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DIAGNOSTICA: METODI AVANZATI DI ANALISI Fonte: IL MOBILE conservazione e Restauro di Cristina Ordonez, Leticia Ordonez,Maria Del Mar Rotaeche Casa Editrice: Nardini Editore I metodi passati in rassegna fino ad ora riguardano l' analisi delle opere d arte in superficie e, proprio per questo, non comportano alcun danno per le opere stesse. AI contrario, la maggior parte dei metodi analitici, richiedendo l' uso di un micro campione per poter procedere all' esame, implicano di conseguenza la modifica o la distruzione, anche se minima, di un frammento dell'opera. Pertanto, la scelta del campione ha un importanza prioritaria e non dovrà rispondere a criteri arbitrari, ma dovrà essere ricavato dalla parte più idonea in relazione al tipo d informazione che si desidera ottenere, basandosi inoltre sulle tecniche di analisi della superficie. La dimensione del campione dipenderà dalla tecnica che si intende utilizzare. Questo tipo d analisi presenta l'inconveniente di fornire un informazione limitata al punto specifico in cui è stato prelevato il campione e può non dare informazioni sull'area circostante. È quindi estremamente importante valutare, prima di procedere, fino a che punto le informazioni ottenibili possano essere significative per aree più grandi. Questi metodi vengono utilizzati sia per un approfondimento delle informazione, sia per confermare quelle fornite dai metodi d esame citati fino a questo punto. Quest'ampia raccolta di tecniche fisico chimiche può essere suddivisa in metodi semplici e metodi sofisticati. Metodi semplici Tra i metodi semplici a cui si può ricorrere per analizzare il mobile, segnaliamo: Esame al microscopio Questo tipo di esame viene utilizzato per studiare la morfologia delle particelle, analizzandone la struttura. Esistono diversi tipi di microscopi a cui si può ricorrere per analizzare i campioni a seconda dei tipo d ingrandimento desiderato (tra gli altri: microscopio ottico, stereoscopico, a fluorescenza, laser). Richiede la selezione di un campione, da scegliere in relazione al dato che si desidera ottenere, la cui dimensione e tipo di taglio dipende dalla tecnica dell'analisi che si intende effettuare. I campioni, per essere analizzati al relazione a quanto si vuole analizzare, può essere tagliata trasversalmente (cross section) o in lamine sottili che possono essere di pittura, legno, metallo o altri componenti dei mobile come osso, avorio o cuoio. Questo tipo di esame può essere integrato con analisi chimiche, ossia applicando una serie di reagenti chimici per analizzare il comportamento di materiali o sostanze che, osservati semplicemente al microscopio, non forniscono l'informazione richiesta, ad esempio la loro identificazione. Cross section Consiste nell'esame al microscopio di un campione che presenta una sezione trasversale al fine di osservare la struttura stratificata dell'opera, ossia tutti gli strati in essa esistenti a partire dal supporto fino alla superficie. Questo esame permette di verificare, ad esempio, se in un mobile dorato, sotto lo strato d oro che appare in superficie, ne esistano altri d imprimitura e% resti di questi, fornendo inoltre informazioni sulla loro natura e composizione. La cross section si usa inoltre per lo studio della successione degli strati di pittura in un mobile dipinto, ossia per conoscerne lo spessore e la dimensione, così come per identificare

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DIAGNOSTICA:  METODI AVANZATI DI ANALISIFonte: IL MOBILE conservazione e Restauro di Cristina Ordonez, Leticia Ordonez,Maria Del Mar Rotaeche Casa Editrice: Nardini EditoreI metodi passati in rassegna fino ad ora riguardano l' analisi delle opere d arte in superficie e, proprio per questo, non comportano alcun danno per le opere stesse. AI contrario, la maggior parte dei metodi analitici, richiedendo l' uso di un micro campione per poter procedere all' esame, implicano di conseguenza la modifica o la distruzione, anche se minima, di un frammento dell'opera. Pertanto, la scelta del campione ha un importanza prioritaria e non dovrà rispondere a criteri arbitrari, ma dovrà essere ricavato dalla parte più idonea in relazione al tipo d informazione che si desidera ottenere, basandosi inoltre sulle tecniche di analisi della superficie. La dimensione del campione dipenderà dalla tecnica che si intende utilizzare. Questo tipo d analisi presenta l'inconveniente di fornire un informazione limitata al punto specifico in cui è stato prelevato il campione e può non dare informazioni sull'area circostante. È quindi estremamente importante valutare, prima di procedere, fino a che punto le informazioni ottenibili possano essere significative per aree più grandi. Questi metodi vengono utilizzati sia per un approfondimento delle informazione, sia per confermare quelle fornite dai metodi d esame citati fino a questo punto. Quest'ampia raccolta di tecniche fisico chimiche può essere suddivisa in metodi semplici e metodi sofisticati. Metodi semplici Tra i metodi semplici a cui si può ricorrere per analizzare il mobile, segnaliamo: Esame al microscopio Questo tipo di esame viene utilizzato per studiare la morfologia delle particelle, analizzandone la struttura. Esistono diversi tipi di microscopi a cui si può ricorrere per analizzare i campioni a seconda dei tipo d ingrandimento desiderato (tra gli altri: microscopio ottico, stereoscopico, a fluorescenza, laser). Richiede la selezione di un campione, da scegliere in relazione al dato che si desidera ottenere, la cui dimensione e tipo di taglio dipende dalla tecnica dell'analisi che si intende effettuare. I campioni, per essere analizzati al relazione a quanto si vuole analizzare, può essere tagliata trasversalmente (cross section) o in lamine sottili che possono essere di pittura, legno, metallo o altri componenti dei mobile come osso, avorio o cuoio. Questo tipo di esame può essere integrato con analisi chimiche, ossia applicando una serie di reagenti chimici per analizzare il comportamento di materiali o sostanze che, osservati semplicemente al microscopio, non forniscono l'informazione richiesta, ad esempio la loro identificazione. Cross section Consiste nell'esame al microscopio di un campione che presenta una sezione trasversale al fine di osservare la struttura stratificata dell'opera, ossia tutti gli strati in essa esistenti a partire dal supporto fino alla superficie. Questo esame permette di verificare, ad esempio, se in un mobile dorato, sotto lo strato d oro che appare in superficie, ne esistano altri d imprimitura e% resti di questi, fornendo inoltre informazioni sulla loro natura e composizione. La cross section si usa inoltre per lo studio della successione degli strati di pittura in un mobile dipinto, ossia per conoscerne lo spessore e la dimensione, così come per identificare il colore della grana dei pigmenti. Sugli oggetti laccati questa tecnica si utilizza per esaminarne la composizione, il supporto e la sub struttura. Essa può inoltre contribuire all'identificazione di vernici, così come a distinguere le differenti finiture applicate sulla superficie del mobile. Sezione sottile Si tratta di un altro tipo di taglio del campione, che deve essere significativo in relazione al problema che si desidera risolvere. L osservazione al microscopio di questo tipo di sezione è utile per: l'identificazione dei diversi tipi di legno; la conoscenza della tecnologia di produzione dei metalli; la differenziazione dell'istologia caratteristica dei materiali organici presenti nel mobile, come

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l'osso, l'avorio, il cuoio ecc., e per determinare inoltre la loro solidità e i diversi tipi di alterazione subita. A seconda della trasparenza o opacità del campione, l'illuminazione applicata al microscopio dovrà essere variata. L osservazione avverrà quindi a luce trasmessa nel caso di campioni trasparenti, e a luce riflessa quando si dovrà osservare la superficie esterna di campioni opachi. Nel campo del restauro del mobile, in generale, si utilizza di solito la luce riflessa in quanto la maggior parte dei materiali è opaca. Microscopio con luce fluorescente Un tipo di microscopio che somma le diverse tecniche fino ad ora segnalate, e di cui è stata verificata l'efficacia per lo studio dei mobili, è il microscopio con luce fluorescente incorporata. L uso di questo tipo di microscopio permette l'osservazione e l'identificazione dei materiali presenti nelle vernici. Questo si ottiene grazie alla proprietà, comune a molti dei componenti delle vernici, di emettere una fluorescenza che li rende visibili quando vengono colpiti da luce ultravioletta. Concretamente, attraverso il suo impiego, è possibile: controllare il processo di pulizia di una vernice durante il restauro; esaminare la presenza di aggiunte e restauri; verificare se le vernici sono originali; avere informazioni sulla stratificazione delle vernici. Esame chimico Consiste nel riconoscimento dei materiali utilizzati sia per la costruzione che per il restauro del mobile, attraverso un insieme di reazioni chimiche generiche e specifiche. Segnaliamo due tra le tecniche più adeguate per lo studio dei materiali di cui sono costituite le opere d arte:Analisi chimiche o micro chimiche a goccia. Si effettuano dopo aver estratto dall'opera piccole quantità di materia che, sottoposte a diverse prove e osservate al microscopio, forniscono una prima approssimazione all'analisi qualitativa delle stesse. L applicazione di quest'analisi permette fondamentalmente l'identificazione delle diverse sostanze inerti: i pigmenti, i sali contaminanti, le cariche inerti, i prodotti corrosivi, i componenti minerali che costituiscono le imprimiture di pitture, metalli e leghe. Anche se meno diffusa per il riconoscimento di sostanze organiche, alcune di esse possono essere ugualmente identificate utilizzando tale tecnica.Prove specifiche di colorazioni di lamine sottili. Costituiscono una variante dell'esame chimico che fa uso di reazioni specifiche di colorazioni che vengono realizzate su lamine sottili di un materiale organico per l'identificazione e l'evidenziazione delle strutture particolari in esse presenti. Consentono il riconoscimento di agglutinanti, vernici e adesivi di carattere organico. Concretamente, il loro uso facilita l'identificazione di: sostanze di natura oleosa (lipidi) come l'olio di lino, di noce, di papavero, di cedro, di oliva ecc.; sostanze di natura proteica come le colle animali, la caseina e la chiara d uovo; polisaccaridi come gomme e amidi; misture naturali come il tuorlo, le resine ecc.; misture artificiali. È necessario utilizzare coloranti appropriati, reagenti lipocromatici e altri reagenti specifici per ogni componente. Se i risultati di questo tipo di analisi del campione si completano con quelli ottenuti con l'analisi chimica è possibile ottenere un informazione esauriente sulla composizione del campione analizzato. 

Prec. - Succ. >>Metodi sofisticati Si tratta di metodi molto più costosi e complessi che richiedono una strumentazione sofisticata. Pertanto bisogna ricorrere a centri di ricerca scientifica o a laboratori specializzati. II loro impiego si rende necessario quando le tecniche precedentemente citate non hanno fornito i risultati richiesti. Spesso questi metodi rappresentano un complemento di grande utilità in quanto possono essere utilizzati per confermare o contraddire i risultati forniti da metodi più semplici. Alcune di queste tecniche sofisticate possono inoltre offrire, in alcune occasioni, un informazione difficilmente ottenibile con altri mezzi. In generale necessitano del prelevamento di un campione. Anche se il restauratore deve conoscere l'esistenza di questi metodi, sarà il tecnico specializzato colui che, davanti alla

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problematica posta dal restauratore, ricorrerà all'uso del metodo o dei metodi più adeguati. Per questo motivo, considerato che non si tratta di effettuare in questa sede uno studio dettagliato dell'ampia e diversificata gamma delle tecniche disponibili ci limiteremo ad enunciare quelle di uso più frequente nell'analisi dei materiali che costituiscono le opere d arte e di quelli che sono motivo di deterioramento. È tuttavia necessario segnalare che per l'analisi di uno stesso tipo di materiale esistono diversi metodi a cui si può ricorrere. Si farà perciò uso di quello più appropriato a seconda delle circostanze di ogni caso specifico: ad esempio, gli obiettivi dell'analisi, il suo costo, la precisione del metodo, il formato del campione di cui si può disporre ecc.Metodi spettroscopici Si basano sull'esame dello spettro caratteristico di un elemento, che si ottiene mediante l'interazione di una radiazione elettromagnetica con la materia, e rappresentano la distribuzione d intensità della radiazione assorbita o emessa dal campione a seconda della sua lunghezza d onda. I metodi spettroscopici possono essere di emissione, di assorbimento o di diffrazione. Questi metodi servono per l'identificazione degli elementi chimici: spettroscopia atomica, o dei composti: spettroscopia molecolare. Combinando le due categorie precedenti otterremo, a seconda delle tecniche utilizzate: Spettroscopia atomica Si utilizza nell'analisi di sostanze inorganiche come pigmenti, argille, metalli e leghe ecc. All'interno di questa tecnica possiamo distinguere la spettrometria di emissione e la spettrometria di assorbimento.Spettrometria di emissione. Si basa sullo studio dell'emissione delle radiazioni caratteristiche di una materia eccitata da una fonte di energia elettrica o calorica. La spettrometria di emissione include le seguenti tecniche:spettroscopia ottica di emissione: si tratta di una tecnica analitica che esige la selezione di un campione; permette lo studio di pigmenti, sali, pietra, prodotti corrosivi e composti inorganici in generale;attivazione neuronica: si tratta di un analisi in superficie che non necessita di campione; è una tecnica normalmente utilizzata per la datazione e l'autentificazione e si basa sull'analisi delle impurità nei pigmenti, leghe metalliche ecc.;microsonda elettronica: risulta essere molto utile per l'analisi di un grande numero di problemi riferiti al degrado dei materiali e consente di esaminare in scala di micron le strutture materiche di dimensioni inferiori a quelle visibili a occhio nudo o addirittura con il microscopio, utilizzando per questo un fascio elettronico; in particolare consente di studiare la composizione degli strati di pittura, pigmenti, policromie, metalli, ceramica ecc.;fluorescenza a raggi X: si usa per l'analisi di superficie di materiali organici di natura diversa e variata come metalli, leghe, pigmenti, ceramica, vetro, pietra, prodotti corrosivi; è stata utilizzata per l'identificazione dei differenti metalli di cui sono composte le applicazioni e le guarnizioni decorative degli oggetti in lacca.Spettrometria di assorbimento. Questa tecnica si basa sullo studio delle radiazioni caratteristiche assorbite dalla materia eccitata da una fonte di energia radiante. Questo tipo di esame scientifico include le seguenti tecniche:assorbimento atomico: consente una rapida e precisa identificazione della maggior parte degli elementi; nell'ambito delle opere d arte, questo metodo può risultare di grande aiuto nei casi in cui è richiesta una precisa analisi chimica quantitativa elementare, soprattutto nel campo inorganico e minerale (metalli, pietra ecc.); si utilizza anche per l'analisi quantitativa elementare di pigmenti, sali, metalli, pietra, prodotti corrosivi e in generale composti inorganici;spettrometria di diffrazione: si basa sulla valutazione della diffrazione, in direzioni caratteristiche, di una radiazione quando colpisce le particelle materiche;

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diffrazione di raggi X: questa tecnica permette l'analisi qualitativa e cristallografica di qualsiasi sostanza cristallina; risulta essere utile nell'identificazione di pigmenti, sali contaminanti, prodotti corrosivi, leghe metalliche, pietre e ceramiche; è di difficile interpretazione se applicata ad oggetti antichi in lacca dipinti e dorati.Spettroscopia molecolare Permette lo studio delle strutture molecolari. Il suo uso più frequente è quello nell'analisi di composti organici come solventi, adesivi, consolidanti, agglutinanti, vernici, coloranti ecc. In questa sezione citeremo esclusivamente le tecniche di assorbimento in quanto quelle di emissione e diffrazione non si utilizzano nel restauro perché degradano il composto.spettroscopia di assorbimento UV: questo metodo consente l'analisi qualitativa di sostanze quali coloranti, solventi aromatici o lacche organiche; si usa, in alcuni casi, per l'analisi quantitativa elementare dei metalli e permette inoltre di realizzare prove di invecchiamento su diverse sostanze;spettrometria di assorbimento IR: il suo uso consente l'analisi qualitativa e semiquantitativa di quasi tutte le sostanze in tutti gli stati di aggregazione, come ad esempio vernici, adesivi, agglutinanti, pigmenti o altri materiali utilizzati negli interventi del passato.Tecniche di separazione. Questa tipologia si basa sulla separazione di una mistura o sulla separazione di frammenti per poter poi procedere all'identificazione di ciascuno di essi. Questa tecnica comprende, a grandi linee:Spettrometria di massa. Con questa tecnica si possono effettuare, con precisione e sensibilità, analisi qualitative e quantitative di leghe metalliche. Si può anche ricorrere ad essa per affrontare problemi di datazione. Può essere inoltre utilizzata per lo studio di materiali organici come agglutinanti, adesivi ecc. Una chiara limitazione alla sua applicazione nel settore delle opere d arte è data dal costo elevato della strumentazione e dalla complessità delle misture naturali.Cromatografia. Le tecniche cromatografiche comprendono: la cromatografia su strato sottile, la gascromatografia e la cromatografia ad alta pressione. Sono in sostanza metodi di separazione dei componenti di una mistura. Si tratta di tecniche analitiche che si caratterizzano per la grande sensibilità e che consentono di portare a termine separazioni e analisi su quantità molto piccole. Nel campo delle opere d arte risultano di grande utilità nell'analisi delle sostanze naturali: agglutinanti pittorici (proteinici e oleosi), resine, cere e gomme di origine vegetale ecc. Attraverso l'uso di questi metodi è stato anche possibile isolare ed identificare i vari componenti dell'urushi. Permettono inoltre di realizzare prove di invecchiamento su determinate resine come la Dammar.-Ultrasuoni. Questo metodo consiste nell'esame acustico che consente l'ispezione interna di materiali o di oggetti per determinarne l'invecchiamento e la natura. Si basa sull'emissione di ultrasuoni che producono un eco caratteristica e forniscono informazioni sullo stato dell'oggetto analizzato. Sul legno ci danno notizie circa la sua consistenza, se è tarlato, fino a che punto è giunto il degrado ecc. Sugli oggetti metallici permettono di verificare se questi sono vuoti all'interno.Metodi di datazioneMetodo dendrocronologico Si utilizza per datare gli oggetti in legno e si basa sullo studio delle fasi di crescita dell'albero da cui il legno proviene che si manifesta nella linea vegetativa formata dagli anelli del tronco. Lo spessore degli anelli, con crescita annuale, dipende dalle condizioni atmosferiche. La forma specifica degli anelli costituisce una caratteristica comune a tutti gli alberi di una stessa specie e di una stessa regione, che sono stati sottoposti alle stesse condizioni climatiche, ambientali, calamità naturali ecc. Attraverso questo studio si crea un modello che si basa sugli anelli cresciuti in un albero tagliato in un momento noto. Si tratta di un metodo che difficilmente dà risultati certi in quanto sarebbe necessario possedere gin modello di tutte le specie esistenti in ogni zona geografica di ogni paese, cosa che ancora non è stata realizzata. È inoltre indispensabile poter contare su un campione di

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legno di spessore sufficientemente grande da poter essere oggetto In opere molto documentate la sua applicazione può essere percorribile. Esempio ne è il leggendario tavolo attribuito a re Artù (VVI secolo d.C.). Con l'applicazione del metodo dendrocronologia si scoprì che in realtà il tavolo non appartenne a questo personaggio, perché gli anelli di crescita delle lastre di rovere che lo compongono non possono essere precedenti alla prima metà del secolo XIII, in quanto l'ultimo anello data intorno al 1220 21. Non fu invece possibile determinare la data. esatta di costruzione del tavolo in quanto molti anelli erano stati levigati. Un altro motivo che ne ha impedito l'esatta datazione è il fatto che, molto probabilmente, il legno fu fatto seccare prima di essere impiegato nella realizzazione dell'opera.Metodo del carbonio 14 Si tratta di una tecnica utilizzata per la datazione di oggetti di natura organica e si basa sulla misurazione degli atomi radioattivi del carbonio 14 contenuto in qualsiasi materia organica. Il funzionamento di questa tecnica, a grandi linee, è il seguente: considerato che l'attività radioattiva del carbonio 14 decresce con il passare del tempo, per datare una sostanza appartenuta a un organismo vivo è sufficiente misurare la radioattività residua di un campione che permette di conoscerne l'antichità. Queste datazioni hanno un margine d errore di trecento anni. Per questo tale metodo è applicabile solo ad oggetti molto antichi.Fonte: G. Laurianti restauratore in GenovaPrima di tutto ricordate che i mobili antichi sono oggetti "vivi" e che come tali risentono di tutti quei fattori climatici e ambientali che potrebbero danneggiare anche la salute di un uomo. A volte ad alcuni miei clienti che chiedono consiglio su come mantenere in salute i loro mobili rispondo: " Lei starebbe esposto ad una corrente d' aria intensa? Troverebbe salutare stare di fronte ad una finestra su cui batte il sole per un pomeriggio intero? Le piacerebbe stare chiuso una settimana in una stanza con il riscaldamento acceso, e senza mai avere ricambio d aria nell'ambiente?" E chiaro che la risposta in ogni caso è sempre no . Ebbene, anche se vi sembrerà eccessivo, queste sono le attenzioni dovute oltre che alla vostra persona, anche ai vostri amati oggetti. Un ultima cosa: a ricordarvi questa presenza "viva" alcune volte sentirete degli scricchiolii provenire dai vostri pezzi d arredamento non stupitevi, il legno subisce dilatazioni e restringimenti ed è quindi proprio per questo motivo che bisognerebbe cercare di seguire questi semplici consigli onde evitare anche danni alla struttura del mobile.

Ricordarsi ogni primavera e fine estate, di spolverare con cura il vostro mobile e lucidarlo con della buona cera.

Non utilizzate prodotti spray, o cere contenenti siliconi. Attenzione alle bevande alcoliche, se versate sulla superficie del mobile sciolgono la

gommalacca producendo notevoli danni. Se appoggiate delle piante sul mobile mettete un sotto vaso, e accertatevi che non

trasudi umidità. In primavera controllare in ogni parte che non vi siano fori di tarlo nuovi, e se così

fosse intervenire immediatamente, o rivolgersi al proprio restauratore di fiducia. Durante l'inverno evitare di tenere la temperatura in casa superiore ai 18/20°. Se non

è possibile mantenere queste temperature, facciate in modo che in casa ci sia una giusta

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umidità utilizzando degli umidificatori, o delle vaschette con acqua da apporre sui termosifoni.

Evitare, nella stagione estiva il sole diretto. Evitare le correnti d aria, soprattutto nelle giornate ventose e secche. In caso di danni accidentali su mobile, come righe, ammaccature, macchie sulla

lucidatura, evitare di intervenire personalmente se non si è sicuri delle proprie capacità. A volte per un restauratore rimediare a questi piccoli danni è un lavoro molto semplice e veloce.

Assolutamente vietato utilizzare chiodi per rimediare a difetti di sedie che "dondolano". Il danno che provochereste sarebbe maggiore di quello iniziale.

Pulizia della superficie del Mobile

Pulizia della superficie del mobileIl Mobile - Le Fasi del RestauroScritto da AA.VV.   inShare

  Nel lavoro di restauro di un mobile, si distinguono due tipi di pulizia: quella che generalmente si fa all'inizio, quando il mobile lasciato nella soffitta o nella cantina per anni, è ora pieno di polvere e sporcizia varia. In questo caso è necessario, munirsi di aspirapolvere, pennellini di varie misure a setole dure al fine di asportare tutto lo sporco polveroso anche dai punti più nascosti.  Il secondo tipo di pulizia, (ed è quello che ora approfondiremo) riguarda invece la superficie lucidata  del mobile, e viene effettuata quando il mobile non ha bisogno di essere sverniciato. Occorrerebbe fare ricorso alla sverniciatura solo in casi eccezzionali, ad esempio quando è stata utilizzata una vernice acrilica o colorta per "rinnovare" un vecchio mobile in anni passati.Contrariamente a quanto possa apparire, la pulitura del mobile è un'operazione alquanto delicata poichè si lavora su quella parte che costituisce l'aspetto estetico più evidente, pertanto una rimozione errata, troppo aggressiva o fatta malamente può comportare un irriversibile danno al quale difficilmente si potà porre rimedio.Quando la superficie del mobile è ancora finita a cera o gommalacca. allora potremmo limitarci a pulirla prima di passare a ravvivare nuovamente la lucidatura.Questa pulizia della superficie, si inserisce, nel lavoro di restauro, al termine di tutte le operazioni di reintegrazione o ripristino e consolidamento della parte lignea. Agiremo salvaguardando l' integrità della vernice originale e della patina,  procederemo gradualmente, provando all'inizio con solventi più blandi ed eventualmente passando a quelli più aggressivi se non si ottiene il risultato voluto. Conviene eseguire una "prova" in una parte poco a vista del mobile (es: la parte bassa/posteriore di un fianco) per verificare l' efficacia del metodo di pulitura che andremo a usare .

Per decidere come pulire un mobile, dovremo prima di tutto stabilire due cose: quale vernice è presente sul mobile e quale tipo di finitura vogliamo a nostra volta applicare. In sostanza, un mobile può essere pulito solo se dopo applicheremo lo stesso tipo di finitura di quella preesistente. Se intendiamo applicarne uno diverso, dovremmo procedere molto probabilmente alla sverniciatura.

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Avremo principalmente due tipi di finitura:  a cera,  o a gommalacca.

PULIZIA DI UN MOBILE RIFINITO A CERALa pulizia del mobile con finitura a cera può essere effettuata semplicemente con uno straccio imbevuto di trementina.Strofinate accuratamente la superficie del mobile adottando la pressione necessaria per ottenere il migliore risultato. Nel caso in cui lo sporco sia particolarmente tenace evitate di esercitare una pressione troppo forte nello stesso punto, in quanto ciò potrebbe schiarire il legno e compromettere gravemente l' estetica del mobile. Per evitare tale inconveniente provate a porre sulla zona macchiata alcune gocce di trementina, lasciate che agiscano per qualche minuto, quindi strofinate la macchia. PULIZIA DI UN MOBILE RIFINITO A GOMMALACCAPer pulire efficacemente un mobile verniciato con la gommalacca conviene impiegare una soluzione (detta triplice, dal numero dei componenti) preparata con:

- 100 ml di trementina;- 50 ml di alcool a 95°;- 50 ml di olio paglierino.

Strofinate energicamente ma uniformemente il mobile con tale soluzione per mezzo di un tampone di cotone. Sostituite spesso il cotone e diminuite gradualmente la pressione esercitata fino a raggiungere il risultato ottimale.Nel caso di sporco tenace, si può aumentare leggermente la percentuale di alcool, facendo però attenzione a non eccedere  perché asportereste degli strati di gommalacca e ciò vi costringerebbe a sverniciare e riverniciare il mobile. Una volta terminata questa fase strofinate il legno con un panno asciutto e pulito.Gli interventi fino ad ora suggeriti, se eseguiti correttamente,   non ledono la patina, quindi si possono attuare con prudenza , anche su mobili antichi. Pulizia di macchie ostinateE molto frequente che le superfici da restaurare dopo la sverniciatura si presentino ancora con macchie diffuse, la cui eliminazione (o attenuazione) è operazione tra le più difficili in restauro. Se le macchie resistono ad una leggera carteggiatura, la loro eliminazione dipende dalla lontananza temporale, dalla profondità di penetrazione nel legno, dal tipo di legno, ma soprattutto dall'individuazione (non facile) del tipo di macchia. Se le macchie risultano essere molto ostinate, conviene tenersele, del resto fanno anch' esse parte della storia del mobile. Insistere oltre un tentativo ragionevole, si rischia di recare più danno della presenza della macchia stessa.Ecco alcuni consigli per il loro trattamento: Liquidi zuccherini.In questo caso imbibire la zona interessata tamponando con acqua calda. Quindi asciugare con una carta assorbente ed attendere la completa asciugatura.

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Sostanze alcoliche.Ove vi siano macchie di questo tipo l'intervento è un po disperato. Si può comunque procedere applicando un tampone di cotone imbevuto di 50% di Essenza di Trementina e 50% di Petrolio Rettificato. Quindi pulire con Alcool 94. Inchiostro.Si può provare ad eliminare le macchie con un batuffolo di ovatta imbevuto di ¾ di acqua ed ¼ di Acido Ossalico. Circoscrivere l' intervento alla sola parte macchiata. Lasciare agire per qualche minuto, quindi sciacquare con una spugna pulita. Unto e grassi.In questo caso le situazioni sono le più diverse e non sempre è possibile arrivare all'eliminazione completa. Si può provare strofinando la zona macchiata con un batuffolo di cotone imbevuto di Alcool 94. Oppure si può tamponare la macchia con Alcool 94 e Talco e quindi si asciuga con Carta Assorbente riscaldata da un ferro da stiro. Tracce o macchie di mordente.Si eliminano intervenendo sulle zone interessate con tamponature di 30% acqua, 30% di Ammoniaca (escluso legno di castagno o rovere) e 30% di Acqua Ossigenata 130 volumi. Quindi si sciacqua più volte con una spugna imbevuta d acqua. Altro Ricettario.Qualora si conosca la natura delle macchie può essere utile tenere presente il seguente universale ricettario chimico, da applicarsi con tamponature di ovatta o Pasta di Cellulosa: Tipo di macchia o incrostazione  Procedimento di pulizia

Acidi  Ammoniaca o Bicarbonato di Sodio quindi risciacquare a lungo 

Caffè   Soluzione concentrata di Sale da cucina quindi risciacquare a lungo

Catrame e derivati  Ammorbidire con Olio caldo pulire con Benzolo, Xilolo  quindi lavare con Acqua e Sapone

Erba Alcool intiepidito con fornellino elettrico Quindi risciacquareFuliggine soluzione al 20% di Acido TartaricoImpiastro adesivo Benzina rettificata, Benzolo, SverniciatoreInchiostro Glicerina, Acido Acetico o CitricoOlii vegetali  Benzina rettificata o BenzoloResine   Alcool 94

Ruggine

soluzione di Cloruro di Zinco al 10%oppure Acido Citrico al 10%oppure Acido Cloridricooppure soluzione al 5% di Acido ossalico   quindi sciacquare con Acqua

Sangue ammorbidire con Ammoniaca diluita poi trattare con soluz. di Acido Ossalico 20% quindi sciacquare con Acqua.

 

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 Lo smontaggio del Mobile

Lo Smontaggio del mobileIl Mobile - Le Fasi del RestauroScritto da AA.VV.

Indice

Lo Smontaggio del mobile

Togliere le cerniere

Togliere la ferramenta

Separare i pezzi malfermi

Rimuovere chiodi e viti

Tecniche di smontaggio

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Pagina 1 di 6Fonte: ha collaborato il restauratore Fabio del sito Il Restauro del Mobile

Passiamo senz'altro affermare che la pulizia e lo smontaggio del mobile rappresentano le prime fasi del lavoro, benché non sia possibile stabilire una priorità assoluta tra le due.Infatti, si potrà iniziare con lo smontare il mobile nelle sue componenti principali, pulirle, e poi rendersi conto di dover smontare ulteriormente i singoli pezzi.Sarà, quindi, l'esperienza a suggerire, di volta in volta, l'ordine da seguire nel caso concreto.In linea di massima, si può distinguere tra lo smontaggio delle parti che compongono il mobile che chiameremo DISASSEMBLAGGIO, fissate fra di loro  con perni, cerniere, piastrine, graffe, chiavarde, di elementi metallici come pomelli, maniglie, fregi decorativi, di elementi ausiliari come vetri, marmi e tappezzerie e lo SMONTAGGIO relativo di parti che sono, o dovrebbero essere fra di loro incollate in modo permanente e solidale.

 DISASSEMBLAGGIONel disassemblare un mobile o una parte di esso consigliamo di tenere bene a mente il modo in cui pezzi, erano stati montati ed eventualmente di contrassegnarli, di numerarli e di disegnare su un foglio, meglio su un agenda, il verso, la disposizione con cui erano stati fissati. Nei mobili più antichi è bene contrassegnare anche le viti per poi poterle rimontare allo stesso posto.Inutile dire che cerniere, maniglie, etc vanno conservate accuratamente, possibilmente in un cassetto o scomparto a ciò appositamente destinato.Naturalmente, la decisione sul loro riutilizzo o meno, andrà presa sia in base alla loro integrità, funzionalità o possibile riparabilità, sia in base alla loro concordanza stilistica col mobile.Con ciò intendiamo dire che tali oggetti devono essere in "canone", ovverosia aderenti allo stile del

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mobile, altrimenti è meglio sostituirli con delle buone riproduzioni.Togliere i marmiBenché i marmi, generalmente, non venissero fissati, vi sono delle eccezioni.Infatti, talvolta venivamo incollati; in tal caso, se non è proprio indispensabile, consigliamo di non toglierli, facendo però attenzione, poiché un loro improvviso distacco potrebbe mandarli in frantumi.Nelle "toilette" di fine 800, il piano in marmo è spesso sormontato da dei piccoli marmetti, uno su ciascun lato e uno sul fondo.

Fig. 1

 Generalmente sono fissati a incastro, ma talvolta venivano avvitati.Per toglierli occorre partire da quelli laterali. (fig 1).In alcuni comò, il piano di marmo è a incastro, e per toglierlo è necessario individuare il foro presente nel sottopiano.Spingendo da sotto con un legno è così possibile sollevarlo.Per scostare marmi di una certa dimensione occorre afferrarli di taglio altrimenti potrebbero rompersi

 Togliere i vetri

 Fig. 2a

 Fig. 2b

Spesso i vetri sono tenuti in posizione da "braghettoni" ovverosia da regoli di legno fissati con dei chiodini.Togliere quelli rappresentati in fig 2a, non presenta particolari difficoltà; partendo da quelli

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contrassegnati con il numero "I" si inserirà uno scalpello in prossimità dei chiodi facendo delicatamente leva.Quelli rappresentati in figura 2b, sono più difficili da togliere; si partirà dal centro di uno dei regoli più lunghi, arcuandolo leggermente verso l'alto e con un po' di attenzione, sarà possibile toglierlo senza romperlo.Si proseguirà nell'ordine segnato in figura 2b.

Fig. 3

 

Fig. 4

Talvolta i vetri venivano inserite in delle scanalature, con la traversina superiore completamente traforata per permetterne l'estrazione. (fig.3)Nel caso in cui tale traversina non sia stata traforata per togliere il vetro sarà necessario sfilarla.Spesso ciò è possibile senza eccessive difficoltà, giacché in tali casi non veniva incollata ma semplicemente bloccata con dei cavicchi o con delle viti, (fig 4).

Fig. 5

Altro sistema per fissare i vetri era l'utilizzo del mastice il quale aveva il vantaggio di creare una struttura vetro-cornice estremamente robusta, evitando il tintinnio e la flessibilità degli altri sistemi di fissaggio (fig 5).Disgraziatamente tale mastice, col tempo, diviene durissimo, percui non è affatto facile toglierlo.Nel caso in cui ciò fosse indispensabile, ad esempio per la sostituzione di un vetro rotto, può essere utile scaldare il mastice con la punta di un saldatore.

 Togliere la tappezzeria 

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Sebbene sia un lavoro spiacevole è necessario, nella maggior parte dei casi, per un corretto restauro di sedie, poltrone e divani.Dire che i tessuti e l'imbottitura siano spesso molto impolverati è un eufemismo, e ciò è dovuto anche alla deprecabile abitudine di alcuni tappezzieri di mettere i nuovi tessuti senza prima aver tolto quelli sottostanti.Consigliamo, pertanto, di indossare una mascherina che protegga dalla polvere.Inoltre si potrà togliere, in via preliminare, facendo uso di un taglierine, quanto più tessuto e imbottitura possibile, a meno che non si tratti di stoffe di estremo pregio e quindi da recuperare, caso piuttosto remoto a dir la verità.

Fig. 6 Fig. 7

Si procederà, quindi, a togliere le bollette da tappezziere con la apposita scacciachiodi, tenendo il manico rivolto in direzione opposta rispetto al legno, in modo da non danneggiarlo (Fig 6).Ovviamente, andranno tolte anche cinte e le eventuali molle d'acciaio, (fig 7).

Smontaggio delle cerniere 1) Cerniere a polliceSono costituite da due barrette di metallo con dei fori di fissaggio; una con un perno, detta "maschio", e l'altra, detta "femmina", con un foro dove va ad alloggiare il perno.

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Fig. 8a

La femmina viene incassata nelle traverse del mobile mentre il maschio nelle traverse inferiori e superiori delle ante (figure 8a e 8b).Nello smontare le ante occorre tener presente che normalmente solo uno scasso o bassofondo, generalmente quello inferiore, consente lo slittamento del maschio (fig 8c).

 

Fig. 8b Fig. 8c

  2) Cerniere a baionettaCostituiscono una variante delle cerniere a pollice, con la femmine munita di una linguetta metallica con funzione di fermo.Vengono utilizzate nelle ribaltine per tenerle in posizione orizzontale quando sono aperte (fig 9a e 9b).

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Fig.9a Fig.9b

 3) Cerniere a ginocchio

Fig. 10a

Vengono utilizzate, generalmente, nei tavolini da gioco con metà mano ribaltabile.Poiché vanno incassate lateralmente e talvolta vengono ricoperte con della lastronatura, solo lo snodo risulta visibile (fig 10a, 10b e 10c).

Fig. 10b Fig. 10c

 

4) Cerniere invisibili

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Fig. 11a

Di fabbricazione piuttosto recente, sono costituite da una, serie di braccetti metallici sovrapposti, rotanti su un perno fisso, che generano un movimento di traslazione orizzontale dei perni mobili nell'apposita feritoia (fig 11a, 11b e 11c).Hanno il vantaggio di essere praticamente invisibili ma sono strutturalmente fragili.Vengono fissate con delle viti.

Fig. 11b Fig. 11c

 5) Cerniere a cilindro

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Fig. 14

Le varie cerniere a cilindro, sfilabili, con perno sfilabile, comune, da tavolo, non presentano particolari problemi di smontaggio, se non quelli derivanti dalla difficoltà di togliere viti incrostate di ruggine o con testa rovinata (fig 12, 13a, 13b e 14).

Fig. 12 Fig. 13a Fig. 13b

 6) Cerniere ad anello.Furono utilizzate a partire dal 500. Per toglierle è necessario raddrizzare le linguette, ma poiché generalmente sono arrugginite bisogna tenere presente che potrebbero facilmente spezzarsi.

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Fig. 16

Può essere opportuno allargare il foro passante per permetterne un'estrazione più agevole.Hanno il difetto di essere poco funzionali, infatti, col tempo, le ripetute aperture e chiusure fanno sì che il foro passante divenga eccessivamente lasco, sicché la cerniera non tiene più saldamente (fig 16).

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Togliere le viti

Togliere delle viti può essere semplicissimo o per converso esasperante oltre ogni dire.Ovviamente la prima cosa da fare è scegliere un cacciavite adeguato. La larghezza della punta deve essere appena inferiore al diametro della testa e lo spessore uguale alla larghezza, dello spacco.Bisogna tener presente che più lungo e grande è il cacciavite maggiore è la forza, che si riesce a esercitare.Nel caso di viti ossidate può essere utile spruzzare del disincrostante.

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Fig. 17

Se ciononostante la vite non si sbloccasse, si potrà provare a scaldarla, con un saldatore.Il calore, facendo dilatare il metallo, comprimerà le fibre del legno, sicché quando la vite, col raffreddamento, sarà tornata al volume originario, il foro dovrebbe essere sufficientemente largo da permetterne l'estrazione (fig 17).

Un'altra tecnica, a cui consigliamo di ricorrere solo come estremo tentativo, poiché può portare alla rottura della testa della vite, consiste nell'inserire la punta del cacciavite nello spacco in prossimità del bordo esterno della testa tenendolo inclinato a mo' di scalpello dando alcuni colpi di mazzuola.

Fig. 18

 A tale scopo, converrà utilizzare dei vecchi cacciaviti poiché è facile che in tale operazione si danneggino (fig 18).

 Altri elementi 1) Piastrini metallici

Fig. 19

Trovano molteplici utilizzi come elementi di unione fra parti del mobile, generalmente non incollate tra loro.Comunemente, vengono impiegate per tenere unite le alzate al corpo inferiore nei mobili a due corpi (fig 19).

2) Le chiavarde

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Fig. 20

Costituiscono il tipico sistema di fissaggio delle basi e dei cappelli alle fiancate degli armadi di fine, '800 e dei primi decenni del '900.Sono formate da un bullone filettato che si impana a una contropiastra.La testa del bullone presenta dei fori passanti; inserendovi un punteruolo è possibile avvitarlo e svitarlo (fig 20).

 3) Maniglie e i pomelliI pomelli vengono applicati con dei bulloncini o con delle viti (fig 21).Le maniglie, generalmente, vengono applicate, oltre che con delle viti, anche con dei bulloncini filettati.Per toglierle, si dovranno svitare con un'apposita chiavetta i dadi situati nella parte interna dei cassetti o delle ante (fig 22).

Fig. 21 Fig. 22

 4) Sostegni metalliciQuello rappresentato in fig 23 è comunemente usato per sostenere le alette dei tavolini da tè.

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Fig. 23da "Restauro  e manutenzione dei mobili antichi" di John Rodd)

Prima di toglierli occorre verificare che siano stati montati correttamente, di modo che le alette stiano ben alzate quando vengono aperte e si abbassino bene quando vendono chiuse.I fori di fissaggio corretti andranno contrassegnati con delle tacche se dovessero essere presenti altri fori in posizione errata, e in grado ingenerare confusione.Ciò, non di rado, avviene poiché la posizione esatta dei sostegni veniva spesso determinata, per approssimazioni successive.La didascalia affiancata, alla figura 23 riporta la procedura per determinare ex novo la posizione esatta.

fig. 24a

La figura 24a mostra un particolare sostegno per le ribaltine, costituito da due aste unite tra loro tramite uno snodo, l'asta più lunga viene fissata, per mezzo di un piastrino snodato, al piano della ribalta, mentre quella più corta viene avvitata ad un'assicella di legno la quale, all'atto dell'apertura della ribalta, trainata da detto sostegno, scorre, fuoriuscendo dal mobile attraverso apposita feritoia e facendo da sostegno inferiore della ribalta. (fig 24b e 24c).

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fig. 24b fig. 24c

 5)Sponde dei letti: sistemi di fissaggio Le sponde dei letti spesso venivano unite alle spalliere tramite dei piastrini a "baionetta" .Il maschio di tali piastrini, incassato di testa alla sponda, presenta dei perni a elle che vanno a inserirsi nella femmina del piastrino a sua volta incassata nella spalliera (fig 25a 26b).

Fig. 25a Fig. 25b

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Fig. 25a

Altre volte le sponde venivano fissate con delle chiavarde.Il bullone veniva inserito nella sponda longitudinalmente tramite una cava sufficientemente ampia, sfociante in un foro passante.La contropiastra, ovviamente, veniva incassata nella spalliera. (fig 25c).

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Pagina 4 di 6Fonte: ha collaborato il restauratore Fabio del sito Il Restauro del MobileSono infinite le tipologie di mobili, i sistemi costitutivi, le essenze utilizzate. A ciò corrisponde una casistica pressocchè infinita di casi di usura o danneggiamento: ogni intervento di restauro ha delle specifiche particolarità ed è pertanto evidente l'impossibilità di riassumere o semplificare operazioni come quelle relative allo smontaggio, incollatura, ricostruzione o ripristino.In questa pagina si cercherà di affrontare in modo sufficiente questa parte così importante del restauro ligneo inerente la cosiddetta "meccanica", la "statica" di un mobile e la sua funzionalità. Un felice intervento di restauro è sempre accompagnato da un attenta osservazione e valutazione della vastità e

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dell'importanza del lavoro da effettuare.Un elemento essenziale nel restauro è quello di saper "capire" il mobile con il quale si ha a che fare e le condizioni generali nelle quali si trova. La prima cosa da capire riguarda le condizioni delle ossature e delle carcasse di armadi, credenze, ecc.Il principio generale da seguire è quello di non separare le parti se non è assolutamente necessario.Nel caso di molti giunti completamente scollati non se ne può fare a meno, ma si deve ricordare che il fatto di distaccare parti incollate comporta sempre l'allentamento dei relativi incastri, in particolare di quelli a coda di rondine. Inoltre occorre sempre esercitare una certa violenza e ciò può procurare ulteriori danni.In ogni caso occorre moltissimo lavoro per smontare completamente un mobile: non si tratta soltanto di separare le parti e di incollarle di nuovo, ma anche di eliminare ogni traccia di vecchia colla.Si è fortunati se la carcassa presenta solo scollamenti di qualche giunto. L' intervento sarà limitato soltanto all'introduzione di nuova colla calda. In altre occasioni si può presentare la necessità di scollare delle parti che risultano ancora bene incollate per poter  intervenire su un determinato punto del mobile.Nello smontare un mobile, molto smesso ci si rende conto che i danni maggiori derivano da precedenti restauri non correttamente eseguiti o addirittura da interventi fatti da persone totalmente prive delle necessaria competenze.In particolare, seri danni possono essere stati provocati dall'uso di collanti non adatti (Bostik e adesivi similari, silicone etc) e dall'utilizzo improprio di chiodi, conficcati nel vano tentativo di tenere unite parti che si erano scollate o in sostituzione di viti o cavicchi.Quest'ultima pratica, mai sufficientemente deprecata, causa dei danni, sia nel momento in cui i chiodi vengono piantati nel legno, sia successivamente, quando si dovranno smontare i singoli pezzi, ragion per cui, prima di procedere nello smontaggio, onde limitare i danni, tali chiodi andranno individuati e tolti.Si farà, inoltre, attenzione alla presenza di viti e cavicchi che, anche essi, possono essere più o meno nascosti.Si dovranno inoltre esaminare attentamente quale siano i giunti, le unioni o gli attacchi che tengono uniti i vari pezzi.Infatti, se questi vengono forzati nella maniera sbagliata o nel verso errato, possono rompersi. Lo scollaggio. Generalmente, quando si decide di smontare un mobile nelle sue componenti, lo si fa perché queste malamente incollate a seguito del cedimento dell'unione originale. Può accadere pero, che la scollatura sia solo parziale, oppure che vi sia la necessità di distaccare anche parti incollate per poter incollare quelle scollate.Il primo passo sarà quello di accertarsi dell'eventuale presenza di chiodi, viti o spine che dovranno essere rimossi come descritto successivamente.Generalmente, fino ai primi decenni del XX secolo,  nella costruzione di mobili venivano utilizzate le colle animali "a caldo" che vengono disciolte dall'acqua calda, e dal vapore ma è possibile, utilizzando dell'alcool, ottenendo lo stesso risultato a freddo, seppure in un tempo maggiore. Anche per le colle viniliche è possibile utilizzare dell'acqua calda o dell'alcool ma il risultato è meno immediato.Per rimuovere il Bostik e adesivi similari il diluente nitro mostra una certa efficacia.

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Per inserirsi negli interstizi presenti tra le superfici da scollare, risultano molto utili delle spatole.A tal fine, anche l'utilizzo di comuni siringhe può rivelarsi di una certa utilità, soprattutto se si vuole iniettare il liquido direttamente all'interno di una cavità, ad esempio in un canale o in una mortasa.Lo smontaggio del Mobile

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Rimozione dei chiodi e delle vitiSpesso, rappresenta un problema estremamente serio, soprattutto quando questi sono stati conficcati in un giunto a tenone e mortasa allentato nel maldestro tentativo di consolidarlo, (fig. 1).

Fig. 1 Fig. 2

Per togliere quelli a testa piatta, si può ricorrere alla cacciachiodi da tappezziere con la quale si solleverà il chiodo quel tanto che "basta per essere afferato con delle tenaglie (fig. 2).Facendo leva con queste, si avrà cura di interporre un pezzetto di compensato, evitando cosi ammaccare il legno attorno al chiodo.

Nel caso, assai frequente, in cui , testa del chiodo si spezzi, oppure che si tratti di chiodi con una testa così piccola da non essere afferrabili con la cacciachiodi, occorrerà procedere diversamente.

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Con una sgorbietta (scalpello semicircolare) si scaverà una fossetta attorno al chiodo, dopo di che si tenterà di afferrarlo con la punta di una tronchesina (fig. 3) e, facendo leva con la stessa, si cercherà di estrarlo.

Fig. 3 Fig. 4

Se ciò risultasse impossibile, poiché si è spezzato e, comunque fosse troppo duro da togliere, si potrà scavare il legno attorno al chiodo con una trivellina, appositamente realizzata, da innestare sul trapano.Tale attrezzo, si può ricavare a partire da una normale chiave a tubo, ad esempio una 6/7 (fig. 4a).

Per prima cosa, si mola l'esterno dell'estremità, modificandone il profilo da esagonale a circolare (fig. 4b), quindi, servendoci di una sega a ferro e di una lima a sezione triangolare, si ricavano dal bordo tre dentini disposti a 60° tra loro (fig. 4c).Per far ciò, potrebbe essere necessario "stemperare" l'estremità, ovverosia ridurne là durezza mediante riscaldamento seguito da un lento raffreddamento.A tale scopo è sufficiente una normale bomboletta da "camping gas".Infine, si procederà a conferire all'utensile un'adeguata durezza, sottoponendolo a "tempra" riscaldandolo al "color rosso" e raffreddandolo rapidamente mediante immersione nell' olio o nell'acqua.L'utilizzo di detta trivella, consente di scavare un foro, di circa 10mm di diametro, attorno al chiodo,  rendendone agevole l'estrazione.Ovviamente, a lavoro ultimato tale foro andrà otturato con un perno dello stesso diametro.Quali piccole trivelle "usa e getta", possono essereQuando si devono forzatamente rimuovere chiodi che non si riesce a intercettare con tenaglie, può risultare indispensabile segarli (sempre che sia possibile). Per fare questo si prende una lama di una sega da ferro e la si usa senza montarla sul proprio archetto. Si cerca di farsi spazio fra i due elementi inchiodati separandoli leggermente con uno scalpello quanto pùò essere necessario a far passare la lama della sega. A questo punto la si impugna con un guanto da lavoro o la si avvolge con uno staccio e si sega il chiodo. Esistono anche impugnatore per la lama della sega atta allo scopo.

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Quando è inevitabile smontare parti di un mobile, dopo aver esaminato il sistema costitutivo, è opportuno contrassegnare le parti per rimontarle al posto giusto senza rischi di sbagliare e capire l'ordine con cui le parti vengono separate. E infatti del tutto possibile che una sezione non si possa distaccare finche non se ne sia tolta un'altra. Questo metodo per documentare il lavoro oggi può essere facilitato anche dall'uso di macchine fotografiche digitali.Innanzitutto, sarà utile disporre di coperte o di cartoni su cui appoggiare il mobile, onde evitare graffi e ammaccature inutili.

Fig. 5

Procedendo nello smontaggio, può accadere che i singoli pezzi si distacchino e si separino facilmente, ma più smesso occorre esercitare una certa forza, eventualmente dando dei colpi con un mazzuolo di gomma o di legno (fig. 5).Se si usa un martello, occorre interporre un pezzo di legno onde evitare di ammaccare il mobile.

Fig. 7

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Fig. 6

Possono essere utili anche dei cunei di legno da inserire tra i pezzi da separare, nonché dei vecchi scalpelli e lame di pialle con cui fare leva (fig. 6).Se il mobile presentasse elementi particolarmente fragili, che potrebbero risentire negativamente dei contraccolpi dovuti allo smontaggio, sarà necessario "ingessarli" come si dice in gergo.Tale operazione, consiste nell'inserire la parte da protegffere tra, due listelli o tra due tavole, fissate tra loro con degli strettoi (fig. 7).Quando sono presenti dei cavicchi, questi andranno preventivamente tolti.Se sono stati fatti a mano, sarebbe bene estrarli intatti, se possibile, numerarli e rimetterli al loro posto a lavoro ultimato.Per le unioni angolari con tenone ridotto,e quelle con tenone trapezoidale, bisogna tener presente che sono sfiiabili in una sola direzione.Lo stesso dicasi per tutte le unioni a coda di rondine.

Fig. 8 Fig. 9 

Fig. 10

 

In presenza di cunei usati come elementi di irrobustimento (Fig. 8 e Fig. 9), qualora sia impossibile toglierli direttamente, si dovrà estrarre il tenone il più possibile e poi tagliarlo, per qualche millimetro, in corrispondenza della spalla (fig. 11);

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Fig. 11

quindi, inserendo un cacciavite tra il montante e  la spalla, si provocherà il distacco di di una piccola parte del tenone; ciò consentirà, durante lo sfilamento, di preservarne intatta la restante parte.Ovviamente, il tutto potrà essere successivamente reincollato.

 Intervento sulle Deformazioni

Intervento sulle deformazioniIl Mobile - Le Fasi del RestauroScritto da AA.VV.   inShare

Le deformazioni, imbarcature e svirgolamenti di piani e gambe dei mobili, mettono a dura prova l'abilità del restauratore non solo dell'hobbysta, ma anche del professionista. La correzione delle deformazioni, devono porre rimedio ad una tensione naturale e costante dovuta alla espansione o restringimento delle fibre del legno. Questo movimento del legno è dovuto principalmente  a:•variazioni atmosferiche (umidità, riscaldamento ecc.)•utilizzo di materiale scadente o non stagionato•insufficienti cognizioni tecniche  dell'artigiano che ha costruito il manufatto.Spesso le deformazioni dei piani sono da imputare al fatto che essendo generalmente  lucidati o lastronati solo dalla parte in vista, avviene che l'azione degli agenti atmosferici (umidità aria ecc.) agiscono differentemente sui due lati del piano.

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La soluzione a problemi dovuti alla deformazione del legno,  che si evidenziano più frequentemente o su ampi piani in massello o sulle ante e frontalini dei cassetti lunghi non sono certamente di facile applicazione e nel contempo non garantiscono una durata nel lungo periodo a meno di interventi che risultano essere invasivi. Prima di decidere se intervenire o meno, occorre verificare se la deformazione è tale da compromettere la funzionalità. Questo per due semplici motivi: il primo, come si è detto per la difficoltà dell'intervento, il secondo, è che lievi imperfezioni contribuiscono a dare il fascino dell'antico . 

 Se si ritiene di intervenire, facciamolo solo se il mobile non è di valore, diversamente affidiamolo ad un professionista.  Deformazione del piano di un tavolo: Se la deformazione interessa ad esempio il piano di un tavolo o comunque un piano fissato ad una carcassa rigida, si può intervenire come mostrato in figura: Con morsetti e con l'ausilio di un travetto robusto, si porta in perfetta planarità il piano.

 Si stringono  lentamente i morsetti per evitare di spaccature.  Eventualmente si bagna il piano dalla parte grezza al fine di ammorbidire le fibre e facilitare il raddrizzamento della tavola.   Una volta messo in piano, si cerca di forzare la posizione in modo permanente con l'ausilio di angolarini che verranno incollati tra piano e fasce. Questo metodo risulta di semplice applicazione e moderatamente invasivo. Il risultato è il più delle volte soddisfacente soprattutto se il piano non è di elevato spessore.  Metodo delle "virtù teologali" : Questo metodo è così definito in un vecchio libro di restauro, e si

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spiega in quanto  richiede molta fede e speranza (la carità la si fa poi al restauratore se non riesce).

 

Implica l'azione mediante morsetti e robusti tutori rigidi e ben piani. si bagna preventivamente il legno con acqua tiepida in modo che attraverso i pori penetri nelle fibre ma senza eccedere ed asciugando le eccedenze. il legno bagnato riacquista parzialmente elasticità. quindi con morsetti e tutori (travetti diritti di robusto legno) si serra progressivamente (qualche giro ogni due ore, tornando se del caso a bagnare la superficie, sino a raggiungere piena planarità (a volte per raggiungere il risultato ci vogliono anche due giorni con pochi giri di vite ai morsetti ogni qualche ora).

 Non bisogna serrare troppo violentemente perché si rischia di spaccare in due il piano del tavolino e morsetti e tutori debbono essere usati in numero adeguato alla superficie.Si lascia quindi chiuso il pezzo nei morsetti per una decina di giorni. Quindi con molta fede e speranza lo si toglie dal serraggio e lo si rimonta. il nome del metodo deriva dal fatto che troppo spesso, dopo qualche tempo l'incurvatura ritorna, ed il sistema è adatto ad eliminare piccole imbarcature non gravi.Una variante al metodo, che aiuta molto la fede e la speranza, è quella di utilizzare un consolidante acrilico: una volta raggiunta la planarità si applica a pennello sul lato grezzo della tavola,   il Praloid B72, iniziando da una soluzione al 10% fino al 20% - 25% (con incrementi del 5%). Prima di passare alla successiva applicazione a concentrazione maggiore si lasciano passare 4 - 5 giorni al fine di attendere la completa essiccazione della precedente applicazione. Anche dopo l'ultima applicazione attendete almeno una settimana prima di togliere i morsetti. Questo metodo, avvalendosi dell'effetto del consolidante, dovrebbe garantire una maggiore stabilità.  Sistema dei cunei: Il sistema descritto di seguito, può essere usato quando la deformazione è convessa rispetto la parte lucidata ovvero quando la parte sulla quale si deve intervenire  è sul lato non a vista. Questo sistema è ben più invasivo e delicato del precedente anche se garantisce maggiori risultati. Occorre usare ogni attenzione per evitare di spaccare la tavola. Si consiglia di usare questo metodo solo su mobili di poco valore se non si ha una esperienza ben consolidata.

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La procedura consiste nel praticare sul retro del piano da raddrizzare dei tagli paralleli a distanza tra 1,8 e 2,5 centimetri l' una dall'altra nel senso della venatura del legno, fermandosi tre o quattro centimetri prima del bordo.

 A seconda delle dimensioni,  ci si può fermare anche a un centimetro o andare fino in fondo se una volta montato il piano non si vede il bordo.I tagli debbono avere profondità pari ai 2/3 dello spessore del piano da raddrizzare. Successivamente si usano morsetti e tutori come prima, sempre bagnando e con ancora maggiore cautela nel serrare i morsetti (poco alla volta e lentamente). Quando il pezzo sarà piano le fessure praticate si saranno un po aperte. Si prendono allora dei cunei di legno della stessa essenza, di lunghezza adeguata per chiudere le fessure, più profondi delle fessure da chiudere se ne possono usare anche due o più per fessura se i tutori impediscono di vedere tutta la lunghezza della fessura. Per avere tutta la lunghezza della fessura a vista, possiamo posizionare parallelamente alle fessure delle stecche sulle quali poggeremo le traverse da stringere con i morsetti (vedi figura).  A questo punto si cospargono le sfilze a cuneo e le fessure di colla garavella calda, quindi si infilano nelle fessure, forzando leggermente con dolci colpetti. attenzione le sfilze a cuneo non hanno lo scopo di raddrizzare, ma di bloccare un eventuale ritorno della svergolatura, quindi non vanno battuti come chiodi. Alla fine si pareggia la superficie eliminando l'eccesso di legno dei cunei rispetto al piano. questo è il metodo che da più risultati ma è abbastanza delicato come intervento. Intervento sull'impiallacciatura

Riparare l' ImpiallacciaturaIl Mobile - Le Fasi del RestauroScritto da AA:VV:   inShare

 Quando si deve sostituire un foglio di impiallaccio troppo rovinato bisogna togliere l'impiallacciatura residua ammorbidendo la colla sottostante con ferro da stiro e panno bagnato, e raschiare con una spatola il piano per pulirlo da residui di colla. Eventuali imperfezioni vanno eliminate con una pialla a denti che renderà anche zigrinata la superficie facendo aderire meglio la colla.Eseguire le stuccature con colla e polvere di carbone vegetale e non con stucco a gesso perché questo si ritira più del legno.Le mancanze si dovranno colmare con tasselli della stessa essenza e nel senso della venatura.Quando lo stucco è asciutto, si spiana con pialla a denti; si applica poi una mano di turapori , ossia colla animale molto diluita; lasciare asciugare per parecchie ore per poi passare la colla calda poco densa

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dove saranno posti i piallacci. Molto utile è riscaldare i piani di posa. Il luogo per impiallacciare deve essere luminoso, privo di polvere, a temperatura compresa tra i 18 e i 20°C, altrimenti la colla si potrebbe raggrumare.La colla priva di sostanze estranee deve essere caldissima e di giusta densità.Si spalma con pennello grosso in quantità abbondanti sul piano di  posa ed in minor quantità da ambo le parti dei piallacci per creare equilibrio tra l'umidità interna ed esterna del foglio.Con martello a penna si esercita una pressione moderata dal centro verso l' esterno, prima parallelamente alla vena e poi diagonalmente per fare aderire bene il foglio e far fuoriuscire la colla in eccesso e le bolle d aria. Se si tratta una superficie ampia la colla può raffreddarsi e diventare gelatinosa; per scioglierla  è sufficiente passare il ferro da stiro caldo dopo che si è provveduto a bagnare la superficie del

pillaccio con acqua calda.Per eventuali bolle incidere il piallaccio con una taglierina facendo fuoriuscire l'aria, si passa quindi un po di colla pressando sopra col martello a penna fino a presa avvenuta.Sulle superfici curve si mettono sacchetti di sabbia calda come pesi fino alla completa asciugatura della

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colla, oppure si possono adoperare delle contro forme e morsettare il tutto.Altro metodo per tenere pressato il piallaccio è quello di usare pezzi di compensato inchiodati con gruppini (chiodini senza testa) ripiegati, avendo l'accortezza di interporre un foglio di giornale per evitare l'icollaggio del compensato.Il restringimento del legno, dovuto al riscaldamento del sito in cui è collocato il mobile, oppure le dilatazioni dovute ad un ambiente umido, possono causare nel mobile impiallacciato vari danni.I cambiamenti dimensionali della struttura interna possono provocare fessurazioni, bordi non in linea nel punto delle unioni, per cui le impiallacciature possono alzarsi o addirittura staccarsi, formare bolle d aria, ecc.Per quanto riguarda le fessurazioni su mobili impiallacciati, si interviene come sui mobili massello. Per le parti di impiallacciatura che si staccano, prima di rincollarle, bisogna ripulirle dalla polvere depositatasi sollevando l' impillaccio con una spatolina e raschiando con una lama.Spalmare poi un velo di colla con un pennellino, schiacciare la foglia di impiallacciatura e pulire con uno straccio l' eccesso di colla.

Il piano di un comò in stato di abbandono, con la lastronatura sollevata ed indurita

Si è proceduto alla rimozione della lastronatura per poi incollarla. Notare lo sporco sul piano che si era accumulato sotto la lastronatura

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Pe riapplicare la lastronatura si è dovuta prima ammorbidire con acqua

Si nota che, a destra del piano, la lastronatura, dopo lincollaggio, è stata pressata con pezzi di compensato inchiodato con interposta carta di giornale

 A seconda dei casi, mettere dei pesi o della carta gommata per mantenere schiacciato, o ancora possono essere inchiodati pezzetti di compensato interponendoci carta da giornale onde evitare che il compensato si incolli al legno del mobile.Nel caso in cui bisogna intervenire su bordi non in linea nel punto delle giunture, occorre staccare l'impiallacciatura sollevata intervenendo prima sulla base sottostante e poi rincollare.Le bolle d' aria dovute all'espandersi dell'impiallacciatura per l'umidità o per la colla deteriorata, si appianano praticando una incisione lungo le linee della venatura e per tutta la lunghezza della bolla con una taglierina; pulire la vecchia colla grattando con il bisturi soffiare via la polvere, iniettare della colla con un grosso ago, fare aderire l'impiallaccio e asportare la colla in eccesso appoggiando sulla superficie un foglio di carta con dei pesi o dei morsetti.Nel caso in cui l'impiallacciatura sia eccessivamente secca, tagliarla significherebbe romperla, sarà quindi necessario prendere un panno umido, stirare sopra la bolla con un ferro da stiro caldo in modo da ammorbidire l'impiallacciatura.

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Per le lacune di impiallacciatura bisogna scegliere la qualità, la venatura e il colore del pezzo da inserire in modo che si possa combinare con la superficie da riparare.Mascherare il più possibile il rattoppo scegliendo tagli sagomati con l'andamento delle fibre che coincidano approssimativamente con quelle esistenti sulla superficie da sistemare.È importante tener presente che l'impiallacciatura da sostituire dovrebbe essere leggermente più spessa di quella originale.Non deve avere forma quadrata o rettangolare, altrimenti la riparazione si noterebbe troppo.Pulire bene la superficie del mobile, ricalcare su carta gommata la sagoma del pezzo da rifare e riportarlo sulla nuova impiallacciatura da incollare, oppure tagliare insieme la foglia nuova sulla parte danneggiata del mobile per avere così due pezzi di identiche dimensioni. Incollare il nuovo tassello così ottenuto.Regole per iniziare

Regole per iniziare un restauroIl Mobile - Le Fasi del RestauroScritto da Administrator   inShare

Iniziare un restauro senza prima aver effettuato un’analisi approfondita d’intervento, porta ad eseguire un lavoro parziale, inefficace e che spesso da risultati insoddisfacenti.Di conseguenza si rende necessario pianificare il lavoro, prima di iniziarlo.E’ necessario innanzi tutto stabilirel’epoca esatta del mobile, in quanto gli interventi che si effettueranno, sia d’ebanisteria sia di finitura né saranno influenzati,il tipo di legno, ogni ripristino va fatto con lo stesso legno di cui è composto l’oggetto e possibilmente della stessa epoca.Il restauro inizia quasi sempre con gli interventi di falegnameria, successivamente si esegue la pulitura(sverniciatura quando è necessario), ed infine la lucidatura.Sarà bene scrivere una sorta di Progetto di Restauro dove annotare  tutte operazioni che dovranno essere eseguite sull’oggetto, senza tralasciare quelle giudicate minime, sono le più facili da dimenticare, stabilendo una cronologia  d’esecuzione che non intralci un intervento con un altro.In questa occasione sarà bene effettuare una documentazione fotografica che mostri il mobile sia in una visione generale che nei particolari, soprattutto dove sono presenti i guasti più importanti.

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Le operazioni di pulizia (o sverniciatura) sono quelle che richiedono una particolare attenzione nella scelta d’intervento, infatti in questa fase un errore di valutazione può causare dei danni che sono in un certo qualmodo irreversibili. Tenete sempre conto della patina del mobile (quella colorazione che il legno acquisisce nel tempo), va considerata sacra, ogni intervento di pulizia la deve sempre salvaguardare.Evitate interventi drastici (quali soda caustica) , in alcuni casi è necessario solo spolverare l’oggetto, non è indispensabile sverniciarlo. Analizzando il tipo di verniciatura che ricopre l’oggetto si determinerà il prodotto migliore per eseguire la pulizia.

Eseguire sempre un test'del prodotto scelto in un’angolo nascosto del mobile, questo farà in modo che, se il prodotto è errato, o non funziona a dovere, si limiteranno i danni.La finitura del mobile tiene conto innanzi tutto di quella che era o dovrebbe essere stata la finitura originale, va ripristinata e non va inventata (con l’uso di miracolosi prodotti sintetici), quando è ormai compromessa e si decide di eseguirla ex-novo si deve tener conto logicamente dell’epoca e dell’origine dell’oggetto (la gommalacca prima del XVIII Sec. non era di dominio pubblico) deducendo così quale sarà stata la finitura originale.Gli interventi di restauro possono essere divisi in due tipologie: conservativi e integrativi.Nell' intervento conservativo verranno consolidate e rincollate tutte le parti tarlate o comunque degradate o scollate, senza aggiungere o togliere nulla. L' oggetto del restauro quindi non sarà sverniciato ma solo pulito salvaguardando fin dove è possibile la verniciatura originale, e soprattutto la patina.L' intervento integrativo prevede il ripristino di tutte quelle parti mancanti indispensabili per far si che l'oggetto in questione riprenda la sua funzionalità. Tenete presente che la reintegrazione delle parti mancanti non deve essere superiore al trenta per cento dell'oggetto stesso. In caso di verniciature oramai compromesse, si procederà rifacendole ex-novo.Come già detto si iniziano gli interventi di restauro con gli lavori di ebanisteria, non è però sempre così, in alcuni casi, ad esempio li dove ci sono molte mani di vernice, è consigliabile sverniciare prima di intraprendere qualunque tipo di intervento.Gli interventi di falegnameria sono di ripristino e di integrazione e solo se assolutamente indispensabile di sostituzione, cercate però di recuperare più "antico" possibile. E' importantissimo, quindi,  effettuare un analisi dell'oggetto da restaurare per individuarne epoca e stile, valutare i danni e progettare eventuali interventi, escludendo qualsiasi intromissione a livello formale e stilistico.Il restauratore deve attenersi alle regole etico-comportamentali che diverranno "guida" per l' esecuzione dell'opera. Da questa attenta analisi scaturirà la scelta tipologica e dei materiali più idonei poiché non sempre un buon restauro abbisogna di tutte le fasi della lavorazione.Iniziamo così la nostra avventura facendo un piccolo esame di coscienza quando, trovandoci di fronte al pezzo da restaurare, chiuse alle spalle le porte del nostro laboratorio,  cerchiamo di annotare gli interventi necessari e quindi capire se saremo in grado o meno di farlo da soli.Non conviene  partire con un lavoro che temiamo di non essere in grado di completare , per due motivi: uno economico, nel senso che eventuali danni fatti da noi, se corretti da un restauratore professionista ci costeranno cari. Il secondo motivo riguarda il nostro amor proprio. Un fallimento ci porterebbe a scoraggiarci e abbandonare in breve la nostra attività. 

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I solventi usati nel restauro

AcetoneFacilmente infiammabile. Ha un elevata volatilità. È scarsamente tossico se non ad elevate concentrazioni.Solubilizza totalmente: polivinilacetati, sandracca, acrilici (Paraloid B72), trementina veneta, colofonia.Solubilizza parzialmente: gommalacca, mastice, dammar, elemi.Non solubilizza: cera d api.Ha un ottimo potere solvente ed è miscibile con tutti i liquidi, perciò è usato come solvente intermediario per rendere miscibili due liquidi incompatibili (ad es. diluente nitro e acqua).Acido aceticoSolubile in alcool, acetone, etere etilico, acqua_. Viene venduto per usi alimentari diluito in acqua e viene adoperato nella pulitura dello sporco superficiale. Da notare che reagisce con il ferro (ad es. paglietta metallica e chiodi) macchiando di color nero il legno. Le sue concentrazioni in acqua non dovrebbero superare il 5% ed è comunque da ricordare che, come tutte gli acidi anche se in soluzione, l'acido acetico danneggia la cellulosa del legno.Acqua ragia mineraleSolvente a base di idrocarburi alifatici, distillato dal petrolio. È un surrogato dell'essenza di trementina, anche se ha un peso specifico minore. È insolubile in acqua, ma solubile in solventi organici. Esistono diversi tipi di ragia minerale, che differiscono nella composizione. Essenzialmente tutte sciolgono bene grassi, cere e paraffine, resine acriliche, mentre non solubilizzano le resine naturali eccetto la dammar.Alcol benzilicoSolubilizza totalmente: gommalacca, mastice, dammar, mowilith 50, sandracca, elemi, caseina, polivinilbutirrali.Alcol butilicoSolubilizza totalmente: gommalacca, mastice, paraloid B72, sandracca, elemi, colofonia, polivinilbutirrali. Solubilizza parzialmente la dammar. Non solubilizza mowilith 50 e paraloid B44.Alcol etilicoSolubilizza totalmente: mastice, resine che toniche, sangue di drago,aloe, alcanna, gomma gutta, Klucel G, sandracca, benzoino, elemi, copale di Manila, colofonia, gommalacca, polivinilbutirrali, alchil-alcossi-silani. Solubilizza parzialmente: dammar, Mowilith 50, Plexisol P550, ambra. Non solubilizza: cera d api, cera adesiva, Beva 371, Paraloid B72. Viene impiegato come solvente nella preparazione della vernice "mecca" in soluzione di sandracca con etanolo.Alcol isopropilicoSolubilizza totalmente: gommalacca, mastice, resine che toniche, sandracca, elemi, colofonia, polivinilbutirrali. Solubilizza parzialmente: dammar e Klugel G.Alcool metilicoHa proprietà solventi simili all'alcool etilico rispetto al quale presenta il vantaggio di non essere igroscopico e di essere leggermente meno volatile, ma anche lo svantaggio di essere molto più tossico (provoca gravi danni alla retina e al nervo ottico per prolungata esposizione).

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AmmoniacaSi tratta di un gas disciolto in acqua Ad esempio ammoniaca in sol. al 32% significa una soluzione acquosa al 32% di NH3.Solubile in alcool etilico ed etere etilico. In miscela con solventi organici è ottima per la rimozione di sottili film di materiali grassi e per ammorbidire film proteici. È bene a tal fine usare dispersioni in gel o in sapone o comunque far in modo che l'applicazione sia solo superficiale in quanto attacca parzialmente la lignina contenuta nel legno. Da notare che se, come spesso succede, viene applicata in soluzione acquosa di fatto si trasforma in idrossido di ammonio NH3 + H2O = NH4(OH)Si usa anche per neutralizzare la reazione che si genera con l'applicazione di acqua ossigenata come smacchiatore.Irritante soprattutto per gli occhi.Miscelata con solventi organici risulta utilissima per la rimozione di film di materiali grassi e per ammorbidire pellicole proteiche. A tale scopo è bene usarla soltanto dispersa in gel e fare in modo che non entri mai in contatto diretto col supporto ligneo. Tende a solubilizzare i pigmenti contenente rame.ButilamminaE uno dei solventi che andrebbero eliminati dalla "merceologia del restauro ligneo" e non solo. La sua azione solvente è simile a quella dell'ammoniaca, ma in soluzione acquosa è basica, perciò viene usata per la rimozione di vecchie vernici. La butilammina è fortemente ritenuta dai materiali grassi e da quelli resinosi sui quali può, perciò, continuare ad esercitare la sua azione anche per molto tempo dopo la sua apparente rimozione.CloroformioSolubilizza totalmente: cera d api, dammar, Mowilith 50, resine chetoniche, elemi, colofonia trementina veneta, balsami Copaive e del Canada. Parzialmente: mastice e sandracca. Non solubilizza Gommalacca.Cloruro di metileneSolubilizza totalmente: dammar, polivinilacetati (Mowilith 50), acrilici (paraloid B44, B72), resine che toniche. Solubilizza parzialmente: cera d api, mastice, klugel G. Non solubilizza la gommalacca. Ha una azione solvente verso resine, oli anche invecchiati e i comuni componenti delle vernici. Viene miscelato con materiali addensanti per inibirne la volatilità. Miscelato con metanolo solubilizza metilcellulose. E il principale componente degli "sverniciatori" esenti da aromatici.DelifreneSolubilizza totalmente gomme fluorurate e perfluoropolieteri.DiacetonalcolSolubilizza totalmente: gommalacca, mastice, Mowilith 50, sandracca, paraloid B72. Solubilizza parzialmente elemi. Non solubilizza: dammar.Diluente nitroEssendo una miscela di solventi organici (esteri, chetoni, alcoli e idrocarburi aromatici), la sua composizione varia da produttore a produttore. Le sue proprietà sono, dunque, diverse a seconda della composizione. I componenti principali sono: toluene, acetone, dicloropropano, butilcellosolve, acetato di isobutile,, alcol isopropilico o isobutilico. Il potere solvente è simile a

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quello degli idrocarburi aromatici (toluene, cilene_), ma con minore tossicità. Solubilizza una grande quantità di resine naturali e sintetiche.DimetilformammideSolubilizza totalmente: polivinilacetati, acrilici, resine che toniche, Klugel G. Non solubilizza la cera d api.Essenza di trementinaA seconda del grado di raffinazione viene anche chiamata acqua ragia vegetale, olio di trementina, spirito di trementina. Solubilizza totalmente: Mowilith 50, colofonia, cera d api, trementina veneta, elemi, balsami copaive e del Canada. Solubilizza parzialmente la dammar. Non solubilizza: Klugel G, sandracca (a caldo forma una massa viscosa). A causa dell'origine naturale vegetale, la sua composizione non è costante, quindi i suoi parametri chimico-fisici possono avere leggere variazioni.Etere di petrolio, benzina rettificata, petrolio lampanteDalla distillazione frazionata del petrolio si ottengono molti solventi. Le miscele molto volatili sono conosciute come etere di petrolio .Le frazioni a punto di ebollizione intermedio prendono il nome di benzine (comm. anche benzine rettificate ) e quelle meno volatili sono denominati comunemente petrolio (comm. anche petrolio lampante). Oltre a questa viene chiamata ligroina anche un'altra frazione superiore del petrolio detta altrimenti spirito di petrolio o mineral spirit .Gli intervalli di temperatura di ebollizione e la composizione di questi idrocarburi possono variare leggermente a seconda del produttore e del paese di produzione. Ad esempio gli white spirits degli inglesi sono prodotti commerciali corrispondenti pressapoco alle nostre benzine.Le benzine rettificate come anche l'etere di petrolio e ancor piú il petrolio lampante sciolgono abbastanza facilmente grassi, bitumi, cere, paraffine. Sono invece tutti pressochè inerti verso i composti resinosi, salvo poche sostanze quali la resina Dammar.Le miscele di aria ed etere di petrolio sono esplosive. Solubilizza totalmente cera d api (a caldo) ed elemi. Solubilizza parzialmente la dammar. Non solubilizza copali e sandracca. Gli eteri di petrolio, come tutti gli idrocarburi alifatici, sono pressoché inerti verso composti resinosi, mentre sciolgono abbastanza facilmente grassi, bitumi, cere, paraffine.Etere etilicoSolubilizza totalmente: mastice, dammar, resine che toniche, sandracca, elemi, colofonia, trementina veneta, balsami copaive e del Canada, sangue di drago. Solubilizza parzialmente: cera d api e ambra (a caldo) e mowilith. Non solubilizza gommalacca e copali. Nonostante abbia un forte potere solvente per cere, oli, grassi e resine, viene utilizzato raramente a causa dell'elevata infiammabilità, volatilità, e del suo potere narcotico. Miscelato con alcol etilico ha un altissimo potere solvente per la dammar.Etilenglicole monoetiletereSolubilizza totalmente: mastice, mowilith 50, resine che toniche, Klugel G. Solubilizza parzialmente gommalacca e dammar. Non solubilizza la cera d api.FenoloViene usato come biocida in colle e nelle reintelature.Formiato di etileAnch'esso viene usato come biocidi.

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MetiletilchetoneSolubilizza totalmente: polivinilacetati, acrilici, resine chetoniche, sandracca alchil-alcossi-silani, cera montana. Solubilizza parzialmente: gommalacca, mastice, dammar, Klugel G. Non solubilizza la cera d api. Spesso, per la sua minor volatilità, viene preferito all'acetone, similare nell'azione solvente.N-metil-pirrolidoneSolubilizza totalmente: gommalacca, acrilici, resine che toniche, Klugel G. Solubilizza parzialmente la mastice e non solubilizza cera d api e demmar.OrangeCommercializzato anche come citrosolv, limonene, cajputene e cinene, è di recente introduzione sul mercato. E un solvente di origine vegetale polifunzionale e polivalente con notevoli proprietà sgrassanti. Solubilizza totalmente colofonia e dammar.PiridinaAltamente tossica, ha forte potere solvente. Scioglie lentamente materiali resinosi, così da permetterne una rimozione controllata. Solubilizza totalmente: gommalacca, polivinilacetati (Mowilith 50), resine che toniche, Klugel G. Non solubilizza la cera d api.Solfuro di carbonioSolubilizza totalmente: mastice, dammar, polivinilacetati, resine che toniche, gomme, polietilene, trementina veneta, balsami copaive e del Canada. Solubilizza parzialmente la cera d api, non solubilizza la gommalacca. Essendo un solvente apolare, solubilizza tutte le sostanze apolari (grassi, oli, cere). Ingiallisce ai raggi ultravioletti, è volatile, infiammabile, narcotico e tossico.Tetracloruro di carbonioE un liquido volatile e apolare; possiede ottimo potere solvente verso tutte le sostanze apolari. E estremamente tossico con azione cancerogena, soprattutto a contatto con l'acqua. Solubilizza totalmente: cera d api, dammar, polivinilacetati, acrilici (paraloid B44-B72), resine che toniche, colofonia, cera montana. Solubilizza parzialmente: mastice, elemi, sandracca. Non solubilizza: gommalacca, Klugel G, copali dure.ToluoloVa assolutamente tenuto separato da acido solforico. Solubilizza totalmente: mastice, dammar, polivinilacetati (Mowilith 50), acrilici (paraloid B44 - B72, Plexisol P550), beva 371, resine che toniche, elemi, trementina veneta, balsami copaive e del Canada, colofonia, cera montana, ceresina, lanolina, cera adesiva 443-95, polivinilbutirrali. Solubilizza parzialmente la cera d api. Non solubilizza la gommalacca, il Klugel G e la sandracca.Tricloro etanoSolubilizza totalmente: mastice, dammar, polivinilacetati, Mowilith 50, paraloia B72, alchil-alcossi-silani. Non solubilizza Klugel G e sandracca.TrielinaE molto usata per la rimozione di cere. Solubilizza totalmente: dammar, polivinilacetati, resine che toniche, alchil-alcossi-silani. Solubilizza parzialmente la cera d api. Non solubilizza gommalacca, Klugel G e sandracca.Trietanolammina

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Ha potere solvente, ma è estremamente igroscopica. Viene usata come emulsionante in miscele ternarie con acqua e olio o acqua e cere; è solubile in alcol e cloroformio.XiloloSolubilizza totalmente: mastice, dammar, paraloid B72, B44, Plexisol P550, Beva 371, resine che toniche, elemi, colofonia, cera montana, ceresina, lanolina, cera adesiva 443. Solubilizza parzialmente cera d api e Mowilith 50. Non solubilizza Klugel G, sandracca e polivinilbutirrali. E un solvente molto usato poiché solubilizza molte resine sia artificiali, sia naturali, molte cere, oli e grassi. E poco volatile e da scarsi fenomeni di ritenzione. Pur essendo meno tossico, ha proprietà simili a quelle del benzene e del toluene.

Trattamenti antitarlo

Trattamento antitarloIl Mobile - La DisinfestazioneScritto da Administrator   inShare

Tra i metodi naturali, sebbene scarsamente efficaci, possiamo citare l' uso di alcune sostanze ampiamente utilizzate fin dai tempi antichi; fra queste ricordiamo l' olio di cedro, l' olio di zafferano e i pezzi di legno di cipresso levigato che venivano collocati all'interno dei mobili.Per quanto riguarda i trattamenti fisici, va detto che alcuni dei metodi attualmente usati erano già conosciuti in passato, quando però mancavano le attrezzature adeguate per impiegarli con successo. Così, per esempio, fin dagli anni Trenta di questo secolo era noto che il  calore poteva sterminare gli insetti xilofagi; elevando la temperatura del legno fino a 70 80 °C, infatti, tutti gli insetti larve e uova in esso presenti muoiono. Ma solo alcuni anni fa si è constatato che, per portare a termine questa operazione senza causare danni al legno, è necessario aumentare il livello di umidità ambientale, al fine di mantenere invariato il livello di umidità relativa dell'oggetto prima del trattamento. Tuttavia bisogna tenere presente che questo può essere pericoloso per certi elementi del mobile a basso punto di fusione, come ad esempio le resine naturali presenti nelle vernici.Altri metodi fisici attualmente impiegati sono l' emissione di ultrasuoni e la radio sterilizzazione attraverso iraggi gamma.  Quest'ultimo sistema consiste nell' esporre l' oggetto a una fonte di raggi di questo tipo che, penetrando nel legno, provocano la distruzione degli organismi vivi. E un procedimento che offre il vantaggio di non sottoporre il mobile al contatto di prodotti chimici, ma che presenta il rischio di intaccare la struttura del materiale esposto ai raggi.  I trattamenti chimici (vedi Trattamento antitarlo) possono essere applicati attraverso due tipi di procedimenti: per iniezione o impregnazione di liquidi insetticidi e per fumigazione di gas. I vantaggi dei sistemi di distruzione degli insetti con l'uso di prodotti liquidi sono la facilità di applicazione e il fatto che costituiscono una forma di prevenzione di nuovi attacchi; mentre gli inconvenienti sono la mancanza di potere di penetrazione assoluto, il fatto che lasciano un residuo grasso sulla superficie e che la maggior parte di questi prodotti, di solito, sono altamente tossici.  Proprio per questo si stanno sviluppando numerose ricerche, non solo per riuscire a mettere a punto prodotti a bassa tossicità o a tossicità nulla, ma anche per definire specifici metodi di applicazione. Un esempio in tal senso è l' esperimento compiuto in Canada in una metropolitana quando, nelle stazioni e

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in alcuni punti della linea, si verificò un attacco particolarmente grave di una specie di termiti chiamata Reticulitermes Flavites. Il  sistema impiegato in quel caso si basa su un comportamento tipico di tutti gli insetti sociali: la loro particolare forma di pulizia reciproca detta grooming. Si applicò così un insetticida ad effetto lento a un piccolo gruppo di termiti che venne successivamente esteso da loro stesse, attraverso la pulizia reciproca, a tutta la colonia. Questo è un modo per ridurre la contaminazione ambientale, generalmente associato ai trattamenti abituali. Il vantaggio della fumigazione consiste nel fatto che viene applicata in una camera o contenitore chiuso e controllato da macchine particolari, motivo per cui gli oggetti infestati possono stare a contatto con il gas tutto il tempo ritenuto necessario affinché gli insetti muoiano. II suo grado di penetrazione nel legno, così come i residui superficiali, dipendono dal tipo di gas impiegato. Fino a poco tempo fa, questo sistema presentava però un grave inconveniente: i gas utilizzati erano nocivi per l'uomo, alcuni addirittura letali. Ciò nonostante, recentemente sono stati sperimentati nuovi metodi di sterminio degli insetti per fumigazione non tossici, uno dei quali è a base di gas inerti in luoghi chiusi ermeticamente. Questo sistema, fra l'altro, non altera i materiali di cui è costituito il mobile. Tutti i metodi di fumigazione si applicano in luoghi perfettamente stagni o in recipienti sigillati.Sia i trattamenti fisici sia quelli chimici mediante fumigazione richiedono un attrezzatura di cui normalmente i laboratori di restauro non dispongono, per cui occorre realizzare tali interventi in centri specializzati. Al contrario, i trattamenti chimici per impregnazione o iniezione di sostanze liquide possono essere effettuati con facilità nei laboratori di restauro.È auspicabile che in futuro si possa disporre di metodi e di prodotti che non siano tossici in assoluto e che, nello stesso tempo, siano in grado di eliminare gli insetti infestanti sotto qualsiasi forma si presentino, adulti, larve, pupe o uova. La Prevenzione

Prevenzione contro il TarloIl Mobile - La DisinfestazioneScritto da Autori Vari   inShare

 La prevenzione contro l' infestazione dai tarli, consiste in quei provvedimenti atti a eliminare o per lo meno ridurre al minimo le cause favorevoli all'"insediamento" nei nostri mobili di questi sgraditi ospiti.Il più semplice degli interventi di prevenzione sta nella semplice cura dei mobili: infatti, un mobile ben tenuto e lucidato non è terreno ideale per la posa delle uova, pertanto difficilmente diventa ricettacolo per una nidiata. E   importante quindi dedicare tempo alla periodica lucidatura dei mobili. E sufficiente due o tre volte l'anno, passare con un panno la cera e, una volta asciutta, lucidarla con un panno di lana. Un altra attenzione particolare, occorre prestarla per evitare il contagio. Infatti, se si porta in casa un mobile, che ragionevolmente può essere infestato dai tarli, è quasi certo che questi contageranno anche i mobili che fino al quel momento erano rimasti indenni. Pertanto quando acquistiamo un mobile più o meno antico, preoccupiamoci che abbia subito un buon intervento antitarlo,  altrimenti facciamoglielo noi.Occorre anche assicurarsi che il mobile non sia in condizioni ambientali che favoriscano il

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contagio biologico.Condizioni che influiscono sul contagio sono

Umidità: un contenuto nel legno superiore al 18 - 20 % favorisce lo sviluppo degli insetti

Ventilazione: l'assenza o la carenza di ricambio d aria, favorisce l'accumulo di umidità.

Temperatura: tutti gli insetti tendono ad avere una maggioreattività e cicli più frequenti a temperature miti (22   -25 °C)Infatti, in fase di restauro, il trattamento antitarlo diventa di per sé una misura di prevenzione in quanto avvelenando in una certa misura le fibre del legno, questo diventa non idoneo alla alimentazione delle larve e alla deposizione delle uova. Quindi, rifacendoci alla parte già trattata su come eseguire un trattamento antitarlo, spennelliamo abbondantemente di liquido antitarlo le parti non verniciate del mobile, senza però dimenticare di lasciare diverso tempo il mobile in un ambiente areato prima di portarlo nelle nostre stanze.Un' altra efficace operazione preventiva da effettuare nel nostro laboratorio consiste nella verniciatura a gommalacca (data chiaramente con pennello) di tutte le parti non lucidate ( schiena, fondi dei cassetti, parti interne o nascoste): questa misura rende il legno non idoneo alla posa delle uova.Altro punto, peraltro già trattato, riguarda la chiusura dei fori di uscita. I fori di uscita dell'insetto oramai adulto, diventano facilmente nido per la nuova covata.  La stuccatura dei fori, in modo sistematico,  la si fa principalmente in fase di restauro. Come misura preventiva, si deve intervenire anche nel caso in cui riscontriamo una nuova presenza di tarli nel mobile di casa: la polverina di legno ne è una spia indiscutibile. Individuiamo prontamente il foro, iniettiamo il veleno con una siringa e subito chiudiamolo con cera in stic del colore più appropriato al mobile.Quando ad essere attaccata dal tarlo è una sedia, le misure di prevenzione e trattamento dovranno essere eseguite con maggior frequenza e attenzione, in quanto, per la propria particolare struttura e uso, la sedia e uno dei mobili più delicati e fragili.Voglio sottolineare ancora una volta che comunque, non si raggiunge mai la certezza di un trattamento completo e definitivo, ma certamente la ripetizione del trattamento e la scrupolosa applicazione delle misure preventive consentono di avvicinarsi sempre più ad una protezione efficace del mobile.Intervento Antitarlo

Intervento antitarloIl Mobile - La DisinfestazioneScritto da Autori Vari   inShare

Sotto la comune dizione "trattamento antitarlo", si intendono tutti quei procedimenti che prevedono l'uso di prodotti specifici  atti alla eliminazione definitiva del tarlo dai nostri mobili ( o strutture lignee).Mettere in pratica quanto si è detto così semplicemente non è altrettanto facile: eliminare

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definitivamente il tarlo non sempre riesce, e spesso occorre ricorrere più volte ai trattamenti senza tuttavia avere una garanzia totale della riuscita.Questo si spiega in quanto il tarlo, annidandosi a volte nelle profondità delle gallerie, non sempre è raggiungibile dai gas o liquidi velenosi con i quali tentiamo di avvelenarlo. Inoltre, se il trattamento lo eseguiamo quando il nostro acerrimo nemico si trova nello stadio di "uovo", il trattamento  risulta quasi sempre inefficace.Cerchiamo di affrontare il problema prendendo in esame le varie fasi in cui questo si può  presentare. MANUTENZIONE ORDINARIASupponiamo di renderci conto della presenza del tarlo nei nostri mobili di casa, attraverso l'improvvisa comparsa dei piccoli cumuli di polvere di legno di cui abbiamo già parlato. Per questo tipo di intervento, dobbiamo procurarci  un buon prodotto antitarlo e uno stic di cera del colore più simile al mobile sul quale dobbiamo intervenire: entrambi i prodotti li possiamo trovare facilmente in ogni ferramenta. Il tipo di intervento è semplice e alla portata di tutti (adottando chiaramente le  precauzioni necessarie in occasione di utilizzo di prodotti velenosi) : è sufficiente iniettare il liquido antitarlo in ogni singolo foro chiudendolo poi  con uno spaghetto ottenuto dallo stic di cera.Quando si inietta il liquido, occorre prestare attenzione affinché questo traboccando dal  foro non macchi il mobile, soprattutto se rifinito a gommalacca. Mentre si inietta il liquido quindi,  con l'altra mano,  tenete uno straccetto o un batuffolo di cotone nei pressi dell'ago pronti a fermare ogni fuoriuscita di liquido.Questo tipo di intervento ha il vantaggio di essere estremamente semplice ed immediato, ed è forse l'unico alla portata di tutti. Si provoca un certo avvelenamento delle fibre del legno nella galleria di uscita dell'insetto adulto, nella quale la femmina presumibilmente ha deposto le uova. I fori che dobbiamo "siringare" sono anche quelli vecchi, con profilo scuro, in quanto possibili ricettacoli di uova. FASE DI RESTAUROIn fase di restauro , possono capitarci  mobili  in condizioni assai peggiori di quella precedentemente descritta. Prima di decidere il tipo di intervento, dobbiamo renderci conto quanto il tarlo abbia danneggiato il legno. In alcuni casi, ci si trova costretti se non a sostituire integralmente almeno a consolidare alcune parti gravemente danneggiate. Una volta terminato l'intervento di consolidamento/riparazione dei danni, si passa alla fase vera e propria di trattamento.In questo caso, sempre con le dovute precauzioni, e sempre che le dimensioni del mobile lo permettano, possiamo intervenire col metodo della "camera a gas": Questa volta occorre avere una quantità sufficiente di antitarlo (uno o due litri) che con un pennello adeguatamente largo, spennelleremo abbondantemente su  tutte le parti del mobile non verniciate. Schiena , interni e fondi dei cassetti e del mobile dovranno essere trattati. Avremo precedentemente preparato un telo o sacco di nylon per avvolgere completamente il mobile,. all'interno del quale lasceremo un recipiente con antitarlo. Il Nylon che avvolge il mobile lo fermeremo con nastro di carta gommata. Lasceremo il mobile in queste condizioni per almeno tre settimane. E' consigliabile fare questa operazione o in tarda primavera o in autunno  quando si schiudono le uova. Trascorse le tre settimane, , toglieremo il nylon lasciando asciugare il mobile per due o tre giorni in un luogo areato. A questo punto passeremo a siringare ogni singolo foro come abbiamo visto in precedenza. Per quello che riguarda la chiusura, potremmo usare cera oppure stucco con gesso di Bologna se i fori sono molti e la finitura prevista è a gommalacca.

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 Questo tipo di intervento, possibile solo in un ambiente adeguato, da non farsi assolutamente in casa per ovvi motivi, è più efficace del precedente in quanto comporta l'avvelenamento di gran parte della struttura lignea attraverso l'abbondante spennellatura di antitarlo, la quasi completa saturazione delle gallerie con gas venefici (mediante la camera a gas) e invasione delle gallerie di liquido velenoso tramite iniezione. METODI PROFESSIONALINonostante la presunta efficacia del metodo descritto sembrerebbe che  non offra una garanzia assoluta di riuscita, in quanto sempre e comunque alcune remote gallerie non vengano toccate dagli agenti venefici. Allora a questo punto si passa agli interventi professionali di chi, della lotta ai tarli ne ha fatto il proprio mestiere. Alcune aziende offrono servizi di disinfestazione utilizzando, tra gli altri, il  metodo del  vuoto .Nell'ambiente dove vengono posti i mobili si crea il vuoto aspirando l'aria e poi si iniettano i gas venefici. I gas, proprio per l'effetto del vuoto creato, raggiungono qualsiasi fessura o galleria anche più remota non trovando l'aria come ostacolo rendendo più efficace l'operazione. Questo trattamento viene garantito fino a cinque anni. Alcune aziende offrono questo servizio anche a domicilio.

PRODOTTI ANTITARLO E CONSOLIDANTIPHASE: Linea PERMETAR specifico antitarlo mette a disposizione i seguenti prodotti:Concentrato: Concentrato per uso professionale, inodore, non infiammabile, da diluire  1:50

nel solvente più idoneo per la lotta nel tempo agli insetti del legno (conf. 100 ml,  1lit.)

In Petrolio: Soluzione pronta all'uso, completamente inodore e praticamente incolore, da applicare a pennello o spruzzo su manufatti in lavorazione o in opera. (conf. 250 ml, 1,5 lit, 20 lit.)

Injection: Aerosol insetticida specifico contro gli insetti del legno, munito di apposito beccuccio per la localizzazione del prodotto nei fori dei tarli. (conf. 400 ml)

Spray lucidamobili: Aerosol contenente oltre al prodotto insetticida una parte di cere naturali finissime che nutrono e mantengono il legno. (conf. 400 ml)

Cera: Cera finissima da antiquari contenente il principio attivo insetticida, per la lucidatura e la manutenzione dei manufatti. (conf. 400 ml)

 Questi prodotti soddisfano le seguenti condizioni di qualità:Il prodotto antitarlo deve poter essere esteso sulla superficie lignea in modo da garantire una penetrazione in profondità e quindi una efficace protezione. Deve sviluppare un'azione altamente tossica nei confronti degli insetti xilofagi, ma non tossica nei confronti di qualunque altro organismo. Non deve essere facilmente dilavabile ne a base di composti volatili e la sua azione si deve sviluppare il più possibile in profondità del legno senza però produrre corrosioni sulle parti metalliche contigue ne presentare effetti negativi su colle o vernici di finitura. Deve avere un colore neutro trasparente. Deve poter essere applicato semplicemente a pennello, spruzzo o iniezione con siringa. Deve essere resistente alla radiazione ultravioletta e non deve occludere la naturale porosità del legno nè formare

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pellicole destinate ad esfoliare.Deve consentire di eseguire le normali operazioni di finitura a cui il manufatto va sottoposto. Deve esercitare un'azione sia curativa che preventiva. La sua efficacia deve però essere favorita da interventi che eliminano eventuali fonti di umidità ed assicurano una buona ventilazione dell'ambiente.. XIREIN Prodotto Antitarlo ProTector N   - protettivo per legno - Sul catalogo di una noto distributore milanese di materiali e attrezzature per il restauro (Bresciani), viene riportata la scheda di questo antitarlo:Con ProTector N abbiamo risolto non solo il problema di avere un protettivo efficace, utilizzando come principio attivo la permethrina ma anche poco nocivo per l'uomo (non contiene endosolfuro, lindano o DDT). Il solvente di questo prodotto, permette di veicolare il principio attivo in modo ottimale  per avere una efficace penetrazione nel legno ( in 24 ore, per capillarità può penetrare nel legno per più di 50 cm) e non è tossico per l'uomo. E' inodore ed incolore non altera rivestimenti di tessuto o carta.ProTector N

stabilizza il legno riducendo l'assorbimento dell'umidità ed il ritiro in clima secco.salvaguardia il legno da batteri, funghi ed alghe.

è efficace contro gli insetti xilofagi quali tarlo  (Anobium Puctatum), capricorno delle case ( Hylotrupes bajulus), lictus ( Lyctus brunneus), vespa del legno ( Sirex gigas), termiti ecc.

previene dalle infestazioni

il legno trattato è riverniciabile

non attacca la maggior parte delle vernici preesistenti

non degrada alla luce

non corrosivo per metalli

E' conforme alla norma americana che regola i preservanti del legno e supera  lo standard europeo per la stessa materia.

Consolidamento del Legno: Il consolidamento del legno è un intervento necessario quando i manufatti lignei si presentano in una situazione di deterioramento molto avanzato.In genere questo deterioramento interessa soprattutto la struttura interna del legno ed opera degli insetti xilofagi.Questi insetti indeboliscono a tal punto la struttura del legno da renderla quasi spugnosa e debole alle sollecitazioni meccaniche.Il consolidamento in genere viene effettuato con resine acriliche tra le quali una delle più efficaci risulta essere il “Paraloid B72”.Tale sostanza viene utilizzata nei maggiori centri di restauro, su opere di altissimo valore artistico. E’ stata infatti utilizzata per la prima volta nel restauro del crocifisso ligneo del Duccio presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, in seguito all’alluvione ’66.Questa sostanza si trova in commercio sotto forma di granuli (B72): è una resina che va sciolta in solventi quali: alcool, diluenti al nitro, acetone, eccetera.La soluzione penetra all’interno della struttura, nelle gallerie scavate dai tarli, asciugandosi si espande ed indurisce rinforzando il tutto.Il consolidamento può essere effettuato  per immersione, per spennellatura o siringatura. Si opera a concentrazioni diverse nel senso che si comincia con del Paraloid più diluito (10%) e man mano si aumenta la concentrazione (fino ad arrivare al 20%).La quantità di Paraloid utilizzata non deve essere

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eccessiva in quanto questo, indurendosi potrebbe spaccare il legno. PRODOTTI PER IL CONSOLIDAMENTOPARALOID: Sul catalogo di un noto distributore milanese di materiali e attrezzature per il restauro (Bresciani), sotto al capitolo RESINE ED EMULSIONI ACRILICHE sono elencati diversi tipi di PARALOID prodotti dalla ROHM HAAS.

PARALOID B44 metil-metacrilato Ottima durezza, buona flessibilità e grande adesione sui più svariati supporti, soprattutto metallici.  Solubile in idrocarburi aromatici, esteri e chetoni.  Solo parzialmente solubile in alcool e idrocarburi alifatici PARALOID B66 metil-butil-metacrilato Ottima adesione, flessibilità e durezza, rapido essiccamento all'aria del film. Solubile in toluolo, xilolo. PARALOID B67 isobutil-metacrilato Forma un film leggermente più duro del B72. Utilizzato in miscela con altre resine per aumentare la durezza superficiale. Co,patibile con resine  alchidiche, medie e lungo olio. Solubile in white spirit, toluolo, xilolo ecc. PARALOID B72 etil-metacrilato Resina di uso generale, eccellente flessibilità e trasparenza. Solubile in chetoni, esteri, idrocarburi aromatici e clorurati. Miscelabile con etanolo col quale forma una soluzione lattiginosa, il film che si forma e però assolutamente trasparente PARALOID B82 metil-metacrilato Proprietà simili al B72 con la  proprietà di essere solubile in alcune miscele di acqua ed alcool.

 Metodo Veloxy

Disinfestazione: metodo VeloxyIl Mobile - La DisinfestazioneScritto da RGI srl   inShare

Pagine curate da:R.G.I.

Resource Group Integrator s.r.l.Disinfestazione dei Beni Culturali

 UN NUOVO METODO DI DISINFESTAZIONE: consiste nell' eliminare i parassiti semplicemente mantenendo le opere in condizioni di assenza di ossigeno per alcune settimane. VELOXY®La tecnologia VELOXY® è stata sviluppata da R.G.I. Resource Group Integrator s.r.l. di Genova per il contenimento del  danno biologico negli istituti di conservazione dei Beni Culturali.Diverse sono le specie dei parassiti che procurano estesi danni (purtroppo gravi ed irrimediabili) al patrimonio artistico e culturale.Gli istituti di conservazione, a causa del grande numero di oggetti per così dire "appetibili", sono particolarmente vulnerabili a questo tipo di pericolo.Si può affermare che non esista, in genere, luogo di conservazione che non mostri i segni di parziali o estese infestazioni di insetti xilofagi e infezioni da microrganismi.Purtroppo queste possono ripresentarsi più e più volte nel tempo; soprattutto a causa della non comune attività dei responsabili del degrado: le larve degli insetti xilofagi, funghi, muffe e batteri.Fino a qualche anno fa, l' unico modo per combattere questi parassiti consisteva nell'utilizzare sostanze gassose ad effetto

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insetticida e/o sterilizzante: ossido di etilene, bromuro di metile, cianuro di potassio.Le opere venivano trasportate fuori dei centri abitati, trattate con i gas e quindi riportate all'istituto di conservazione, dove per lungo tempo rilasciavano le sostanze di cui erano impregnate.Tutte le fumigazioni con gas tossici hanno in comune tra loro almeno due aspetti: il primo è l'efficacia verso gli insetti, il secondo è l'estrema pericolosità per la salute umana (causano tumori, leucemia, mutazioni genetiche, alterazioni del sistema neuro-endocrino).Ve ne è poi un terzo: reagiscono chimicamente con i materiali delle opere determinando alterazioni strutturali e cromatiche (in altre parole, producono ulteriore degrado).In aggiunta a quanto sopra, le misure di sicurezza che devono essere adottate quando si usano gas tossici rendono questi interventi molto dispendiosi anche perché comportano il trasporto delle opere al di fuori della loro abituale struttura di conservazione; pertanto, la decisione di intraprendere una disinfestazione con gas tossici è sempre stata ardua per i responsabili di musei, biblioteche e archivi, che disponevano tale tipo di intervento esclusivamente in caso di infestazioni molto gravi.A partire dalla fine degli anni 90 si è resa disponibile un alternativa ecologica ai gas insetticidi: il  metodo della anossia, che consiste nell'eliminare i parassiti semplicemente mantenendo le opere in condizioni di assenza di ossigeno per alcune settimane.L aria che noi tutti respiriamo è una miscela di gas: azoto(78,08%), ossigeno (20,95%), argon (0,93%) ed altri presenti in tracce, come neon, elio, metano. L ossigeno è l'unico tra questi gas a permettere la sopravvivenza: riducendo la sua presenza fino a valori praticamente trascurabili si ottengono condizioni letali per tutte le specie di parassiti (ad ogni stadio del loro ciclo vitale: adulto, uovo, larva e crisalide).Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ciò che determina la morte degli insetti in assenza di ossigeno non è il soffocamento ma la perdita di acqua. Il meccanismo della loro respirazione è infatti molto particolare: inspirano aria con frequenza estremamente bassa attraverso una serie di aperture (dette opercoli ). Se la quantità di ossigeno nell'aria viene resa minima, il ritmo della loro respirazione aumenta moltissimo (fino a dieci volte tanto quello normale) determinando così il decremento dei valori di acqua corporea per evaporazione e, successivamente, la morte per disidratazione.Questo nuovo metodo, confinato fino a qualche anno fa nei laboratori specializzati, è ora facilmente applicabile mediante il sistema VELOXY® (VEry Low OXYgen), messo a punto dalla R.G.I. Resource Group Integrator di Genova. Il sistema, dato che garantisce il rispetto dell'integrità delle opere, è anche applicabile al solo sospetto della presenza di parassiti. Può inoltre essere utilizzato negli stessi locali in cui le opere vengono conservate abitualmente, evitando loro il pericolo di eventuali danni durante il trasporto e sicuri shock.La validità del sistema VELOXY® è stato certificata, con riferimento agli insetti, attraverso il progetto di ricerca Save Art (1998-2000) finanziato dalla Comunità Europea allo scopo di promuovere una tecnologia innocua per l'uomo, l'ambiente e per le opere d arte, ma al tempo stesso efficace verso i parassiti, semplice da utilizzare e poco costosa.Quattro laboratori Ministeriali (Italia, Spagna, Inghilterra e Svezia) hanno preso parte al progetto di ricerca analizzando l'efficacia del metodo e del macchinario grazie al quale renderlo operativo.Sono in corso attività di ricerca per certificare che, con l'introduzione di alcuni componenti innovativi, il sistema VELOXY® è in grado di ridurre drasticamente la presenza di microrganismi.Queste attività riguardano il progetto DISIO - Disinfezioni SIne Oxygeno (1998 - 2002) che è svolto, nel contesto del programma PARNASO, in collaborazione con l'Istituto Centrale per la Patologia del Libro, Istituto Centrale del Restauro, Opificio delle Pietre Dure, Centro di Fotoriproduzione degli Archivi dello Stato, Biblioteca Apostolica Vaticana, Università La Sapienza di Roma e il Consiglio Nazionale delle Ricerche.Il funzionamento del sistema è molto semplice: consiste essenzialmente nel sottrarre, sostituendolo con azoto atmosferico, l'ossigeno dall'interno di involucri stagni appositamente confezionati nei quali sono state sigillate le opere da disinfestare o disinfettare.La durata di questa operazione è legata alle dimensioni degli oggetti e può variare da qualche ora fino a qualche giorno; è comunque possibile lavorare contemporaneamente su diversi involucri che vengono connessi in serie tra loro. Inoltre, VELOXY® può essere mantenuto in funzione anche durante le ore notturne senza la presenza dell'operatore.Una volta eliminato l'ossigeno, l'opera viene lasciata all'interno dell'involucro per almeno tre settimane: periodo che garantisce la totale eliminazione di qualsiasi tipo di insetto ad ogni stadio di vita e dei batteri aerobi, nonché la diminuzione della carica microbica fino al 98 %.Una delle importanti peculiarità del sistema è quella di poter essere utilizzato anche a scopo preventivo: come già accennato, i metodi tradizionali basati su gas determinano l'indebolimento dei materiali e l'alterazione dei pigmenti, mentre l'anossia non solo non produce questi effetti nocivi ma, anzi, crea un ambiente protettivo per i materiali ed i pigmenti, che non saranno soggetti a fenomeni ossidativi proprio in virtù dell'assenza di ossigeno. VELOXY® trova, quindi, utile applicazione anche per la conservazione a lungo termine nei depositi delle opere non esposte al pubblico: i manufatti, sigillati all'interno degli involucri, saranno protetti da ogni fonte di possibile degrado: biologico, fisico e chimico. 

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E possibile trarre alcune importanti conclusioni:1. L' anossia è un metodo ininfluente verso la salute umana e verso l' ambiente.2. Non è necessario trasferire le collezioni dalle strutture dove abitualmente sono conservate.3. Materiali e i pigmenti non sono esposti a sostanze che potrebbero indebolirli ed alterarli.4. I costi sono inferiore a quelli degli interventi tradizionali con gas tossici.

VELOXY® può essere usato per la conservazione delle collezioni a lungo termine nei depositi dato che queste saranno protette da insetti, microrganismi, polvere e inquinamento atmosferico.Il sistema VELOXY® è stato sviluppato in modo da renderne molto facile l'impiego, può quindi essere gestito (previo breve periodo di addestramento) direttamente dal personale degli Istituti di conservazione, che possiede le migliori competenze per maneggiare con sicurezza e riguardo le collezioni.Come potrà verificare dalle referenze, il sistema VELOXY® viene già da tempo utilizzato con successo, in Italia e in Europa, da diversi Istituti preposti alla conservazione e protezione del Patrimonio Artistico e Culturale.per info:  Referenze :Le opere di grande interesse artistico dove è stato usato il metodo Veloxy 

R.G.I. Resource Group Integrator s.r.l.Viale N. Sauro 8 16145 - GENOVA

Tel: 0039 010 362 6002Fax: 0039 010 3626799

http://www.rgi-genova.com/

Ciart: le Microonde

Disinfestazione a microondeIl Mobile - La Disinfestazione

Scritto da S. Ottomanelli   

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  La nostra vocazione ecologica e lo scenario connesso all'attuazione del protocollo di Montreal hanno rappresentato le premesse fondamentali da cuiC.I.A.R.T. è partita per identificare la propria mission nella bonifica di beni artistici e d' antiquariato, attaccati da infestanti biologici, attraverso l' impiego esclusivo di tecnologie eco-friendly.

C.I.A.R.T. , dopo un esperienza quinquennale nel settore del restauro tecnologico, ha realizzato un attività di ricerca su campo che ha consentito la definizione di protocolli e la progettazione di un prodotto che ottimizza, in modo significativo, le performances registrate ad oggi con il sistema di disinfestazione a microonde.L' impiego dell'energia elettromagnetica (in particolare microonde) per disinfestare opere d arte in legno, libri e altre opere cartacee, stoffe, arazzi, tappeti, ecc. dagli insetti infestanti è divenuto una realtà operativa dopo circa un ventennio di ricerca internazionale che ne ha monitorato potenzialità e criticità. Le microonde sono attualmente impiegate per contrastare in modo eco-sostenibile gli effetti distruttivi provocati da insetti xilofagi (i tarli) su mobili, strumenti musicali, tavole dipinte, cornici, statue lignee ecc. La disinfestazione del materiale ligneo di interesse storico-artistico tradizionalmente effettuata con gas tossici (come il bromuro di metile) non garantisce da effetti indesiderati su decorazioni e trattamenti vari delle superfici (vernici, pitture, lacche ecc.) e si pone in contrasto con le normative internazionali in materia di tutela ambientale.D' altra parte l' impiego di preservanti in solvente organico, con l' impiego di un pennello sulle superfici non dipinte o laccate o iniettato nei fori creati dagli insetti non sempre porta ad una completa disinfestazione con un solo trattamento. 

  Il metodo della disinfestazione a microonde, totalmente eco-compatibile, sfrutta l' energia elettromagnetica per scaldare le forme biologiche infestanti (insetti, funghi, ecc.) al di sopra della loro temperatura letale. Allo stesso tempo, le microonde non compromettono l'integrità degli oggetti sottoposti al trattamento. Le onde elettromagnetiche inducono un effetto di riscaldamento nelle forme biologiche infestanti, senza avere effetti sui materiali di cui e composto l'oggetto artistico che non contiene acqua in percentuali significative. La temperatura dell'oggetto in trattamento e monitorata con sensori all'infrarosso in maniera da avere l'adeguato controllo dell'azione selettiva del riscaldamento limitata alle forme biologiche. Inoltre, il trattamento a microonde si caratterizza la rapidità e possibilità di

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maneggiare l'oggetto artistico immediatamente dopo la disinfestazione, non essendovi persistenza di energia alla fine del trattamento.Il Centro Italiano di Arte Restauro Tecnologico ha sistematizzato l' esperienza pluriennale maturata nell'ambito di interventi di disinfestazione/disinfezione di manufatti artistici lignei in una banca dati contenente:

descrizione del manufattoimmagine digitalizzata del manufatto

tempi e modalità di trattamento

La banca dati attualmente conta circa ottomila protocolli di lavoro.L' intervento C.I.A.R.T. è sinonimo di garanzia e sicurezza. Il processo di restauro è certificato dall'azienda che punta, successivamente all'intervento di restauro e disinfestazione, a svolgere un attività divulgativa finalizzata ad una corretta conservazione del bene e alla prevenzione di nuove occasioni di degrado dovuto da agenti esterni di natura abiotica e biotica. 

 Dott.ssa Sandra OttomanelliResponsabile Comunicazione e Beni Culturali C.I.A.R.T. C.I.A.R.T.  s.a.s.: Via Barletta,210 70031 Andriatel. 0883.591781/  fax  0883.296660  web: www.ciart.it / e-mail: [email protected] cell. 334 62 78 294Metodo Misya

Disinfestazione: Metodo MisyaIl Mobile - La DisinfestazioneScritto da Autori Vari   inShare

SISTEMA A MICROONDE PER LA BONIFICA DI OPERE D ARTE DA INFESTANTI BIOLOGICI  C.M.C. srlCommissionaria Sistema MisyaVia Foggia, 6472020 - Cutrofiano - Leccewww.cmc-newtech.it

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 Molti oggetti in legno, carta, stoffa di interesse storico-artistico subiscono danni rilevanti, quasi sempre irreversibili, a seguito dell'attacco da parte di svariate tipologie di infestanti biologici.Nella conservazione e recupero dei suddetti manufatti, la necessità di intervenire efficacemente con validi trattamenti di disinfestazione si propone quotidianamente in misura sempre maggiore. Attualmente le tecnologie utilizzate nella disinfestazione delle opere d arte comportano grossi limiti legati ai tempi di trattamento eccessivamente lunghi, alla possibilità di danneggiamento degli oggetti trattati e soprattutto a gravi rischi di inquinamento ambientale e per la salute degli operatori. Nella maggior parte dei casi si ricorre alla fumigazione, ossia all'utilizzazione di biocidi gassosi estremamente tossici ed inquinanti, quali:

bromuro di metileossido di etilene

aldeide formica

Accanto alla fumigazione, attualmente si sta ricorrendo anche ai trattamenti anossici in atmosfera controllata, basati sull'uso di miscele di anidride carbonica e gas inerti (azoto, argon ed elio) che, pur non essendo altamente tossici, possono interagire con i materiali trattati (è il caso dell'anidride carbonica); tali trattamenti richiedono lunghissimi tempi di esposizione (dai 7 ai 30 giorni) ed elevati costi di approvvigionamento dei gas (vedi argon ed elio).  Ulteriori tecnologie alternative ai metodi chimici e anossici sono quelle che si avvalgono dell'uso di mezzi fisici (raggi , raggi UV, alte e basse temperature), le cui applicazioni vengono tuttora condotte in via sperimentale, rivelandosi fino ad ora di scarsa praticità e validità. IL SISTEMA MISYA

  Nell'ambito della disinfestazione, risulta ormai di estrema necessità far riferimento a tecnologie innovative che abbiano costi di gestione minori e che risultino prive di pericoli per l'ambiente e gli operatori.Basandoci su tali considerazioni e sul nostro oramai consolidato "know how" nel campo delle tecnologie alle microonde e delle schermature elettromagnetiche alle radio frequenze, abbiamo deciso di realizzare un dispositivo col quale attivare la disinfestazione da infestanti biologici, garantendo tempi di trattamento brevissimi, un impatto ambientale nullo ed una completa efficacia.La nostra idea è scaturita dall'osservazione che molte forme biologiche non sopravvivono oltre una certa temperatura, detta "temperatura letale", che per molti insetti xilofagi cade nel range di 53-55°C,

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mentre per le muffe ed i funghi va dai 65 ai 70 °C.  Il nostro dispositivo è un sistema di disinfestazione alla frequenza delle microonde che sfrutta l'effetto della termalizzazione dell'energia elettromagnetica per scaldare le forme biologiche infestanti gli oggetti d arte al di sopra della loro temperatura letale.Dal punto di vista tecnico-scientifico è stato realizzato un apparato che permette di indurre all'interno dell'oggetto da trattare, di qualsiasi forma esso sia, e, in particolar modo negli agenti infestanti, una distribuzione di temperatura uniforme tale da garantire che:gli organismi o i microrganismi biodeteriogeni vengano portati a temperature superiori a quelle per loro letali,la temperatura raggiunta dall'oggetto e le sue variazioni spaziali non comportino deformazioni e sforzi tali da comprometterne l'integrità.Questa tecnologia può essere applicata a manufatti di interesse storico-artistico realizzati in:

legno (mobili, cornici, strumenti musicali, etc.);carta (libri, documenti d archivio, etc.);

stoffa (tappeti, arazzi, tele dipinte, etc.).

generalmente soggetti all'attacco di:

insetti (tarli)

muffe

funghi

  LA TECNOLOGIA DEL SISTEMA MISYA 

Il sistema di disinfestazione MISYA è costituito da una cavità metallica schermata, in cui vengono inseriti gli oggetti da disinfestare. In tale ambiente viene immessa, attraverso opportune aperture nelle pareti, energia elettromagnetica alla frequenza delle microonde la cui propagazione all'interno della cavità è controllata in maniera tale da ottenere una distribuzione di potenza uniforme nella regione di spazio in cui sono disposti gli oggetti da trattare.Le onde elettromagnetiche inducono un effetto di riscaldamento nelle forme biologiche infestanti (in

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quanto costituite per buona parte da acqua) senza avere effetti termici rilevanti sui materiali di cui è composto l'oggetto artistico a causa delle differenti caratteristiche dielettriche e delle poco significative percentuali di acqua in essi presenti.L energia alle frequenza delle microonde è generata esternamente alla camera di disinfestazione mediante uno o più generatori la cui potenza è controllata con continuità al fine di raggiungere la temperatura letale delle forme biologiche infestanti nei diversi oggetti. Durante il trattamento la temperatura dell'oggetto è monitorata con sensori termici all'infrarosso, in modo da effettuare un adeguato controllo dell'azione selettiva del riscaldamento. I VANTAGGI DEL SISTEMA MISYA 

completa efficacia della disinfestazione, qualunque sia lo stadio vitale dell'agente biotico;rapidità del trattamento, dell'ordine di 3-6 minuti

salvaguardia per gli operatori e l'ambiente

minimizzazione dei rischi di danneggiamento dei manufatti trattati

poliedricità del trattamento, efficace su svariati materiali

totale assenza di residui tossici generati dal trattamento

possibilità di recupero dell'oggetto immediatamente dopo la disinfestazione, non essendovi persistenza di energia elettromagnetica alla fine del trattamento.

  ASSENZA DI INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICOLa totale assenza di inquinamento elettromagnetico è garantita dagli effetti altamente schermanti della camera, strutturata in modo tale che l'energia a microonde rimanga confinata all'interno del dispositivo.In condizioni di funzionamento si riscontrano all'esterno del sistema livelli di campo elettromagnetico molto al di sotto della soglia di 6 V/m imposta dal D.M. 381/98.Questo garantisce l'assoluta incolumità degli operatori addetti al funzionamento del dispositivo e l'assenza di qualsiasi rischio di inquinamento elettromagnetico. 

La tintura del legnoL' arte di tingere il legno era conosciuta fin dall'antichità, si dal tempo degli Egizi e dei Persiani. Questa tecnica è stata documentata però solo in epoca più tarda: greco-romana. Abbandonata durante il medioevo, fu reintrodotta alla fine del Quattrocento grazie ad alcuni intarsiatori che, per rendere un maggior effetto cromatico alle tessere usate la utilizzarono nei loro laboratori. Infatti , le tessere vennero colorite e ombreggiate effettuando la bollitura  delle essenze con liquidi colorati con estratti naturali.

La tintura a differenza della verniciatura, permette di conferire al legno la colorazione desiderata senza

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avere l' effetto coprente proprio della verniciatura. Pertanto, dopo la tintura i disegni delle venature, la tessitura delle fibre, i nodi o marezzature restano ben visibili lasciando al legno questa inimitabile caratteristica che lo rende unico e così vivo.L' ebanista o il restauratore sono interessati alla coloritura superficiale dell' essenza che viene sottoposta a questo trattamento prima o durante la fase di lucidaturaLa tintura del legno, potrebbe in un primo momento sembrare cosa alquanto semplice, ma così non è: il risultato della tintura dipende   sia dal tipo di tinta usata che dalla reazione delle sostanze contenute del legno.La tinta deve essere compatibile con tutti gli altri materiali che intervengono nel restauro: colle,stucchi, cere o gommalacca.Apprestarsi a tingere il legno potrebbe quindi supporre una elevata conoscenza tecnica e scientifica. I vecchi restauratori, possiedono una conoscenza empirica di questi fenomeni, data da numerosi anni di esperienza: tale conoscenza porta sicuramente a ottimi risultati.Per chi si avvicina a questo ambiente, un principiante può incontrare qualche difficoltà in quanto non è semplice orientarsi per mancanza di regole ben precise.Questi appunti possono solo   aiutare in parte, e il provare e riprovare possono essere un buon inizio per toccare con mano e fare esperienza. I MORDENTIAlle tinte naturali, di origine vegetale o minerale si sono aggiunte sostanze sintetiche derivanti dal catrame. Fra le tinte di origine vegetale , usate sin dalla antichità: il the, la cicoria ed il mallo di noce sono quelle più note, vanno preparate per infusione e utilizzate a caldo. Queste tinte venivano usate per ravvivare le essenze nazionali (legno di frutto, quercia e faggio).Altre tinte, forse meno note sono la curcuma, il campeggio, l' indaco, il cartamo e lo zafferano. Altri coloranti erano di origine animale estratti da alcuni insetti della famiglia degli Omotteri, come la cocciniglia ed il Kermes.La Terra di Cassel. di origine minerale ed impropriamente chiamata mordente noce, è assai diffusa oggi in commercio. Questi prodotto viene estratto dalla torba proveniente dalla zone di Colonia e di Cassel ed è commercializzato in frammenti bruni che si sciolgono in acqua bollente. In commercio esistono tinte color Noce, Mogano, Ebano. Le proporzioni della soluzioni si dosano a seconda dell'intensità di colore che si vuole ottenere. Se si aggiunge qualche goccia di ammoniaca la Terra di Cassel assume sfumature violacee. Mentre, se addizionata con anilina rossa, assume sfumature della tonalità del mogano. Come le altre tinte a base acquosa, la stabilità alla luce è buona.Di seguito riporto un semplice ricettario che può dare un piccolo suggerimento di come procedere per ottenere la tonalità voluta:Noce chiaro e quercia: diluire la composizione base in acqua (sciogliere un paio di manciate di granuli in mezzo litro d acqua in ebollizione).Noce scuro: diminuire la quantità d acqua nella composizione base.Noce rossiccio: aggiungere alla composizione base un poco di mogano.Mogano Chiaro: aumentare le dosi d acqua nella composizione baseMogano scuro:  diminuire la quantità d acqua nella composizione base.Mogano con riflessi bruni: alla composizione base aggiungere un poco di noce

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Ciliegio: Noce Base più Mogano BaseEbano con riflessi:Alla composizione base aggiungere un poco di Mogano LE ANILINELe tinte estratte dal catrame vengono comunemente chiamate aniline. La gamma dei colori disponibili va dal giallo al bruni cupo, si acquistano in mesticheria sotto forma di polveri commercializzate in bustine da poche decine di grammi. Le aniline si distinguono in dipendenza dal solvente: aniline all'acqua o aniline all'alcool.Le   aniline all' acqua sono, come la terra di Cassel, più stabili alla luce e compatibili con prodotti vernicianti a base alcolica e sintetica.Altro vantaggio delle tinte ad acqua è la loro praticità, in quanto possono essere miscelate fra di loro e con quelle di origine naturale per ottenere tonalità intermedie. Inoltre il loro impiego è piuttosto semplice in quanto ripassando su una parte appena trattata, non si rischia di lasciare aloni o chiazze più scure dal momento che l' acqua evapora lentamente. Le aniline all'alcoolsono particolarmente indicate per tingere i legni molto sottili (piallacci e lastroni) che, se trattati con grandi quantità d acqua, si imbarcano e deformano tendendosi a staccare. L uso di tinte all'alcool non è comunque semplice poiché l'alcool può deteriorare la colla, per cui occorre proteggere le giunzioni con uno strato di paraffina. Possono dare luogo a tinte non uniformi se stese da mani poco esperte e non ultimo, la lucidatura a gommalacca è possibile solo dopo circa una quarantina di giorni dal trattamento di tintura. Esiste anche un metodo di tintura del legno che si basa non sull'aggiunta di pigmenti colorati, ma sulla reazione con  i tannini del legno facendoli diventare più scuri. Questo metodo, chiamato mordenzatura, da effetti esteticamente molto validi, ma è di una elevata difficoltà in quanto l' esito non è prevedibile a priori se non con una grande esperienza.Uno dei mordenti più usati è il bicromato di potassio (Attenzione!! occorre usarlo con ogni precauzione perchè è cancerogeno), particolarmente adatto per scurire la quercia ed il mogano e quindi ad uniformare la tinta delle parti nuove con quella della struttura più vecchia.Bicromato di potassioI cristalli di bicromato di potassio sono praticamente indicati per la colorazione del mogano. Questo metodo viene usato anche per dare al legno un aspetto anticato. Si presta bene per armonizzare le integrazioni nuove. Ai cristalli viene aggiunta acqua necessaria allo scioglimento completo. Al momento dell'uso si aggiunge acqua per poter ottenere la giusta colorazione. Sebbene il liquido risultante sia un arancio vivo, da al legno un colore caldo e piacevole. Se usato molto concentrato si ottiene una colorazione quasi nera. Lo scurimento del legno non avviene appena applicato, ma ad asciugatura avvenuta. Attenzione è un prodotto cancerogeno e va usato prendendo tutte le precauzioni per evitare inalazione e contatto. Schiarire il legnoL' imbiancamento è un procedimento usato per schiarire i legni che poi verranno tinti in seguito al fine di uniformare meglio le integrazioni.

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L'ACQUA OSSIGINATAL' acqua ossigenata è la sostanza sbiancante più consigliabile dal momento che svolge un azione poco dannosa sulle fibre legnose, è adatta tutte essenze e non richiede risciacquo poiché i suoi   componenti evaporano spontaneamente durante l' essiccazione.    L' acqua ossigenata ad alte concentrazioni (60-130 volumi)  stabilizza con acido forte, va attivata al momento dell'uso con sostanza alcalina, ad esempio l' ammoniaca diluita.L' azione dell'acqua ossigenata è determinata dalla sua scomposizione in acqua ed ossigeno atomico il quale, ossidando le sostanze coloranti del legno ne provoca la decolorazione.L' acqua ossigenata si passa sul legno con uno straccio bianco non di cotone poiché questa fibra si degrada facilmente a contatto con essa. 

Nota di Massimo BertucelliPer la sbiancatura del legno, ho utilizzato una soluzione ottenuta componendo al 95% acqua ossigenata a 100 volumi e per il rimanente 5% ammoniaca pura.Per ciò che attiene al processo di sbiancamento , dopo avere indossato dei guanti protettivi, con un pennello ho incominciato a spennellare la parte da trattare lasciando qualche minuto come tempo d' azione della soluzione sul legno.Mi raccomando di usare anche una mascherina , perchè i vapori dell'ammoniaca sono terribili. Successivamente con una pezza di cotone si strofina energicamente la parte da trattare.Se il risultato ottenuto non risponde alle aspettative l' operazione si può ripetere a distanza di qualche ora, sostituendo alla pezza un po di lana d acciaio tipo 00 .Una volta terminata l' operazione di sbiancamento e consigliabile ripulire la parte trattata con un po d alcool e strofinarlo con una pezza di cotone per asportare residui di soluzione e fili di lana d acciaio. Attenzione:  L'acqua ossigenata a concentrazione 130 volumi, la si acquista in farmacia. Nell'uso occorre prendere tutte le precauzioni per evitare il contatto con la pelle e con gli occhi in quanto a questa concentrazione è altamente corrosiva. Anche l'uso dell'ammoniaca è pericoloso per inalazione dei vapori. Quindi, se non si è certi di operare in tutta sicurezza è meglio non mettersi nemmeno ad iniziare il lavoro con l'uso di questi prodotti.Altre sostanze sbiancanti sono: CANDEGGINATecnicamente Ipoclorito di sodio in concentrazione al 12%. Prima dell'uso questa va ulteriormente diluita in proporzione variabile (1:1, 1:3). Chiaramente una maggiore diluizione ha un potere sbiancante inferiore, ma si evita quella colorazione giallastra tipica della candeggina.ACIDO OSSALICOè un acido organico molto tossico da diluire in acqua o alcool. Se usato a caldo il suo potere decolorante aumenta. Dopo il trattamento il legno deve essere accuratamente lavato.Idrosolfito di Sodio: si usa in soluzione acquosa la 10% che ne potenzia gli effetti. Anche in questo caso, dopo il trattamento il legno va lavato.

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Permanganato di potassio: Si presenta sotto l'aspetto di un sale color violetto solubile in acqua. E un potente sbiancante, ma di uso disagevole. Infatti l'applicazione sul legno, lascia incrostazioni saline che vanno poi rimosse con acido cloridico. E necessario poi lavare abbondantemente con acqua. La pulizia degli accessori

Pulizia degli accessori del MobileIl Mobile - La cura del mobileScritto da Administrator   inShare

PULIRE IL RAMELa pulizia del rame viene effettuata come facevano i vecchi…….si scioglie del sale con dell’aceto o con del succo di limone e si strofina con uno straccio o una spugnetta non abrasiva tutta la superficie in modo omogeneo, il lavoro deve essere continuo poiché l’aggressione del composto è lenta, giunti ad una pulizia soddisfacente si risciacqua con acqua tiepida e si asciuga.PULIRE OTTONELa pulizia dell’ottone, in questo caso della ferramenta di un mobile antico, deve essere fatta in maniera dolce e non troppo invasiva, questo per salvaguardare la patina ovvero l’ossidazione creatasi con il passare del tempo.Vietato usare carta vetro, spazzole metalliche e pagliette, la pulizia deve essere effettuata per immersione lasciando per un po’di tempo la ferramenta in una soluzione di acqua calda e sapone di Marsiglia oppure, se lo sporco fosse cospicuo, utilizzando acqua ed ammoniaca per poi pulirle con straccetto o spazzola a setole morbide in maniera omogenea, risciacquare ed asciugare.CONSIGLI PER LA PULIZIA DELL ACCIAIOOccorrente: acetone o diluente nitro, bicarbonato di sodio, soda caustica, polvere di bianco di zinco o bianco di Spagna, un contenitore di vetro o plastica, uno spazzolino.

1. Ripulire l'oggetto con acetone, o con diluente nitro, strofinatelo con un batuffolo di cotone imbevuto di una soluzione di bicarbonato di sodio (in proporzione di una parte ogni 10 di acqua) in modo da togliere le macchie più superficiali.2. Per eliminare le macchie più resistenti occorre far ricorso a una soluzione, anch'essa al 10%, di soda caustica.3. E importante, nel preparare il composto, osservare alcune avvertenze: usare un contenitore di vetro o plastica e appoggiarlo su una superficie che non possa essere rovinata da eventuali spruzzi di soda.4. Mettete l'acqua nel contenitore e aggiungete la soda (non si deve mai fare il contrario) un po per volta; fatela cadere da vicino e mai dall'alto per evitare che la soluzione ribolla creando vapori nocivi. Per prudenza, oltre ai guanti, che dovranno essere di gomma pesante si può indossare un paio di occhiali per proteggere gli occhi.5. Servendovi di un vecchio spazzolino da denti, strofinare l'oggetto con la soluzione di soda caustica fino a quando le macchie non saranno scomparse.6. Risciacquate con abbondante acqua e asciugate delicatamente.7. Infine lucidate l' oggetto. Prendete una pezza di cotone inumidita con acqua e premetela, come se fosse il piumino della cipria, contro la polvere di bianco di zinco o bianco di Spagna; quindi strofinate il

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pezzo fino ad ottenere il grado di lucentezza desiderato. Sciacquate poi sotto acqua corrente. IL TRATTAMENTO DELL ARGENTOOccorrente: un pennello a pelo corto e rigido, cotone, acetone puro, ammoniaca.

1. Passare l'oggetto (dopo averlo accuratamente spolverato) con acetone puro distribuito con un pennello a pelo corto e rigido, esercitando una leggera pressione e compiendo un movimento rotatorio così da far entrare il solvente in tutte le pieghe del decoro.2. L acetone rimuove lo sporco e il grasso, che devono essere asportati ripassando la superficie con un batuffolo di cotone.3. Se lo sporco è resistente, si usa ammoniaca (sempre distribuita con il pennello) che a differenza dell'acetone, toglie anche le ossidazioni leggere. Si ripassa poi con il cotone, quindi si sciacqua con acetone.4. Successivamente si tratta il pezzo con un buon prodotto di pulizia dell'argento (un polish a lunga durata), che toglie le ossidazioni e restituisce al metallo la sua lucentezza. ELIMINARE LE MACCHIE DALLA CERAMICA ANTICAOccorrente: un pennello di nylon, detergente neutro, candeggina.

1. Lavare accuratamente l'oggetto in ceramica immergendolo in una bacinella contenente acqua calda, ma non bollente, in cui sia stato sciolto un buon detergente neutro. Il pezzo deve essere spazzolato delicatamente con un pennello di nylon, soprattutto nei punti in cui polvere e sporco tendono a depositarsi.2. Dopo averlo sciacquato, si lascia asciugare l'oggetto all'aria appoggiandolo su un panno morbido.3. E consigliabile non asciugarlo con uno strofinaccio per evitare che fili e peluzzi possano aderire alla superficie; si può anche utilizzare un asciugacapelli, avendo cura che il getto d aria non sia troppo violento né troppo caldo.4. Se sono rimaste alcune macchie e tracce di sporco nelle abrasioni, si prepara nel contenitore una soluzione di acqua e candeggina nella proporzione di 4 a 1 e vi si immerge l'oggetto preoccupandosi di sorvegliare attentamente il pezzo per controllare che non si rovini lo smalto. Se non si può tenere l'oggetto sotto controllo, è importante, dopo breve tempo, estrarlo dalla soluzione, sciacquarlo accuratamente in acqua semplice e farlo asciugare all'aria5. Se le macchie sono particolarmente resistenti, si può aumentare la quantità di candeggina fino ad arrivare al massimo ad un rapporto di 1 a 1. Per evitare di rovinare lo smalto, è bene però non immergere completamente l'oggetto nelle soluzioni più concentrate e tamponare invece le macchie o applicarvi impacchi con battutoli di cotone imbevuti di acqua e candeggina.

 CONSIGLI PER LA PULIZIA DEL MARMO

Occorrente: Un po di polvere di pomice, dell'acido ossalico (che si può trovare in farmacia o nei negozi specializzati in prodotti chimici), un barattolo in cui diluirlo, tre strofinacci (due di cotone e uno di lana),

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una spugna e un barattolo di cera bianca in pasta.1. Si versa un po di pomice sul marmo e si strofina questa polvere leggermente abrasiva su tutta la superficie, utilizzando uno straccio inumidito; ideale per questa operazione è la tela di iuta un po consumata dall'uso.2. Si sciacqua, utilizzando una spugna imbevuta d acqua.3. Per togliere le macchie più resistenti si prepara quindi una soluzione di acido ossalico e acqua : l'acido si presenta come una polvere biancastra e deve essere diluito nella proporzione di tre quarti d acqua e un quarto di acido. Utilizzando sempre la spugna si stende il composto con una certa abbondanza, in modo che il marmo si impregni e, dopo qualche minuto, si risciacqua ripetutamente con una spugna pulita4. Quando il ripiano è ben asciutto (si consiglia di aspettare almeno un giorno) lo si "ingrassa" con la cera bianca in pasta e, dopo qualche ora, si procede alla lucidatura con un panno di lana.