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Anno formativo 2014/2015 Corso “Tagesmutter” (TM) “Psicopedagogia” Docente: prof. Elio Cocciardi

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Anno formativo 2014/2015

Corso “Tagesmutter” (TM)

“Psicopedagogia”

Docente: prof. Elio Cocciardi

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Introduzione

Questa dispensa nasce dalla necessità di fornire all’allieva Tagesmutter uno strumento di studio/consultazione che permetta di riprendere in mano tematiche toccate in aula e di approfondirle e/o meditarle.

Se la PSICOLOGIA è la “scienza” che studia i fenomeni – visibili e non, a seconda delle teorie di riferimento - della vita affettiva e mentale dell’uomo e della donna (istinti, emozioni, sentimenti, percezioni, memoria, volontà, intelligenza) , nella PSICOLOGIA APPLICATA i dati della Psicologia sono impiegati per la soluzione di problemi pratici: i problemi educativi vengono affrontati dalla PSICOPEDAGOGIA, Trovano posto nella dispensa gli aspetti principali della teoria/teorie della Comunicazione nel senso ampio del termine: essi costituiscono la base per poi affrontare in aula alcuni aspetti critici, nel senso dell’etimologia (dal greco “crisis”= cambiamento) del lavoro di Tagesmutter e di conseguenza attinenti la relazione col bambino (B.): l’accoglienza, l’inserimento, il commiato, la gestione dei conflitti, i comportamenti aggressivi, il pianto, ecc. il testo non si configura come un manuale/ricettario per la soluzione dei problemi, quanto piuttosto come spunto di riflessioni critiche sulla comunicazione, partendo dalle esperienze comunicative che ogni allieva ha nella propria vita quotidiana.

Questa base teorica verrà poi ripresa in aula con l’analisi di “Casi” e/o attraverso Role-playing che permettano all’allieva di sperimentare direttamente situazioni similreali o do osservarle in modo partecipato, vedendo compagne che le agiscono.

Ritengo che la materia “PSICOPEDAGOGIA” debba essere assolutamente interdisciplinare, in quanto i processi comunicativi dei quali essa si occupa ( la Comunicazione Verbale e quella Non-Verbale, ad esempio) sono l’aria stessa della comunicazione: il problema semmai è la consapevolezza continua dei propri ed altrui processi comunicativi, del loro significato, della loro eventuale modificazione. In sé la dispensa si configura con prevalenza di elementi di Psicologia della Comunicazione e accenni di Pedagogia:

I meccanismi di comunicazione d’aula sono gli stessi di quelli “fuori d’aula”: chi parla – il docente – ha in testa, in mente ciò che vuol dire, il percorso dei suoi pensieri, dove vuole arrivare, o almeno lo si spera, a prescindere dalla qualità di ciò che dice – mentre l’allieva insegue/segue ciò che il docente dice: il secondo (l’allieva) fa senza dubbio una fatica maggiore: di questo vi ha da essere consapevolezza da parte di entrambi: l’insegnante può fare errori comunicativi, essere impreciso, si spera raramente; l’allieva ha il dovere formativo di farlo presente. Tutto ciò al fine di migliorare anche – si spera – la Comun icazione fuori aula.

Quanto detto fino ad ora rimanda ad una questione fondamentale: in cosa si differenzia una Relazione , diciamo così “Consueta, Normale” da una Relazione con finalità educative?

Dal punto di vista degli scopi la risposta va da sé; dal punto di vista della teoria di riferimento, quindi, per studiare una Relazione Consueta, Normale oppure una Relazione

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Educativa, la teoria, le teorie sono le medesime : lo studiare l’una è lo studiare l’altra, quindi questo ci facilita lo studio medesimo, dato che, come individui comunichiamo continuamente, quindi in ogni momento della giornata non possiamo esimerci dal comunicare, cioè, come dice il papà della teoria della Comunicazione (cfr. P. Watzlawick et alii, pagg.41-42, (vedi bibliografia) la prima regola della Comunicazione dice che “Non si può non comunicare”.

Questo ci facilita lo studio, in quanto in ogni momento possiamo avere materiali di questo “studio” – ciò che noi diciamo, facciamo, ciò che gli altri dicono, fanno (amici, conoscenti, partner, ecc.) – dipende “solo” dalla nostra voglia e consapevolezza a “sfruttare” questi infiniti materiali. Infine un ringraziamento a Chiara e Verena con le quali vi sono stati utili confronti e suggerimenti che mi hanno aiutato nell’elaborazione di questa dispensa, la cui responsabilità per quanto riguarda mancanze o eventuali errori è ovviamente solo mia.

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INDICE

- Introduzione pag…1.- Indice pag…3

- Indice degli Allegati pag…4

- (1) Il programma d’aula (linee generali) pag…5

- (2) Programma dettagliato del Corso TM pag…6

- (3) Verifiche (scritte, orali, pratiche) pag…8

- (4) Le Fasi della Relazione Educativa (RE) pag…9

- (5) Un Caso (Evelyn) secondo le fasi della RE pag..12

- (6) L’Autoesplorazione e l’Autovalutazione pag..25

. - (7) La Relazione con i genitori (RCG) pag..27

- (8) Alcune caratteristiche della Tagesmutter pag..31

- (9) Le Credenze Irrazionali pag..32

- (10) Desideri, Aspettative, Timori dell’helpee pag..35

- (11) L’Ascolto pag..37

- (12) La RE: alcuni principi di metodo pag..41

- (13) La Comunicazione e la RE pag..44

- (14) La Comunicazione non-verbale (CNV) pag..48

- (15) Gli Stili Comunicativi pag..52

- (16) Le Funzioni della Comunicazione pag..54

- (17) RE e Lavoro d’Equipe pag..58

- (18) Le Competenze Trasversali e la RE pag..61

- (19) Etica e RE, bambino e liquido amniotico pag..62

- (20) Osservazioni e metodo d’aula pag..64

- Bibliografia pag..65

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Indice degli ALLEGATI pag .66

- Le fasi della Relazione Educativa pag. 67

- Principi base per aumentare la capacità d’Ascolto p. 69

- Ascoltare (cinese) p. 70

- Descrizioni Comportamentali e Non-Comportamentali p. 71

- Differenza tra Dato e Deduzione p. 72

- Funzioni della Comunicazione p. 73

- Stili ( Modalità) Comunicativi p. 74

- La Comunicazione Non-Verbale p. 75

- Brainstorming p. 76

- Funzioni del Trainer p. 77

- L’operatrice creativa p. 78

- Le Competenze Trasversali

- Le CT (1): Diagnosticare le proprie competenze e attitudini p. 79

- Le CT (2): Relazionarsi: Comunicare p. 80

- Le CT (3): Relazionarsi: Lavorare in gruppo p. 81

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Il Programma d’Aula (linee generali)

Presentiamo qui una proposta di programma: potrebbe configurarsi allo stato attuale della materia un’ipotesi complessiva, con argomenti che potrebbero essere approfonditi, ma i cui titoli siano quelli sottoelencati, semmai aumentati nel numero, ma non ridotti.

Ovviamente il programma può essere modificato in base al numero di ore d’insegnamento previste nel corso stesso, ritengo però che – senza dubbio – possa essere la traccia d’azione d’aula di partenza, dalla quale non prescindere.

1) Cos’è la RE: brain-storming degli allievi;

2) Le Fasi della RE: - (a) La Raccolta delle Informazioni;- (b) L’Osservazione/l’Ascolto;- (c) La Comprensione/Interpretazione/La Valutazione;- (d) L’Azione/Intervento.

3) Autoesplorazione ed Autocomprensione;

4) Aspetti Cognitivi ed aspetti Emotivi nella RE;

5) La differenza Dato/Deduzione;

6) Descrizioni Comportamentali e Non-Comportamentali;

7) La Pragmatica della Comunicazione : aspetti teorici fondamentali: la Punteggiatura, la Metacomunicazione, Comunicazione di Contenuto e di Relazione, One-up e One-down, Relazioni Complementari e Simmetriche;

8) La Comunicazione Non-Verbale (CNV): i suoi Indicatori;

9) Gli Stili Comunicativi;

10) Le Funzioni della Comunicazione;

11) Le Idee Irrazionali e le Implicazioni Parassite;

12) Analisi di Casi secondo l’ottica della RE (Cfr. punto 2);

13) Analisi di situazioni problematiche;

14) Etica e RE

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(2) PROGRAMMA (dettagliato) del CORSO “TAGESMUTTER” 2006/2007

Materia: “PSICOPEDAGOGIA”

OBIETTIVI CONTENUTI

L’allieva dovrà essere in grado di individuare ed utilizzare – all’interno della pratica professionale – gli aspetti previsti nella teoria: in particolare …

1. …i meccanismi /fondamenti di teoria della comunicazione

2. …i tipi e le modalità di utilizzo dei rinforzi…

3. i fondamenti di un intervento in ottica sistemica

4. riconoscere ed affrontare nel modo corretto i momenti topici dell’

- accoglienza - inserimento - commiato del b.

5. …modalità di intervento differenziate

6. sapere affrontare situazioni problematiche

7. i fondamenti ed i rischi del lavoro di gruppo

8. saper analizzare dei casi componendoli secondo le fasi della RDA

9. saper riconoscere, nelle varie situazioni, i propri ed altrui stili comunicativi…

1. Comunicazioni di contenuto e di relazione; interazioni complementari e simmetriche; posizione one-up e one-down; conferma,negazione, disconferma

2. rinforzatori tangibili, sociali, simbolici…

3. i fondamenti della teoria generale dei sistemi

4. analisi di casi e role-playng

5/6. affrontare utenti aggressivi, introversi…analisi di casi, sia “ a freddo” (analisi cognitiva) sia tramite “role playng”, dal vero, “ a caldo”;- l’analisi funzionale

7. la sindrome della vittoria/sconfitta, il massacro delle idee, la sindrome della prima donna, il gioco delle competenze, la sindrome dell’uomo nero, la sindrome della mosca cieca, l’autoaffermazione,ecc.

8. le fasi della RDA - la raccolta dei dati- l’osservazione/ascolto- la valutazione/interpretazione- l’azione/intervento-

Come punto 5/6

9. gli stili comunicativi- passivo- aggressivo- assertivo

con role-playng

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10. …come pure le funzioni della comunicazione

11. sapere cos’è e quando utilizzare la metacomunicazione

12. ha da conoscere e riconoscere in un contesto comunicativo gli indicatori della comunicazione non verbale

13. deve riconoscere e distinguere risposte neutre da risposte giudicanti

14. deve saper distinguer un dato da una, seppur corretta, interpretazione

15. deve essere in grado di attuare descrizioni comportamentali e di differenziarle da descrizioni non-comportamentali

16. deve essere in grado di riconoscere in se stessa le proprie emozioni come pure negli altri (bambini, colleghe, genitori) e deve essere in grado di esprimerle correttamente, in modo assertivo

17. deve essere in grado di saper fare analisi critiche sul proprio modo di operare

10. le funzioni della comunicazione:- strumentale- controllo- informativa- espressiva- valutativa- contatto sociale- alleviamento dell’ansia- stimolazione- ruolo

11. la metacomunicazione

12. gli indicatori della comunicazione non-verbale:- espressioni del viso- indicatori paralinguistici- contatto visivo- apparenza fisica- ecologia comunicativa- spazio prossemico- tatto- postura

13. esercitazioni con esempi concreti

14. idem

15. idem

16. role-playng

17. deve essere in grado di fare un autoanalisi ed auto valutazione dei propri punti forti e punti deboli

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Verifiche ( scitte, orali, pratiche)

Possono avvenire con una o più delle seguenti modalità:

a) Alla fine del corso ogni allieva analizza un caso scritto in base alle quattro fasi della RE: l’allievo deve decidere quali informazioni è utile avere, per quali motivi e descrivere come fare per ottenerle; deve inoltre dire cosa è utile osservare, in quali ambiti e per quali motivi; deve dare la sua interpretazione, valutazione del caso unicamente in base ai dati in suo possesso ed infine deve fornire una traccia d’intervento;

b) L’allieva dovrà saper indicare e descrivere in modo comportamentale, oralmente e/o per iscritto, situazioni della vita professionale ( tirocinio) e/o le Relazioni d’aula che comportino l’utilizzo della teoria analizzata nell’aula medesima;

c) Vengono inoltre valutate, durante i role playng, le capacità relazionali definite più sotto e successivamente le capacità d’analisi di quanto successo descrivendo al contempo i propri pensieri e vissuti. In altri termini le capacità di autosservazione ed autovalutazione unite alla teoria svolta in aula applicata alla situazione concreta;

d) Dato che “non è possibile non comunicare” – compreso facendo lezione, sia come allieve che come docente – le interazioni che si svolgono in aula possono diventare di volta in volta riferimento di teoria e può venir richiesto alla singola Tagesmutter (TM) di trovare i riferimenti teorici di quanto succede in aula in quell’istante.

e) La classe si divide in gruppi di 5/6 persone. ogni gruppo sceglie un caso – in base alle proprie esperienze professionali o di Tirocinio – e definisce il luogo dove l´azione avviene, le persone coinvolte, i dati principali dell´anamnesi, come e´avvenuta l´azione nella realta´.Quindi simula al resto della classe l´azione stessa. Compito delle compagne di classe e´quello di individuare nel role-playng i dati di teoria studiati in aula.

IMPORTANTE

Per quanto riguarda la valutazione d’aula i punti C e D costituiscono momento privilegiato per quanto riguarda la valutazione.

Questa parte deve essere almeno sufficiente; in caso contrario – pur se la parte scritta dovesse rivelarsi sufficiente - non lo risulterebbe la valutazione complessiva.

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Le Fasi della Relazione Educativa (RE)

Come detto nell’introduzione vi sono degli aspetti di teoria nella RE che hanno da essere presenti al fine di una relazione d’aiuto significativa.

Prendendo libero spunto da quanto sostiene Carkhuff (“L’Arte di aiutare”, Erickson) possiamo dire che la RDA (Relazione d’Aiuto) è caratterizzata da quattro aspetti, che, consapevolmente o meno sono presenti nel nostro agire: per comodità concettuale e procedurale definiamo questi aspetti “FASI” e più precisamente:

A) Fase della Raccolta informazioni (in fase pre-intervento corrisponde ad informazioni cartacee, verbali, documenti vari, ecc.);

B) Fase dell’Osservazione/Ascolto (vi è in linea teorica l’utilizzo dei vari organi di senso);

C) Fase della Valutazione, Interpretazione, Comprensione dei dati empirici: può anche comprendere parti/aspetti non ancora chiari (?);

D) Fase dell’Azione/Intervento .

D’ora in poi potrà succedere che i due termini RDA ed RE possano essere intercambiabili: di fatto i principi della RDA si attuano/implementa no nella RE, che non è altro che un tipo particolare di RDA.

Più sotto verrà esemplificato un caso, in modo da fornire la metodologia d’analisi proposta.

(B) Nelle Relazioni interpersonali lo schema proposto può essere così inteso: ad esempio nel momento in cui ci viene presentata una persona per la prima volta, noi immediatamente e spesso inconsapevolmente ci facciamo relativamente in fretta un’idea – giusta o sbagliata che sia – della persona stessa: quello che noi facciamo, cioè, è un’osservazione, attraverso il canale visivo, di gesti, movimenti, movimenti muscolari, in generale espressioni del viso ed altro ancora ed inoltre ascoltiamo ciò che la persona dice, oltre a come lo dice, cioè il timbro, la velocità, l’alternarsi del volume, il ritmo, ecc.

(A) Si può dire che facciamo una Raccolta informazioni osservando e ascoltando l’altro: in alcune particolari Relazioni subentrano altri canali sensoriali come ad esempio nel rapporto con un neonato subentra il tatto, l’olfatto oppure anche il gusto, quando ad esempio una madre assaggia il cibo del proprio figlio per verificare il sapore o la temperatura. L’uso del tatto si configura come modalità di peso anche nel con-tatto con il bambino.

Nella pratica, spesso inconsapevolmente, noi ci facciamo un’idea dell’altro unendo una serie di informazioni visive, uditive, tattili in cui ognuna di queste modalità sensoriali può

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essere scomposta ulteriormente in micromovimenti o microfrasi in cui ognuna può assumere significati precisi e che a sua volta determinano la/le nostre interpretazioni di quella particolare relazione in quel particolare momento.

A titolo d’esempio può essere interessante prendere uno spezzone di in film in cui vi è un dialogo tra personaggi e togliere ad esempio l’audio: in questo modo si privilegia e si dilata il canale visivo, attraverso il quale, inaspettatamente, cogliamo gesti, movimenti, azioni che prima non avevamo notato e l’azione complessiva assume significati differenti rispetto all’osservazione precedente. Ciò che è cambiato è la/le direzione/i dei nostri sguardi ed in fin dei conti la nostra percezione, di conseguenza è cambiata la nostra interpretazione di ciò che è successo.

Si può dire che occuparsi di RE o comunque occuparsi di migliorare le nostre comunicazioni significa prima di tutto migliorare le nostre capacità d’Osservazione/Ascolto.

(C) I processi d’Interpretazione, Valutazione o Comprensione che dir si voglia sono la mera conseguenza di ciò (approfondiremo in seguito l’argomento): vi è necessariamente da aggiungere che, al fine di una corretta valutazione bisogna tenere in conto la possibilità che le informazioni ottenute e possedute in un determinato momento della Relazione possono rivelarsi insufficienti, incomplete, lacunose, non del tutto accertate o confermate dai dati e per tale motivo non è solo ragionevole ma teoricamente, eticamente ed infine professionalmente obbligatorio mantenere una quantomeno provvisoria sospensione del giudizio, segnata in schema con (?).

(D) I processi sopraccennati determinano la successiva Azione o Intervento che dir si voglia.

Le dimensioni basilari dello sviluppo umano e del processo d’aiuto sono di Rispondere ai Bisogni unite alla Capacità d’Iniziativa: gli obiettivi della RDA, come di ogni Relazione sono: (a) conoscere la direzione dell’intervento; (b) dare sicurezza alla persona; (c) offrire la possibilità di poter acquisire nuovi comportamenti.

Definite le Fasi della RDA o Relazione Educativa all’interno di una Relazione Comunicativa, vedremo ora come esse possano essere utilizzate proficuamente nell’analisi di un Caso; come possano orientarci pragmaticamte nel cercare di affrontare in modo esaustivo un caso o meglio come rapportarci ad un bambino e quindi in sostanza come attuare un’efficace RDA.

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Domande di ripasso

1) Quante e quali sono le FASI della RE?2) Saresti in grado di spiegarle in dettaglio?3) Perché le utilizziamo?4) Quando le utilizziamo?5) Vi sono degli organi di senso coinvolti? Pensa ad un esempio!6) In una RE, le quattro fasi si presentano una sola volta? Spiega la tua risposta!

Esercitazione

1) Pensa ad un esempio della tua vita privata dove puoi utilizzare il Modello delle FASI.

2) Inventa un esempio o prendilo a prestito dalla tua professione oppure dal Tirocinio, in cui è possibile rintracciare il modello delle Fasi, proposto in questo capitolo.

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Un Caso

In questo capitolo prenderemo in esame un caso ipotetico.

Da aggiungere che ciò che ci interessa è puntare l’attenzione sul metodo utilizzato in modo da coglierne l’applicabilità.

Il caso di Evelyn

Lavorate come Tagesmutter in casa vostra.

Attualmente c’è vostro figlio Tommaso che ha 7 anni e che frequenta la 1° elementare; da due mesi vi è stata affidata Lucia di 3 anni, una bambina vivace, intelligente che vuole molta attenzione, come del resto Tommaso: entrambi però giocano anche da soli e tra loro.

Vi viene chiesto di accogliere nel gruppetto Evelyn di 1 anno e tre mesi: bambina abbastanza tranquilla, affettuosa, molto sensibile.

Non vi vengono date attualmente altre informazioni e vi viene chiesto di attuare l’accoglienza e l’inserimento entro pochi giorni, dato che si tratta di un’emergenza.

Avete la possibilità di raccogliere le informazioni mancanti attraverso un colloquio con la madre lo stesso giorno dell’accoglienza.

Attualmente sapete solamente che per Evelyn sarebbe la prima volta che si distacca dai genitori.

Si chiede:

1) Che idea vi siete fatti/e della situazione complessiva unicamente in base ai dati forniti dal testo? (Interpretazione)

2) Quali informazioni vorreste avere, in quali ambiti, perché e come fareste per ottenerle?………… (Raccolta informazioni)

3) Eventualmente cosa vorreste osservare, per quali motivi ed in quali ambiti? (Osservazione)

4) Descrivete il vostro intervento motivando le priorità. (Azione/Intervento)

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ANALISI DEL CASO

Proviamo ad affrontare questo caso, anche se non in modo totalmente esaustivo, ma cercando di individuare perlomeno gli aspetti principali richiesti dalle domande.

1) Interpretazione : Nel testo pare che vi sia una situazione di partenza tutto sommato “tranquilla”, nel senso che non si accenna a tematiche particolari.

E’ da considerare che Tommaso sta fuori casa per buona parte della giornata, frequentando egli la scuola, quindi presumibilmente non sarà in casa al mattino: ciò significa che al mattino vi sarà una situazione meno “movimentata”.

Sappiamo che entrambi i bambini abbisognano di attenzione, quindi possiamo dedurre che una fase che richiede maggiore attenzione sarà quella del rientro di Tommaso.

D’altra parte giocando Tommaso e Lucia anche da soli, è possibile pensare a questa eventualità.

L’inserimento di Evelyn che è più piccola e che presumibilmente utilizza – data l’età – un linguaggio meno articolato, deve portare a considerare che vi sarà meno integrazione con gli altri due bambini che avranno delle capacità linguistiche superiori e che quindi possono – come già si evince dal testo – articolare meglio ed in modo più sofisticato le loro relazioni sia di gioco e non.

2) Nell’area della raccolta informazioni potremmo partire elencando in modo casuale le informazioni che riteniamo sia importante avere, per meglio progettare l’intervento, così come ci vengono alla mente. Questo modo di procedere ha il pregio di non mettere censure alla nostra creatività operativa, in una sorta di brain-storming (si veda in Allegati), ma ha anche il suo limite nella possibilità di trascurare delle aree d’indagine, senza avere la consapevolezza d’averlo fatto.

Una modalità complementare alla precedente è quella di individuare in anticipo una serie di aree d’indagine all’interno delle quali porre le domande o le informazioni che vorremmo avere. Le aree dovrebbero avere la caratteristica di essere comprensive ed esaustive ed il titolo di ogni area dovrebbe rispecchiare questa necessità: i nomi che vi diamo poco sotto vogliono avere questa peculiarità.

Nel caso o nel momento in cui ciò non dovesse accadere è nostro compito individuare altre aree i cui singoli titoli ci siano comodi operativamente.

I titoli delle aree, che altro non sono che sintetici modelli teorici hanno l’unico scopo di orientarci nella prassi, di essere comodi e pratici, come delle scarpe: finche ci sono utili e ci servono le utilizziamo, altrimenti le gettiamo o le mettiamo da parte.

Proviamo ora ad elencare le principali aree ribadendo quanto già detto prima e cioè che anche le definizioni linguistiche vengono utilizzate, finchè esse ci sembrano chiare e utili: se ciò non accade possono essere tralasciate per altre.

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• Area MEDICA :

(a) è importante sapere se Evelyn prende qualche medicina: I tempi di somministrazione, i modi ed i dosaggi;

(b) è inoltre fondamentale sapere se possiamo o meno somministrare tali terapie e se ne siamo in grado: se ad esempio avessimo a che fare con un b. diabetico dovremo saper fare o imparar a fare il test della glicemia, a valutarne i valori ed a dare la “dieta” conseguente;fermo restando di sapere della necessità di una autorizzazione o comunque la conoscenza degli aspetti legali inerenti;

(c) è importante sapere se la b. ha qualche malattia lieve o disturbi di stagione e sapere dalla famiglia come viene curata;

(d) è importante anche conoscere gli aspetti legali riguardanti l’eventuale diffusione di notizie mediche personali e delicate che possono rivestire un interesse per altri bambini e/o adulti (l’Aids ad esempio)

• Area PSICOLOGICA :

In quest’area possiamo includere gli aspetti cognitivi della bambina:

- (a) memoria,- (b) attenzione,- (c) percezione,- (d) linguaggio,- (e) pensiero, - (f) intelligenza

Si possono qui includere anche gli aspetti emotivi che caratterizzano la vita della b. : al di fuori delle emozioni choc, le emozioni fondamentali comprendono:

- (g) La gioia e la tristezza (dolore), la paura e la collera, l’amore ed il disgusto.

Potrebbe essere importante sapere se vi siano delle particolari situazioni, delle quali la madre sia a conoscenza, durante le quali la b. manifesti queste emozioni: se ad esempio la b. morde ed in quali circostanze ciò è successo.

- (a) può essere importante sapere se la b. si ricorda ed in che maniera, precisa o meno, gli avvenimenti a breve (MBT) ed a lungo termine (MLT); senza voler complicare ulteriormente il concetto bisogna però che la Tagesmutter ( TM ) conosca alcuni meccanismi del pensiero infantile: l’animismo, l’artificialismo, le varie fasi dell’egocentrismo, ecc. ciò al fine di valutare in modo appropriato se, quanto riportato dalla b., corrisponda effettivamente ai dati di fatto oppure ad affabulazioni;

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- (b) sapere i tempi d’attenzione del b., la loro variabilità a seconda dei momenti della giornata o/e delle attività o dell’interesse per essi da parte del b. riveste la sua importanza;

- (c) oltre a conoscere o meno l’integrità degli organi sensoriali o eventuali disfunzioni (vista, udito, ecc.) è utile conoscerne la qualità: vi è una sensibilità agli stimoli visivi o a particolari intensità o vi sono modalità di esplorazione visiva particolari: ha difficoltà a guardare in viso; lo stesso vale per i suoni (quali suoni, quale intensità, frequenze); per il tatto ( come e se gli piace essere toccato, in quali parti del corpo, quanto a lungo, in che occasioni); per il gusto (quali cibi preferisce, quali no, in quali momenti della giornata, quali cibi costituiscono un toccasana? ecc.); lo stesso vale per gli odori: quali le sono gradevoli, quali no.

- (d) per quanto concerne il linguaggio ne vogliamo saper l’articolazione: riesce a farsi capire, usa qualche espressione particolare, tipica; in famiglia si connotano certe situazioni o oggetti con particolari nomignoli. Vorremmo sapere la caratterizzazione degli aspetti paralinguistici: volume, tono, eventuali balbuzie, interruzione del parlare, incespichi, in che occasioni, ecc. (si veda nella Comunicazione non-verbale); vogliamo sapere se in assenza o riduzione del linguaggio verbale vi è un utilizzo di quello non-verbale e se quest’ultimo è sufficientemente chiaro.

- (e) i meccanismi del pensiero avvengono, ovviamente, sia in presenza che in assenza del linguaggio verbale.

Il pensiero egocentrico, l’animismo, l’artificialismo, il finalismo, il realismo, ecc. sono tutte modalità del pensiero infantile, che seguono uno sviluppo a tappe e la cui conoscenza è importante per inquadrare il linguaggio infantile e conseguentemente per meglio orientare il nostro agire. A titolo d’esempio, nella fase “egocentrica” è difficile per il b. mettersi nei panni dell’altro. Vi è da dire che vi sono le fasi intermedie, per cui i meccanismi del pensiero devono essere attentamente valutati.

Ancora nella fase “animistica” gli oggetti hanno un’intenzionalità, per cui le nostre parole e racconti rivestono una particolarità eccezionale. I meccanismi del pensiero rivestono un ruolo di tale profondità, importanza ed abbisognano di analisi critica tale che si rimanda tale approfondimento ad altro momento formativo.

Il pensiero egocentrico, l’animismo, l’artificialismo, il finalismo, il realismo , ecc. sono tutte modalità del pensiero infantile, che seguono uno sviluppo a tappe e la cui conoscenza è importante per inquadrare il linguaggio infantile e conseguentemente per meglio orientare il nostro agire. A titolo d’esempio, nella fase “egocentrica” è difficile per il b. mettersi nei panni dell’altro. Vi è da dire che vi sono le fasi intermedie, per cui i meccanismi del pensiero devono essere attentamente valutati.

Ancora nella fase “animistica” gli oggetti hanno un’intenzionalità, per cui le nostre parole e racconti rivestono una particolarità eccezionale. I meccanismi del pensiero rivestono un ruolo di tale profondità, importanza ed abbisognano di analisi critica tale che si rimanda tale approfondimento ad altro momento formativo.

Piaget distingue nello sviluppo del b. quattro periodi fondamentali:

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(1) Stadio 1: Periodo senso-motorio (0-2) – Infanzia - (dalla nascita ai due anni…???i): corrisponde comunemente nel tempo ai limiti comunemente stabiliti per l’Infanzia

(2) Il periodo pre-operatorio (2-7) (dai due ai sette anni…???),

(3) Iil periodo delle operazioni concrete (7-11 anni)

(4) Il periodo delle operazioni formali (dagli 11 anni in poi)

Qui ci interessano solo i primi due: lo stadio 1 ed il 2: ne facciamo solo alcuni accenni anche ai fini di un’analisi critica delle fasi rispetto agli intervalli temporali indicati.

• (1) Nel primo stadio (senso-motorio, 0-2 anni) “il b. acquisisce adattamenti di tipo comportamentale: gli schemi sono senso-motori. Egli organizza le informazioni sensoriali in un comportamento adattivo che non è accompagnato da nessuna rappresentazione cognitiva (???) o concettuale del comportamento o dell’ambiente esterno. (???)

• Il periodo senso-motorio si suddivide a sua volta in sei stadi, che qui no tratteremo, ma che rientrano in parte nelle breve sintesi poco sotto.

Il b. diventa così capace di guardare in direzione di quel che sente; la sua prensione ed il suo modo di camminare sono guidati da indizi uditivi, visivi, tattili. Sono integrati gli schemi che integrano parti diverse del corpo: così per esempio il b. è in grado di tener ferma la mano in modo da poter osservare l’oggetto in essa contenuto e di congiungere le mani in modo che funzionino cooperativamente.

Il b. diventa capace di cercare oggetti scomparsi e di cercarli sulla base di informazioni su dove sono andati a finire.

E’ in grado di prendere un percorso diverso da quello preso dall’oggetto.E’ capace di ritornare al proprio punto di partenza, magari seguendo una via

diversa da quella già scelta.E’ capace di elaborare azioni nuove mai tentate prima; sa variare spontaneamente

e deliberatamente le proprie azioni.

Nonostante ciò il comportamento del b. è molto concreto, e questa concretezza limita seriamente la sua possibilità di progettare anticipatamente una serie di azioni.

Di fatto egli è in grado di fare di più di quello che “sa” come fare. (Alfred Baldwin:”Teorie dello sviluppo infantile”).

• (2) “Stadio 2: periodo pre-operatorio (2-7 anni) : secondo Piaget dopo il periodo senso-motorio, c’è un periodo di parecchi anni durante il quale si sviluppa gradatamente la rappresentazione cognitiva interna che il b. ha del mondo esterno con le sue molteplici leggi e relazioni.

Durante il periodo pre-operatorio, il b. è pochissimo equilibrato dal punto di vista concettuale. Cade in evidenti contraddizioni: può in un certo momento asserire che A è maggiore di B e in un momento successivo dire che B è maggiore di A, senza rendersi minimamente conto del fatto che le due affermazioni sono incompatibili.”

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A onor di cronaca – al fine di dare un contributo critico a quanto poco sopra esposto – citerò un fatto da me osservato. Il primo anno di Università (1977/78) ho condotto per conto della stessa una ricerca in un asilo di Padova, che altro non era che sottoporre i bambini di una sezione dell’asilo a delle domande inerenti l’animismo infantile, cioà alla tendenza del b. di attribuire un’anima, un’intenzionalità agli oggetti dell’ambiente fisico ed ai corpi naturali: ebbene, i dati da me raccolti e registrati su nastro facevano vedere come le tappe dello sviluppo coincidevano con quelle descritte da Piaget rispetto alla sequenza temporale, però si erano abbassate in media di un anno: da considerare che il lavoro di Piaget era stato pubblicato la prima volta nel 1926: in altri termini in circa cinquant’anni (50) un anno di meno corrisponde circa ad una diminuzione di un terzo: oggi sono quasi passati trent’anni (29) dalla mia ricerca del 1977.

Un altro aspetto che mi preme sottolineare e sottoporre ad analisi critica è il fatto di come Piaget parli di stadio senso-motorio, dove secondo lui vi è assenza di rappresentazioni cognitive o concettuali: è difficile credere nella totale assenza di esse. Il tutto sembra un po’ contraddittorio.

Ciò che ci interessa è la conseguenza pratica di ciò: a chi è meno in grado di rappresentarsi il mondo circostante o addirittura non ne è capace possiamo evitare di relazionarci e rapportarci utilizzando parole e comportamenti di tipo razionale: “se non comprende, se non ha rappresentazioni cognitive o ancora se queste sono presenti solo a partire dai due anni posso permettermi delle libertà che altrimenti non mi prenderei o prestare meno attenzione a ciò che faccio,..tanto non capisce”.La pedagogia e non solo essa ha dovuto fare spesso marcia indietro su affermazioni, convinzioni e pratiche operative: una per tutte, l’affermazione che la percezione visiva di dettagli da parte del b. avveniva unicamente a partire da una certa età, mentre poi si è visto che il b. percepisce il volto umano ed i suoi dettagli molto in fretta.

Quindi le differenti modalità attraverso le quali il b. interpreta e si relaziona con il mondo circostante rivestono un ruolo importante nella raccolta informazioni: capire queste modalità significa potersi relazionare meglio con esso.

- (g) Le emozioni fondamentali: la gioia e la tristezza (dolore), la paura e la collera, l’amore ed il disgusto. Le emozioni naturali per Elisabeth Kùbler Ross sono la paura, la rabbia, l’amore, la gelosia ed il senso di colpa.

il sapere quali sono gli avvenimenti che le causano, l’intensità di questi avvenimenti o la durata (un suono ad esempio oppure una musica, un rumore,ecc.) ci aiuta a meglio programmare l’intervento o l’attività della giornata, il sapere inoltre come farvi fronte – chiedendo “in primis” ai genitori – ci aiuterà a migliorare la relazione col b.

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• Area delle RELAZIONI FAMILIARI (Area della famiglia)

In quest’area ci si occupa di ottenere e inserire quelle informazioni che ci possono essere utili, in quanto la conoscenza delle modalità relazionali familiari ci può far evitare di fare degli errori o invece ci può consigliare di agire in una maniera piuttosto che in un’altra.

Ad esempio può essere utile conoscere come si comportano il padre e/o la madre quando la b. piange: quali sono le modalità verbali ( viene alzata la voce, viene sgridata piuttosto che cullata fisicamente o con tono di voce calmo e rilassato); oppure i modi di relazionarsi con Evelyn sono differenti tra i due coniugi: e se sì, in tutte le occasioni oppure solo in alcune in particolare; lo Stile Comunicativo prevalente in famiglia è quello aggressivo piuttosto che assertivo? Il clima tra i due coniugi è rilassato oppure carico di tensione?

All’interno della famiglia vi sono altre figure presenti: altri figli, con quale età, nonni: e come sono le relazioni tra loro, tra loro ed i coniugi, tra loro ed Evelyn, ecc.

Alcune informazioni toccano l’area della riservatezza e comunque è possibile “sondarle” se la TM è in grado – intanto di osservare la relazione madre-bambina quando quest’ultima viene accompagnata dalla TM – ed inoltre avendo un interesse personal-professionale vs. la b.: le domande inerenti la famiglia, in questo caso, saranno riferite ad un contesto, collegate alla conversazione del momento e non appariranno quindi intrusive, mettendo quindi sulla difensiva la madre o qualunque sia il genitore: lo scopo delle domande o informazioni si rifà unicamente ad un interesse vs. la b. e non ha da avere minimamente una connotazione da gossip!!!Se vi è chiusura da parte del genitore è opportuno far presente l’interesse professionale della richiesta, ma se dovesse persistere la chiusura è opportuno – almeno momentaneamente – sospendere l’indagine e quantomeno riferire il tutto alla propria responsabile, per ulteriori valutazioni.

Quest’area riveste una particolare importanza, perché all’interno della famiglia di provenienza del B., il medesimo può vivere delle situazioni di stress: malattia di un fratello, tensioni tra i coniugi che possono assumere grande intensità: riuscire, quindi, ad avere un rapporto franco e sereno con la madre o comunque con la persona di maggiore riferimento è fondamentale ad una trasparente e generativa relazione tra TM, B. e madre medesima.

• Area delle RELAZIONI PARENTALI

In quest’ambito può essere importante conoscere se vi sono dei parenti – nonni, zie, ecc. - che gravitano nell’area famigliare, con quale frequenza, con quali compiti (portare la B. a passeggio, fare da baby sitter a casa della B. piuttosto che a casa propria), se vi sono altri bambini, cugini o altro con i quali viene a contatto, che età anno e come sono le loro relazioni.

Quali sono le modalità relazionali che Evelyn attua con le varie figure.

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Può essere importante sapere se le funzioni svolte lo sono solo per “dovere parentale” o effettivamente sono improntate ad una sincero desiderio, ben al di là della necessità di rispettare le convenzioni sociali che sono attribuite al ruolo ( il bravo nonnino, la brava nonna che accudiscono con amore ed affetto il “simpatico” nipotino!!!!)

• Area delle RELAZIONI SOCIALI (Area sociale)

In quest’area può costituire motivo d’interesse sapere se la B. ha contatti sociali con altri bambini e/o adulti. Se questi contatti avvengono all’interno della propria abitazione oppure in casa d’altri o ancora in altri luoghi ancora: al chiuso piuttosto che all’aperto (giardino, cortile, parco giochi).

E’ lei che prende l’iniziativa o sono gli altri? Si rapporta preferibilmente con maschi piuttosto che con femmine?

Come sono i comportamenti di Evelyn: è timida? Socievole? Alterna le due fasi? Qual ‘è la loro durata? in base a cosa varia: all’ambiente dove si trova o alle caratteristiche delle persone?

Vi sono altre figure che gravitano nell’area familiare: vicini, conoscenti, amici: come sono le Relazioni con essi?

Viene lasciata – talvolta o spesso – da loro: in che occasioni, come si comporta durante la permanenza con loro?... e dopo? manifesta variazioni comportamentali e/o d’umore, esprime impressioni, stati d’animo, pensieri? Questi ultimi hanno la caratteristica di essere descrittivi (vedasi in Allegat “Descrizioni comportamentali e non”i) oppure sono generici?

• Area AMBIENTE

In quest’area teniamo in considerazione gli aspetti che possono costituire risorsa oppure vincolo al ns. lavoro.

La si può ulteriormente suddividere in ambiente interno (AI) ed esterno (AE): (a) nel primo è opportuno sapere se vi sono all’interno dell’ambiente domestico oggetti che possano ostacolare la deambulazione come tappeti, scalini tra una stanza e l’altra.

Esiste in cucina un posto dove possono stare/giocare i bambini, mentre la TM cucina? In modo che possa controllare ciò che succede? Piuttosto che doverli lasciare in un’altra stanza?

Nel secondo (AE) può essere importante se (b) l’abitazione è in periferia piuttosto che in centro: se vi sono dei giardini o parchi dove poter giocare o stare senza pericoli di traffico; (c) se sono posti sicuri dal punto di vista degli adulti che li frequentano? (d)

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come sono i bambini: socievoli, aggressivi, cooperativi, competitivi, fanno giochi di movimento o meno: questi giochi sono talvolta pericolosi?

• Area delle ABITUDINI

Vi sono delle circostanze dove Evelyn si sente rassicurata se si adottano particolari accorgimenti o dove le condizioni dell’ambiente circostante devono essere strutturate in maniera specifica?

Ad esempio per il riposino pomeridiano preferisce delle luci soffuse piuttosto che un ambiente ben illuminato, ed ancora: la luce è preferibile che sia naturale piuttosto che artificiale; ed ancora: c’è qualche oggetto (ninnolo, peluche,ecc.) senza il quale il riposino non avviene o comunque in sua mancanza può esservi agitazione? Dorme al mattino piuttosto che al pomeriggio?

Preferisce il divano rispetto al letto? Dorme in braccio piuttosto che nel lettone?; è necessaria la presenza dell’adulto, almeno nelle prime fasi; per quanto tempo? Quali sono le modalità del risveglio?: vi è un cambio dell’umore: preferisce stare un po’ da sola nel lettino piuttosto che essere subito presa in braccio; ed ancora, dopo il risveglio, le dà fastidio la presenza degli altri bambini?

Quali sonno le abitudini riferite al Pasto: e quelle inerenti il cambio del pannolino: qual è il luogo dove avviene, qual è la temperatura del locale, cosa gli piace, cosa gli da fastidio e così via.

Se la famiglia appartiene ad esempio ad una diversa cultura, vi sono per caso abitudini differenti riguardo ai cibi, alle Feste da consacrare o meno? Ad esempio nei Testimoni di Geova non si usa festeggiare il Natale e le feste di compleanno e così via.

• Area degli INTERESSI/degli EVITAMENTI

Cosa le piace, da quali interessi è stimolata? Da quali giochi, da quali oggetti, da quali materiali, se guarda la televisione: quali programmi, per quanto tempo; quali situazioni preferisce? Con quali persone preferisce stare, con quali no? Le piace uscire: ha dei posti preferiti? Quali oggetti/persone vi sono?

Anche questa è un’area che può contribuire a meglio strutturare l’intervento.

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• Area dell’AUTONOMIA

Quest’ area potrebbe rientrare nell’area medica, ma ci è più utile separarla da essa, in quanto in quest’area - che in parte ne sostituisce in qualche aspetto altre già enumerate – si possono inserire:

- (a) la capacità di alimentarsi, scomposta nell’uso di quali posate, con quale velocità, precisione;

- (b) la capacità di lavarsi, suddivisa in quali parti del corpo, come, in quanto tempo;

- (c) la capacità di vestirsi, scomposta in tempi, precisione, quali indumenti, quali parti del corpo;

- (d) la capacità di camminare: come, per quanto tempo, ;

- (e) la capacità di comunicare: il grado di precisione/accuratezza/chiarezza, i tempi.

Come si può vedere, il conoscere queste informazioni e forse altre ancora può contribuire ad avere un quadro a tutto tondo dell’utente e ci può facilitare nell’intervento: le modalità di raccolta dipenderanno e varieranno da caso a caso: sarebbe preferibile avere già in fase pre-intervento un quadro complessivo e, comunque, la precedente suddivisione per aree e relative domande/risposte è da tener presente durante l’intervento medesimo, per completare in itinere, se necessario, i dati mancanti.

3) Molto succintamente e senza ripeterci – dato che abbiamo sviluppato abbastanza ampiamente il punto (2), in questa parte è opportuno osservare in dettaglio, in sequenza ed “in vivo” quanto richiesto nella raccolta informazioni: cioè negli ambiti dove è possibile.

In concreto l’osservazione ci permette di confermare o meno i dati raccolti precedentemente, di raccogliere le informazioni di prima mano nel caso non ve ne fossero e comunque di unire idee e realtà. In genere un’accurata osservazione ha un grado di precisione nell’analisi dei dettagli che una descrizione scritta non ha.

(4) Come traccia di intervento, possiamo dire, che abbiamo da considerare le diverse caratteristiche dei tre bambini.

Dalle informazioni iniziali sappiamo che il figlio della TM, Tommaso, è presente al pomeriggio (non sappiamo però quante volte) e che gioca anche con Lucia. Possiamo quindi pensare di strutturare delle attività pomeridiane che coinvolgano entrambi, valutando quali esse possono essere, data la differenza d’età tra i due b.

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Inoltre sappiamo che entrambi abbisognano di attenzione. Quindi è presumibile che l’occhio della TM dovrà essere vigile, equilibrando il suo interesse verso i due b.

Evelyn ha una differenza d’età tale per cui le attività dovranno per forza essere differenziate e ci sarà bisogno anche di uno spazio fisico suo, sia per i giochi che per un eventuale riposino.

E’ ovvio che se nella descrizione del caso fossero state indicate informazioni di maggior dettaglio, sia in Area medica che psicologica come nelle altre aree, l’intervento e le relative priorità sarebbero state più evidenti ed immediate.

“La strutturazione delle attività, oltre alla “consueta accoglienza” con un’eventuale piccola colazione, l’organizzazione delle attività negli appositi spazi può ovviamente prevedere attività strutturate e giochi. Il tutto con lo scopo di trasmettere sicurezza e piacevolezza.Quindi l’ambiente fisico condiziona il modo nel quale ci muoviamo ed anche la possibilità di creare relazioni positive al suo interno: dovrebbe esserci uno spazio che contenga e rassicuri.Ovviamente importanti sono i momenti relativi alla cura ed all’assistenza di base del b.: pranzo, cambio, pulizia personale, sonno.Nutrire, toccare, cullare presuppongono la creazione di un rapporto “a due” di grande intimità col b., di una relazione fondamentale per il suo benessere emotivo: sappiamo che difficoltà nell’alimentazione, nel sonno, nel controllo degli sfinteri possono essere segnali di squilibrio nella relazione tra il b. ed il suo ambiente, tra il b. e l’adulto educatore.” (tratto liberamente da “Progetto pedagogico educativo, Asili nido, ASSB, AE 2006/2007, versione non definitiva).

L’analisi di dettaglio dell’intervento termina qui, anche se dal punto di vista cognitivo può essere sviluppata ed ampliata, ma ciò è compito di altre discipline quali la “Creatività nella quotidianità”, “Il valore educativo del gioco”, “Pedagogia”.

In aula ci occuperemo, attraverso la modalità del role-playng di “sperimentare” alcune situazioni di questo tipo.

Abbiamo voluto prendere in esame questo caso in modo da mostrarne i Temi/Aree ricorrenti, in modo da suggerirne una struttura metodologica – aperta alle modifiche – una sequenzialità, in altre parole per fornire le rotelline laterali alla bicicletta, in modo da permettere in seguito al bambino (allievo) nel suo processo formativo di crescita di utilizzarle – le rotelline – e pian piano di utizzare il mezzo – la bici – in modo personale, individualizzato, adattando la velocità, il percorso, le direzioni, i tempi alle esigenze e necessità che dovessero presentarsi (i pazienti).

Una nota da aggiungere è la seguente: il caso sopra analizzato è un caso scritto, analizzato ”a freddo”, con una fase pre-intervento di (a) raccolta informazioni, una fase di (b) osservazione/ascolto, una fase (c) interpretativa ed infine la fase (d) dell’intervento.

Nella realtà quotidiana in cui la RE si attua col b. “a caldo”, le varie fasi sono ugualmente proponibili come modello entro il quale muoversi: hanno una finalità pragmatica.

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E’ come avere una bussola, la cui finalità è quella di orientare momento per momento, è cioè quella di fornire la rotta attimo per attimo: perché ci possa essere utile ci vuole però un requisito minimo fondamentale: dobbiamo guardarla; in altri termini un’efficace RE perché sia tale richiede che il marinaio di turno, l’operatore di turno focalizzi la sua attenzione interna sugli aspetti sopradescritti, veda il modello di riferimento fornitogli e lo confronti con la realtà di quel momento/istante e dall’osservazione di quella realtà passi al modello interno.

In questo modo andiamo a toccare un altro aspetto/obiettivo fondamentale della RDA e cioè quello che riguarda l’AUTOESPLORAZIONE, che sarà il tema del prossimo capitolo.

Domande di ripasso.

1) Quali sono le “aree” che è opportuno considerare nella raccolta informazioni?

2) Se ne possono aggiungere altre? Quali?

3) Saresti in grado di spiegare quali sono gli elementi, gli aspetti principali da considerare in ogni area?

4) L’Osservazione/Ascolto in cosa eventualmente si differenzia dalla “ Raccolta Informazioni”?

Esercitazione

CASO

1) Leggi i seguenti Casi e sviluppali secondo il modello proposto in questo capitolo. (E’ ovviamente possibile integrare il modello proposto).

(A) State svolgendo il vostro lavoro di Tagesmutter da 10 giorni, con due bambini

entrambi di due anni: Carlo e Laura; sono bambini tranquilli che non danno alcun problema, ne´di comportamento, ne´di alimentazione; giocano volentieri tra loro ed il clima in casa e`sereno e gioioso.

Improvvisamente vi assegnano un bambino di tre anni, Giuseppe che vi viene portato a mattino inoltrato.Di lui sapete solo l´eta` , che ha i genitori separati: la madre che e´entrata in casa vostra per cinque minuti, prima di andare a svolgere un lavoro part-time di pulizie vi ha riferito che

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Giuseppe e´intelligente , un po' vivace, interessato alle cose che gli succedono intorno, anche se un po´irrequieto quando e´ lasciato solo, mangia di tutto, gli piacciono i cartoni animati e preferisce i giochi creativi a quelli strutturati.- La madre va via. Giuseppe per alcuni minuti rimane imbronciato e silenzioso e quando voi gli rivolgete delle domande, G. rimane silenzioso, ma con gli occhi lucidi me la testa bassa; alla vostra ennesima domanda G. esplode: vi da´un calcio sulla gamba e vi urla" Lasciami in pace, tu !!!"

Si richiede:

1) Alla luce di quanto esposto, di analizzare il caso secondo le quattro fasi della r.d.a.

2) In quale delle quattro fasi e´opportuno intervenire e come lo fareste: descrivetene i dettagli

3) Come si potrebbe integrare Giuseppe, in questa sua prima giornata con voi, con i compagni Carlo e Laura

4) Come organizzereste la giornata fino alle ore 16.30, tenendo in considerazione tutti e tre i bambini

5) Quali sono gli aspetti di Giuseppe che, secondo voi sarebbe importante conoscere, per meglio rapportarsi con lui

(B) Una situazione “problematica”:

Mario ha un anno e otto mesi e i suoi genitori vogliono inserirlo dalla Tagesmutter perché la mamma ha avuto da poco un altro bimbo e ha bisogno di riposarsi, inoltre i genitori desiderano che Mario abbia l’opportunità di frequentare dei coetanei.

Viene scelta una Tagesmutter che abita poco distante dalla casa di Mario e che da circa sei mesi si occupa di due bambini di due anni, Anna e Giovanni che sono ormai ben ambientati e trascorrono dalla Tagesmutter la mattinata dalle 8 alle 13. Mario, a inserimento completato, arriverà alle 8 e andrà a casa alle 12.30 subito dopo il pranzo.Fin dal primo giorno di inserimento Mario piange disperatamente se la mamma si allontana. Per tre giorni la mamma si ferma dalla Tagesmutter insieme a Mario e poi comincia a lasciarlo con la Tagesmutter e gli altri bimbi per circa 2 ore al giorno.Mario non vuole mai lasciare la mamma quando lo accompagna, si aggrappa a lei per non farla andare via e durante il periodo di inserimento piange quasi sempre chiedendo di stare in braccio e senza partecipare ad alcuna attività.Raramente si calma e riprende subito a piangere non appena sente lo squillo del telefono o il campanello della porta, ecc.Dopo 10 giorni la situazione non è cambiata e anche gli altri bambini cominciano a mostrarsi agitati quando sentono Mario che si dispera. Cosa fare?

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L’Autoesplorazione e l’Autovalutazione.

L’autoesplorazione, tema con il quale abbiamo terminato il precedente capitolo ha a che fare con quello che è il tema più generale dell’ascolto, di cui ci occuperemo più avanti: in questo caso l’Autoascolto.

Anche se il termine “Relazione d’aiuto” rimanda dal punto di vista linguistico ad un qualcosa di esterno, ad un’azione rivolta unidirezionalmente verso qualcun altro, se così fosse sarebbe assolutamente fuorviante.

Perché vi sia effettiva relazione d’aiuto è importante che l’Operatore/trice abbia la consapevolezza che in ogni istante vi sono sempre due soggetti presenti, che si muovono in un contesto, anche se apparentemente immobili; questi due soggetti sono l’operatore o helpher, per dirla con Carkhuff e l’helpee, il paziente o l’altra persona, bambino che dir si voglia: la relazione è costituita in ogni istante tra ciò che l’helpee comunica con parole, gesti, silenzi ed i pensieri, emozioni, sensazioni che l’helpher ne riceve.

E’ quindi assolutamente fondamentale, è la “conditio sine qua non” che l’operatore abbia la consapevolezza, punto per punto, attimo per attimo dei PROPRI PENSIERI ed EMOZIONI, fossero pure i più negativi possibili, autosvalutativi o allosvalutativi.

Non perché ciò sia giusto ed auspicabile, ma perché solo in questa maniera, avendone consapevolezza è possibile farvi fronte, lavorarci ed eventualmente ed auspicabilmente migliorare questi aspetti.

Dicevamo prima che l’Autoesplorazione ha a che fare con l’Ascolto: sappiamo infatti che vi è la velocità d’espressione che può raggiungere le 100/150 parole al minuto e la velocità del pensiero che può arrivare alle 400/500 parole al minuto (vedi in Allegati: “L’ascolto”)).

Ciò ci dà l’idea dell’importanza del porre l’attenzione (Autoesplorazione) anche e “quasi contemporaneamente” sui propri processi interni, per riflettere sul contenuto e per cercare il significato (Autovalutazione) che la relazione con l’Altro ha su di noi, attimo per attimo: da ciò dipende la qualità della relazione medesima.

Come si diceva all’inizio del capitolo, l’Autosservazione ha a che vedere con l’attenzione rivolta al proprio Sé interno, è rivolta ad un Ascolto interno: è proprio di questo tema che ci occuperemo nel prossimo capitolo.

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Domande di ripasso

1) Di cosa è importante che la TM abbia consapevolezza nelle relazioni interpersonali?

2) Quale può essere la velocità d’espressione?

3) …e la velocità del pensiero?

Esercitazione

1) Descrivi un dialogo (anche di poche battute) che ti è capitato di avere o alternativamente descrivi uno scambio comunicativo che puoi decidere di fare per scopi didattici con un tuo amico, conoscente o altri e stai attento/a ai tuoi pensieri e stati d’animo durante il dialogo medesimo.

2) Successivamente fai un’analisi di ciò che è successo.

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La Relazione con i genitori (RCG)

Essere cuoco consiste anche nel conoscere le ricetteCiò che fa di un cuoco un buon cuoco Non è di seguire in modo pedissequo le proprie o altrui ricette Ma di interpretarle in modo personaleIntegrandole ed arricchendole con gli spunti del quotidianoCercando sempre l’armonia tra gli elementi.

La Relazione con l’Altro non segue quasi mai canoni lineari e prevedibili; vi sono sempre elementi non previsti, anche se poi noi quando parliamo diciamo che quella è una persona irritabile, quell’altra è intelligente, quell’altra ancora è introversa e così via: nessuno è sempre irritabile o compie sempre e solo atti intelligenti o ancora non esprime mai i propri pensieri.

In realtà nel nostro linguaggio usiamo quasi sempre delle semplificazioni della realtà: la mappa non è il territorio che rappresenta: in fondo la mappa è un pezzo di carta con dei disegni e delle linee.

Venendo a noi, ci occuperemo ora dei genitori.

Quando stabiliamo una relazione con qualcuno, man mano che procediamo nello scambio comunicativo ci facciamo un’idea – giusta o sbagliata che sia – dell’Altro (vedi cap. sulle “Fasi della RE”): in altre parole lo inseriamo in categorie (mappe) che ci permettano di muoverci nella relazione (territorio).

• Ad esempio il pensiero “oggi la mamma di Karin ha fretta” porta la relazione nel tenere in considerazione il fatto di aver poco tempo e quindi di ridurre al minimo le comunicazioni, riducendole all’essenziale ed alle cose più urgenti.

• Il sapere che quella madre è una persona che quando la vediamo, spesso ci chiede “ma cosa usate per pulire i pavimenti’” o “come disinfettate?” o “come cucinate”…ci mette in un atteggiamento di attenzione ed all’erta, piuttosto che in uno rilassato.

La presente dispensa non si propone come ricettario per affrontare la tematica genitoriale: in effetti vi sono tanti tipi di genitori quanto i genitori stessi.

Ci proponiamo qui di individuare piuttosto alcune caratteristiche che i genitori possono avere: queste caratteristiche possono combinarsi assieme nello stesso genitore in percentuali diverse (%%% ???) e vogliono costituire solo uno spunto per una riflessione minimamente critica.

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Come relazionarsi con essi potremo vederlo e/o sperimentarlo in aula nei Role-playing, dove il coinvolgimento emotivo e lo sforzo della relazione possono costituire una buona benzina ed un buon feed-back per la persona in formazione.

Alcuni tipi di genitori

• I genitori ansiosi

• I genitori gelosi

• I genitori che criticano tutto

• I genitori che interrogano su tutto

• I genitori che si affidano totalmente

• I genitori sfuggenti, che non hanno tempo

• I genitori che negano/nascondono/contraddicono dei fatti

Le categorie sopraccennate cercano di dare uno spaccato delle diverse possibilità tipologiche che possono presentarsi all’Assistente.

Come si diceva precedentemente le caratteristiche possono intrecciarsi tra loro.

• Nei dei genitori possono essere presenti forme di gelosia nei confronti dell’Assistente e di l’ansia rispetto al distacco dal figlio, in quanto non vi è la possibilità di controllare la situazione.

Il primo distacco dal figlio è carico di timori che caratterizzano il fatto di affidare il proprio figlio ad altri sconosciuti/e.Inoltre tra madre e figlio si crea una relazione, un legame, anche una qualche forma di dipendenza reciproca con forme di “crisi d’astinenza psichiche”: la mamma che piange al distacco dal figlio o ancora il b. che piange e la mamma che piangono contemporaneamente sono l’esempio di questa dipendenza/attaccamento.

- Già le parole “Affidare”: “dare, consegnare alla custodia di qualcuno di cui si abbia fiducia” (Dizion.della lingua ital.- De Mauro)

“ Affidarsi ”: abbandonarsi alla protezione di qualcuno (idem)

“ Affidabile ” è “colui/colei che dà garanzie” …(idem)

danno l’idea di cosa può significare per un genitore dare – anche per un breve periodo – il proprio figlio/a a qualcun Altro: l’Altro, in questo caso nel senso di Altro da sé, Diverso, con tutti i significati che questi termini hanno sempre avuto ed a maggior ragione oggi.

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Nell’ansia vi è il timore per qualcosa che non si controlla, può essere uno stato generale di disagio, anche forte.

Se a questa aggiungiamo la gelosia che consiste nel timore morboso di perdere l’oggetto amato, capiamo quale può essere lo stato d’animo di un simile genitore e di come per “rassicurarlo” siano necessarie conoscenze e competenze che non sono solo libresche, ma stanno nell’area delle competenze personal/professionali (vedi allegati sulle “Competenze trasversali”).

• Per quanto riguarda i genitori che “criticano” ed “interrogano su tutto” ( ha dormito? ha mangiato? cosa ha fato oggi? come pulite? come cucinate? come viene disinfettato? ecc.): va da sé che non si sentiranno soddisfatti solo da risposte di “Contenuto” ( vedasi capitolo su “La comunicazione e la RCG”) pertinenti, ma avranno bisogno – come nel caso precedente, del resto (i gelosi ed ansiosi) – di essere rassicurati emotivamente e dove un atteggiamento di tipo simmetrico porta al rischio di “Escalation” (idem). E’ necessario un centraggio personale e sapersi decentrare nella comunicazione (cfr. “Le Competenze trasversali”.

• Anche “i genitori che si affidano totalmente” possono costituire un aspetto a doppio taglio: da un lato è come se comunicassero “mi fido di te, va bene tutto quello che fai”.Dall’altro comunicano una deresponsabilizzazione educativa che può ripercuotersi sul bambino col rischio pure di produrre un effetto boomerang nel caso dovessero sorgere delle problematiche.

• Infine abbiamo i “Genitori sfuggenti, coloro che non hanno tempo…” : non si riesce a parlare con loro. Ovviamente è difficile stabilire una relazione generativa.

• I genitori che nascondono, negano o contraddicono dei fatti : alla domanda “Tutto bene?” – che tra l’altro non è corretta, perché come dice Leonardo Pieraccioni nel film “I laureati”, “…le giornate in cui va tutto bene, nella vita, sono quattro/cinque” – possono rispondere in modo affermativo “tutto bene”, quando invece, ad esempio, il b. non ha dormito oppure ha vomitato oppure si riscontra una contraddizione tra quanto la madre afferma di mattino rispetto di pomeriggio: vi è magari il timore che il b. non sia preso in struttura. Potrebbero anche esserci delle dinamiche familiari “pesanti”, con maltrattamenti sul b. che però vengono taciuti per ovvi motivi di implicazioni giudiziarie.

Probabilmente vi potrebbero essere altre categorie che potrebbero permetterci di conoscere ed approfondire ciò che caratterizza le preoccupazioni dei genitori, le loro leggerezze, le loro qualità, i loro dubbi: in altre parole ciò che ci potrebbe permettere di entrare meglio in Relazione con loro e quindi con i loro figli.Un’Assistente all’Infanzia mi diceva poco tempo fa che nell’Inserimento sono accolti ed inseriti anche i genitori. Come dire che i genitori, anche se assenti, sono presenti.

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Alcuni aspetti della Relazione con i genitori (RCG)

Regole, colloqui, genitori con figli con handicap

• Diciamo che in tutte le attività è fondamentale stabilire delle regole, perché tutte le attività hanno delle regole: scritte e non scritte: infrangerle – come nei tabù – produce controrelazioni negative.Non stiamo dicendo che tutto debba essere codificato, ma in tutte le relazioni si

stabiliscono i contorni all’interno dei quali si gioca: cambiare contorni può comportare grossi conflitti (vedasi M. Sclavi.”Arte di ascoltare e mondi possibili”, in bibliografia).

E’ importante essere consapevoli di ciò: quando si va a fare la spesa la regola è che chi compera, paga / se fa freddo devo vestirmi più pesante / se voglio avere dei soldi per le vacanze devo risparmiare / ecc.

Nelle relazioni sociali si possono infrangere le regole: ad esempio fare rumore in chiesa / non rispettare la fila al supermercato / tradire il partner: tutto ciò comporta però la riprovazione sociale e meccanismi di esclusione sociale: vi è da dire ad onor del vero che le regole sociali funzionano come gli elastici o come la lunghezza delle gonne delle donne. Varia a seconda dei periodi storici. Inoltre vi sono le differenze culturali che possono portare a situazioni di dissonanza cognitiva e di incomprensione tra persone.

Tornando al concetto di regole è importante che siano dichiarate. Quelle familiari ad esempio possono essere costituite dalle abitudini alimentari del bambino, cioè dalle regole/regolarità tipiche di quella famiglia; le abitudini riguardo al sonno, al cambio dei pannolini.

Le regole fanno parte – ovviamente – dell’agire all’interno dell’Asilo nido, dove vi è un orario durante il quale i bambini si ricongiungono col genitore. Se questi tempi non sono rispettati possono produrre disagi nel bambino, che magari non è abituato a veder andar via gli altri bambini ed essere lasciato per ultimo.

• Può succedere nei Colloqui che vi siano genitori riservati : con loro – ovviamente come con gli altri genitori – è importante stabilire, come si dice in modo spesso retorico ed acritico, un “clima di fiducia”, di tolleranza, di accoglienza, di propria apertura interiore verso l’Altro, lasciarsi – insomma – il tempo necessario per entrare in sintonia con l’Altro, con i tempi dell’altra persona: magari hanno qualche paura, timore, vivono qualche problema col b, che non si sentono di esporre.E’ opportuno tener presente che solo con la disponibilità interiore, cercando di creare un clima sereno e quindi cercando anche un luogo tranquillo può avvenire che queste persone si aprano all’Altro.

• Nei casi di colloqui con genitori che hanno figli con qualche deficit o con certificazione di handicap può succedere che vi sia un’esagerazione dell’atteggiamento materno verso il proprio figlio: una specie di meccanismo compensatorio dove per il proprio figlio non si fa mai abbastanza, dove il genitore/trice può cercare di instaurare un meccanismo ricattatorio del tipo “Sta peggiorando da quando è qua…” in una sorta di tentativo che può anche riuscire, di far sì che al proprio figlio venga dedicato più tempo, più attenzioni in un’escalation senza fine (si veda il capitolo sulla “Comunicazione e la RE”)

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Alcune caratteristiche della Tagesmutter

Considerato che la RE può comportare delle difficoltà nella gestione della relazione medesima può essere utile cercare di accennare alcune caratteristiche di personalità che può essere utile avere o sviluppare in questa attività.

Alcune sono indicate negli Allegati dove si parla dell’Operatrice creativa: qui le citiamo solamente: Finezza percettiva, Capacità intuitiva, Immaginazione, Capacità critica, Curiosità intellettuale, Sentimento ludico (gioioso) verso la vita, Audacia, Tenacia, Tolleranza alla frustrazione, Capacità di decisione.Altre rientrano in quanto detto – sempre negli Allegati – a proposito delle Competenze Trasversali.

Quelle che qui vengono elencate ed accennate sono alcune caratteristiche personali che la Tagesmutter dovrebbe possedere, sviluppare e coltivare rispetto al ruolo professionale che va a ricoprire.

Ne accenniamo qualcuna: Equilibrata, precisa ma non pignola, tollerante e tranquilla.

Sono poche caratteristiche quelle qui indicate, ma riempite di contenuti riferiti a singole relazioni comunicative ed in diversi contesti costituiscono già un bel bagaglio di competenze riguardo l’ambiti di cui trattiamo.

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Le Credenze Irrazionali.

Il titolo del capitolo rimanda necessariamente al fatto che – ovviamente – oltre alle Credenze Irrazionali vi siano anche delle Credenze Razionali. (Si vedano gli allegati in fondo alla dispensa). Vediamo di cosa si tratta.

Il termine Credenza che deriva da Credere, rimanda ad un processo che avviene nella nostra testa: “il mondo in cui viviamo comincia nella nostra testa. E’ il modo in cui percepiamo, interpretiamo, valutiamo e immaginiamo che modella il nostro mondo. Gli psicologi hanno usato vari termini per riferirsi a questo meccanismo interiore. I più utilizzati tra questi termini sono: processi cognitivi, dialogo interno, sistema di convinzioni. (M.Di Piero, “L’educazione razionale-emotiva”, Erickson, 1992).

Come accennavamo poco sopra vi è un PENSIERO RAZIONALE che può esprimere preoccupazione adeguata e percezione adeguata della realtà ed un PENSIERO IRRAZIONALE che può esprimere eccessiva preoccupazione e percezione inadeguata della realtà.

Il tema delle Credenze Razionali ed Irrazionali rimanda ad un fatto: alla difficoltà ad individuare ciò che pensiamo in certe situazioni, in quanto i nostri pensieri sono diventati automatici ed anche dal punto di vista quantitativo, mentre le nostre parole possono raggiungere la velocità di 100/150 al minuto, i nostri pensieri possono viaggiare a 400/500 parole minuto. È quindi ovvio la difficoltà a fare un FERMO IMMAGINE o FERMO PAROLE e riflettere.

In pratica certi modi di pensare sono per noi così frequenti che sono ormai diventati abituali e quindi possono sfuggire alla nostra consapevolezza.

Per parlare di CREDENZE IRRAZIONALI (CI) bisogna far riferimento ad una nucleo composto da tre fattori:

1) L’evento attivante : è ciò che succede e dal quale ha inizio la CI;2) La base mentale : è l’insieme di pensieri su ciò che è successo; è il nostro

commento interiore, che può essere RAZIONALE oppure IRRAZIONALE;3) Le conseguenze emotive : sono i sentimenti causati dal punto (2).

Vedremo ora le Categorie principali di Pensieri Irrazionali, come sopra tratte da M. Di Piero.

Aggiungiamo che non riteniamo sufficiente la consapevolezza dei nostri processi cognitivi per modificare i medesimi, nel caso non ci piacessero o fossero fonte di disagio: ad esempio l’eccesso di preoccupazione per un esame: come abbiamo detto vi è sempre e comunque una componente emozionale nelle nostre credenze: i processi di cambiamento sono un po’ più complessi e coinvolgono la persona nella sua totalità: ciò verrà sviluppato e chiarito in aula.

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CATEGORIE PRINCIPALI DI PENSIERI IRRAZIONALI

1. “Doverizzazione” o uso assolutistico del verbo dovere

Consistono nel ritenere che “le cose devono andare assolutamente così”, che “gli altri devono comportarsi assolutamente in un certo modo”, che “ io devo assolutamente avere quello che voglio”. L’errore sta appunto nel considerare un’esigenza assoluta ciò che nella maggior parte dei casi sarebbe solo obiettivamente preferibile.

2. Espressioni di insopportabilità, intolleranza

Consistono in pensieri del tipo “Non lo sopporto…”, “Non tollero che…”, “E’ insopportabile…”. Sono forme di esagerazione attraverso le quali l’aspetto sgradevole di un evento o do una persona viene ingigantito, determinando un atteggiamento di rabbia o di esitamento.

3. Valutazioni globali su se stessi e sugli altri

In questo caso l’irrazionalità consiste nel giudicare una persona nella sua globalità partendo da uno solo o da pochi comportamenti osservati. Inoltre, il comportamento di una persone viene spesso erroneamente equiparato alla persona stessa (“Hai fatto una cosa stupida, quindi sei uno stupido”). Questo errore nel modo di pensare porta a far uso di etichette che esprimono valutazioni globali tipo “Incapace”, “Stupido”, “Carogna”.Tali attributi possono essere pensati riguardo agli altri oppure possono essere rivolti a se stessi. Quando sono riferiti agli altri questi pensieri fanno maser nei loro confronti un sentimento di ostilità o di rifiuto, se riferiti a se stessi determinano disistima e sconforto.

4. Pensieri catastrofizzanti

Consistono nel considerare il verificarsi di certe cose come un evento “Terribile”, “Orrendo”, quando obiettivamente sarebbe solo spiacevole o fastidioso. Spesso si tratta di pensieri che anticipano in modo esageratamente negativo eventi futuri, provocando quindi reazioni di ansia intensa.

5. Indispensabilità, bisogni assoluti

Con esistono in affermazioni che trasformano in bisogno assoluto ciò che obiettivamente sarebbe solo preferibile. Prendono forma spesso in pensieri del tipo “Non posso rinunciare

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a…”, “Ho assolutamente bisogno di…”, Non posso fare a meno di…”. Le conseguenze emotive di questo modo di pensare possono essere ansia, depressione, ostilità.

Esercitazione

1) Individua tra le Credenze Irrazionali descritte negli allegati alcune che ritieni facciano parte – almeno attualmente o sporadicamente – intervengano nel tuo sistema cognitivo.

2) Questo esercizio può essere utilizzato, ad esempio, in qualche occasione durante il Tirocinio.

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Desideri, aspettative, timori dell’Helpee (Altro)

Abbiamo parlato nel capitolo precedente dell’Ascolto, cioè di cosa l’helpher ha da fare, considerare, temere al fine di instaurare e mantenere una significativa RE.

Proviamo a metterci ora dal punto di vista dell’helpee (bambino, genitore,ecc.), ad analizzare, seppur sinteticamente, quelli che possono essere i suoi timori, aspettative, desideri.

Carkhuff sostiene che ogni persona che ha bisogno d’aiuto si domanda in realtà, riferendosi all’Altro:

• “ Riuscirà a sentirmi chiaramente?” ;

In altre parole si chiede:

• “ Potrà mai veramente capire chi sono io?” .

Se alle domande:

• (a1) “E’ una persona disponibile nei miei confronti?”;

• (b1) “Potrà mai capirmi?”;

• (c1) “Potrò chiedergli le cose che più mi stanno a cuore?”

l’helpee risponderà affermativamente, in quanto gli è stata data la giusta attenzione ed egli si sentirà a suo agio, è come se dicesse:

• (a2) “Mi sembra una persona aperta nei miei confronti?”;

• (b2) “Credo che lui/lei possa capirmi”;

• (c2) “Mi pare di potergli chiedere quelle cose che mi stanno più a cuore”.

L’helpee, in fin dei conti, a prescindere dall’età e dal titolo di studio posseduto: che abbia la terza elementare, la prima media o la laurea, che sia bambino o genitore capisce se il comportamento dell’helpher – nei suoi significati più ampi – è in sintonia con il suo. È quindi necessario per l’helper, non aver paura dell’intimità, condividere i contenuti cognitivi, i vissuti emotivi e non ha da temere la vicinanza fisica col bambino. Di fatto per il genitore – affidare alla Tagesmutter il proprio figlio – costituisce nella maggior parte dei casi una sorta di “prima volta” in cui ciò avviene e quindi a ciò si legano una serie di timori ed aspettative molto forti nei confronti dell’Assistente all’Infanzia.

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Tali aspettative e timori possono essere tradotti nelle seguenti domande:• (d1) “ Posso lasciarle mio figlio?”

• (d2) “ Lo curerà bene come lo curo io?”

• (d3) “ Gli dedicherà le attenzioni necessarie?”

• (d4) “ Riuscirà a capire i suoi bisogni?”

Come si diceva poco sopra, se il genitore risponderà positivamente – dentro di sé – a queste domande, solo allora la relazione con la struttura e con la Tagesmutter in particolare sarà improntata alla giusta considerazione e rispetto personal-professionali (si veda più avanti a questo proposito al capitolo su “ La RE: alcuni principi di metodo”) in riferimento all’affidare ad altri – estranei alla famiglia – il proprio figlio.

Le domande e le relative risposte che il genitore si pone non devono essere tutte necessariamente consapevoli, ma possono essere presenti dentro di sé ad un livello pre-conscio, per dirla con Freud: cioè possono non raggiungere il livello della consapevolezza, del conscio, ma esse – la domande - in taluni casi possono raggiungere la coscienza.

In altro modo potremmo descrivere questa situazione dinamica interiore utilizzando un termine in uso da un po’ di tempo a questa parte, cioè i “Retropensieri”: in altro modo ancora quei pensieri che ci giungono alla coscienza in modo veloce, che la nostra attenzione percepisce, ma sui quali non si sofferma giudicandoli secondari o inutili o più spesso ancora soggetti a censura sociale o peggio ancora autocensura, dove il fatto di ammetterli alla coscienza in modo permanente può produrre dissonanze cognitive (vedi) e/o disagi emotivi non indifferenti.

Certe volte è qualcuno di estraneo a sè (familiare o altro) che stimola la formulazione di queste domande o addirittura le metacomunica ( vedi cap. su “Comunicazione e RE”) : qualcun altro verso il quale vi siano sentimenti di considerazione, stima e fiducia: sarebbe auspicabile che ciò avvenisse nei confronti dell’Assistente all’Infanzia.

Sarebbe indice di essere riuscite ad instaurare col genitore una positiva relazione, dove lo scambio di idee, opinioni, suggerimenti, critiche o altro altro è unicamente finalizzato a migliorare il benessere del bambino (b.) all’interno della struttura e non costituisce, invece, terreno di scontro per stabilire colei che è più “brava” nelle relazione col b., “chi sa fare meglio” nel “gioco del killer delle idee” ( si veda nel capitolo “RE e Lavoro d’ èquipe” ).

Vi è da aggiungere che la Tagesmuter non deve per forza “soddisfare” le aspettative del genitore. Queste ultime potrebbero essere irrealistiche o dannose per il b. o ancora pedagogicamente e palesemente errate o altro ancora: la Tagesmutter non è un prodotto da supermercato che il genitore acquista in offerta; non ha cioè un mero ruolo passivo di “oggetto” che deve soddisfare “tutti i bisogni” del genitore: i bisogni tra l’altro non hanno mai fine, quindi è impossibile pretendere che siano tutti soddisfatti.

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La Tagesmutter (TM) è uno dei due poli della relazione col genitore: la relazione è e sarà per forza di cose sempre dialettica e mai “data per sempre”

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L’Ascolto.

Il tema in oggetto è molto vasto, molto ne è stato scritto e di molto interessante (vedasi bibliografia per i riferimenti): qui toccheremo alcuni punti che riteniamo importanti.

I caratteri grafici che formano il verbo cinese Ascoltare comprendono i seguenti elementi: Orecchio, Occhi, Tu, Attenzione unitaria, Cuore. (vedi in Allegati).

Si capisce come vengano qui individuati gli elementi costituenti l’ASCOLTO: l’organo dell’ascolto per antonomasia: l’orecchio; gli occhi attraverso i quali trasmettiamo il nostro interesse per l’Altro e quindi la nostra disponibilità all’Ascolto, che in italiano ha un significato che non è ristretto all’anatomia ed alla fisiologia dell’orecchio e quindi dell’udito, ma ha un significato più largo, di Attenzione all’Altro; il Tu rimanda alla direzione del nostro ascolto, al nostro interlocutore. L’usare tra l’altro il Tu rispetto a termini quali Essi o Altri rimanda ad un concetto di individualizzazione dell’Ascolto, alla sua unicità: ogni relazione d’ascolto dovrebbe , per essere autentica, essere unica; il concetto di Attenzione unitaria ci dice che è tutto il nostro essere che è coinvolto nell’Ascolto; a tutto ciò ha da essere aggiunto il Cuore: può sembrare un valore aggiunto, poco professionale, poco scientifico, poco estraniante come talvolta o spesso viene insegnato, il pseudo-Distacco professionale, in cui si salvaguarda solo il non coinvolgimento dell’operatore, che trova così pure una giustificazione “scientifica” al proprio distacco e alla propria estraneità.

Si confondono due aspetti fondamentali del procedere scientifico e due caratteristiche fondamentali di ogni Relazione d’aiuto: perché si possano definire tali ci vuole prima di tutto un significativo coinvolgimento emotivo, accompagnato da una continua analisi autoriflessiva sulle proprie modalità comunicazionali e relazionali in genere, come abbiamo visto nel capitolo precedente.

Definiamo ora alcuni aspetti che caratterizzano un ascolto attivo e partecipato, unica maniera perché possa essere percepito come tale anche dal paziente o dall’Altro in generale.Lo schema sintetico di quanto illustreremo ora si trova più avanti negli Allegati.

Nell’Ascolto intervengono diversi elementi, di cui solo l’ascoltatore può avere consapevolezza: è necessario quindi:

(a) avere un motivo, anche inconsapevole, per ascoltare;

(b) è importante concentrarsi sull’Altro e avere coscienza di quando ciò non succede: noi comunque comunichiamo all’Altro in modo non-verbale, attraverso una continua ed infinita seria di microsegnali la nostra mancanza di concentrazione o la nostra concentrazione intermittente: come suggerimento viene da dare quello che viene fornito nei corsi di Training autogeno o di meditazione trascendentale e cioè, quando ci si

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accorge di aver perso la concentrazione sul tema, di riprendere tranquillamente la direzione originaria;

(c) resistere alle distrazioni: sguardi, rumori, persone; si collega a quanto detto prima: da un lato è normale che delle distrazioni vi siano, dall’altro se la loro quantità dovesse risultare eccessiva, la ricaduta/messaggio all’Altro è quella di scarso interesse da parte nostra;

(d) ascoltare il tono della voce: come vedremo più avanti il tono fa parte degli indicatori paralinguistici o paraverbali e può dare indicazioni sulle valenze emotive del messaggio oltre che del rapporto che vi è in quel momento tra chi sta parlando e chi, in quel momento sta ascoltando (emittente e ricevente);

(e) ricordare i temi ricorrenti, per quanto essi possano essere talvolta fastidiosi, noiosi, apparentemente non pertinenti o altro ancora, comunque ci dicono qualcosa sul nostro interlocutore: sta a noi decifrare o quantomeno provare a decifrare tali messaggi; può pure succedere che ciò accada fuori dall’orario di servizio: anche se sarebbe auspicabile non avere/non portarsi compiti a casa, se comunque tali temi ricorrono vuol dire che hanno un significato: forse vale la pena metterci le mani. A titolo d’esempio l’anziano che in casa di riposo dice spesso che “nessuno mi viene mai a trovare…nessuno mi vuole bene”, anche se ciò non corrisponde all’effettiva realtà può essere indice comunque di una percezione da parte sua in tal senso o forse anche e/o complementarmente una richiesta di maggiore attenzione…appunto!!!; (f) ricordare le espressioni si aggancia a quanto detto poco sopra: il fatto che improvvisamente, senza significato apparente ci vengano alla memoria espressioni, verbali e/o visive, sta a significare che qualcosa che magari non ci è ancora chiaro ci ha colpito: è in fondo una sensibilità percettiva che abbiamo,…non trascuriamola;

(g) valutare costituisce una caratteristica continua nelle nostre interazioni: è importante cercare di mantenere un atteggiamento avalutativo, non giudicante ed allo stesso tempo essere consapevoli dei nostri valori, della scala che essi hanno nel nostro agire: è questo un tema che riprenderemo quando tratteremo degli aspetti etici nella RDA;

(h) avere pregiudizi come si diceva pocanzi costituisce un freno ad una RDA che voglia costituirsi come tale: la consapevolezza della loro presenza nel nostro sistema di valori e la volontà di affrontarli fa sì che la direzione della RDA, in certi momenti prenda direzioni generative di rapporto e di cambiamento piuttosto che il contrario;

(i) manipolare, cioè indirizzare in modo direttivo pensieri ed azioni altrui costituisce un intervento a cui è preferibile sostituire modalità relazionali dove si lavori all’Autoconsapevolezza da parte dell’utente sul proprio sistema di valori, sui motivi che caratterizzano la propria azione o inanità;

(l) saltare alle conclusioni è indice di poco ascolto e disponibilità, di una fretta operativa che non ricerca sintonie con l’Altro e, come si dice, non ne rispetta i tempi: si dice nel linguaggio comune “essere in sintonia” per definire una relazione nella sua unicità dove i due interlocutori, anche se con ruoli differenti, condividono uno spazio non solo fisico, ma emotivo, cognitivo;

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(m) interrompere costituisce un altro aspetto che determina una frammentazione della relazione ed una riduzione dell’efficacia dell’ascolto: è quindi da valutarne l’opportunità ed il momento nel quale è opportuno rispondere e considerare se è importante o se risponde unicamente a bisogni o difficoltà proprie; (n) velocità di pensiero: precedentemente si parlava della differenza tra velocità d’esposizione verbale (100/150 parole/minuto) e velocità di pensiero (400/500 parole/minuto): il fatto che noi continuiamo a pensare anche quando ascoltiamo l’Altro ci deve indurre, ancora una volta, a tenere “a memoria” un fatto fondamentale. I nostri pensieri “interferiscono” con l’ascolto o perlomeno richiedono la capacità di alternarsi velocemente tra il proprio sistema di pensieri e quello dell’Altro;

(o) sentimenti dell’Ascoltatore arrivano attraverso micromovimenti del viso, degli occhi, della muscolatura, ecc.: vale anche qui quanto già detto sull’importanza della propria autoconsapevolezza;

(p) l’ascoltatore dovrebbe cercare i punti principali di ciò che l’interlocutore dice, ascoltando oltre le parole stesse, per capirne il vero significato;

(q) l’ascoltatore dovrebbe parafrasare con parole sue il significato e la sensazione di ciò che l’Altro dice, finche questi è soddisfatto.

Illustrato sinteticamente lo schema da tener presente nell’Ascolto, vi è da aggiungere che ovviamente per affinare le proprie capacità d’ascolto oltre alla conoscenza del modello ci vuole esercizio, capacità critiche ed autocritiche, sensibilità percettiva, desiderio di migliorare le proprie capacità, riconoscimento dei propri aspetti deboli e quantaltro, tra cui il feed-back altrui sui nostri modi di operare: il cammino è perlomeno ricco di spunti; vi è da dire che questo cammino professionale nell’area dell’ascolto e delle capacità d’aiuto coincide con aspetti automigliorativi di tipo personale applicabili in ambito comunicazionale e relazionale tout-court.Il quadro appena fornito è uno spunto iniziale: su questo tema come già detto all’inizio vi è una bibliografia ricca, interessante e stimolante.

Aggiungiamo qui le sette regole dell’Arte di Ascoltare, secondo lo schema di M. Sclavi ( v. bibliog.: pag.121).

1) Non avere fretta di arrivare alle conclusioni…;

2) Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista;

3) Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva;

4) Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali, se sai comprendere il loro linguaggio…;

5) Un buon ascoltatore…I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze;

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6) Un buon ascoltatore…Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo…: la gestione creativa dei conflitti;

7) …arte di ascoltare…metodologia umoristica…Ma quando hai imparato ad ascoltare l’umorismo viene da sé.

Ritengo che le capacità d’Ascolto, rispetto allo schema RDA, possono configurarsi, a tutti gli effetti come intervento: nella realtà credo che sia successo a tutti, almeno qualche volta che un amico/conoscente ci parlasse di un tema/problema ed alla fine, senza che noi commentassimo o aggiungessimo alcunché, ci sentissimo ringraziare e vedessimo effettivamente l’interlocutore con un qualcosa di cambiato, come se qualcosa fosse successo nel suo schema cognitivo-emozionale: probabilmente si può commentare “basta poco”, ma quel poco ha da esserci: ovviamente qui si parla non della quantità ma della qualità della relazione, dove anche i silenzi svolgono un ruolo di peso: ne riparleremo; parafrasando un detto pseudomaschilsta dove si dice: “le donne non dicono mai niente, ma lo dicono così bene”, si potrebbe dire: “l’operatore/trice può anche non dire nulla con le parole, ma attraverso fili invisibili di luce trasmettere il proprio desiderio, la propria volontà di aiutare l’Altro…e farlo bene”.Nel prossimo capitolo cercheremo di metterci dal punto di vista dell’ helpee, dei suoi desideri, aspettative, timori.

Domande di ripasso

1) Elenca alcuni degli elementi che intervengono nel processo d’Ascolto.2) Elenca alcuni elementi che lo facilitano.3) Elenca alcuni aspetti che interferiscono con un buon Ascolto.4) Prova a verificare se riesci a ricordare le Sette Regole dell’arte di Ascoltare

secondo lo schema di Marianella Sclavi?

Esercitazione

1) Come nell’Esercitazione del capitolo (5) descrivi un breve dialogo che ti capiterà di avere o che deciderai di fare.

2) Analizza il tutto secondo i punti descritti in questo capitolo (a-n).

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(12)

La RE: alcuni principi di metodo.

Parte prima.

Alcune considerazioni sono ora necessarie. Dato che essenzialmente la RE si muove all’interno o per mezzo di processi comunicativi, di cui ci occuperemo tra breve in modo stretto, utilizzando quindi il linguaggio, è opportuno, necessario, imprescindibile ridurre al minimo le possibilità d’incomprensione basate sulla lingua: in altri termini ad esempio in un’accesa discussione o in un litigio, che almeno si sappia su cosa si discute o su cosa si litiga.Ciò che ci permette di circoscrivere l’ambito di incertezza e/o di litigiosità è di utilizzare nel nostro linguaggio argomentazioni che fanno diretto riferimento a dati di fatto ed a descrizioni comportamentali osservabili, piuttosto che utilizzare interpretazioni sintetiche o descrizioni basate su dati non-comportamentali e non-osservabili da altri.

Negli allegati “Differenza tra Dato e Deduzione” e “Descrizioni comportamentali e descrizioni non-comportamentali” vengono proposti diversi esempi in merito.

Purtroppo nella vita sociale consueta sono spesso pochissimi gli esempi di questo tipo, anzi imperversano quelli opposti. Per l’allievo può essere una buona formazione (sic) assistere in TV a dibattiti politici e non, in cui la grandissima parte delle argomentazioni si basa su interpretazioni e non su dati: costoro riceverebbero dei pessimi voti e giudizi in questa disciplina.

Per non cadere, come sta succedendo poco sopra nel medesimo errore che viene criticato faremo qualche esempio.

Dire ad esempio di una persona che essa “è nervosa”, può pure corrispondere a verità, ma non permette a chi ascolta questa affermazione di farsi un’idea soggettiva precisa basata sui fatti come invece accadrebbe se venisse detto “Il signor Piero è nella sala d’attesa di una clinica e sta attendendo la nascita del suo primo figlio: nel frattempo cammina continuamente avanti ed in dietro per la sala, ogni 5 minuti si ferma, si siede per 1 minuto e poi riprende i movimenti precedenti ”. Un altro esempio potrebbe essere il seguente: “Franca è una bambina di tre anni che piange sempre”, rispetto alla frase “Franca è una bambina di tre anni che frequenta il primo anno di scuola materna: ha cominciato da cinque giorni e , quando arriva al mattino accompagnata dalla mamma è tranquilla; quando essa se ne va, Franca piange: il primo giorno per dieci minuti, poi ha smesso e gioca con gli altri bimbi: ora piange per meno di cinque minuti”.Si può vedere come le seconde descrizioni siano più lunghe, come richiedano un’osservazione più accurata e precisa, di come però si prestino senza dubbio meno ad interpretazioni arbitrarie come invece le descrizioni precedenti.E’ opportuno, quindi, dal punto di vista metodologico, nelle nostre Relazioni comunicative attenerci ai Dati analitici ed alle Descrizioni, piuttosto che a giudizi sintetici che non offrono all’interlocutore possibilità di verifiche e quindi permettono solo due chanche, tout-court:

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essere accettate oppure rifiutate in blocco: non vi è possibilità teorica di discussione. ( Si veda in Allegati)

Parte seconda

Un altro aspetto – del quale è importante/fondamentale tener sempre conto – riguarda ciò che segue: è fuorviante pensare che la RDA si risolva unicamente nel rapporto, nella relazione operatore/paziente, operatore/ospite, Tagesmutter/bambino.

E’ senza dubbio importante/fondamentale acquisire competenze e conoscenze riguardanti la relazione, sia dal punto di vista psicologico-emozionale che dal punto di vista strettamente “tecnico” – ad esempio come fare un posizionamento, uno spostamento, come imboccare, come fare un cambio, come curare la pulizia personale, come preparare il localo/luogo per il sonno, ecc.

Bisogna però considerare un altro aspetto: se ad esempio dovesse succedere che le informazioni ricevute inerenti la b. siano lacunose per quanto riguarda diverse aree di cui abbiamo accennato precedentemente – ad esempio i farmaci da somministrare - …forse il problema non fa capo solo a voi stesse/i, ma probabilmente è legato ad aspetti organizzativi. Essendo queste informazioni non solo importanti ma necessarie è fondamentale potersi muovere in un’ottica più ampia, altrimenti la relazione (RE) è destinata a squilibrarsi e forsanche a fallire.

Lo schema potrebbe essere il seguente.

P P O

(C) Nell’ottica dell’ organizzazione

(B) Riferiti alla professione

(A) Aspetti personali

• Può essere ad esempio successo che il/la collega/ccordinatriceche doveva occuparsene se ne sia dimenticata oppure “ che si sia riproposta di approfondire la

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questione col genitore in seguito”: qualsiasi cosa sia avvenuta è un avvenimento di tipo personale che riguarda quella collega/coordinatrice e quindi la sua azione riguarda unicamente una sua decisione personale,

• che però ricade e si riferisce ad un ambito professionale: la relazione adeguata e corretta della TM col b. Non riguarda solo colui o colei che fa quest’azione (collega/coordinatrice) ma può causare danno o disagio, come in questo caso, alla TM, al suo operare ed all’immagine esterna della TM;

• D’altronde la ricaduta avviene anche nell’organizzazione nell’immagine che quell’organizzazione (casa, microstruttura,ecc…) avrà all’esterno: ciò che il genitore vede è l’effetto negativo sulla figlia ed alla fine i procfessi di semplificazione cognitiva fanno dire che in quella cooperativ/struttura o altro non vi è la cura necessaria ed un’adeguata efficienza o ancora di malfunzionamento e scarsa attenzione all’utente.

Potrebbe anche essere successo che in quella struttura non è mai stata decisa la procedura da attuare e chi la attua oppure non è stat predisposta una modulistica appropriata in cui compaiano le voci da inserire, ad esempio sul modello delle aree di questa dispensa.

L’esempio dei farmaci potrebbe ovviamente valere per altre situazioni del tipo: prevedere delle informazioni sulle capacità individuali differenziate dei bambini nell’assunzione dei liquidi in modo appropriato in base ad esempio alle loro capacità: con la cannuccia piuttosto che con il bicchiere; con il bicchiere a beccuccio piuttosto che con un bicchiere semplice; con una cannuccia phieghevole piuttosto che con una rigida; che sia previsto un mortaio schiacciacompresse nel caso di un bambino con difficoltà di deglutizione o comunque uno strumento similare, abbinato alla sostanza per inghiottirle, che può essere uno yogurt naturale piuttosto che uno alla frutta o viceversa, in base anche ai gusti del paziente e tenendo conto della patologia, ad esempio un eventuale diabete.

In altre parole un sistema di procedure standardizzate – ove possibile – perlomeno riguardanti le situazioni più comuni da affrontare, unito alla definizione di chi se ne deve occupare.

In altre parole, quindi, è necessario che l’operatore/trice abbia una visione d’insieme del lavoro, unita alla consapevolezza delle relazioni ed interconnessioni che vi sono, unita alla capacità di comunicare ai vari responsabili e nelle sedi appropriate – riunioni periodiche – i suoi punti di vista al fine di un miglioramento dell’organizzazione complessiva e quindi della professionalità richiesta: ciò può comportare un miglioramento riguardante anche gli aspetti personali.

Possiamo inoltre aggiungere che gli aspetti personali dell’operatore riguardano non solamente aspetti negativi di esso, ma anche caratteristiche personali che incidono positivamente nell’organizzazione, quali: la puntualità, la precisione, l’ascolto, la pazienza, ecc.

Concludendo, è fondamentale per l’operatrice/tore la estrema consapevolezza che gli aspetti personali con le relative decisioni ed azioni che ne conseguono hanno un risvolto e sono necessariamente riferiti alla professione, nell’ottica dell’organizzazione.

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Esercitazione

1) Prendendo spunto dalla lettura degli Allegati osservate nelle varie situazioni pubbliche l’uso che le persone fanno del Giudizio (Deduzione/Interpretazione) e quanto poco fanno riferimento a Dati oggettivi, osservabili.

Tra le occasioni – purtroppo per noi – più ricche di spunti vi sono i dibattiti televisivi; in particolare quelli di tipo politico sono un’occasione unica di descrizioni non.comportamentali.

2) Descrivere almeno un paio di esempi – tratti dal tirocinio – inerenti gli aspetti personali, riferiti alla professione, nell’ottica dell’organizzazione.

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La Comunicazione e la RE

Togliamo subito ogni dubbio: occuparsi di RDA, sia nella teoria sia come operatori della RDA è occuparsi carnalmente di Comunicazione: è come la persona e l’aria che respira, il pesce e l’acqua in cui nuota o forse ancora, ma viceversa quando una persona non comunica verbalmente possiamo essere tentati di pensare che essa per noi non esiste.

Sappiamo, secondo quanto dice il “vangelo” della teoria della Comunicazione (Watzlawick) che:

• “non si può non comunicare”: ( prima regola della Comunicazione)

Quindi d’ora in poi ci occuperemo di alcuni aspetti teorici inerenti la Comunicazione dai quali riteniamo non si possa prescindere: anticipiamo i titoli degli aspetti salienti: parleremo di (1) Comunicazione non-verbale; (2) Stili comunicativi; (3) Funzioni della comunicazione.

Non abbiamo nominato finora gli aspetti emotivi che intervengono nella Comunicazione. Essi permeano ogni istante della stessa: occupandoci di Comunicazione non-verbale (CNV) li toccheremo.

Possiamo così accennare ad un'altra regola:

(seconda regola della comunicazione)

la quale afferma che:

• “se c’è contraddizione tra messaggio verbale e messaggio non-verbale, vale quello non-verbale”:

Si dovrà prima trattare il prossimo capitolo per meglio comprendere questo punto, che è però importante tener presente già da ora.

La teoria della Comunicazione di cui tratteremo tra poco e che ovviamente può essere meglio approfondita, ma che da qui parte, ha prima di tutto lo scopo etico di migliorare le Relazioni interpersonali, di essere d’Aiuto a…, non al servizio di…

Aggiungiamo per inciso alcuni assiomi della Teoria della Comunicazione, così come sono stati formulati da Watzlawick:

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(1) Non si può non-comunicare ;

(2) Ogni comunicazione ha un livello di Contenuto ed uno di Relazione;

(3) Ogni Interazione può essere Complementare o Simmetrica ;

(4) Nella Complementare una posizione si definisce One-up e l’altra One-down;

(5) Conferma – Negazione - Disconferma;

(6) La Metacomunicazione .

(1) Questa prima affermazione sta ad indicare che, anche se non vi è Comunicazione verbale, l’altra persona comunque esprime qualcosa in modo non-verbale: quindi sta a noi come operatori cercare di comprendere il significato di gesti, movimenti, cenni o silenzi. Anche nel caso di comunicazioni verbali “strane” o contraddittorie il “vero” significato non è immediato: è ovviamente una sfida continua e non sempre se ne uscirà vittoriosi; ma è questa per definizione, per ruolo, per compito, per l’etica che ne sottende la direzione che vorremmo mantenere.

(2) “Una comunicazione non soltanto trasmette un’informazione evidente,…”, un contenuto verbale, ad esempio “ho fame”, ma ci dice qualcosa sulla relazione che c’è – perlomeno in quell’istante – tra chi sta parlando e chi sta ascoltando: ad esempio la frase “ho fame”, urlata può esprimere rabbia, magari è stata detta da un paziente più volte allo stesso operatore, e quindi può esprimere risentimento o altro ancora.

(3) Nel caso del maestro e dell’allievo, del negoziante e del cliente, dell’operatore e del paziente, nei casi – cioè – in cui le Relazioni si integrano tra loro, si completano, si può parlare di Relazioni Complementari, senza volervi dare alcun giudizio di valore. Nei casi in cui entrambi i membri in una Relazione tendano ad assumere il medesimo ruolo o comportamento, si parla di Relazione Simmetrica: è il caso di due persone che si ritengono entrambe competenti sul medesimo argomento e quindi si sentono in diritto di aver ragione:

(4) spesso si può sviluppare quella che si definisce una “escalation”, cioè una serie di azioni “a salire”, dove l’uno cerca di mettere in posizioni di “inferiorità” l’altro (one-down), per essere a sua volta “superiore”, in condizioni di superiorità (one-up). Si ha cioè il rischio di un forte conflitto, senza fine. Le posizioni one-up e one-down, sono invece accettate dai membri delle Relazioni Complementari, salvo i casi di violenza, sadismo, aggressività,ecc., dove un membro della Relazione cerca di spingere l’altro in una posizione di inferiorità. Non sono poi fenomeni così distanti da noi.

(5) Conferma, Negazione e Disconferma hanno a che vedere con il bisogno che ogni essere umano ha di essere riconosciuto dagli altri in quello che dice e fa, nel bisogno di essere amato, visto, considerato e riconosciuto nelle proprie capacità e qualità personali. Ad esempio la bambina che, passando davanti alla vetrina di un negozio chiede alla mamma: “Mi compri quel paio di scarpe rosse” si sente

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rispondere: (a) “Va bene, te le compro” invece che (b) “ No, te ne ho comperato un paio di rosse l’altra settimana”, piuttosto che sentirsi rispondere. (c) “ Queste scarpe rosse non ti piacciono”, dove queste tre differenti risposte corrispondono quindi alla Conferma (a) di ciò e quindi tutto fila liscio; viceversa (b) la Negazione, il rifiuto costituiscono un’esperienza in qualche modo dolorosa. Dal punto di vista dei disturbi di Relazione, la terza possibilità (c) – la Disconferma – è come dire all’Altro che non esiste, come se nessuno si accorgesse di lui: mentre in pratica nella Negazione è come se si dicesse all’altra persona “hai torto”, nella “disconferma” è come se si dicesse “tu non esisti”:

proviamo ad immaginare in una struttura o comunque una relazione dove i pazienti non vengono considerati o meglio non viene considerato ciò che essi dicono o “pensano”; è superfluo dire che questo meccanismo si può definire tale anche se avviene una volta sola: quanto può essere doloroso lo abbiamo sperimentato tutti: è come essere una persona invisibile, è come nei sogni dove si vuol parlare ma non escono suoni dalla nostra bocca, è come abitare un mondo dove noi camminiamo e nessuno ci vede, magari non soffriamo fisicamente, ma il dolore dell’anima può essere molto peggio.

(6) La Metacomunicazione è una Comunicazione sulla Comunicazione: facendo un esempio si può dire che due persone che stanno litigando, stanno Comunicando, magari in modo aggressivo, magari in modo Simmetrico, in Escalation, ma stanno Comunicando: nel momento in cui – per ipotesi – una delle due dovesse dire “smettiamola di litigare e cerchiamo una soluzione”, quest’ultima sta attuando un processo Metacomunicativo, cioè è come se uscisse dalla Comunicazione per vedere la loro Relazione dall’alto, da un gradino superiore; si dice infatti, anche nel senso comune che bisogna vedere le cose dal di fuori, dall’alto, per poter avere un giudizio più sereno ed oggettivo.

Da quanto fin qui detto – pur senza avere la pretesa dell’esaustività, in quanto la teoria è vasta e complessa e qui abbiamo fatto una specie di Bignami di Teoria della Comunicazione – si intravedono alcuni meccanismi che intervengono nelle Comunicazioni quotidiane, personali e professionali.

La nostra abilità a vederli mentre siamo impegnati a Comunicare ed a farne tesoro per migliorare la Comunicazione stessa costituisce poi lo scopo di questo lavoro.

Quando si parla di COMUNICAZIONE – praticamente sempre in questa dispensa – abbiamo bisogno di considerare tutti questi elementi, ognuno è importante ed ognuno può essere utilizzato per meglio capire l’Altra persona ed il ruolo nostro nella Comunicazione: dobbiamo al tempo stesso essere dentro la Comunicazione e vederci dall’esterno.

Esercitazione e domande di verifica

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Per ognuno dei sei aspetti trattati in questo capitolo, oltre ai dialoghi che avvengono nella quotidianità delle relazioni interpersonali, potrebbe essere interessante analizzare i dialoghi di film o di alcune parti di essi. Non vi è che l’imbarazzo della scelta.

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La Comunicazione Non-Verbale (CNV).

Paradossalmente cominciando a parlare di Comunicazione, intesa il più delle volte – semplicisticamente – unicamente come Comunicazione verbale, fatta di parole, dicevamo cominceremo a parlare di Comunicazione non-verbale.

Attraverso di essa passa la maggior parte dei significati di una Comunicazione e quindi di una Relazione: vari studi sostengono che almeno il 70/80 % del senso di una Comunicazione è determinato dal non-verbale: approfondiremo tra poco il tema. Si veda inoltre l’Allegato riassuntivo.

• Per CNV o meglio per Indicatori della CNV intendiamo:

(a) Il Contatto Visivo;

(b) Le Espressioni del Viso;

(c) I Gesti ed i Movimenti del Corpo;

(d) La Postura;

(e) Lo Spazio Prossemico;

(f) L’Ecologia Comunicativa;

(g) L’Apparenza Fisica;

(h) Il Tatto;

(i) Gli Indicatori Paralinguistici o Paraverbali.

Per comprendere l’importanza della CNV dobbiamo tornare alle considerazioni iniziali, quando dicevamo che la prima regola della Comunicazione è che “non si può non-comunicare”: in altri termini anche il “Silenzio” è Comunicazione ed è quindi compito dell’operatore districarsi tra i possibili significati di essa; è ovvio che non è sufficiente la

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lettura di una dispensa per padroneggiare compiutamente tali abilità, legate ad aspetti individuali, strettamente legate al proprio desiderio di migliorarsi, alle propria capacità di autocritica ed autoriflessione, all’esperienza quotidiana in ambito personale e professionale.

Con una certa frequenza nelle verifiche scritte, diversi studenti, nel descrivere il proprio intervento con l’utente affermano: “…utilizzo la Comunicazione Verbale e la CNV…!!!”, come fosse una tecnica da imparare e della quale servirsi a comando: la CNV è impossibile non utilizzarla: usando il Verbale – comunque – filtrano sempre aspetti di CNV: diciamo che per un operatore è fondamentale essere consapevole degli effetti delle Proprie Comunicazioni – tout-court – sull’utente, come pure è fondamentale o perlomeno importante conoscere le proprie modalità comunicative: a tal proposito – dal punto di vista formativo – è importante non sottrarsi, in aula, quando vengono utilizzate modalità partecipative, quali ad esempio i role-playng, dove l’allievo ha la possibilità di sperimentare direttamente queste modalità, di ottenere il feed-back dai compagni e dal docente ed eventualmente vedersi in registrazione video.Ritroveremo il tema degli effetti della propria Comunicazione sull’Altro/i quando parleremo delle Competenze Trasversali (CT). Passiamo ora in rassegna i dettagli della CNV.

(a) Il Contatto visivo costituisce in genere il primo contatto con l’Altro: già linguisticamente la parola CON-TATTO, scomposta indica triplici aspetti: (1) “Contatto” nel senso di Aggancio con l’Altro, (2) “Con-Tatto”, nel senso di Delicatezza, cioè rimanda ad una modalità di Relazione indice di delicatezza/fragilità, nella quale è richiesto Tatto; (3) “Contatto” rimanda inoltre alla Modalità Corporea, che costituisce senza dubbio una modalità caratterizzata dall’Intimità - in questo caso Fisica, come succede in alcune Relazioni operatore/utente: si pensi al paziente allettato – e quindi ci indica a quali territori della psiche il Primo Contatto rimanda e conseguentemente l’importanza che esso riveste per l’operatore e soprattutto per l’utente. Possiamo notare l’importanza del Contatto visivo e di come esso ci viene richiesto dai nostri interlocutori, quando, ad esempio stiamo parlando con qualcuno e improvvisamente veniamo distratti dal passaggio, di fronte a noi di una persona: anche se impercettibilmente e velocissimamente volgiamo in quella direzione lo sguardo, riportandolo immediatamente dopo sul nostro interlocutore primario, ciò che succederà nella quasi totalità dei casi è che il nostro interlocutore volgerà il suo sguardo nella direzione dove noi l’abbiamo distolto: è insopportabile non essere guardati: ciò equivale a non essere considerati, a non esistere per l’altra persona, a non esistere: sintomatico a tal proposito è l’accanimento con cui molti VIP e non-VIP appaiono in TV, il cosiddetto presenzialismo: anche qui il non–apparire equivale ad un non-esistere. Il Contatto visivo incoraggia il feed-back, può essere sinonimo di apertura, disponibilità verso l’Altro; serve a ridurre le distanze psicologiche ed è da tener presente che talvolta, ad esempio se prolungato, può produrre ansia;

(b) Le Espressioni del Viso: è un espressione generica per indicare quanto può manifestarsi sul viso ed essere indicatore di stati d’animo e/o pensieri interiori: a tal proposito vi è dibattito in ambito psi: cioè se ad esempio movimenti oculari, dilatazione delle narici, dilatazione e restringimento delle pupille, contrazioni dei muscoli facciali, aggrottamento delle sopracciglia, sbuffi ed altro ancora corrispondano sempre e necessariamente ad altrettanti stati d’animo: quello che per ora ci interessa è notare questi comportamenti. È come se fossimo nella fase

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della Raccolta informazioni tramite l’Osservazione: l’Interpretazione, come abbiamo visto in precedenza, viene dal punto di vista logico successivamente;

(c) I Gesti e Movimenti del Corpo: il gesticolare delle mani/braccia, il muovere le gambe, i piedi, il camminare ed i differenti modi nel farlo costituiscono quest’area;

(d) La Postura: cioè la/le posizioni del corpo ed i cambiamenti di posizione dello stesso sono oggetto di osservazione e considerazione;

(e) Lo Spazio Prossemico : cioè i significati che assumono la distanza o le variazioni di distanza tra due o più persone;

(f) L’Ecologia Comunicativa : cioè il contesto che può favorire o meno la Comunicazione: le condizioni di illuminazione di un locale, eventuali rumori che possono interferire con un ascolto ottimale, il posto dove il soggetto è seduto (sedia, poltrona, ecc.); le condizioni fisiche e/o mentali del soggetto; in altre parole l’Ecologia Comunicativa è quella che si può percepire con i cinque sensi;

(g) L’Apparenza Fisica : è costituita sia dall’aspetto fisico, dalle condizioni fisiche, così come esse appaiono ad un osservatore esterno, sia dall’abbigliamento e di cosa quest’ultimo ci trasmette in termini di accuratezza, pulizia, appartenenza o desiderio di appartenenza sociale;

(h) Il Tatto : attraverso di esso trasmettiamo e riceviamo sensazioni, impressioni. Si configura come un’esperienza diretta, come comunicazione non falsificabile, genuina in sé che tramite azioni sul corpo trasmette emozioni al corpo, dal punto di vista professionale trasmette Attenzione, Interesse, Cura, Calma, Amore o al contrario Disattenzione, Disinteresse, Incuria, Fretta, Disamore: è quindi un potentissimo veicolo comunicazionale;

(i) Gli Indicatori Paralinguistici o Paraverbali: sono costituiti dal tono di voce; dal volume della voce e dal suo alternarsi; dalla velocità, dal ritmo; dal timbro; dalla quantità di parole pronunciate; dal rispetto dei tempi; dalla balbuzie; dalla cessazione del parlare.

Alcuni autori inseriscono gli Indicatori Paralinguistici direttamente nella Comunicazione Verbale, altri usano farla rientrare nella Non-Verbale: il nostro orientamento è quest’ultimo, in quanto essi – gli Indicatori - confermano o meno il contenuto linguistico della comunicazione verbale. In ogni caso essi costituiscono l’aspetto di fondo che dà significato alla comunicazione verbale: come forse abbiamo già detto, quando vi è contraddizione tra Messaggio Verbale e Messaggio Non-Verbale, vale sempre quest’ultimo.

Aggiungiamo che i vantaggi della CNV sono quelli di ben rappresentare i sentimenti, di comunicare stati emotivi, di avere una minore controllabilità ed una maggiore genuinità.

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Domande di ripasso.

1) Quali sono gli Indicatori della CNV?

2) Spiega il significato di ognuno di loro.

Esercitazione

(1) Guardare in un film a scelta, in cui vi siano dei dialoghi, gli Indicatori della CNV: in particolare le Espressioni del viso ed i Gesti e movimenti del corpo.

Per utilizzare un solo canale sensoriale e quindi per focalizzare l’attenzione solo sul canale visivo, si consiglia di spegnere l’audio….Il risultato sarà interessante…

(2) COME IL PRECEDENTE: questa volta escludete l’aspetto visivo e concentratevi solo sull’audio, cioè sugli Indicatori paralinguistici!!!

(3) Cosa succede ad utilizzare un solo canale sensoriale alla volta?????

(4) Potete fare lo stesso esercizio osservando un dibattito televisivo, che sia di sport, di politica oppure altro.

(5) Fatelo poi nelle relazioni quotidiane e verificate se c’è corrispondenza tra messaggio verbale e quelli non-verbali.

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Gli Stili Comunicativi.

Gli Stili Comunicativi o Modalità di Comportamento Comunicativo possono essere suddivisi (vedasi in Allegati per un approfondimento più esauriente) in tre tipi.

(1) Stile Passivo

(2) Stile Aggressivo

(3) Stile Assertivo o Affermativo o Espressivo

(1) Lo Stile Passivo si caratterizza per fatto che la persona rinuncia all’espressione di pensieri ed emozioni, pareri, opinioni, punti di vista sensazioni, sentimenti, desideri, bisogni. Usare questo stile coincide col sottomettersi al volere altrui;

(2) Nello Stile Aggressivo la persona esprime i propri pensieri ed opinioni, tenendo però presente solo il proprio punto di vista; vi è la lotta per il potere e l’attacco diretto o indiretto nei confronti dell’interlocutore;

(3) Lo Stile Assertivo si caratterizza per il fatto che la persona è in grado ed esprime i propri pensieri ed emozioni nel rispetto dell’interlocutore; vi è rispetto per l’individualità dell’Altro, disponibilità a vedere il suo punto di vista e vi è la volontà di raggiungere un accordo.

Dobbiamo dire che gli “Stili comunicativi” non sono un a sé stante teorico, cioè, sebbene si possano studiare come un aspetto della “comunicazione”, in realtà gli “stili” sono sempre presenti nella “Relazione comunicativa”, in ogni istante, nelle nostre comunicazioni ed in quelle altrui.

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Solamente che non sempre vi facciamo caso.

Per sapere, quindi, ciò che sta succedendo in una comunicazione, proprio in quegli istanti, momenti, in quelle sequenze di parole e/o gesti è importante rivolgere la nostra attenzione consapevolezza, oltre a ciò che osserviamo/ascoltiamo esternamente, anche – lateralmente – allo schema interpretativo qui descritto.

Domande di ripasso

1) Quali sono i tre principali Stili comunicativi?

2) Spiega il significato di ogni Stile comunicativo.

3) Quali sono le conseguenze più comuni dei diversi tipi di comunicazione, dal punto di vista dell’emittente e da quello del ricevente?

Esercitazione

1) Procedete nella stessa maniera indicata nel capitolo precedente.

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Le Funzioni della Comunicazione.

Anche qui come altrove ripetiamo lo stesso concetto: cioè quello di più aspetti presenti contemporaneamente in una Comunicazione e quindi della necessità da parte nostra di spostare l’attenzione da un elemento all’altro per poterne cogliere il significato complessivo: è come seguire una partita di pallone dal vivo: lo spettatore osserva i movimenti del giocatore che ha la palla, guarda a chi la passa.

Lo spettatore attento però, guarda non solo queste cose, ma anche i movimenti e gli spostamenti degli altri componenti la squadra. In questo modo riesce a vedere chi si smarca, a chi sarebbe preferibile passare la palla perché meglio piazzato; riesce cioè ad avere una visione complessiva della squadra e della visione e tattica di gioco di quest’ultima.

Oltre a ciò uno spettatore ancora più attento osserverà anche la squadra avversaria, i movimenti ed azioni dei singoli componenti e della squadra nel suo complesso: in altre parole cercherà di avere una visione complessiva il più precisa possibile e corrispondente al vero.

Allo stesso modo nella RE l’Ascoltatore, oltre ad osservare ciò che viene detto e fatto dall’Altro, essendo un osservatore che partecipa alla Comunicazione, osserverà anche se stesso e di come ciò che fa e dice incida nella Comunicazione medesima.

In presenza di più persone, in un gruppo o anche in èquipe, il tutto si complica per la presenza di più persone, dove aumenta il numero delle Comunicazioni, che possono pure accavallarsi, come aumentano oltre agli aspetti verbali quelli non-verbali: allo “Spettatore” vengono richieste abilità percettive di dettaglio oltre ad uno schema interpretativo efficace per districarsi dall’”insalata di parole”.

Operativamente le Funzioni della Comunicazione

stanno ad indicare come ogni comunicazione assolva a delle funzioni, cioè serve ad esprimere qualcosa che può essere esplicito, visibile e comprensibile immediatamente o che viceversa deve essere interpretato: inoltre che ad

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esempio una singola frase o parola può voler dire più cose contemporaneamente:

cioè che in una comunicazione le varie funzioni possono intrecciarsi e che quindi è compito dell’interlocutore districarsi tra esse.

Passiamo ora ai dettagli.

a. FUNZIONE STRUMENTALE: si utilizza quando si vuol far compiere, eseguire qualcosa a qualcuno;

b. F. DI CONTROLLO: corrisponde ad un comando, ad un ordine in termini verbali o /e paraverbali;

c. F. INFORMATIVA: quando si informa, si spiega qlc.;

d. F. ESPRESSIVA: esprime sentimenti, stati d’animo;

e. F .VALUTATIVA: esprimere valutazioni;

f. CONTATTO SOCIALE: ha la funzione di instaurare o cercare di instaurare un rapporto/relazione comunicativa con qlc.;

g. ALLEVIAMENTO DELL’ANSIA: quando si parla di un problema che causa tensione;

h. STIMOLAZIONE: ha la funzione di sollecitare lo scambio comunicativo con qualcuno;

i. RUOLO: quando si comunica in funzione della situazione o del ruolo sociale o professionale che si ricopre.

Proviamo ora a fare qualche esempio che possa meglio illustrare le singole funzioni.

- (a) Ad esempio la moglie che dice al marito “Mi vai a svuotare la spazzatura, per favore?” con un tono leggero e tranquillo svolge una F. strumentale,

- (b) mentre la frase “Vai a svuotare la spazzatura!!!!!”, detto con volume alto e tono secco, oltre ad avere una F. di controllo,

- (d) può avere anche una F. espressiva: ad esempio la moglie esprime rabbia e/o risentimento perché, poniamo, il marito non esegue mai o raramente questa mansione oppure che lo fa, ma solo dopo che gli è stato detto ripetutamente.

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- (c) La frase “Hai visto che il bidone della spazzatura è pieno?”, ha un’apparente o superficiale - F. informativa

- (b-a) ma di fatto svolge una F. di controllo o strumentale, a seconda dal tono con il quale viene detta.

- (f) Cambiando esempio: un viaggiatore all’interno di uno scompartimento ferroviario che rivolto al suo dirimpettaio dice “Bella giornata, oggi, non trova?”, non è probabilmente interessato ad una discussione metereologica, ma probabilmente a scambiare due chiacchere con l’ altro viaggiatore, al fine di per rompere la noia o la monotonia del viaggio: svolge, quindi, una F. di contatto sociale, al fine di sollecitare uno scambio comunicativo,

- (h) cioè svolge anche una F. di stimolazione; come del resto fa il ragazzo che “abborda” la ragazza chiedendole l’ora o una sigaretta:

- (c) la FUNZIONE è apparentemente informativa, l’ora,

- (a) o strumentale, la sigaretta,

- (f) bensì l’aspetto principale, come si è detto prima, si riferisce però alla F. di contatto sociale

- (h) e di stimolazione.

- (i) La Funzione comunicativa di ruolo si ha ad esempio quando uno studente ascolta con interesse l’insegnante che spiega, ma allorché suona la campanella, in genere interrompe il processo attentivo – salvo brevi code, per permettere all’insegnante, rapidamente di finire il ragionamento – per fare una breve pausa o per rivolgere l’attenzione al successivo insegnante; oppure lo stesso insegnante, magari ascoltato con interesse in aula, non lo sarebbe ovviamente in una discoteca, dove questi parlasse di matematica, anzi: in questo caso cambia il ruolo che entrambi svolgono in differenti momenti della giornata: ad esempio il bambino che è stato attento e immobile in classe tutta la mattinata, arrivato a casa và in cortile correndo a lungo e facendo giochi in cui urla.

Faremo ora degli esempi un po’ più professionalizzanti, in modo da rendere più chiare le FUNZIONI medesime.

- (a) Il bambino, che dice all’operatrice “Ho sete” svolge una F. strumentale,

- (c) oltre che informativa;

- (b) se però è da diverso tempo che è da solo e che percepisce lo stimolo della sete senza che nessuno si sia avvicinato a lui, può darsi che, appena vede l’operatrice dica a voce alta e con rabbia “Ho sete” svolge molto probabilmente una F. di controllo

- (d) così come anche una F. espressiva (rabbia);

- (i) va da sé che vi è pure una F. di ruolo.

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Un bambino ammalato, costretto a letto o comunque in casa o limitato nelle sue possibilità di movimento e che è in grado di percepire la malattia: in parole povere che passa molto tempo da solo, che percepisce la sua solitudine, magari è quasi totalmente o totalmente immobile può esprimere con la frase “Ho sete” - espressa magari più volte, magari soddisfatta ripetutamente – un bisogno di CONTATTO SOCIALE ed anche una FUNZIONE di STIMOLAZIONE: ovviamente non è assolutamente da trascurare che abbia solo, unicamente e terribilmente SETE!!!!Come abbiamo visto, quindi l’operatore si trova di fronte continuamente il compito di discriminare, distinguere e valutare COMUNICAZIONI: in base a questa sua abilità attuale, alla voglia e volontà di migliorarla e affinarla – che detto per inciso sono tutti processi interiori che gli altri non necessariamente percepiscono (colleghi o supervisori di tirocinio) – dipenderà la qualità delle sue Relazioni, cioè se effettivamente siano Relazioni d’aiuto (RDA) oppure Relazioni puramente incidentali.

Domande di ripasso

1) Quali sono le funzioni della comunicazione?

2) Spiega il significato di ognuna di esse.

3) Per ognuna di esse descrivi un esempio: eventualmente l’esempio può anche essere inventato.

Esercitazione

Abìtuati ad analizzare le relazioni comunicative in quest’ottica, magari anche subito dopo che sono avvenute ed a valutare qual è la funzione predominante di quella comunicazione.

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RE e Lavoro d’Equipe

Questo capitolo nasce dalla constatazione di come – per cercare di attuare un’efficace RDA – sia indispensabile non solo che la Relazione Operatore/Bambino sia improntata alla disponibilità/interesse/attenzione/amore/sensibilità percettiva verso il bambino stesso, ma che tutto il Sistema, la Rete dei colleghi e chi dirige l’organizzazione – dicevamo – sia improntata allo spirito di un’efficace RDA.

Come dice un’assioma della Teoria Generale dei Sistemi: un cambiamento in un’area del sistema produce un cambiamento, si ripercuoterà su tutti gli altri : come in una famiglia : se il padre arriva arrabbiato e iroso dal lavoro e lo esprime esplicitamente ed in modo aggressivo, ne risentiranno la moglie ed i figli.

Ciò che si vuole qui dire e ribadire è l’importanza del clima di lavoro tra colleghi - a cui ciascuno contribuisce – e quindi l’importanza di conoscere e riconoscere i meccanismi principali che determinano i comportamenti di gruppo.

Non sempre il lavoro di gruppo è efficace, anzi, può produrre dei danni: se il clima di lavoro è pesante – parlavamo prima di un breve esempio familiare – il paziente ne respira l’aria cupa e di conseguenza i suoi pensieri, emozioni e stati d’animo ne subiranno l’influsso.

Aggiungiamo come ormai non vi sia quasi più bisogno di ribadire come vi sia un enorme influsso degli aspetti psicologici sull’organismo: recentemente vi sono stati anche degli studi di quest’influenza sul sistema immunitario, sia in termini positivi che viceversa..

Non sempre il lavoro di gruppo è efficace, anzi, può produrre dei danni: se il clima di lavoro è pesante, negativo, se vi sono spesso conflitti, ne può risentire la salute del paziente.

Inoltre – tornando a quanto si diceva poco sopra - vi è da dire che le “dinamiche pesanti in un gruppo ”, creano nei singoli operatori stati di disagio e stress che a loro volta possono ricadere a cascata sui pazienti; ricordiamo per inciso che le persone percepiscono emotivamente le situazioni in cui vivono nei loro aspetti positivi e negativi, a prescindere dal titolo di studio che posseggono – 2° elementare, diploma di scuola superiore o laurea – o che essi siano contadini piuttosto che impiegati o dirigenti.

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Accenniamo ad alcuni meccanismi dinamici che possono verificarsi nei gruppi e deteriorarne il clima (vedasi poi gli allegati alla fine della dispensa, per una trattazione più dettagliata).

All’interno di un gruppo di lavoro può emergere lo spiccato individualismo di qualche operatore che può manifestarsi nelle seguenti maniere:

a) con la Sindrome della Vittoria/Sconfitta , dove risulta e risalta che la sconfitta dell’idea o delle argomentazioni di un collega avviene usando toni e modi aggressivi, dove non emerge l’idea più valida ma la persona più forte: l’importante è vincere, sconfiggere l’altro e le sue idee. Chi si comporta così antepone interessi strettamente ed egoisticamente personali – il bisogno di emergere, di apparire, di essere visibile, pena il non esistere – agli interessi che la professione dovrebbe tutelare – quelli dei pazienti – e si contrappone, rovina, intacca gli scopi per i quali l’organizzazione in cui egli lavora è stata creata e dalla quale – non secondariamente– è pagato;

b) con il Massacro delle Idee, dove c’è la tendenza a demolire le idee altrui, l’obiettivo è distruggere il lavoro altrui senza domandarsi se contenga qualcosa di valido;

c) con la Sindrome dell’Uomo Nero l’obiettivo è trovare un colpevole: l’obiettivo del gruppo passa dalla ricerca della soluzione a quella del capro espiatorio;

d) con la Sindrome della Mosca Cieca, dove l’analisi puntigliosa dei dettagli finisce col far perdere di vista il reale obiettivo.

Ciò di cui abbiamo appena parlato tratta di alcuni meccanismi tipici degli incontri d’èquipe: ma ve ne sono parecchi altri che avvengono, ad esempio, nelle interazioni tra colleghi e pazienti e tra colleghi durante il lavoro.

L’operatore che dice al paziente “Ma chi né stato a fare il letto in questa modo?” oppure ancora il collega che ne critica un altro, magari in presenza di altri – colleghi o parenti – non è professionale e non sta lavorando per lo spirito che l’organizzazione prevede.

Potremo dilungarci – ovviamente il tema si presta ad una trattazione più ampia ed esaustiva, ma non è lo scopo di questo lavoro.

Ciò che ci preme dire e sottolineare, forse mai abbastanza, è l’enorme, fondamentale importanza che il clima di lavoro del gruppo riveste per il bambino: il rispetto per il collega si traduce con l’esprimere anche critiche, suffragate però da dati di fatto, nella/e sedi più appropriate (durante le riunioni o in luoghi dove altri non sentano) o comunque lontano dagli occhi e dalle orecchie dei bambini e dei loro parenti; ove non ci sia la possibilità di un accordo o condivisione dei punti di vista operativi ha da esserci la visione e la capacità di far riferimento al proprio diretto superiore.

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In altre parole ha da esserci una grande consapevolezza del proprio ruolo professionale, disgiunto dagli aspetti personali, suffragato dalla capacità e dalla volontà di affermarlo, sempre nell’ottica del servizio al paziente.

Domande riepilogative.

1) Quali sono le maniere con le quali può manifestarsi lo spiccato individualismo di qualche operatore? Descrivile.

Esercitazione

Individua almeno due situazioni professionali in cui sia emerso come il lavoro di gruppo – d’èquipe abbia inciso in maniera positiva sul servizio ed un’altra in cui sia avvenuto l’opposto.

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Le Competenze Trasversali e la RE.

Le Competenze Trasversali (v. Allegati) o Competenze Chiave (CT) o Key Skills si differenziano dalle

• Competenze di Base, cioè quei requisiti che ogni persona dovrebbe possedere o che il processo di apprendimento canonico dovrebbe fornire: la scuola dell’obbligo;

• le Competenze Tecnico-Professionali, sono quelle capacità e conoscenze specifiche di una certa professione e/o funzione;

• le Competenze Trasversali fanno riferimento ad una serie di capacità, come ad esempio: cooperare in un gruppo per produrre un risultato positivo, gestire positivamente i conflitti, esprimersi verbalmente in modo chiaro ed adeguato al contesto e saper argomentare le proprie affermazioni, riconoscere sentimenti ed emozioni e saperli esprimere in modo adeguato al contesto, riconoscere le proprie modalità di comunicazione.

Si tratta, cioè, di una serie di abilità che i diversi operatori che lavorano nel medesimo ambito e/o con le medesime persone devono/dovrebbero possedere.

Alla stessa maniera la Tagesmutter dovrà valutare con ogni singolo bambino/genitore se parlare in modo conciso oppure descrivere in modo approfondito, valutare l’effetto di ciò che dice, valutare se è il caso di interrompere o sospendere momentaneamente la comunicazione verbale.

Negli allegati finali le CT sono descritte in dettaglio: ciò che ci preme evidenziare è che un ‘operatore può possedere tutte le conoscenze tecnico-professionali richieste, ma se poi quando comunica col b. o con i colleghi usa uno Stile comunicativo dominante di tipo Aggressivo (v. capitolo sugli “Stili comunicativi” ed Allegati), non Ascolta l’Altro ed è più orientato ad affermare le proprie convinzioni, i propri desideri e bisogni, trascurerà di ascoltare e prendere in considerazione quelli altrui.

Magari non è neppure consapevole o molto poco degli effetti delle sue comunicazioni sugli altri, allora meglio sarebbe che costui cambiasse professione,

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evitando così ad altri danni, disagi, dolori dei quali dovrebbe occuparsi in una relazione che non sia di Potere o Inconsistente, ma effettivamente d’Aiuto.

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Etica e RE, bambino e liquido amniotico.

Il tema dell’ETICA, di ciò che è giusto o sbagliato fare si pone molto spesso in modo forte all’interno della propria professione e non solamente lì.

Il tema della MORALE è un tema che si pone la filosofia dai suoi inizi ed è il problema del bene e del male.

Come dice San Francesco “Signore, fammi fare il bene, Signore fammi evitare il male, ma soprattutto fammi distinguere l’uno dall’altro!”

Come abbiamo visto, anche se succintamente, il tema dell’etica è un tema delicato, importante e talvolta di difficile soluzione: ha da essere visto di volta in volta in modo critico, usando le categorie critiche della ragione; anche ragionando sulle nostre idee irrazionali, preconcette, quale potrebbe essere quella di ritenere che vi sia per forza una ed una sola soluzione giusta, mentre magari ognuna delle possibili soluzioni ha in sé elementi spuri, è possibile e probabile che non sia esente da errori e da sofferenze per l’altrui persona: ad esempio medicare una ferita, eseguire un posizionamento o fare uno spostamento di un ammalato può comunque essere doloroso; commentare una diagnosi, esprimere un parere: ognuna di queste azioni può contenere elementi di dolore per l’altro.

Anche il conflitto tra la propria morale – tra ciò che noi come singole persone riteniamo giusto –e/o e quella del gruppo organizzazione all’interno del quale noi operiamo – e che essa ritiene giusto – entra nel campo del nostro operare; la domanda che ci poniamo è “E’ giusto privilegiare la propria morale o quella del gruppo”? E’ ovvio che questo è un DUBBIO che fa parte della tematiche della morale.

Immanuel Kant diceva che la morale è una morale individuale. E con ciò ritorniamo a poche righe sopra: è il gatto che si morde la coda.

Come abbiamo più volte detto, scopo di questo sintetico lavoro, è quello di fornire spunti di riflessione, dubbi, interrogativi – non solo, ovviamente – dai quali “il perfetto operatore” non può prescindere: chi intraprende un percorso di formazione non può e non deve esimersi dal porsi questi interrogativi e, ovviamente, “in primis” chi la fa come docente, come educatore di nuove leve.

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Tornando alla frase del titolo “Etica e RE: bambino e liquido amniotico”.

Entrambi non possono fare a meno l’uno dell’altro. Lo auspichiamo ardentemente, come auspichiamo che i nuovi operatori/operatrici si facciano promotori nei Servizi, dove andranno ad operare di idee, teorie, capacità, di spirito critico orientato al miglioramento dei Servizi stessi, in altre parole di una visione dell’Uomo e dei rapporti tra persone che sia di attenzione, sensibilità, amore verso l’Altro, gli Altri: bambini, colleghi, in altre parole di tutti coloro con i quali entra in Relazione.

Non è una visione utopistica e slegata dalla realtà, un mondo perfetto dove tutti si amano e si vogliono bene: è uno Spirito, una tendenza, eine Strebung, una convinzione, una linea, un qualcosa che orienta il nostro operare quotidiano, istante per istante: potremo fallire o riuscire, in parte o “in toto”.

L’unica cosa certa è che dobbiamo provarci .

O in alternativa provare a cambiare mestiere!!!!

Esercitazione

• Individua almeno due situazioni professionali in cui l’aspetto etico abbia inciso sulle scelte in maniera determinante.

La scelta delle situazioni può riguardare voi stessi o altri.

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Osservazioni di metodo d’aula

Vi è da aggiungere a quanto detto finora riguardo ai contenuti previsti dal corso, che l’ordine cronologico col quale sono stati descritti può configurarsi come il medesimo d’aula, fermo restando che, il concatenamento dei punti è anche legato alle tematiche che man mano emergono in classe, sia da parte del docente che degli allievi.

Da ultimo vi è da dire che il grado di approfondimento dei vari contenuti è esso sì variabile, nel senso che all’interno di ogni gruppo classe si prendono direzioni di volta in volta diverse, dove ogni gruppo ha livelli di consapevolezza, di maturità e di interessi differenti, che è giusto assecondare, guidare e dei quali è comunque importante tener conto.

I contenuti proposti sono molti e potenzialmente molto vasti e quindi l’approfondimento non è sempre omogeneo oppure uguale per ogni gruppo.

Considerazioni conclusive generali

Proveremo a trarre delle brevi conclusioni di queste pagine.

Abbiamo visto che per attuare o perlomeno provare ad attuare un’efficace RDA, abbiamo bisogno di preparazione teorica: conoscenza, cioè dei principali aspetti di teoria della comunicazione, verbale e non-verbale, degli stili comunicativi, delle funzioni della comunicazione; abbiamo bisogno di conoscere e riconoscere i nostri pensieri ed emozioni e solo successivamente decidere cosa farne di essi; abbiamo bisogno di sapere quali aspetti ci frenano nella relazione, quali sono le nostre caratteristiche relazionali positive, dove cioè siamo “bravi” e dove viceversa “dobbiamo lavorare, migliorarci”; abbiamo da sapere la fondamentale importanza del nostro atteggiamento interiore verso l’Altro, in ogni momento: è il tema dell’Ascolto partecipato. Questo è il filo invisibile della Relazione. I nostri pensieri, emozioni…arrivano all’Altro e lo influenzano: dobbiamo esserne consapevoli: è l’Amore che genera o, più precisamente, può generare Relazioni/Rapporti.

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Abbiamo visto il Ruolo del lavoro in gruppo e di gruppo ed i suoi possibili effetti sul bambino, l’importanza delle CT o meglio delle Competenze di Vita; il ruolo amniotico dell’Etica: in altre parole la RE come Relazione vitale, generativa e di come in fondo, occuparsi di RDA, alla fine è occuparsi con un occhio di riguardo anche di se stessi, del proprio miglioramento come persone: la RE così intesa ce ne offre l’opportunità: sta a noi coglierla: speriamo di riuscirci.

Bibliografia

- 1) Richard Bandler: ”Usare il cervello per cambiare”, 1986, Astrolabio;

- 2) Andrea Canevaro, Arrigo Chieregatti: ”La relazione d’aiuto”, 1999 Carocci;

- 3) Carkhuff: “L’arte di aiutare” (Manuale), 199…; Erickson;

- 4) Roberts Monty: ”L’uomo che ascolta i cavalli”, 1998, Rizzoli;

- 5) Michael P. Nichols: ”L’arte perduta di ascoltare”, 1997 Positive press;

- 6) D. Redigolo et alii: ”Il processo comunicativo nella relazione d’aiuto”, 1994, Rosini editore;

- 7) J. Russel, J. M. Fernandez-Dols (a cura di): “Psicologia delle espressioni facciali“, 1998, Erickson;

- 8) Marianella Sclavi: “Arte di ascoltare e mondi possibili”, 2000, Le Vespe;

- 9) Paul Watzlawick, Janet H. Beavin, Don D. Jackson: ”Pragmatica della comunicazione umana”, 1971 Astrolabio;

- 10) Asha Philips: ”I no che aiutano a crescere”, 1999, Feltrinelli;

- 11) Tracy Hogg: “Il linguaggio segreto dei neonati”, 2002, Mondatori;

- 12) Jean Piaget: “La rappresentazione del mondo del fanciullo”, 1966, Boringhieri;

- 13) R.D. Laing: “Normalità e follia nella famiglia”, 1970, Einaudi;

- 14) R.D.Laing: “Conversando con i miei bambini”, 1978, Einaudi;

- 15) Maria Montessori:” Il bambino in famiglia”,1956, Garzanti;

- 16) Penelope Leach:” Il bambino dalla nascita ai 6 anni”, 1978, Mondatori;

- 17) Miriam Stoppare:” Il bambino da zero a cinque anni”, 1998, IdeaLibri.

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ALLEGATI

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FASI della RELAZIONE D’AIUTO

A) PREPARATORIA: Raccolta delle Informazioni ( scritte, verbali, ecc.)

B) Osservazione (vista) / Ascolto (udito) /……………………..

(UTILIZZO DEGLI ORGANI DI SENSO)

C) Comprensione – Interpretazione – Valutazione

oppure anche

?

D) Azione – Intervento

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B1) Osservazione B2) Ascolto

B1) Osservare

- la cura di sé- i gesti ed i movimenti- le variazioni di posizione del corpo- se c’è contatto visivo- le espressioni del viso- le variazioni nello spazio prossemico

B2) Ascoltare

- il tono della voce- il volume della voce- la velocità

C) Comprensione / Interpretazione / Valutazione / ???

- Valutare quanto osservato ed ascoltato finora

- Ci può essere ancora qualche dubbio (????): riconsiderare l’opportunità di integrare le informazioni e/o l’osservazione/ascolto

D) Azione / Intervento

- Definire gli obiettivi

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- Elaborare un programma- Fissare le scadenze

Principi base per un buon ascoltatore

- se si vuol comprendere quello che l’Altro sta dicendo, bisognerebbe presumere che l’Altro - dal suo punto di vista – abbia ragione e chiedergli di aiutarci a vedere le cose dalla sua prospettiva

- non avere fretta di arrivare alle conclusioni: non interrompere; aspettare prima di rispondere

- ascoltare il tono della voce

- parafrasare (dire/ripetere) con parole proprie quanto ha detto l’Altro ( significato/sensazione) finchè questi non è soddisfatto

- accogliere i dissensi come occasioni per migliorare le proprie capacità di gestione creativa del conflitto

- ricordarsi che c’è una differenza tra il numero di parole che si possono dire in un minuto (100-150) e quelle che si possono pensare (400/500): l’Altro è ciò che pensa in quell’ istante.

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Descrizioni Comportamentali Descrizioni non-Comportamentali

Caso 1: Kevin è un bambino di cinque anni che frequenta la scuola materna.

Il primo giorno di scuola, dopo essere entrato in classe, pianse per cinque minuti e nonj voleva levarsi il cappotto. Trascorsi altri cinque minuti, Kevin cominciò a giocare con dei blocchi di costruzioni.

Il secondo giorno Kevin pianse per circa due minuti, dopo che la mamma se n’era andata.

Il terzo giorno Kevin non pianse più e salutò la mamma con la manina.

Nei primi giorni di scuola Kevin non si trovava bene nella scuola materna.Poi però si è abituato ed adesso si diverte un mondo.

Caso 2: Sonia è una ragazzina che frequenta la seconda media

Nella quarta ora si è guardata quattro volte allo specchio, si è guardata in giro dieci volte ed in ognuna di queste occasioni Paolo e Mirko si sono girati a guardarla.

Sonia è vanitosa e disturba i compagni che le stanno accanto.

Caso 3: Tadzio è un bambino che frequenta la terza elementare

Tadzio non sta mai seduto per più di dieci minuti consecutivi e si alza più frequentemente nelle ultime ore di lezione rispetto alle prime.

Tadzio è un bambino iperattivo, non sta mai seduto.

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Differenza tra DATO e DEDUZIONE

Molto spesso nel riferire quanto è accaduto ad un paziente oppure nelle discussioni tra colleghi succede che ci si accalora, che la discussione si accende, che ci sono contrasti che potrebbero essere ridotti o evitati se le persone coinvolte riuscissero ad avere una maggiore accuratezza nel descrivere quanto hanno osservato o ascoltato: cioè a separare i DATI dalle DEDUZIONI o INTERPRETAZIONI che dir si voglia.

Per DATO si intende l’aspetto esteriore o il comportamento di una persona. Ad esempio se “sorride”, “piange” o “stringe i pugni”;Per DEDUZIONI si intendono, invece, i nostri giudizi come “socievole”, “simpatico”, “arrabbiato”. Ciò che qui si vuol dire è che i Giudizi possono essere veri, corretti, corrispondere alla realtà: però con i giudizi noi non permettiamo all’altra persona di farsi un’idea autonoma dei fatti.

Istruzioni: stabilite se le definizioni che seguono rientrano nella categoria dei DATI o delle DEDUZIONI.

Esempio

Di larghe veduteTic facciale

DATI DEDUZIONI □ □

□ □

Esercizio DATO DEDUZIONE

1. Si muove nervosamente □ □2. socievole □ □3. si morsica il labbro inferiore □ □4. alto 170 centimetri □ □5. sguardo astuto □ □6. siede scomposto □ □7. respiro frequente □ □8. sprofondato nella sedia □ □9. espressione triste □ □10.bel corpo □ □11.volgare □ □12.tipico esempio di matto da legare □ □13.siede composto, guarda fisso negli occhi □ □14.40 anni circa, cravatta in tinta, 24-ore □ □15.spalle curve, un lembo della camicia che avanza □ □ fuori dai pantaloni, sembra sulle spine16.persona molto infelice, chiaramente insoddisfatta □ □17.pelle giallastra, polso accelerato □ □

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Funzioni della Comunicazione

Noi comunichiamo per qualche motivo: (1) perché vogliamo farci portare del cibo al ristorante, (3) perché vogliamo informare qualcuno di qualcosa, (4) perché siamo arrabbiati – ad esempio – oppure per tutte e tre le cose contemporaneamente.

(3) Informiamo il cameriere che stiamo aspettando da parecchio tempo; (4) allo stesso tempo stiamo usando un tono di voce che esprime la nostra rabbia e (1) vogliamo che il cameriere ci porti al più presto quanto abbiamo ordinato.

Cioè nella nostra comunicazione di prima facciamo tre cose contemporaneamente.

Il problema è proprio questo: quando qualcuno (amico, amante, paziente) comunica con noi, qual è la cosa più importante che vuole comunicarci?O quali sono le cose che vuole dirci?

La comunicazione, in fondo, è tutta qui!!!

1. STRUMENTALE serve per far Compiere/eseguire qualcosa a qualcuno

2. CONTROLLO Comandare/ordinare3. INFORMATIVA Informare/spiegare4. ESPRESSIVA Esprimere sentimenti5. VALUTATIVA Esprimere valutazioni6. CONTATTO SOCIALE Instaurare un rapporto7. RIDUZIONE DELL’ANSIA Parlare di un problema che causa

tensione 8.STIMOLAZIONE Sollecitare lo scambio

comunicativo con qualcuno 9. RUOLO Comunicare in funzione del

ruolo/della situazione

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STILI COMUNICATIVI

( Modalità di comportamento comunicativo)

PASSIVO AFFERMATIVO(ASSERTIVO)(ESPRESSIVO)

AGGRESSIVO

- La persona rinuncia all’espressione di pensieri ed emozioni (***)

- Si sottomette al volere dell’Altro

- La persona esprime i propri pensieri ed emozioni, nel rispetto dell’Altro

- Disponibilità a vedere il suo punto di vista ed a raggiungere un accordo

- La persona esprime i propri pensieri ed emozioni, tenendo in considerazione solo il proprio punto di vista

- Lotta per il potere

- Attacco diretto o indiretto nei confronti dell’Altro

Nota

(***) pareri, opinioni, bisogni, punti di vista, sensazioni, sentimenti, desideri, ecc.

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COMUNICAZIONE NON-VERBALE

GESTI E MOVIMENTIDEL CORPO

TATTO

INDICATORIPARALINGUISTICI

ECOLOGIACOMUNICATIVA

POSTURA

COMUNICAZIONE

NON-VERBALE

SPAZIO

PROSSEMICO

APPARENZAFISICA

CONTATTO VISIVO

ESPRESSIONIDEL VISO

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BRAIN – STORMING (BS)

(Tempesta del cervello)

E’ una tecnica creativa utilizzata in ambito pubblicitario, che ha le seguenti caratteristiche:

1) STIMOLARE LA PRODUZIONE DI IDEE ELIMINANDO L’ASPETTO VALUTATIVO ( Cioè frasi del tipo:”Questo è già stato detto”, “E’ sbagliato”. “Non funzionerà”, “Costa troppo”, ecc.

2) STIMOLAZIONE ED INTERAZIONE CASUALE DI IDEE ( Cioè, dato un tema da sviluppare, ognuno potrà sentirsi libero di dire ciò che gli viene in mente a proposito, anche se ciò dovesse risultare apparentemente distante dall’input iniziale).

DINAMICA

A) DURATA: 30/45 MINUTI

B) PERIODO DI RISCALDAMENTO. Può essere necessario un po’ di tempo affinché il gruppo cominci a produrre idee

C) NUMERO DI PARTECIPANTI

D) CARATTERISTICHE DEI PARTECIPANTI

- Persone collocate più o meno alle stesso livello gerarchico

- Preferibilmente persone disponibili

PS: la tecnica del BS si può utilizzare in modo spurio in diverse situazioni: nel lavoro d’èquipe ad esempio, per stimolare la partecipazione ed il contributo dei singoli partecipanti

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FUNZIONI DEL TRAINER NEL BRAIN-STORMING

- Fluidificare lo scambio delle informazioni

- Definire il problema all’inizio della seduta e ridefinirlo più volte durante lo svolgimento della seduta stessa

- Bloccare sul nascere ogni tentativo volto a VALUTARE LE IDEE che via via emergono

- Fornire a tutti i partecipanti la possibilità di intervenire

- Assicurarsi che il CO-TRAINER abbia trascritto tutte le idee

- Chiedere al CO-TRAINER di leggere ad alta voce tutte le idee espresse, quando il flusso delle stesse sembra interrompersi

- Fornire stimoli e suggerimenti quando il flusso delle idee sembra essere terminato

- Iniziare e finire la seduta e curarne l’organizzazione

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L’OPERATRICE CREATIVA

A. CARATTERISTICHE COGNITIVE

- Finezza percettiva

- Capacità intuitiva

- Immaginazione

- Capacità critica

- Curiosità intellettuale

B. CARATTERISTICHE AFFETTIVE

- Sentimento ludico (giocoso) della vita

- Audacia

C. CARATTERISTICHE ORMICHE( cioè caratterizzate da comportamenti diretti ad un fine/obiettivo)

- Tenacia

- Tolleranza alla frustrazione

- Capacità di decisione

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COMPETENZE TRASVERSALI ( CT 1 )

(1) Diagnosticare le proprie competenze ed attitudini

• Identificare le proprie CONOSCENZE e CAPACITA’ in relazione al ruolo professionale e valutarne l’adeguatezza;

• Identificare PUNTI FORTI e PUNTI DEBOLI del punto precedente;

• Identificare e valutare l’efficacia dei propri STILI di RISPOSTA di fronte ad un problema;

• Identificare e valutare i PROPRI PROCESSI di PENSIERO;

• Riconoscere i propri SENTIMENTI ed EMOZIONI;

• Ricostruire verbalmente le proprie STRATEGIE di AZIONE, identificando punti di forza e debolezza.

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COMPETENZE TRASVERSALI ( CT 2 )

(2) Comunicare

• Costruire MESSAGGI adeguati al contesto ed alle caratteristiche degli interlocutori;

• Adottare STILI COMUNICATIVI adeguati;

• Esprimersi verbalmente in modo chiaro e Saper ARGOMENTARE;

• DECODIFICARE messaggi VERBALI e NON-VERBALI;

• ASCOLTARE e SAPERSI DECENTRARE nella Comunicazione;

• Riconoscere SENTIMENTI ED EMOZIONI;

• Riconoscere e saper utilizzare STILI COMUNICATIVI differenziati;

• Riconoscere le proprie modalità di comunicazione verbale e non-verbale, valutarne gli effetti e saperle modificare in tempo reale.

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COMPETENZE TRASVERSALI ( CT 3 )

(3) Lavorare in gruppo

• Comunicare efficacemente all’interno del proprio gruppo di lavoro;

• Comunicare efficacemente con altri gruppi di lavoro;

• Cooperare per produrre un risultato positivo;

• Esprimere PERCEZIONI, SENTIMENTI, OPINIONI di fronte agli altri;

• Sapersi DECENTRARE nella Comunicazione;

• Inserirsi in modo efficace in una rete comunicativa;

• Utilizzare il gruppo come contesto di verifica dei propri modi di leggere la realtà;

• Saper confrontare con altri la propria rappresentazione di un problema o di una situazione;

• Adottare MODALITA’ COOPERATIVE nella partecipazione di gruppo.

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