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DIDATTICA INCLUSIVA PER GLI ALUNNI CON DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO
Contenuti del corso :
1 Caratteristiche distintive delle principali psicopatologie dell’apprendimento in età
adolescenziale
2 Riconoscimento ed intercettazione dei casi a rischio
3 Uso dei questionari di autosomministrazione e test standardizzati
1 Caratteristiche distintive delle principali psicopatologie dell’apprendimento in età adolescenziale
DSA
LA CARATTERISTICA MAGGIORE DEI DSA E’ LA “DISCREPANZA” TRA ABILITA’ INTELLETTIVE
GENERALI E RISULTATI SCOLASTICI IN UN SETTORE SPECIFICO, si ha quindi intelligenze nella norma
( non ritardo cognitivo) ma punteggi alle abilità scolastiche e di alcune funzioni neuropsicologiche al
di sotto delle attese ( il 97% delle popolazione ha punteggi più alti e nella norma). Le statistiche ci
dicono che ad avere questa condizione è circa il 4% della popolazione. ( vedi “l’integrazione
scolastica degli alunni con disabilità a.s. 2014-2015” fonte MIUR)
L’AUTOMATIZZAZIONE
Un concetto fondamentale è quello di automatizzazione, che ci rimanda alla differenza tra processi
automatici e controllati.
Secondo il modello a cono rovesciato elaborato da Cornoldi (2007) le abilità di base, attraverso
l’esperienza arrivano ad automatizzarsi progressivamente, il che comporta il passaggio da un
controllo attivo ad un controllo implicito, con attività fluenti e più veloci.
I soggetti con disturbi specifici negli automatismi di base ( lettura decifrativa, ortografia e calcolo )
hanno deficit nello sviluppo della fluenza; al contrario degli apprendimenti che sfruttano
maggiormente i processi attivi e metacognitivi come ad esempio la comprensione del testo e la
soluzione di problemi.
Il concetto di deficit in automatizzazione lo ritroviamo in una teoria che attualmente è tra le più
utilizzate come sistema esplicativo.
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MODELLO DICHIARATIVO - PROCEDURALE
(ULLMAN, 2001)
Attraverso il sistema di memoria procedurale impariamo tutto ciò che è nuovo. È un sistema a
sviluppo lento che fissa sequenze motorie e cognitive in maniera duratura, portando ad un buon
grado di automatizzazione. Esercita il controllo sulle sequenze apprese anche quando sono
realizzate in modo automatico. L’apprendimento procedurale è quello di cui abbiamo minor
consapevolezza, esso infatti è implicito e non cosciente.
Il sistema di memoria dichiarativa è invece responsabile della conoscenza relativa ai fatti o
associazioni arbitrarie, creando un mappaggio così detto idiosincratico tra oggetti o atti e parole.
Esso è disponibile alla coscienza anche se, come il sistema procedurale, nella prima fase dello
sviluppo è implicito. Affinché si instauri anche in questo caso è necessaria l’esperienza, ma
l’istruzione riveste un ruolo essenziale, soprattutto nella fase di scolarizzazione.
Anche in Italia sono stati condotti importanti esperimenti che hanno prodotto risultati convergenti.
Lo sviluppo atipico dei DSA sembrerebbe interessare principalmente processi di apprendimento
implicito,( Vicari et al., 2003)
l’apprendimento implicito è una funzione cognitiva svolta principalmente dal cervelletto.
Un ulteriore dato a favore di un deficit prevalentemente a carico del sistema di memoria
procedurale ci arriva anche da uno studio più recente condotto da Nicolson e colleghi (2010). Questi
forniscono una chiara evidenza di difficoltà negli apprendimenti procedurali per soggetti con
diagnosi di dislessia in età adulta, anche quando le attività proposte sono al di fuori del dominio di
alfabetizzazione.
Secondo una recente teoria del 2013 , proposta da Lum, Conti-Ramsden e Ullman, nella maggior
parte dei casi i bambini con DSA sono bambini che capiscono ( funzionale attivazione del sistema
dichiarativo), ma non apprendono ( deficit nel sistema procedurale).
Il deficit in automatizzazione attiva a cascata una serie di incompetenze ( Nicolson e Fowcett, 2007).
A riprova di quanto detto diversi tipi di dislessia, caratterizzati da differenti fenotipi celebrali,
sembrano essere correlati a differenti deficit di automatizzazione di processi basati sul linguaggio
come la corrispondenza grafema-fonema e/o l’accesso rapido al lessico in entrata (Perner et al.,
2009)
Anche se l’ipotesi del deficit nella memoria procedurale sembra essere finora la più accreditata,
risulta essere allo stesso tempo però insufficiente a spiegare tutti i casi e le caratteristiche
neurofunzionali dei DSA.
COMPENSAZIONE FUNZIONALE
I processi cognitivi automatizzabili dei soggetti con DSA, possono raggiungere un livello di
funzionamento tale che si definiscono «compensati» rispetto al deficit iniziale. Gli automatismi di
base, anche se con un ritardo di anni, ad un certo punto si completano. Quindi nel corso dell’età
evolutiva si verifichino processi di compensazione funzionale, che migliorano notevolmente le
prestazioni dei ragazzi con DSA. Nonostante ciò il substrato biologico non scompare e può
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condizionare in maniera significativa le attività accademiche, richiedendo un impegno personale
supplementare e strategie adeguate per aggirare le difficoltà ( linee guida, 2001)
Da un confronto tra studenti universitari dislessici e non ha messo in luce che nonostante i dislessici
abbiano «compensato» permangono problemi di :
Bassa velocità di lettura,
espressione scritta poco articolata
difficoltà nei compiti di memoria a breve termine
processamento lento
( anche difficoltà nei compiti di spelling in lingua inglese)
(Hatcher et al, 2002)
Il processo di compensazione si può ben comprendere anche osservando i dati sull’evoluzione della
velocità di lettura ( ricordiamo che i processi automatizzati sono più veloci, oltre che corretti)
La pratica clinica suggerisce che molti lettori dislessici, con parziale compenso del disturbo,
forniscono performance in lettura apparentemente adeguate. Ciò che emerge però, in sede
anamnestica, è l’affaticamento legato al processo di decodifica. I lettori dislessici, diversamente dai
normolettori, riportano maggiori difficoltà durante la lettura di testi lunghi e complessi, testi che
stressano ancora di più la competenza in decodifica con conseguenze sulla comprensione del testo.
Nonostante l’evoluzione e la compensazione funzionale ….
Uno studio italiano apparso sulla rivista «Dislessia» vol.6 n.1 del gennaio 2009, dal titolo «la
comorbidità tra dislessia, disortografia, discalculia nella scuola secondaria di secondo grado» di
D.Bidelli et al. mette in evidenza che :
I soggetti con dislessia, a contrario dei normolettori, subiscono un significativo effetto «specificità
del testo» che comporta tempi sensibilmente sotto norma soprattutto quando il testo è ricco di
parole a bassa frequenza e queste parole sono inserite in contesti complessi sia dal punto di vista
contenutistico che linguistico
Il disturbo disortografico si caratterizza per una specifica e pronunciata difficoltà nelle parole
fonologicamente compatibili ed è spesso associato al disturbo disgrafico.
Le difficoltà specifiche nell’ambito del calcolo e del processamento numerico sono prevalentemente
caratterizzate da deficit nell’area del calcolo a mente.
EVOLUZIONE DELLA VELOCITA’ DI LETTURA
L’abilità di lettura ad alta voce dei soggetti italiani mostra un continuo sviluppo sia per quanto
riguarda l’accuratezza che la velocità. Tressoldi (1996) e Stella & Tintoni (2007) riferiscono un
incremento medio di 0.5 sill./sec. durante ogni anno scolastico, nei normolettori. I bambini dislessici
invece aumentano la loro velocità di lettura di circa la metà rispetto ai normolettori ( Tressoldi,
Stella & Faggella, 2001)
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Una velocità automatizzata di lettura si attesta sulle 2.5/3 sillabe al secondo.
Quando un alunno con dislessia oltrepassa tale velocità di decodifica si presuppone un processo
automatizzato e quindi il disturbo è in fase di compensazione funzionale ( limitatamente alla
decodifica).
Lettura in modalità silente
Si è verificato che i disturbi di lettura interferiscono con la comune capacità di incrementare la
velocità di lettura in modalità silente.
I normolettori migliorano ulteriormente le loro abilità in lettura sostituendo la lettura ad alta voce
con la lettura silente ( a mente ). Con questa modalità di lettura viene superato il «confine
dell’articolazione vocale» ( limite in cui la velocità a pronunciare non può superare la velocità in
decodifica)
Il normolettote arriva in questo modo ad una velocità di lettura di 12 sillabe al secondo. Al contrario
il lettore con dislessia, anche nelle prove di lettura in modalità silente registra performance che si
attestano sotto le 7 sillabe al secondo, cioè al di sotto del confine di articolazione vocale.
Nei soggetti con dislessia la differenza tra velocità di lettura ad alta voce e silente è ridotta.
Sulla base di queste premesse i test tradizionali di lettura ad alta voce potrebbero non essere
sensibili. Si fa strada l’idea di affiancare test di lettura silente che discriminano meglio la lettura in
età adulta. In Italia si stanno mettendo a punto i test di recente.
( vedi “silent reading fluency”)
Uno strumento per valutare la lettura compensata è la prova di DECISIONE LESSICALE IN
SOPPRESSIONE ARTICOLATORIA
La prova di decisione lessicale è ripresa dalla Batteria per la valutazione della dislessia e della
disortografia evolutiva a cura di Sartori, Job e Tressoldi (1995). Per essa si usa una lista di 48 stimoli
rappresentati da parole e non parole in ordine random. Compito dello studente è quello di leggere
velocemente e in modalità silente tale lista, barrando esclusivamente le parole senza apporre
nessun segno sulle non parole. Per il presente studio, la prova ha richiesto un adattamento in modo
da aumentarne la difficoltà: gli studenti, infatti, l’hanno svolta In soppressione articolatoria, ossia
ripetendo continuamente e contemporaneamente allo volgimento del test la sillaba LA.
Questa prova serve per valutare l’incidenza residua del disturbo nell’automatizzazione dei processi
di lettura nei soggetti adulti che con l’esperienza hanno compensato parzialmente. L’interferenza
del secondo compito fa emergere l’ampiezza effettiva del disturbo in decodifica. Tale prova ci da
evidenza di come il soggetto pur avvalendosi di una lettura diretta/lessicale effettivamente ha un
deficit specifico, che in lettura gli richiede l’impiego delle risorse attentive. ( il ragazzo per leggere
bene deve adoperare tutta la sua capacità di attenzione)
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WORKING MEMORY – MEMORIA DI LAVORO
Vari studi testimoniano l’associazione spesso presente tra difficoltà di lettura e difficoltà di
attenzione, in particolar modo a livello di memoria di lavoro verbale (Mann, Liebermann e
Shankenweile, 1980).
In adolescenti e giovani adulti viene spesso riscontrato un deficit nella memoria di lavoro (Cohen-
Mimram e Sapir, 2007, Smith-Spark e Fisk, 2007) a testimonianza del perdurare, se non trattato, del
problema anche in età adulta.
DISLESSIA EVOLUTIVA
SECONDO IL MODELLO PROPOSTO DA STRUISKMA (1979) E RIPRESO DA CORNOLDI ET AL. (1985)
ALLA BASE DELLA “CAPACITA’ TECNICA DI LETTURA” VI SONO DIVERSI PROCESSI PARZIALI E
GERARCHICAMENTE CONNESSI TRA LORO. QUESTI SONO:
- ANALISI VISIAVA
- LAVORO SERIALE DA SINISTRA A DESTRA
- SINTESI VISIVA
- DISCRIMINAZIONE UDITIVA E RITMO
- PERCEZIONE DELL’ORDINE TEMPORALE
- SINTESI UDITIVA E MEMORIA FONOLOGICA
- CORRISPONDENZA GRAFEMA-FONEMA
Anche se i deficit fonologici e metafonologici sono stati descritti come uno dei fattori più
significativi e distintivi (vedi Ramus et al 2003; Vellutino, Fletcher, Snowling e Scanlon 2004), molte
altre funzioni sono state presentate come specificatamente disfunzionali nella dislessia, includendo :
La percezione visiva (Geiger e Lettvin 1999; Jones, Branigom e Kelly 2008; Stein 2001)
La percezione uditiva (Stark e Tallel 1988)
La memoria verbale a breve e lungo termine (Swanson, Xinhua e Jerman 2009; Wolf 1991)
La memoria di lavoro ( Kibby, Marks, Morgan e Long 2004; Schushardt, Machler e Masselhorn 2008)
L’automatizzazione e funzioni di apprendimento (Nicolson e Fowcett 1990)
L’attenzione spaziale ( Facoetti, Lorusso, Cattaneo, Galli e Moltemi 2005; Heri e Renvall 2001;
Pammer e Vidysagar 2005)
DEFICIT DI ATTENZIONE SPAZIALE CONSEGUENTE AD UN DEFICIT MAGNOCELLULARE
DEFICIT SPECIFICO DELL’ELEBORAZIONE SPAZIALE, precisamente il rapido ed automatico
orientamento spaziale dell’attenzione, in cui l’indizio viene presentato nella periferia retinica.
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DISCALCULIA EVOLUTIVA
Secondo alcuni dati, si calcola che oggi in Italia circa il 20% degli studenti di ogni ordine e grado
scolastico incontri difficoltà, spesso anche significative, nell’apprendimento del sistema dei numeri.
Tuttavia, secondo le stime dell’International Academy for Research in Learning Disabilities, nel 2005
solo il 2,5% della popolazione scolastica avrebbe presentato difficoltà nella comprensione della
matematica e solo lo 0,5-1% avrebbe potuto essere diagnosticato come discalculico. In sintesi, la
popolazione discalculica è molto esigua rispetto a coloro che presentano difficoltà in matematica e
ancor più ridotta rispetto ai dislessici in generale, poiché solo due bambini su mille sono discalculici;
al contrario, il 19,9% della popolazione scolastica, che presenta difficoltà in matematica, costituisce i
cosiddetti «falsi positivi».Brian Butterworth, il neuropsicologo famoso in tutto il mondo per le sue
ricerche sulla discalculia, ha infatti ipotizzato l’esistenza di un «cervello matematico», che è una
struttura innata specializzata nel categorizzare il mondo in termini di numerosità. Secondo
Butterworth, questa struttura si attiva automaticamente alla nascita: non possiamo, infatti,
guardare il mondo senza ricavare la numerosità di ciò che vediamo. Questo determina, di
conseguenza, la presenza di persone che possono nascere sprovviste di tale intelligenza numerica.
Vi sono, pertanto, soggetti particolarmente abili con i numeri e altri che, al contrario, incontrano
grosse difficoltà nell’esecuzione di compiti molto semplici vale a dire il counting, subitizing,
confronto di quantità, ecc. che vengono definiti processi preverbali e che, tuttavia, rappresentano lo
0,5% della popolazione.
I processi preverbali (il subitizing)
Parliamo di semantica della rappresentazione numerica, con un deficit specifico nella :
comparazione numerica
nelle stime
nelle approssimazioni di quantità.
I bambini, come gli adulti, sembrano avere un particolare processo di percezione visiva, chiamato
subitizing o immediatizzazione, che permette loro di ricavare la numerosità di un insieme in modo
immediato, senza cioè attivare particolari abilità di conta. ( Mandler e Shebo 1982).
Se consideriamo l’area del calcolo nel suo insieme vediamo tramite l’analisi fattoriale che le prove
AC-MT saturano 3 FATTORI INDIPENDENTI E QUINDI SI HANNO TRE TIPI DI DIFFICOLTA’:
1. Rapidità di esecuzione: che indica prettamente il deficit in automatizzazione. Si hanno
tempi sotto le attese + errori nel calcolo a mente
2. Conoscenza numerica: processi di base di tipo lessicali, sintattici e semantici ( i processi
preverbali )
3. Calcolo scritto: errori nella soluzione e nelle procedure
FUNZIONAMENTO COGNITIVO LIMITE (FIL)
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L’INTELLIGENZA E’ LA CAPACITA’ DI ESAMINARE IL PROBLEMA A LIVELLO MENTALE E METTERE
ALLA PROVA LE POSSIBILI SOLUZIONI, PRIMA DI PASSARE ALL’ATTO
(ZIGLER 1997, ANDERSON 2001 )
ESAMINANDO IL PROFILO FUNZIONALE E LE PRESTAZIONI DEI SOGGETTI CON FIL EMERGE CHE
La disfunzione è maggiore nelle aree del funzionamento cognitivo che richiedono più originalità e
creatività, come il ragionamento logico e le abilità metacognitive ( Masi, Mareschi, Pfanner 1996;
Capozzi et al 1994; Melogno e Becciu 1999) in particolare per la consapevolezza ed il controllo
strategico (Vianello et al 1991).
-LENTEZZA NELL’ACQUISIZIONE DELLE INFORMAZIONI
- DIFFICOLTA’ NEI PROCESSI CHE RICHIEDONO LIVELLI PIU’ ELABORATI D’ INTEGRAZIONE DELLE
INFORMAZIONI
- SCARSA CAPACITA’ DI GERARCHIZZARE E DI PIANIFICARE LE AZIONI NECESSARIE PER LA
SOLUZIONE DI UN COMPITO (PROBLEMA)
- DEFICIT NELLA MEMORIA DI LAVORO ED , IN GENERALE, COMPITI PROCEDURALI.
- FACILE DISTRAIBILITA’ E SCARSA TENUTA ATTENTIVA
- MA I COMPITI AUTOMATIZZATI NON RISULTANO COINVOLTI
PROFILO OSSERVABILE
Difficoltà negli apprendimenti di quasi tutte le materie scolastiche. Imparano più lentamente e con
più fatica. Spesso l’impegno viene meno, come conseguenza.
Richiedono più spiegazioni e spesso necessitano di un rapporto individuale che mantenga vivo il loro
stato di attenzione.
Si avvalgono maggiormente di esempi concreti.
Necessitano di pause più frequenti ed esercitazioni ripetute
Anche se la lettura è scorrevole spesso hanno una scarsa comprensione del testo, con scarse abilità
inferenziali e di astrazione
I testi prodotti sono poveri nei contenuti
Spesso presentano difficoltà nella soluzione dei problemi
FIL ISOLATO
Dovuto a caratteri “ereditari” che si possono considerare nella norma. Le cause non sono
diversamente rintracciabili, ma non certe.
Presenta carenze generali in tutti gli apprendimenti, in modo omogeneo ,specie nei processi che
richiedono maggiore controllo.
DOPPIA DIAGNOSI DI FIL E DSA
DSA con DISTURBI PIU’ SEVERI ( >3,5 ds DALLA MEDIA)
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RISCONTRA MAGGIORI DIFFICOLTA’ NELL’ADATTAMENTO AL CONTESTO SCOLASTICO IN TERMINI DI
PRESTAZIONI: percepisce il carico di studio oneroso ed i risultati non sono commisurati all’impegno.
SCARSA AUTONOMIA NELLO STUDIO: rigidità strategica e passività
ABILITA’VISUOSPAZIALI Secondo la definizione di Benton (1985), le abilità visuo-spaziali sono implicate nella stima degli
aspetti spaziali tra la persona e l’oggetto, le relazioni stesse fra diversi oggetti e l’orientamento degli
stimoli visivi; tale erronea stima è correlata ad una caduta nelle capacità di memoria di lavoro visuo-
spaziale (MLVS) e di pensiero spaziale (Cornoldi, Dalla Vecchia e Tressoldi, 1995; Rigoni, Cornoldi e
Alcetti, 1997).
I disturbi spaziali riguardano l’organizzazione dello spazio, con errori nella stima delle relazioni
spaziali, ci può essere difficoltà nel percepire l’orientamento degli stimoli e nell’elaborare e
manipolare mentalmente le immagini, nell’analisi e nella sintesi visuopercettiva e nella
coordinazione visuomotoria .
Pur nell’estrema variabilità dei profili dei soggetti con disturbo visuospaziale possono mostrare delle
caratteristice comuni .
Problemi di coordinazione motoria: sono fisicamente goffi e hanno molte difficoltà ad acquisire le
abilità grosso-motorie ( saltare, andare in bici); questo può influire anche su di un adeguato sviluppo
dello schema corporeo.
Limitata capacità nella memoria visuo-spaziale che si manifesta in comportamenti come il bloccarsi
di fronte a consegne complesse e nella difficoltà a manipolare immagini mentali .
Scarsa flessibilità cognitiva, con la tendenza a perseverare, ostacolando un adeguata capacità di
pianificazione.
Pur avendo adeguate capacità linguistiche risultano alterate le abilità di pragmatica sociale. Spesso
sono verbosi , con ritmo e prosodia insoliti e mostrano una certa incapacità ad usare bene il
linguaggio per il contesto.
Possono avere difficoltà nella comprensione del linguaggio non verbale
Nel bambino si possono verificare precocemente:
Difficoltà nel copiare un disegno e difficoltà grafo-motoria
Difficoltà nell’organizzazione spaziale del foglio o nel mantenimento della linea nella scrittura
Difficoltà nel calcolo scritto e nella geometria
Difficoltà nella lettura per affollamento percettivo e confusione tra lettere percettivamente simili
Difficoltà di scansione e ricerca visiva
DSA E DISTURBI EMOTIVO-COMPORTAMENTALI Un recente studio di metanalisi ( Klassen, Tze e Hannok, 2013) rivela che i soggetti con DSA hanno
livelli superiori di disturbi internalizzanti.
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Una indagine convergente ( Nelson, Lindstrom e Foels, 2013) dimostra che nei soggetti con DSA
troviamo punteggi patologici in test di valutazione dell’ansia.
E’ ampia la letteratura che mostra come i bambini con disturbi specifici dell’apprendimento
presentino maggiori fragilità emotive quali :
Un concetto di sé più negativo ( Tabassam e Grainger , 2002)
Una percezione di mancato supporto, scarsa autostima (Hall, Spruill e Webster , 2002)
Minore attribuzione a se stessi dei fallimenti del proprio profitto ( Anderson-Inman 1999)
Scarsa tolleranza alla frustrazione ( Bouffard e Couture, 2003)
Senso di impotenza e bassa consapevolezza delle proprie capacità (Butkowsky e Willows, 1980)
disfunzioni cognitive
La letteratura conferma la presenza di associazione tra disfunzioni cognitive e disturbi dell’umore
come ansia a depressione (Castaneda et al. 2008).
Maggiormente a carico dei processi attentivi, di memoria ed esecutivi. Aree che nei DSA già
troviamo compromesse.
Eysenck e Calvo (1992) propongono la processing efficiency theory per spiegare la relazione tra ansia
e prestazione cognitiva: l’efficienza dell’elaborazione è basata sulla relazione tra l’efficacia della
prestazione e il carico di impegno o di risorse utilizzate per raggiungere quel livello di prestazione.
I pensieri irrilevanti al compito ridurrebbero l’efficienza di elaborazione e le risorse attentive.
L’ansia è quindi associata ad un bias attentivo, a un incremento della distraibilità inducendo i
fallimenti cognitivi. Inoltre, sarebbe associata ad una attivazione dell’amigdala ed una riduzione
dell’attivazione delle aree corticali prefrontali: soprattutto la corteccia prefrontale laterale dorsale e
la corteccia laterale ventrale ( Bishop, 2007).
L’ansia in sintesi influenzerebbe in modo negativo la prestazione condizionando il controllo
attentivo (Derakshan e Eysenck, 2009)
Il trattamento dei disturbi del tono dell’umore migliora considerevolmente la prestazione cognitiva
del soggetto.
L’ intervento terapeutico cognitivo-comportamentale è identificato come trattamento d’elezione
per i disturbi del tono dell’umore e per i disturbi d’ansia.
L’efficacia di tale approccio è ampiamente descritta in letteratura ( Hoffman et al., 2012; Driessen e
Hollon, 2010; Olatunji, Cisler e Deacon, 2010; Otte, 2011)
Nel'Enchiridion di Epitteto troviamo la famosa massima che è diventata una sorta di slogan della
psicologia cognitivo-comportamentale:
"L'uomo è turbato non tanto dalle cose, ma da ciò che egli pensa sulle cose".
Un prezioso contributo alla comprensione del rapporto esistente tra modalità di valutazione della
realtà e reazioni di ansia è stato fornito nell’ambito dell’approccio definito
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“TERAPIA RAZIONALE EMOTIVA” ( Ellis, 1980, 1993; De Silvestri 1981; Di Pietro 1989; 1992), dalla
quale deriva l’educazione razionale emotiva (E.R.E.)
Ellis suddivide i problemi di ansia in due grandi categorie, a seconda delle distorsioni cognitive
presenti nell’individuo:
1) ANSIA EGOICA ( ego-anxiety), quando anticipi i risultati delle tue prestazioni immaginandoli in
modo negativo ed inferisci che dalle tue prestazioni derivi un giudizio estremamente negativo e di
derisione o condanna da parte degli altri. Giudichi insopportabile, catastrofico, terribile che ciò
avvenga.
2) ANSIA DA DISAGIO ( disconfort anxiety) quando ritieni che il tuo benessere sia minacciato. L’idea
disfunzionale è che devi sempre sentirti a tuo agio, che sia terribile, catastrofico, insopportabile
affrontare qualsiasi forma di sacrificio.
L’ansia da disagio è strettamente collegata alla bassa tolleranza alla frustrazione.
2 Riconoscimento ed intercettazione dei casi a rischio
Uso dei questionari di autosomministrazione e test standardizzati
DECISIONE ORTOGRAFICA
La prova comporta la presentazione di 80 coppie di stimoli formate da una parola e da una non
parola ortograficamente simile, che può essere fonologicamente uguale (SCUOLA vs. SQUOLA) o
diversa (PRETE vs. PRELE). Compito dei partecipanti è riconoscere la parola all’interno di ogni
coppia.
3a secondaria MEDIA 0,07 DEVIAZIONE STANDARD (0,34) RANGE 0-2
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2° incontro MARTEDI’ 5 settembre 2017
Contenuti del corso :
Come leggere una diagnosi e quando chiedere una certificazione alla ASL. Quali elementi della
diagnosi possono fornire utili indicazioni per la didattica
Individualizzazione e/o personalizzazione
Strategia di didattica inclusiva : come utilizzare i vari tipi di adattamento dei testi di studio.
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INDIVIDUALIZZAZIONE
La personalizzazione dell’apprendimento (a differenza dell’individualizzazione) non impone un
rapporto di uno a uno tra docente ed allievo con conseguente aggravio del lavoro dell’insegnante,
ma indica l’uso di strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni studente una propria forma di
eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive.
( M.Baldacci )
L’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo classe,
ma è concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti,
con l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo
L’azione formativa personalizzata ho in più l’obiettivo di dare a ciascuno alunno l’opportunità di
sviluppare al meglio le potenzialità e, quindi, può porsi obiettivi differenti per ciascun discente,
essendo strettamente legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci rivolgiamo.
La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno
per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze. Tali attività
individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad
esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa
vigente
ADATTAMENTO DEI TESTI
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L’INSEGNANTE RAPPRESENTA IL PRIMO STRUMENTO COMPENSATIVO, IL FACILITATORE, IL
CATALIZZATORE DELL’APPRENDIMENTO
(Ambrosini M. (2013) in “alunni con BES” p.333. Trento Erickson )
Un ruolo da ripensare
Un indagine condotta dall’ OCSE nel 2009 sugli insegnanti di 25 paesi, conferma che l’orientamento
pedagogico prevalente nei paesi avanzati e più accentuatamente nel nostro, rimane di stampo
tradizionale: direttivo, trasmissivo e frontale.
Un modello comunicativo definito “del tubo” (Ong 1986) in cui l’informazione scorre come dentro
un tubo da emittente a destinatario
Nel 2001 il Consiglio dell’Unione Europea sottolineava che “ si è modificato il ruolo degli insegnati e
dei formatori; essi continuano a impartire l’insegnamento, ma al giorno d’oggi il loro ruolo è anche
quello di essere “tutor” che guidano gli allievi nel loro percorso individuale verso la conoscenza