Disegno per Amani del premio Oscar Carlo Rambaldi ... · un movimento di liberazione problematico)....

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Porta il tuo cuore in Africa Anno XII, n. 1 – Maggio 2012 Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2, LO/MI www.amaniforafrica.org segue a pag 4 AMANI L’Africa nuova è un banco di scuola Ian ha poco più di diciassette anni, al primo contatto è timido, tacitur- no, riservato, al punto da poter ap- parire scontroso. Eppure quando è fra i suoi compagni a Kivuli emer- ge subito come un leader. Non si fa notare, non si mette in mostra, ma in un gruppo di coetanei Ian di- venta presto un punto di riferi- mento. Da quando è arrivato a Ki- vuli ed ha ripreso la scuola, non so- lo ha bruciato le tappe recuperan- do quasi tutti gli anni perduti e riu- scendo così a finire la classe ottava lo scorso novembre, ma nella scuo- la pubblica che ha frequentato è sempre stato capoclasse, e negli ul- timi due anni rappresentante di istituto. Agli esami ha avuto risul- tati molto alti e ha ottenuto una borsa di studio stanziata da Equity Bank in una delle scuole pubbliche più esclusive del paese. Il primo giorno di scuola, a gennaio, è stato nominato capoclasse. Catherine Odongo, ventuno anni, anche lei proveniente dalla strada, letteralmente da una vita randa- gia, in una miseria umiliante che ne avrebbe potuto fare un'eterna vittima, è invece una ragazza del- la Casa di Anita determinata a di- ventare sempre più indipendente. Sta già frequentando il primo an- no di università, e basta parlare con lei pochi minuti per capire di essere alla presenza di una forza capace di superare ogni ostacolo. Moses Chimwanga, ventitré anni, ha un carattere completamente di- verso dagli altri due. È solare, è difficile sorprenderlo senza che sor- rida. La sua storia è stata pubbli- cata lo scorso novembre sul quoti- diano inglese The Guardian con il titolo From street child to college boy con una foto, ovviamente con un sorriso smagliante, nel cortile del Mthunzi Centre. Per il suo ca- rattere vivace la sua carriera sco- lastica non è stata così lineare co- me quella di Catherine e di Ian, ma ce l'ha fatta. I tempi in cui viveva in strada facendo di tutto pur di riuscire a procurarsi un po’ di al- col da bere o di jenkem (solvente per vernici) da sniffare sono un ricor- do vivido ma superato. Tre belle storie [che raccontiamo brevemente a pagg. 4 e 5, NdR], tre persone straordinarie che ci con- vincono che il sostegno che abbia- mo dato loro e che continuiamo a offrire con passione e amore a tan- ti altri bambini di strada, a Nairobi come a Lusaka, è ampiamente ri- pagato. Ma non possiamo evitare qualche riflessione. Innanzitutto misurare il successo di un'educazione alla vita, come quella che noi inten- diamo offrire, col solo metro dei ri- Aiutare a crescere, dare possibilità è il senso del nostro impegno quotidiano pagg 4-5 di Renato Kizito Sesana Un bellissimo domani Mandela non è (solo) sudafricano di Pier Maria Mazzola pag 2 Lo Spunto Marco Biagi l’africano di Pietro Veronese pag 3 News Dossier Quanta voglia di studiare di Raffaele Masto pag 6 Senza la macchina fotografica di Valentina Taddei pag 7 Adozioni Disegno per Amani del premio Oscar Carlo Rambaldi, creatore di E.T.

Transcript of Disegno per Amani del premio Oscar Carlo Rambaldi ... · un movimento di liberazione problematico)....

Porta il tuo cuore in Africa

Anno XII, n. 1 Maggio 2012Spedizione in A.P.

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1 comma 2, LO/MI www.amaniforafrica.org

segue a pag 4

AMANILAfrica nuova

un banco di scuola

Ian ha poco pi di diciassette anni,al primo contatto timido, tacitur-no, riservato, al punto da poter ap-parire scontroso. Eppure quando fra i suoi compagni a Kivuli emer-ge subito come un leader. Non si fanotare, non si mette in mostra, main un gruppo di coetanei Ian di-venta presto un punto di riferi-mento. Da quando arrivato a Ki-vuli ed ha ripreso la scuola, non so-lo ha bruciato le tappe recuperan-do quasi tutti gli anni perduti e riu-scendo cos a finire la classe ottavalo scorso novembre, ma nella scuo-la pubblica che ha frequentato sempre stato capoclasse, e negli ul-timi due anni rappresentante diistituto. Agli esami ha avuto risul-tati molto alti e ha ottenuto unaborsa di studio stanziata da EquityBank in una delle scuole pubblichepi esclusive del paese. Il primogiorno di scuola, a gennaio, statonominato capoclasse.

Catherine Odongo, ventuno anni,anche lei proveniente dalla strada,letteralmente da una vita randa-gia, in una miseria umiliante chene avrebbe potuto fare un'eternavittima, invece una ragazza del-la Casa di Anita determinata a di-ventare sempre pi indipendente.Sta gi frequentando il primo an-no di universit, e basta parlare conlei pochi minuti per capire di esserealla presenza di una forza capacedi superare ogni ostacolo.

Moses Chimwanga, ventitr anni,ha un carattere completamente di-verso dagli altri due. solare, difficile sorprenderlo senza che sor-rida. La sua storia stata pubbli-cata lo scorso novembre sul quoti-diano inglese The Guardian con iltitolo From street child to collegeboy con una foto, ovviamente conun sorriso smagliante, nel cortiledel Mthunzi Centre. Per il suo ca-rattere vivace la sua carriera sco-lastica non stata cos lineare co-me quella di Catherine e di Ian, mace l'ha fatta. I tempi in cui vivevain strada facendo di tutto pur diriuscire a procurarsi un po di al-col da bere o di jenkem (solvente pervernici) da sniffare sono un ricor-do vivido ma superato.

Tre belle storie [che raccontiamobrevemente a pagg. 4 e 5, NdR], trepersone straordinarie che ci con-vincono che il sostegno che abbia-mo dato loro e che continuiamo aoffrire con passione e amore a tan-ti altri bambini di strada, a Nairobicome a Lusaka, ampiamente ri-pagato.

Ma non possiamo evitare qualcheriflessione. Innanzitutto misurareil successo di un'educazione allavita, come quella che noi inten-diamo offrire, col solo metro dei ri-

Aiutare a crescere, dare possibilit il sensodel nostro impegno quotidiano pagg 4-5

di Renato Kizito Sesana

Un bellissimodomani

Mandela non (solo)sudafricanodi Pier Maria Mazzola

pag 2 Lo Spunto

Marco Biagilafricanodi Pietro Veronese

pag 3 News Dossier

Quanta voglia di studiare di Raffaele Masto

pag 6

Senza la macchinafotograficadi Valentina Taddei

pag 7 Adozioni

Disegno per Amani del premio Oscar Carlo Rambaldi, creatore di E.T.

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Lo Spunto

li africani sono gi consapevoli della loro posizioneanomala e desiderano un cambiamento. Un giorno pi luminoso sta sor-gendo sull'Africa. Gi mi pare di vedere dissolversi le sue catene. Larigenerazione dell'Africa significa che una nuova, peculiare civilt staper arricchire il mondo. Parole di? Pronunciate da Nkrumah, certo,al primo Congresso internazionale degli africanisti mai ospitato su suo-lo africano (1962), nel suo Ghana. Ma il leader panafricanista autoredi Africa must unite (a proposito: uscita solo da pochi mesi la primaversione italiana, per i tipi di Editori Riuniti) non faceva che citare ildiscorso di uno studente zulu nel ricevere un premio, 56 anni prima,conferitogli dalla Columbia University di New York. Il nome di quel gio-vane era Pixley ka Isaka Seme. Di ritorno in Sudafrica, Pixley avrebbe riunito altri intellettuali nericome lui per lanciare, l8 gennaio 1912 a Bloemfontein, il South Afri-can Native National Congress, il futuro African National Congress. Unsecolo passato e lAnc rimasto protagonista della vita politica delpaese. Dapprima nella lotta allapartheid e, negli ultimi ventanni, nel-le poltrone del potere.Le celebrazioni del centenario comprendenti un sacrificio agli ante-nati non hanno potuto nascondere le contraddizioni interne allAnc,scoppiate con il caso Julius Malema, il radicale leader dellala giova-nile del partito, infine espulso a fine febbraio. E poi poi alle celebrazioni mancava Madiba [soprannome di NelsonMandela, NdR].

Let, 93 anni, e le condizioni di salute (confermate da un ricovero a feb-braio) inducono per a non pensare a una sua assenza diplomatica.Tra laltro, nel suo insostituibile Lungo cammino verso la libert (Feltrinelli, 1995), Mandela attesta api riprese e con accenti caldi che cosa lAnc rappresenti per lui a partire dallincontro con Gaur Ra-debe, scrivano nello studio legale di Johannesburg in cui il giovane Nelson fu tirocinante: Gaur mi in-segn che la laurea in se stessa non era garanzia di prestigio e che il banco di prova di un leader erasoltanto la comunit (Mandela rimarr sbalordito dal successivo trasloco di Gaur dallAnc al Pac,un movimento di liberazione problematico).Nel 1985, Mandela replicher con queste parole allofferta di libert condizionata venuta dal presidente

Botha: Sono un militante dellAfrican National Congress. Lo sono sem-pre stato e lo sar sempre fino al giorno della mia morte. Oliver Tambo[presidente dellAnc, NdR] pi che un fratello per me. () Botha deveriammettere nella legalit lorganizzazione del popolo, lAfrican Natio-nal Congress. () Quale libert mi viene offerta se lorganizzazione delpopolo rimane fuori legge? () Soltanto gli uomini liberi possono nego-ziare, i detenuti non hanno alcun potere contrattuale.E proprio nellultima pagina della sua autobiografia Nelson Mandela ri-torna sul senso del suo passo, quando decise di affiliarsi allAnc. () Mapoi lentamente ho capito che non solo non ero libero, ma non lo eranonemmeno i miei fratelli e sorelle. () Non sono pi virtuoso e altruistadi molti, ma ho scoperto che non riuscivo a godere nemmeno delle pic-cole e limitate libert che mi erano concesse sapendo che la mia gentenon era libera. La libert una sola: le catene imposte a uno di noi pe-sano sulle spalle di tutti, e le catene del mio popolo erano anche le mie.Il Sudafrica dopo il quinquennio di presidenza di Mandela, con lAnc ra-dicatosi pi che mai, ha realizzato solo in parte il suo sogno di Nazio-ne arcobaleno. Insuccessi di gestione, sperequazioni economiche, disoc-cupazione galoppante, persistenza della questione razziale nel paese nonintaccano per la statura di un uomo (e, con lui, dellAnc dei tempi do-ro, ricco di figure come Oliver Tambo, Walter Sisulu e tanti altri) ormaiconsegnato pi allumanit, forse, che al suo stesso paese.

C da aspettarsi che allindomani della morte di Madiba spuntino inun batter docchio dei libri-coccodrillo. In italiano lattuale bibliografianon vastissima ma gi pi che sufficiente per nutrirci dello spiritodi uno dei massimi eroi del Novecento. Alla citata autobiografia possiamoaccostare unaltra raccolta di suoi scritti, Io, Nelson Mandela. Conver-sazioni con me stesso (Sperling & Kupfer, 2010), mentre due sono i li-bri cui si sono ispirati altrettanti film: Il colore della libert di JamesGregory (Sperling & Kupfer, 2007; omonimo film di Bille August) e Amail tuo nemico di John Carlin (Sperling & Kupfer, 2009; il film Invictusdi Clint Eastwood). Contrasto Due nel 2006 ha edito un volume incen-

trato sulle fotografie ma anche ricco di interviste e documenti: Mandela. Il ritratto di un uomo. Pureil brillante ex ministro della cultura francese Jack Lang ha voluto scrivere un suo Mandela (Piem-me, 2008), raccontato alla luce di personaggi mitologici o storici dellantichit. Senza pretese di esau-stivit, terminiamo segnalando un titolo anche per i ragazzini, fresco di stampa: Mandela, lAfricanoarcobaleno (Emi), scritto da Alain Serres e illustrato dal grande Za.

*Pier Maria Mazzola, giornalista, autore di Giorni dAfrica. Personaggi, eventi, ricorrenze (Emi, 2006).

AMANI

di Pier Maria Mazzola*

Mandela non (solo) sudafricano

Algeria

Ghana

CostadAvorio

Liberia

Sierra Leone

GuineaGuinea Bissau

BeninTogo

Libia Egitto

Sudan

Rep.Centrafricana

Etiopia

Eritrea

Gibuti

RuandaBurundi

R.D.Congo

Gabon

Camerun

Nigeria

Niger

Burkina Faso

Guinea Eq. Congo

Tanzania

Uganda

Malawi

Swaziland

LesothoSudafrica

Zambia

Botswana

Namibia

AngolaMozambico

Madagascar

Comore

Seicelle

Zimbabwe

Kenya

Mauritania Mali

Marocco

Ciad

Somalia

Tunisia

Senegal

Gambia

Capo Verde

Maurizio

Sahara Occ.

S.Tome Principe

La fuga dei cervelli allestero un proble-ma che riguarda molti paesi. Un caso eclatante offerto dai medici africani che emigrano inEuropa, negli USA, in Australia, Nuova Ze-landa e paesi arabi del Golfo. In Francia eser-citano la professione pi medici del Benin diquanti ce ne siano in patria. Negli USA sonoattivi 20mila medici nigeriani mentre dal-lAngola fugge verso il Portogallo il 95% deilaureati in medicina. Anche nel lontano pas-sato accadeva: mille anni fa le mete ago-gnate erano Cordoba, Montpellier e la nostraPadova. La situazione attuale diventa dram-matica se si pensa che in Mozambico c undottore ogni 38mila abitanti, uno ogni 17mi-la in Ghana e uno ogni 13.500 in Cameroun.In Europa la media di 1 medico per 300 abi-tanti. Le cifre parlano da sole.

I dottori africani invadono il mondo

Un avventuriero sfortunato, cos lo defini-scono, un po ironicamente, i giornali. in-telligente ma un po chiacchierone diconogli amici, che aggiungono: mite, non sanemmeno sparare. Lui, il francese Philip-pe Verdon, sta vivendo lultima disgraziata av-ventura in Africa: stato sequestrato con unamico nel Mali. Verdon attira i guai comeMr. Bean o lispettore Clouseau della Pante-ra rosa al cinema. Lui millanta amicizie coltrucido mercenario Bob Denard e dicono fac-cia parte dei servizi segreti francesi. Forse solo sfigato. Nel 1991 dovette atterrare insud Sudan e i soldati dellSPLA lo seque-strarono per quattro mesi. Qualche anno do-po viene espulso dal Madagascar. Nel 2009vi rientra ma viene poi incarcerato ed espul-so. Il suo feeling con lAfrica non riesce asbocciare.

Sar anche uno 007 ma sembra un pirla

Un nuovo tipo di bracconiere si agita per lEu-ropa ma la preda africana. Si tratta del rino-ceronte bianco, soprattutto del suo corno cheavrebbe propriet afrodisiache. una vecchialeggenda che tarda a morire visti i furti in varimusei, da Parigi a Vienna, a Lisbona, a Mila-no: oggetto trafugato il solito corno che, se-condo la lunghezza, pu valere da 20mila a200mila euro. In Africa del Sud, dove il rinoce-ronte vive, le vittime sono state 405 contro le333 del 2010 su una popolazione di circa 20mi-la rinoceronti. Un massacro inutile comunque,perch chi spera di avere una prestazione amo-rosa pi gagliarda otterrebbe lo stesso effetto(cio nulla) mangiandosi le unghie: le proteinedi queste e quella del corno (la cheratina) so-no infatti identiche.

Gli amatori folli del rinocerontebianco

In Breve

Sud Sudan

Sudafrica / Un secolo di Anc

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mRolihlahla Nelson Mandela, detto Madiba. Primo presidentedel Sudafrica post apartheid. Nobel per la pace nel 1993.

el marzo scorso lItalia hacommemorato il sacrificio di MarcoBiagi, lo studioso di diritto del lavoroassassinato dalle cosiddette nuoveBrigate Rosse a Bologna il 19 marzodel 2002. Esattamente dieci anni fa.Ma quella tragica fine non lunico an-niversario dellesistenza di Marco Bia-gi a cadere questanno. Ce n un se-condo di cui sanno in pochi: i familia-ri, gli amici, gli intimi; pi di ogni al-tro la moglie, Marina Orlandi. Un an-niversario di vita, di amore e non dimorte. Quarantanni fa, nellestate del1972, Marco Biagi part per lAfrica.Uno di quei viaggi che ti cambiano lavita, ricorda oggi Marina Orlandi. InAfrica, tra la Tanzania, il Kenya e lU-ganda, Marco e Marina si innamora-rono e si misero insieme. Ne sarebbe-ro venuti un matrimonio e due figli,Francesco e Lorenzo, una storia cuiavrebbero messo fine trentanni doposoltanto gli spari dei brigatisti.

Abbiamo incontrato Marina Orlandinella sede del Centro Studi Donati, unpiano interrato nel centro storico diBologna che al sabato sera si riempiedi musica e di giovani. Quella matti-na cera solo un suonatore che si eser-citava al pianoforte e poi si allonta-nato. Il luogo dellappuntamento non stato per niente casuale. Dietro ilCentro Donati, cos come dietro lin-contro di Marco Biagi e Marina Or-landi con lAfrica, aleggia la stessa fi-gura: il suo fondatore don Tullio Con-tiero, cappellano delluniversit di Bo-logna. Un mitico prete, scomparso nel2006, che generazioni di studenti cre-sciuti col suo insegnamento e poi di-spersi ai quattro angoli dItalia con-tinuano a venerare nella memoria enella pratica di vita.

Marco Biagi aveva avuto don Contie-ro come insegnante di religione al li-ceo Galvani. Seguendo lui era andatoa Firenze allindomani dellalluvionedel 1966, angelo del fango insieme adaltre decine di liceali bolognesi. Lo fre-quentava dunque gi da tempo quan-do, universitario non ancora venti-duenne, si iscrisse al viaggio che ognianno il prete organizzava verrebbeda scrivere bandiva per portare ungruppo di ragazzi in Africa. Don Con-

tiero o lo amavi o lo odiavi, dice Ma-rina Orlandi. Era strano e scomodo,ti spiazzava completamente. Ti met-teva sempre di fronte alla tua co-scienza. Quanto ti confessava non tichiedeva del sesso o altre cose che po-tevi aspettarti a quellet. Ti diceva:Che cosa hai fatto oggi per gli altri?Era chiaro che non potevi mai averefatto abbastanza....

Al viaggio si iscrisse anche Marina, al-lepoca appena diciannovenne (Nonero quasi ancora nata). Don Contie-ro questo un particolare che ho sa-puto da altri, non da lei chiese aMarco, pi grande, di starle un po die-tro durante il viaggio, di tenerla un podocchio nel gruppo. E lui lo fece.

Marco era diverso dagli altri ragaz-zi, racconta Marina sorridendo. Eragi molto interessato alle scienze so-ciali. E alla ricerca di soluzioni prati-che ai problemi, che la ragione perla quale, dopo aver vinto il concorso perla Scuola Normale di Pisa e avervistudiato solo qualche mese, se nera an-dato. La vita di collegio fatta pratica-mente solo di studio gli andava trop-po stretta. Negli ultimi giorni del viag-gio, a Kampala, invece di venire in gi-ro con noi si chiuse nello studio delladirettrice del centro che ci ospitava a

scrivere tre lunghissimi articoli sul-lesperienza di socialismo africano ten-tata da Nyerere in Tanzania, i villag-gi comunitari detti ujamaa. LAvanti!li pubblic qualche mese dopo.LAfrica rimase sempre con loro. Nel-lattenzione che Biagi avrebbe poiprofuso nel suo lavoro per i pove-ri, i pi sfavoriti, gli ultimi. E, sem-pre seguendo le intemerate di TullioContiero, per il Terzo Mondo di Bo-logna, cio i mendicanti, i vendito-ri ambulanti, le persone sole, gli an-ziani della casa di riposo GiovanniXXIII; o i suoi quotidiani inviti allapreghiera per tutte le mamme e ibambini che oggi sono morti di famee di sete per colpa della nostra civiltconsumistica. E i missionari amicidi Contiero, come padre GiovanniGiorda a Tosamaganga in Tanzania.E altri diventati amici della fami-glia Biagi come suor Dorina Tadiel-lo a Gulu, in Uganda; o suor Gio-vanna Calabria a Nzara, in Sud Su-dan. Per non dimenticare Prisca Ojok,che fa la spola tra lItalia e la sua ter-ra, lUganda, per aiutare le donne diKalongo e i loro bambini.LAfrica, cos riassume Marina, ci hasempre accompagnato.

*Pietro Veronese, giornalista, segue datrentanni le vicende africane.

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News10 anni fa

AMANI

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MarcoBiagi

lafricanoRicordiamo lo studioso

ucciso dalle Brigate Rosse attraverso il raccontodella moglie Marina

di Pietro Veronese*

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C i sono libri che si segnalano per il loro autore, altri per il loro contenuto. In questo caso consigliamo la lettura per entram-bi i motivi. La bravura di Pier Maria Mazzola sta infatti, tra le altre cose, nellaver lasciato ampio spazio alla voce del prota-gonista della sua ricerca, don Tullio Contiero (1929-2006), mitico cappellano delluniversit di Bologna, figura amatissi-ma da generazioni di studenti, grande avvicinatore della giovent allAfrica, alle sue bellezze umane e ai suoi problemi, ricor-dato anche nellarticolo di questa pagina.

Figura poco nota, ma coinvolgente, lo definisce monsignor Bregantini nella Prefazione; e infatti Contiero ebbe vita non facilenella Chiesa e ne fu tenuto piuttosto ai margini. Fu tuttavia proprio un principe della Chiesa, il cardinale Giacomo Lercaro, ve-scovo di Bologna, a fargli la proposta decisiva per la sua vita: trasferirsi in quella citt ed occuparsi degli studenti universitari. Inquellambiente, il personalissimo stile di predicazione di don Tullio, le sue invettive antiborghesi, i suoi fulminanti precetti (il picelebre: Maledetta la scienza che non si trasforma in amore!), i suoi inviti imperiosi a mettersi al servizio del prossimo, trova-rono il terreno pi fertile. Ne venne un amore difficile e duraturo con generazioni di giovani che a partire dal 1968, ogni estate,egli inviter a viaggiare con lui in Africa.

Il libro diviso in due parti. La prima il racconto della vita di don Contiero; la seconda, intitolata In viva voce, un montaggiodi suoi lettere, articoli, omelie e discorsi e delle testimonianze e ricordi di amici, discepoli, conoscenti. Il ritratto che cos si com-pone vivissimo e pieno dellumanit luminosa che quelluomo, come giura chiunque labbia incontrato, emanava con forza.

PIER MARIA MAZZOLA SULLE STRADE DELLUTOPIA. Vita e scritti di Tullio ContieroPrefazione di mons. GianCarlo Bregantini, postfazione di Pietro Veronese, EMI, 160 pagine, 12 euro

SULLE STRADE DELLUTOPIA

Marco e Marina a Tosamaganga (Tanzania) durante il viaggio in Africa con don TullioContiero nellagosto 1972.

AMANI

Ian, Moses e Catherine BREVI STORIE

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da pag 1 LAfrica nuova un banco di scuola

sultati scolastici sarebbe sbaglia-to. Ci sono tanti ragazzi che sono pas-sati dalle nostre case e che non han-no avuto grandi successi accademi-ci o che, a causa della loro storia edei loro limiti personali, hanno smes-so di studiare alla fine della scuoladell'obbligo. Ora sono meccanici, sar-te, segretarie, falegnami, camerierie cuochi che si guadagnano la vitaonestamente e dignitosamente.

Non ci piace la mentalit prevalen-te in Kenya, dove i giornali pubbli-cano con grande risalto i risultati sco-lastici della classe ottava e della do-dicesima [rispettivamente ultimaclasse della scuola primaria e ulti-ma classe della secondaria, NdR].Per diversi giorni in prima paginaci sono le foto dei ragazzi pi bravie la classifica delle scuole che han-no avuto gli studenti migliori. Per lescuole motivo di vanto e soprat-tutto di guadagno, visto che quasisempre si tratta di istituti privati essere nei primi posti in questa clas-sifica. Nei giorni successivi non man-cano mai, sempre riportati con evi-denza, i casi di studenti che si sui-cidano perch non sono passati onon hanno avuto i risultati che siaspettavano. un'educazione pen-sata e vissuta come strettamentefunzionale a un tipo di societ cheesalta la competizione e il successo.Gli esami sono test scritti, ugualiper tutti a livello nazionale, col ri-sultato di confondere spesso educa-zione con memorizzazione. Se agli in-segnanti, alle scuole e ai genitoriinteressa solo che gli studenti pas-sino gli esami con voti alti, non c'una vera educazione alla vita, de-stinata all'intera persona umana.

La Carta Africana sui Diritti e il Be-nessere dei Bambini (1999) unalunga lista di speranze disattese.Ma un buon punto di partenza pervedere quali dovrebbero essere gliobiettivi di un sistema educativostatale. Le prime righe dell'artico-lo 11 affermano che ogni bambi-no ha diritto allistruzione. Ledu-cazione del fanciullo deve avere co-me finalit: la promozione e lo svi-luppo della personalit del mino-re, dei suoi talenti e capacit fisichee mentali, in tutto il loro poten-ziale; promuovere il rispetto deidiritti umani e delle libert fon-damentali.

Troppo facile constare che invecein Kenya, in Zambia, in Sudan, ldove siamo presenti, il sistema edu-cativo ben lontano dal raggiungeretutti i bambini, e che quando li rag-giunge non li educa, non li abitua aragionare con la propria testa e asviluppare uno spirito critico, a sce-gliere i valori che daranno forma al-la loro vita: semplicemente li in-dottrina, o li ammaestra.

Gli esclusi, i marginalizzati, nonhanno bisogno di un sistema edu-cativo che li confermi nella certez-za del loro senso di inferiorit e liconvinca delle loro inadeguatezze.Hanno bisogno di una mano ami-ca che offra loro la possibilit dieducarsi, di e-ducere da se stessi lepotenzialit della loro persona. Nonscopriremo mai abbastanza quan-to bene possa fare e quanto Vangelopossa annunciare una mano tesaa un bambino in difficolt.

*Renato Kizito Sesana, giornalista emissionario comboniano, socio fondatoredi Amani.

IAN STANLEY MALONGO

Sono nato a Kawangware il 13 ottobre1994, e vivo a Kivuli dal 2006. Mio pap un insegnante, ma mia mamma morta e lui si risposato. Non mi va diparlare di come sono finito in strada, una cosa troppo triste, ma agli inizi del2005, a soli dieci anni, vivevo da soloraccogliendo carta e rottami metalliciper rivenderli. La vita era dura. Poi Benson, un educatore di strada, miinvit ad andare a trovarlo. Ero esitan-te, ma lui mi capiva e mi incoraggi. Do-po quasi un anno iniziai a vivere stabil-mente al Kivuli Centre. Tutto mi facevapaura. Perfino il fatto che l'ambientefosse quieto, senza violenza, pulito, conbelle case, mi sembrava strano e mispaventava. Ma pian piano mi convinsiche era proprio un bel posto e decisi cheavrei seguito l'esempio dei ragazzi co-me Boniface e Jack, che ci avevanopreceduto e che erano diventati re-sponsabili delle attivit in strada. Il giorno pi bello della mia vita statonel 2008, a fine novembre. Da piccolofacevo aeroplani di carta e avevo sem-pre sognato di poter viaggiare su unareoplano vero. Nel settembre di quel-

l'anno fui scelto per far parte di un grup-po di acrobati e musicisti di Kivuli, il Koi-nonia Children Team, che si sarebbeesibito in Italia.

Partimmo un mattino alle tre dall'aero-porto di Nairobi. Ero con i miei amici picari e l'emozione fu grande. Quandol'aeroplano si stacc da terra sentivogioia e paura insieme. Tutto era nuovo,mi sembrava di vivere in un altro mon-do. Dopo una sosta al Cairo arrivammoa Roma poco dopo il pranzo. Trovammodegli amici che non avevo mai incontratoprima che ci ricevettero con grande af-fetto e ci portarono subito a prendere untreno. Era un'altra cosa nuova per me,perch prima di allora avevo visto soloi treni merci passare attraverso Dago-retti! Alle sei del pomeriggio siamo ar-rivati a Caserta, ma la giornata non eraancora finita! A Caserta c'era gi padreKizito che ci aspettava e con gli altri ciport a mangiare una pizza che buo-na! Infine ci preparammo per lo spetta-colo. Eravamo stanchissimi, ma abbia-mo fatto del nostro meglio per ricambiarechi ci aveva accolto con tanta attenzio-ne e ci aveva circondato di premure.Ma la cosa pi bella della giornata do-veva ancora arrivare. Alla fine dello spet-tacolo padre Kizito ci present uno auno. Quando ad un suo cenno feci unpasso avanti tremavo per l'emozione, contutta quella gente che mi guardava. Poipadre Kizito disse alcune cose. Non ca-pivo una parola di italiano, ma sentii chedisse il mio nome due o tre volte, e men-tre parlava la gente mi guardava congrandi sorrisi. Io fino a due anni primaero un bambino di strada sempre re-spinto in malo modo dalla gente, e ades-so ero al centro dellattenzione. Capiiche padre Kizito parlava molto bene dime, e fui felice di essere l con lui e contutta quella gente che mi voleva bene.

Fui orgoglioso di essere di Kivuli e par-te di quel gruppo.

Fu davvero una lunga giornata, la pi ric-ca di emozioni della mia vita. Mi convinsiche anch'io avrei potuto fare qualcosadi bello in futuro.

Ma anche a Kivuli ci sono stati dei giorniin cui ho sofferto molto, ed difficile direquale sia stato il peggiore. Quando co-minciarono a fare accuse terribili a padreKizito mi sembrava di essere malato, legambe mi tremavano sempre e per qual-che notte non riuscii a dormire. Poi c' sta-to quel giorno lo scorso anno a Ravenna.Eravamo andati in spiaggia a giocare edinvece abbiamo perso due amici, Georgee Marco. Con George ero molto affiatatoperch con lui facevo acrobazie ed era bra-vissimo. Gli piaceva farmi degli scherzi, mafinivamo sempre per ridere e abbrac-ciarci. Ad entrambi piaceva giocare al pal-lone e quando eravamo avversari eranopartite memorabili. Mi dribblava, poi sifermava e si metteva a ridere. Eravamocome fratelli, come potevo arrabbiarmi conlui? Ridevamo insieme. Il dolore di per-derlo stato grande.

Adesso guardo avanti e sono contentoquando sto con i ragazzi pi piccoli: misento responsabile per loro e vorrei chetutti crescessero bene. In futuro vorreifare qualcosa per aiutare tanti bambini in-nocenti condannati ad una vita infelice.

Non so ancora bene cosa vorrei fare dipreciso, forse il medico chirurgo, forse ilprofessore universitario. Ogni tanto sognodi inventare qualcosa di nuovo, comeSteve Jobs, e cos potr avere fondi peraprire un'universit per ex bambini distrada. Mi piacerebbe anche trovare il

tempo di scrivere dei libri, raccontandola storia di padre Kizito e di tanti bambi-ni come il mio amico George. Vorrei spo-sarmi, avere tre figli, e mi impegnerperch possano essere dei bambini feli-ci e non soffrire quello che ho sofferto iodurante le mia infanzia.

MOSES CHIMWANGA

Sono nato il 5 maggio 1988, a Ndola,citt del nord dello Zambia famosa perle miniere di rame. Conosco solo lafamiglia di mia mamma, che di et-nia Lala, quindi io sono un Lala. Miamamma vendeva frutta e verdura perla strada mentre mio pap faceva il fa-legname. Siccome il pap aveva tan-ti clienti in Zaire (a quei tempi si chia-mava cos) nel 1992 ci trasferimmotutti laggi. Ma dopo un anno, per ra-gioni che non conosco bene, i miei ge-nitori hanno divorziato e mia mammatorn in Zambia con me e i miei fra-telli. Andammo a stare dai nonni e nonvidi mai pi mio pap.

Anche mio nonno era falegname e mivoleva molto bene. Mio fratello mag-giore aveva gi quattordici anni ed aiu-tava il nonno in bottega, e c'erano ab-bastanza soldi per comperare da man-giare per tutti. Poi sfortunatamente nel97 mio nonno si ammal e dopo oltresei mesi in ospedale mor. Tutto di-vent molto molto pi difficile. I gua-dagni della piccola attivit di mia mam-ma non bastavano neanche per sfa-

Fu davvero una lunga giornata, la pi ricca di emozioni dellamia vita. Mi convinsi che anch'ioavrei potuto fare qualcosa di bello in futuro.

Padre Kizito e Ian durante una tappa del Koinonia Children Team Tour 2010.

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DI TRE PERSONE STRAORDINARIE

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marci tutti. Cos in una riunione di fa-miglia si decise che io e il fratello na-to dopo di me saremmo andati a sta-re con uno zio, mentre mia mamma sa-rebbe rimasta col maggiore e l'ultimonato.

Le cose con mio zio non andarono be-ne. In Zambia c'era una grande crisi,specialmente nelle miniere, e lui chefaceva il minatore perse il lavoro. In ca-sa non c'era pi da mangiare. Io riu-scii a frequentare solo un anno di scuo-la, e poi mi convinsi che sarebbe sta-to meglio cercare fortuna da solo. Perfar perdere le mie tracce andai nellacapitale, a Lusaka. Avevo solo undicianni...La vita in strada era difficile, ma mi fa-cevo coraggio perch sentivo dire chein giro c'erano buoni samaritani cheaiutavano i bambini come me. Eppu-re la mia esperienza in due istituzioniper bambini di strada non fu positiva:ci impartivano ordini, non ci ascolta-vano, ci facevano lezione dentro il cen-tro, ma con orari irregolari e maestrisempre diversi; quando arrivavano deivisitatori o donatori ci istruivano suquanto dovevamo dire e se non reci-tavamo come ci avevano comandatoci davano botte e punizioni. Allora fi-nivo sempre per tornare in strada, do-ve almeno ero libero.

Un giorno, mentre mendicavo, fuorida un centro commerciale fui avvici-nato da due uomini, Patrick e Joseph.Parlarono con me, mi chiesero dov'e-ra la mia famiglia e dissero che vole-vano aiutarmi. Non credevo ad unaparola, ma ero tanto affamato e di-sperato. Pensai che non avrei avutoniente da perdere a seguirli, sarei poiscappato come avevo gi fatto altredue volte. C'erano con me anche al-tri tre amici di strada, il che ci fece co-raggio reciproco e decidemmo di se-guire insieme quei due uomini che cifecero salire su un'auto. Allinizio nonci importava niente, ma mentre ci al-lontanavamo verso la periferia e poi

verso la campagna, iniziammo ad ave-re paura: dove ci portavano queglisconosciuti? Forse in un posto dove ciavrebbero costretti a lavorare? O for-se volevano ucciderci per vendere i no-stri organi?Era il 15 luglio del 2001. Lo so per-ch ho controllato la mia scheda nel-l'ufficio dellassistente sociale delMthunzi.

Durante il viaggio Joseph cercava ditranquillizzarci dicendo non preoc-cupatevi, troverete molti amici chehanno gi cominciato ad andare ascuola e saranno contenti di vedervi,sar per voi una nuova casa, ma ionon gli credevo e cercavo un'occasioneper scappare appena l'auto avesserallentato. Ma le porte della macchi-na erano bloccate dall'interno, cosache mi preoccup ancora di pi.Il viaggio fu breve. Quando arrivammovedemmo davvero altri ragazzi, e al-cuni di loro li avevo gi conosciuti instrada. Mi tranquillizzarono e in pochigiorni mi ambientai. Mthunzi diventla mia casa.

Qui a Mthunzi ho vissuto ormai per ol-tre dieci anni, la mia famiglia. Ho ter-minato i sette anni di scuola elemen-tare qui vicino, a Tubalange, e poi hofrequentato da convittore la scuolasuperiore a Senanga, ma torno sem-pre qui durante le vacanze. Adessofrequento un corso di diploma in Ma-nagement, e condivido con altri ottofratelli una casa di cui sono stato no-minato amministratore.Ho imparato ad usare il computer, aballare danze tradizionali, a recitare.Ho viaggiato in Scozia, ho conosciutotanti amici dal Kenya, dallItalia e dal-la Francia.

Adesso so che il mio futuro dipendedal mio impegno, dalla mia capacitdi fare sacrifici e sopportare anchesituazioni difficili. A scuola talvolta ve-nivamo disprezzati in quanto ex-bam-bini di strada e ne soffrivo. Poi ho ca-

pito che era inutile reagire con rabbia,era meglio dimostrare che riuscivo afare di pi e meglio degli altri, e da al-lora tutti iniziarono a rispettarmi.

Ho imparato a essere buono e tolle-rante con gli altri perch ho bisognoche gli altri lo siano con me. Questosenso di appartenenza e responsabi-lit mi fa sentire un uomo e mi faguardare avanti con fiducia. Ho ormaiventitr anni!

Spero di diventare in futuro un leaderpositivo, essere capace di incoraggia-re gli altri a migliorarsi e migliorare ilmondo intorno a noi. Sarei felice sepotessi lavorare a Mthunzi e aiutaretanti altri bambini. Vorrei riuscire a riu-nire i miei familiari, che sono lontani fi-sicamente e divisi nel cuore. Vorrei ave-re una vita semplice, una buona fami-glia, una casa mia dove i miei figli sia-no contenti di stare con me.

CATHERINE ODONGO

Sono nata nel 1990 a Kisumu, citt sullago Vittoria, a circa 500 km da Nai-robi. Avevo solo tre anni quando miopap mor improvvisamente, e il mioprimo ricordo mia mamma che pian-geva disperata. Era rimasta da sola conquattro figlie ed io ero la pi piccola;non sapeva cose fare per procurare damangiare per tutte noi. Prima, mispieg poi mia madre, stavamo benee aiutavamo anche qualche parenteche aveva problemi. Ma quando lei sitrov da sola non c'era nessuno chepoteva aiutarci.

Mia mamma cominci a fare lavorisaltuari, spostandosi di citt in citt,cos non riuscivamo neanche ad an-dare a scuola. Faceva la donna di ser-vizio in casa di famiglie ricche, ven-deva pannocchie abbrustolite ai mar-gini dalla strada, lavava i vestiti dei vi-cini di casa che stavano meno peggiodi noi in cambio di qualcosa da man-giare. La fame era un costante incu-bo in quegli anni.

Nel 2001 arrivammo a Kibera. Anchel vivevamo in miseria, ma mia madre

decise di fermarsi. Andavamo sem-pre in chiesa, mia mamma era moltoreligiosa e ci insegn a memoria le pre-ghiere. E una domenica, in parrocchia, in-contr suor Rose Cheza, una france-scana che la ascolt con attenzione eci diede aiuto: trov per me una casadi riabilitazione per bambine di stra-da e continu ad aiutare mia madre atrovare lavori sempre saltuari, ma al-meno pagati un po meglio di prima.Poi riusc a fare accogliere me e le miesorelle a Rescue Dada, unorganizza-zione della diocesi di Nairobi che si oc-cupa delle bambine di strada. Io ave-vo ormai dodici anni, e quella casaper noi fu la salvezza, perch pocodopo mia mamma mor. Era sfianca-ta dalla fatica e dai patimenti. Pensoche rest in vita con la forza di volont,perch voleva proteggerci, e quandovide che finalmente eravamo in unposto sicuro si lasci andare.

Volevo dimostrarle, e ancora lo vogliofare, che i sacrifici fatti per me non so-no stati inutili. Cos misi tutte le mieenergie nello studio e bruciai le tap-pe: nel novembre del 2005 feci gliesami della classe ottava e li passaicon voti altissimi, tanto che mi venneofferta una borsa di studio in una scuo-la prestigiosa, la Moi Girls School di El-doret, una citt a met strada fra Ki-sumu e Nairobi.

Ma c'era un problema: a Rescue Da-da non previsto che le ragazze ri-siedano permanentemente. Le suore ci avevano aiutate cono-scendo la situazione, ma ormai era-vamo troppo grandi per restare l, do-ve c'era costantemente necessit didare spazio a bambine pi piccole epi bisognose.E cos da Rescue Dada hanno chiestoalla Casa di Anita di accogliere me euna mia sorella. Ho poi saputo che Rescue Dada e laCasa di Anita collaborano da sem-pre.

L, in quella bella casa nel verde del-la colline di Ngong mi sono subito tro-vata bene, e con l'appoggio del per-sonale ho continuato a frequentare alscuola ad Eldoret, tornando ad Anitaper le vacanze.

A novembre 2009 ho fatto l'esame fi-nale di scuola superiore. Avevo spe-rato in un risultato pi alto, ma co-munque ottenni una valutazione com-plessiva di B+, un risultato sufficien-te per essere ammessa all'universit.Mi sarebbe piaciuto avere un risulta-to ancora pi alto perch cos avrei po-tuto accedere all'universit con unaborsa di studio statale, mentre ades-so ho ancora bisogno degli amici del-la Casa di Anita.

Nel 2010 e fino a giugno 2011 ho fat-to dei corsi di computer e volontaria-to presso diversi uffici di KoinoniaCommunity a Nairobi, poi finalmenteil 29 agosto 2011 ho cominciato il pri-mo anno di universit alla Moi Uni-versity School of Business and Eco-nomics, corso di laurea in Travel &Tours Operations Management.

Sono immensamente grata a chi mi hadato questa opportunit. Anche se imiei genitori fossero rimasti in vitanon avrei potuto raggiungere questolivello accademico. La mia scelta distudiare con passione per ringraziare

mia mamma per ci che ha fatto perme, e poi chi mi ha voluto bene a Re-scue Dada e continua a volermi benealla Casa di Anita, si andata raffor-zando dal primo giorno che ho mes-so piede alla scuola superiore.

Mi piace l'avventura, viaggiare, in-contrare persone nuove, parlare percercare di capire cosa succede nelmondo. Penso alle tante ragazze chesoffrono nella povert e per le millediscriminazioni contro le donne. Nel-la mia vita vorrei fare qualcosa ancheper loro.

Poi ho capito che era inutilereagire con rabbia, era megliodimostrare che riuscivo a fare di pi e meglio degli altri, e da allora tutti iniziarono a rispettarmi....Questo senso di appartenenzae responsabilit mi fa sentireun uomo e mi fa guardareavanti con fiducia.

Volevo dimostrare a mia mamma,e ancora lo voglio fare, che i sacrifici fatti per me nonsono stati inutili.Cos misi tutte le mie energienello studio e bruciai le tappe...Mi venne offerta una borsa di studio in una scuolaprestigiosa, la Moi Girls School di Eldoret.

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Istruzione e democrazia

di Raffaele Masto*

Dossier

ualche anno fa, nel Sud del Sudan,in uno sperduto villaggio del

Southern Blue Nile trovai un gruppo di ado-lescenti sotto un albero con un apparecchioradio a onde corte sintonizzato sulla BBC equaderni e libri consunti, probabilmente usa-ti da generazioni, religiosamente appoggia-ti in ordine su una pietra. Stavano studian-do e si erano presi una pausa per seguire ilnotiziario.Quella scena mi restata impressa nella men-te perch era la dimostrazione di quanto, pergli africani, la conoscenza, l'informazione, l'i-struzione siano un bene prezioso e spesso inac-cessibile, riconosciuto tale proprio perch inAfrica, ma non solo, un bene scarso. Non cos in molte altre parti del mondo, do-ve i livelli di benessere sono sensibilmente pialti di quelli del Sud Sudan e, di conseguenza, anche l'istruzione un bene pi ac-cessibile ma, di questi tempi, sempre pi sotto attacco. Eppure non necessario essere degli economisti o degli esperti di dinamiche so-ciali e politiche, a livello locale o/e internazionale, per capire che l'istruzione, a qua-lunque latitudine, un formidabile fattore di crescita e uguaglianza. L'istruzione generalizzata, resa accessibile dalle vecchie politiche dello stato sociale,ha contribuito in modo determinante, nel dopoguerra, allo sviluppo europeo, dun-que alla crescita. Allo stesso tempo ha permesso, attraverso un meccanismo di giu-stizia, di offrire una chance a ogni bambino, a ogni giovane, a ogni studioso con-sentendo in questo modo al sistema di essere egualitario e al tempo stesso di nonperdere risorse, cio lo ha reso maggiormente efficace ed efficiente. Gli africani, o meglio la societ civile di questo continente, dimostrano in ogni occa-sione di avere introiettato questa storia e di interpretare questa legge economica (piistruzione = pi sviluppo) come uno dei mezzi grazie al quale ci si pu affrancare dal-la miseria e si pu elevare il livello di benessere della popolazione.

Sono innumerevoli le storie o le constatazioni che dimostrano quanto in Africa i gio-vani vogliano studiare. Le scuole in molti villaggi sono commoventi: le classi raggiungononumeri di sessanta-settanta allievi e i bambini, spesso, condividono in tre lo stessobanco, senza litigare. E molti di loro si sono portati lo sgabello da casa per sedersi.Le lezioni si svolgono in un religioso silenzio. Non ci sono libri e i quaderni sono pre-ziosi. Se li si guarda bene si pu vedere che i ragazzi cominciano a scrivere nell'ango-lo in alto a sinistra, senza lasciare margini n in alto n di lato e inoltre scrivono pipiccolo che possono. La si potrebbe scambiare per una mancanza estetica e invece un modo per far durare pi a lungo il quaderno e risparmiare la preziosa carta. Peccato che, a fronte di questa radicata consapevolezza degli africani sul valore del-l'istruzione, il mondo sembri andare nella direzione opposta. Non solo in Africa, do-ve le lite politiche sono attratte dal mito occidentale della crescita fine a se stessae le societ sono oppresse da un livello di corruzione spesso impressionante che bloc-ca la distribuzione della ricchezza.

Nei paesi cosiddetti sviluppati, del resto,non va meglio. Il pensiero unico nell'econo-mia produce politiche improntate a un mo-netarismo integralista con l'obiettivo prin-cipale di ottenere una crescita anche attra-verso tagli drastici della spesa pubblica edunque perfino all'istruzione. Il risultato pi evidente che la crisi eco-nomica e il modo di affrontarla stanno neu-tralizzando gli effetti positivi che un maggioreaccesso all'istruzione potrebbe produrre sianei paesi ricchi che in quelli poveri.

I tagli all'istruzione o i mancati investimen-ti in questo strategico settore sono il fruttodelle decisioni di politici incapaci di avere unavisione lungimirante. Sia nei paesi sviluppatidell'Europa e del Nord America che in quel-li di Africa, Asia e America Latina i politiciche attaccano la scuola hanno come unicoscopo quello di rimanere in carica per il pros-simo mandato. Insomma antepongono un

meschino interesse personale a un obiettivo strategico futuro che proprio que-st'ultimo degli statisti e non dei politicanti. Anche sul piano internazionale non sembra esserci nessun investimento a favoredi unistruzione generalizzata come strumento strategico per perseguire lo sviluppo.Anzi le agenzie delle Nazioni Unite preposte a questo compito, comprese quelleeconomiche che elargiscono aiuti e finanziamenti ai paesi poveri, si muovono inmodo contraddittorio. Spesso progetti di assistenza allo sviluppo che prevedonolo stanziamento di ingenti somme economiche vengono condizionati al multipar-titismo, all'espletamento di elezioni, in una parola alla democrazia. Ma anche que-sto rischia di essere un comportamento contraddittorio: la democrazia non si rea-lizza e non si consolida se il popolo non educato al dibattito, se non ha dei fon-damenti di educazione civica e di storia. Insomma, non ci pu essere democraziase non ci sono scuole e se la cultura non diventa una priorit della politica. Questo comportamento contraddittorio verso i paesi poveri da parte dei paesi a de-mocrazia consolidata e sviluppo avanzato probabilmente il frutto di una dege-nerazione avvenuta all'interno di questi ultimi soprattutto nell'ultimo decennio.

L'economia in questi paesi divenuta una sorta di scienza feticcio alla quale tut-to viene subordinato. Determinante lo spread, ma non il divario culturale cheoggi ci separa, per esempio, dai livelli raggiunti qualche decennio fa quando la scuo-la era diffusa, era pi gratuita di oggi ed era preponderante quella pubblica, piegualitaria e democratica.Un divario culturale, quello che oggi impera in molti paesi europei, che rischia diessere un vero e proprio baratro nei confronti di societ civili di alcuni paesi afri-cani. E che fa pensare che in paesi come l'Italia sarebbe oggi indispensabile unpersonaggio come fu, negli anni sessanta, Don Milani, che seppe comprendere fi-no in fondo e diffondere la forza rivoluzionaria di una scuola accessibile a tutti co-me motore di sviluppo, di democrazia e di egualitarismo.*Raffaele Masto, giornalista, lavora nella redazione esteri di Radio Popolare e collabora con diverse testateitaliane e straniere.

QQuanta voglia di studiare

Scuola primaria nella baraccopoli di Kibera, Nairobi

KENYAKivuli Centre: progetto educativo che accoglie in forma residenziale 60 ex bambini di strada, copre le spese scolastichedi altri 70 bambini ed aperto a tutti, proponendo diverse attivit. Kivuli diventato un punto di riferimento per igiovani del quartiere circostante, con laboratori artigianali di avviamento professionale, una biblioteca, undispensario medico, un progetto sportivo, un laboratorio teatrale, una sartoria, un pozzo che vende acqua a prezzicalmierati, una scuola di lingue, una scuola di computer e uno spazio sede di varie associazioni, per momenti didibattito e confronto.

Casa di Anita: casa di accoglienza a Ngong (20 km da Nairobi) curata da due famiglie keniane. La Casa di Anitaaccoglie 33 ex bambine e ragazze di strada vittime di violenze di ogni genere, inserendole in una struttura familiaree protetta, permettendo una crescita affettivamente tranquilla e sicura, e continua a seguire le ragazze pi grandiche sono rientrate in famiglia.

Ndugu Mdogo (Piccolo Fratello): progetto socio-educativo, un punto di riferimento per i 200 ragazzi che, con leloro famiglie, sono stati accolti nel programma di assistenza e riabilitazione dal 2006 ad oggi.

Kivuli Ndogo e Ndugu Mdogo Rescue Centers: sono centri di prima accoglienza e soccorso per i bambini e iragazzi che negli immensi quartieri di Kibera e Kawangware sono ancora costretti a sopravvivere per strada senzala cura e l'affetto di un adulto. Questi centri sono il primo passo di un percorso di recupero che potr portarli poia Kivuli, Ndugu Mdogo o alla Casa di Anita.

Borse di Studio don Giorgio Basadonna: permettono a studenti meritevoli privi di possibilit economiche diproseguire nel percorso di studi superiore e acquisire una preparazione qualificata per il loro futuro: un modo concretoper ricordare limpegno di tutta una vita spesa da don Giorgio per la crescita dei giovani.

Riruta Health Project: programma di prevenzione e cura dell'Aids, nato in collaborazione con Caritas Italiana,offre assistenza a domicilio a malati terminali e a pazienti sieropositivi nelle periferie di Nairobi.

Families to Families: programma di sviluppo comunitario nato da un gruppo di famiglie italiane per sosteneregli ex ospiti dei centri nel percorso di reinserimento familiare e nella comunit locale.

Geremia School: una scuola di informatica che fornisce una formazione professionale di alta qualit, per contribuirea colmare il digital divide Nord-Sud.

Diakonia Institute: offre corsi universitari in Scienze Sociali e Sviluppo Comunitario (microcredito, impresasociale) per formare a livello accademico figure in grado di lavorare nelle baraccopoli con professionalit.

ZAMBIAMthunzi Centre: progetto educativo realizzato dalle famiglie della comunit di Koinonia di Lusaka. Oltre adaccogliere in forma residenziale 60 ex bambini di strada curandone la crescita e leducazione, un punto diriferimento per gli altri abitanti dei centri rurali circostanti, con il suo dispensario medico e con i suoi laboratoridi falegnameria e di sartoria per lavviamento professionale.

SUDANCentro Educativo Koinonia: due scuole sui monti Nuba che garantiscono leducazione primaria a circa 1200ragazzi ed una scuola magistrale per selezionare e formare giovani insegnanti nuba per riattivare la retescolastica gestita dalle popolazioni della zona.

Progetti

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Adozioni a distanza

Perch tutti insiemeL'adozione proposta da Amani non individuale, cio di un solo bambino,ma rivolta all'intero progetto di Kivuli,della Casa di Anita, di Ndugu Mdogo,di Mthunzi o delle Scuole Nuba. In questo modo nessuno di loro cor-rer il rischio di rimanere escluso. In-somma "adottare" il progetto di Ama-ni vuol dire adottare un gruppo di bam-bini, garantendo loro la possibilit dimangiare, studiare e fare scelte co-struttive per il futuro, sperimentando lasicurezza e l'affetto di un adulto. E so-prattutto adottare un intero progettovuol dire consentirci di non limitarelaiuto ai bambini che vivono nel cen-tro di Kivuli, della Casa di Anita, di Ndu-gu Mdogo, del Mthunzi o che fre-quentano le scuole di Kerker e KujurShabia, ma di estenderlo anche ad al-tri piccoli che chiedono aiuto, o a fa-miglie in difficolt, e di spezzare cos ilpercorso che porta i bambini a diven-tare bambini di strada o, nel caso deibambini nuba, di garantire loro il fon-damentale diritto alleducazione. Anche un piccolo sostegno economi-co permette ai genitori di continuare afar crescere i piccoli nellambiente piadatto, e cio la famiglia di origine.In questo modo, inoltre, rispettiamo laprivacy dei bambini evitando di diffon-dere informazioni troppo personali sul-la storia, a volte terribile, dei nostripiccoli ospiti. Pertanto, all'atto dell'a-dozione, non inviamo al sostenitoreinformazioni relative ad un solo bam-bino, ma materiale stampato o videoconcernente tutti i bambini del pro-getto che si scelto di sostenere. Una caratteristica di Amani quella diaffidare ogni progetto ed ogni iniziati-va sul territorio africano solo ed esclu-sivamente a persone del luogo. Perquesto i responsabili dei progetti diAmani in favore dei bambini di stradasono keniani, zambiani e sudanesi.Con l'aiuto di chi sostiene il progettodelle Adozioni a distanza, annualmen-te riusciamo a coprire le spese di ge-stione, pagando la scuola, i vestiti, glialimenti e le cure mediche a tutti ibambini.

Info: [email protected]

Come aiutarciPuoi "adottare" i progetti realizzatida Amani con una somma di 30euro al mese (360 euro all'anno):contribuirai al mantenimento e al-la cura di tutti i ragazzi accolti da Ki-vuli, dalla Casa di Anita, da Ndu-gu Mdogo, dal Mthunzi o dalleScuole Nuba. Per effettuare un'adozione a distan-za basta versare una somma sul c/c postale n. 37799202 intestato adAmani Onlus Ongvia Gonin 8 20147 Milanoo sul c/c bancario pressoBanca Popolare Etica IBAN IT91 F050 1801 6000 00000503 010BIC/SWIFT: CCRTIT2T84A

Ti ricordiamo di indicare, oltre il tuonome e indirizzo, la causale del ver-samento: "adozione a distanza". Ci consentirai cos di inviarti il ma-teriale informativo.

AMANIA d o z i o n i

17 febbraio 2012. Arrivata dallItalia da poche ore,i miei occhi guardano fuori dal finestrinodel pullmino che tra una buca e laltra cerca di raggiungere Kibera.Dicono che Kibera sia lo slum pi grande di Nairobi, che lo sguardo si perdasenza vedere la fine delle baracche e delle montagne di immondizia, diconoche ci faremo un giro allinterno accompagnati dai bambini, dicono che sarunesperienza fortissima.

Sono emozionata: destinazione il centro di prima accoglienza di Kibera doveil famoso Jack, che io non conosco, e i suoi bambini, che ora non sono pi instrada, ci aspettano.

Per me giovane italiana il concetto di strada tanto distante da poter esse-re compreso solo alla fine di questo viaggio.

Il pullmino costeggia per un po i confini dello slum ed io penso Eccola quaKibera! e poco dopo si svolta a destra in una strada chiusa. Ci troviamo difronte ad un muro rosso con disegnato sopra un bus carico di bimbi e sottola scritta Ndugu Mdogo Drop In. Siamo arrivati.

Francesco mi chiede Pronta? ed io non lo so.

Pi volte Francesco ci aveva raccontato dellimpatto con i bambini, del lorocontatto fisico, delle loro mani, del loro modo di sceglierti, di prenderti e dinon lasciarti pi, di quellaffettivit a noi occidentali tanto sconosciuta. Nonso se ero pronta, ma ero l e soprattutto avevo tanto desiderato essere l e nonsapere se essere pronta.

bastato fare un passo fuori dal pullmino per essere catapultata tra sorrisi,mani, occhi, braccia di bambini che urlano e salutano felici di vedere noi, ungruppo di italiani che lavorano da anni nel sociale, desiderosi di incontrarli.

In quel tumulto di hello, nice to meet you, how are you, ecco una manina chestringe la mia, poi unaltra: sono stata scelta. Ora s che sono pronta a farmitrasportare in questa avventura, protetta da due bimbi, uno dagli occhi pidolci che davvero io abbia mai visto.

Non faccio in tempo a guardarmi intorno che vengo spinta nel piccolo giar-dino fino a ritrovarmi seduta in cerchio con i miei bambini che, premurosi,hanno preso il posto per me e per loro.

Cominciano le presentazioni: tutti, grandi e piccoli, si presentano alzandosiin piedi e dicono il proprio nome e cosa gli piace fare. Arriva anche il mio tur-no, io che preferisco sempre ascoltare piuttosto che mostrarmi, invece quatrovo tutto naturale.

Poi ci si alza e via, tutti insieme, verso i vicoli di Kibera. Con me non ho niental-tro che le mani di quei due bambini, miei piccoli angeli custodi nelle vie del-la miseria, di un futuro incerto, di un riscatto che sembra impossibile, di vi-te che cercano di sopravvivere tra lamiere maleodoranti, di bambini chestringendo una bottiglietta di colla tra le dita guardano le nostre pelli bian-che con al collo macchine fotografiche.

Io la macchina fotografica non lho portata, ho scelto di cogliere ogni detta-glio senza alcun filtro: avrei voluto essere trasparente, avrei voluto che glisguardi dello slum non mi vedessero.

Montagne di immondizia, fogne a cielo aperto con piedini di bimbi che sguaz-zano dentro, mosche che affollano il cibo; volti di uomini, donne e bambiniche non desiderano pi, vittime di un sistema che li considera immondiziaai margini delle strade.

Ma in mezzo a tutto questo intorno a me vedo bambini salvati che hanno tro-vato la possibilit di riscatto e che stringendomi mi guidano e mi mostranoKibera. C la ferrovia che dallalto domina la collina di lamiere e sui tetti dialcune baracche sono disegnati grandi occhi che guardano il cielo, quel cieloafricano cos affascinante, dallazzurro terso e le dense nuvole, cielo testimonesilenzioso di storie di miseria, malattia e violenza.

I bambini mi fanno notare quanto lo slum sia grande con i suoi vicoli in sa-lita e discesa, quanta puzza ci sia, quanta polvere rossa sia mista a rifiuti erigoli di acqua putrida.

Ed eccoci di ritorno al Rescue Centre.

Si gioca a calcio, si balla, si scherza, c chi fa numeri di magia. Poi il pranzo:i bimbi hanno cucinato, servito, sparecchiato, lavato e mangiato con gusto inquel giardino sotto il porticato e tra gli alberi.

Sorrisi, canti, balli si sono rincorsi tutto il giorno. Poi una domanda: Cosadireste ai nostri bambini italiani? ed ecco che alcuni bimbi si alzano e co-minciano uno per volta a mandare dei video messaggi.

C chi fa un saluto, chi chiede che vengano a trovarli, chi spera di andare inItalia per incontrarli e chi immagina che anche in Italia ci siano dei proble-mi, forse diversi dai loro ma comunque difficili. Allora manda un messaggiodi speranza: ogni situazione superabile con laiuto di Dio.

Questi bambini hanno scarpe rotte, maglioncini bucati e dormono in quat-tro in un letto a castello e quando si chiede loro cosa desiderano rispondonolibri, vestiti e materiale per scuola, una guest house e una casa pi grandeper poter aiutare altri bimbi di strada.

Mi chiedo cosa penseranno i bambini della comunit in cui lavoro quandoascolteranno questi messaggi, mi chiedo cosa avrebbero detto al loro posto.Poi penso alla fortuna di questo viaggio, allincontro con questi piccoli uo-mini che mi stanno insegnando a vivere, mi stanno mostrando quanti falsibisogni abbiamo e che nella vita le relazioni e gli incontri sono probabilmentela cosa pi preziosa e importante, perch hanno il potere di fare cambiaretutto e dare speranza.

E allora grazie Emozioni e sensazioni talmente sconosciute e profonde chemancano le parole per descriverle.

*Valentina Taddei, educatrice della cooperativaMillepiedi di Rimini.

Io la macchina fotografica non lho portata...di Valentina Taddei*

DI SEGUITO ALCUNI DEI MESSAGGI CHE I BAMBINI DI NDUGU MDOGO RESCUE CENTRE, STRUTTURA DI PRIMA ACCOGLIENZA NEL CUORE DELLA BARACCOPOLI DI KIBERA,NAIROBI, RIVOLGONO AGLI AMICI ITALIANI.

EVANS MUTWERI, 12 anniMi piacerebbe che ci aiutaste ad ampliare gli uffici, la nostra casa e i bagni, ma anche il nostro giardino, cos quando verrete a trovarci avrete a disposizione uno spazio in cui rilassarvi.

Vorrei che compraste per noi dei libri di testo, in modo che quando arrivano gli esamianche voi sappiate quali materie stiamo studiando.Vorrei che compraste per noi vestiti e scarpe.

Vorrei che al vostro rientro in Italia incontraste tutti i bambini per dirgli che sono benvenutiqui da noi, che siamo pronti ad accogliere i nostri nuovi amici cos come abbiamo fatto con voi. Ci divertiremo insieme, faremo i giochi che ci insegnerete ed anche voiimparerete alcune cose da noi.

Vorrei augurarvi Buon Viaggio. Pregheremo per voi e vi terremo nei nostri cuori.

Siete sempre benvenuti a Ndugu Mdogo Rescue Center!

COLLINS ONYANGO, 11 anniVorrei avere una stanza per gli ospiti e una casa pi grande con altre camere e pi postiletto.

Ci piacerebbe avere altri libri di preghiere e libri di testo, e una stanza spaziosa per la nostra biblioteca che avrebbe bisogno di libri di storie e quaderni per gli esercizi.

A Ndugu Mdogo Rescue Center avremmo bisogno di una vasca per i pesci e di gabbie per allevare i conigli.

La casa dovrebbe essere pi grande perch la frequentano davvero tanti bambini!Vorremmo fare spazio a chi arriver nel 2012.

Grazie a tutte le persone che ci fanno visita e che stanno aiutando la nostra comunit!

Chi siamoAmani, che in kiswahili vuol dire pace, unassociazione laica e una Or-ganizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri. Amani si impegna particolarmente a favore delle popolazioni africane se-guendo due regole fondamentali:1. garantire una struttura organizzativa snella, cos da contenere i costia carico dei donatori; 2. privilegiare laffidamento e la gestione di ogni progetto e di ogni iniziativasul territorio africano a persone qualificate del luogo. Molti degli interventidi Amani, infatti, sono stati direttamente ispirati dalla comunit di Koi-nonia.

Come contattarciAmani Onlus - OngOrganizzazione non lucrativa di utilit sociale e Organizzazione nongovernativa

Sede legale e amministrativa:via Gonin, 8 - 20147 Milano - ItaliaSede operativa:via Tortona, 86 - 20144 Milano - ItaliaTel. +39 02 48951149 - Fax +39 02 [email protected] - www.amaniforafrica.org

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Editore: Associazione Amani Onlus-Ong, via Gonin 8, 20147 MilanoDirettore responsabile: Daniele Parolini A cura di: Pietro VeroneseCoordinatore: Gloria FragaliProgetto grafico e impaginazione: Ergonarte, MilanoStampato presso: Grafiche Riga srl, via Repubblica 9, 23841 Annone Brianza (LC)Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale Civile e Penale di Milanon. 596 in data 22.10.2001

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BUONGIORNO AFRICARaffaele Masto uno dei pochissimi giornalisti italiani che hannofatto dellAfrica la propria ragione, e passione, professionale. Eter-namente curioso, socraticamente convinto che la presunzione di-gnoranza sia il miglior modo di disporsi a conoscere, attento e par-tecipe in primo luogo alle persone e alle loro vicende, in una pa-rola eccellente giornalista, Masto ci conduce in questo suo ulti-mo libro alla scoperta di un continente ancora una volta inesplorato. LAfrica che descrive infatti quella post cinese, cio successivaalla fase della grande penetrazione asiatica della fine del XX se-colo e dellinizio di questo. UnAfrica che, passato il lungo son-no postcoloniale, si sta finalmente convincendo di poter con-tare, per il proprio futuro, solamente su stessa. UnAfrica in-quieta, percorsa da una forte volont di rinnovamento e danuove minacce, come la crescente presenza di Al Qaeda im-mediatamente a sud del Sahara, nelle regioni pi derelittee povere del continente.

Il libro raccoglie cinque reportage in altrettanti Paesi: Etio-pia, Repubblica democratica del Congo, Kenya, Nigeria, Ma-li. Tutti attuali, ma pi di ogni altro lultimo, dedicato allaricerca delle ragioni della penetrazione qaedista a norddel fiume Niger, in una vasta regione teatro in questi ul-

timi mesi della rivolta dei Tuareg e delluscita allo scoperto di milizie le-gate allinternazionale del terrore islamista. Il viaggio di Masto in Mali una lunga navi-

gazione lungo il Niger a bordo di una tipica pinasse, in compagnia di un collega cinese. Il racconto pieno di in-contri, di annotazioni, di piacere per chi legge.

Lo sguardo del narratore sempre attento e partecipe, mai distaccato. Il libro percorso da un vivo sentimentodi simpatia per lAfrica, un continente come scrive lo stesso Masto nelle ultime pagine che non ha bisogno diaiuto, bens solamente bisogno di giustizia.

RAFFAELE MASTO BUONGIORNO AFRICA. Tra capitali cinesi e nuova societ civileBruno Mondadori, 202 pagine, 16 euro

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