DIORAMA 31 LETTERATURA - agb...Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro...

3
DIORAMA 31 lunga permanenza al potere, a porsi come alterna- tivo ai leader tradizionali». Appare dunque chiaro che la leadership è un tema dʼimportanza capitale per la comprensione del fun- zionamento dei regimi democratici, e cʼè chi, come Leonardo Morlino, si è domandato se la qualità del- la democrazia non sia strettamente correlata alla qualità della leadership. È un interrogativo che resta aperto, ma, comʼè possibile comprendere leggendo le oltre duecento pagine del libro, è indubbio che anche in sistemi che non hanno a che vedere con la tipica personalizzazione dellʼautoritarismo vi siano leaders in grado di fare la differenza. La questione della leadership, pur essendone ap- purata la centralità, rischia però di diventare un co- modo paravento dietro cui mascherare le difficoltà delle democrazie contemporanee. Infatti, come ha sostenuto Foley, «la sfida politica e la richiesta di un cambiamento trovano sempre più spesso la loro più acuta espressione nella richiesta di un cambio di lea- dership». È questo il paradigma intorno al quale ruota lʼultimo stadio della «democrazia del pubblico» teo- rizzata da Bernard Manin: un eccesso di personaliz- zazione delle scelte politiche enfatizzato da un uso smodato dei mass media, che da un lato rafforza il legame tra leader e cittadino e dallʼaltro aumenta le aspettative. Il paradosso di questa situazione è che, fa notare Donatella Campus, se la mancata soddisfa- zione di queste ultime «non dipende solo dal leader, sono comunque gli aspetti legati al suo stile di lea- dership i primi ad essere messi in discussione». In una fase di spettacolarizzazione della politica, il leader viene sempre più frequentemente visto come una celebrità con una schiera di cittadini-fans, un se- guito che però rischia di risultare effimero nel mo- mento in cui il leader non sia in grado di consolidare quellʼentusiasmo iniziale, di esercitare «quellʼinfluen- za trasformativa sui propri seguaci» che il suo primo impatto aveva fatto ipotizzare. In conclusione, possiamo affermare che tutti questi elementi evidenziano una certa fragilità del ruolo di leadership nella politica odierna, ma focalizzarsi e ricondurre tutte le questioni che lo riguardano ad un ambito esclusivamente pop-comunicativo non farà che aumentare le accuse di troppa poca leadership già spesso rivolte alle classi politiche democratiche e stimolarne le possibili degenerazioni. Alfonso Noel Angrisani LETTERATURA Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro 18,50. David Wendt, Lui è tornato, film, Germania, 2015 Nel punto di Berlino in cui si trovava il bunker in cui il Terzo Reich nazionalsocialista consumò le sue ul- time ore ci sono oggi delle abitazioni private. In uno dei loro cortili si sveglia improvvisamente Adolf Hitler. È un poʼ malconcio, non sa di essere nel 2011 (se- condo il libro) o nel 2014 (secondo il film) e allʼinizio fatica a rendersi conto della realtà in cui è ricompar- so. Ma gli bastano poche ore per orientarsi e per ca- pire che le condizioni della società tedesca e del- lʼEuropa sono favorevoli ad un suo ritorno. Le tele- visioni gli danno infatti spazio, voce, megafono. Il Führer comprende che i suoi veri continuatori non sono i teppisti di estrema destra ma quanti – che si tratti di nazionalisti islamofobi o di cosmopoliti del- lʼaccoglienza universale – creano le condizioni af- finché nascano sentimenti di difesa. Ignorare che siamo anche animali territoriali è infatti un grave er- rore antropologico e politico. Dopo il successo tele- visivo, il revenant Hitler pubblica un libro che diventa un bestseller, interpreta un film e sfila di nuovo per le strade di Berlino, contestato da pochi e applau- dito dalla maggior parte dei passanti. «Non smetto mai di ribadire quanto sia importante possedere una volontà fanatica», afferma il prota- gonista di questa resurrezione. Con essa si riesce persino a riapparire a Berlino nel XXI secolo dopo essere morti nella stessa città nel 1945. A più di ses- santʼanni di distanza, il carattere dellʼuomo non è mu- tato, né i suoi obiettivi. Bisogna continuare infatti ad «agire con assoluta, fanatica determinazione: sem- pre. Altrimenti non si ottiene niente». Adolf Hitler riesce in questo modo ad ottenere ancora molto dal popolo tedesco e dalle persone che incontra. E lo fa comprendendo che cʼè un mezzo pervasivo, po- Lʼarticolo del professor Biuso che compare nella colonna qui accanto era stato concepito come parte di un confronto a due voci in cui, guidato dalla mia bulimia cinematografica, avrei dovuto esporre le mie opinioni sul film Lui è tornato. Letto il contributo di Biuso, ho deciso di rinunciarci, perché il suo punto di vista mi pare fondato ed esauriente. Mi limito solo ad aggiungere che la pellicola è guastata dalle ultime scene, in cui si ripropone lʼaccostamento a Hitler, eccessivo quanto banale, di leaders populisti europei come Marine Le Pen, Gert Wijlders, Nigel Farage e Matteo Salvini. La demonizzazione vuole evidentemente la sua parte anche in unʼopera che pu- re sa equilibrare complessivamente lʼironia e la riflessione.

Transcript of DIORAMA 31 LETTERATURA - agb...Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro...

Page 1: DIORAMA 31 LETTERATURA - agb...Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro 18,50. David Wendt, Lui è tornato, film, Germania, 2015 Nel punto di Berlino in

DIORAMA 31

lunga permanenza al potere, a porsi come alterna-tivo ai leader tradizionali».Appare dunque chiaro che la leadership è un temadʼimportanza capitale per la comprensione del fun-zionamento dei regimi democratici, e cʼè chi, comeLeonardo Morlino, si è domandato se la qualità del-la democrazia non sia strettamente correlata allaqualità della leadership. È un interrogativo che restaaperto, ma, comʼè possibile comprendere leggendole oltre duecento pagine del libro, è indubbio cheanche in sistemi che non hanno a che vedere conla tipica personalizzazione dellʼautoritarismo vi sianoleaders in grado di fare la differenza.La questione della leadership, pur essendone ap-purata la centralità, rischia però di diventare un co-modo paravento dietro cui mascherare le difficoltàdelle democrazie contemporanee. Infatti, come hasostenuto Foley, «la sfida politica e la richiesta di uncambiamento trovano sempre più spesso la loro piùacuta espressione nella richiesta di un cambio di lea-dership». È questo il paradigma intorno al quale ruotalʼultimo stadio della «democrazia del pubblico» teo-rizzata da Bernard Manin: un eccesso di personaliz-zazione delle scelte politiche enfatizzato da un usosmodato dei mass media, che da un lato rafforza illegame tra leader e cittadino e dallʼaltro aumenta leaspettative. Il paradosso di questa situazione è che,fa notare Donatella Campus, se la mancata soddisfa-zione di queste ultime «non dipende solo dal leader,sono comunque gli aspetti legati al suo stile di lea-dership i primi ad essere messi in discussione».In una fase di spettacolarizzazione della politica, illeader viene sempre più frequentemente visto comeuna celebrità con una schiera di cittadini-fans, un se-guito che però rischia di risultare effimero nel mo-mento in cui il leader non sia in grado di consolidarequellʼentusiasmo iniziale, di esercitare «quellʼinfluen-za trasformativa sui propri seguaci» che il suo primoimpatto aveva fatto ipotizzare.In conclusione, possiamo affermare che tutti questielementi evidenziano una certa fragilità del ruolo dileadership nella politica odierna, ma focalizzarsi ericondurre tutte le questioni che lo riguardano ad unambito esclusivamente pop-comunicativo non faràche aumentare le accuse di troppa poca leadershipgià spesso rivolte alle classi politiche democratichee stimolarne le possibili degenerazioni.

Alfonso Noel Angrisani

LETTERATURATimurVermes,Luiètornato,Bompiani,Milano 2013,pagg. 443,euro 18,50.

DavidWendt,Luiètornato,film,Germania,2015

Nel punto di Berlino in cui si trovava il bunker in cuiil Terzo Reich nazionalsocialista consumò le sue ul-time ore ci sono oggi delle abitazioni private. In unodei loro cortili si sveglia improvvisamente Adolf Hitler.È un poʼ malconcio, non sa di essere nel 2011 (se-condo il libro) o nel 2014 (secondo il film) e allʼiniziofatica a rendersi conto della realtà in cui è ricompar-so. Ma gli bastano poche ore per orientarsi e per ca-pire che le condizioni della società tedesca e del-lʼEuropa sono favorevoli ad un suo ritorno. Le tele-visioni gli danno infatti spazio, voce, megafono. IlFührer comprende che i suoi veri continuatori nonsono i teppisti di estrema destra ma quanti – che sitratti di nazionalisti islamofobi o di cosmopoliti del-lʼaccoglienza universale – creano le condizioni af-finché nascano sentimenti di difesa. Ignorare chesiamo anche animali territoriali è infatti un grave er-rore antropologico e politico. Dopo il successo tele-visivo, il revenant Hitler pubblica un libro che diventaun bestseller, interpreta un film e sfila di nuovo perle strade di Berlino, contestato da pochi e applau-dito dalla maggior parte dei passanti.«Non smetto mai di ribadire quanto sia importantepossedere una volontà fanatica», afferma il prota-gonista di questa resurrezione. Con essa si riescepersino a riapparire a Berlino nel XXI secolo dopoessere morti nella stessa città nel 1945. A più di ses-santʼanni di distanza, il carattere dellʼuomo non è mu-tato, né i suoi obiettivi. Bisogna continuare infatti ad«agire con assoluta, fanatica determinazione: sem-pre. Altrimenti non si ottiene niente». Adolf Hitlerriesce in questo modo ad ottenere ancora molto dalpopolo tedesco e dalle persone che incontra. E lofa comprendendo che cʼè un mezzo pervasivo, po-

Lʼarticolo del professor Biuso che compare nella colonna quiaccanto era stato concepito come parte di un confronto a duevoci in cui, guidato dalla mia bulimia cinematografica, avreidovuto esporre le mie opinioni sul film Lui è tornato. Lettoil contributo di Biuso, ho deciso di rinunciarci, perché il suopunto di vista mi pare fondato ed esauriente. Mi limito soload aggiungere che la pellicola è guastata dalle ultime scene,in cui si ripropone lʼaccostamento a Hitler, eccessivo quantobanale, di leaders populisti europei come Marine Le Pen, GertWijlders, Nigel Farage e Matteo Salvini. La demonizzazionevuole evidentemente la sua parte anche in unʼopera che pu-re sa equilibrare complessivamente lʼironia e la riflessione.

Page 2: DIORAMA 31 LETTERATURA - agb...Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro 18,50. David Wendt, Lui è tornato, film, Germania, 2015 Nel punto di Berlino in

32 DIORAMA

tente, familiare, tramite il quale raggiungere i suoiobiettivi: la televisione.Produttori, presentatori e spettatori pensano natu-ralmente che colui il quale si fa chiamare Adolf Hi-tler sia un eccellente comico, capace di interpretarebenissimo il suo personaggio. Al riparo da questoovvio – ma sbagliato – presupposto, Hitler diventala televisione, portando a compimento quanto eraimplicito nella precedente fase della sua vita politica.Il suo esordio, in un programma comico, gli fa direVermes, «fu come tornare a casa, allo Sportpalast,dopo aver trascorso anni di stenti in un paese stra-niero. […] Sentii dentro di me la tensione e la gioia».Quello che allʼinizio gli pareva «un manicomio» sirivela invece un formidabile mezzo con il quale «aimiei tempi, avrei potuto comunicare al popolo moltiavvenimenti nefasti come fossero bagatelle». Nonsolo: il Führer arriva al punto di commuoversi davan-ti alle possibilità aperte da Internet.In breve: Hitler diventa una star della società dellospettacolo, della quale fa emergere tutta la poten-za di condizionamento, di successo, di governo. Lofa, la prima volta, con un gesto apparentemente pocotelevisivo e poco spettacolare: il silenzio. Di fronteal flusso senza requie e senza senso della chiac-chiera catodica, lʼapparire silenzioso in uno spetta-colo comico di un uomo che somiglia in modo im-pressionante a Hitler e che comincia con il tacere,dissolve lʼilarità, crea attese, rende inquieti i produt-tori e la regista ma alla fine sancisce il trionfo.È un successo che è conseguenza del fatto che losostiene una ferrea determinazione; lo aiuta la corsaallʼaudience delle Reti televisive e dei loro impren-ditori; lo indirizzano consigli che si dimostra capacedi recepire da chiunque, se gli sembrano funzionaliallo scopo di restituire potenza al popolo tedesco;lo favorisce la miseria della politica della Germaniafederale, i cui esponenti vengono descritti (non sol-tanto dal personaggio ma anche dallʼautore che lorimette in scena) come dei mediocri: «Al vertice delpaese cʼera una donna tozza, che infondeva lo stes-so ottimismo di un salice piangente». Lo rende vin-cente il fatto di parlar chiaro, il non nascondere maile proprie idee.Quali idee? Queste, ad esempio: «Era innegabileche verso la fine dellʼepica lotta contro gli inglesi,il bolscevismo e lʼimperialismo, il popolo tedesco siera dimostrato inferiore. E perciò – lo dico con schiet-tezza – aveva perso il diritto di continuare a esiste-re, persino allo stadio primitivo della caccia e dellacerca di bacche e radici»; e ancora: «Un popolo sa-no ha bisogno di una guerra ogni venticinque anniper rinnovare il suo sangue».Di fronte allʼesercito industriale di riserva dei migran-ti, il cui afflusso e la cui presenza cancellano i dirittidei lavoratori e arricchiscono le imprese, Hitler os-serva: «avrei potuto evitare di invadere la Polonia,se allora avessi saputo quanto poco costava avereun polacco. Non si finisce mai di imparare». Con a-

cutezza comprende che il suo vecchio progetto dielevare il marco «al rango di valuta europea erastato realizzato» dallʼeuro, sebbene con risultati ca-tastrofici per lʼevidente artificialità di tale moneta,sostenuta da giornali di proprietà di quanti dallʼeurotraggono vantaggi. «Ma si sa, quale considerazionemeritino i nostri giornali. Il sordo scrive quello che gliriferisce il cieco, lo scemo di turno corregge e i col-leghi delle altre testate copiano».Anche per il Führer ci sono comunque degli ambitiche devono rimanere autonomi da un eccesso dipoliticizzazione: «Naturalmente lʼarte non deve es-sere contaminata dalla politica. Neanche la Giocon-da, infatti, è più bella con una svastica sul petto», ela dimensione anonima dellʼarchitettura di interi quar-tieri è sicuramente da deplorare. Hitler continua aritenere, testardamente, che gli inglesi siano gli al-leati naturali della Germania, in funzione antibolsce-vica, ma non si limita a questo, e pensa che bisognacreare una situazione in cui si superi il dato di fattoper il quale «ognuno è convinto che sia necessariosterminare i ratti, ma quando si arriva al dunque, pro-va immensa pietà per il singolo topo»; e continuaancora a pensare che «lʼuomo forte è più potentequando è solo».Il protagonista di questo libro agisce «con estremaprecisione, calmo, simile a una macchina», ancheperché, «piuttosto che lamentarsi e piagnucolare,la mia mente accettava i fatti e sondava la situazio-ne». Il capitolo XXXI rappresenta forse il nucleo con-cettuale del romanzo. Invitato allʼOktoberfest – allaquale nella sua precedente vita non aveva mai par-tecipato –, Hitler osserva attentamente quel che viaccade e formula delle analisi antropologiche piut-tosto acute. Come scrive Timur Vermes nella notadedicata al capitolo in questione, questa capacitànon deve certo stupire, poiché «chi vuole mano-vrare le masse, deve conoscerle».A questo si aggiunga che il romanzo si inserisceanche nella lunga tradizione – datante almeno daSwift e Montesquieu in avanti – che utilizza lʼespe-diente narrativo della distanza spazio-temporale alloscopo di cogliere e descrivere meglio le insensa-tezze delle quali non ci accorgiamo più solamen-te perché sono diventate a noi del tutto familiari. Adesempio, dei personaggi che incontra a Monaco diBaviera – colleghi suoi sparsi in varie reti televisi-ve –, Hitler afferma che qualcuno si guadagna davivere «lavorando in una di quelle serie televisiveingarbugliate – quando non partecipava a unʼaltratrasmissione nella quale, se ho capito bene, insie-me ad altri personaggi, pure di terzʼordine, si recavasu unʼisola deserta a morire o quasi di fame»; rile-va che «nel forzato buonumore» di tutti quanti «cʼeraal contempo una terribile disperazione»; osserva chein quella kermesse fintamente popolare «in praticala gioventù non era rappresentata, ma tutti si com-portavano come se avessero 20 anni. […] Tutti que-gli uomini appartenevano alla categoria di coloro che

Page 3: DIORAMA 31 LETTERATURA - agb...Timur Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013, pagg. 443, euro 18,50. David Wendt, Lui è tornato, film, Germania, 2015 Nel punto di Berlino in

DIORAMA 33

non sopportano virilmente il decadimento fisico enon riescono a compensarlo con il lavoro intellet-tuale o anche solo con una certa maturità».Il film tratto dal libro di Vermes presenta elementi esituazioni diverse rispetto al testo, dove il Führer infondo se la cava da solo, mentre nel film ha bisognodi una sorta di Sancho Panza che lo guidi nella pra-ticità della vita tedesca del XXI secolo. In entrambecomunque – sia nellʼopera letteraria, sia in quelladi natura cinematografica – il carisma weberianodi Hitler fa di questo personaggio morto nel 1945 unospite inquietante dellʼimmaginario collettivo.Il regista David Wendt trasforma il romanzo di Ti-mur Vermes in un film a più strati, nel quale lʼironiasi mescola alla sociologia, la fantasia alla tragedia,lʼinnegabile simpatia che il protagonista suscita siconiuga alla inquietante sincerità delle sue afferma-zioni. Allora come oggi, Hitler non nasconde nessunaspetto del proprio progetto politico e proprio perquesto attira consensi. «“Lei è un mostro!” [gli vienegridato]. “Pensa questo? allora dovrebbe condan-nare tutti coloro che votarono questo mostro, eranotutti mostri? No, era gente comune che decise di vo-tare un uomo fuori dal comune e di affidargli il de-stino del proprio paese. Lei si è mai chiesto perchéil popolo mi segue? Perché in fondo siete tutti co-me me, abbiamo gli stessi valori», è la replica delFührer redivivo.Er Ist Wieder Da penetra nel cuore di tenebra dellastoria contemporanea, nella sua tirannia mediatica,nella miseria che elegge personaggi ben modesti amembri delle attuali classi dirigenti, le quali fannopolitica intendendo con tale espressione la difesadei loro banali interessi finanziari. Il ritornato Hitlerha buon gioco rispetto a costoro – sono formidabiligli epiteti con i quali gratifica alcuni attuali capi digoverno – e riesce facilmente ad incunearsi nelladismisura spettacolare della televisione e del web,che conquista con i suoi sguardi, i silenzi, le paroleaffilate e il condiviso delirio.Il film è classico nella struttura ma situazionista nelleradici e debordiano nelle intenzioni: «Dans le monderéellement renversé, le vrai est un moment du faux»(Guy Debord, La société du spectacle, § 9). Il falsoHitler, magistralmente interpretato sullo schermo daOliver Masucci, mostra la verità di una società to-talitaria che trasforma ogni istante reale nella falsitàdella comunicazione contemporanea. Si ride mol-to, ci si diverte assai in questo film. E si pensa. Miè sembrato geniale.Meno vivace e meno lieve della sua versione cine-matografica, lo Hitler del romanzo di Timur Vermesottiene un analogo successo, il cui racconto si fermanel film alla passeggiata in automobile per le vie diBerlino; nel libro si conclude con la diffusione di unnuovo simbolo del partito e di uno slogan che rac-chiude il significato del suo ritorno: «Non era tuttosbagliato». Si può cominciare da questo».

Alberto Giovanni Biuso

PROFILILEO STRAUSS

Leo Strauss (1899-1973) è un autore non troppo stu-diato nella maggior parte dei paesi europei, sebbe-ne molte delle sue opere siano state tradotte nellelingue più diffuse del continente1. Così molti ignora-no che egli, da vivo, ha suscitato violente dispute nelmondo universitario – tanto più sorprendenti, in ap-parenza, per il fatto che il loro tono oltranzista con-trastava singolarmente con lo stile posato, cortese erigoroso di Strauss. Per lʼ«American Political ScienceReview», Strauss era colpevole «di una sorta di “in-tesa oggettiva” con lʼultrasinistra più apertamentetotalitaria»2. La conservatrice «National Review» ac-cusava ancora nel 1985 (ovvero dodici anni dopo lasua morte) i suoi discepoli di essere dei «non-ame-ricani». Sullʼaltro versante, la rivista «Political Theory»vide in Strauss un «inquisitore», adepto di un rigo-rismo morale dogmatico. Più in generale, la criticaha rimproverato a Strauss la pretesa di rifondare lafilosofia politica pur rimanendo indifferente alle re-altà del suo tempo e intrattenendo un dialogo ec-cessivamente inattuale con i grandi pensatori del-lʼAntichità o del Medioevo.In altri termini, secondo i canoni di quel pragmatismoche, al di là dellʼAtlantico, determina spesso lʼaccet-tabilità delle teorie socio-politiche, Strauss commet-teva il delitto di non appartenere al proprio tempo,di restare troppo attaccato a quelle “discussioni dacamera” di cui il Vecchio Continente è goloso madi cui il Nuovo Mondo non si cura. Peggio ancora:criticando la «neutralità dei valori» ereditata da MaxWeber, ripudiando il relativismo assoluto secondo ilquale tutte le opinioni si equivalgono nel momen-to in cui vengono dichiarate ed infine riprendendo lecritiche che già Tocqueville aveva rivolto alla «mor-bida tirannia della maggioranza», Leo Strauss infa-stidiva tutti quelli che sognavano un consenso ser-vito in copiose dosi basato sul benessere materialecondiviso, sulla cultura di massa e sul moralismodiffuso. «La democrazia», sottolineava, «non ha an-cora trovato il mezzo per difendersi dal conformismorampante e dallʼusurpazione sempre crescente delprivato che essa genera»3.Questa esigenza, che definisce la vera democraziacome «unʼaristocrazia allargata a tal punto da diven-tare unʼaristocrazia universale», situa Strauss in unasituazione pericolosa rispetto al liberalismo moder-no, la cui concezione negativa della libertà (essereliberi di e non per) induce ad un approccio passivoalla cittadinanza (la costruzione di sé attraverso lapartecipazione civica e la riflessione sul bene sovra-no sono secondarie fin tanto che non si stabiliscealcuna proporzione fra il godimento dei diritti e lʼim-portanza dei doveri).