.5% nello stadio2 di MRC (VFG 60-89 mL/min); 1.3 vs 24.3% nello sta-dio 3 (VFG 30-59 mL/min);20 vs 46% nello stadio 4 (VFG15-29 ml/min).Sempre utilizzando il DataBa-se del Kaiser Permanente Cen-
Stadio Descrizione VFG (mL/min)
1 Danno renale (microalbuminuria, proteinuria) con ≥90VFG normale o aumentato
2 Danno renale con lieve riduzione VFG 60-89
3 Moderata riduzione del VFG 30-59
4 Grave riduzione del VFG 15-29
5 Insufficienza renale terminale < 15 o dialisi
Tabella 1. Stadi di malattia renale cronica.
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 217
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente con insufficienza renale cronica
ter e con i dati relativi ad ol-tre 1 milione di assicurati, Goha definito meglio il rapportofra declino della funzione re-nale ed aumento del rischiocardiovascolare12. Fatto 1 ilrischio di eventi CV nel grup-po di soggetti con VFG >60mL/min tale rischio diveniva1.4 (cioè aumentava del 40%)nei soggetti con VFG compre-so fra 59 e 45 mL; 2.0 (cioè rad-doppiava) nei soggetti conVFG compreso fra 45 e 30mL/min; 2.8 (quasi triplicava)nei soggetti con VFG <30mL/min (figura 1).Il rapporto fra MRC e RCV èancora più evidente in popo-lazioni a rischio quali gli iper-tesi. Anche in questa popola-zione diversi studi hanno di-mostrato come il rischio dieventi cardiovascolari, anchemortali, fosse nettamente estatisticamente superiore neipazienti con MRC, e questadifferenza di rischio si confer-mava anche dopo correzioneper gli altri fattori di rischioclassici presenti13-15. In partico-lare lo studio PIUMA ha evi-denziato che variazioni della
creatininemia anche nell’am-bito dei parametri consideratiancora di normalità (quartilidi normalità) si accompagna-va ad aumento significativo dieventi CV16.Recentemente, infine, si è di-mostrato in un ampio studio
epidemiologico che la sola pre-senza di microalbuminuria (insoggetti non diabetici, nonipertesi e senza altri fattori dirischio) è predittiva della com-parsa di eventi cardiovascola-ri essendo associata con unaumento del rischio di morteCV del 30%17. Si può quindiaffermare che la presenza diuna malattia renale cronica siaccompagni in tutti i suoi sta-di (dalla microalbuminuriaalla insufficienza renale) ad unaumento del rischio CV inmaniera progressiva, raggiun-gendo il massimo nei pazientiin dialisi, dove diversi e com-plessi fattori concorrono aquesti eventi.
Fattori di rischiocardiovascolare nellemalattie renali croniche
I fattori di rischio “tradiziona-li” (ipertensione, fumo, disli-pidemia, diabete, familiarità)da soli non giustificano l’au-
Figura 1. Relazione fra volume di filtrazione glomerulare (VFG) edeventi cardiovascolari. Per pazienti “sani”, ovvero con VFG ≥60 mL/min il rischio è stato posto pari ad 1. (Dati da Go et al 200412).
3
2
1
0
>60 45-60 30-45 <30
VFG (mL/min)
RC
V
Tradizionali Non-tradizionali
Ipertensione arteriosa Albuminuria
Diabete Iperattività SRAA
Fumo Iperattività simpatica
Obesità Stress ossidativo
Dislipidemia Infiammazione
Iperomocisteinemia
Lipoproteina(a)
LMW Apo(a)
ADMA
Fattori trombogenici (fibrinogeno)
AGEs
Alterato equilibrio NO/ET
Anemia
Alterazioni Ca-PO4
Legenda: SRAA: Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone; ADMA:DimetilArgininaAsimmetrica; AGEs: Prodotti di Glicazione avanzata;
NO: Ossido Nitrico; ET: Endotelina; Ca-PO4: Calcio-Fosforo
Tabella 2. Fattori di rischio cardiovascolare tradizionali ed “emer-genti”: molti fattori non-tradizionali sono peculiari della malattiarenale cronica.
218 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
A. Lupo
mentato rischio cardiovasco-lare che i pazienti con MRChanno in tutti gli stadi dellamalattia. Infatti, anche se lapresenza di questi fattori dirischio è più elevata nei pa-zienti nefropatici rispetto allapopolazione generale, e moltidi essi possono essere respon-sabili anche dell’insorgenzadella malattia, tutti gli studihanno evidenziato che il ri-schio rimane significativamen-te più elevato nei pazienti ne-fropatici anche dopo correzio-ne per i fattori tradizionalieventualmente presenti.Accanto ai fattori di rischiotradizionali negli ultimi annisono stati documentati, neipazienti con MRC, una seriedi altri fattori definiti “emer-genti o non-tradizionali” (ta-bella 2), che possono esserepresenti già nelle prime fasidella malattia e la cui preva-lenza e ruolo aumentano pro-gressivamente con la riduzio-ne del FG18-23.Questi fattori di rischio non-tradizionali, molti dei qualipeculiari dei pazienti conMRC, possono agire da soli o
Per cercare di ridurre l’enor-me impatto delle complican-ze cardiovascolari nella storianaturale dei pazienti conMRC sarebbe perciò necessa-rio un trattamento tempesti-vo, cioè già nelle fasi inizialidel danno renale, sia dei fatto-ri tradizionali che di quelliemergenti24. Fra i vari fattoritradizionali e non-tradiziona-li focalizzeremo l’attenzionesu due di essi: 1) la dislipide-mia ; 2) l’infiammazione.
Ruolo della dislipidemia
Alterazioni lipidiche sono co-muni nei pazienti con MRC ela loro prevalenza varia in fun-zione della eventuale presen-za di proteinuria-sindromenefrosica e dello stadio dellamalattia25-28.Si ritiene che queste alterazio-ni del profilo lipidico contri-buiscano in maniera significa-tiva agli elevati tassi di morbi-lità e mortalità cardiovascola-re di questi pazienti. Convin-centi dati della letteratura pro-venienti da studi epidemiolo-gici indicano, inoltre, che al-terazioni lipidiche possonoessere responsabili della com-parsa di malattie renali croni-che29,30 e della progressionedelle stesse31,32. Il rapporto fradislipidemia e malattie renalicroniche è perciò complesso
Figura 2. Possibili relazioni fra fattori di rischio e complicanzecardiovascolari nelle malattie renali.
in sinergia con quelli tradizio-nali nel determinismo dellapatologia cardiovascolare es-sendo stato ipotizzato chequelli emergenti possano am-plificare l’effetto di quelli tra-dizionali (figura 2).E’ probabile che i fattori dirischio tradizionali abbianoun ruolo più rilevante nellefasi iniziali della malattia re-nale ove possono essere re-sponsabili anche della veloci-tà di progressione della stessa,mentre il ruolo dei fattori non-tradizionali aumenterebbeprogressivamente con la ridu-zione del FG.
Figura 3. Possibili relazioni fra alterazioni lipidiche e malattia renale.
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 219
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente con insufficienza renale cronica
come è illustrato nella figura3 e ciò rende ancor più impe-rativo il suo trattamento, perimpedire la comparsa dellamalattia, rallentarne la pro-gressione, ridurne le compli-canze.Nonostante gli stretti legamifra dislipidemia e malattie re-nali croniche, la maggior par-te dei trial di intervento far-macologico nei pazienti disli-pidemici ha escluso i pazienticon malattie renali. Le altera-zioni lipidiche riscontrate nel-le MRC sono complesse esono sia di tipo quantitativoche qualitativo (composizionelipoproteine) come sintetizza-to nella tabella 3.L’aumento dei trigliceridi ècostante e quantitativamenterilevante mentre il colestero-lo totale ha un comportamen-to diverso in funzione deglistadi della malattia. Esso puòessere elevato nei primi stadi(soprattutto se vi è elevata pro-teinuria), ma può ridursi dimolto nella insufficienza rena-le terminale a causa della mal-nutrizione e dell’infiammazio-ne cronica per cui, soprattut-to nei pazienti in dialisi, si as-
insufficienza renale, hannoinoltre una marcata difficoltàalla rimozione del colesterolodai tessuti extraepatici, alla suaesterificazione ed al suo tra-sporto.
Ruolo dell’infiammazione
Numerosi studi hanno dimo-strato che diversi markers in-fiammatori (PCR, IL-6, fibri-nogeno, molecole di adesione)sono associati con aumentatemorbilità e mortalità cardio-vascolare nella popolazionegenerale e nei pazienti in dia-lisi33-35.Il substrato patogenetico diquesta correlazione è nel ruo-lo che le varie citochine emolecole di adesione svolgo-no nell’adesione dei leucocitiall’endotelio e nella loro mi-grazione nel sottoendotelio,processi fondamentali per laformazione ed evoluzione del-la placca aterosclerotica36.L’infiammazione, inoltre, puòcontribuire alla aterosclerosianche attraverso altre vie,come illustrato nella figura 4,per esempio interagendo conil metabolismo lipidico e am-plificandone gli effetti cardio-vascolari. In particolare lo sta-to infiammatorio modifica lastruttura della HDL, riducen-done le sue capacità antiossi-danti e protettive dell’endote-lio dagli effetti delle citochinepro-infiammatorie. Nei pa-zienti in cui vi è anche ridu-zione delle HDL gli effetti “va-scolari” della infiammazionepossono quindi essere ulterior-mente amplificati37.Una percentuale variabile dipazienti con malattie renalicroniche ha elevati livelli sie-rici di marker infiammatori:PCR, IL-6, molecole di adesio-ne (E-selectina, VCAM-1,ICAM-1), fibrinogeno, recet-tori solubili delle interleuchi-
Alterazioni quantitative
Trigliceridi ↑HDL ↓VLDL e IDL ↑LDL = o ↑Apo A-I e Apo A-II ↓Apo B ↑Apo C-I, C-II, C-III ↑
Alterazioni qualitative
Trigliceridi nelle VLDL - IDL - LDL ↑Colesterolo nelle VLDL ↑Colesterolo nelle HDL ↓Ossidazione, glicazione ↑Fenotipo aterogeno LP(a) ↑
Tabella 3. Alterazioni dell’assetto lipidico nella malattia renale.
siste al fenomeno della “epi-demiologia inversa”: livelli piùbassi di colesterolo si accom-pagnano ad aumento di mor-talità. In realtà, come riporta-to nella tabella 3, quasi tuttele componenti del metaboli-smo lipidico sono alterate inquesti pazienti; inoltre aumen-tano i fenomeni ossidativi, de-terminando un pattern lipidi-co fortemente aterogeno.I meccanismi patogenetici del-la dislipidemia nei pazienticon MRC sono complessi.Oltre ad una aumentata sinte-si epatica come conseguenzadella proteinuria vi è il deficito inibizione di alcuni enzimi:LCAT (lecitin-colesteroloacil-transferasi) e LPL (lipo-proteinlipasi). Si determinaquindi un deficit del cataboli-smo delle lipoproteine ricchein trigliceridi a causa della ri-dotta attività lipolitica sia epa-tica che del tessuto adiposo. Viè inoltre un difettoso mecca-nismo di trasporto del coleste-rolo dovuto alla ridotta atti-vità di LCAT e alla riduzionedi Apo A-I.I pazienti con malattie renalicroniche, e soprattutto con
220 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
A. Lupo
ne e si ritiene che questo alte-rato stato infiammatorio con-corra all’aumentata mortalitàcardiovascolare di questa po-polazione38-41. L’aumento deibiomarker infiammatori neipazienti con MRC è multifat-toriale: 1) aumentato stressossidativo; 2) accumulo di pro-teine modificate ; 3) accumu-lo di prodotti di glicazioneavanzata (AGEs); 4) ridottaeliminazione per via renale deimediatori stessi o dei loro re-cettori solubili.Nelle MRC, inoltre, si ha lacostante attivazione del Siste-ma Renina-Angiotensina(SRA) e questa attivazioneconcorre all’aumentato statoinfiammatorio. La Angio II,infatti, stimolando laNAD(P)H ossidasi e altri si-stemi enzimatici porta alla for-mazione di anioni superossi-do ed altre specie reattive al-l’ossigeno (ROS) e alla up-re-golazione dei mediatori dellainfiammazione. Inoltre, attra-verso un meccanismo media-to dalla lipoossigenasi, induceaumentata sintesi di IL-6.Nei pazienti in emodialisi, in-fine, in cui lo “stato infiamma-torio” è massimamente altera-to, oltre ai fattori elencati inprecedenza un ruolo impor-tante hanno la malnutrizione
(spesso presente), la bio-in-compatibilità delle membranedialitiche, eventuali infezionidegli accessi vascolari. In que-sta popolazione lo stato in-fiammatorio correla significa-tivamente con aumentatamortalità (generale e cardiova-scolare); può inoltre aggrava-re l’anemia, essere responsabi-le di mancata risposta alla eri-tropoietina ed essere correla-to con alcuni sintomi, quali ilprurito. Dai pazienti in dialisinegli ultimi anni l’attenzionesi è spostata ai pazienti conMRC di altri stadi e si è docu-mentato che uno stato di in-fiammazione è presente nellastoria naturale delle malattierenali ancor prima di arrivarein dialisi.Oberg in un gruppo di pazien-ti con MRC a diverso stadio,non in dialisi, ha dimostratoche vi era un aumento stati-sticamente significativo ri-spetto alla popolazione dicontrollo di alcuni markersinfiammatori, quali PCR eIL-639. Un dato interessante,nello stesso lavoro, era il ri-scontro di livelli più bassidegli stessi biomarker nei pa-zienti in terapia con inibitorirecettoriali dell’angiotensinaII e con statine, a confermadelle azioni anche antinfiam-
matorie di questi farmaci.Una analisi del DataBase delCardiovascular Health Stu-dy40 ha dimostrato che i livel-li di PCR e IL-6 erano statisti-camente più elevati nei pazien-ti con insufficienza renale an-che di grado modesto (creati-ninemia >1.5 nel maschio e>1.3 nella donna) e che i lorolivelli aumentavano progressi-vamente con la riduzione delfiltrato glomerulare. L’aumen-to di PCR e IL-6 rimaneva si-gnificativo anche dopo “cor-rezione” statistica per la pre-senza di una storia clinica divasculopatia.Più recentemente, infine, Kel-ler42 utilizzando la Cistatina Ccome marcatore della funzio-ne renale in un gruppo di ol-tre 2.000 soggetti dello Studio“Health, Aging and BodyComposition”, tutti con fun-zione renale apparentementenormale valutata con la clea-rance della creatinina (FGmedio 78 mL/min), ha docu-mentato che i valori di Cista-tina C (che è un marcatore difunzione renale più precisoquando la clearance è superio-re ai 60 mL/min) correlavanocon tutti i 5 biomarkers di in-fiammazione valutati (PCR,IL-6, TNF-α, recettori solubili1 e 2 del TNF). In sostanza,variazioni anche modeste del-la funzione renale, sembranoaccompagnarsi con aumentodello stato di infiammazioneprobabilmente, in questa fase,per ridotta eliminazione rena-le dei mediatori della infiam-mazione.
Acidi grassi poliinsaturi(PUFA)
Gli acidi grassi poliinsaturi(PUFA), per la presenza didoppi legami nella loro mole-cola, hanno una conformazio-
Figura 4. Possibili relazioni fra infiammazione e lipidi nella genesidell’aterosclerosi.
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 221
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente con insufficienza renale cronica
ne meno rigida sul piano mor-fo-funzionale, a cui corrispon-de una maggiore fluidità dellemembrane entro cui essi sonoincorporati.Entrambe le serie di PUFA (n-6 e n-3) vengono incorporatenelle membrane cellulari sot-to forma di fosfolipidi e gli-colipidi. A tale livello com-petono per lo stesso sistemaenzimatico essendo il lorometabolismo completamenteseparato. Le vie metabolichedella serie linoleica e alfa-li-nolenica utilizzano infatti glistessi enzimi per le reazionidi allungamento e desatura-zione che, dall’acido linolei-co e alfa-linolenico conduco-no rispettivamente alla for-mazione di acido arachidoni-co (AA) e di acido eicosapen-tanoico (EPA). Quest’ultimopuò ulteriormente essere al-lungato e desaturato in acidodocosaesaenoico (DHA) (fi-gura 5).Negli ultimi anni vari studi(sperimentali e clinici) hannodimostrato che i PUFA n-3(EPA e DHA) possiedono, ol-tre ad una azione favorevolesul metabolismo lipidico (so-prattutto sui trigliceridi) nu-merosi effetti biologici: antin-fiammatori, antitrombotici,antiaterosclerotici, antiarit-mogenici43-48.Questi numerosi e apparen-temente diversi effetti deiPUFA n-3 sono probabil-mente dovuti da un lato allaloro localizzazione ubiquita-ria a livello delle membranecellulari (dove sono in gradodi influenzare il funziona-mento di proteine specifiche,quali trasportatori, canali, sen-sori, etc) e, dall’altro, alla loroazione “competitiva” conl’acido arachidonico. Unamaggior presenza di PUFA n-3 nelle membrane cellulari per
Figura 5. Vie metaboliche degli acidi grassi.
Figura 6. Vie metaboliche degli omega-3 e relativi effetti biologici.
222 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
A. Lupo
maggior assunzione con la die-ta (pesce grasso) o per supple-menti farmacologici determi-na uno shift nella sintesi di ei-cosanoidi per sostituzione del-l’AA con EPA come substra-to dello stesso sistema enzima-tico (cicloossigenasi e lipoos-sigenasi) (figura 6).A livello delle piastrine, deileucociti e delle cellule endo-teliali si determina così unaminor formazione di deriva-ti dall’AA: TxA2, leucotrie-ni della serie 4, prostaglandi-ne della serie 2 (che hannoazione pro-aggregante, pro-infiammatoria, vasocostrittri-ce) e maggior produzione diTxA3, leucotrieni della serie5, prostaglandine della serie3 che hanno azioni opposte(anti-infiammatoria, anti-trombotica etc). A livello en-doteliale, inoltre, i PUFA n-3 sono in grado di determi-nare maggior produzione diossido nitrico.
Effetti sul metabolismolipidico
Gli effetti più rilevanti deiPUFA n-3 sono a carico deitrigliceridi, con una loro ridu-zione media del 30%. Questoeffetto è dovuto ad una ridot-ta sintesi epatica di acidi gras-si, trigliceridi, VLDL, oltreche ad aumentato catabolismodelle VLDL in LDL, perchéle VLDL “ricche” in omega-3sono più suscettibili all’azio-ne della lipoproteinlipasi.Modesto, ma presente, è l’ef-fetto sull’HDL (aumento)mentre, sulle LDL è stato do-cumentato un aumento delleloro dimensioni (meno atero-gene).
Effetti protettivicardiovascolari
Oltre che per la loro azionesul metabolismo lipidico i
PUFA n-3 possono avere ef-fetti favorevoli a livello car-diovascolare attraverso altrimeccanismi. Il ruolo svoltodall’infiammazione nella ge-nesi della placca aterosclero-tica e nelle condizioni di in-stabilità e rottura della stessaè ormai concordemente ac-cettato. E’ quindi verosimi-le che i PUFA n-3, mediantel’attenuazione dei processiinfiammatori a livello vasco-lare, possano svolgere unruolo importante nella pre-venzione del processo atero-sclerotico e nella sua evolu-zione. Numerosi studi han-no dimostrato gli effetti deiPUFA n-3 sull’attivazioneendoteliale, come ad esempiouna ridotta produzione di ci-tochine pro-infiammatorie(IL-6, IL-1, TNF-alfa) non-ché una ridotta espressionetissutale di molecole di ade-sione. L’azione protettiva alivello cardiovascolare è con-fermata da diversi studi cli-nici49-52 che hanno evidenzia-to: 1) riduzione della pro-gressione della aterosclerosicoronarica; 2) stabilizzazio-ne della placca; 3) prevenzio-ne della ristenosi dopo angio-plastica; 4) riduzione dellamortalità cardiovascolare inpazienti con pregresso infar-to del miocardio.La riduzione di mortalità èsoprattutto legata a riduzio-ne delle morti improvvise,come ben documentato dal-lo studio GISSI51 e questodato ha evidenziato un’altraimportante proprietà biolo-gica dei PUFA n-3, quellaantiaritmogenica. La maggiorstabilità elettrica di membra-na è probabilmente legata aduna modulazione nella con-duttanza dei canali ionici dimembrana e soprattutto deicanali del sodio e del calcio.
Queste numerose azioni car-dioprotettive sono state con-fermate da una recente meta-analisi dei trial di prevenzio-ne secondaria della cardiopa-tia ischemica che ha eviden-ziato un effetto favorevoledei PUFA n-3 sugli eventiischemici (fatali e non fatali)e sulla mortalità53. Alla lucedi questi risultati le attuali Li-nee Guida della Società Eu-ropea di Cardiologia54 racco-mandano l’assunzione diPUFA n-3 (1 gr/die) nellaprevenzione secondaria delpost-infarto.
PUFA n-3 e malattierenali
Essendo i pazienti con malat-tie renali croniche caratteriz-zati da:1) aumentata mortalità cardio-
vascolare;2) marcata dislipidemia con
aumento dei trigliceridi;3) presenza di infiammazione
cronica subclinica;4) aumento dei fenomeni os-
sidativi;essi dovrebbero ampiamentebeneficiare della supplementa-zione con PUFA n-3.Peraltro non essendo le solestatine sufficienti a corregge-re la ipertrigliceridemia, ed es-sendo rischioso l’utilizzo dialtri farmaci nei pazienti conriduzione del filtrato glome-rulare, i PUFA n-3 potrebbe-ro essere utilizzati in associa-zione alle statine non essen-dosi documentate interazioninegative. I dati della lettera-tura sono però a tal riguardoframmentari anche perché,così come avvenuto con lestatine, i pazienti con malat-tie renali croniche e soprattut-to con insufficienza renalesono stati esclusi dai grandistudi di intervento.
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 223
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente con insufficienza renale cronica
PUFA n-3 e insufficienzarenale cronica non indialisi
Pochi studi hanno valutato glieffetti dei PUFA n-3 in que-sto gruppo di pazienti ed uni-camente sul metabolismo lipi-dico e su alcuni marker in-fiammatori. Cappelli con lasomministrazione di 3.4 g/diedi PUFA n -3 per 12 mesi inpazienti con filtrato glomeru-lare medio di 29 mL/min hariportato una significativa ri-duzione dei trigliceridi, ApoB, TNF-α e un rallentamentodella progressione della malat-tia renale55.Svensson con la somministra-zione di 2.4 grammi die perdue mesi in pazienti con valo-ri di creatininemia compresifra 1.7 e 4.5 mg/dL ha ottenu-to una riduzione significativadei trigliceridi del 21% ed unaumento significativo del-l’HDL dell’8%56. Nello stessogruppo trattato con PUFA n-3 si riducevano, se pur in ma-niera non significativa, anchei valori di lipo (a).Madsen, trattando con PUFAn-3 (2.4 gr/die) per due mesiun gruppo di pazienti con in-sufficienza renale (non in dia-lisi) ha ottenuto una riduzio-ne, seppure non significativa,dei valori di PCR57. In nessu-no dei lavori prima citati sonostati riportati effetti collatera-li significativi.
PUFA n-3 e dialisi
Uno studio osservazionalecondotto in oltre 200 pazien-ti che iniziavano la dialisi hadimostrato che l’assunzionecon la dieta di pesce era inver-samente correlata alla morta-lità, con una riduzione di mor-talità di circa il 50% nei pazien-ti che assumevano più pesce58.Le abitudini alimentari, i cam-biamenti di gusto e l’anores-
sia di questi pazienti però, me-diamente, non favoriscono unconsumo abbondante di pescee probabilmente anche perquesti motivi i pazienti in dia-lisi sono “depleti” di PUFA n-359.Recentemente Friedman hacondotto uno studio in tal sen-so in pazienti in emodialisi,documentando che il 76% diessi non assumeva con la die-ta le quantità di PUFA n-3consigliate dall’American He-art Association per le personesane e che avevano, inoltre,paragonati con i controlli, piùbassi livelli plasmatici e nellemembrane eritrocitarie diPUFA n-360. La deplezione diPUFA n- 3, quindi, in questipazienti, può essere conside-rata un fattore di rischio car-diovascolare potenzialmentemodificabile con gli opportu-ni supplementi.Anche nei pazienti in dialisi,come nei pazienti con insuffi-cienza renale cronica non indialisi, sono state riportatemodificazioni dopo sommini-strazione di PUFA n- 3, delpattern lipidico e di alcunimarker di infiammazione.Due studi randomizzati han-no riportato, con dosi diPUFA comprese fra 1.5 e 3.2grammi die, una riduzione si-gnificativa dei trigliceridi e unariduzione significativa delleLDL ossidate61,62.Un altro studio recente con lasomministrazione di 2.7 g/diedi PUFA n-3 ha documenta-to una riduzione significativadella perossidazione lipidica,della sintesi di leucotrieni B4e della attività dell’enzima 5-lipoossigenasi a livello mono-citario63. I principali risultatia livello clinico, nei pazientiin dialisi, sono stati fino ad oravalutati in due soli studi ran-domizzati e controllati.
Svensson ha valutato la sup-plementazione con PUFA n-3 nella prevenzione seconda-ria degli eventi cardiovascola-ri in una casistica di 206 pa-zienti in dialisi con patologiecardiovascolari64. Il trattamen-to prefissato era di 1.7 g/diedi PUFA n-3 per due anni.Nel gruppo trattato conPUFA non si è documentataalcuna riduzione della morta-lità totale, ma una significati-va riduzione del numero di in-farti del miocardio (4 vs 13; p0.036).Schmitz ha invece valutato glieffetti della supplementazionecon PUFA (3,2 gr/die) sullatrombosi degli accessi vasco-lari (protesi vascolari) inizian-do la supplementazione entrodue settimane dall’interventochirurgico65. La pervietà del-l’accesso vascolare dopo unanno era del 15% nel gruppocontrollo vs 76% nel gruppotrattato con PUFA. Il risulta-to favorevole era attribuito,oltre alle proprietà antitrom-botiche dei PUFA n-3, ai loroeffetti inibitori sulla prolifera-zione delle cellule muscolarilisce e quindi alla prevenzio-ne dello sviluppo della iperpla-sia intimale a livello delle ana-stomosi.Nei pazienti in dialisi, condosaggi inferiori ai 3 g/die,non sono stati riportati signi-ficativi effetti collaterali ad ec-cezione di quelli gastrointesti-nali (nausea, cattivo gusto). Inconclusione i dati della lette-ratura indicano che la supple-mentazione con PUFA n-3nei pazienti con malattie rena-li croniche e in dialisi è in gra-do di migliorare il pattern li-pidico, ridurre lo stato di in-fiammazione cronica, ridurrealcuni fenomeni ossidativi,avere effetti favorevoli sullapatologia cardiovascolare e
224 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
A. Lupo
sulla pervietà dell’accesso va-scolare66.Non bisogna però dimenticareche la patologia cardiovascola-re in questi pazienti è multifat-
toriale e quindi tutti i fattori dirischio andrebbero considera-ti e possibilmente corretti.I PUFA n-3 rappresentanouna nuova opportunità tera-
peutica e sono auspicabili nuo-vi trial clinici per valutarne inmaniera più esaustiva gli effet-ti nei pazienti con malattierenali croniche24.
Bibliografia
1 . National Kidney Foundation.
K/DOQI Clinical Practice Gui-
delines for Chronic Kidney Di-
sease: Evaluation, Classification
and Stratification. Am J Kidney
Dis 2002; 39 (Suppl. 1): S1-S266.
2. Eknoyan G, Lameire N, Bar-
soum R, et al. The burden of
kidney disease: improving global
outcomes. Kidney Int 2004;
66:1310-1314.
3. Coresh J, Byrd-Holt D, Astor
BC, et al. Prevalence of chronic
kidney disease and decreased ki-
dney function in the adult US
population: Third National He-
alth and Nutrition Examination
Survey. Am J Kidney Dis. 2003;
41:1-12.
4. Lameire N, Jager K, Van Bie-
sen W, et al. Chronic kidney
disease : A European perspecti-
ve. Kidney Int 2005; 68 (Suppl
99):S30-S38.
5. Schiffrin EL, Lipman ML,
Mann JFE. Chronic kidney di-
sease. Effects on the cardiovascu-
lar system. Circulation 2007;
116:85-97.
6. Muntner P, He J, Hamm L, etal. Renal insufficiency and sub-
sequent death resulting from car-
diovascular disease in the United
States. J Am Soc Nephrol 2002;
13:745-753.
7. Foley RN, Parfrey PS, Sarnak
MJ. Clinical epidemiology of
cardiovascular disease in chronic
renal disease. Am J Kidney Dis
1998; 32:S112-S119.
8. Sarnak MJ, Levey AS, Scho-
olwerth AC, et al. Kidney dise-
ase as a risk factor for develop-
ment of cardiovascular disease. A
statement from the American
Heart Association Councils on
kidney in cardiovascular disease,
high blood pressure research, cli-
nical cardiology, and epidemio-
logy and prevention. Circulation
2003; 108:2154-2169.
9. Weiner DE, Tighiouart H,
Amin MG, et al. Chronic kid-
ney disease as a risk factor for
cardiovascular disease and all-
cause mortality. A pooled analy-
sis of community-based studies.
J Am Soc Nephrol 2004; 15:1307-
1315.
10. Manjunath G, Tighiouart H,
Ibrahim H, et al. Level of kid-
ney function as a risk factor for
atherosclerotic cardiovascular
outcomes in the community. J
Am Coll Cardiol 2003; 41:47-55.
11 . Keith D, Nichols GA, Gullion
CM, et al. Longitudinal follow-
up and outcomes among a popu-
lation with chronic kidney dise-
ase in a large managed care orga-
nization. Arch Intern Med 2004;
164:659-663.
12. Go SA, Chertow GM, Fan D,
et al. Chronic kidney disease and
the risks of death, cardiovascu-
lar events and hospitalization. N
Engl J Med 2004; 351:1296-1305.
13. Ruilope LM, Salvetti A, Jamer-
son K, et al. Renal function and
intensive lowering of blood pres-
sure in hypertensive participan-
ts of the hypertension optimal
treatment (HOT) study. J Am
Soc Nephrol 2001; 12:218-225.
14. Mann JF, Gerstein HC, Pogue
J, et al. Renal insufficiency as a
predictor of cardiovascular ou-
tcomes and the impact of rami-
pril: the HOPE randomized
trial. Ann Intern Med 2001;
134:629-636.
15. Shulman NB, Ford CE, Hall
WD, et al. Prognostic value of
serum creatinine and effect of
treatment of hypertension on
renal function. Results from the
hypertension detection and fol-
low-up program. The Hyperten-
sion Detection and Follow-up
Program Cooperative Group.
Hypertension 1989; 13(5 Sup-
pl):180-193.
16. Schillaci G, Reboldi G, Verdec-
chia P, et al. High-normal serum
creatinine concentration is a pre-
dictor of cardiovascular risk in
essential hypertension. Arch In-
tern Med 2001; 161:886-891.
17. Hillege HL, Fidler K, Diercks
GFH, et al. Urinary albumin
excretion predict, cardiovascular
and noncardiovascular mortality
in general population. Circula-
tion 2002; 106:1777-1782.
18. Locatelli F, Canaud B, Eckar-
dt KU, et al. Oxidative stress in
end-stage renal disease: An emer-
ging threat to patient outcome.
Nephrol Dial Transplant 2003;
18:1272-1280.
19. Zoccali C, Mallamaci F, Tripe-
pi G, et al. Traditional and emer-
ging cardiovascular risk factors
in end-stage renal disease. Kidney
Int 2003; 63 (Suppl 85):S105-S108.
20. Muntner P, Hamm LL, Kusek
JW, et al. The prevalence of non-
traditional risk factors for coro-
nary heart disease in patients
with chronic kidney disease.
Ann Intern Med 2004; 140:9-17.
21. Shlipak MG, Fried LF, Cush-
man M, et al. Cardiovascular
mortality risk in chronic kidney
disease. Comparison of traditio-
nal and novel risk factors. JAMA
2005; 293:1737-1745.
22. Menon V, Wang X, Greene T,
et al. Relationship between C-
reactive protein, albumin, and
cardiovascular disease in patien-
ts with chronic kidney disease.
Am J Kidney Dis 2003; 42:44-52.
23. Muntner P, He J, Astor BC, etal. Traditional and nontraditio-
nal risk factors predict coronary
heart disease in chronic kidney
disease: results from the athero-
sclerosis risk in communities stu-
dy. J Am Soc Nephrol 2005;
16:529-538.
24. K/DOQI clinical practice guide-
lines for cardiovascular disease in
dialysis patients. Am J Kidney
Dis 2005; 45:S91-S95.
TiM
Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4 Trends in Medicine 225
Dislipidemia, infiammazione e danno d’organo nel paziente con insufficienza renale cronica
25. Prichard SS. Impact of dyslipi-
demia in end-stage renal disease.
J Am Soc Nephrol 2003; 14 (Sup-
pl 4):S315-S320.
26. Kasiske BL. Hyperlipidemia in
patients with chronic renal dise-
ase. Am J Kidney Dis 1998;
32:S142-S156.
27. De Nicola L, Minutolo R,
Chiodini P, et al. Global appro-
ach to cardiovascular risk in
chronic kidney disease: reality
and opportunities for interven-
tion. Kidney Int 2006; 69:538-
545.
28. Kidney Disease Outcomes
Quality Initiative (K/DOQI)
Group: K/DOQI clinical prac-
tice guidelines for management
of dyslipidemias in patients with
kidney disease. Am J Kidney Dis
2003; 41 (Suppl 3):S1-S91.
29. Schaeffner ES, Kurth T, Cu-
rhan GC, et al. Cholesterol and
the risk of renal dysfunction in
apparently healthy men. J Am
Soc Nephrol 2003; 14:2084-2091.
30. Chen J, Muntner P, Hamm LL,
et al. The metabolic syndrome
and chronic kidney disease in
U.S. adults. Ann Intern Med
2004; 140:167-174.
31. Hunsicker LG, Adler S, Cag-
giula A, et al. Predictors of the
progression of renal disease in the
Modification of Diet in Renal
Disease Study. Kidney Int 1997;
51:1908-1919.
32. Sanuelsson O, Mulec H, Kni-
ght-Gibson C, et al. Lipopro-
tein abnormalities are associated
with increased rate of progres-
sion of human chronic renal in-
sufficiency. Nephrol Dial Tran-
splant 1997; 12:1908-1915.
33. Laaksonen DE, Niskanen L,
Nyyssonen K, et al. C-reactive
protein in the prediction of car-
diovascular and overall mortali-
ty in middle-aged men: a popu-
lation-based cohort study. Eur
Heart J 2005; 26:1783-1789.
34. Yeun JY, Levine RA, Manta-
dilok V, et al. C-Reactive Pro-
tein predicts all-cause and cardio-
vascular mortality in hemodialy-
sis patients. Am K Kidney Dis
2000; 35:469-476.
35. Zimermann J, Herrlinger S,
Pruy A, et al. Inflammation
enhances cardiovascular risk and
mortality in hemodialysis patien-
ts. Kidney Int 1999; 55:648-658.
36. Hansson GK. Inflammation,
atherosclerosis, and coronary
artery disease. N Engl J Med
2005; 352:1685-1695.
37. Kaysen GA, Eiserich JP. The
Role of Oxidative Stress-altered
Lipoprotein Structure and func-
tion and microinflammation on
cardiovascular risk in patients
with minor renal Dysfunction. J
Am Soc Nephrol 2004; 15:538-
548.
38. Kaysen GA. The microinflam-
mtory State in Uremia: Causes
and Potential Consequences. J
Am Soc Nephrol 2001; 12: 1549-
1557.
39. Oberg BP, McMenamin E,
Lucas FL, et al. Increased pre-
valence of oxidant stress and in-
flammation in patients with
moderate to severe chronic kid-
ney disease. Kidney Int 2004;
65:1009-1016.
40. Shlipak MG, Dried LF, Crump
C, et al. Elevations of inflamma-
tory and Procoagulant Bio-
markers in Elderly Person With
Renal Insufficiency. Circulation
2003; 107:87-92.
41. Pecoits-Filho R, Heimburger
O, Barany P, et al. Association
between circulating inflamma-
tory markers and residual renal
function in CRF patients. Am J
Kidney Dis 2003; 41: 1212-1218.
42. Keller CR, Odden MC ,Fried
LF, et al. Kidney function and
markers of inflammation in el-
derly persons without chronic
kidney disease: the health, aging,
and body composition study.
Kidney Int 2007; 71:239-244.
43. Calder PC. N-3 fatty acids and
inflammation: From molecular
biology to the clinic. Lipids 2003;
38:343-352.
44. von Schacky C, Angerer P,
Kothny W, et al. The effect of
dietary omega-3 fatty acids on
coronary atherosclerosis. A ran-
domised, double blind, placebo-
controlled trial. Ann Intern Med
1999; 130:554-562.
45. Thies F, Garry JM, Yaqoob P,
et al. Association of n-3 polyun-
saturated fatty acids with stabili-
ty of atherosclerotic plaques: A
randomised controlled trial. Lan-
cet 2003; 361:477-485.
46. Lossl K, Skou HA, Christensen
JH, et al. The effect of n-3 fatty
acids on leukotriene formation
from neutrophils in patients on
hemodialysis. Lipids 1999;
34:S185-188.
47. De Caterina R, Cybulsky MI,
Clinton SK, et al. The omega-3
fatty acid docosahexaenoate re-
duces cytokine-induced expres-
sion of proatherogenic and pro-
inflammatory proteins in human
endothelial cells. Arterioscler
Thromb 1994; 14:1829-1836.
48. Albert C, Campos H, Stampfer
M, et al. Blood levels of long
chain n-3 fatty acids and the risk
of sudden death. N Engl J Med
2002; 346:1113-1118.
49. He K, Song Y, Daviglus M, Liu
K, et al. Accumulated evidence
on fish consumption and coro-
nary heart disease mortality: A
meta-analysis of cohort studies.
Circulation 2004; 109:2705-2711.
50. Maresta A, Balduccelli M, Va-
rani E, et al. Prevention of po-
stcoronary angioplasty resteno-
sis by omega-3 fatty acids: main
results of the Esapent for Preven-
tion of Restenosis ITalian Study
(ESPRIT). Am Heart J 2002;
143(6):E5.
51. Gruppo Italiano per lo Studio
della Sopravvivenza nell’Infar-
to miocardico. Dietary supple-
mentation with n-3 polyunsatu-
rated fatty acids and vitamin E
after myocardial infarction: Re-
sults of the GISSI-Prevenzione
trial. Lancet 1999; 354:447-455.
52. Leaf A, Kang JX, Xiao YF, etal. Clinical prevention of sudden
cardiac death by n-3 polyunsatu-
rated fatty acids and mechanism
of prevention of arrhythmias by
n-3 fish oils. Circulation 2003;
107:2646-2652.
53. Bucher HC, Hengstler P,
Schindler C, et al. N-3 polyun-
saturated fatty acids in coronary
heart disease: A meta-analysis of
randomized controlled trials.
Am J Med 2002; 112:298-304.
54. Van de Werf F, Ardissino D,
Betriu A, et al. Management of
acute myocardial infarction in
226 Trends in Medicine Ottobre 2007 Volume 7 Numero 4
patients presenting with ST-seg-
ment elevation. The Task Force
on the management of Acute
Myocardial Infarction of the
European Society of Cardiology.
Eur Hearth J 2003; 24:28-66.
55. Cappelli P, Di Liberato L,
Stuard S, et al. N-3 Polyunsatu-
red fatty acid supplementation in
chronic progressive renal disea-
se. J Nephrol 1997; 10:157-162.
56. Svensson M, Christensen JH,
Solling J, et al. The effect of n-3
fatty acids on plasma lipids and
lipoproteins and blood pressure
in patients with CRF. Am J Kid-
ney Dis 2004; 44:77-83.
57. Madsen T, Schmidt EB, Chri-
stensen JH. The effect of n-3 fat-
ty acids on C-reactive protein
levels in patients with chronic
renal failure. J Ren Nutr 2007;
17:258-263.
58. Kutner NG, Clow PW, Zhang
R, et al. Association of fish in-
take and survival in a cohort of
incident dialysis patients. Am J
Kidney Dis 2002; 39:1018-1024.
59. Schmitz PG, Karthikapallil
AA. Omega-3 fatty acids in
ERSD: should patients with
ESRD eat more fish? Nephrol
Dial Transplant 2002; 17:11-
14.
60. Friedman AN. Moe SM. Pe-
rkins SM. et al. Fish consump-
tion and omega-fatty acid status
and determinants in long-term
hemodialysis. Am K Kidney Dis
2006; 47:1064-1071.
61. Khajehdehi P. Lipid-lowering
effect of polyunsaturated fatty
acids in hemodialysis patients. J
Ren Nutr 2000; 10:191-195.
62. Ando M, Sanaka T, Nihei H.
Eicosapentanoic acid reduces pla-
sma levels of remnant lipopro-
teins and prevents in vivo pero-
xidation of LDL in dialysis pa-
tients. J Am Soc Nephrol 1999;
10:2177-2184.
63. Taccone-Gallucci M, Manca-di-
Villahermosa S, Battistini L, etal. N-3 PUFAs reduce oxidative
stress in ESRD patients on main-
tenace HD by inhibiting 5-lipo-
xygenase activity. Kidney Int
2006; 69:1450-1454.
64. Svensson M, Schmidt EB, Jor-
gensen KA, et al. N-3 Fatty
Acids as secondary prevention
against cardiovascular events in
patients who undergo chronic
hemodialysis: a randomized, pla-
cebo-controlled Intervention
Trial. Clin J Am Soc Nephrol
2006; 1:780-786.
65. Schmitz PG, McCloud LK,
Reikes ST, et al. Prophylaxis of
hemodialysis graft thrombosis
with fish oil: Double-blind, ran-
domized, prospective trial. J Am
Soc Nephrol 2002; 13:184-190.
66. Friedman A, Moe S. Review of
the effects of omega-3 supple-
mentation in dialysis patients.
Clin J Am Soc Nephrol 2006;
1:182-192.