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Tempo di Libri Tempo di Libri Alessandro Zaccuri Rho (Milano) La casa editrice si chiama Carbonio e, se visitate Tempo di Libri in cerca di novità, questo è lo stand giusto per voi. Debutto recentissimo, con una proposta che comprende saggistica e reportage, letteratura e testimonianze personali. Spicca, tra i primi titoli, Morire per le idee di Costica Bradatan (traduzione di Olimpia Ellero, pagine 272, euro 18,50), una meditazione su quello che l'autore - docente alla Texas Tech University e Avvenire (ITA) - it Print Tipo media: Quotidiano Nazionale Tiratura: 145.875 Publication date: 22.04.2017 Diffusione: Pagina: 1, 19 Spread: 122.532 Readership: 338.000 Avvenire (ITA) - it Tipo media: Publication date: Pagina: Tempo di Libn Bradatan: «Laverafilosofia è vita vissuta» Tempo di Libri FL Quotidiano Nazionale 22.04.2017 1, 19 $ Tiratura: Diffusione: Spread: Readership: F davivere 145.875 122.532 338.000 '41 (e da morire) ALESSANDROZACCURI RHO (Mwo) L a casa editrice si chiama Car- bonio e, se visitate Tempo di Libri in cerca cli novità, questo è lo stand giusto per voi. De- butto recentissimo, con una proposta che comprende sag- gistica ereportage, letteratura e testimonianze personali. Spicca, tra i primi titoli, Morire per le idee di Costica Bradatan (traduzione di Olimpia Ellero, pagine 272, euro 18,50), una meditazio- ne su quello che l'autore - docente alla Texas Tech IJniversity e alla IJniversity of Queensland, in Australia - definisce 'martirio Dalla pensatrice neoplatonica Ipazia fino al ceco Jan Pa- tocka, che fu maestro di Wclav Havel e morì nel 1977 per le percosse della poli- zia comunista, il libro è un attraversa- mento di nelle quali vie- ne a cadere ogni distinzione fra astrat- tezza del pensiero e concretezza dell'a- zione. «Oggi gli studiosi di filosofia sono propensi a ritenere che queste siano sfe- re separate, destinate a non influenzar- si tra loro - spiega Bradatan, che oggi al- le 11,30 dialogherà coni lettori nella sa- la Optima di Fiera Milano Rho -. Pen- siero e vita seguirebbero regole diffe- renti, improntate a logiche non sovrap- ponibili. In questo momento non ci sia - spetta che uno specialista in filosofia cambi modo di vivere così da essere più coerente con le proprie tesi. Nel libro ho voluto mettere in discussione questo at- teggiamento e, sulla scorta del filosofo francese Pierre Hadot, ho provato a di- mostrare come per lungo tempo la filo- sofia occidentale abbia concepito se stessa come arte del vivere». In che senso? «In passato l'importanza e lo stesso si- gnificato di una teoria o di un'opera filo- m Print Tutti i diritti riservati PAESE : Italia PAGINE : 1, 19 SUPERFICIE : 130 % PERIODICITÀ : Quotidiano DIFFUSIONE : (126000) AUTORE : Alessandro Zaccuri 22 aprile 2017

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Page 1: di Libri FL F - carbonioeditore.it · arte del vivere». In che senso?«In passato l'importanza e lo stesso significato di una teoria o di un'opera filo- sofica erano commisurati

Tempo di Libri Tempo di Libri Alessandro Zaccuri Rho (Milano) La casa editrice si chiama Carbonio e, se visitate Tempo di Libri in cerca di novità, questo è lo stand giusto per voi. Debutto recentissimo, con una proposta che comprende saggistica e reportage, letteratura e testimonianze personali. Spicca, tra i primi titoli, Morire per le idee di Costica Bradatan (traduzione di Olimpia Ellero, pagine 272, euro 18,50), una meditazione su quello che l'autore - docente alla Texas Tech University e alla University of Queensland, in Australia - definisce "martirio filosofico". Dalla pensatrice neoplatonica Ipazia fino al ceco Jan Pa- tocka, che fu maestro di Vàclav Havel e morì nel 1977 per le percosse della polizia comunista, il libro è un attraversamento di "vite pericolose" nelle quali viene a cadere ogni distinzione fra astrattezza del pensiero e concretezza dell'azione. «Oggi gli studiosi di filosofia sono propensi a ritenere che queste siano sfere separate, destinate a non influenzarsi tra loro - spiega Bradatan, che oggi alle 11,30 dialogherà con i lettori nella sala Optima di Fiera Milano Rho -. Pensiero e vita seguirebbero regole differenti, improntate a logiche non sovrapponibili. In questo momento non ci si a- spetta che uno specialista in filosofia cambi modo di vivere così da essere più coerente con le proprie tesi. Nel libro ho voluto mettere in discussione questo atteggiamento e, sulla scorta del filosofo francese Pierre Hadot, ho provato a dimostrare come per lungo tempo la filosofia occidentale abbia concepito se stessa come arte del vivere». In che senso?«In passato l'importanza e lo stesso significato di una teoria o di un'opera filo- sofica erano commisurati ai cambiamenti che ne derivavano per la vita delle persone. Era un processo che riguardava anzitutto il pensatore e si estendeva poi ai suoi ascoltatori o lettori. Socrate, Boezio, Montaigne, Schopenhauer e Nietzsche sono alcuni esempi di quanto nella filosofia occidentale fosse rilevante il metodo di vita, anzi: la pratica. In O- riente, del resto, questa prospettiva non è mai venuta meno. Pensi al caso del buddhismo, che indica al filosofo la strada deU'automodellamento e, quindi, della trasformazione di sé. E lo stesso potrebbe dirsi del confucianesimo e delle altre scuole di pensiero orientali». Per morire da martire è necessario essere filosofo?«Evidentemente no. E i casi di martirio filosofico, in fondo, non sono così numerosi. Di solito ai pensatori manca il coraggio fisico e morale per perseguire le loro idee fino in fondo, oppure si prendono precauzioni, si trova la maniera di nascondere l'autentico significato di i- dee che ritengono possano apparire pericolose. Spesso, molto più semplice- mente, non c'è nessuno che prenda i filosofi abbastanza sul serio. Il martirio è più frequente nell'ambito della fede in un Dio personale, che conosce le traversie del credente e può ricompensarlo per le sue sofferenze. Siamo davanti a una motivazione molto forte, che induce a sacrificarsi per qualcosa di più grande dell'esistenza terrena». Allora perché occuparsi del martirio filosofico?«Perché, nella sua relativa rarità, presenta una casistica molto affascinante. Tommaso Moro, il cui martirio fu nel contempo filosofico e cristiano, è un'eccezione pressoché unica. I filosofi che scelgono di morire, di norma, non credono in un Dio pronto ad accoglierli. E questo, dal mio punto di vista, è davvero straordinario: sono persone che affrontano la prova, perdono tutto e non nutrono alcuna speranza in una ricompensa celeste. Offrono la propria vita senza ottenere nulla in cambio. Muoiono per restare coerenti con le idee che professano. Muoiono perché non possono fare altrimenti. È un gesto che ha in sé u- na bellezza tragica e disperata, alla quale bisognerebbe prestare maggior attenzione. Se si osservano queste scelte più da vicino, ci si accorge che i filosofi non muoiono mai "per niente". Qualcosa lo ottengono sempre, ma si tratta di un'immortalità molto diversa da quella promessa dalla religione». Nel libro lei si sofferma anche sul Settimo sigillo di Ingmar Bergman. Come mai?«Ha presente la partita a scacchi attorno alla quale ruota il film? I critici, così come gli spettatori, tendono a pensare che si tratti di un espediente attraverso il quale il protagonista, il cavaliere Antonius Block, cerca di prendere tempo con la Morte, nel tentativo di riscattarsi con un'ultima impresa. In questo senso, salvare la vita agli altri personaggi sarebbe la sua occasione per redimersi. Ma siamo sicuri che li abbia salvati? La loro morte, in effetti, viene solo procrastinata. Questo ci obbliga a interrogarci su quale sia la vera "azione utile" di Antonius. La mia convinzione è che questa azione non sia nient'altro che la partita a scacchi, mediante la quale la Morte viene obbligata a obbedire e ascoltare, a restare in attesa e rispettare le regole del gioco. Il cavaliere rende umana la morte e, così facendo, riscopre la propria umanità. Quando muore è una persona diversa da quella che, solo il giorno prima, aveva incontrato la Morte sulla spiaggia. È una trasformazione che non può non colpire». La performance, la narrazione, il pubblico: sono questi gli elementi del martirio filosofico?«Sì, anche se la distinzione è più che altro funzionale all'analisi. In pratica non c'è soluzione di continuità, non si può stabilire dove la performance finisca e i- nizi il racconto. Per risultare efficace, la morte di un filosofo deve avvenire in pubblico o essere pubblicamente accessibile. Ma quella che chiamo "performance", ossia la morte, è solo Tinizio del martirio filosofico. Occorre che qualcuno ne renda disponibile il racconto, seguendo con- venzioni e rispettando tradizioni ben precise. La componente narrativa ha un'enorme importanza, perché un martire non esiste al di fuori del racconto. Il pubblico interviene come testimone della performance, come destinatario del racconto e, perfino a distanza di secoli, come soggetto in cui la memoria torna a risuonare. Si tratta di un ruolo non meno cruciale degli altri: gli spettatori partecipano al martirio attraverso l'odio e la violenza, la vergogna e il senso di colpa, la compassione e il rimorso. Una mescolanza di emozioni e sentimenti che rende il pubblico, a sua volta, un martire». Vale anche per la Passione di Cristo?«Molti mi domandano perché, in un libro sul martirio, non mi sia occupato di Gesù. Non è una mancanza di rispetto?, mi chiedono. Secondo me sarebbe stato irrispettoso il contrario. Dal punto di vista teologico Gesù Cristo è il Figlio di Dio e considerare la sua vita e la sua morte nella sola prospettiva del martirio comporterebbe una vistosa svalutazione. Morì di una morte brutale e umiliante, non si discute, e la sua Passione ha fatto da modello per i martiri cristiani. Ma Gesù, in ogni caso, è molto più di un martire». Lo studioso statunitense Bradatan indaga il rapporto inscindibile tra le idee e l'esistenza concreta dei pensatori, che può portare anche al martirio Da Socrate a Patocka Nel suo saggio attraversa le "vite pericolose" nelle quali cade ogni distinzione fra pensiero e azione: «Come nel film "Il settimo sigillo", la Morte viene obbligata ad ascoltare, a restare in attesa e a rispettare le regole Il cavaliere rende umana la morte e così riscopre la propria umanità» Costica Bradatan La celebre partita a scacchi del "Settimo sigillo" di Ingmar Bergman

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Tipo media: Quotidiano Nazionale Tiratura: 145.875

Publication date: 22.04.2017 Diffusione:

Pagina: 1, 19 Spread: 122.532

Readership: 338.000

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Tempo di LibnBradatan:«Laverafilosofiaè vitavissuta»Tempodi Libri

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Quotidiano Nazionale22.04.20171, 19

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Fdavivere

145.875

122.532338.000

'41(e da morire)

ALESSANDROZACCURIRHO(Mwo)

La casa editrice si chiama Car-bonio e, se visitate Tempo diLibri in cerca cli novità, questoè lo stand giusto per voi. De-butto recentissimo, con unaproposta che comprende sag-gistica ereportage, letteratura

e testimonianze personali. Spicca, tra iprimi titoli, Morire per le idee di CosticaBradatan (traduzione di Olimpia Ellero,pagine 272, euro 18,50), una meditazio-ne su quello che l'autore - docente allaTexas Tech IJniversity e alla IJniversityof Queensland, in Australia - definisce'martirio Dalla pensatriceneoplatonica Ipazia fino al ceco Jan Pa-tocka, che fu maestro di Wclav Havel emorì nel 1977 per le percosse della poli-zia comunista, il libro è un attraversa-mento di nelle quali vie-ne a cadere ogni distinzione fra astrat-

tezza del pensiero e concretezza dell'a-zione. «Oggi gli studiosi di filosofia sonopropensi a ritenere che queste siano sfe-re separate, destinate a non influenzar-si tra loro - spiega Bradatan, che oggi al-le 11,30 dialogherà coni lettori nella sa-la Optima di Fiera Milano Rho -. Pen-siero e vita seguirebbero regole diffe-renti, improntate a logiche non sovrap-ponibili. In questo momento non ci sia -spetta che uno specialista in filosofiacambi modo di vivere così da essere piùcoerente con le proprie tesi. Nel libro hovoluto mettere in discussione questo at-teggiamento e, sulla scorta del filosofofrancese Pierre Hadot, ho provato a di-mostrare come per lungo tempo la filo-sofia occidentale abbia concepito sestessa come arte del vivere».In che senso?«In passato l'importanza e lo stesso si-gnificato di una teoria o di un'opera filo-

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PAESE : Italia PAGINE : 1, 19SUPERFICIE : 130 %PERIODICITÀ : Quotidiano

DIFFUSIONE : (126000)AUTORE : Alessandro Zaccuri

22 aprile 2017

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sofica erano commisurati ai cambia-menti che ne derivavano per la vita del-le persone. Era un processo che riguar-dava anzitutto il pensatore e si estende-va poi ai suoi ascoltatori o lettori. Socra-te, Boezio, Montaigne, Schopenhauer eNietzsche sono alcuni esempi di quantonella filosofia occidentale fosse rilevan-te il metodo di vita, anzi: la pratica. In O-riente, del resto, questa prospettiva nonè mai venuta meno. Pensi al caso delbuddhismo, che indica al filosofo la stra-da dell'automodellamento e, quindi, del-la trasformazione di sé. E lo stesso po-trebbe dirsi del confucianesimo e dellealtre scuole di pensiero orientali».Per morire da martire è necessario es-sere filosofo?«Evidentemente no. E i casi di martiriofilosofico, in fondo, non sono così nu-merosi. Di solito ai pensatori manca il co-raggio fisico e morale per perseguire leloro idee fino in fondo, oppure si pren-dono precauzioni, si trova la maniera dinascondere l'autentico significato dii-dee che ritengono possano apparire pe-ricolose. Spesso, molto più semplice-mente, non c'è nessuno che prenda i fi-losofi abbastanza sul serio, il martirio èpiù frequente nell'ambito della fede inun Dio personale, che conosce le traver-sie del credente e può ricompensarlo perle sue sofferenze. Siamo davanti a unamotivazione molto forte, che induce a sa-crificarsi per qualcosa di più grande del-l'esistenza terrena».Allora perché occuparsi del martirio fi-losofico?«Perché, nella sua relativa rarità, presen-ta una casistica molto affascinante. Tom-maso Moro, il cui martirio fu nel con-tempo filosofico e cristiano, è un'ecce-zione pressoché unica, I filosofi che scel-gono di morire, di norma, non credonoin un Dio pronto ad accoglierli. E questo,dal mio punto di vista, è davvero straor-dinario: sono persone che affrontano laprova, perdono tutto e non nutrono al-cuna speranza in una ri-compensa celeste. Offronola propria vita senza otte-nere nulla in cambio.Muoiono per restare coe-renti con le idee che pro-fessano. Muoiono perché

non possono fare altrimen-ti. E un gesto che ha in sé u-na bellezza tragica e dispe-rata, alla quale bisognereb-be prestare maggior atten-zione. Se si osservano que-ste scelte più da vicino, ci siaccorge che i filosofi nonmuoiono mai Qualcosa loottengono sempre, ma si tratta di un'im-mortalità molto diversa da quella pro-messa dalla religione».Nel libro lei si sofferma anche sul Setti-mo sigillo di Ingmar Bergman. Comemai?«Ha presente la partita a scacchi attornoalla quale ruota il film? I critici, così co-me gli spettatori, tendono a pensare chesi tratti di un espediente attraverso il qua-le il protagonista, il cavaliere AntoniusBlock, cerca di prendere tempo con laMorte, nel tentativo di riscattarsi conun'ultima impresa. In questo senso, sal-vare la vita agli altri personaggi sarebbela sua occasione per redimersi. Ma sia-mo sicuri che li abbia salvati? Laloro mor-te, in effetti, viene solo procrastinata.Questo ci obbliga a interrogarci su qualesia la vera di Antonius. Lamia convinzione è che questa azione nonsia nient'altro che la partita a scacchi, me-diante la quale la Morte viene obbligataa obbedire e ascoltare, a restare in attesae rispettare le regole del gioco. Il cavalie-re rende umana la morte e, così facendo,riscopre la propria umanità. Quandomuore è una persona diversa da quellache, solo il giorno prima, aveva incon-trato la Morte sulla spiaggia. E una tra-sformazione che non può non colpire».La performance, la narrazione, il pub-blico: sono questi gli elementi del mar-tirio filosofico?«Sì, anche se la distinzione è più che al-tro funzionale all'analisi. In pratica nonc'è soluzione di continuità, non si puòstabilire dove la performance finisca e i-nizi il racconto. Per risultare efficace, lamorte di un filosofo deve avvenire in pub-blico o essere pubblicamente accessibi-le. Ma quella che chiamo \performance\,ossia la morte, è solo l'inizio del martiriofilosofico. Occorre che qualcuno ne ren-da disponibile il racconto, seguendo

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venzioni e rispettando tradizioni ben pre-cise. La componente narrativa ha un'e-norme importanza, perché un martirenon esiste al di fuori del racconto. Il pub-blico interviene come testimone dellaperformance, come destinatario del rac-conto e, perfino a distanza di secoli, co-me soggetto in cui la memoria torna a ti -

suonare. Si tratta di un ruolo non menocruciale degli altri: gli spettatori parteci-pano al martirio attraverso l'odio e lavio-lenza, la vergogna e il senso di colpa, lacompassione e il rimorso. Una mesco-lanza di emozioni e senti-menti che rende il pubblico,a sua volta, un martire».Vale anche per la Passionedi Cristo?«Molti mi domandano per-ché, in un libro sul marti-rio, non mi sia occupato diGesù. Non è una mancanzadi rispetto?, mi chiedono.Secondo me sarebbe statoirrispettoso il contrario. Dalpunto di vista teologico Ge-sù Cristo è il Figlio di Dio econsiderare la sua vita e lasua morte nella sola prospettiva del mar-tirio comporterebbe una vistosa svaluta-zione. Morì di una morte brutale e umi-liante, non si discute, e la sua Passioneha fatto da modello per i martiri cristia-ni. Ma Gesù, in ogni caso, è molto più diun martire».

Lo studiosostatunitenseBradatan indagail rapportoinscindibiletra le ideee l'esistenzaconcretadei pensatori,che può portareanche al martirioDa Socratea Patocka

Nelsuo saggio attraversa

le nellequalicade ogni distinzionefra pensiero

e azione:«Comenelfilmsettimo a Morte

vieneobbligataad ascoltare,a restarein attesa

e a rispettarele regoleIlcavaliererendeumanala mortee così scopre la propa umanità>'

La celebrepartita a scacchi

deldi lngmar Bergman

Costica Bradatan

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DIFFUSIONE : (126000)AUTORE : Alessandro Zaccuri

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