Didattica e psicopedagogia dei disturbi...

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MASTER DI I LIVELLO E CORSO DI PERFEZIONAMENTO E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE IN DIDATTICA E STRUMENTI INNOVATIVI PER IL SOSTEGNO DEI BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI” Anno Accademico 2014/2015 edizione I sessione I Modulo " Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici dell’apprendimento " 6 cfu DOTT.SSA DANIELA GIORGETTI

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MASTER DI I LIVELLO

E

CORSO DI PERFEZIONAMENTO E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE

IN

”DIDATTICA E STRUMENTI INNOVATIVI PER IL SOSTEGNO DEI

BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI”

Anno Accademico 2014/2015

edizione I – sessione I

Modulo "Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici

dell’apprendimento" 6 cfu

DOTT.SSA DANIELA GIORGETTI

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INDICE

1. INTRODUZIONE AI DSA: DEFINIZIONI E DIRETTIVE DIAGNOSTICHE................. 3

2. EZIOLOGIA DEI DISTURBI......................................................... .......................10

3. L’APPRENDIMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA: MODELLI

ESPLICATIVI.................................................................................. ......................12

3.1 La dislessia evolutiva........................................................................................................16

3.2 Il disturbo specifico della scrittura (disortografia evolutiva)...........................................20

3.3 La discalculia e le difficoltà nel calcolo..........................................................................22

4. ATTIVITÀ DI SCREENING E IDENTIFICAZIONE DEI "SOGGETTI

RISCHIO"................................................................................................... ..........25

5. GESTIONE DELLA CLASSE IN PRESENZA DI DSA............................... ...............37

5.1 I DSA in classe.................................................................................................................41

6. LE STRATEGIE EDUCATIVO-DIDATTICHE ........................................................50

6.1 Forme e modalità di sostegno compensativo agli alunni con DSA..................................57

6.2 Strategie didattiche per la promozione della comprensione del testo...............................65

6.3 Il metodo di studio e la didattica metacognitiva...............................................................67

6.4 Supporti dispensativi alle azioni inclusive/integrative della scuola.................................71

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA........................................................... ........76

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1. INTRODUZIONE AI DSA: DEFINIZIONI E DIRETTIVE DIAGNOSTICHE

La comparsa di una difficoltà inattesa, in quanto non preannunciata da alcun segnale premonitore,

genera sconcerto negli adulti e frustrazione e disorientamento nel bambino che fino a quel momento

non aveva mai ricevuto messaggi di inadeguatezza o di preoccupazione per le sue prestazioni. Un

bambino qualunque, qualsiasi bambino che alla

scuola del’infanzia non sembri avere particolari

difficoltà, può diventare aggressivo, picchiare a

scuola elementare, rifiutarsi di scrivere1.

Il cambiamento di comportamento può essere

dovuto a diverse motivi, uno dei quali sono i

disturbi specifici dell'apprendimento.

I Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA),

che fanno parte di un'ampia gamma di Disordini chiamati Evolutivi, riguardano le difficoltà

riscontrate nell'aerea degli apprendimenti scolastici di base (lettura, scrittura e calcolo)

nonostante le buone competenze intellettive del bambino e nonostante un ambiente socio-

culturale adeguato.

Queste difficoltà sono relegate al mondo scolastico, poiché non è possibile evidenziare un DSA a

una persona senza chiedergli di leggere, scrivere o fare calcoli. Neanche un insegnamento

inadeguato può essere causa di un disturbo specifico dell'apprendimento. È per questo motivo che

non è possibile fare una diagnosi di DSA finché il bambino non ha raggiunto la scuola primaria.

Nonostante ciò, come vedremo, alcuni segnali d'allarme possono essere individuati all'inizio

dell'apprendimento del codice scritto come l'eccessiva stanchezza e impegno nell'eseguire compiti

scolastici.

La "specificità" del disturbo riguarda l'alterazione di una specifica funzione, il disturbo è

circoscritto a un determinato dominio di abilità. Inoltre, l'alterazione della funzione è indicata

secondo modalità dimensionali: "la discontinuità tra normalità e patologia viene identificata

all'interno della dimensione di sviluppo di una determinata abilità che va da assente, parzialmente

acquisita, acquisita ma non in modo del tutto adeguato in relazione all'età, a completamente

acquisita. L'assenza o la sua parziale acquisizione deve determinare la presenza di segni e sintomi

tali da definire il Disturbo, difficoltà di adattamento e nello svolgere le funzioni proprie all'età"2.

1 Giacomo Stella, La dislessia, Il Mulino, Bologna 2004.

2 C. Vio, P.E. Tressoldi, G. Lo Presti, Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico, Erikson, Trento

2012.

CARATTERISTICHE dei DSA

1. Il disturbo è innato, quindi è sempre presente nel percorso evolutivo

2. Gli adattamenti didattici non sono sufficienti a migliorare il quadro clinico

3. La prestazione è resistente all’automatizzazione

4. La modificabilità è modesta.

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Quando il disturbo riguarda la lettura, si parla di dislessia, quando riguarda la scrittura si parla di

disortografia e/o disgrafia, se interessa la lettura e scrittura dei numeri e il calcolo, si parla di

discalculia.

Una caratteristica dei DSA è la loro manifestazione che cambia in relazione all'età (ad esempio

varia la tipologia degli errori nei disturbi della lettura, varia la lentezza nell'elaborazione dello

stimolo, ecc.).

L'ICD-10 (International Classification of Deaseas, decima versione 2007) e il DSM-5 (Manuale

diagnostico e statistico dei disturbi mentali) possono aiutare a dare una definizione dei DSA. I due

manuali internazionali di classificazione dei disturbi psichici, per quanto criticabili, concordano

abbastanza sulla definizione dei DSA e possono essere utili per adottare un linguaggio comune e,

pertanto, a confrontare dati e osservazioni a livello internazionale. Persistono ancora molte

incertezze, peraltro sottolineate anche dallo stesso ICD-10, sulla definizione di una diagnosi.

Di seguito le direttive diagnostiche dell'ICD-10 sui disturbi evolutivi specifici delle abilità

scolastiche.

a) Grado clinicamente significativo di compromissione dell’abilità scolastica specifica giudicata in

base:

1. alla compromissione che ci si aspetterebbe in meno del 3% della popolazione dei bambini

che frequentano la scuola (cioè uguale a -2 deviazioni standard dalla media);

2. ai precedenti disturbi dello sviluppo;

3. ai problemi associati (ad esempio disturbo della condotta);

4. alle manifestazioni cliniche;

5. alla risposta all’intervento le difficoltà non regrediscono rapidamente.

b) Compromissione specifica: non può essere attribuibile a ritardo mentale o compromissioni

minori del livello intellettivo generale. Dunque, il livello di apprendimento deve essere

sostanzialmente inferiore a quello atteso per un bambino della stessa età mentale.

c) Deve essere stata presente durante i primi anni di scolarizzazione.

d) Esclusione di fattori esterni (es. insegnamento scadente).

e) Esclusione di difetti della vista e dell'udito3.

Nel DSM-V troviamo:

3 C. Vio, P.E. Tressoldi, G. Lo Presti, cit.

Se si desidera consultare il manuale ICD online, con l'ultima versione del 2015, si veda http://apps.who.int/classifications/icd10/browse/2015/en#/F80-F89 e, per ciò che ci riguarda, i codici F81.0. F81.1, F81.2, F81.3, F81.8, F82 (quest'ultimo per i disturbi della disgrafia).

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La disgrafia non è considerata mentre il disturbo specifico della comprensione del testo scritto

trova diversa collocazione dal disturbo della lettura che verrà indicato col termine dislessia.

La discalculia verrà meglio definita, intesa come difficoltà di produzione o di comprensione delle

quantità, dei simboli numerici o delle operazioni aritmetiche di base. Disturbo quindi che coinvolge

sia le componenti di cognizione numerica basale (ad es., sensibilità al numero, conte ggio,

comprensione e produzione delle quantità) sia quelle di tipo procedurale (es., esecuzione degli

algoritmi di calcolo).

È fondamentale ricordare il modello ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento,

Disabilità e Salute ), non parla mai di eziologie possibili (ne parla pochissimo anche l’ICD-10)

perché ci ricorda sempre che il funzionamento e la salute di una persona sono la complicata

risultante di complesse interconnessioni tra fattori di tipo biologico, strutturale, funzionale, delle

capacità, della partecipazione sociale, dei vari contesti e delle varie dimensioni psicologiche e

personali. L'ICF infatti, descrive lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti

esistenziali al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono

causare disabilità.

Dunque non ci saranno eziologie semplici, soltanto a livello fisiopatologico, neurologico,

anatomico, ecc., perché anche nei casi in cui la compromissione è certa e osservabile, questa realtà è

in continua interazione con tante altre variabili sia della persona che del suo contesto, e dunque non

può essere considerata da sola4.

Nel documento pubblicato dal Miur5 sulle indagini statistiche condotte negli AA.SS. 2010/11 e

2011/12, si rileva che gli alunni con certificazione di DSA nel sistema formativo italiano sono stati

65.219, pari allo 0,9% dell’intera popolazione scolastica.

La presenza maggiore si rileva nella scuola secondaria di I grado (27.630, pari all’1,5%), seguita

dalla scuola primaria (21.933, pari allo 0,8 %) e dalla secondaria di II grado (15.656, pari allo

0,6%). Il dato che emerge con evidenza è l’incremento del numero di alunni con DSA nella scuola

secondaria di II grado (+ 8.547 unità, pari a + 54 %) a fronte di un decremento complessivo degli

alunni iscritti pari a 7.817 unità. Anche nella scuola secondaria di I grado si registra un incremento

numerico consistente, con + 10.919 (+ 39 %) alunni con DSA, a fronte di un incremento

complessivo degli alunni iscritti pari a 4.912 unità.

4 Ianes D., La Diagnosi funzionale secondo l’ICF, Erickson, Trento 2004.

5 Fonte: MIUR - D.G. per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi - Servizio Statistico. Alunni con Disturbi

Specifici di Apprendimento. AA.SS. 2010/2011 e 2011/12 http://www.marche.istruzione.it/dsa/allegati/alunni_dsa.pdf

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Il numero dei DSA aumenta tuttavia anche nella scuola primaria: + 5.345 unità (+ 24 %), a fronte di

un decremento del numero complessivo degli alunni iscritti di 9823 unità. Il dato è significativo,

specie tenendo conto del fatto che le diagnosi di DSA vengono elaborate a partire dalla seconda

classe.

Riassumendo, vi è un incremento di 10.919 unità (+ 39 %) nella scuola secondaria di I grado, a

fronte di quello di 5.345 unità (+ 24 %) nella scuola primaria, e di 8.547 (+ 54 %) nella scuola

secondaria di II grado. Il dato inferiore della scuola primaria, può essere spiegato anche dal fatto

che, fino alla fine della seconda classe, non è possibile determinare con esattezza l’esistenza di un

DSA. Inoltre, il numero delle certificazioni sembra essere aumentato: l’incremento totale è infatti di

24.811 unità, pari a circa il 37 %. Tale incremento è maggiormente indicativo se si considera il

decremento nel totale degli alunni iscritti.

Le conferenze di Consenso

L’Associazione Italiana Dislessia (AID) nel 2006 ha inteso promuovere una Conferenza di

Consenso sui Disturbi Specifici di Apprendimento allo scopo di condividere standard clinici nel

percorso diagnostico ed organizzare in modo coerente gli interventi riabilitativi. Al primo

documento di consenso parteciparono 10 associazioni e/o società scientifiche e, in qualità di uditori,

i comitati scuola e problematiche sociali dell’AID e la società di Audiologia e Foniatria. Il lavoro

prodotto, pubblicato nel 2009 descrive i criteri generali relativi a tutte le diagnosi della categoria

nosografica dei DSA: dislessia, disortografia, dicalculia, disgrafia. È stato preso in considerazione il

disturbo della comprensione del testo scritto per il quale non è stata trovata una precisa

categorizzazione diagnostica ma la possibilità della sua esistenza come Disturbo Specifico. È stato

ribadito, fra le altre cose, che il principale criterio per la diagnosi è quello della discrepanza6 (in

6 Il criterio della discrepanza cioè l’inattesa “scollatura” o “divario” tra livello intellettivo complessivo

(comunemente detto “intelligenza”) e la riuscita negli apprendimenti di base. Un bambino con un’intelligenza nella

media e un’abilità di lettura significativamente inferiore rispetto a quella dei coetanei, mostra appunto una discrepanza inattesa, che potrebbe indicare la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento. D’altra parte, non può essere diagnosticato chi ha un’abilità di lettura, scrittura o calcolo inferiore a quella dei coetanei ma anche un livello intellettivo sotto la media: non c’è alcuna discrepanza se i risultati negli apprendimenti sono in linea con le potenzialità intellettive generali. La valutazione del livello intellettivo costituisce quindi un punto fisso nella diagnosi dei DSA e si svolge attraverso

la somministrazione dei cosiddetti “test di intelligenza”. Tra questi i più noti e utilizzati test d’intelligenza globale sono le scale Wechsler. I risultati ottenuti dal ragazzo in prove standardizzate che valutano le abilità di lettura, di calcolo, di scrittura, sono significativamente al di sotto della prestazione che ci si potrebbe aspettare in base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza (criterio della discrepanza). Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.

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relazione alle attese e all’intelligenza in generale) e il

carattere neurobiologico delle anomalie del Disturbo,

aspetto che interagisce con fattori ambientali.

Il secondo documento si riferisce al Panel di Revisione

del Documento di Consenso che è stato creato

successivamente (PARCC, 2011) per approfondire molte

questioni ancora rimaste aperte. Il documento d’intesa

finale riporta le raccomandazioni cliniche elaborate dal

gruppo di lavoro multidisciplinare. È il risultato di un

percorso di confronto tra gruppi di esperti e rappresenta

una sintesi condivisa allo stato attuale delle conoscenze scientifiche. Tutto il materiale prodotto è

disponibile in www.lineeguidadsa.it7.

Nella prima conferenza del 2007, nel documento pubblicato nel 2009, in sintesi, si dichiara in

comune accordo che:

si focalizza l’attenzione sul concetto di “specificità” (lettura, ortografia, grafia e calcolo),

con riferimento al fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità in modo

significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

Viene ribadita la discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato e l’intelligenza

generale come criterio principale per la diagnosi.

Conseguenze sull’autonoma vita quotidiana e dell’adattamento scolastico.

Si ribadisce il carattere neurobiologico delle anomalie del disturbo che interagisce con

fattori ambientali.

L'esistenza di due profili del disturbo specifico del calcolo: uno relativo alle alterazioni nelle

componenti di cognizione numerica basale (es., subitizing, quantificazione, comparazione,

seriazione e strategie di calcolo a mente) e un'altro caratterizzato da debolezza nelle

procedure esecutive e del calcolo. I problemi relativi alla soluzione dei problemi matematici

sono esclusi dalla diagnosi di discalculia.

Metodologia: il clinico prima dovrà verificare la presenza di sintomi e solo dopo indagare la

presenza di criteri di esclusione.

Dopo la diagnosi di dsa II. livello di diagnosi, approfondimento clinico funzionale del

problema (per stabilire la natura del disturbo e la sua estensione).

2°, Panel di revisione del documento di consenso (PARCC) 2010, documento 2011

7 Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.

Il concetto di discrepanza Per discrepanza si intende la differenza tra il livello di apprendimento osservato in lettura e scrittura e il livello di prestazione in lettura e scrittura stimato in base al QI (mi aspetto che un bambino con un certo QI abbia un tipo di prestazione nell’apprendimento della letto scrittura). Qui ci riferiamo alla discrepanza tra prestazione osservata e prestazione attesa. (Fanini)

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Raccomandazioni cliniche

Definire i criteri diagnostici per i dsa

Parametri per la formulazione della diagnosi

Prove e indici psicometrici

Fattori di rischio dei dsa e del loro sviluppo e strumenti per individuarli

Evoluzione Tre profili diagnostici:

i. Prognosi del disturbo

ii. Prognosi psicopatologica

iii. Prognosi scolastico-lavorativa.

Comorbidità:

i. DSA e ADHD

ii. Dislessia e disturbi specifici del linguaggio

iii. Dislessia e disturbo dello sviluppo della coordinazione [studi incerti]

Che cos'è una diagnosi differenziale: è fatta dal clinico e serve a distinguere tra disturbi evolutivi

specifici delle abilità scolastiche che insorgono in assenza di condizioni neurologiche clinicamente

diagnosticabili e quelli secondari a qualche condizione neurologica come la paralisi cerebrale (nel

primo caso si parla di dislessia evolutiva, nel secondo di dislessia acquisita).

Per avere una diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento, le difficoltà nell’apprendimento

non devono essere causate da normali variazioni del rendimento scolastico che possono essere

presenti in qualsiasi bambino. Infatti una caratteristica fondamentale per una diagnosi differenziale

rispetto ad altri problemi evolutivi riguarda il tempo in cui tali disturbi si manifestano; è da

rilevare se i disturbi siano presenti, in qualche forma, dagli anni iniziali dell’istruzione scolastica.

Può succedere che i bambini possano rimanere indietro nel loro rendimento scolastico (a causa della

mancanza di interesse, di un insegnamento scadente, di disturbi emotivi, di un aumento o di un

cambio nel tipo di prestazione richiesta, ecc.) ma tali problemi non entreranno a far parte del

concetto di disturbo evolutivo specifico delle abilità scolastiche.

Inoltre, il bambino ha ricevuto un’adeguata istruzione scolastica e non presenta disagi emotivi

primari che possono causare difficoltà nell’apprendimento. Per esempio, la separazione dei

genitori, la nascita di un fratellino, problemi di salute, la morte di un familiare o in generale

cambiamenti nello stile di vita che possono essere vissuti come esperienze che creano ansia e

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preoccupazioni nel bambino. I disagi emotivi possono incidere negativamente sull’apprendimento

scolastico. Il bambino può infatti manifestare:

diminuzione dei tempi di attenzione;

diminuzione della motivazione;

reazioni comportamentali di passività o aggressività8.

Comorbilità. Nel caso in cui il DSA sia associato ad un disturbo psicopatologico, la comorbilità tra

le due affezioni può sottendere relazioni diverse, con diverse implicazioni teoriche e cliniche, anche

se non sempre chiaramente distinguibili nel singolo soggetto, soprattutto se la diagnosi viene posta

tardivamente. In alcuni casi il disturbo psicopatologico sembra essere una conseguenza del disturbo

di apprendimento e dell’insuccesso scolastico che esso comporta; in questi casi il disturbo

psicopatologico tende a ridursi spontaneamente in parallelo con la riduzione delle difficoltà

scolastiche; in altri casi il DSA appare agire come un fattore scatenante per la strutturazione di un

disturbo psicopatologico già presente, sia pur in forma mascherata, negli anni precedenti; in questo

caso l’andamento dei due disturbi appare relativamente indipendente.

Queste due situazioni non vanno in ogni caso confuse con il percorso inverso, quando cioè il

disturbo di apprendimento è aspecifico e rappresenta solo un sintomo del disturbo psicopatologico.

La comprensione della natura dei rapporti tra DSA e disturbi del comportamento richiede una

interpretazione esplicativa che a sua volta deve fare riferimento a una precisa teoria psicopatologica.

Per esempio se si adotta la chiave di lettura della Psicopatologia Cognitiva si può capire come il

DSA si inserisce lungo l’itinerario di sviluppo di un bambino determinando comportamenti ― per

esempio di chiusura depressiva (internalizzanti) oppure di oppositività (esternalizzanti) ―che

hanno significati diversi a seconda della qualità dei legami di attaccamento genitori -bambino. In

letteratura viene riportata comorbilità fra disturbi specifici di apprendimento e disturbi

psicopatologici appartenenti all’Asse I del DSM IV nel 50% dei casi. Molteplici sono le categorie

diagnostiche interessate9.

8 Istituto Watson, psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale, http://www.iwatson.com/

9Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, Linee Guida per i DSA.

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2. EZIOLOGIA DEI DISTURBI

Non è ancora possibile affermare, con certezza, quali siano le cause dei Disturbi Specifici

dell’Apprendimento. Tuttavia, studi recenti indicano che le difficoltà incontrate dalle persone con

DSA debbano essere attribuite a disfunzioni in alcuni meccanismi cerebrali. Le cause sarebbero da

ricercarsi in un diverso funzionamento di alcune aree del cervello e in modo più specifico, a una

difficoltà diffusa nel coordinare le informazioni provenienti dalle diverse aree cerebrali implicate

nei complessi processi di lettura, scrittura, calcolo e ragionamento matematico.

Ci possono essere problemi, ad esempio, nel ricevere informazioni sensoriali attraverso la vista o

l’udito, nel catturarle e strutturarle nel cervello, o nel recupero in un secondo momento, oppure ci

possono essere problemi con la velocità di elaborazione delle informazioni. Anche per questa

ragione dobbiamo ricordare che i soggetti con DSA non sono tutti uguali poiché ogni soggetto

presenta uno o più processi deficitari differenti per entità e tipologia che la diagnosi e il

profilo funzionale descriveranno in maniera dettagliata analizzando le componenti del sistema

mentale nella sua globalità e nelle specifiche aree di apprendimento 10. Ad ogni modo, nulla ha a che

vedere con l’intelligenza. Infatti, i soggetti con questi disturbi presentano un Q.I. nella norma e

adeguate capacità cognitive, visive e uditive.

I disturbi specifici dell’apprendimento, infatti, non sono causati da disabilità neurologica o

sensoriale ma la loro origine neurobiologica è da intendersi in una diversa modalità di

funzionamento delle reti cerebrali coinvolte nel processo. Spesso, questi disturbi presentano anche

una componente ereditaria (è quindi presente una predisposizione genetica al disturbo), e possono

esprimersi diversamente anche in relazione all’influenza di fattori ambientali (in particolare

pedagogici) che ne determinano l’effettiva entità ed evoluzione nel tempo 11.

I dati raccolti in Italia evidenziano che, mediamente, dei 20 alunni su 100 che presentano una

difficoltà di apprendimento scolastico solo 3-5 presentano un DSA; tra gli altri alunni in difficoltà

1-2 presentano un disturbo cognitivo lieve e 2-3 presentano un problema psicopatologico

significativo. Il restante 12-13 per cento ha una difficoltà di apprendimento non legata a problemi di

natura clinica12.

10

Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola,

Libriliberi, Firenze 2011. 11

Ibidem. 12

Simoneschi G., La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Rivista bimestrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Le Monnier, 2 /2010.

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Relativamente alla discalculia la Consensus Conference del 2011 (Q A3, raccomandazione 7)

afferma:

«Le due principali ipotesi eziologiche attualmente discusse nel panorama della letteratura

internazionale sono quella della discalculia basata sul deficit della cognizione numerica e quella

della discalculia procedurale. Nessuno però degli studi presi in esame affronta la questione

eziologica, nonostante che, a seconda del modello eziologico adottato come cornice teorica di

riferimento dai ricercatori, risulterà più pregnante indagare un’abilità piuttosto che un’altra e

dunque utilizzare un tipo di prova piuttosto che un altro. Secondo la prima ipotesi , i bambini

discalculici non hanno difficoltà a processare entità numeriche, ma piuttosto ad accedere ai numeri

come simboli (Rousselle, 2007) in contrasto con quanto atteso in base all’ipotesi di un deficit nella

elaborazione della quantità in sé e per sé (seconda ipotesi). Alcuni studi che hanno messo a

confronto gruppi di bambini con disturbo isolato e in comorbidità, hanno sollevato la questione che

esistano diversi sottotipi di discalculia (Swanson, 2006; Geary, 2000) senza però giungere a

conclusioni definitive».

Il dibattito scientifico su quale dei due modelli teorici della discalculia fornisca migliori spiegazioni

dell’eziologia del disturbo è ancora in corso.

Riguardo alla dislessia le Raccomandazioni per la ricerca (Q B59, Consensus Conference)

sottolineano la necessità di condurre ulteriori studi finalizzati ad approfondire le relazioni

eziologiche tra dislessia e disturbo specifico del linguaggio, partendo dai dati attualmente

disponibili che confermano uno stretto legame fra dislessia e deficit del processamento fonologico.

L’eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche resta perciò ancora incerta;

tuttavia, si sospetta che a determinare queste difficoltà sia il concorso di più fattori che

interagiscono in modo complesso.

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3. L’APPRENDIMENTO DELLA LETTURA E DELLA SCRITTURA: MODELLI

ESPLICATIVI

Il linguaggio parlato e il linguaggio scritto sono caratterizzati da due differenti modi di comunicare

e rappresentarsi la realtà e richiedono abilità diverse.

I modelli di scrittura e lettura che qui presenteremo sono formulazioni teoriche elaborate per

spiegare come avviene la traduzione di una parola stampata in suono, e viceversa.

Il modello di lettura a due vie , (a doppio accesso o modello standard) spiega come si arriva a

leggere una parola e riguarda sia la via visiva che quella uditiva (cioè fonologica).

Le vie di lettura a voce alta ipotizzate nel modello standard sono:

- Via fonologica prelessicale. Consente la lettura ad alta voce mediante l’assemblaggio dei

suoni ricavati dall’applicazione delle regole conversione grafema-fonema e la successiva

pronuncia. Ascolto il suono e dopo capisco. Lo faccio soprattutto quando non conosco il

vocabolo13).

- Via semantica. Accesso lessicale mediante il passaggio dal lessico visivo di input al sistema

semantico e dopo mediante accesso lessico fonologico di output.

- Via visiva diretta. La lettura a voce alta è consentita

grazie alla connessione diretta tra lessico visivo di

input e lessico fonologico di output, ma non l’accesso

semantico in quanto salta il sistema semantico

(questa via non ha nessuna giustificazione logica ma

l’esistenza è dimostrata da studi su cerebrolesi con

danni nelle capacità di lettura)14.

Molte teorie della dislessia (C. Vio, C. Toso, 2007; C.

Cornoldi, 2007) sottolineano il concorso nella lettura di

processi visivi e fonologici. Nel modello a due vie, si ritiene che il processo di lettura possa

13

Si vedano i test dell lettura di non-parole. 14

Teresa Gloria Scalisi, Daniela Pelagaggi, Simona Fanini, Apprendere la lingua scritta: le abilità di base , Carocci, Roma 2003.

Grafemi e fonemi I grafemi sono i simboli grafici che

rappresentano le unità più piccole in cui

può essere scomposto il suono di una

parola. Queste unità sono dette fonemi.

Le unità sublessicali sono strutture più piccole di una parola ma unità grandi del

singolo fonema (ad esempio le sillabe, le

doppie o i gruppi consonantici).

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13

avvenire tramite due distinti percorsi di elaborazione dell’informazione: la “via fonologica”, che

funzionerebbe mediante la trasformazione di ogni segno grafico nel suono ad esso corrispondente; e

la “via diretta”, che porta al riconoscimento immediato della parola scritta sulla base del suo aspetto

visivo.

La prima “via” consente la lettura di parole regolari, nuove, rare o inesistenti, mentre la seconda

presiede alla lettura di parole note, irregolari, con ambiguità nell’accento (ancóra/àncora), la

comprensione del significato e la scrittura di quelle parole che hanno lo stesso suono ma si scrivono

in modo diverso (omofone ma non omografe: l’ago/lago).

In alcuni disturbi di lettura sarebbe compromesso il corretto funzionamento della via fonologica

(dislessia fonologica), in altri quello della via diretta (dislessia superficiale)15

Secondo il modello a due vie, abbiamo:

Dislessia superficiale: parole omofone. Spiegazione: deficit nella via visiva sia diretta che

semantica, per cui la lettura viene portata a termine utilizzando quasi esclusivamente la via

fonologica prelessicale. Per discriminare due parole omofone devo utilizzare la via visiva.

Disgrafia superficiale: errori di omofonia: il bambino può scrivere PIECE al posto di PEACE.

Utilizza prevalentemente la via fonologica basata sulle regole di conversione fonema-grafema. La

scrittura tiene conto solo del suono della parola,. Deficit della via visiva.

Dislessia fonologica : incapacità di leggere a voce alta parole inventate (non-parole) mentre la

capacità di leggere e comprendere le parole è relativamente intatta. Deficit della via fonologica.

Disgrafia fonologica incapacità di scrivere correttamente non-parole sotto dettatura ma normale

abilità di scrittura delle parole. Ipotesi: deficit della via fonologica e di un uso prevalente della via

di scrittura visivo-semantica.

Un altro modello del processo di lettura – che testimonia i tentativi di associare i problemi dei

dislessici alla attività di aree del cervello – era stato proposto dal neuropsicologo olandese D.

Bakker. Egli distingueva dislessie di “tipo L” – legate all’uso del linguaggio e dell’emisfero

cerebrale sinistro, per cui il bambino risulta soprattutto lento –, da dislessie di “tipo P” – legate

15

Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che...L'insegnate di fronte ai Disturbi Specifici dell'Apprendimento, Giunti, Milano 2011.

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14

all’elaborazione dell’informazione visiva e all’attività dell’emisfero destro, per cui l’aspetto

maggiormente problematico è quello relativo alla correttezza nella lettura16.

La lettura di un brano a voce alta è infatti una prova che offre indicazioni particolarmente utili,

perché è un’attività estremamente vicina alle situazioni della vita quotidiana e alle richieste che

abitualmente vengono poste al bambino.

Le prove che prevedono invece la lettura di liste di parole (o pseudoparole) sono più adeguate ad

approfondire la valutazione del processo di lettura e individuare gli aspetti maggiormente carenti, ai

quali può essere attribuita la cattiva prestazione.

Per le lingue trasparenti il parametro di valutazione della lettura è la rapidità. Per le lingue non

trasparenti come l’inglese è la correttezza.

Le ricerche italiane hanno mostrato come, a tutte le età, i ragazzi dislessici presentino una velocità

di lettura pari a circa la metà rispetto ai bambini senza difficoltà.

Già a partire dai 4 o 5 anni è possibile intervenire sui prerequisiti per l’acquisizione delle capacità

di lettura, per esempio con lavori educativi finalizzati al potenziamento delle abilità fonologiche ,

riducendo la possibilità che si manifestino ostacoli a 6 - 7 anni17.

Come si sviluppano le abilità. Le abilità sottese alla lettura e scrittura sono in via di sviluppo nei

bambini; pertanto se si riscontrano difficoltà, forse, devono ancora completamente svilupparsi.

In letteratura, troviamo teorizzato un processo evolutivo che conduce alla strutturazione del sistema

di connessioni e meccanismi di elaborazione ed è descritto da Uta Frith (1986).

I concetti fondamentali nel modello di Frith sono:

- sequenzialità degli stadi e dipendenza dalle fasi dello sviluppo cognitivo;

-lettura e scrittura hanno un rapporto interattivo.

STADI DI ACQUISIZIONE DI ABILITÀ LETTURA: MODELLO EVOLUTIVO DI FRITH

• Pittografico (meno di 5 anni)

• Logografico (5-6 anni)

- Consapevolezza fonologica (prove di analisi e sintesi della parola)

- Abilità visive (prove: identificare una o più lettere, gruppi di lettere all’interno di un

insieme di altre lettere.)

• Alfabetico (6-7 anni)

- Lettura fonologica (prove: lettura di liste di non parole)

16

Ibidem. 17

Ibidem.

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15

• Ortografico (8 anni in su)

- Lettura lessicale18 importante è la lettura del morfema per ottenere fluidità. Prove:

lettura di lista di parole e comprensione delle parole omofone non omografe19.

CRITICHE AL MODELLO DI FRITH: (Stuart e Coltheart): sebbene l’apprendimento della lettura

e scrittura sia una successione di stadi, non tutti i bambini attraversano tali stadi nello stesso ordine

perché ogni bambino preferisce usare certe strategie invece di altre soprattutto nelle prime fasi

dell’apprendimento. Infatti, la strategia di lettura è influenzata sia dalle particolari abilità del

bambino sia dal metodo con cui ha imparato a leggere.

Ad esempio, i bambini con buone capacità di sintesi e segmentazione fonetica apprendono più

facilmente a leggere utilizzando una strategia fonologica e non logografica.

In generale, in letteratura, vi sono dubbi sulla rigidità della successione delle fasi di apprendimento

della lettura soprattutto per le prime fasi.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che il sistema ortografico di una lingua, che è diverso da un'altra,

influenza l'apprendimento della lingua scritta e, di conseguenza, i disturbi.

L’ortografia della lingua italiana è definita regolare o trasparente; al contrario l'ortografia della

lingua inglese, irregolare o opaca.

Le ortografie vengono dette regolari quando vi è una regolarità della corrispondenza tra

grafemi e fonemi. La maggiore regolarità dell’italiano facilita l’apprendimento della conversione

grafema-fonema per cui i disturbi della via fonologica risultano più rari.

Le caratteristiche dell'ortografia potrebbero influenzare anche lo sviluppo delle strategie di lettura

durante l’apprendimento.

Fattori che incidono sull’apprendimento della lettoscrittura: ortografia (regolare o irregolare),

strategia usata dal bambino (via visiva o fonologica), metodo.

18

Nel modello a due vie corrisponde alla via lessicale. 19

Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012.

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16

3.1 LA DISLESSIA EVOLUTIVA

Con il termine "Dislessia evolutiva" intendiamo uno specifico disturbo nell'automatizzazione

funzionale dell'abilità di lettura decifrativa (lettura di testi o parole ad alta voce). La mancata

automatizzazione si può osservare sia in una eccessiva lentezza nella lettura, che in un abbondante

numero di errori di lettura (di natura visiva, fonologica o lessicale).

Il disturbo della dislessia è relativo alla lettura strumentale e si manifesta come una difficoltà a

carico dell’automatizzazione della correttezza nella lettura.

La prima spiegazione che ciascuno di noi trova davanti a un problema di apprendimento di un

bambino è quella dello scarso impegno o dell’inadeguatezza dei metodi di insegnamento:

- Tolleranza alla semplificazione (frequente tra i medici di famiglia: “il bambino non ha

niente” se non ci sono gravi patologie, consiglio di aspettare". Risposta appropriata solo per

bambini alle prime fasi di scolarizzazione).

- I comportamenti inusuali del bambino ci insospettiscono di una malattia (ad es., se è sempre

vivace e invece lo troviamo troppo calmo, ecc.) se non sono causati da variabili chiare.

Concezione della malattia nel senso comune:

1. alterazione dello stato di benessere;

2. temporaneità dell’azione;

3. rimedi specifici che contribuiscono a riportare le condizioni di benessere;

4. guarigione, ovvero ripristino delle condizioni esistenti prima dell’alterazione.

Per quanto riguarda la dislessia, soltanto il primo punto è vero. Non vi è corrispondenza altamente

prevedibile tra la proposta rieducativa e il recupero della funzione. Inoltre, è inesatto usare il

termine “recupero”, il bambino con dislessia non può recuperare ciò che non ha mai acquisito. È

molto difficile stabilire una relazione tra incremento dell’esercizio e miglioramento della risposta.

Rischio: l'adulto perde la pazienza perché dopo molto allenamento non ottiene i risultati sperati (un

esempio è l'apprendimento delle tabelline).

Tutti gli studi dimostrano che anche il dislessico lieve mantiene per lunghi anni una differenza

significativa rispetto ai suoi compagni di classe. Non si può dire che egli non migliori in assoluto,

ma manterrà sempre una differenza di velocità e accuratezza di lettura rispetto ai suoi coetanei.

Dunque la dislessia evolutiva non è una malattia perché non è transitoria né ci sono rimedi

chiari e rapidi per eliminarla20

.

20

Giacomo Stella, La dislessia, cit.

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17

Vi sono diverse interpretazioni sul disturbo specifico della dislessia che vedremo durante le

videolezioni. Per il momento, ci importa sapere che esistono le seguenti interpretazioni:

- ipotesi del nucleo fonologico: mancato sviluppo delle abilità di consapevolezza fonologica

rilevabili già all’età di 5 anni, ma persistono delle perplessità (come il fatto che il deficit fonologico

potrebbe essere una conseguenza non la causa);

- ipotesi del deficit della via visiva magnocellulare: difficoltà nell’elaborazione sensoriale di quasi

tutti gli stimoli;

- ipotesi del doppio deficit fonologico e un'inefficienza nel recupero rapido della pronuncia della

parola in prove di denominazione veloce (naming);

- ipotesi del deficit cerebellare: funzioni cerebellari deputate all’apprendimento e

all’automatizzazione di nuove abilità;

- inefficienza nel processo sublessicale o lessicale per riconoscere le parole facendo riferimento al

modello a due vie.

L’esame dei profili di prestazione individuati in lettura e scrittura (dettato, comprensione, velocità,

correttezza, narrazione) consente di ottenere un quadro più informativo rispetto all’uso del solo

criterio della discrepanza anche per un intervento riabilitativo mirato (ad es. sui processi di

comprensione, o sui processi di codifica e decodifica)21.

La dislessia è un disturbo che ostacola il normale processo di interpretazione dei segni grafici con

cui si rappresentano per iscritto le parole. È un disturbo della capacità di leggere.

La dislessia evolutiva inoltre, è diversa da quella acquisita22.

21

Teresa Gloria Scalisi, Daniela Pelagaggi, Simona Fanini, Apprendere la lingua scritta: le abilità di base, cit. 22

Quella acquisita è la conseguenza di qualche evento patologico che ha determinato lesioni nelle aree corticali che sono coinvolte nel processo di transcodifica. Il soggetto leggeva normalmente prima dell’evento. Il disturbo può essere circoscritto. Per la riabilitazione: recuperare una funzione che il soggetto possedeva già in modo integro. Il recupero

dipende dalla lesione, dal’età d’insorgenza e dalla vastità delle aree corticali interessate. Questa dislessia è meno frequente. Quella evolutiva si manifesta all’inizio del processo di apprendimento della lettura. La DE (dislessia evolutiva) ha cause diverse, di solito non lesionali, ma congenite, anche se comunque interessano sempre il substrato neurobiologico coinvolto nella realizzazione del processo. Inoltre il disturbo è molto più esteso. Non c’è nulla da riparare ma si tratta di

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18

Processi sottesi alla lettura:

1. Riconoscimento dei segni dell’ortografia

2. Conoscenza delle regole di conversione dei segni grafici in suoni Attività di codifica

3. Ricostruzione delle stringhe di suoni in parole del lessico o transcodifica23

4. Comprensione del significato delle singole frasi e del testo.

La dislessia riguarda i primi tre processi.

La dislessia riguarda unicamente la trasformazione dei segni in suoni. Il soggetto legge male (sia

ad alta voce che a lettura silenziosa). Quindi il disturbo si riferisce al processo di interpretazione

dei segni dell’ortografia.

Inoltre, il processo di transcodifica dei segni grafici in suoni rimane un processo lento e faticoso per

molto tempo (anni o per sempre a volte), con errori frequenti.

Si parla di dislessia solo quando il disturbo di transcodifica è isolato e non può essere messo in

relazione con altri disturbi di cui la difficoltà di lettura è considerata una conseguenza indiretta (ad

es. sordità, ritardo mentale, deprivazione)24.

Comportamenti/situazioni eventuali:

- Attenzione a non scambiare le cause con gli effetti (problemi di comportamento o di relazione)

- Rifiuto di andare a scuola; spesso si attribuisce la causa a uno scarso impegno

- Pericolo quando il medico dice "si sistema col tempo”

- Aggressività

Come può fare il genitore a riconoscere le difficoltà del figlio?

- lo specialista ci descrive bene tutti i disturbi che lamentavamo nella vita di tutti i giorni,

sensazione di rassicurazione; allora stiamo percorrendo la strada giusta.

- Se il disturbo è evidente da più di 6 mesi, occorre rivolgersi a neuropsichiatra infantile, o a un

logopedista, o a uno psicologo che si occupano di DSA.

- contattare l'AID (Associazione Italiana Dislessia)

mettere in atto misure per aiutare l’acquisizione del processo di transcodifica e la sua automatizzazione. La DE si manifesta sempre in età evolutiva. 23

Consente di trasformare il codice scritto in codice orale. 24

Giacomo Stella, La dislessia, cit.

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19

Gli insegnanti

Il modello utilizzato a scuola per l'apprendimento è l'allenamento. Allora, può succedere che

l'insegnante pensi che il bambino ottenga scarsi risultati nella lettura perché non si esercita

abbastanza (molto nocivo per l'alunno).

Questo problema è basato su un'ignoranza.

IDENTIFICARE I BAMBINI A RISCHIO DI DISLESSIA

OSSERVAZIONE con verifiche appropriate, sistematiche e periodiche.

Si può riscontrare una differenza nella lettura delle parole:

- quelle di uso comune sono più facili da leggere (ad alta frequenza e ad alta immaginabilità, es.

“cane”); lunghezza: più è lunga più è difficile leggerla;

- complessità ortografica: ad es., "matita" è più facile da leggere della parola "strada" perché sono

presenti più vocali.

Se il metodo di insegnamento non ha alcun effetto sull’origine della dislessia, il tipo di proposte

che vengono fatte ai bambini possono facilitarne il superamento o complicarla.

La severità di un deficit non dipende solo dalla gravità specifica del disturbo ma anche dall’impatto

con gli stimoli che vengono proposti (è l’ambiente che crea anche la disabilità ecco perché si

tengono conto anche delle differenze tra le lingue anche se il deficit ha natura neurobiologica).

La presentazione simultanea di diversi caratteri per rappresentare lo stesso suono, rende ancora più

difficile l’apprendimento per il dislessico. Egli incontra più facilità con lo STAMPATELLO

MAIUSCOLO perché è più stabile e più facile da discriminare dal punto di vista percettivo.

L’insegnante non causa la dislessia ma può aggravarne il deficit (per le stesse ragioni di cui sopra

riguardo all’ambiente).

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20

3.2 IL DISTURBO SPECIFICO DELLA SCRITTURA (DISORTOGRAFIA

EVOLUTIVA)25

Il disturbo specifico della scrittura può insorgere anche in assenza di dislessia anche se è più

frequente in presenza del disturbo della lettura.

La scrittura è un'abilità complessa che si articola in diversi livelli di competenza. È un percorso

lungo in cui ogni tappa prevede l’acquisizione di abilità cognitive e competenze grafo-motorie

sempre più sofisticate. Richiede competenze di tipo ortografico e grafico-motorio.

Scrivere in lingua italiana significa memorizzare il rapporto tra i suoni di una parola e i

corrispondenti simboli grafici, e – in alcuni casi – la relazione tra determinati vocaboli e la loro

forma ortografica. Per sapere, ad esempio, quali parole contengono “cq” o “q” al posto di “c” (es.

“acqua”, “aquilone” ecc.) e quali semplicemente “c” (es. “cuore”), è indispensabile aver associato il

significato di una parola con la sua veste grafica, o meglio ortografica. Le parole omofone e no n

omografe (come l’ago/lago, c’ero/cero ecc.) non possono essere scritte correttamente solo

traducendo ogni suono nel simbolo grafico corrispondente, perché è anche necessario risalire dal

significato della parola alla sua rappresentazione ortografica. Non si può dire che egli non conosca

le regole, ma che ha delle difficoltà sottostanti, per esempio nell’analizzare e distinguere i suoni di

cui si compone una parola o nell’utilizzare il codice di simboli che lega i suoni agli elementi grafici

corrispondenti. Gli errori rilevati più spesso consistono in omissioni di lettere o parti di parola (es.

“pote” per “ponte” o “camica” per “camicia”), sostituzioni (es. “vaccia” per “faccia”; “parde” per

“parte”), o inversioni (es. “il” per “li”; “spicologia” per “psicologia”), assenza di doppie o accenti.

È sorprendente che i bambini disortografici possano commettere errori tanto con parole che

prevedono eccezioni nel rapporto tra suono e ortografia quanto in quelle che non celano nessun

tranello particolare.

Spesso la disortografia si associa a una diagnosi di dislessia, perché gli apprendimenti della lettura e

della competenza ortografica risultano strettamente legati26.

CARATTERISTICHE:

• Lentezza esecutiva nella realizzazione dei grafemi (di solito non è dovuta a

problemi di motricità ma a una carente abilità nella conversione

25

Vio C., Tressoldi E. P., Lo Presti G., 2012, cit. 26

Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che, cit.

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21

fonema/grafema o a un deficitario richiamo della forma ortografica della

parola dal lessico mentale).

• ERRORI: - fonologici: “fare” invece di “vane”.

- fonetici: doppie, accenti, lessicali ad es. cu invece di qu

- può interessare vari livelli di competenza: motoria (disgrafia),

linguistica (disortografia) espressione scritta (realizzazione di frase e

testi).

- Considerare la componente evolutiva: all’inizio, errori di inesatta

corrispondenza fonema/grafema, omissioni di lettere; infine, inesatta

scrittura di parole omofone non omografe (es., hanno/anno, è/e)

Consensus Conference 2009, due componenti del disturbo:

- Disortografica, di natura linguistica (deficit nei processi di decifratura27)

- Motoria, la disgrafia (deficit nei processi di realizzazione dei grafemi)

CRITERI DIAGNOSTICI

1. Parametro di valutazione della correttezza, costituito dal n. di errori.

2. Uso dell’indicatore statistico della distribuzione percentilare, un valore al di sotto del 5°

centile, statisticamente significativo.

Età minima per diagnosi: dopo la fine della 2 primaria.

PROVE PER L'IDENTIFICAZIONE DEL DISTURBO

- Consensus conference: dettato del testo e composizioni di frasi attraverso le quali

valutare gli errori.

- Vio, Tressoldi e Lo Presti consigliano due prove di scrittura (dettato di parole e di

non parole)

PERCORSO DIAGNOSTICO

Prendere in esame le componenti della scrittura: calligrafia, velocità di produzione, ortografia,

sintassi, ecc.,

27

Del codice ortografico. Ad es., su base fonologica come “dado” e “dato”, oppure su base visivo ortografica come “cinque” e “cincue”.

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22

3.3 LA DISCALCULIA E LE DIFFICOLTÀ NEL CALCOLO

Gli esperti concordano nell’affermare che i disturbi specifici gravi e selettivi nell’uso dei

numeri e nel calcolo sono decisamente poco frequenti nella popolazione scolastica. La

discalculia evolutiva si definisce come un disturbo a carico delle abilità numeriche e

aritmetiche, che si manifesta in bambini di intelligenza normale. Può presentarsi con una

certa frequenza in associazione alla dislessia, o a difficoltà di tipo visuo-spaziale.

In ricerca si tende a differenziare le difficoltà specifiche del calcolo, distinguendo i disturbi

che riguardano la conoscenza numerica da quelli relativi al calcolo vero e proprio e alle

procedure correlate.

È importante sottolineare che la discalculia non si riferisce in modo generico a tutta la

matematica, ma solo ad alcune abilità di base, che corrispondono all’elaborazione del

numero (lettura e scrittura di numeri, giudizio di numerosità o di grandezza ecc.) e alle

procedure necessarie al calcolo, sia a mente che per iscritto.

LE STRATEGIE DI CALCOLO A MENTE

Alcune ricerche hanno dimostrato che, di fronte a un compito che richiede di calcolare a

mente il risultato di un’operazione, i bambini meno competenti usano le dita, cercano

d’immaginarsi il calcolo scritto o cercano d’indovinare la risposta.

Al contrario, i bambini più competenti tendono a utilizzare in prevalenza due strategie,

basate sulla decina. La prima, definita “1010”, consiste nella scomposizione in decine e

unità di entrambi gli addendi, che vengono ricomposti in un secondo momento, cioè dopo

aver svolto l’operazione richiesta, per esempio: 43 + 25 = (40 + 20) + (3 + 5). La seconda

strategia, definita “N10”, scompone in decine e unità solo il secondo addendo, che viene poi

sommato o sottratto al primo, per esempio: 52 + 27 = (52 + 20) + 7. La strategia N10 è la

più evoluta, oltre che la più efficace, e dunque quella maggiormente utilizzata dai bambini

più esperti.

Una distinzione ulteriore riguarda poi le procedure utilizzabili per il calcolo a mente e per

quello scritto. Nel primo caso è possibile operare scomposizioni sui numeri per ottenere

operazioni intermedie più semplici, mentre il calcolo scritto consente di “organizzare” la

forma grafica dell’operazione (l’incolonnamento dei numeri), la sequenza spazio-temporale

delle azioni (l’ordine in cui le operazioni parziali vanno recuperate in memoria) e il modo di

utilizzarle tramite le regole vere e proprie. Dunque, mentre il calcolo a mente utilizza ed

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23

esercita prevalentemente le strategie che richiedono elaborazione, nel calcolo scritto si

ricorre soprattutto all’applicazione di procedure più o meno automatizzate 28.

Riportiamo qui una descrizione di un caso, tratto dal volume "In classe ho un bambino che"

di Cesare Cornoldi e Sara Zaccaria:

IL CASO DI CAMILLA

Camilla è una bambina minuta, bionda, all’apparenza un po’ più piccola dei suoi 10 anni, si dimostra

subito socievole e aperta. È lei a raccontare dei suoi interessi e della sua passione per la danza, ma,

quando si arriva a parlare della scuola, si fa seria. Racconta che in classe seconda «non leggeva

bene», ma che, nel corso dell’anno, si era così impegnata a casa, leggendo tanti libri, che alla fine

aveva risolto il problema. I genitori confermano che attualmente, anche se Camilla è meno veloce

delle sue compagne, legge senza errori e comprende bene il testo.

Le difficoltà restano invece in matematica. La bambina dice che «tanto è inutile, perché non è

portata» e confessa «che ha provato a fare tanto esercizio, a impegnarsi di più come aveva fatto per

la lettura, ma non è servito!». I genitori affermano che già dalla classe terza della scuola primaria le

maestre avevano segnalato qualche difficoltà, attribuendola tuttavia alla distrazione e allo scarso

impegno, dato che la bambina andava male soltanto in certi compiti e bene in altri. Anche i genitori

pensavano che prima o poi Camilla avrebbe recuperato; per questo si sono rivolti soltanto ora a uno

specialista.

Procedendo nella valutazione, si osserva una leggera lentezza nella lettura del testo, ma buone

prestazioni nell’ambito della scrittura e della comprensione. La prova standardizzata sulle varie

competenze aritmetiche ha evidenziato invece le difficoltà già segnalate dalla famiglia e dalle

insegnanti, mettendo in luce un quadro non omogeneo. Camilla dimostra una buona padronanza

delle procedure e delle strategie di calcolo a mente e scritto, probabilmente potenziate anche

dall’esercizio domestico. Incontra invece maggiori difficoltà in compiti apparentemente più

semplici, che sondano la conoscenza e la comprensione del sistema dei numeri.

Nell’esercizio che richiede di trasformare in cifre numeri scritti a lettere, Camilla sbaglia la

posizione delle cifre all’interno del numero (2 centinaia, 6 migliaia, 7 unità, 3 decine = 2673). Anche

se in altri casi la relazione tra le singole cifre è corretta, la bambina sbaglia l’ordine, scrivendo il

numero a partire dalle unità (3 unità, 4 centinaia, 0 decine = 304). Errori simili sono presenti anche

nella prova di ordinamento dei numeri dal più grande al più piccolo, dove Camilla sbaglia negli

esercizi che richiedono di considerare il valore posizionale dello 0 o della virgola. I dati a

disposizione consentono di ipotizzare la presenza di una difficoltà nel calcolo, legata più agli aspetti

di conoscenza numerica che a quelli relativi alle procedure di r isoluzione.

28

Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che.., cit.

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24

LA VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO

L’apprendimento della matematica implica aspetti diversi; perciò la valutazione delle

competenze in quest’ambito deve essere condotta su più livelli. A partire dall’impiego di

scale standardizzate di valutazione generale, è opportuno prevedere sia un approfondimento

delle competenze di base del calcolo sia un’analisi qualitativa degli errori. La valutazione

delle abilità aritmetiche deve necessariamente prevedere prove diverse, che indagano le

componenti fondamentali del sistema numerico: calcolo a mente e scritto, conoscenza dei

fatti aritmetici, giudizio di numerosità e di grandezza, ordinamento di serie di numeri,

scrittura e lettura di numeri 29.

29

Cesare Cornoldi, Sara Zaccaria, In classe ho un bambino che, cit.

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25

4. ATTIVITÀ DI SCREENING E IDENTIFICAZIONE DEI “SOGGETTI RISCHIO”

Come è noto, la diagnosi di DSA può essere formulata con certezza alla fine della seconda classe

della scuola primaria mentre per la discalculia occorre attendere la terza classe. Questo perché i

DSA sono strettamente legati alle attività scolastiche e per avere una diagnosi certa il bambino deve

aver acquisito le prime capacità di letto-scrittura e di calcolo nel caso di discalculia. Dunque, il

disturbo di apprendimento è conclamato quando già il bambino ha superato il periodo di

insegnamento della letto-scrittura e dei primi elementi del calcolo. Questo perché non è possibile

diagnosticare un DSA nei bambini non ancora alfabetizzati.

I primi anni di scuola primaria sono i più cruciali e più delicati per il bambino. È da qui che inizia il

suo percorso formativo, e se avremmo fatto uso di metodologie e strategie sbagliate, se non

avremmo fatto attenzione alle esigenze del soggetto e alla fragilità di alcuni bambini con DSA,

avremo perso un’occasione per far sviluppare le migliori potenzialità di quel bambino e

probabilmente avremo anche minato il suo percorso formativo.

Per questo assume importanza fondamentale che sin dalla scuola dell’infanzia si possano rilevare

casi a rischio di DSA e porre in atto tutti gli interventi conseguenti, ossia – in primis – tutte le

strategie didattiche adatte.

Riportiamo qui le Linee guida al decreto ministeriale 12 luglio 2011:

L’individuazione tempestiva permette la messa in atto di provvedimenti didattici, abilitativi e di

supporto che possono modificare notevolmente il percorso scolastico e il destino personale di

alunni e studenti con DSA. Il maggior interesse è rivolto alla scuola dell’infanzia e alla scuola

primaria, nelle quali è necessaria una maggior e più diffusa conoscenza degli indicatori di rischio

e una impostazione del lavoro didattico orientata alla prevenzione. L’attività di identificazione si

deve esplicare comunque in tutti gli ordini e gradi di scuola; infatti, sappiamo che tuttora molti

ragazzi con DSA sfuggono alla individuazione nei primi anni di scuola, mentre manifestano in

maniera più evidente le loro difficoltà allorché aumenta il carico di studio, cioè durante la scuola

secondaria e all’università.

Fin dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia possono essere individuati quei fattori che

costituiscono un rischio di sviluppare un disturbo specifico dell’apprendimento.

Per fattori di rischio intendiamo «quegli elementi personali o sociali la cui presenza aumenta la

probabilità che un individuo manifesti nel tempo un dato disturbo. Tali fattori devono pre-esistere

alla comparsa del disturbo stesso» [Simoneschi G.,]. Siamo quindi alla ricerca di caratteristiche

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presenti in età prescolare, o all’inizio dell’età scolare, che aumentano il rischio della comparsa di

difficoltà di lettura/scrittura/calcolo negli anni successivi. È importante chiarire che

l’identificazione di eventuali fattori di rischio attraverso attività di screening o altre attività che

vedremo in seguito non costituisce diagnosi di DSA poiché questa non può essere eseguita se non

nella scuola primaria per le ragioni che abbiamo precedentemente espresso. Infatti, capita che alcuni

soggetti per i quali vengono individuati fattori di rischio durante la scuola dell’infanzia e poi, negli

anni successivi vengono sottoposti a diagnosi, non presentino Disturbi Specifici

dell’Apprendimento. Questi bambini sono chiamati falsi positivi1. I falsi negativi, invece, sono

coloro che riescono a superare lo screening nonostante la presenza di una difficoltà specifica che, in

questo caso non è emersa.

Inoltre, occorrerà essere particolarmente attenti e cauti nel considerare il rischio di sviluppare un

DSA soprattutto nei casi che presentano molteplici variabili come ad esempio, situazioni socio-

culturali particolari derivanti da immigrazione, adozione, ecc.,. Infatti, in questi casi, il rischio di

ottenere dei falsi negativi e dei falsi positivi è più elevato proprio a causa delle diverse variabili che

possono influire sulle attività di individuazione di questi fattori.

A maggior ragione, la presenza di un numero significativo di falsi positivi e di falsi negativi30

conferma la necessità di definire il rischio di DSA come un’aumentata probabilità di sviluppare i l

disturbo nelle epoche successive piuttosto che come un riconoscimento certo dei singoli soggetti

destinati a presentare un DSA. In termini operativi questo significa che i progetti di screening da

avviare in questa fascia d’età devono essere mirati al riconoscimento di gruppi/aree problematiche

piuttosto che singoli soggetti e dare luogo a interventi pedagogici sull’intero gruppo classe e non sui

singoli31.

Per individuare i fattori di rischio, le raccomandazioni cliniche sui DSA32 consigliano di utilizzare

contemporaneamente più fonti di informazioni:

- Anamnesi;

- questionari ai genitori;

- valutazioni, previsioni degli insegnanti;

- batterie di screening33

.

30

I falsi positivi sono quei bambini che vanno male allo screening ma una volta fatta la valutazione completa risultano “sani”. Al contrario, falsi negativi sono chiamati quei bambini che riescono a superare lo screening nonostante la presenza di una difficoltà specifica che, in questo caso non è emersa. 31

G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Annali della pubblica istruzione, 2/2010. 32

Documento d'intesa elaborato da parte del PARCC DSA (2011) in risposta ai quesiti sui disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento.

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27

Anamnesi. Con l’anamnesi si accerta l’esposizione ai seguenti fattori di rischio per cui è stata

riscontrata un’associazione positiva con lo sviluppo di DSA:

▪ Esposizione a più di 2 anestesie generali entro il quarto anno di vita.

I soggetti esposti sono coloro che hanno effettuato qualunque tipo di intervento chirurgico o

diagnostico per cui sono stati sottoposti a anestesia generale prima dei 4 anni di età. Il rischio di

sviluppare DSA non è risultato aumentato per i bambini che erano stati esposti ad una singola

anestesia, mentre è risultato incrementato per i bambini che avevano ricevuto 2 o ≥ 3 anestesie

generali.

Ricerche mostrano che un’anestesia generale o locale durante il parto cesareo non costituisce fattore

di rischio per lo sviluppo di DSA a confronto con il parto per via naturale. Questo secondo studio

conferma il primo nel risultato che una singola esposizione all’anestesia non costituisce fattore di

rischio per lo sviluppo di DSA.

▪ Presenza di disturbo del linguaggio, così definito: bambini che all’età di 5 anni cadono sotto il

10° centile a più di una prova di sviluppo del linguaggio e che mantengono questo livello di

prestazione a 8 anni.

▪ Sesso maschile.

▪ Storia genitoriale di alcolismo o disturbo da uso di sostanze (soprattutto in preadolescenti

maschi).

▪ Familiarità (un genitore affetto da dislessia).

▪ Esposizione prenatale alla cocaina.

I seguenti fattori di rischio sono implicati nello sviluppo di ritardi nelle abilità di lettura, scrittura,

calcolo, non DSA:

∞ Basso peso alla nascita e prematurità

∞ Madre fumatrice durante la gravidanza

∞ Esposizione a fattori traumatizzanti durante l’infanzia

∞ Familiarità 34.

Al momento i dati sembrano indicare che gli interventi preventivi rivolti a soggetti in condizione di

rischio di DSA non siano in grado di modificare la storia naturale del disturbo, ossia ottenendo una

riduzione del rischio stesso di sviluppare DSA. Tuttavia, viene comunque suggerito il tentativo di

33

Vio C., Tressoldi E.P.e Lo Presti G., Diagnosi dei disturbi specifici dell'apprendimento, cit. p. 27. 34

Documento allegato raccomandazioni ISS 2011.

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28

minimizzare i rischi. Fin già dalla fine della scuola dell’infanzia, primo anno della scuola primaria,

infatti, si possono attuare interventi volti alla riduzione del rischio di difficoltà di lettura (velocità e

correttezza) e ortografia35.

Questionari ai genitori. Gli elementi a supporto dell’utilizzo dei questionari ai genitori

provengono sia dal giudizio degli esperti sia dai dati sperimentali prodotti da uno studio (Fowler,

1986) in cui gli autori esaminano l’importanza delle variabili mediche, comportamentali, sociali e

familiari per prevedere le potenzialità di apprendimento dei bambini nelle prime classi. I questionari

ai genitori sono stati somministrati 6 mesi prima dell’ingresso alla scuola materna del bambino; i

dati di follow-up sono stati raccolti due anni dopo. I punteggi dell’acquisizione della lettura sono

stati positivamente correlati al livello di scolarizzazione della madre e all’assenza nella anamnesi

familiare di disabilità di apprendimento. I punteggi alle prove di calcolo sono positivamente

correlati alla scolarizzazione delle madri, mentre c’è mancanza di correlazione tra i rendimenti

scolastici e i fattori medici. In conclusione i risultati evidenziano l’utilità della considerazione delle

variabili familiari nella previsione delle difficoltà di apprendimento (QUESITO B2,

Raccomandazioni ISS 2011).

Un esempio è il questionario RSR-DSA, che serve a Rilevare situazioni Sospette o a Rischio di

Disturbo Specifico di Apprendimento, disponibile nel portale Dislessia in rete36. Il questionario

raccoglie informazioni indirettamente tramite domande poste ai genitori e agli insegnanti.

Descrive le capacità scolastiche del soggetto con particolare riferimento alle abilità di lettura,

scrittura e calcolo e fornisce informazioni generiche sulle abilità neuropsicologiche di base

(linguaggio ed organizzazione visuo-spaziale e prassica), sul comportamento e sull’esperienza

affettiva correlata all’apprendimento scolastico. Richiede solo l’osservazione.

Lo strumento ideato è diversificato per fasce di scolarità ed è organizzato in 2 checklist

(genitori/insegnanti) di 50 domande formulate con un linguaggio non specialistico. Alcuni item

compaiono con formulazione identica in entrambe le liste per sondare caratteristiche rilevabili in

differenti contesti di vita. Inoltre alcuni hanno una formulazione simile perché osservano i bambini

da prospettive differenti, mentre altri compaiono solo in una delle checklist perché esplorano realtà

che si manifestano o si sono manifestate solo in alcuni ambiti. Da questa duplice osservazione è

emerso come tale strumento offra un’ampia visione della vita del bambino perché, interrogando gli

insegnanti, indaga il livello di apprendimento e di adattamento al contesto scolastico, mentre,

interrogando i genitori fornisce informazioni più generali sul comportamento, sul le tappe evolutive

35

Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit. p.27. 36

Dislessia in rete, http://www.dislessiainrete.org/

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29

e sulla sfera emotiva ed affettiva. Inoltre gli insegnanti, che hanno un costante raffronto con i

coetanei, possono capire se l’alunno in questione ha raggiunto gli obiettivi didattici prefissati,

mentre i genitori, conoscendo l’evoluzione del loro figlio, possono arricchire l’osservazione con

indicazioni sullo sviluppo.

Il questionario è strutturato in modo da descrivere le capacità scolastiche del soggetto con

particolare riferimento alle abilità di lettura, scrittura e calcolo e di fornire informazioni generali

sulle abilità neuropsicologiche di base, sul comportamento e sull’esperienza affettiva correlata

all’apprendimento scolastico. Il questionario informatizzato consente una rapida elaborazione dei

dati e la restituzione di un punteggio complessivo che viene scomposto in nove sub-punteggi

rappresentati graficamente che descrivono le diverse aree di competenza (area comportamentale,

emotivo-affettiva, attentivo mnestica, del linguaggio, della lettura, della scrittura, del calcolo,

motorio-prassica e visuopercettiva).

Previsioni degli insegnanti (scuola dell’infanzia). Sulla base dei dati prodotti dalla letteratura la

valutazione degli insegnanti costituisce il miglior indicatore per individuare quegli studenti che non

svilupperanno le difficoltà di apprendimento. Infatti da uno studio (Teisl, 2001) che ha misurato il

valore predittivo della valutazione degli insegnanti di scuola d’infanzia relativa al rendimento

scolastico (nel calcolo e nella lettura) in prima classe elementare dei loro alunni, è risultato che la

specificità delle valutazioni degli insegnanti era molto elevata, ma la sensibilità era bassa.

Batterie di screening. Gli screenings sono strumenti di indagine utili ad evidenziare alcuni fattori

di rischio di una determinata patologia. Con il termine “screening” si vuole indicare un insieme di

indagini generalizzate effettuate sulla popolazione che mirano ad individuare precocemente la

presenza di possibili disturbi di origine diversa. Ribadiamo ancora una volta che i risultati ottenuti

non hanno mai valore di diagnosi, ma solo di previsione.

Generalmente, vengono somministrate nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia quando, accanto

alle attività di tipo ludico e “informale”, è possibile proporre ai bambini attività di pre-lettura, pre-

scrittura e pre-calcolo, in preparazione alla istruzione successiva.

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30

Nei primi anni della scuola primaria, quando i bambini iniziano il loro percorso di alfabetizzazione

possono manifestarsi alcune difficoltà, causate da diversi fattori.

Come abbiamo precedentemente affermato, alcune di queste difficoltà, nel corso del primo ciclo di

scuola, possono scomparire totalmente mentre altre possono peggiorare e persistere per tutto il

percorso scolastico.

La scuola deve quindi essere in grado di riconoscere precocemente le difficoltà al fine di prevenire

la comparsa e il consolidamento di strategie o meccanismi errati, inefficaci o poco economici e di

limitare i danni derivati dalla frustrazione dell’insuccesso, quali il disadattamento o la perdita di

motivazione dell’apprendimento (Stella, Apolito, 2004).

Da un punto di vista riabilitativo l’intervento precoce, cioè quello effettuato durante le prime fasi di

acquisizione della lettura della scrittura al primo insorgere delle difficoltà, è giudicato l’intervento

che apporta maggiori benefici. Di conseguenza, somministrare un test di screening precoce, a

carattere preventivo, nel corso della prima classe, consente di non individuare il bambino con

disturbo, ma quello che presenta un ritardo o delle difficoltà di acquisizione che possono evolvere in

un disturbo di tipo dislessico. Il tempestivo riconoscimento permette un intervento immediato nella

scuola, con attivazione di percorsi educativi mirati 37.

IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI

Nel documento della Consensus Conference (2011) si

sottolinea la necessità di utilizzare più strumenti di

rilevazione e l’importanza di coinvolgere attivamente gli

insegnanti nel percorso di identificazione. Infatti:

La eventuale presenza all’interno dell’Istituto

scolastico di un docente esperto, con compiti di

referente, non deve sollevare il Collegio dei docenti ed i

Consigli di classe interessati dall’impegno educativo di

condividere le scelte.

Risulta, infatti, indispensabile che sia l’intera

comunità educante a possedere gli strumenti di

conoscenza e competenza, affinché tutti siano

37

http://dsanotizie.it

Screening Gli screenings sono strumenti

di indagine utili ad evidenziare

alcuni fattori di rischio di una

determinata patologia. Con il

termine “screening” si vuole

indicare un insieme di indagini

generalizzate effettuate sulla

popolazione che mirano ad

individuare precocemente la

presenza di possibili disturbi di

origine diversa. Lo screening

dei DSA non costituisce

diagnosi di DSA ma individua

la presenza o meno di fattori

che possono indicare la

possibilità di sviluppo di DSA.

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31

corresponsabili del progetto formativo elaborato e realizzato per gli alunni con DSA.

In particolare, ogni docente, per sé e collegialmente:

- durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con attenzione

l’acquisizione dei prerequisiti fondamentali e la stabilizzazione delle prime abilità

relative alla scrittura, alla lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai

segnali di rischio in un’ottica di prevenzione ed ai fini di una segnalazione….” [Linee

guida, allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011].

La collaborazione tra il personale docente e gli specialisti dei DSA resta fondamentale per

l’individuazione precoce dei soggetti a rischio di sviluppare un DSA. A tale proposito le

Raccomandazioni per la pratica clinica dei Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento

precisano:

«Gli screening per l’individuazione degli indicatori di rischio vanno condotti dagli

insegnanti con la consulenza di professionisti della salute. Il metodo preferibile per gli

screening è quello della ricerca-azione, dove professioni diverse accettano di affrontare

un problema condividendo le evidenze scientifiche e le azioni, verificandone gli effetti

nel tempo. Le attività di screening condotte con questo metodo richiedono un’attività di

formazione e di costruzione condivisa di strumenti con gli operatori sanitari, al fine di

mettere gli insegnanti in condizioni di riconoscere gli indicatori di rischio e di favorire

in modo ottimale lo sviluppo delle competenze implicate nell’apprendimento della letto-

scrittura e del calcolo… onde evitare un elevato numero di falsi positivi è necessario che

essi facciano parte di una programmazione didattica e di una collaborazione con gli

operatori sanitari, come previsto dal metodo della ricerca-azione».

La complessità dei DSA, fa sì che spesso l’insegnante segnali il problema ad anno

scolastico inoltrato quando la scuola cerca dallo specialista risposte a un insuccesso

ingiustificato dalla globale maturità del bambino e dall’investimento dell’insegnante nel

provare diverse strategie di insegnamento.

Di solito avviene che con soggetti a rischio di DSA, l’insegnante non riesce a spiegarsi

perché il bambino non apprende; spesso infatti, la scuola o la famiglia hanno già cercato una

possibile spiegazione e hanno attuato un intervento sul problema da loro rilevato; tuttavia

questi primi interventi non sono stati sufficienti a modificare la situazione di partenza né

hanno allontanato le preoccupazioni sullo sviluppo del bambino.

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32

Una delle difficoltà che l’insegnante incontra nell’identificare i soggetti a rischio è la

confusione nel definire cause ed effetti, diversi possibili livelli di richiesta, coerenza nelle

risposte didattiche e sociali. È come se l’insegnante avesse più immagini conflittuali di uno

stesso bambino che appunto non riesce a far convergere. Accade che il bambino venga

descritto contemporaneamente intelligente, e con vuoti di ragionamento, acuto e mancante di

strategie, interessato e all’improvviso demotivato.

Alcune delle più comuni frasi pronunciate dagli insegnanti ci possono far comprendere

come vengano percepite le manifestazioni incongrue del bambino Nella scuola media,

possiamo sentire: “perché continua a fare sempre gli stessi errori e a non cercare in nessun

modo di evitarli?”.

Nel primo ciclo: “Quando prende la penna in mano, diventa un altro bambino”, oppure,

“mi rendo conto che si impegna, ma perché non c’è verso di fargli collegare una lettera con

un’altra?”. “Ormai riconosce quasi tutti i grafemi, perché non ricorda il suono letto un

attimo prima?”38.

“È ignorante o malato?” Questa è, purtroppo, una domanda che viene fatta spesso al

clinico che si occupa di diagnosi. L’insegnante percepisce spesso, più o meno

consapevolmente, il timore di scindere il bambino in immagini conflittuali (sano/malato, che

impara e sa socializzare/che non impara e non sa socializzare), e ciò rende complesso

distinguere subito su che cosa è importante lavorare, e che cosa è possibile modificare o non

modificare per lui, rispetto alla diversità dei compiti e dei contesti. Il disorientamento di

questa fase trova la sua espressione più evidente nel frequente rifiuto, sia del bambino che

dell’insegnante, di proporre o fare una cosa differenziata, come se concretizzasse tutta l’ansia

dell’essere riconosciuto diverso dagli altri.

Il non apprendimento del bambino suscita grande sorpresa da parte dell’insegnante poiché,

oltre ad aver attuato diverse strategie di insegnamento senza successo, il bambino non

manifesta deficit di intelligenza. Ma non riuscire a possedere l’immagine interiore di un

processo integro può portare l’insegnante a vivere come non integra e continuamente

attaccabile dal disturbo tutta la relazione educativa.

Gli insegnanti devono perciò essere molto preparati su questi disturbi per poterli

indentificare e, di conseguenza, progettare attività didattiche funzionali al tipo di disturbo e

adatte alla persona.

38

Mazzoncini B., Musatti L., La strada maestra. I disturbi dell’apprendimento e la formazione degli insegnanti, Carocci, Roma 2008.

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33

Purtroppo l’identificazione di un soggetto a rischio di DSA non è semplice; la difficoltà,

come abbiamo visto, risiede nell’incongruità delle caratteristiche del soggetto che possono

essere confuse con altri problemi, come la svogliatezza. Ecco perché si parla di complessità

dei DSA. Questi sono associati a un profilo di compromissione eterogeneo dal punto di vista

neuropsicologico e a deficit cognitivi differenti in individui diversi. Inoltre, essendo disturbi

evolutivi, i DSA presentano sintomi diversi a seconda dell’età vale a dire che l’espressività

del disturbo si modifica in relazione al livello di compromissione della funzione e all’età ad

es., il controllo fonologico nel Disturbo specifico del Linguaggio di tipo fonetico-fonologico,

la tipologia degli errori nei disturbi della lettura, ecc., ma anche la lentezza nell’elaborazione

dello stimolo e un ritmo lento di apprendimento.39 Di conseguenza, l’emergere e l’evolvere

dei DSA pone alla scuola problemi molto specifici in ogni fase.

La rilevazione preventiva consente un intervento precoce e una consapevolezza maggiore

nella programmazione delle attività didattiche al fine di agevolare l’acquisizione della letto-

scrittura e dek calcolo nel rispetto delle fasi evolutive di ciascun bambino.

Ad ogni modo, proprio per la complessità di questo disturbo, spesso non tutti i bambini con

DSA vengono identificati nella scuola primaria. Non a caso molti DSA sono rilevati soltanto

nella scuola secondaria di I grado. Ecco perché resta importante che anche nei periodi

successivi alla scuola primaria vengano condotte attività di identificazione dei “soggetti a

rischio”.

IL COLLOQUIO CON I GENITORI

Un momento molto delicato è rappresentato dalla segnalazione dei bambini “a rischio” ai

genitori. Innanzitutto, si dovrà fare in modo che il genitore accolga la segnalazione non come

una critica ma come un suggerimento. Affinché ciò avvenga, il docente deve prestare

attenzione alla sua modalità di comunicazione. Infatti, con gentilezza, l’insegnante dovrebbe

informare il genitore evitando qualsiasi ipotesi diagnostica ma suggerendo di rivolgersi al

personale competente. Ciò che è importante è dare informazioni dettagliate alla famiglia. È

auspicabile fissare un colloquio con i genitori in un luogo tranquillo e riservato in modo da

creare un clima di dialogo.

La comunicazione delle caratteristiche delle difficoltà del bambino non deve nascondere

messaggi d’accusa ma fornire informazioni dettagliate e concrete a sostegno della propria

rilevazione.

39

Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit. p. 15.

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34

Resta importante saper coinvolgere i genitori sollecitandoli ad osservare con attenzione il

bambino in alcune attività in modo da poter confrontare le informazioni per fare il punto della

situazione. Si può, quindi, invitare la famiglia a rivolgersi a un centro specializzato presso il

servizio Sanitario Nazionale.

INDICATORI DI RISCHIO

Nei bambini più piccoli (5 anni) i pre-requisiti per il disturbo sono:

• Linguistici (fonologici, metafonologici, vocabolario, comprensione lessicale e sintattica);

• Visivi-Motori (coordinazione occhio mano);

• Spazio – tempo (destra/sinistra, storie in sequenza etc.);

• Attenzione (sostenuta, distribuita).

Nella prima classe della Scuola primaria:

Lettura

-Lenta decifrazione delle lettere singole

- Accesso incerto alla sillaba

- Controllo del significato delle parole non stabile.

Scrittura

-Scrittura solo di parole isolate con sostituzioni/omissioni di suoni.

- Difficoltà nello spelling.

-Difficoltà grafo-motorie.

-Lenta evocazione dello schema grafo-motorio per le lettere.

Calcolo

- Numerazione da 0a 20 nei due sensi lenta e con errori.

- Errori nel passaggio dal codice orale a quello arabo.

- Difficoltà di controllo della linea dei numeri40.

Nella seconda classe della Scuola primaria

Lettura

- Lettura sillabica lenta, senza prosodia e con molti errori incongrui, ovvero le parole globalizzate

sono “non parole” o parole non attinenti al testo.

- Scarsa comprensione del testo

40

Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola, Libriliberi, Firenze 2011.

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35

Scrittura

- Scarsa padronanza di una frase con sostituzioni o omissioni di lettere e incerta segmentazione

delle parole.

- Scarso controllo grafo-motorio.

Calcolo

- Difficoltà nel controllo della posizione delle cifre e nelle operazioni in colonna.

- Difficoltà nel controllo della linea dei numeri41.

Costrutti concettuali utilizzati per predire le difficoltà nell’ortografia:

- consapevolezza fonologica;

- conoscenza delle lettere.

Nonostante il consenso su quali siano i costrutti da utilizzare, non è univoco l’accordo su come

misurarli. Per esempio a riguardo del costrutto consapevolezza fonologica, fattore di rischio che ha

ricevuto più conferme dalla letteratura, rimangono disaccordi su quali siano i compiti che lo

traducono nella migliore prassi di valutazione.

Altre competenze (memoria verbale, ampiezza del vocabolario o altre variabili linguistiche),

assieme alle variabili ambientali, sembrano assumere un ruolo secondario, aumentando o riducendo

la probabilità che un processamento fonologico immaturo porti alla strutturazione di un vero DSA.

Nelle linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA, allegate al decreto

ministeriale 12 luglio 2011 si afferma:

«Per individuare un alunno con un potenziale Disturbo Specifico di Apprendimento, non

necessariamente si deve ricorrere a strumenti appositi, ma può bastare, almeno in una prima fase,

far riferimento all’osservazione delle prestazioni nei vari ambiti di apprendimento interessati dal

disturbo: lettura, scrittura, calcolo.

Ad esempio, per ciò che riguarda la scrittura, è possibile osservare la presenza di errori ricorrenti,

che possono apparire comuni ed essere frequenti in una fase di apprendimento o in una classe

precedente, ma che si presentano a lungo ed in modo non occasionale. Nei ragazzi più grandi è

possibile notare l’estrema difficoltà a controllare le regole ortografiche o la punteggiatura.

41

Vio C.,Tressoldi E.P.e Lo Presti G., cit.

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36

Per quanto concerne la lettura, possono essere indicativi il permanere di una lettura sillabica ben

oltre la metà della prima classe primaria; la tendenza a leggere la stessa parola in modi diversi nel

medesimo brano; il perdere frequentemente il segno o la riga.

Quando un docente osserva tali caratteristiche nelle prestazioni scolastiche di un alunno, predispone

specifiche attività di recupero e potenziamento. Se, anche a seguito di tali interventi, l’atipia

permane, sarà necessario comunicare alla famiglia quanto riscontrato, consigliandola di ricorrere ad

uno specialista per accertare la presenza o meno di un disturbo specifico di apprendimento.

È bene precisare che le ricerche in tale ambito rilevano che circa il 20% degli alunni (soprattutto nel

primo biennio della scuola primaria), manifestano difficoltà nelle abilità di base coinvolte dai

Disturbi Specifici di Apprendimento. Di questo 20%, tuttavia, solo il tre o quattro per cento

presenteranno un DSA. Ciò vuol dire che una prestazione atipica solo in alcuni casi implica un

disturbo».

La maggior parte degli studi condotti in Italia è stata rivolta all’individuazione del DSA nel primo

anno della scuola primaria: anche in questo caso, gli studi longitudinali hanno messo in luce l’ampia

variabilità dell’evoluzione dei soggetti identificati come a rischio nei primi mesi di apprendimento

del codice scritto.

Tutti gli studi condotti negli ultimi 5 anni (su oltre 10.000 bambini) hanno mostrato come a gennaio

del primo anno della scuola primaria dal 20 al 25% degli alunni viene definito a rischio per DSA; a

maggio dello stesso anno tale percentuale si aggira tra il 14 e il 7% per scendere ancora al 5% circa

a gennaio del secondo anno della scuola primaria.

L’attuazione di un intervento didattico mirato riduce la percentuale di soggetti positivi già al

termine del primo anno, confermando l’utilità di questo tipo di progetti nel garantire una attività

didattica più mirata ed efficace sulla popolazione generale.

Nelle realtà dove questi progetti hanno consentito la segnalazione dei soggetti a rischio è stato però

possibile determinare come solo poco più della metà dei soggetti arrivati a una definizione

diagnostica ricevesse una diagnosi di DSA, mentre gli altri presentavano disturbi di sviluppo o

psicopatologici di altro tipo.

Questo dato ci porta a riflettere anche sul ruolo delle difficoltà di lettura e scrittura come

campanello di allarme per quei disturbi cognitivi e affettivi dell’età evolutiva (si pensi per esempio

alla disabilità intellettiva lieve, alle forme frustre dei disturbi dello spettro autistico o alle sindromi

ansioso-depressive) che, pur esistendo indipendentemente dalla scuola, trovano al suo interno la

loro maggiore espressione42.

42

Simoneschi G., cit.

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37

5. GESTIONE DELLA CLASSE IN PRESENZA DI DSA

La classe costituisce un ambiente fisico e sociale dove si realizza l’apprendimento, dove si

sviluppano competenze sociali, relazionali e dove avvengono cambiamenti intellettivi. È un luogo

fondamentale per la crescita del bambino. Per questo motivo essa deve essere costituita da un clima

accogliente e positivo con punti di riferimento precisi. Un clima sereno è fondamentale per favorire

lo sviluppo delle competenze cognitive, emotive e sociali dell’alunno.

Il documento “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi

specifici dell’apprendimento” pubblicato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della

Ricerca, allegato al decreto ministeriale 12 luglio 2011, afferma:

Come si è detto, è importante infatti predisporre un ambiente stimolante e creare un clima sereno e

favorevole ad una relazione positiva tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei livelli

raggiunti da tutti gli alunni a proposito dei processi di costruzione e concettualizzazione della

lingua scritta, per promuovere la ricerca e la scoperta personale, che stanno alla base della

motivazione ad apprendere. È importante, quindi, che il docente rispetti i ritmi e gli stili di

apprendimento degli alunni e permetta a ciascuno nel gruppo classe di procedere autonomamente

all’acquisizione delle competenze di letto-scrittura, dando ampio spazio alle attività di gruppo e

assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di volta in volta elementi conoscitivi utili per

andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.

È importante che nella classe vi sia un clima positivo, un atteggiamento di aiuto reciproco che

l’insegnante deve saper sollecitare negli alunni. Un atteggiamento collaborativo condiziona

positivamente il clima della classe e l’apprendimento e si rende ancora più necessario con alunni

con DSA.

Per incoraggiare la collaborazione è possibile costituire dei piccoli gruppi di lavoro in classe. Può

capitare, infatti, che in una stessa classe siano presenti bambini che abbiano una scarsa padronanza

generale in alcune abilità. Ci riferiamo ad ambiti di apprendimento complessi che possono mettere

in difficoltà diversi bambini seppur a diversi livelli. Ad esempio, abilità come il problem solving, il

metodo di studio o la comprensione di un testo, per essere acquisite, richiedono un certo numero di

sotto-abilità nonché la capacità di riflettere, controllare e monitorare la propria prestazione e il

proprio livello di apprendimento. Lavorare a piccoli gruppi e condividere le difficoltà possono

attenuare il senso di ansia del bambino nei confronti delle sue difficoltà. La comunicazione che

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avviene nel gruppo e l’insegnamento reciproco, inoltre, portano ad una ricchezza di stimoli

impossibile con il lavoro individuale.

Le competenze relazionali possono essere favorite anche durante le attività di recupero attraverso,

ad esempio, il tutoraggio. Un compagno verrà affiancato da un altro compagno nel percorso di

acquisizione delle competenze, mediando l’intervento diretto dell’insegnante. Sarà utile, pertanto,

formare coppie in cui il ruolo di tutoring sia interscambiabile. Il bambino così si sente valorizzato e

impara anche facendo da tutor.

L’ambiente di apprendimento deve essere un ambiente che stimola la curiosità ad apprendere e

quindi la motivazione. Più specificatamente, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e le attività

di rinforzo cognitivo, le Linee guida dichiarano:

Queste attività dovrebbero essere proposte all’interno di un clima sereno, tenendo conto di tempi

di attenzione rapportati all’età dei bambini e senza togliere spazio alle attività precipuamente

ludiche e di esplorazione. Solamente in questo modo diventa possibile garantire la piena

partecipazione di tutti i bambini, nel rispetto dei tempi e delle modalità interattive di ciascuno. Al

tempo stesso i docenti devono intraprendere insieme agli alunni un percorso di insegnamento-

apprendimento all’interno del quale l’osservazione sistematica offra costantemente la possibilità di

conoscere, in ogni momento, la situazione socio-affettiva e cognitiva di ciascun alunno[….] Resta

ferma, infine, la necessità di creare un clima della classe accogliente, praticare una gestione

inclusiva della stessa, tenendo conto degli specifici bisogni educativi degli alunni e studenti con

DSA.

È bene precisare che la risposta per un alunno con DSA non è incrementare la sua motivazione; il

bambino ha difficoltà nell’apprendimento non a causa di una scarsa motivazione ma a causa del

disturbo stesso. Pertanto le difficoltà non saranno superate con un intervento sulla motivazione ma

attraverso un ambiente favorevole dove sia possibile progettare attività didattiche adeguate alle

esigenze di ciascuno. La didattica va progettata in modo attento, conoscendo le specificità del

disturbo e del bambino.

Se l’alunno con DSA è demotivato a scuola è a causa del grande divario che ottiene tra impegno di

tempo nello studio e risultati ottenuti. Molti alunni si demotivano perché non riescono ad ottenere

risultati proporzionati al tempo impiegato studiando.

Di conseguenza possono insinuarsi nella mente dell’alunno false convinzioni (convincersi che

l’intelligenza sia qualcosa che si ha o non si ha, ovvero che sia una dote naturale) che non

favoriscono un approccio positivo allo studio. Per di più, i continui insuccessi scolastici producono

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una bassa autostima e uno scarso interesse per attività che consentono di scoprire cose nuove cose,

attività quest’ultime che favoriscono una motivazione intrinseca al sapere.

Anche la mancanza di un repertorio di strategie da usare per studi diversi possono vanificare il

lavoro di studio e costringere l’alunno a passare molto del suo tempo sui libri.

In questi casi l’atteggiamento dell’insegnante è essenziale per la costruzione di un clima positivo in

classe e per migliorare la fiducia nelle proprie capacità. Dimostrare stima ai ragazzi e avere fiducia

nelle loro capacità di crescita infatti favorisce un clima positivo dove gli alunni apprendono dai

propri errori. Ma per un alunno con DSA tutto ciò è importante ma non basta. Occorre sapere

adottare strategie di insegnamento adeguate alle peculiarità del disturbo oltre che saper riconoscere

indicatori di rischio di un potenziale DSA.

Oltre a un clima positivo in classe, anche lo spazio fisico deve essere curato e predisposto per

rispondere ai bisogni dei bambini. Lo spazio dovrà essere ben strutturato in modo da risultare un

aiuto per gli alunni con DSA e deve essere organizzato in modo che sia possibile sperimentare

attività individuali e di gruppo.

Riguardo alla scuola dell’infanzia, le pareti dovranno essere predisposte in modo da “parlare”. I

simboli presenti sugli attaccapanni, sugli armadi e sugli altri materiali e spazi dovranno essere

chiari.

Nella scuola primaria le pareti per la scrittura avranno lettere chiare mentre la parete per i numeri

ospiterà numeri chiari e la linea dei numeri.

Anche negli anni successivi è importante che le pareti siano ben curate dal punto di vista della

chiarezza e della “comunicazione”. Infatti, i riferimenti visivi delle diverse materie curricolari sono

fondamentali per gli alunni con DSA. Ricordiamo inoltre che in ogni ambiente scolastico non

dovranno mai mancare i calendari, le carte geografiche e un orologio grande e ben leggibile.

Il DSA è un disturbo che, più di altri, si caratterizza per la sua trasformabilità e per la diversa

espressività che assume durante lo svolgersi dell’esperienza scolastica. Le difficoltà di un bambino

con DSA non sono mai collocabili e definibili in modo stabile, il suo comportamento non consente

mai la costruzione di un’immagine sociale completamente non conflittuale e quindi rassicurante, o

completamente patologica e quindi ansiogena. Tutto ciò fa sì che, all'interno di un gruppo che sta

sperimentando l’apprendere insieme, si creino delle dinamiche differenziate e mobili, proprio in

rapporto alla trasformabilità del disturbo e del bambino. Dal canto suo l’insegnante percepisce

costantemente l’incertezza del “chi sarà” il bambino con DSA in ogni particolare situazione

didattica e affettiva. Quale aspetto del compito o della relazione potrà configurarsi per lui

conflittuale? Da chi e come il bambino potrebbe accettare di essere aiutato? Se il gruppo trova una

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coesione soprattutto nella messa in comune di contenuti, è possibile intervenire su un disturbo

specifico senza che ciò coincida con un isolamento? Potremmo dire che per il bambino con DSA,

per l’insegnante e per il gruppo, si tratta di affrontare le difficoltà di apprendimento anche attraverso

l’elaborazione dei conflitti che queste suscitano nelle relazioni interpersonali e nella condivisione di

un’esperienza collettiva di crescita cognitiva e affettiva. Il gruppo scolastico presenta sempre due

aspetti costitutivi, l’essere un gruppo centrato sul compito e l’essere un gruppo di relazione; ma

quando al suo interno è presente un bambino con DSA è possibile una scissione dei due aspetti, a

seconda del peso e del significato che le difficoltà del bambino assumono per lui e per gli altri. In

altre parole, se il bambino ogni volta non sa quali parti del compito sono controllabili e quali no,

riesce con fatica a fare previsioni sia sul compito sia sulle relazioni, e a scegliere un ruolo sociale

accettabile. I sentimenti di onnipotenza e di impotenza, che accompagnano lo svolgersi di qualsiasi

esperienza conoscitiva, possono allora tradursi nel continuo conflitto «a che cosa e a chi serve

questa attività?». Serve a tutti per acquisire nuove competenze? Serve in particolare al bambino con

DSA per rafforzare le sue capacità integre, o per lavorare sulle sue competenze danneggiate? Serve

all’insegnante per insegnare a tutti, per ricevere dal bambino con DSA delle risposte didattiche

normalizzanti, o per intervenire sul suo disturbo? Serve al gruppo per prendere in carico anche gli

elementi più conflittuali di uno dei suoi componenti, o per sentire che la propria coesione non è

vulnerabile al disturbo? Sembra comunque che al bambino con DSA, sia spesso negata la

condivisione di uno spontaneo piacere epistemico, e l’apprendimento diventi accettabile solo

“dopo” averne verificato, attraverso l’esperienza degli altri, il possibile investimento emotivo.

Pensiamo al bambino che inizia un compito solo quando gli altri lo stanno terminando; o al

bambino che non vuole proposte diverse, per annullare qualsiasi differenziazione; o al bambino che

fa finta di eseguire la stessa attività dei compagni, come tentativo di massima fusione con il gruppo.

In tutte queste situazioni, la fantasia implicita del bambino con DSA è quella di non poter mai, di

fronte alla conoscenza, pensare ed essere come gli altri, nemmeno e soprattutto se si tratta di

percorsi o contenuti nuovi.

I conflitti finora analizzati emergono con particolare evidenza nei momenti in cui il gruppo

scolastico è impegnato nell’apprendimento, mentre si instaurano dinamiche diverse durante il gioco

o nello scambio interpersonale libero. In questi momenti, infatti, i vissuti emotivi sono determinati

piuttosto dal livello di conflittualità con cui il bambino sta elaborando nel gruppo il proprio disturbo

e costruendo la propria immagine sociale. Se la rappresentazione che il bambino ha di se stesso è

continuamente attaccata da meccanismi autovalutativi e invasa da contenuti depressivi, questo

comporta inevitabilmente una difficoltà ad agire e condividere sentimenti e affetti integri. Se il

bambino sente di dover scindere tutte le esperienze in aspetti controllabili e in aspetti

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41

potenzialmente non controllabili, sia lui che il gruppo si trovano a dover sempre scegliere tra

investimenti parziali e tra ruoli che devono ogni volta essere ridefiniti e scoperti43.

5.1 I DSA IN CLASSE

Le Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico sollecitano

ancora una volta la scuola ― nel contesto di flessibilità e di autonomia avviato dalla legge 59/99 ―

a porre al centro delle proprie attività e della propria cura la persona, sulla base dei principi sanciti

dalla legge 53/2003 e dai successivi decreti applicativi: «la definizione e la realizzazione delle

strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni

persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e del le sue fragilità, nelle varie

fasi di sviluppo e di formazione».

In tale contesto, si inserisce la legge 170/2010, rivolta ad alunni che necessitano, oltre ai prioritari

interventi di didattica individualizzata e personalizzata, anche di specifici strumenti e misure che

derogano da alcune prestazioni richieste dalla scuola. Per consentire, pertanto, agli alunni con DSA

di raggiungere gli obiettivi di apprendimento, devono essere riarticolate le modalità didattiche e

le strategie di insegnamento sulla base dei bisogni educativi specifici, in tutti gli ordini e gradi di

scuola […]. Si dovrebbe infatti effettuare una parte di lavoro comune alla classe e una parte di

didattica individualizzata che risponde ai bisogni specifici dei singoli, dando tempo agli alunni per

lavorare individualmente e differenziando i tempi quando ce n’è bisogno (Linee guida, allegate al

decreto ministeriale 12 luglio 2011).

In maniera specifica, la Legge 170/2010 richiama le istituzioni scolastiche all’obbligo di garantire

«l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le

tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini

della qualità dei concetti da apprendere». Non utilizzare questi strumenti significa mettere l’alunno

in una condizione di inferiorità rispetto alla classe.

Far usare ai bambini con DSA, gli strumenti compensativi per sopperire alle loro difficoltà,

incoraggiarli ad usare il computer (con il correttore automatico) sia nello svolgimento dei compiti a

casa e se possibile anche a scuola, permettere ai bambini di registrare le lezioni, aiuta a mettere

l’alunno in una situazione di parità dell’alunno con DSA rispetto al resto della classe. Ovviamente,

l’uso degli strumenti compensativi e delle misure dispensative dovranno essere programmati,

condivisi e parte della didattica.

43

Mazzoncini B., Musatti L., cit.

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42

Ad esempio, le difficoltà che caratterizzano i bambini con DSA ci inducono a differenziare

l’attività di lettura in due momenti: leggere per imparare a leggere e leggo per capire. Sarà

indispensabile inoltre, per non far perdere al bambino particolari forme di apprendimento rese

possibili dal testo scritto, utilizzare sin da subito programmi di sintesi vocale che gli permettano di

accedere agli stessi contenuti dei compagni e che gli forniscano quel modello linguistico che è

proprio del testo scritto. Introdurre precocemente questi strumenti, aiuta l’alunno con DSA ad

accettare un’impostazione di lavoro basata su uno strumento compensativo. Per non smettere si

stimolare la sua capacità di lettura si potrà alternare a questo strumenti il testo stampato in

maiuscolo, breve e semplici dal punto di vista morfo-sintattico.

Un problema che accomuna spesso gli insegnanti riguarda le modalità di inserimento di un lavoro

mirato all’incremento delle abilità di lettura nei bambini con DSA all’interno di un lavoro di classe.

A questo proposito, molto importante è non richiedere la lettura ad alta voce dell'alunno con DSA,

se non magari di brani su cui possa essersi già esercitato in precedenza. L’acquisizione graduale

dei contenuti è senza dubbio più proficua di un’esecuzione frettolosa e scarsamente interiorizzata.

Nei confronti degli alunni con DSA si dovrebbe procedere con attività di rinforzo contestualmente

alla proposta di nuovi contenuti e si devono fornire strategie di studio personalizzate, facendo

sempre attenzione ad assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di incrementare l’ansia e

gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai essere

allontanati dai compagni e dalle attività del gruppo classe (Linee guida allegate al decreto

ministeriale 12 luglio 2011).

A causa della particolarità del disturbo, spesso ci si trova in situazioni in cui il bambino con DSA

deve ancora imparare a leggere bene quando gli obiettivi curricolari della classe sono già rivolti

all’uso del testo, o quantomeno agli aspetti “soprasegmentali” della lettura (prosodia, punteggiatura,

fluidità e velocità). Pertanto un problema che molti insegnanti segnalano è quello dell’inserimento

di un lavoro mirato all’incremento delle abilità di lettura con bambini con DSA all’interno di un

lavoro di classe. Pensiamo ad esempio alla lettura in classe.

L’indicazione generale è quella di non far leggere il bambino con DSA ad alta voce in classe

proprio per evitare umiliazioni e senso di frustrazione da parte del bambino.

Analogamente, dispensare l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non avere

rilevanza sul piano dell’apprendimento – come la lettura ad alta voce in classe – evita la

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43

frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà (Linee guida, allegato alla nuova

normativa sui DSA).

Cominciare la giornata con la lettura di un testo è un modo per infondere nella classe il piacere della

lettura, che sia un racconto, una favola, una filastrocca. Dobbiamo ricordarci che l’importante non è

quanto siamo bravi a leggere ma è il piacere che se ne ricava da quel momento.

In base alle situazioni che l’insegnante saprà valutare è possibile allora escogitare delle strategie

che consentono al bambino di essere partecipe a questa attività. Il giorno prima, l’insegnante

sceglierà per ognuno il testo “giusto”. Esistono libri che vanno incontro alle esigenze del bambino

con DSA, ad esempio, libri che presentano un’impostazione grafica (distanza tra le lettere,

spaziatura, scelta del carattere) e una forma sintattica che facilitano la lettura stessa. A seconda della

tipologia di caratteristiche del DSA si sceglierà una lettura adeguata. Ad esempio, con bambini che

tendono ad indovinare le parole e cercano di leggere velocemente si possono scegliere filastrocche o

testi come quelli di Rodari in cui ritornino parole con le stesse difficoltà ortografiche. Il ritmo della

filastrocca permette di leggere in modo scandito e di limitare la corsa nella lettura.

I fumetti sono utili per la lettura in coppia; i testi e le didascalie devono essere brevi e scritti in

stampato.

Durante le attività di lettura quotidiana ad alta voce, è possibile, secondo i casi, non “saltare” i

bambini con DSA. Ci si può organizzare per fare in modo che abbiano del tempo per poter leggere

autonomamente prima della lettura ad alta voce. Possiamo proporre di leggere per primi (devono

però avere avuto il tempo di leggere autonomamente il primo periodo) o per ultimi così da avere il

tempo per prepararsi. Mentre tutti stanno leggendo, l’insegnante può indicare al bambino con DSA

la sua parte. Naturalmente le parti più brevi, più evidenti, sopra o a latere saranno riservate a loro44.

A volte, possono capitare situazioni in cui il resto della classe lamenti un trattamento di favore

verso il compagno con DSA che utilizza strumenti compensativi e supporti dispensativi.

È necessario sottolineare la delicatezza delle problematiche psicologiche che s’innestano

nell’alunno o nello studente con DSA per l’utilizzo degli strumenti compensativi e delle misure

dispensative. Infatti, ai compagni di classe gli strumenti compensativi e le misure dispensative

possono risultare incomprensibili facilitazioni. A questo riguardo, il coordinatore di classe, sentita

la famiglia interessata, può avviare adeguate iniziative per condividere con i compagni di classe le

44

Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., cit.

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44

ragioni dell’applicazione degli strumenti e delle misure citate, anche per evitare la stigmatizzazione

e le ricadute psicologiche negative [Linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011].

In questo caso sarà utile spiegare alla classe cosa sono i DSA in maniera scientifica senza fare alcun

riferimento ai compagni di classe con DSA.

Una volta definiti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sarà opportuno far capire la necessità

dell’uso degli strumenti compensativi (come un miope necessita degli occhiali) evitando inutili

polemiche.

La Legge 170/2010 insiste più volte sul tema della didattica individualizzata e personalizzata

come strumento di garanzia del diritto allo studio, con ciò lasciando intendere la centralità delle

metodologie didattiche, e non solo degli strumenti compensativi e delle misure dispensative, per il

raggiungimento del successo formativo degli alunni con DSA.

Il documento allegato alla normativa fornisce una spiegazione dei concetti di didattica

individualizzata e personalizzata:

“Individualizzato” è l’intervento calibrato sul singolo, anziché sull’intera classe o sul piccolo

gruppo, che diviene “personalizzato” quando è rivolto ad un particolare discente.

Più in generale - contestualizzandola nella situazione didattica dell’insegnamento in classe -l’azione

formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe, ma è

concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti, con

l’obiettivo di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo,

comportando quindi attenzione alle differenze individuali in rapporto ad una pluralità di dimensioni.

L’azione formativa personalizzata ha, in più, l’obiettivo di dare a ciascun alunno l’opportunità di

sviluppare al meglio le proprie potenzialità e, quindi, può porsi obiettivi diversi per ciascun

discente, essendo strettamente legata a quella specifica ed unica persona dello studente a cui ci

rivolgiamo. Si possono quindi proporre le seguenti definizioni:

La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere

l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito

delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere

realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le

forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente.

La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel

Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed

unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe,

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45

considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così,

l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’

e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica

personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche,

tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori

didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione

degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento

significativo.

La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l’alunno e lo

studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di

apprendimento.

Inoltre, i docenti devono porre attenzione alle ricadute psicologiche delle scelte educative e

didattiche, ricordando che nell’apprendimento un ruolo di grande rilievo è rappresentato dagli

aspetti emotivi, motivazionali e relazionali. La formazione, in tale ambito, ha l’obiettivo di

sviluppare competenze per creare ambienti di apprendimento capaci di sviluppare autostima, stile

di attribuzione positivo, senso di autoefficacia negli alunni e negli studenti con DSA.

Questo disturbo, seppur emergendo come selettivo, rischia di compromettere aspetti diversi

dell’intelligenza e dell’affettività. Sappiamo infatti che il Disturbo specifico dell’Apprendimento è

un disturbo che compromette in modo persistente alcune competenze, che può diffondersi e

estendersi su altre aree, che può alterare a valanga alcuni equilibri cognitivi ed emotivi. Il problema

prioritario è quello di salvaguardare l’integrità cognitiva ed emotiva del ragazzo con DSA,

costantemente messa alla prova dall’insuccesso scolastico. Se, da un lato, una difficoltà persistente

nell’apprendere comporta sempre il rischio di un impoverimento di un disinvestimento delle

potenzialità, dall’altro in questa fase l’immagine che l’alunno ha di sé appare particolarmente

vulnerabile agli attacchi di una faticosa realtà esterna e interna. La collusione tra problemi di

comprensione orale e quelli di comprensione della lettura, tra problemi di formulazione dei concetti

e problemi di organizzazione e trasmissione del pensiero scritto crea una situazione di continua

incertezza su quali aree si siano mantenute integre e utilizzabili. Scoprire che è possibile continuare

a pensare al di là del potere che la lettura e la scrittura esercitano, conservare la curiosità del

conoscere, riuscire a usare in modo socialmente significativo anche uno strumento parziale

diventano così gli obiettivi primari dell’intervento educativo.

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46

Essendo un disturbo in itinere, ogni nuovo apprendimento è potenzialmente attaccabile dal deficit e

spesso in misura e valore imprevedibili; ogni nuova richiesta può evidenziare un’incapacità già nota

o una di cui prendere coscienza. Il bambino si trova, quindi, ad affrontare tutti i compiti con la

fantasia costante che possano rivelarsi pericolosi: ciò finisce per ridurre il suo investimento

epistemico, rischia di impoverire le sue operazioni cognitive e induce un abbassamento del livello

di aspettative interne. Ma di fronte a un bambino che ha paura di conoscere, l’insegnante può

temere di diventare pericoloso nel proporre oggetti di apprendimento sconosciuti, non cercati dal

bambino, trasformabili dall’emergere delle sue difficoltà. Nella scelta dei compiti, questo si traduce

nell’oscillare tra contenuti vecchi e nuovi, tra contenuti spontanei e strutturati, tra contenuti

invariabili per poter intervenire sulla forma, e forme ripetitive per salvaguardare il contenuto.

L’insegnante può rischiare così, come il bambino, di ridurre il significato delle richieste, di

sottoutilizzare le potenzialità, di abbassare anche il livello delle aspettative esterne 45.

Il DSA viene connotato, nel tempo, sia dalle sue caratteristiche neuropsicologiche, sia dai significati

che esse acquistano nello svolgersi dell’esperienza scolastica.

La conoscenza della correlazione tra aspetti neuropsicologici e aspetti emotivi nell’evoluzione del

disturbo a scuola permette di individuare l’entità e la trasformabilità dei conflitti, di incidere sulle

difficoltà specifiche e di prevenire il rischio di problemi psicopatologici secondari. Se l’insegnante

osserva il bambino mentre esegue un compito, se analizza con lui quanto controlla ciò che ha fatto

(pensiamo al bambino che non sa perché ha letto quella parola, o al bambino che si rende conto che

alla parola che ha scritto manca un pezzo ma non sa collocarlo), è possibile intervenire "dentro" il

suo disturbo e modificare le sue modalità di risoluzione. Per esempio, insegnare al bambino a

riconoscere i propri errori e a controllare le operazioni che attua significa insegnargli ad

autocorreggersi e anche a riconoscersi in ciò che fa. Il bambino con dislessia evolutiva ad esempio,

presenta spesso un’incapacità a vedere gli errori linguistici che compie mentre scrive, a rileggere

quello che ha scritto con l’intenzione di correggerlo, a usare regole del linguaggio scritto come la

punteggiatura, che garantiscono la comprensibilità e la trasmissibilità del messaggio. Può non saper

integrare il significato di un testo letto pur avendolo decodificato correttamente, o non saper

decodificare tutte le parole pur comprendendo il testo, o ancora più spesso compie previsioni

semantiche incongrue e non sa leggere con intonazione. Questa difficoltà a ricontrollare e

modificare il codice, dovuta alla compromissione specifica, è spesso amplificata da fantasie

distruttive sul contenuto: come se, per il bambino, vedere-toccare lo strumento danneggiato possa

voler dire danneggiare anche ciò che lo strumento contiene ed esplicita. È importante sottolineare

45

Mazzoncini B., Musatti L., cit.

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47

ancora una volta quanto la profonda correlazione tra disturbo neuropsicologico ed elaborazione

emotiva emerga nei comportamenti attuati dal bambino di fronte a determinate richieste, e coincida

con la fatica dell’insegnante a motivare l’insuccesso scolastico e a riconoscere, dentro il compito, il

peso dei diversi problemi presentati.

Il bambino che dimentica le parole appena lette, o addirittura i pezzi che compongono le parole

mentre legge, perché non controlla la sequenza fonologica, sembra essere costretto a "dimenticare"

troppo; il bambino che guarda male o troppo rapidamente le parole e tenta di collegare la prima

lettera a un significato decontestualizzato, perché non controlla la comprensione, sembra essere

costretto a "inventare" troppo. In ambedue i casi l’attenzione da parte dell’insegnante, sia

sull’aspetto didattico che sul vissuto di incapacità, permette una modifica strutturale delle strategie

di risoluzione del compito46.

I bambini dislessici infatti presentano sia alcune strategie tipiche, legate alla specificità del loro

disturbo, sia alcune strategie individuali, che li connotano singolarmente.

Intervenire sulle funzioni compromesse nella lettura e scrittura e sulle strategie che caratterizzano

lo stile di apprendimento e il comportamento cognitivo e affettivo del singolo bambino significa

quindi prendere in carico anche i conflitti inerenti al significato che il bambino attribuisce

all’apprendimento e al non apprendere. È a scuola infatti che si “impara ad imparare”, e si scopre

di dover accettare emotivamente sia le regole del rapporto con chi insegna, sia i tempi con cui è

possibile appropriarsi dell’oggetto di apprendimento. Pensiamo ai bambini che cercano di escludere

ciò che già sanno, che chiedono continua conferma di ciò che credono di sapere, che accettano di

ascoltare solo le parole dell’insegnante. All’inizio dell’esperienza scolastica, l’incapacità del

bambino con DSA ad acquisire il nuovo strumento può coincidere con la paura, non soltanto di non

saper imparare nulla di ciò che gli viene offerto in questa fase, ma anche di non saper riconoscere

come acquisite e attuali le conoscenze precedenti al suo ingresso a scuola.

È utile riflettere su quale uso possa fare il bambino di tutte quelle competenze (per esempio,

grafismo e linguaggio orale) che, se vengono ritenute solo dei prerequisiti al leggere e scrivere,

perdono valore in quanto potenzialità cognitive e affettive. E quale equilibrio è possibile tra

funzioni già controllate e funzioni emergenti, non immediatamente o non prevedibilmente

controllabili? Negli anni successivi, il linguaggio scritto non è più un nuovo apprendimento: non

solo deve essere utilizzato per apprendere altre cose, ma ha acquistato anche un potere

trasformativo su tutte le future conoscenze, poiché il possesso di un nuovo codice simbolico

stabilisce una rete di funzioni e di usi diversi per tutte le capacità del bambino. Il bambino con

dislessia evolutiva che non impara a leggere e scrivere in un certo stadio del suo sviluppo sarà

46

Ibidem.

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48

sempre influenzato da non avere acquisito quella funzione in quel preciso momento, e rischierà dì

pensare, ragionare, conoscere in modo diverso. Inoltre, se da un lato le difficoltà di lettura e

scrittura impediscono al bambino di sfruttare tutte le potenzialità del codice e di utilizzarlo come

mezzo per altri fini epistemici, dall’altro, l’impossibilità di escludere mentalmente l’oggetto

danneggiato dal disturbo, sia nella realtà esterna che nella realtà interna, finisce per incidere su tutti

i rapporti del bambino con l’apprendimento.

Dunque, le caratteristiche della dislessia definiscono i problemi del bambino in termini di continuo

conflitto tra scelte parziali: ogni richiesta didattica può contenere un aspetto non controllabile che

gli impedirà di risolvere il compito in modo integrato ma soprattutto di appropriarsi

consapevolmente dell’intero oggetto del suo investimento. Il bambino con dislessia evolutiva

sembra continuamente dover "scegliere" se decodificare correttamente tutte le parole lette, o cercare

la comprensione profonda del testo; se riflettere ancora faticosamente sullo spelling delle parole che

scrive, o lavorare su costruzioni sintattiche più elaborate. Ancora, sembra dover "scegliere" se e

come esprimere i contenuti attraverso il linguaggio orale, o tentare di accettare le limitazioni d’uso

di un linguaggio scritto deficitario; se la sua partecipazione a un’attività è resa significativa solo

dall’uso di competenze strumentali, o dalla condivisione di contenuti cognitivi e affettivi. Un altro

conflitto è relativo al fatto che in generale il DSA non appare localizzabile altro che "nella testa" e

quindi nella mente del bambino, dove tutto il pensiero rischia di venir pervaso dal danno. Non

apprendere alcune cose è una realtà per il bambino con DSA, ma ciò finisce per colludere con la

fantasia del non saper pensare nulla. Quale presa di coscienza del proprio insuccesso scolastico è

allora possibile, se il timore è quello che la testa non funzioni? Quale strategia è isolabile per

fronteggiare una difficoltà specifica, se il timore è quello che il pensiero in toto sia danneggiato?

Quali operazioni mentali sono attivabili per l’apprendimento di contenuti nuovi, se l’immagine di sé

è quella di un bambino non intelligente? Molti comportamenti di passività, rifiuto, disinvestimento

che il bambino con dislessia agisce, anche in contesti in cui non gli viene richiesto di leggere e

scrivere, sono il segno più coerente e più frequente dello strutturarsi di un importante nucleo

depressivo sulla base di un disturbo neuropsicologico. Peraltro, se scrivere equivale a rendere

tangibili e trasmissibili dei contenuti propri, e se leggere equivale a prendere dentro di sé parti di

altri, il bambino con dislessia evolutiva elabora sempre drammaticamente la sua difficoltà a lasciare

tracce del proprio pensiero attraverso uno strumento danneggiato, e il suo costante vissuto di perdita

nel processo di conoscenza47.

47

Mazzoncini B., Musatti L., cit.

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49

Insomma, il percorso di formazione, se non adeguatamente progettato e sostenuto, rischia di essere

causa di grave frustrazione per il bambino. Frustrazione che sentirà probabilmente anche

l’insegnante, quando, dopo aver adottato diverse strategie didattiche, non avrà ottenuto nessun

miglioramento nell’apprendimento, anzi, il bambino, a causa della grande frustrazione, inizia a

demotivarsi e a nutrire sentimenti di sfiducia nelle sue capacità con conseguenze, come abbiamo

visto, disastrose per la costruzione di una positiva immagine di sé.

Infine, non sono da escludere i sentimenti di colpevolizzazione da parte della scuola e quindi da

parte degli insegnanti. Spesso, i bambini che sono a rischio di DSA non vengono adeguatamente

identificati fino alla scuola primaria quando le difficoltà si rendono evidenti in corrispondenza di

risposte didattiche. Questo fa sì che la scuola si configuri come immediata parte in causa per

l’insuccesso dell’apprendimento del bambino. L’attivazione di diverse strategie didattiche da parte

dell’insegnante non migliorano l’apprendimento del bambino e questo provoca una sensazione di

colpevolizzazione da parte dell’insegnante sia nell’insuccesso delle sue pratiche didattiche sia, una

volta riconosciuto il disturbo, nel non aver identificato tempestivamente il DSA dell’alunno . Questi

sentimenti possono provocare delle reazioni diverse. La scuola può sentire la responsabilità di aver

creato il disturbo e di doverlo risolvere oppure può attribuire ad altri i motivi del non apprendere del

bambino.

6. LE STRATEGIE EDUCATIVO - DIDATTICHE

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50

L’apprendimento è un processo intellettivo attraverso il quale l’individuo acquisisce

conoscenze sul mondo che, successivamente, utilizza per strutturare e orientare il proprio

comportamento in modo duraturo (Ernest Hilgarde1971); in generale, viene definito come un

cambiamento che si manifesta in un individuo per effetto dell’esperienza; il cambiamento può

riguardare il comportamento o la conoscenza ed esso si manifesta in molti modi, solo alcuni

dei quali sono intenzionali.

Secondo Bruner, l’attività cognitiva consiste nella rielaborazione delle informazioni, nell’uso

delle strategie di pensiero, nella postulazione e nella verifica di ipotesi; l’individuo usa

modelli e concetti provenienti dalla sua cultura di appartenenza. Affinché un apprendimento

sia efficace, esso deve essere attivo e costruttivo, cumulativo, autoregolato, orientato a

obiettivi, situato e collaborativo e variabile a seconda delle differenze individuali.

Un sistema inclusivo considera l’alunno protagonista dell’apprendimento qualunque siano le

sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Una didattica inclusiva prevede una riflessione

sulla gestione della classe, sulla modalità della lezione, sul metodo di studio e sulla

modalità di verifica e valutazione. Il processo di insegnamento- apprendimento, allora, pone

il discente, quale costruttore delle sue conoscenze, al centro dell’attività dida ttica. Infatti, la

conoscenza umana, l’esperienza e l’adattamento sono caratterizzati da una partecipazione

attiva dell’individuo. La realtà non viene considerata come qualcosa di oggettivo,

indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, perché è il soggetto stesso che la crea,

partecipando in maniera attiva alla sua costruzione; il sapere è, dunque, il risultato delle azioni

di un soggetto attivo.

L’ambiente cessa di essere luogo denso di informazioni da dare all’uomo e diviene luogo

d’incontro, di sperimentazione, di diverse possibilità e opportunità. Proprio perché il sapere

non è fisso, ma è in continua trasformazione, occorre stimolare negli alunni capacità critiche e

di interpretazione della realtà sollecitando la ricerca personale. Non possiamo perme tterci di

parlare più di unità didattica o di programmazione curricolare perché più che di conoscenze

lineari dobbiamo fare riferimento a un reticolo di conoscenze. La progettualità didattica

comporta allora l’adozione di strategie e metodologie favorenti, quali l’apprendimento

cooperativo, il lavoro di gruppo e/o a coppie, il tutoring, l’apprendimento per scoperta,

l’utilizzo di mediatori didattici, di attrezzature e ausili informatici, di software e sussidi

specifici per tutta la classe.

Nel caso della presenza di alunni con DSA in classe si rende ancora più necessaria una

didattica che favorisca la partecipazione, la ricerca, l’azione anziché la didattica tradizionale

che consiste essenzialmente in lezioni frontali e studio autonomo a casa. Una didattica

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51

inclusiva è inclusiva per tutti i bambini cioè rende partecipe ogni allievo del proprio

apprendimento. Favorire il brainstorming, la discussione su testi, facilitarne l’appropriazione,

incoraggiare i laboratori sono attività che permettono un potenziamento degli apprendimenti

per ciascun allievo.

La presa in carico dell’alunno con DSA dovrà avvenire dalla collegialità del personale

docente. Ciò comporta la condivisione della cultura dell’inclusione da parte del Collegio dei

docenti, ma anche di competenze specifiche e modalità unitarie e coordinate di tutela del

diritto allo studio degli alunni in questione. I bisogni educativi speciali chiamano in causa una

responsabilità diffusa del team dei docenti, in tutti gli ordini e gradi di scuola. La figura

professionale specializzata assume con gli alunni con DSA un ruolo di orientamento, di

formazione di competenze, di organizzazione e coordinamento ed è rinvenibile nel profilo che

nell’ambito dell’Azione 7 del Progetto Nuove Tecnologie e Disabilità è stato definito

«Referente per la dislessia».

All’interno delle procedure per la presa in carico dell’alunno con DSA, uno strumento per

pianificare, e dunque per garantire, gli adeguati interventi metodologici e l’applicazione degli

strumenti compensativi e dispensativi può essere individuato nel Piano Didattico

Personalizzato48.

Per il bambino dislessico, l’impatto iniziale con la lingua scritta è molto difficile, poiché la

semplice lettura di una parola, in realtà, è la risultante di tante singole attività che devono

essere affrontate simultaneamente, che vanno dall’identificazione delle lettere, al

riconoscimento del loro valore sonoro, al mantenimento della sequenza di prestazione, alla

rappresentazione fonologica delle parole, al coinvolgimento del lessico per il riconoscimento

del significato. È importante che il bambino si senta protagonista di piccoli successi,

soprattutto all’inizio, per non provocare frustrazioni che possono inibire il suo futuro

apprendimento; tutto ciò può essere possibile ponendosi piccoli obiettivi realizzabili. Se ogni

volta che un bambino si avvicina alla lettura o alla scrittura deve affrontare compiti troppo

difficili per lui, molto probabilmente inizierà a rifiutare qualsiasi tipo di compito gli venga

proposto a scuola. Per questo l’esercizio quotidiano va sviluppato in piccole attività che il

bambino può svolgere almeno in parte; anche un minimo successo favorirà l’impegno per le

attività future.

48

G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, cit.

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52

Per rendere l’inizio della vita scolastica accettabile per un bambino con DSA sono quindi

necessari la flessibilità nelle proposte didattiche , il successo e le gratificazioni, la

finalizzazione delle attività. Nelle prime fasi dell’apprendimento è poi importante poter

sempre contare sulla disponibilità di un adulto preparato, competente, che sappia lavorare con

i disturbi di apprendimento, che sappia evitare sia un eccesso di frustrazioni, sia un eccesso di

tolleranza.

Nella scuola elementare è importate predisporre un ambiente stimolante e creare un clima

sereno e favorevole a una relazione positiva tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei

livelli raggiunti dai bambini a proposito dei processi di costruzione e concettualizzazione

della lingua scritta, per promuovere la ricerca e la scoperta personale , che stanno alla base

della motivazione ad apprendere. Sarebbe importante, quindi, evitare di proporre un metodo

di insegnamento che non rispetti i ritmi e gli stili cognitivi degli alunni, e permettere a

ciascuno di procedere autonomamente all’acquisizione delle regole della letto-scrittura, dando

ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di

volta in volta elementi conoscitivi utili per andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.

Quando in classe, poi, sono presenti alunni con disturbi di apprendimento i docenti, come

abbiamo rilevato in precedenza, dovrebbero formulare obiettivi minimi raggiungibili in

tempi prevedibili con le difficoltà degli alunni, procedere con attività di rinforzo

parallelamente alla proposta di nuovi contenuti e fornire strategie di semplificazione, facendo

però sempre attenzione ad assumere atteggiamenti sereni, evitando di incrementare l’ansia e

gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai

essere allontanati troppo dai compagni e, dalle loro attività49.

La legge 8 ottobre 2010 n. 170 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di

apprendimento in ambito scolastico” afferma il diritto degli studenti con DSA di fruire di

appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli

di istruzione e formazione e negli studi universitari. È richiesta inoltre, l'uso di una didattica

individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che

tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando

una metodologia e una strategia educativa adeguate; (art.5)

49

Ibidem.

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53

Individualizzare significa porre obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo classe,

adattando altresì le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali degli alunni, al

fine di assicurare a tutti il conseguimento delle competenze fondamentali del curricolo.

Pertanto una didattica individualizzata si focalizzerà su attività specifiche di recupero

(potenziare/ acquisire abilità) e su una organizzazione didattica flessibile.

Per didattica personalizzata si intende una didattica che pone obiettivi diversi che devono

essere adatti e significativi per ciascun discente per offrirgli l’opportunità di sviluppare al

meglio le proprie potenzialità. Una didattica personalizzata va ad accrescere i punti di forza di

ciascun alunno e mira a uno sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento.

Essa calibra l’offerta didattica e le modalità relazionali sulla specificità ed unicità a livello

personale dei bisogni educativi. Si utilizzeranno così una varietà di metodologie e strategie

didattiche, i mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), si porrà attenzione agli stili

di apprendimento e gli interventi verranno calibrati sulla base dei livelli raggiunti

(promozione di un apprendimento significativo).

La didattica per i DSA, anche se necessita di una progettazione personalizzata e mirata può

e deve essere svolta come un lavoro all'interno dell'intera classe perché sono tutti gli studenti

a beneficiarne.

La personalizzazione dell’intervento è capace di rispondere all’esigenza di costruire percorsi

formativi e di apprendimento degli allievi; è rispettosa inoltre delle differenze individuali in

rapporto agli interessi, alle capacità, al ritmo di apprendimento, agli stili cognitivi, alle

attitudini, alle inclinazioni, alle esperienze di vita, al contesto in cui maturano le diverse

personalità.

L’insegnante dovrebbe usare mappe e presentazioni in PowerPoint per le lezioni. L’ambiente

educativo deve tener conto delle difficoltà di ciascuno e deve organizzarsi in modo da

agevolare i diversi stili di apprendimento personali.

La creazione di itinerari differenziati, personalizzati, può favorire, da un lato, la riduzione

degli insuccessi scolastici e, dall’altro, la promozione delle eccellenze che rappresenta l’altro

estremo della popolazione studentesca, al centro della quale si colloca il gran numero degli

studenti, la cui vicenda scolastica si svolge senza grosse difficoltà, ma ai quali bisogna

rivolgersi per spingerli a potenziare la qualità dei loro percorsi.

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54

In G. Simoneschi (a cura), La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento, vengono

sintetizzati i punti fondamentali della teoria della programmazione curriculare50:

• razionalizzazione degli obiettivi degli apprendimenti;

• costruzione di unità didattiche come sviluppo sequenziale rispetto agli obiettivi e alle finalità

del processo educativo;

• indicazione dei parametri valutativi con i relativi criteri;

• definizione di meccanismi di autocontrollo per garantire il successo delle procedure.

Per la definizione del piano si esplorano le diverse dimensioni attraverso un’attenzione

specifica ai livelli evolutivi (psicobiologici e sociointerattivi) raggiunti dalla mente del

soggetto. Un rispetto adeguato nei confronti delle «differenze» (linguistiche, cognitive,

personologiche, etniche) di cui ciascun soggetto è portatore.

Una precisa intenzionalità nel farsi carico della dimensione affettiva del rapporto educativo.

Il referente dei DSA predispone i Piani Educativi, cioè la documentazione prevista che

raccoglie la programmazione degli interventi. In particolare l’organizzazione scolastica dovrà

essere sensibile, nell’individuare gli alunni, e soprattutto fare in modo che non si sentano a

disagio, differenti rispetto agli altri compagni.

Il supporto emotivo, nella prima fase, è fondamentale per far aumentare innanzitutto il grado

di consapevolezza delle proprie difficoltà ma anche il riconoscimento delle proprie

potenzialità e quindi far maturare un livello di autostima e di autoefficacia necessario per

proseguire, con maggiore serenità, il percorso scolastico. Gli strumenti fondamentali sono

l’ascolto, la definizione condivisa di obiettivi e lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, non

solo del singolo elemento, ma di tutto il gruppo classe, in modo da supportare adeguatamente

le eventuali difficoltà che dovessero verificarsi in itinere. L’aspetto determinante, che spesso

manca nei docenti e nella scuola in generale, è che si puntualizza in modo ripetitivo quali

sono le mancanze e le carenze non colmate, invece di spostare l’attenzione su quelle che sono

le potenzialità che determinano il miglioramento della padronanza delle abilità strumentali.

Essa sarà condotta nei limiti apprenditivi mentre l’immodificabilità di un’abilità andrà

aggirata attraverso l’adozione di strumenti e misure di tipo compensativo e dispensativo,

quali i mediatori didattici che facilitano i processi di insegnamento-apprendimento51.

Nelle Linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011, si legge:

50

Ivi, cit. 51

Ivi, cit.

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55

Strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo.

È necessario che i docenti acquisiscano chiare e complete conoscenze in merito agli

strumenti compensativi e alle misure dispensative, con riferimento alla disciplina di

loro competenza, al fine di effettuare scelte consapevoli ed appropriate.

Inoltre, gli insegnanti devono essere in grado di utilizzare le nuove tecnologie e

realizzare una integrazione tra queste e le metodologie didattiche per l’apprendimento,

dato che le ricerche dimostrano che ambienti didattici supportati dall’uso delle nuove

tecnologie risultano maggiormente efficaci.

Molto spesso l’individuazione dei mediatori didattici si effettua con la collaborazione della

famiglia,

degli specialisti e attraverso l’ascolto dello stesso studente che può avere una predilezione per

un determinato strumento.

Il referente dei DSA chiarisce alla famiglia e ai consigli di classe i principi da considerare

come prerequisiti sia dell’intervento che della programmazione didattica:

• porre attenzione alle informazioni sensoriali che gli pervengono;

• rispondere al compito richiesto con accuratezza, e quindi il compito non sarà reso difficile;

• rinforzare il comportamento in modo gratificante per sostenere la motivazione e dirigere

l’apprendimento attraverso i feedback correttivi;

• aumentare gradualmente le difficoltà in funzione del miglioramento della prestazione. Da

qui la necessità di pensare a modalità di lavoro diverse a seconda delle caratteristiche del

ragazzo, della famiglia e del contesto nel quale è inserito52.

Una diagnosi approfondita e particolareggiata è il punto di partenza perché gli insegnanti,

formati nella didattica per DSA, in consiglio di classe individuino gli strumenti

compensativi (es. uso del computer, della calcolatrice, delle mappe mentali...)

e dispensativi (es. evitare di far leggere ad alta voce, interrogazioni programmate, verifiche

più brevi o maggior tempo a disposizione...) più adatti alle specificità di ogni allievo.

Le strategie metodologiche e didattiche costituiscono quelle forme didattiche che facilitino

l’apprendimento e semplifichino il compito di lettura senza per altro ridurre sostanzialmente

la complessità degli obiettivi e delle conoscenze richieste. È il caso per esempio delle mappe

concettuali, delle immagini, degli schemi e di altri mediatori didattici. Sulla base anche delle

52

Ivi, cit.

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56

informazioni diagnostiche sarà quindi necessario che il Piano Didattico Personalizzato riporti

per le singole materie la necessità dell’impiego di mappe concettuali e altri mediatori .

L’importanza dei mediatori didattici possono dividersi in attivi, iconici, analogici e

simbolici. Il processo di mentalizzazione procede dal primo verso l’ultimo della serie,

coinvolgendo in primo luogo l’esperienza diretta della realtà, poi tale processo consente la

configurazione di immagini e schemi (mediatori iconici), in seguito si realizza nei giochi di

simulazione fino alla mentalizzazione piena dei concetti e delle teorie53.

È possibile notare che i mediatori rappresentano il passaggio intermedio nel processo di

mentalizzazione fra la realtà e la rappresentazione simbolica di concetti e teorie, di cui la

letto-scrittura è un momento determinante. La facilitazione offerta dai mediatori si colloca

proprio nella loro posizione intermedia nel processo di mentalizzazione o denaturalizzazione.

A questo riguardo possono risultare utili le nuovo tecnologie, non solo perché consentono di

realizzare mappe concettuali agevolmente, ma soprattutto perché le mappe concettuali

diventano così facilmente archiviabili e utilizzabili per altri alunni. Nell’ottica di un sapere

dell’organizzazione e della non dispersione delle energie impiegate per la rea lizzazione di

appositi strumenti didattici, l’archiviazione e la documentazione risultano essenziali. Esistono

inoltre archivi di mappe on line dove sono depositati tali documenti riguardanti moltissimi

contenuti per ogni ordine e grado di scuola.

Fra le strategie in questione rientra anche l’impiego dei tempi a disposizione per lo

svolgimento dei compiti assegnati. I criteri per definire i tempi di elaborazione delle prove

dovranno essere individuati per materia, sulla base delle indicazioni diagnostiche,

dell’esperienza diretta e della ridefinizione periodica del Piano Didattico Personalizzato.

Alternativamente, è possibile ridurre gli obiettivi di apprendimento richiesti in ogni prova. Va

da sé che le prove svolte secondo quanto individuato nel Piano in questione hanno piena

validità ai fini delle valutazione di fine anno scolastico. In questo stesso ambito rientra la

definizione di criteri per la eventuale riduzione dei compiti da assegnare a casa54.

Per poter progettare una didattica adeguata, non è solo necessario conoscere la natura e le

caratteristiche dei DSA ma occorre conoscere anche il diverso funzionamento del disturbo in

ogni bambino. Infatti, si useranno strategie didattiche diverse a seconda del tipo di

funzionamento.

53

Ivi, cit. 54

Ivi, cit.

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57

Ad esempio un bambino che ha difficoltà ad associare rapidamente in sequenza due simboli o

segni diversi e non presenta difficoltà nella memoria a breve termine e, pertanto, riesce a

globalizzare la parola, verrà aiutato a cambiare modalità per una lettura più efficiente.

Ricordiamo che l'allenamento alla lettura è inutile.

I testi semplificati in questi casi vanno esclusi perché la comprensione della lettura è buona

per evitare problemi di comprensione. Sarebbe utile alternare momenti di impegno alla lettura

con altri momenti (alternando qualcuno che può leggere per lui), poiché i bambini con DSA

fanno più fatica degli altri nell’esecuzione dei compiti.

Nel caso di bambini che leggono velocemente e con molti errori, gli insegnanti spesso hanno

molti dubbi sul da farsi. Spesso si pensa che se si interviene correggendo il bambino e

facendolo rileggere, i tempi di lettura potrebbero essere infiniti, ma allo stesso tempo, lasciar

continuare la lettura impedirebbe al bambino di capire gli errori.

Anche in questo caso, la lettura ripetuta è inutile. Il bambino va sollecitato ad utilizzare le

previsioni di significato per controllare se ha letto bene. In compiti di comprensione del testo,

la lettura più economica sarà quella silenziosa.

Si possono usare testi di filastrocche o testi come quelli di Rodari, in cui ritornino parole con

le stesse difficoltà ortografiche, per far leggere il bambino lentamente.

6.1 FORME E MODALITÀ DI SOSTEGNO COMPENSATIVO AGLI ALUNNI CON DSA

Gli strumenti compensativi, permettono di compensare le difficoltà di esecuzione dei compiti

automatici derivanti da una disabilità specifica, mettendo il soggetto in condizione di operare più

agevolmente (Stella G.). Questi strumenti sono così importanti per l’alunno con DSA tanto che il

ministero dell’istruzione dichiara che non utilizzare questi strumenti significa mettere l’alunno in

una condizione di inferiorità rispetto alla classe.

Gli strumenti compensativi devono essere utilizzati per consentire all’alunno di portare a termine

un compito, supportandolo nei passaggi per lui più impegnativi perché bisognosi di

automatizzazione (ad es. la tavola pitagorica, la calcolatrice, gli schemi, i formulari). Per questo

motivo l’utilizzo di questi strumenti permette il raggiungimento di obiettivi curriculari comuni.

Infatti, le risorse cognitive dedicate a sopperire alle carenze di automatismi in alcune attività non

permettono all’alunno con DSA di affrontare poi adeguatamente l’apprendimento dei contenuti.

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58

Gli strumenti verranno utilizzati dall’alunno in relazione ai tempi didattici. Ad esempio, la tavola

pitagorica verrà introdotta stabilmente solo quando il resto della classe ha già memorizzato e

automatizzato l’uso delle tabelline55.

Le linee guida allegate al decreto ministeriale 12 luglio 2011 chiariscono l’uso di questi strumenti:

Per uno studente con dislessia, gli strumenti compensativi sono primariamente quelli che possono

trasformare un compito di lettura (reso difficoltoso dal disturbo) in un compito di ascolto.

A tal fine è necessario fare acquisire allo studente competenze adeguate nell’uso degli strumenti

compensativi.

Si può fare qui riferimento:

alla presenza di una persona che legga gli items dei test, le consegne dei compiti,

le tracce dei temi o i questionari con risposta a scelta multipla;

alla sintesi vocale, con i relativi software, anche per la lettura di testi più ampi e

per una maggiore autonomia;

all’utilizzo di libri o vocabolari digitali.

Studiare con la sintesi vocale è cosa diversa che studiare mediante la lettura diretta del libro di

testo; sarebbe pertanto utile che i docenti o l’eventuale referente per la dislessia acquisiscano

competenze in materia e che i materiali didattici prodotti dai docenti siano in formato digitale.

Si rammenta che l’Azione 6 del Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità” ha finanziato la

realizzazione di software di sintesi vocale scaricabili gratuitamente dal sito del MIUR.

Per lo studente dislessico è inoltre più appropriata la proposta di nuovi contenuti attraverso il

canale orale piuttosto che attraverso lo scritto, consentendo anche la registrazione delle lezioni.

Disturbo di scrittura

In merito agli strumenti compensativi, gli studenti con disortografia o disgrafia possono avere

necessità di compiere una doppia lettura del testo che hanno scritto: la prima per l’autocorrezione

degli errori ortografici, la seconda per la correzione degli aspetti sintattici e di organizzazione

complessiva del testo. Di conseguenza, tali studenti avranno bisogno di maggior tempo nella

realizzazione dei compiti scritti. In via generale, comunque, la valutazione si soffermerà soprattutto

sul contenuto disciplinare piuttosto che sulla forma ortografica e sintattica.

Gli studenti in questione potranno inoltre avvalersi:

55

Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., cit., p. 104.

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59

o di mappe o di schemi nell’attività di produzione per la costruzione del testo;

o del computer (con correttore ortografico e sintesi vocale per la rilettura) per

velocizzare i tempi di scrittura e ottenere testi più corretti;

o del registratore per prendere appunti.

Area del calcolo

Riguardo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative, valgono i principi generali

secondo cui la calcolatrice, la tabella pitagorica, il formulario personalizzato, etc. sono di

supporto ma non di potenziamento, in quanto riducono il carico ma non aumentano le competenze.

La seguente tabella56 mostra l’utilizzo degli strumenti indicati nelle Circolari e dalla Legge 170

(Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R.)

Strumento

Difficoltà da compensare Vantaggi/risultati

Tabella dell’alfabeto e dei vari

caratteri. Tabella dei mesi.

Linea dei numeri e tavola

pitagorica.

Tabelle della memoria di ogni

tipo

Difficoltà nel recupero rapido

(automatico) delle

informazioni dalla memoria a

lungo termine.

Possibilità di utilizzare tutte le

energie attentive, mnestiche e

cognitive nello svolgimento

del compito. Incremento della

consapevolezza e dell’uso

“strategico” delle

informazioni.

Tabelle delle misure, delle

formule, delle regole.

Calcolatrice.

Non automatizzazione di

procedure o difficoltà nel loro

recupero rapido.

Esecuzione più rapida delle

procedure e quindi possibilità

di utilizzarle all’interno di

compiti più complessi.

Registrazioni delle spiegazioni

Difficoltà nel prendere appunti

Maggiore attenzione alla

56

Crescenzi F. et al. cit.

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60

dell’insegnante. (e contemporaneamente

ascoltare).

spiegazione. Possibilità di

riascoltare la spiegazione per

compensare la difficoltà di

lettura del testo.

Cartine geografiche e storiche.

Mappe mentali e concettuali.

Difficoltà nell’organizzare e

nel riorganizzare le

informazioni studiate.

Difficoltà nell’individuazione

rapida delle informazioni nel

testo scritto.

Difficoltà nel recupero di

etichette verbali specifiche

Riduzione dell’apprendimento

mnemonico a favore di una

rielaborazione personale.

Possibilità di “ripassare” gli

argomenti studiati senza dover

rileggere l’intero testo.

Supporto al recupero delle

informazioni e

all’organizzazione

dell’esposizione nel corso

delle verifiche orali.

Cassette registrate o CD audio

dei libri di testo.

Strumenti multimediali.

Sintesi vocale.

Testi scolastici in PDF aperto.

Difficoltà nell’utilizzo del

testo scritto quale unico canale

di apprendimento.

Possibilità di accedere a tutti i

contenuti curriculari,

indipendentemente dal livello

di lettura raggiunto. Possibilità

di lavorare fisicamente sul

testo per renderlo più

accessibile.

Computer con programmi di

videoscrittura, correttore

ortografico e sintesi vocale

Supporto alla scrittura

(disgrafia e disortografia) e

alla pianificazione del testo.

Possibilità di controllare

maggiormente il testo scritto

in termini di correttezza, ma

anche di contenuti e forma

linguistica.

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61

Dizionari computerizzati

Difficoltà nel controllo della

sequenza alfabetica; lettura

lenta e scorretta (parole isolate

dal contesto o sconosciute)

Ricerca rapida e più accurata

delle parole (soprattutto nelle

lingue straniere) e maggior

possibilità di fruire delle

informazioni.

La scuola, oltre a fornire tali strumenti dovrà progettare una didattica compensativa che risponda

alle esigenze dell’alunno.

Allo stesso modo lo studente si impegnerà ad acquisire competenze compensative e i docenti ad

organizzare e sostenere la formazione dell’alunno nella fase di avviamento. L’utilizzo degli

strumenti dovrà essere ragionevole e mirato; non avrà alcun senso farne un uso indiscriminato.

Gli strumenti devono far parte di vere e proprie strategie, non devono in alcun modo costituire un

ostacolo all’apprendimento. Chiamiamo, infatti, strategie compensative l’insieme di procedimenti,

espedienti, stili di lavoro o apprendimento che possono ridurre, se non superare, i limiti della

disabilità o del disturbo.

L’introduzione del computer può anche essere graduale, del resto è uno strumento che in qualche

modo, tra casa e scuola, entra nella vita di tutti i ragazzini, dislessici compresi, come strumento

didattico o ludico.

Il discorso cambia quando si decide che il computer diventerà il loro strumento compensativo, ossia

che rappresenterà il modo abituale, quotidiano e generale, di leggere e scrivere. A quel punto, come

abbiamo visto, le normali conoscenze informatiche dei compagni non bastano più e dobbiamo

predisporre un percorso di autonomia che porti all’acquisizione delle necessarie competenze

compensative.

Il concetto di competenza è oggi diffuso nella nostra scuola e sta ad indicare, in estrema sintesi, la

capacità di generalizzare e usare in modo funzionale, in risposta ai diversi bisogni, le conoscenze e

le capacità sviluppate nei processi di apprendimento.

Nel nostro ambito, parliamo di competenza prima di tutto per richiamare i concetti di funzionalità

ed efficacia: per compensare i DSA con le tecnologie non basta sapere come si usa il computer e

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62

neppure saperlo in qualche modo far funzionare (conoscenze e abilità), ma bisogna essere in grado

di servirsene per risolvere, o ridurre, i problemi che derivano dal disturbo.

Da notare che le competenze d’uso delle tecnologie finalizzate a un ruolo compensativo dovranno

essere sensibilmente superiori rispetto ai compagni.57

Può capitare che gli alunni possano mostrarsi poco interessati all’utilizzo di questi strumenti

poiché, da una parte, li percepiscono come mezzi che incrementano la loro percezione di “diversità”

rispetto alla classe e dall’altra non sanno come utilizzarli in modo appropriato. Nel primo caso, un

ambiente positivo, accogliente, dove si fa uso di metodologie educative e didattiche appropriate che

sappia dare importanza all’ascolto, spazio alla riflessione e alla condivisione, può favorire il

superamento della percezione appena descritta. Nel secondo caso, l’alunno dovrà essere

accompagnato sia a casa che a scuola, soprattutto nella fase iniziale, ad utilizzare correttamente lo

strumento.

Attualmente, altre criticità che sono state segnalate e che condizionano pesantemente l’efficacia

delle soluzioni compensative sono principalmente tre:

• un’inadeguata valutazione dei prerequisiti per cui le tecnologie vengono proposte anche a chi,

per motivi personali o di contesto, non è in grado di trarne reali vantaggi;

• un errore di metodo che porta a riproporre ai dislessici soluzioni audio analoghe a quelle dei

ciechi, ignorando sostanzialmente le potenzialità, enormi per loro, dell’accesso alle informazioni

anche attraverso il canale visivo;

• un’insufficiente presa in carico nel momento, indispensabile e fondamentale, del primo

addestramento.

Come è noto, i dislessici – come pure tutti gli alunni con DSA – non rappresentano assolutamente

una popolazione omogenea: li accomuna la difficoltà di lettura, ma le differenze soggettive possono

essere molto consistenti e questo diventa estremamente importante quando si introducono i sistemi

compensativi.

Nel caso della sintesi vocale un fondamentale prerequisito è la sufficiente comprensione da ascolto,

ossia la capacità di cogliere adeguatamente il contenuto del testo quando viene letto ad alta voce da

un’altra persona o quando viene ascoltato attraverso una registrazione audio. Spesso le diagnosi di

dislessia non considerano questo aspetto (che non è neppure inserito nel protocollo della Consens us

57

Simoneschi G., La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento. Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Rivista bimestrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Le Monnier, 2 /2010.

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63

Conference) e non sono rari gli alunni con diagnosi di DSA che incontrano grosse difficoltà nella

comprensione dei libri di testo, indipendentemente dalla decodifica. In questi casi è difficile che la

sintesi vocale possa diventare un efficace strumento compensativo e probabilmente bisognerà

prevedere altre strategie puntando, per esempio, sulle mappe concettuali o intervenendo sui testi,

con un’azione di adattamento o semplificazione, prima di farli leggere con la sintesi.

In passato, quando le attuali tecnologie non erano presenti, gli alunni con DSA inventavano

strategie, espedienti, atteggiamenti, rimedi che tutt’oggi possono essere ancora molto utili.

Ad esempio, integrare o mediare la comunicazione scritta attraverso altri codici, in particolare

di tipo grafico-visivo. Ossia usare schemi, grafici, mappe, diagrammi e ogni altra forma di

comunicazione di tipo visivo per integrare e, finché è possibile, anche sostituire quella scritta.

• Strumenti, metodi, espedienti per facilitare la memorizzazione e l’organizzazione delle

informazioni. La famosa tabella dei mesi, primo degli strumenti compensativi nell’elenco del

ministero dell’istruzione, in fondo non è altro che una strategia compensativa di tipo mnemonico

che, ci si augura, l’alunno arriverà presto a estendere e utilizzare anche in altri ambiti: più avanti

sarà l’elenco delle regioni, dei pianeti, dei composti chimici ecc.

• Potenziare la capacità di ascolto e concentrazione. L’alunno dislessico, che sa bene che a casa

farà fatica a studiare, si sforza di seguire la lezione a scuola in modo da ricordare e organizzare le

informazioni nel modo più efficace possibile, per aver poi meno bisogno di leggere il libro a casa.

• Rafforzare le relazioni sociali. Quel che non si sa fare da soli, si può fare con l’aiuto degli altri. Le

competenze sociali sono fondamentali per le persone che vivono un problema o una disabilità

perché un progetto di autonomia non può significare far tutto da soli, arrangiarsi (cosa spesso

assolutamente impossibile), ma fornire tutti gli strumenti che possono consentire, anche in modo

indiretto, una qualità di vita decorosa. Tra questi c’è senza dubbio anche la capacità di saper

chiedere aiuto e mantenere nel tempo un corretto rapporto di collaborazione, e anche quella, per

nulla banale, di saper riconoscere e gratificare il supporto ricevuto, ossia in senso lato di saper

ringraziare58.

È importante definire con attenzione il momento in cui inizia l’avventura della compensazione

attraverso il computer e, anche se non esistono regole rigide e generali, qualche indicazione si può

dare. È bene ripeterlo: questo non significa che prima di questa «ora X» l’alunno dislessico non

userà il computer, ma solo che lo farà in modo diverso, assai più simile a quello dei compagni, per

esempio per realizzare dei lavori o per svolgere alcune attività. Saranno attività utili a lui come ai

58

Ibidem.

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64

compagni, e certamente saranno più utili se imparerà a usare bene lo strumento (e pure questo vale

anche per i compagni, ovviamente).

Dopo l’ora X cambierà nettamente il suo modo di utilizzare il computer: comincerà a servirsene

tutti i giorni, anche per fare cose che i compagni svolgono più agevolmente con carta e penna, e

inizierà la sua sfida quotidiana per fare le stesse cose che fanno loro assieme a loro e negli stessi

tempi, e dovrà quindi saper davvero dominare il suo strumento.

La compensazione tecnologica, così intesa, inizia certamente dopo che si è conclusa l’eventuale

abilitazione logopedica. Finché questo trattamento è in corso abbiamo la speranza che il disturbo

possa essere ridotto e che non sia necessario intraprendere il percorso per la compensazione

tecnologica.

In caso di dislessia lieve può non essere necessario o conveniente usare il computer in questo modo:

i vantaggi sono modesti se l’alunno può conseguire anche per altre vie una sufficiente efficacia

nello studio, considerando che l’uso sistematico del computer può anche complicare la vita. La

scelta dipende molto anche dall’atteggiamento dell’alunno e in caso di dubbio si può eventualmente

rinviare la decisione agli anni successivi.

Ma nelle forme severe di dislessia la compensazione con il computer è una scelta praticamente

obbligata ed eventuali difficoltà di percorso (soggetto demotivato, scarsa collaborazione familiare,

nessun supporto tecnologico a casa…) andrebbero considerate più come degli ostacoli da superare

che come degli impedimenti.

In questi casi, un ottimo momento per iniziare il percorso di compensazione (la nostra ora X) è

verso il quarto-quinto anno della scuola primaria. L’abilitazione logopedica in genere è conclusa e

la diagnosi (dislessia o eventuale altro DSA) è ormai ben accertata; cominciano a farsi sentire i

problemi di studio individuale ma con esiti ancora in qualche modo gestibili.

È il momento propizio per iniziare il percorso di autonomia con il computer, anche per essere pronti

per gli impegni, assai maggiori, della scuola media.

Innanzitutto è necessario procurarsi i libri di testo in PDF rivolgendosi al servizio AID:

www.libroaid.it. Certamente all’inizio non si potrà pretendere che l’alunno li usi da solo in modo

autonomo e, tanto meno, che sostituiscano quelli di carta59.

Possiamo concludere che la didattica compensativa va oltre il semplice impiego personale di

strumenti e strategie ma l’attività di insegnamento in un ambiente educativo deve tener conto delle

59

Ibidem.

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65

difficoltà di ciascuno e deve organizzarsi in modo da agevolare i diversi stili di apprendimento degli

alunni.

La compensazione funziona quando è parte di un progetto, ovvero quando vi è una serena

accettazione di una difficoltà con cui convivere, quando la famiglia è attenta e collaborativa e i

servizi presenti e efficienti, l’ambiente scolastico sereno e responsabile.

Il possesso di competenze compensative non si ferma alla sicura padronanza che il ragazzo ha dello

strumento ma si estende fino alle componenti emotivo-motivazionali, ossia agli atteggiamenti che

fanno in modo che lo strumento venga vissuto come una opportunità di riscatto, una risorsa sulla

quale il ragazzo sa di dover investire tempo ed energie per poter raggiungere validi traguardi.

6.2 STRATEGIE DIDATTICHE PER LA PROMOZIONE DELLA COMPRENSIONE

DEL TESTO

Con gli alunni con DSA è necessario scindere gli obiettivi della lettura: leggere per comprendere

e leggere per imparare.

Per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità e le abilità di comprensione, è confermato

dall'esperienza didattica che l'alunno con DSA, con difficoltà di decodifica, tende a utilizzare

poche modalità di lettura; occorre, perciò, insegnargliene altre per poter ampliare le opportunità

che un testo scritto offre. D'altronde tali capacità e abilità, spesso non si sviluppano in modo

spontaneo, cioè leggendo semplicemente, anche in molti alunni normolettori; i risultati delle

prove INVALSI, ad esempio, lo documentano ogni anno, perciò è opportuno prevedere per tutti

attività scolastiche che promuovano l'acquisizione di tecniche e di strategie di lettura. Ma quali

sono le tecniche di lettura che possono essere conosciute e acquisite già nella Scuola primaria?

Secondo Lugarini (2010) "colui che apprende acquisirà un corretto metodo di studio se,

nell'affrontare un testo per scopi curriculari e di studio, applicherà varie modalità di lettura in

relazione allo scopo e alla tipologia del testo".

Le modalità individuate sono le seguenti:

- Lettura orientativa (o skimming)

È una lettura a balzi, veloce, che serve a individuare, a grandi linee, l’argomento e la struttura

di un testo, che ne facilita una successiva lettura approfondita.

- Lettura globale (o estensiva)

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66

È una lettura a grandi tratti, in genere lineare e veloce, che permette una comprensione

immediata del contenuto del testo e una memorizzazione di alcuni elementi essenziali per

il lettore. l’attenzione è rivolta solo al contenuto. L’uso esclusivo di questo tipo di lettura

è sconsigliato con alunni con DSA.

- Lettura per la ricerca di specifiche informazioni (scanning).

È una lettura veloce, con fissazioni maggiori su brevi parti del testo che il lettore suppone

possano contenere l'informazione ricercata.

- Lettura analitica (o approfondita, intensiva).

È una lettura più lenta, con fissazioni e regressioni. È una strategia di lettura che prevede

un'attività cooperativa e ricostruttiva che il lettore compie (non sempre in modo

consapevole) a partire dalle proprie conoscenze generali e testuali; può essere seguita da

forme di rielaborazione esplicita e personale come la sottolineatura o la sintesi.

- Lettura per l'apprendimento.

È la tipica lettura per lo studio e, in un certo senso, è la somma e l'integrazione delle

modalità di lettura sopra descritte: a una prima lettura orientativa devono far seguito una

lettura analitica e una fase, qui fondamentale, di rielaborazione personale.

Allora come insegnare queste modalità? Per rendere l'alunno consapevole delle modalità che

mette in atto quando legge, occorre fargli sperimentare le varie strategie di comprensione della

lettura fino alla loro completa acquisizione, attraverso un apprendi mento cooperativo, impostato

sulla didattica laboratoriale. Il lavoro sull'acquisizione delle strategie di comprensione deve

essere preparato con estrema cura dall'insegnante, a partire dal reperimento dei testi da leggere.

Qualora fosse necessario, si deve prevedere la semplificazione del testo rendendolo più chiaro e

facile da leggere (successione temporale, frasi brevi che rispettino l'ordine Soggetto-Verbo-

Oggetto, assenza di sinonimi, pochi pronomi, utilizzo dei connettivi più comuni). Inoltre, esso

deve essere corredato di immagini, fotografie, disegni, schemi, grafici, parolechiave che l'allievo

imparerà a "leggere" e a porre in relazione con il testo stesso60.

60

Crescenzi F., Rossi S., Aurigemma F., Cammisa C., Dormi D., Lopez L., Penge R., I DSA a scuola, Libriliberi, Firenze 2011.

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67

6.3 IL METODO DI STUDIO E LA DIDATTICA METACOGNITIVA

L’insegnante dovrebbe promuovere un efficace metodo di studio e idonee competenze

metacognitive.

Molte volte i termini "apprendimento" e "studio" vengono utilizzati erroneamente come

sinonimi. L'apprendimento avviene con modalità diverse a seconda che i contenuti da

assimilare siano relativi a comportamenti, abitudini, conoscenze e reazioni emotive. Spesso

l'apprendimento avviene per imitazione e ripetizione e in modo poco consapevole. Studiare è

invece una forma particolare di apprendimento che implica leggere attentamente e in modo

selettivo con lo scopo di comprendere il testo e ricavarne delle informazioni, memorizzandole

per poterle usare quando è necessario. Si riconoscono tre fasi fondamentali nello studio:

• organizzazione e pianificazione in base agli obiettivi;

• lettura ed elaborazione del testo;

• memorizzazione e rievocazione.

Per ognuna di queste fasi verranno implicate diverse abilità cognitive come l'attenzione, la

memoria, la lettura e la comprensione in lettura. Anche con abilità di base uguali, diversi

soggetti potranno utilizzare strategie diverse per affrontare lo stesso compito. Ci sono ragazzi

che adoperano in modo costante strategie verbali, oppure altri quelle immaginative-visive, in

base a un proprio stile cognitivo. In sintesi possiamo considerare lo studio come un sistema

complesso formato da diverse componenti, che interagiscono tra loro:

• cognitiva (cosa so);

• metacognitiva-strategica (cosa so di sapere sull'argomento, su me come studente e sul testo

che ho davanti);

• motivazionale-attributiva (da cosa penso dipenda il risultato che raggiungerò);

• motivazionale (quanto ci tengo a imparare)61.

È importante che soprattutto i ragazzi con DSA sviluppino un adeguato metodo di studio e

idonee competenze metacognitive perché non possono servirsi dei sistemi abitualmente usati

dagli altri studenti (leggere e rileggere un testo tante volte quanto necessario). Occorre

“imparare ad imparare” che richiede:

61

Ivi, cit.

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68

— la consapevolezza delle proprie abilità e conoscenze, che nel caso di un alunno con DSA

significa anche consapevolezza dei propri limiti (si evidenzia «anche»: guai a considerare solo

gli aspetti negativi);

— un modo di pensare in maniera strategica;

— l'abilità nel cooperare, perché quello che non si riesce a fare da soli spesso si può fare

assieme agli altri;

— la gestione efficace delle tecniche e delle risorse di lavoro, in cui ovviamente rientrano a

pieno diritto le tecnologie compensative.

Ogni studente ha bisogno di una modalità di studio autonomamente gestibile e personalizzata,

in relazione alle proprie caratteristiche di apprendimento e alle conoscenze sul funzionamento

cognitivo in generale;

Imparare a imparare per un dislessico significa pertanto, prima di tutto, saper individuare e

sfruttare tutte le strategie che gli consentono di superare il disturbo, ossia, in altre parole, di

saperlo «compensare». Quello che qui va sottolineato è la necessità di integrarle in un quadro

complessivo in cui la compensazione si fonde, di fatto, con il metodo di studio 62.

Indicazioni importanti sulle metodologie per l’insegnamento della lettura, vengono dal Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Nuove tecnologie e disabilità Azione 7. Intervento

per gli alunni con dislessia (a cura di Giacomo Stella):

DA COSA PARTIRE

Partire sempre dalle conoscenze del bambino:

Rispettare le conoscenze che il bambino ha già per assimilarle ad un percorso in cui insegnargli a

passare da un ‘utilizzazione quasi esclusiva di indici extra-linguistici ad un uso prevalente degli

indici linguistici, attraverso un progressivo inserimento di questi ultimi nel processo di

anticipazione.

Se l’insegnante accetta l’attività spontanea del bambino può notare come in tale processo si

mescolino strategie d’anticipazione e di decifrazione. Partendo da ciò l’insegnante è indotta ad

assumere un ruolo diverso a seconda delle strategie mostrate dai singoli alunni.

Se il bambino presenta un utilizzo eccessivo degli indici linguistici, l’insegnante lo solleciterà a

considerare i corrispondenti grafemici (meccanismo della decifrazione).

62

Fogarolo F. e Scapin C., Competenze compensative, Erikson, Trento 2010.

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69

Viceversa nel caso in cui il bambino si attenga esclusivamente alle strategie di decifrazione, senza

riuscire a riconoscere la parola, l’insegnante cercherà di stimolare il processo di anticipazione ad

esempio attraverso il mascheramento di parte della parola unito alla sollecitazione a fare delle

ipotesi considerando altri elementi (ad esempio le immagini).

COME INDAGARE LE STRATEGIE DEL BAMBINO

Per indagare le strategie del bambino è possibile utilizzare oggetti reperibili nell’ambiente (scatole

per alimenti, materiale pubblicitario…). Le domande che vengono rivolte al bambino mirano ad

identificare quali strategie usa per interpretare i segni scritti.

LE DOMANDE CHE VENGONO POSTE AL BAMBINO SONO DI DUE TIPI:

1) Con le domande "dove c’è scritto" l’adulto chiede al bambino di localizzare una parola che è già

stata identificata attraverso altri criteri.

In questo caso ciò che emerge dalla risposta non è specificamente una strategia d’interpretazione,

ma sono piuttosto gli indici che il bambino utilizza per ritrovare nel testo scritto il corrispondente

del significato che è già stato individuato.

Questo tipo di domande che contengono richieste localizzatorie, ci danno un’ informazione

importante, ma ancora parziale, sulla strategia del bambino per l’interpretazione del testo scritto.

Nello stesso bambino è talvolta possibile rintracciare strategie diverse. La contraddittorietà dell’ uso

contemporaneo di strategie di localizzazione basate sul criterio della massima evidenza

(extralinguistici) e su un criterio di corrispondenza fonografica (linguistico) è solo apparente, in

quanto si manifesta di frequente in bambini che stanno passando da una strategia ad un’ altra.

2) Con le domande “ cosa c’è scritto qui” si chiede al bambino di interpretare la parola

specificamente indicata dall’adulto. Il compito richiede la considerazione degli indici grafici e in

particolare verifica:

- Se il bambino è in grado di riconoscere i segni grafici nel loro valore sonoro convenzionale, quindi

di decifrare.

- Se a partire da quelli è in grado di ricostruire un significato congruente con l’immagine o con il

contesto coordinando decifrazione e rappresentazioni mentali.

- Se il bambino, pur non sapendo fare nessuna delle due operazioni sopra descritte, è almeno in

grado di differenziare le parole di fronte a stimoli diversi.

COME FARE CON I BAMBINI IN DIFFICOLTÀ

È necessario aiutare il bambino a spostarsi verso indici linguistici, cioè insegnargli ad utilizzare in

modo proficuo la decifrazione.

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70

Per fare questo si deve innanzi tutto verificare la sua capacità di compiere un’analisi fonologica sia

pure parziale della parola.

È dunque bene proporre attività che permettano una coordinazione tra anticipazione, vincolata

all’interno di un universo limitato di parole conosciute, e decifrazione che permetta di riconoscere

le parole dalle prime lettere.

In tutti gli esercizi proposti è di primaria importanza porre il bambino di fronte a delle scelte in

modo da ridurre il rischio di un’attività puramente procedurale che produce apprendimenti rigidi.

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71

6.4 Supporti dispensativi alle azioni inclusive/integrative della scuola

La scuola ha l’obbligo di provvedere all'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi

di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune

prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere.

Le misure dispensative riguardano la dispensa da alcune prestazioni (lettura ad alta voce, prendere

appunti,ecc.…), i tempi personalizzati di realizzazione delle attività, la valutazione (ad esempio,

non viene valutata la forma ma solo il contenuto)

Hanno lo scopo di evitare che il disturbo possa comportare un generale insuccesso scolastico con

ricadute personali anche gravi. Infatti esse permettono all'allievo di evitare l'esecuzione di

operazioni inificiate dal disturbo e acquisire la competenza richiesta attraverso modalità a lui più

consone.

Le misure dispensative sono necessarie ma occorre chiarire che queste non rappresentano mai una

soluzione ai problemi degli alunni con DSA, ma semplicemente il riconoscimento e l’accettazione,

da parte della scuola, dei loro limiti 63.

Nelle Linee guida leggiamo:

Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente

di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente

difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere

a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo,

non migliora la sua prestazione nella lettura.

D’altra parte, consentire all’alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior

tempo per lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto

comunque disciplinarmente significativo ma ridotto, trova la sua ragion d’essere nel

fatto che il disturbo li impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di

decodifica degli items della prova. A questo riguardo, gli studi disponibili in materia

consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell’allievo, in che

63

Fogarolo F. e Scapin C., cit.

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misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare di

conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In assenza di

indici più precisi, una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo.

L’adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi immotivatamente

facilitati, che non mirano al successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA,

dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle

prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli

obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.

Le misure dispensative sono forme di tutela per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento.

Esse infatti dispensano dallo svolgere alcune prestazioni davanti ai compagni di classe, le cui

difficoltà costringono gli alunni con DSA a esperienze umilianti.

Il loro profilo riguarda quindi essenzialmente gli aspetti emotivi e affettivi dell’alunno, evitandogli

di vivere la scuola come il luogo in cui è costantemente sottoposto a prestazioni che ne mettono in

luce le difficoltà.

Non serve soffermarsi in questa sede sulle problematiche ormai note relative alla scarsa autostima

degli alunni con DSA; può tuttavia essere opportuno rammentare che le misure dispensative

consentono di costruire un clima per gli alunni in questione più sereno e sicuro, nel quale possa

avvenire un apprendimento più efficace.

Inoltre, gli strumenti in questione dispensano l’alunno con DSA da quelle attività didattiche che

implicano prestazioni difficoltose sulle quali poi è espressa una valutazione o che possono essere

utili per lo studio. È il caso, per esempio, della dettatura di testi e degli appunti per lo studio, oppure

della copiatura

dalla lavagna di testi, problemi, consegne, ecc64.

L’obiettivo con cui devono essere utilizzate è quello di eliminare appena possibile quegli elementi

non indispensabili all'apprendimento che costituiscono per i bambini con DSA un aggravio di

sforzo e uno spreco di energie.

La scelta delle dispense da utilizzare varierà a seconda dell'alunno, della classe frequentata, degli

obiettivi curricolari e della modalità didattica utilizzata dall'insegnante. Inoltre, l'adozione di

qualsiasi accorgimento didattico deve essere prima spiegata al bambino (già dal primo anno di

scuola) e con le modalità opportune che valuterà l'insegnante, anche all'intera classe. Se l'adozione

64

G. Simoneschi (a cura), cit.

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di queste misure avviene all'inizio dell'anno scolastico, tutti i bambini saranno più disponibili ad

accettare le differenze di percorso e a comprenderne le ragioni.

L’uso di mappe concettuali e schemi disegnati alla lavagna durante la spiegazione può essere utile,

per tutti.

La quantità di esercizi e il materiale di studio a casa e a scuola non potrà essere lo stesso del resto

della classe, ma deve essere ridotto;

Ricordiamo che i bambini dislessici hanno bisogno di più tempo per l’esecuzione dei compiti e non

devono essere penalizzati per questo;

La dispensa da alcune prestazioni riguardano:

- lettura a voce alta, scrittura veloce sotto dettatura, lettura di consegne, uso del vocabolario, studio

mnemonico delle tabelline;

- dispensa dallo studio delle lingue straniere in forma scritta, a causa delle difficoltà rappresentate

dalla differenza tra scrittura e pronuncia;

- tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio, mediante una adeguata organizzazione degli

spazi ed un flessibile raccordo tra gli insegnanti;

- organizzazione di interrogazioni programmate

- assegnazione di compiti a casa in misura ridotta

- possibilità d'uso di testi ridotti non per contenuto, ma per quantità di pagine.

Peculiarità dei processi cognitivi Interventi di compenso/dispensa

lentezza ed errori nella lettura con

conseguente

difficoltà nella comprensione del testo

- evitare di far leggere a voce alta

- incentivare l’utilizzo di computer con

sintesi vocale, di cassette con testi

registrati, di dizionari digitali,…

- sintetizzare i concetti con l’uso di mappe

concettuali e/o mentali

- favorire l’uso di software specifici dotati

di sintesi vocale in grado di leggere

anche le lingue straniere

- leggere le consegne degli esercizi e/o

fornire, durante le verifiche, prove su

supporto audio e/o digitale

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- ridurre nelle verifiche scritte il numero

degli esercizi senza modificare gli

obiettivi

- evitare le verifiche scritte in tutte le

materie tradizionalmente orali,

consentendo l’uso di mappe o ipertesti

(PPT) durante l’interrogazione

difficoltà nei processi di automatizzazione

della letto-scrittura: impossibilità di eseguire

nello stesso tempo due “procedimenti” come

ascoltare e scrivere, ascoltare e seguire un testo

scritto, …

- evitare di far prendere appunti, ricopiare

testi o espressioni matematiche, ecc.

- fornire appunti su supporto digitale o

cartaceo stampato preferibilmente con

carattere Arial, Comic Sans, Trebuchet

(di dimensione 12-14 pt)

- in caso di necessità di integrazione dei

libri di testo

- consentire l’uso del registratore

- evitare la scrittura sotto dettatura

- evitare la copiatura dalla lavagna

difficoltà nel ricordare le categorizzazioni: i

nomi dei tempi verbali e delle strutture

grammaticali italiane e straniere, dei

complementi

- favorire l’uso di schemi

- privilegiare l’utilizzo corretto delle

forme grammaticali sulle acquisizioni

teoriche delle stesse.

- utilizzare per le verifiche domande a

scelta multipla.

disortografia e/o disgrafia

- favorire l’utilizzo di programmi di

videoscrittura con correttore ortografico

per l’italiano e le lingue straniere

discalculia, difficoltà nel memorizzare:

tabelline, formule, sequenze arbitrarie e

procedure

- consentire l’uso di tavola pitagorica,

calcolatrice, tabelle e formulari, mappe

procedurali, sia nelle verifiche che nelle

interrogazioni

- utilizzare prove a scelta multipla

difficoltà nel recuperare rapidamente nella - incentivare l’utilizzo di mappe, schemi e

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memoria nozioni già acquisite e comprese con

conseguente difficoltà e lentezza nell’

esposizione orale

ipertesti (PPT) durante l’interrogazione,

come previsto anche nel colloquio per

l’esame di Stato, per facilitare il

recupero delle informazioni e migliorare

l’espressione verbale orale

- evitare di richiedere lo studio

mnemonico e nozionistico in genere,

tenere presente che vi è una notevole

difficoltà nel ricordare nomi, termini

tecnici e definizioni (ad es. per le

materie scientifiche, diritto, filosofia,…)

facile stanchezza e tempi di recupero troppo

lunghi

- fissare interrogazioni e compiti

programmati

- evitare la sovrapposizione di compiti e

interrogazioni di più materie

- evitare di richiedere prestazioni nelle

ultime ore

- ridurre le richieste di compiti per casa

- istituire un produttivo rapporto scuola e

famiglia/tutor

- controllare la gestione del diario

Inoltre, come abbiamo evidenziato, è necessario indirizzare l’intervento didattico verso attività

metacognitive, come potenziare i processi “alti” legati all’anticipazione e alle rappresentazioni

mentali e le mnemotecniche visive; indurre abilità di studio personalizzate e preferire una

valutazione formativa che punti più sul contenuto che sulla forma; favorire l’instaurarsi di

meccanismi di autoverifica e di controllo; potenziare l’autostima evitando di sottolineare solo le

difficoltà65.

65

www.dislessiainrete.org

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alunni e degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento”, allegato al decreto ministeriale

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Riviste

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Dislessia, Ed. Erickson, Trento.

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Associazione Italiana per la Ricerca e l'Intervento nella Psicopatologia

dell'Apprendimento, (AIRIPA)- http://www.airipa.it/

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MIUR http://www.istruzione.it/