DEL VIVERE E DEL MORIRE - · PDF filetanatologi vengono orientati verso questo ti-po di...

download DEL VIVERE E DEL MORIRE - · PDF filetanatologi vengono orientati verso questo ti-po di accompagnamento, diversamente, ad esempio, di quanto accade nel pur prestigioso ateneo di Bologna

If you can't read please download the document

Transcript of DEL VIVERE E DEL MORIRE - · PDF filetanatologi vengono orientati verso questo ti-po di...

  • PONTI SOTTILI

    INTERDIPENDENZA n.2/2006 pag. 31

    Laccompagnamento spirituale delle persone gravemente malate e delle loro famigliesecondo la tradizione tibetana.

    di Daniela Muggia

    l sostegno spirituale non un lusso ri-servato a una minoranza. E il dirit-to fondamentale di ogni essere uma-

    no, cos come la libert politica, lassistenza sa-nitaria e le pari opportunit

    (Sogyal Rinpoche).

    Laccompagnamento spirituale si differen-zia da ogni altro tipo di accompagnamentoperch viene effettuato da uno stato altamen-te empatico, che qualcuno chiama stato me-ditativo e altri contemplativo, ossia diversodallo stato ordinario da cui abitualmenteagiamo.

    Malgrado laggettivo spirituale, questoapproccio non ha caratteristiche religiose nelsenso in cui comunemente si intende. Sem-plicemente parte dal presupposto che luomoabbia, oltre a una dimensione fisica e unaemotiva, anche una dimensione ove sia possi-bile oltrepassare la visione dualistica e separa-tivista del mondo, considerata una sorta didistorsione percettiva.

    Sono diversi i formatori in materia che pre-diligono questo approccio, in quanto si rivelatalmente universale da diventare uno stru-mento rispettoso e utile per chiunque si trovialle prese con la morte, la sua o quella di unapersona cara, che si tratti di un laico o di per-sona credente, e quale che sia il suo credo. Fragli antesignani dellaccompagnamento spiri-tuale possiamo annoverare la compianta dot-toressa Kubler-Ross e una serie di formatoriancora attivissimi ai giorni nostri: ChristineLongaker, Cesare Boni, Frank Ostasewsky,Marie de Hennezel, ciascuno dei quali ha da-to un contributo inestimabile, in termini diesperienza personale e di creativit, allevol-versi dellaccompagnamento spirituale.

    Ma soprattutto moltissimo si deve a SogyalRinpoche, autore di quella pietra miliare che il Libro tibetano del vivere e del morire (Ubal-dini), e pi in generale alla cultura tibetanache, da pi di mille anni e pi di qualsiasi al-tra cultura planetaria vivente, ha dedicato al-listante della morte una quantit di metico-losi studi e di ricerche. Per questo possiamoparlare, oggi, di un accompagnamento spiri-tuale che si rivolge a tutti, ma che si ispira al-la tradizione tibetana.

    Forse la cultura tibetana lunica ad averconsiderato la preparazione alla morte come

    un atto quotidiano, un atto di igiene mentale,per cos dire, di quelli che durano per tutta lavita

    Gli occidentali invece, per esempio gli ita-liani, se ne vanno, ci lasciano, decedono, passa-no a miglior vita, trapassano, vanno nel mondodei pi, mancano allaffetto dei loro cari, lascia-no questa valle di lacrime, tuttal pi si spengo-noma non muoiono mai. Pare, insomma,che siano immortali.

    La morte, infatti, il pi potente tab del-la nostra cultura. Eppure la sola cosa certada quando veniamo al mondo.

    Interdipendenza una rivista che ha del fe-gato. Ci vuole coraggio per osare infrangereuna volta per tutte questo tab, e parlarne...Ma a chi mai si rivolge un discorso sullac-compagnamento alla morte? Ai morente, di-rete voi. Gi... ma quand che si diventa mo-renti?

    In realt, siamo tutti morenti dacch na-sciamo: basti pensare alle cellule del corpo,del cervello che cominciano a morire subi-to, dal primo vagito.

    Se vi sentite a disagio, se toccate le chiavi eincrociate le dita, perch ancora credete chelunica certezza della nostra vita sia cos genti-le da fare per voi uneccezione. Per esserechiari, e per dirla con le parole di Sogyal Rin-poche, tutti abbiamo un piede nella fossa elaltro su una buccia di banana! Sicchquando si parla di accompagnamento deimorenti, non va dimenticato che il primomorente a cui possiamo fin dora portare aiu-to siamo noi. E tanto per non restare a cro-giolarci nelle teorie, passiamo ad un piccoloesercizio pratico.

    Immaginate che tocchi a voi. Adesso. Ora.Il vostro medico vi comunica che avete anco-ra, diciamo, quarantacinque minuti da vivere.Assurdo? Beh, consideratevi fortunati, perchdi solito la morte non arriva facendosi annun-ciare. Chi ogni giorno muore di morte im-provvisa non ha tutto questo tempo per pre-pararsi.

    Ci sentiamo crollare la terra sotto i piedi,non vero? Quante cose lasciate a met,quante cose irrisolte! Ho sentito un morentecongratularsi con se stesso perch era pi for-tunato, con la sua malattia lenta e inesorabile,di quelli che muoiono in un incidente, o dimorte improvvisa: lui aveva avuto il tempo, iltempo di sistemare tutte le faccende in sospe-so, di accomiatarsi senza ansie dalla vita

    Spesso al disagio della morte, alla sofferen-za fisica, al dover dipendere interamente daaltri, spesso estranei, si aggiungono ondate diemozioni, ansie, paure, le cose non dette o

    non fatte, amori interrotti, rivalit irrisolte,gelosia, la rabbia di non poter controllare pinulla, neppure il proprio corpo E, nellanostra cultura monca, si aggiunge anche il di-sagio di non poter neppure parlare di questacosa enorme, che resta fino allultimo une-stranea e che tuttavia ci invade, intimamentee inevitabilmente, in ogni fibra del corpo edellanima.

    Non se ne pu parlare perch in Occidentesiamo stati derubati della morte. E per que-sto, daltronde, che la vita sembra aver persoper molti qualsiasi valore: quella che ilBuddha chiama la preziosa vita umana, eche noi consumiamo correndo a vuoto, die-tro a cose futili, che comunque non potremoportarci appresso dallaltra parte.

    Quando la morte arriva, non c pi tempoper prepararsi alla morte. E quando ancorasiamo pieni di vita, siamo noi a non trovaremai il tempo. Ci culliamo nellillusione chetutto perduri, ma appena ci soffermiamo unattimo a riflettere sullimpermanenza, anchesoltanto per gioco, ecco che le nostre mille at-tivit irrinunciabili riprendono la loro realemisura.

    Grazie ad una sorta di osmosi che sta avve-nendo in questo nostro villaggio globale, lescienze cognitive e soprattutto le neuroscien-ze stanno studiando lo stato meditativo dacui avviene laccompagnamento spiritualeispirato al buddhismo tibetano, e ormai lesperimentazioni non lasciano pi dubbi sulfatto che si tratti di uno stato mentale parti-colare, diverso dallo stato di veglia o di rilas-samento, e sovrapponibile, con un certo eser-cizio, allattivit quotidiana, n sul migliora-mento che esso pu offrire alla qualit di vita(e alla qualit di morte) della persona che neusufruisce.

    In Italia, come noto, vi sono citt in cuilattenzione per la qualit di vita dei cittadini decisamente maggiore, e Parma una diqueste. E interessante che proprio lAziendaOspedaliera di Parma, con circa tremila di-pendenti, abbia attivato nel 2005 un corso diAccompagnamento Spirituale accreditatonellambito dellEducazione Medica Conti-nua... e che a poco a poco si affacci timida-mente a questo approccio anche qualche ate-neo italiano, prendendo le mosse dallantesi-gnana Universit Federico II di Napoli, i cuitanatologi vengono orientati verso questo ti-po di accompagnamento, diversamente, adesempio, di quanto accade nel pur prestigiosoateneo di Bologna, fedele nel tempo allap-proccio psicologico eminentemente occiden-tale.

    Si sviluppano anche le prime quipe di ac-compagnatori volontari, come quella (picco-la, per il momento) dellAssociazione Tonglenche opera in provincia di Torino.

    DEL VIVERE E DEL MORIRE

    I