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40 DI REPUBBLICA 40 GIOVEDI 31 OTTOBRE 2013 DI A R I O DI REPUBBLICA dei governanti con il voto, ha nel- la sua natura un principio di de- lega all’élite e produce una spe- cie di aristocrazia non del sangue ma del comando, insediando al vertice delle istituzioni profes- sionisti del potere (che tendono a non lasciare la presa). Non ci sarebbe dunque da stu- pirsi se le sorti della destra italia- na finissero per identificarsi con una situazione dinastica, grazie al passaggio della leadership da Silvio Berlusconi alla sua primo- genita Marina. È vero che di soli- to in questo campo le storie di maggiore successo e di più eleva- to rango non coincidono con l’a- scesa al potere dei fondatori e dei loro figli, ma richiedono qualche più lunga coltivazione e una edu- cazione adeguata al rango: i Ken- nedy arrivano alla Casa Bianca alla terza generazione dopo il bi- snonno irlandese, i Roosevelt e i Bush, casi dinastici tra i più lon- gevi, dopo tre secoli dall’appro- do in America dei progenitori, ri- spettivamente olandese e tede- sco. E tuttavia non è il caso di sot- tilizzare sui tempi. E neppure sorprende più la trasmissione di un patrimonio intellettuale e professionale ma- turato nella politica, come nel ca- so dei fratelli Miliband, uno, Da- vid, già giovanissimo a Downing Street come consigliere di Blair e C’ è da preoccu- parsi di un’e- ventuale inco- ronazione po- litica di Marina come erede politica di Silvio Ber- lusconi? La risposta è affermati- va, ma è bene spiegare perché, dal momento che le dinastie fa- migliari non sono una novità scandalosa negli ordinamenti democratici. I Roosevelt, i Bush e i Kennedy sono parte della mo- derna storia americana. Non si tratta delle famiglie reali e impe- riali, dotate di una vera “domina- zione” (di cui al significato della parola greca: dunasteia) cui ap- partiene in senso letterale la tra- smissione dinastica del potere: gli Achemenidi o i Sassanidi, i Ca- petingi o gli Asburgo e i Savoia, per secoli lo scettro se lo sono passato per discendenza di san- gue, lineare salvo frequenti com- plicazioni. L’uso del concetto si estende poi ai livelli inferiori, dei casati principeschi, ducali, co- mitali e baronali, dove a passare di padre in figlio e talora anche di madre in figlia è il titolo e il patri- monio, anche quando non c’è più la “dominazione” su un terri- torio. Ma si è allargato ancor di più, anche prima della serie tele- visiva omonima degli anni Ot- tanta, Dynasty (quella di Joan Collins e dei “Carringtons”), a in- dicare, per analogia, le famiglie imprenditoriali, in cui il passag- gio in eredità del patrimonio comporta il passaggio del basto- ne del comando nelle mani del rampollo più dotato. Non sempre il talento è distri- buito nella misura desiderata tra le generazioni, ma i benefici del- la elevata posizione e della ric- chezza possono durare nel tem- po e consentire a un nome di mantenersi in alto nella vita so- ciale anche quando l’ultimo ni- pote del casato, che sia Ford, Krupp, Opel oppure Visconti, Medici o Sforza non è più in gra- do di esercitare un potere im- prenditoriale o feudale. Le moderne democrazie, an- che quelle europee coniugate con vecchie monarchie, inalbe- rano sulle loro bandiere promes- se contrarie al potere dinastico sulla società, perché si basano su un principio di cittadinanza eguale che respinge ogni forma di privilegio davanti alla legge. Ma non è una novità che ne subi- scono l’influenza in due modi: la prima è che molte di quelle pro- messe sono perforate dalla forza del denaro e del prestigio; la se- conda è che la democrazia rap- presentativa, per il fatto stesso di selezionare dei rappresentanti e di Indira e Rajiv hanno consacra- to con il sangue. Ma va detto infine che tutte queste gloriose discendenze non si portano appresso il piombo della eccezionalità della ipotesi che sta prendendo corpo con la possibile discesa in campo della presidente di Fininvest e Mon- dadori. In questo caso non avremmo solo il passaggio di pa- dre in figlia di un ruolo politico attraverso la “maturazione” in famiglia di una competenza pro- fessionale (che è tutta da verifica- re: Marina si è fatta le ossa in azienda ma non c’è traccia di stu- di universitari); e non solo la con- tinuità di un cognome da garan- poi ministro degli Esteri, l’altro, Ed, attuale segretario del Labour Party. Sono figli di Ralph, ebreo belga diventato inglese combat- tendo nella Marina britannica e intellettuale di rilievo dello stes- so partito dopo la guerra, noto per le sue posizioni marxiste, ispiratore della New Left e oggi difeso con orgoglio dai figli nei confronti di un tabloid che l’ha accusato di essere stato un nemi- co della patria. All’estrema de- stra, non è lontano da questo lo schema del passaggio da Jean- Marie a Marine Le Pen, un’altra “figlia d’arte”. Anche il potente caso dinasti- co indiano è da considerare co- me possibile termine di confron- to: Rahul Gandhi, figlio della pre- sidente in carica del Partito del Congresso, probabilmente sfi- derà l’anno prossimo per il go- verno il leader della destra Na- rendra Modi. Arduo paragone, ma è il caso che si preparino in te- ma dinastico, supporter e avver- sari, se Marina Berlusconi deci- derà di far cadere il suo rifiuto al- la candidatura, perché Rahul è fi- glio di Sonia e Rajiv Gandhi, ni- pote di Indira e bisnipote di Jawaharlal Nehru, il che significa tre generazioni di primi ministri e una madre leader politico della maggioranza. Lo stesso Rahul si presenta in pubblico parlando della sua posizione come un rias- sunto dei problemi di un paese che ha elezioni libere, ma rimane estremamente inegualitario. Il caso ha le sue controindicazioni in una prospettiva berlusconia- na: la storia di quella famiglia in- corpora il prestigio e il carisma immensi che derivano dalle per- sonalità fondative della demo- crazia indiana e che gli assassini AA.VV. Le grandi dinastie della storia Mondadori 2013 EDWARD M. KENNEDY Tenere la rotta Mondadori 2010 ALEXANDRE DUMAS I Borgia Sellerio 2012 ANDREA FREDIANI La dinastia NewtonCompton 2012 DAVID S. LANDES Dinastie Garzanti 2009 ENRICA RODDOLO Dio salvi le regine! Tea 2011 WALTER BARBERIS (a cura di) I Savoia Einaudi 2007 GIANNI BISIACH I Kennedy NewtonCompton 2011 MARIA PAGNINI I savoiardi Guanda 2013 LORENZO TROMBETTA Siria. Dagli ottomani agli Assad Mondadori 2013 ANTONIO CAPRARICA Il romanzo dei Windsor Sperling & Kupfer 2013 LIBRI SILLABARIO DYNASTY THOMAS MANN L’ipotesi che sia Marina Berlusconi a diventare il capo del partito fondato da suo padre riporta al centro della scena tutte le anomalie dell’ultimo ventennio italiano GIANCARLO BOSETTI IN FAMIGLIA Dall’alto, in senso orario, un albero genealogico in un dipinto del ‘700, L’artista che dipinge con attorno la sua famiglia di Otto van Veen e i Savoia in un montaggio fotografico © RIPRODUZIONE RISERVATA Quando la politica è un affare di famiglia DYNASTY Nelle storie imprenditoriali il bastone del comando di solito passa nelle mani del rampollo più dotato Imprenditori Per decisione dall’alto transiterebbero così anche il conflitto di interessi e la rendita monopolistica Decisione dall’alto A nche del suo stesso breve passato non manca- va un solo episodio. La sua nascita, le malattie infantili, il primo giorno di scuola… Tutto era riportato con cura, e con un rispetto quasi religioso dei fatti: ogni più minuto dettaglio non era infatti opera e volontà di quel dio che aveva prodigiosamente guida- to i destini della famiglia? Si appoggiò all’indietro con un sospiro e il cuore cominciò a batterle con solennità. Fu presa da un profondo rispetto per se stessa e il sen- timento della propria personale importanza, reso ora più forte dallo spirito che aveva appena lasciato agire su di sé, la fece fremere quasi fosse un brivido. «Come l’anello di una catena», aveva scritto il papà… sì, ecco! Proprio in quanto anello di quella catena il suo valore e la sua responsabilità erano grandi. E lei, Tony, era chiamata a collaborare con atti e decisioni alla storia della sua famiglia!

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la Repubblica

DI REPUBBLICA

■ 40

GIOVEDI 31 OTTOBRE 2013

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

dei governanti con il voto, ha nel-la sua natura un principio di de-lega all’élite e produce una spe-cie di aristocrazia non del sanguema del comando, insediando alvertice delle istituzioni profes-sionisti del potere (che tendono anon lasciare la presa).

Non ci sarebbe dunque da stu-pirsi se le sorti della destra italia-na finissero per identificarsi conuna situazione dinastica, grazieal passaggio della leadership daSilvio Berlusconi alla sua primo-genita Marina. È vero che di soli-to in questo campo le storie dimaggiore successo e di più eleva-to rango non coincidono con l’a-scesa al potere dei fondatori e dei

loro figli, ma richiedono qualchepiù lunga coltivazione e una edu-cazione adeguata al rango: i Ken-nedy arrivano alla Casa Biancaalla terza generazione dopo il bi-snonno irlandese, i Roosevelt e iBush, casi dinastici tra i più lon-gevi, dopo tre secoli dall’appro-do in America dei progenitori, ri-spettivamente olandese e tede-sco. E tuttavia non è il caso di sot-tilizzare sui tempi.

E neppure sorprende più latrasmissione di un patrimoniointellettuale e professionale ma-turato nella politica, come nel ca-so dei fratelli Miliband, uno, Da-vid, già giovanissimo a DowningStreet come consigliere di Blair e

C’è da preoccu-parsi di un’e-ventuale inco-ronazione po-litica di Marina

come erede politica di Silvio Ber-lusconi? La risposta è affermati-va, ma è bene spiegare perché,dal momento che le dinastie fa-migliari non sono una novitàscandalosa negli ordinamentidemocratici. I Roosevelt, i Bush ei Kennedy sono parte della mo-derna storia americana. Non sitratta delle famiglie reali e impe-riali, dotate di una vera “domina-zione” (di cui al significato dellaparola greca: dunasteia) cui ap-partiene in senso letterale la tra-smissione dinastica del potere:gli Achemenidi o i Sassanidi, i Ca-petingi o gli Asburgo e i Savoia,per secoli lo scettro se lo sonopassato per discendenza di san-gue, lineare salvo frequenti com-plicazioni. L’uso del concetto siestende poi ai livelli inferiori, deicasati principeschi, ducali, co-mitali e baronali, dove a passaredi padre in figlio e talora anche dimadre in figlia è il titolo e il patri-monio, anche quando non c’èpiù la “dominazione” su un terri-torio. Ma si è allargato ancor dipiù, anche prima della serie tele-visiva omonima degli anni Ot-tanta, Dynasty (quella di JoanCollins e dei “Carringtons”), a in-dicare, per analogia, le famiglieimprenditoriali, in cui il passag-gio in eredità del patrimoniocomporta il passaggio del basto-ne del comando nelle mani delrampollo più dotato.

Non sempre il talento è distri-buito nella misura desiderata trale generazioni, ma i benefici del-la elevata posizione e della ric-chezza possono durare nel tem-po e consentire a un nome dimantenersi in alto nella vita so-ciale anche quando l’ultimo ni-pote del casato, che sia Ford,Krupp, Opel oppure Visconti,Medici o Sforza non è più in gra-do di esercitare un potere im-prenditoriale o feudale.

Le moderne democrazie, an-che quelle europee coniugatecon vecchie monarchie, inalbe-rano sulle loro bandiere promes-se contrarie al potere dinasticosulla società, perché si basano suun principio di cittadinanzaeguale che respinge ogni formadi privilegio davanti alla legge.Ma non è una novità che ne subi-scono l’influenza in due modi: laprima è che molte di quelle pro-messe sono perforate dalla forzadel denaro e del prestigio; la se-conda è che la democrazia rap-presentativa, per il fatto stesso diselezionare dei rappresentanti e

di Indira e Rajiv hanno consacra-to con il sangue.

Ma va detto infine che tuttequeste gloriose discendenze nonsi portano appresso il piombodella eccezionalità della ipotesiche sta prendendo corpo con lapossibile discesa in campo dellapresidente di Fininvest e Mon-dadori. In questo caso nonavremmo solo il passaggio di pa-dre in figlia di un ruolo politicoattraverso la “maturazione” infamiglia di una competenza pro-fessionale (che è tutta da verifica-re: Marina si è fatta le ossa inazienda ma non c’è traccia di stu-di universitari); e non solo la con-tinuità di un cognome da garan-

poi ministro degli Esteri, l’altro,Ed, attuale segretario del LabourParty. Sono figli di Ralph, ebreobelga diventato inglese combat-tendo nella Marina britannica eintellettuale di rilievo dello stes-so partito dopo la guerra, notoper le sue posizioni marxiste,ispiratore della New Left e oggidifeso con orgoglio dai figli neiconfronti di un tabloid che l’haaccusato di essere stato un nemi-co della patria. All’estrema de-stra, non è lontano da questo loschema del passaggio da Jean-Marie a Marine Le Pen, un’altra“figlia d’arte”.

Anche il potente caso dinasti-co indiano è da considerare co-me possibile termine di confron-to: Rahul Gandhi, figlio della pre-sidente in carica del Partito delCongresso, probabilmente sfi-derà l’anno prossimo per il go-verno il leader della destra Na-rendra Modi. Arduo paragone,ma è il caso che si preparino in te-ma dinastico, supporter e avver-sari, se Marina Berlusconi deci-derà di far cadere il suo rifiuto al-la candidatura, perché Rahul è fi-glio di Sonia e Rajiv Gandhi, ni-pote di Indira e bisnipote diJawaharlal Nehru, il che significatre generazioni di primi ministrie una madre leader politico dellamaggioranza. Lo stesso Rahul sipresenta in pubblico parlandodella sua posizione come un rias-sunto dei problemi di un paeseche ha elezioni libere, ma rimaneestremamente inegualitario. Ilcaso ha le sue controindicazioniin una prospettiva berlusconia-na: la storia di quella famiglia in-corpora il prestigio e il carismaimmensi che derivano dalle per-sonalità fondative della demo-crazia indiana e che gli assassini

AA.VV.Le grandidinastie della storiaMondadori2013

EDWARD M.KENNEDYTenere la rottaMondadori2010

ALEXANDREDUMASI BorgiaSellerio2012

ANDREAFREDIANILa dinastiaNewtonCompton2012

DAVID S.LANDESDinastieGarzanti2009

ENRICARODDOLODio salvi le regine!Tea2011

WALTERBARBERIS(a cura di)I SavoiaEinaudi2007

GIANNIBISIACHI KennedyNewtonCompton2011

MARIAPAGNINII savoiardiGuanda2013

LORENZOTROMBETTASiria. Dagliottomani agli AssadMondadori2013

ANTONIOCAPRARICAIl romanzodei WindsorSperling & Kupfer2013

LIBRI

SILLABARIODYNASTY

THOMAS MANN

L’ipotesi che sia Marina Berlusconi a diventare il capodel partito fondato da suo padre riporta al centro dellascena tutte le anomalie dell’ultimo ventennio italiano

GIANCARLO BOSETTI

IN FAMIGLIADall’alto, insenso orario,un alberogenealogicoin un dipintodel ‘700,L’artista chedipinge conattorno la suafamigliadi Otto vanVeen ei Savoia inun montaggiofotografico

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quando la politicaè un affare di famiglia

DYNASTY

Nelle storie imprenditorialiil bastone del comandodi solito passa nelle manidel rampollo più dotato

Imprenditori

Per decisione dall’altotransiterebbero così ancheil conflitto di interessie la rendita monopolistica

Decisione dall’alto

Anche del suo stesso breve passato non manca-va un solo episodio. La sua nascita, le malattieinfantili, il primo giorno di scuola… Tutto era

riportato con cura, e con un rispetto quasi religioso deifatti: ogni più minuto dettaglio non era infatti opera evolontà di quel dio che aveva prodigiosamente guida-to i destini della famiglia? Si appoggiò all’indietro conun sospiro e il cuore cominciò a batterle con solennità.Fu presa da un profondo rispetto per se stessa e il sen-timento della propria personale importanza, reso orapiù forte dallo spirito che aveva appena lasciato agiresu di sé, la fece fremere quasi fosse un brivido. «Comel’anello di una catena», aveva scritto il papà… sì, ecco!Proprio in quanto anello di quella catena il suo valoree la sua responsabilità erano grandi. E lei, Tony, erachiamata a collaborare con atti e decisioni alla storiadella sua famiglia!

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I KIM IN COREAKim Il-sung, “presidenteeterno” della Corea delNord, nel 1948 diventaleader. Gli succedonoKim Jong-il e Jong-un

Nessuna dinastia è cominciatacon un gesto d’amorecome quella dei RomanovIl lirismo dei nostri poeti, 1845

Nikolaj Vasilevic Gogol

Rovesceremo quel reuccioci impadroniremo del suo regnoe fonderemo una nuova dinastiaKim, 1901

Rudyard Kipling

Una dinastia deve comporsidi passato, di avvenireed essere simpaticaI miserabili, 1862

Victor Hugo

Le tappe

Gli autori

IL SILLABARIO di Thomas Mann ètratto da I Buddenbrook - Decaden-za di una famiglia (Mondadori). L’ulti-mo libro di Giancarlo Bosetti, diret-tore della rivista online Reset, è Il fal-limento dei laici furiosi (Rizzoli).Francesco Merlo ha scritto FAQ Ita-lia (Bompiani) e Brunetta il fantuttone(Aliberti).

I Diari on line

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all’indirizzo webwww.repubblica.it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

OGGITra ricostruzioni e smentite, si ritorna a parlare della possibilesuccessione di Marina a Silvio Berlusconi

GLI ASSAD IN SIRIANel 1971 prende il potere Hafez al Assadche poi passerà il comando al figlioBashar, oggi presidente

I KENNEDY NEGLI USADa “Jfk” a Ted, i Kennedy sono una delle più grandi dinastie in America, insieme ai Bush e ai Clinton

ELVIRAMARINELLI Gli AsburgoGiunti2005

M. FERRID. LIPPII Medici La dinastiadei misteriGiunti2007

HAGENKELLER Gli OttoniCarocci2012

KEVINPHILLIPSUna dinastiaamericanaGarzanti2004

PAOLARAPELLI Simboli del potere e grandidinastieMondadori2004

FRANCOCIMMINO Dizionariodelle dinastiefaraonicheBompiani2003

JEROENDUINDAM Vienna e VersaillesDonzelli2004

THOMASHARDYI dinastiPassigli1989

DAVIDSTACTON I BonaparteMursia1985

VICTORALEXANDROVLa fine dei RomanovMursia2007

LIBRI

Chi è la donna che potrebbe prendere la leadership del movimento

«Non sono io la fata con labacchetta magica cheriporterà il mondo al1994» ha detto a un ami-

co. Marina Berlusconi sta davvero resi-stendo all’amore furioso del padre chevuole accomodarsi su di lei come Anchi-se sulle spalle di Enea. E le smentite, «nonci penso nemmeno», non sono di manie-ra, anche se di Marina non c’è più verità.A 47 anni una delle ereditiere più ricchedel mondo ha infatti rilasciato una sola li-bera intervista non pilotata, e risale a 15anni fa. Dunque Marina è un solo mar-chio: «Spero che Marina e Barbara nonscendano in politica», ha detto Confalo-nieri con la faccia platealmente preoccu-pata e dunque volutamente non definiti-va. «Noi facciamo il tifo per Barbara» han-no allegramente dichiarato prima Cac-ciari e poi Freccero. E così la dynasty è di-ventata un divertimento con lo schemadel reality: la nomination al posto delleprimarie, Barbara contro Marina, doveBarbara, la biondina laureata da Cacciarie don Verzé, la figlia disinvolta ed eufori-ca che si fidanza con il calciatore del Mi-

lan, sembra inventata da Goldoni o daMolière per stanare l’introversa e disfori-ca Marina. Ecco a voi la sfida delle sorelle,anzi sorellastre, delle femmine sapute:chi sarà nominata, vale a dire eliminata?Brrr, che brivido, la politica.

Proust direbbe che Marina è “la prigio-niera”, e non solo del padre che invece diliberarla di sé vuole ingombrarla al pun-to di riprodursi uguale in lei, di clonarsi.«Rischio di diventare la parodia della di-scesa in campo, la caricatura di miopapà», ha confidato la vera Marina chemai salirebbe su un palco alla maniera diFrank Sinatra come nel debutto romanodi 19 anni fa e mai riuscirebbe a ridicoliz-zare Travaglio e Santoro con la gag dellasedia, né ha il sorriso e la faccia gaglioffaper correre ad abbracciare piangendo iterremotati mentre in segreto la cricca litruffa ridendo.

Prigioniera dei giornalisti-dipendentiche la raccontano “tosta” per compiace-re Forbes e Fortune che la classificano piùpotente di Hillary Clinton, Marina, comeha sempre confermato Confalonieri cheè il suo mago Merlino, è timida, musonae persino ingenua, anche se è costretta afare “la bersagliera” come dicono inMondadori.

A meno che “tosta” non voglia dire cheringhia nel difendere papà con il codicemonumentale e ridicolo delle milizie giu-diziarie, della Spectre dei boia che sbra-nano il frodatore fiscale, corruttore digiudici, consumatore di prostitute mino-renni, compratore di parlamentari... Maqui è il sangue che parla, sono le giganto-grafie sui muri del suo ufficio che pren-dono vita come le tele in Harry Potter:

FRANCESCO MERLO

papà col Papa, papà con Bush, papà cheride, papà che vince, mentre marito e figlistanno nell’angolo, comparse in una vitadi identificazione e di avvelenamento di-rebbe Freud citando Saturno, Cromo,Medea, Elettra…

E papà ora le si attorciglia nello stoma-co e alla gola, papà-mostro che le crescedentro e al quale non ha ancora avuto lagrandezza di ribellarsi per amore, comefanno tutte le figlie del mondo; di liberar-lo e liberarsi con la dolcezza e con la forzadi una donna adulta che onora il padrema non contro se stessa: «Il solo uomoche ho veramente amato è stato mio pa-dre» ebbe la lucidità di confessare EddaCiano dopo che al padre si era opposta.

E infatti qualcuno in azienda mi parladella crescente magrezza, che non è piùsolo fatica di bellezza, di un viso tirato eprovato, di un nervosismo inconsuetosoprattutto sul lavoro, del ritorno di unantico desiderio di «andare via dall’Italiae di tornare a vivere in Inghilterra» doveha avuto la sua bohème scapestrata e ro-mantica, commessa in un negozio di ab-bigliamento, al tempo in cui la madre, lasignora Carla Dall’Oglio, viveva in cam-pagna nei pressi di Bournemouth, nelDorset.

Marina non guida l’auto, odia i moto-ri e ha una passione per i cani che ama“contro” gli uomini, alla maniera dellaBardot, già da quando era single e vivevain corso Venezia, una miniatura di casa,mobili d’antiquariato e tre cani: ”un ca-nile del settecento”. Tre anni fa il quoti-diano Nice-Matin scrisse di un «tentatoavvelenamento con veleno per topi didue dei sette cani da guardia della villa diMarina Berlusconi». Un Maigret fu man-dato nel villaggio provenzale, ma il giallonon è stato mai risolto, e i cani si sono sal-vati.

Certo, la prigioniera è una Berlusconisino in fondo e dunque simbolo come lafalce e martello o lo scudocrociato. Bastascrivere “Berlusconi” e sovrapporre iprofili. Marina è Berlusconi sino a porta-re sul corpo i segni di una ricostruzionebarocca, dal viso al seno modellati più percompiacere il prototipo femminile dipapà che per piacere al bel marito, l’exprimo ballerino della Scala che, nato aLeonforte e cresciuto a Calascibetta, è unsiciliano arabo, silenzioso e discreto.Sebbene sia bersaglio del gossip, il “si-gnor Marina”, Maurizio Vanadia, non èmai in mostra, «padre esemplare di duebambini che Marina protegge meglio epiù di quanto Silvio protegga lei» che, do-po essersi acconciata anche a first lady emadre di suo padre e “balia” della sua gio-vane “matrigna”, sa bene che tutto po-trebbe fare per lui, ma non diventare lui.

«Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi …» èdunque la colonna sonora dell’ultimaanomalia, l’estrema risorsa del conflittodi interessi: cercando di fare della dispe-rata Marina l’erede di una leadership po-litica, che non sarà mai dinastica come laproprietà della Mondadori o della Finin-vest, lo scellerato papà rischia di trasfor-mare la sua fata nella strega che seppel-lirà il berlusconismo.

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tire aggirando la interdizione delpadre dai pubblici uffici. Quelloche accadrebbe di speciale, uni-co, sarebbe la imposizione dal-l’alto, per designazione dinasti-ca, del transito in capo a Marinadella perfetta anomalia italiana,quella di una rendita monopoli-stica e di un conflitto di interesse,che hanno condizionato clamo-rosamente la formazione dell’o-pinione e alterato il sistema dicontrolli antitrust con una legi-slazione di favore. Diventerebbedinastica quel tipo singolare di“dominazione” che mantiene,tuttora, l’Italia fuori dagli stan-dard europei e internazionali dilibertà e di pluralismo.

Il beneficio di lungo corso del-l’anomalia, che ha consentito laformazione di fondi neri con iquali è stata possibile la corruzio-ne di deputati e giudici, è anche ilpeccato originale finito sotto giu-dizio, quello che ha portato il fon-datore di Forza Italia in un vicolocieco. Ora la successione infusasopra la figlia come l’unzione diuna cresima, da parte di un vec-chio leader che non si vuole ar-rendere, dovrebbe magicamen-te rimettere la “dominazione” incondizioni di funzionare, di rav-vivare la propria anomalia in Ita-lia e in Europa, di prolungare larendita e con essa l’immunitàche l’accompagna: un congegno

che si autoperpetua e che perpe-tua, come per un portento divi-no, il principio originario che sitrasmette all’erede insieme alDna.

Ecco perché c’è di che preoc-cuparsi. Le aspettative riposte inun passaggio simile a un miraco-lo producono generalmente pe-ricolose delusioni e scatenanomostri. Si capiscono le esitazionidell’erede designato. In tutti i ca-si di successione dinastica cheabbiamo menzionato, il fardelloè enorme, anche quando si trattadi far transitare sui figli il carismaindiscutibile di uomini e donnememorabili per le loro imprese algoverno, come Indira o Nehru.

Ma il pensiero qui va piuttostoa due casi di transizione dinasti-ca, uno riuscito e uno fallito. Ilprimo è quello di Thaksin Shi-nawatra, già tycoon monopoli-sta dei media, che, condannatoper corruzione, ha dovuto lascia-re la Thailandia – se ritorna glitocca il carcere – ed ha affidato ilpotere sul suo partito alla sorella,Yingluck, ora primo ministro. Ilsecondo è quello di Hosni Muba-rak, il deposto presidente egizia-no, che aveva meticolosamentepreparato il terreno al figlio Ga-mal, come se fosse stato possibi-le infondergli la capacità, senzascossa alcuna, di perpetuare unregime fragilissimo che era giun-to a fine corsa. Qui il percorsoacrobatico dell’equilibrista sulfilo si è trasformato in una cadu-ta rovinosa che ha portato agli ar-resti dell’intera famiglia e al disa-stro l’intero paese. Il passaggiodella “dominazione” all’erede,fuori dal contesto monarchico,resta pur sempre una scommes-sa ad altissimo rischio.

Non guida l’automobiledetesta i motorie ha una passione per i cani

Passione

IL DESTINO DELL’EREDEPRIGIONIERA DI PAPÀ