DECISIONISMO INQUIETANTE LA GRANDE EMOZIONE · 2014. 6. 8. · sembra più un’arlecchinata che...

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DECISIONISMO INQUIETANTE editoriale mensile di cultura politica costume Maggio 2014 - Anno V - N. 5 www.ilpensierolibero.it di Francesco Fasolino Q uesto sentimento esprimevo a Giovanni Paolo II incrociando il suo sguardo mentre si portava a visitare il Museo Alfonsiano attraversando il corridoio che ospitava decine di persone invitate dai Padri Re- dentoristi. “E perché?” mi chiese il Papa sorridendo-mi, curioso, forse, come un comune mortale, di conoscerne il mo- tivo. “Perché lei ha sconfitto il comunismo” risposi di impeto. Gli occhi suoi ancor più lucenti notai, rima- nendo fermo, mentre riprendeva il passo. Era il 12 Novembre 1990. Da un anno era caduto il Muro di Berlino e certamente in gran parte il merito andava ricondotto a questo Papa. E come non dirglielo da parte mia! Io che negli anni del ginnasio e del liceo avevo cominciato a conoscere l’Europa con i fatti di Polonia e Ungheria…; e quei venti fino alla primavera di Praga; ed ancora oltre fino al Luglio del 1987 re- candomi in Russia, a Mosca e Leningrado, ed in Let- tonia, a Riga, respirando i primi aliti che avrebbero, finalmente, spazzato via quella cappa che opprimeva e che toglieva il respiro, il comunismo per l’appunto. Da laico prima ancora che da credente impegnato da anni in politica; da militante e dirigente del Movimento; da uomo delle Istituzioni, sia pure e sempre collocato al- l’opposizione, ma sempre convintamene di esercitare un dovere civico, come non essere riconoscente a que- sto Papa. Piazza San Pietro, Roma. Era una splendida mattinata l’8 Ottobre 2001. Il giorno antecedente, nella stessa Piazza, Giovanni Paolo II proclamava beato il sacerdote Tommaso Maria Fusco fondatore dell’Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. Non poteva non es- serci in quella particolare e felice circostanza, tra le centinaia di paganesi, la nutrita rappresentanza del- l’Associazione Ex Consiglieri Comunali di Pagani che si era costituita nel Febbraio dello stesso anno e che da subito aveva promosso delle iniziative per racco- gliere fondi da destinare alle missioni fondate in India dalle suore del Beato. Al termine della cerimonia ci fu detto che l’indomani ci sarebbe stata quella per il rin- graziamento al Papa, sempre in Piazza San Pietro. Il giorno dopo rimasi assai sorpreso quando Madre Ofe- lia mi comunicava di avermi inserito tra le pochissime persone da presentare al Papa. Occhi pensosi e testa china sul petto in quella circostanza aveva Giovanni Paolo II nel mentre Monsignor Illiano gli diceva chi fossi. Ricordo soltanto di aver stretto la sua mano tra le mie inginocchiandomi; le parole non avrebbero avuto senso… Febbraio 2005. Apprendo che è in libreria Memoria e Identità scritto da Giovanni Paolo II. Questo libro so- stanzialmente riporta un’analisi critica già trattata in conversazioni, successivamente trascritte, con due fi- losofi polacchi nel 1993 sul nazismo ed il comunismo, allargate alle prospettive del nuovo Millennio. Dopo averlo divorato reputai doveroso farlo conoscere. LA GRANDE EMOZIONE di Gerardo De Prisco Lo scorso 27 Aprile sono stati proclamati Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Due pontefici che hanno segnato non soltanto la millenaria storia della Chiesa Cattolica Romana ma anche le vicende umane e politiche dei popoli della Terra. Credo, altresì, che tante singole persone, prescindendo anche dal proprio credo politico, abbiano memoria non soltanto dei grandi Eventi ma anche di quei loro gesti semplici e significativi che sono serviti a smuo- vere coscienze. Di Papa Roncalli mi piace ricordare la scelta, coraggiosa per quei tempi – siamo nella seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso quando era Patriarca di Venezia – di condividere l’appello de Il Secolo d’Italia fondato da Franz Turchi che era esponente di primo piano del MSI nonché parlamentare – per la restitu- zione alla moglie della salma di Benito Mussolini. Da quell’iniziativa, che significò anche l’avvio di un per- corso difficile verso la pacificazione nazionale dopo le macerie di una guerra civile, Presidente del Consiglio Adone Zoli, della consegna a donna Rachele dei miseri resti di suo marito, da allora conservati nella cripta di famiglia nel cimitero di Predappio. Era il 30 Agosto del 1957. L’anno successivo, il 28 Ottobre 1958, quel Patriarca dal volto buono e dal fare semplice tipico di un parroco di campagna, fu eletto Papa. E che Papa, se solo per un momento ricordiamo il suo esserci decisivo nel turbinio delle relazioni internazionali ed in Ita- lia per le tensioni sociali alla fine del cosiddetto miracolo economico. La visita ai carcerati, agli ammalati, alle parrocchie romane: una vera rivoluzione. Del Papa “venuto da lontano” Karol Wojtyla, ancora e sempre negli occhi e nel cuore i personali ricordi e le riflessioni sul suo magistero. Il sentire è quello stesso che mi motivò nel dedicargli diverse pagine del nu- mero di Maggio del 2011 in occasione della sua beatificazione. A partire dalla prima con il mio “l’ammiro molto, santità” che ripropongo qui di seguito. PAGANI AL VOTO LA GRANDE CONFUSIONE è la manifestazione di una democrazia ma- lata fatta esclusivamente di numeri. E con i soli numeri non si governa, si alimentano soltanto protagonismi antagonisti e deleteri. Questa testata, responsabilmente, ne ha de- nunciato le negative conseguenze, come l’in- stabilità politico-amministrativa e lo scio- glimento dell’ultimo Consiglio Comunale. L’augurio è che prevalga il buon senso ci- vico, mettendo all’angolo i tanti mestieranti, affaristi, parolai e farisei! di Mimmo Cozzolino* Europa: tantE lE domandE inEvasE Caro Gerardo, “avremo pace vera quando avremo li Stati Uniti d’Europa” scriveva Cattaneo nella conclusione del saggio “Insurrecion de Milan en 1848”. Dopo oltre un secolo e due sanguinosi conflitti mondiali sembrò con- cretizzarsi questa aspirazione con il Trattato di Roma nel 1957 tra i padri fondatori Adenauer-Spinelli-Schuman-De Gasperi. Nasceva la Comunità europea poi definita Comunità economica eu- ropea (CEE) dopo il Trattato di Mastricht (1993) fino al Trattato di Li- sbona (2009). Da quel momento sarà Unione europea (UE) con l’eliminazione del termine economico per significare che questo era solo un aspetto di un progetto molto più ampio: l’unione dei popoli d’Europa. Ialta aveva definitivamente sancito un principio inaccettabile per noi europei: la sudditanza ai due blocchi economici e militari USA e URSS con lo sconvolgimento politico e sociale del vecchio continente. Occorreva quindi comprendere che era necessario unire risorse e po- tere politico per risorgere come continente libero ed artefice del suo destino. Si creò una lingua europea l’esperanto accanto ad una mo- neta europea l’ECU. Furono momenti esaltanti ma senza reale se- guito. Era e purtroppo è ancora difficile fare entrare nelle coscienze l’idea della Patria comune nella quale trovino asilo e concordia le tradizioni e le speranze dei popoli europei. La mancanza di questo elemento-sentimento costituisce il motivo fon- damentale degli egoismi e dei ritardi nella effettiva realizzazione del- l’Unione. Attualmente dobbiamo riconoscere che l’UE è ancora e solo un ta- volo di trattativa economica dove si scontrano interessi particolari e dove i termini uguaglianza e solidarietà raramente sono presenti di fronte alle grandi sfide sociali come l’emigrazione dei popoli norda- fricani. Abbiamo purtroppo constatato che il problema è quasi eluso dalle altre nazioni malgrado i vari trattati di cooperazione e di as- sunzione di responsabilità. Ancora qualcuno dei Paesi membri ritiene di poter assumere comportamenti di primi della classe e di poter im- porre la propria volontà. L’Euro viene messo a torto o a ragione in di- scussione in questa caotica situazione. Ci avviamo all’elezione del nuovo parlamento europeo con una serie di incertezze e dubbi crescenti. Come ci presenteremo noi europei senza unione politica, in una con- dizione di disuguaglianze economiche e sociali, con una divisione ri- dicolmente campanilistica, al confronto delle grandi potenze mondiali antiche ed emergenti in un momento di competizione globale quale quello che stiamo attraversando? Se i vari settori delle politiche economiche non troveranno un coor- dinamento effettivo ed efficiente che prescindendo da interessi nazio- nali riesca a produrre un programma unitario che riconosca al suo vertice il problema del lavoro, dove troverà sbocco questo enorme fiume della disoccupazione e dell’emarginazione sociale che affligge milioni di cittadini? Se nelle stesse decisioni militari continuerà a re- gnare la caotica differenziazione di posizioni che continuamente di- vide le potenze europee, quali credibilità e valore avranno i frammentati interventi dell’Europa nelle missioni di pace? Infine le stesse linee politiche, spesso in contrasto tra loro, quale con- tributo potranno dare ad una politica unitaria di ampio respiro che sia politica europea capace di confrontarsi con gli altri blocchi mondiali? Europa delle patrie o patria delle divisioni? * medico - già Senatore della Repubblica Lettera al Direttore editoriale - continua a pag. 8 - D ovranno cambiare l’acronimo, a Roma ed in tutto il paese, tra poco. Non più SPQR (Senatus popu- lusque romanus), ma PetSR (Populus et senatus roma- nus). Non avremo più l’unità indissolubile di senato e popolo, ma semplicemente popolo ed anche, ma si, se- nato. Senza illusioni, però; solo un atto di cortesia per la vecchia istituzione, ma da stare buona nell’angolo, senza pretese e soprattutto senza piagnistei. A cosa debba servire, in concreto, questo senato, che sembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi- sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca- pire quando finirà e come finirà Palazzo Madama con i suoi inquilini. Sono organismi duri a morire. O lo distruggi subito, o lentamente, ma inesorabilmente, ti divora. Ha resistito, il senato, a tutte le onde d’urto, a partire dai giochi dagli imperatori romani, che lo consideravano una spina nel fianco. Figuriamoci se si può spaventare per un Renzi, che già dai primi proclami ad oggi ha di molto addolcito le posizioni. Ma il pericolo c’è, sussurrano tra loro i se- natori. Ed un primo elemento, quando c’è un rischio co- mune ad un gruppo, è la formazione di una trasversalità di alleanze o di agguati, che supera tutte le contrappo- sizioni ideologiche ed i fantasmi della coerenza. Come gli animali più deboli, quando sono attaccati dai predatori, trovano la loro forza nello stare insieme, così iniziano a fare i senatori. Sarà un battaglia anche persa, dicono, ma bisogna farla nel nome della coerenza, della libertà e della democra- zia. Senti odore di bruciato, quando si citano troppo pa- role come libertà e coerenza. Nascondono altri giochi, interessi. Renzi lo sa, ma non può tirarsi indietro. Lui che non gioca mai ad attendere che il tempo trascorra, non può consentire che ora il tempo passi e che la riforma vada in soffitta, come tante in questi anni. Il guado non lascia scampo. Da un lato vi sono i cocco- drilli, dall’altro i cacciatori di teste. E non si sono mai viste concentrazioni tanto numerose. Renzi fida sull’anti politica, cavalca la tigre del mal- contento, si ritaglia il mito di un Robin Hood, che vuole togliere ai ricchi, per dare ai poveri. La sua diventa giorno dopo giorno una guerra di reli- gione, una crociata il cui premio, se è chiaro per lui, non lo è per gli avversari e per gli stessi che lo seguono. Un procedere così, con repentine impennate e funambo- lici testa coda, disorienta l’opinione pubblica, ma anche gli stessi professionisti della politica, abituati a conside- rare i tempi del fare come obbligatoriamente eterni. In verità quella del senato corre il rischio di trasformarsi in una bolla di sapone, se l’accento è posto solo sul ri- sparmio di costi per il paese. Non sono più di millecinquecento i senatori ancora in vita, che gravano sulla comunità. Non sono questi nu- meri, che determinano la bancarotta di un paese o che possono incidere sulla deriva del bilancio dello stato. E allora, perché fare dell’abolizione del senato una ban- diera della più grande operazione di riforma dello stato, così come la definiscono i renziani? A guardare bene dentro le carte vi sono aspetti, che non subito sono colti dall’opinione pubblica, a partire dalla liquidazione del bicameralismo perfetto. Bisogna dirla tutta la verità, invece. Ormai ci sta stretta la carta costituzionale. Da un lato ribadiamo che questa è la co- stituzione più bella del mondo, ma dall’altro, come le talpe, scaviamo cunicoli sotto le sue fondamenta, per cambiarla. Su questo versante Renzi è stretto dalla fronda interna del suo partito e dai grillini, che sono in questo mo- mento il pericolo vero. E allora l’allarme di quelli, che il premier chiama i “pro- fessoroni”, per il pericolo che incombe sulla democrazia. E il leader del PD e Presidente del Consiglio, nel nome di un decisionismo che presenta analogie inquietanti nel passato, la offre questa impressione di vocazione auto- ritaria. In verità, quando ci si rivolge, come lui fa ormai, direttamente al popolo, è chiaro che gli istituti tradizio- nali di rappresentanza incominciano ad incrinarsi ed a scricchiolare e che l’autorità del capo assume connota- zioni diverse, rispetto al passato. A Berlusconi non era riuscito un disegno così ambizioso e pericoloso. A Renzi potrebbe andare bene, in un complicato gioco di pesi ed alleanze con lo stesso movimento cinque stelle o con i suoi transfughi. Anche la sinistra è ipersensibile ad avventure di questo genere. Il PD, poi, non ha ormai opposizione interna ed il presidente del consiglio non ha alcuna intenzione di abbandonare la poltrona della segreteria. La frantumazione e la liquidazione degli istituti tradi- zionali di rappresentanza politica, illustrate come logi- che di razionalizzazione del sistema, nascono dalla generazione 2.0, che vede la politica in termini diversi e considera il decisionismo come il vero sale della vita. La abolizione (o la riforma) del senato scaturisce da questa filosofia, come l’attacco agli altri istituti di rappresentanza. La partita è difficile, tanto che lo stesso leader ha fre- nato un poco sui tempi per l’Italicum ed il Senato. Tutto passa, ora, per le elezioni europee e le amministrative del prossimo maggio. L’election day trasforma la tor- nata in un banco di prova per testare la fortuna di Renzi, la vittoria sui “cinque stelle” ed il declino di Berlusconi, che in ogni caso gli sta coprendo le spalle sulla destra. In un abbraccio mortale, con i coltelli nascosti nelle ma- niche, tutti attendono il momento opportuno per col- pire. Sono le fragilità, che equilibrano, per ora, i rapporti di forza. Sarà una guerra ed anche i dati di Pagani assumeranno un valore essenziale, che scavalca lo stesso tormento dei cittadini per una città, che non riesce a riprendersi la sua natura.

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DECISIONISMO INQUIETANTEeditoriale

mensile di cultura politica costumeMaggio 2014 - Anno V - N. 5 www.ilpensierolibero.it

di Francesco Fasolino

Questo sentimento esprimevo a Giovanni Paolo II

incrociando il suo sguardo mentre si portava a

visitare il Museo Alfonsiano attraversando il corridoio

che ospitava decine di persone invitate dai Padri Re-

dentoristi.

“E perché?” mi chiese il Papa sorridendo-mi, curioso,

forse, come un comune mortale, di conoscerne il mo-

tivo. “Perché lei ha sconfitto il comunismo” risposi di

impeto. Gli occhi suoi ancor più lucenti notai, rima-

nendo fermo, mentre riprendeva il passo.

Era il 12 Novembre 1990. Da un anno era caduto il

Muro di Berlino e certamente in gran parte il merito

andava ricondotto a questo Papa. E come non dirglielo

da parte mia! Io che negli anni del ginnasio e del liceo

avevo cominciato a conoscere l’Europa con i fatti di

Polonia e Ungheria…; e quei venti fino alla primavera

di Praga; ed ancora oltre fino al Luglio del 1987 re-

candomi in Russia, a Mosca e Leningrado, ed in Let-

tonia, a Riga, respirando i primi aliti che avrebbero,

finalmente, spazzato via quella cappa che opprimeva e

che toglieva il respiro, il comunismo per l’appunto. Da

laico prima ancora che da credente impegnato da anni

in politica; da militante e dirigente del Movimento; da

uomo delle Istituzioni, sia pure e sempre collocato al-

l’opposizione, ma sempre convintamene di esercitare

un dovere civico, come non essere riconoscente a que-

sto Papa.

Piazza San Pietro, Roma.

Era una splendida mattinata l’8 Ottobre 2001. Il

giorno antecedente, nella stessa Piazza, Giovanni

Paolo II proclamava beato il sacerdote Tommaso

Maria Fusco fondatore dell’Istituto delle Figlie della

Carità del Preziosissimo Sangue. Non poteva non es-

serci in quella particolare e felice circostanza, tra le

centinaia di paganesi, la nutrita rappresentanza del-

l’Associazione Ex Consiglieri Comunali di Pagani che

si era costituita nel Febbraio dello stesso anno e che

da subito aveva promosso delle iniziative per racco-

gliere fondi da destinare alle missioni fondate in India

dalle suore del Beato. Al termine della cerimonia ci fu

detto che l’indomani ci sarebbe stata quella per il rin-

graziamento al Papa, sempre in Piazza San Pietro. Il

giorno dopo rimasi assai sorpreso quando Madre Ofe-

lia mi comunicava di avermi inserito tra le pochissime

persone da presentare al Papa. Occhi pensosi e testa

china sul petto in quella circostanza aveva Giovanni

Paolo II nel mentre Monsignor Illiano gli diceva chi

fossi. Ricordo soltanto di aver stretto la sua mano tra

le mie inginocchiandomi; le parole non avrebbero

avuto senso…

Febbraio 2005. Apprendo che è in libreria Memoria e

Identità scritto da Giovanni Paolo II. Questo libro so-

stanzialmente riporta un’analisi critica già trattata in

conversazioni, successivamente trascritte, con due fi-

losofi polacchi nel 1993 sul nazismo ed il comunismo,

allargate alle prospettive del nuovo Millennio. Dopo

averlo divorato reputai doveroso farlo conoscere.

LA GRANDE EMOZIONEdi Gerardo De Prisco

Lo scorso 27 Aprile sono stati proclamati Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Due pontefici chehanno segnato non soltanto la millenaria storia della Chiesa Cattolica Romana ma anche le vicende umanee politiche dei popoli della Terra. Credo, altresì, che tante singole persone, prescindendo anche dal proprio credo politico, abbiano memorianon soltanto dei grandi Eventi ma anche di quei loro gesti semplici e significativi che sono serviti a smuo-vere coscienze. Di Papa Roncalli mi piace ricordare la scelta, coraggiosa per quei tempi – siamo nella seconda metà deglianni ’50 del secolo scorso quando era Patriarca di Venezia – di condividere l’appello de Il Secolo d’Italia –fondato da Franz Turchi che era esponente di primo piano del MSI nonché parlamentare – per la restitu-zione alla moglie della salma di Benito Mussolini. Da quell’iniziativa, che significò anche l’avvio di un per-corso difficile verso la pacificazione nazionale dopo le macerie di una guerra civile, Presidente del ConsiglioAdone Zoli, della consegna a donna Rachele dei miseri resti di suo marito, da allora conservati nella criptadi famiglia nel cimitero di Predappio. Era il 30 Agosto del 1957. L’anno successivo, il 28 Ottobre 1958, quelPatriarca dal volto buono e dal fare semplice tipico di un parroco di campagna, fu eletto Papa. E che Papa,se solo per un momento ricordiamo il suo esserci decisivo nel turbinio delle relazioni internazionali ed in Ita-lia per le tensioni sociali alla fine del cosiddetto miracolo economico. La visita ai carcerati, agli ammalati,alle parrocchie romane: una vera rivoluzione.Del Papa “venuto da lontano” Karol Wojtyla, ancora e sempre negli occhi e nel cuore i personali ricordi ele riflessioni sul suo magistero. Il sentire è quello stesso che mi motivò nel dedicargli diverse pagine del nu-mero di Maggio del 2011 in occasione della sua beatificazione. A partire dalla prima con il mio “l’ammiro

molto, santità” che ripropongo qui di seguito.

PAGANI AL VOTOLA GRANDE CONFUSIONE

è la manifestazione di una democrazia ma-lata fatta esclusivamente di numeri. E con isoli numeri non si governa, si alimentanosoltanto protagonismi antagonisti e deleteri.

Questa testata, responsabilmente, ne ha de-nunciato le negative conseguenze, come l’in-stabilità politico-amministrativa e lo scio-glimento dell’ultimo Consiglio Comunale.

L’augurio è che prevalga il buon senso ci-vico, mettendo all’angolo i tanti mestieranti,affaristi, parolai e farisei!

di Mimmo Cozzolino*

Europa:

tantE lE domandE inEvasE

Caro Gerardo,

“avremo pace vera quando avremo li Stati Uniti d’Europa” scriveva

Cattaneo nella conclusione del saggio “Insurrecion de Milan en 1848”.

Dopo oltre un secolo e due sanguinosi conflitti mondiali sembrò con-

cretizzarsi questa aspirazione con il Trattato di Roma nel 1957 tra i

padri fondatori Adenauer-Spinelli-Schuman-De Gasperi.

Nasceva la Comunità europea poi definita Comunità economica eu-

ropea (CEE) dopo il Trattato di Mastricht (1993) fino al Trattato di Li-

sbona (2009).

Da quel momento sarà Unione europea (UE) con l’eliminazione del

termine economico per significare che questo era solo un aspetto di un

progetto molto più ampio: l’unione dei popoli d’Europa.

Ialta aveva definitivamente sancito un principio inaccettabile per noi

europei: la sudditanza ai due blocchi economici e militari USA e

URSS con lo sconvolgimento politico e sociale del vecchio continente.

Occorreva quindi comprendere che era necessario unire risorse e po-

tere politico per risorgere come continente libero ed artefice del suo

destino. Si creò una lingua europea l’esperanto accanto ad una mo-

neta europea l’ECU. Furono momenti esaltanti ma senza reale se-

guito. Era e purtroppo è ancora difficile fare entrare nelle coscienze

l’idea della Patria comune nella quale trovino asilo e concordia le

tradizioni e le speranze dei popoli europei.

La mancanza di questo elemento-sentimento costituisce il motivo fon-

damentale degli egoismi e dei ritardi nella effettiva realizzazione del-

l’Unione.

Attualmente dobbiamo riconoscere che l’UE è ancora e solo un ta-

volo di trattativa economica dove si scontrano interessi particolari e

dove i termini uguaglianza e solidarietà raramente sono presenti di

fronte alle grandi sfide sociali come l’emigrazione dei popoli norda-

fricani. Abbiamo purtroppo constatato che il problema è quasi eluso

dalle altre nazioni malgrado i vari trattati di cooperazione e di as-

sunzione di responsabilità. Ancora qualcuno dei Paesi membri ritiene

di poter assumere comportamenti di primi della classe e di poter im-

porre la propria volontà. L’Euro viene messo a torto o a ragione in di-

scussione in questa caotica situazione. Ci avviamo all’elezione del

nuovo parlamento europeo con una serie di incertezze e dubbi

crescenti.

Come ci presenteremo noi europei senza unione politica, in una con-

dizione di disuguaglianze economiche e sociali, con una divisione ri-

dicolmente campanilistica, al confronto delle grandi potenze mondiali

antiche ed emergenti in un momento di competizione globale quale

quello che stiamo attraversando?

Se i vari settori delle politiche economiche non troveranno un coor-

dinamento effettivo ed efficiente che prescindendo da interessi nazio-

nali riesca a produrre un programma unitario che riconosca al suo

vertice il problema del lavoro, dove troverà sbocco questo enorme

fiume della disoccupazione e dell’emarginazione sociale che affligge

milioni di cittadini? Se nelle stesse decisioni militari continuerà a re-

gnare la caotica differenziazione di posizioni che continuamente di-

vide le potenze europee, quali credibilità e valore avranno i

frammentati interventi dell’Europa nelle missioni di pace?

Infine le stesse linee politiche, spesso in contrasto tra loro, quale con-

tributo potranno dare ad una politica unitaria di ampio respiro che sia

politica europea capace di confrontarsi con gli altri blocchi mondiali?

Europa delle patrie o patria delle divisioni?

* medico - già Senatore della Repubblica

Lettera al Direttore editoriale

- continua a pag. 8 -

Dovranno cambiare l’acronimo, a Roma ed in tuttoil paese, tra poco. Non più SPQR (Senatus popu-

lusque romanus), ma PetSR (Populus et senatus roma-nus). Non avremo più l’unità indissolubile di senato epopolo, ma semplicemente popolo ed anche, ma si, se-nato. Senza illusioni, però; solo un atto di cortesia per lavecchia istituzione, ma da stare buona nell’angolo,senza pretese e soprattutto senza piagnistei. A cosa debba servire, in concreto, questo senato, chesembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi-sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca-pire quando finirà e come finirà Palazzo Madama con isuoi inquilini. Sono organismi duri a morire. O lo distruggi subito, olentamente, ma inesorabilmente, ti divora. Ha resistito,il senato, a tutte le onde d’urto, a partire dai giochi dagliimperatori romani, che lo consideravano una spina nelfianco. Figuriamoci se si può spaventare per un Renzi,che già dai primi proclami ad oggi ha di molto addolcitole posizioni. Ma il pericolo c’è, sussurrano tra loro i se-natori. Ed un primo elemento, quando c’è un rischio co-mune ad un gruppo, è la formazione di una trasversalitàdi alleanze o di agguati, che supera tutte le contrappo-sizioni ideologiche ed i fantasmi della coerenza. Come gli animali più deboli, quando sono attaccati daipredatori, trovano la loro forza nello stare insieme, cosìiniziano a fare i senatori.Sarà un battaglia anche persa, dicono, ma bisogna farlanel nome della coerenza, della libertà e della democra-zia. Senti odore di bruciato, quando si citano troppo pa-role come libertà e coerenza. Nascondono altri giochi,interessi. Renzi lo sa, ma non può tirarsi indietro. Luiche non gioca mai ad attendere che il tempo trascorra,non può consentire che ora il tempo passi e che lariforma vada in soffitta, come tante in questi anni. Ilguado non lascia scampo. Da un lato vi sono i cocco-drilli, dall’altro i cacciatori di teste. E non si sono maiviste concentrazioni tanto numerose.Renzi fida sull’anti politica, cavalca la tigre del mal-contento, si ritaglia il mito di un Robin Hood, che vuoletogliere ai ricchi, per dare ai poveri.La sua diventa giorno dopo giorno una guerra di reli-gione, una crociata il cui premio, se è chiaro per lui, nonlo è per gli avversari e per gli stessi che lo seguono.Un procedere così, con repentine impennate e funambo-lici testa coda, disorienta l’opinione pubblica, ma anchegli stessi professionisti della politica, abituati a conside-rare i tempi del fare come obbligatoriamente eterni.In verità quella del senato corre il rischio di trasformarsiin una bolla di sapone, se l’accento è posto solo sul ri-sparmio di costi per il paese.Non sono più di millecinquecento i senatori ancora invita, che gravano sulla comunità. Non sono questi nu-meri, che determinano la bancarotta di un paese o chepossono incidere sulla deriva del bilancio dello stato. E

allora, perché fare dell’abolizione del senato una ban-diera della più grande operazione di riforma dello stato,così come la definiscono i renziani?A guardare bene dentro le carte vi sono aspetti, che non subito sono colti dall’opinione pubblica, a partiredalla liquidazione del bicameralismo perfetto. Bisognadirla tutta la verità, invece. Ormai ci sta stretta la carta costituzionale. Da un lato ribadiamo che questa è la co-stituzione più bella del mondo, ma dall’altro, come letalpe, scaviamo cunicoli sotto le sue fondamenta, percambiarla.Su questo versante Renzi è stretto dalla fronda internadel suo partito e dai grillini, che sono in questo mo-mento il pericolo vero.E allora l’allarme di quelli, che il premier chiama i “pro-fessoroni”, per il pericolo che incombe sulla democrazia.E il leader del PD e Presidente del Consiglio, nel nomedi un decisionismo che presenta analogie inquietanti nelpassato, la offre questa impressione di vocazione auto-ritaria. In verità, quando ci si rivolge, come lui fa ormai,direttamente al popolo, è chiaro che gli istituti tradizio-nali di rappresentanza incominciano ad incrinarsi ed ascricchiolare e che l’autorità del capo assume connota-zioni diverse, rispetto al passato. A Berlusconi non erariuscito un disegno così ambizioso e pericoloso. ARenzi potrebbe andare bene, in un complicato gioco dipesi ed alleanze con lo stesso movimento cinque stelleo con i suoi transfughi. Anche la sinistra è ipersensibilead avventure di questo genere. Il PD, poi, non ha ormaiopposizione interna ed il presidente del consiglio non haalcuna intenzione di abbandonare la poltrona della segreteria.La frantumazione e la liquidazione degli istituti tradi-zionali di rappresentanza politica, illustrate come logi-che di razionalizzazione del sistema, nascono dallagenerazione 2.0, che vede la politica in termini diversie considera il decisionismo come il vero sale della vita.La abolizione (o la riforma) del senato scaturisce daquesta filosofia, come l’attacco agli altri istituti di rappresentanza. La partita è difficile, tanto che lo stesso leader ha fre-nato un poco sui tempi per l’Italicum ed il Senato. Tuttopassa, ora, per le elezioni europee e le amministrativedel prossimo maggio. L’election day trasforma la tor-nata in un banco di prova per testare la fortuna di Renzi,la vittoria sui “cinque stelle” ed il declino di Berlusconi,che in ogni caso gli sta coprendo le spalle sulla destra.In un abbraccio mortale, con i coltelli nascosti nelle ma-niche, tutti attendono il momento opportuno per col-pire. Sono le fragilità, che equilibrano, per ora, irapporti di forza.Sarà una guerra ed anche i dati di Pagani assumerannoun valore essenziale, che scavalca lo stesso tormento deicittadini per una città, che non riesce a riprendersi la suanatura.

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2Maggio 2014 - Anno V - N. 5

Storia e problemi

Il convento di s. Antonio ai Monti è stato,per le “Suore Francescane dette SolitarieAlcantarine, viventi in clausura”, la primaed unica casa religiosa dal 1829, anno suc-cessivo all’approvazione canonica e civiledel nuovo Istituto, fino al 1921, anno dellasua trasformazione in Congregazione divita attiva da Istituto di vita contemplativa. La storia di questo convento s’identifica,per certi aspetti, con il profilo storico dellaCongregazione, come vedremo. Se a que-sto convento dedico un’attenzione partico-lare, è per un duplice motivo: innanzituttoper delinearne la storia, data la sua impor-tanza, e poi per chiarirne qualche dubbioche sorge dalla lettura del suo profilo nellapubblicazione di Paolo Rosati OFM Una

rosa tra le spine. (Napoli, 1957), prima bio-grafia della Serva di Dio, Suor Maria Luigiadel Cuore di Gesù. Il convento di sant’Antonio ai Monti rap-presenta l’ultima dimora, in cui è vissutaSuor Maria Luigia, sia pure solo per unmese: 2 febbraio - 2 marzo 1829. Infatti,stando al racconto del Rosati, il «2 febbraio1829, festa della Purificazione di MariaSS.ma, la serva di Dio, adagiata sulla sedia,a causa delle sue infermità e sofferenze, ac-compagnata dalle sue consorelle, presentigli ufficiali della Curia Arcivescovile di Na-poli, il Vicario Generale Mons. Michele Sa-varese, il suo confessore Mons. LeoneCiampa Arcivescovo di Reggio Calabria,molti padri Alcantarini di S. Lucia alMonte, ed altri personaggi illustri comeTommaso Cozzolino, il sig. FrancescoCappa, il dr. Luigi Lombardi, il prof. Leo-

nardo Santoro, prese possesso del locale diS. Antonio ai Monti con grande gioia edesultanza vedendo premiati dalla mano diDio tanti suoi sacrifici. Il giorno dopo SuorMaria Luigia, dopo aver ascoltato la S.Messa ed essersi comunicata, in Chiesastessa le furono consegnate le chiavi dal-l’Ufficiale Giudiziario, sig. Tommaso Coz-zolino». (Rosati, pp 68-69).Il convento di s. Antonio ai Monti è, dun-que, l’ultima abitazione terrena della fon-datrice delle Suore Francescane SolitarieAlcantarine. Ma in precedenza dove lei si era allogata?La conoscenza di tali dimore risulta inte-ressante non solo come dato storico, maanche come realtà spirituale. Infatti le varieabitazioni della Serva di Dio s’identificanocon il percorso ascetico-mistico da lei com-piuto verso il traguardo, che sarà l’istitu-zione del nuovo Istituto religioso. Questoavrà come sede storica il convento di s. An-tonio ai Monti: ultima abitazione terrenadella Fondatrice, prima casa canonica dellaCongregazione, unica sede per un intero se-colo di vita claustrale, perenne faro di irra-diazione e guida spirituale fino al 1967,quando la casa generalizia sarà trasferita daNapoli a Roma. Il convento di s. Antonio aiMonti, insomma, rappresenta per le nostrereligiose Francescane ciò che il collegio diS. Alfonso in Pagani rappresenta per i Re-dentoristi, il convento di Assisi per i Minori,quello di Padova per i Conventuali, e cosìvia: origine, culto, pellegrinaggio, medita-zione, preghiera, ecc. Ma ritorniamo alle tappe spirituali e topichedella Serva di Dio. Fino ai diciott’anni For-tunata Maria Gesualda de Nicola (futura

Suor Maria Luigia) vive con i genitori nellanativa San Pietro a Patierno con qualchepausa a Napoli nella ricerca della sua voca-zione cristiana. Dai diciotto ai ventun’annivive con lo zio paterno, Don Gennaro DeNicola, al vico Carbone accanto al PioMonte della Misericordia nella via dei Tri-bunali approfondendo la propria vita mi-stica. A ventun’anni va a “vivere da sola inuna stanza con piccolo oratorio presa in fittonel palazzo sito alla salita Forcella e, preci-samente, all’angolo della via che mena allaChiesa dell’Annunziata” (Rosati, p 39)dando concretezza alla sua vocazione disantità. Scrive il Rosati: «In questa nuovaabitazione Suor Maria Luigia, rafforza l’anima alla contemplazione di Dio e all’i-mitazione di Cristo, si perfeziona nel suospirito, fortificando in lei la fede, base e fon-damento di ogni perfezione, la speranza,fiore che forma l’ideale più bello della suavita e dello spirito sollevato per essa a Dio,e la carità perfetta verso Dio e soprannatu-rale ed universale per il prossimo». (ivi, p 41). In quest’ambiente comincia a racco-gliere intorno a sé allieve che ne condivi-dano l’ideale delle virtù cristiane, anche se impegnate materialmente in attività di cucito, ricamo e altro. Successivamente“prende in fitto due stanze e accessori al IIpiano della proprietà di Francesco Colafiorenella traversa che mena alla Chiesa del-l’Annunziata” (ivi, p 43) dando inizio infor-malmente alla nuova istituzione religiosa. Ilsuo confessore, Don Teodoro Schiana, lepaga la pigione per un anno. Successiva-mente s’ammala e il prof. Leonardo San-toro, che la cura, le consiglia di cambiarecasa proponendole la zona dei Cacciottoli

verso il Vomero (ivi, p 47). Qui si stabiliscenel 1821 e vi rimane fino al 1829, come giàdetto. In questa abitazione di proprietà delsig. Cappa, dove la Serva di Dio paga 50 du-cati l’anno per il fitto, c’è anche una cap-pella aperta al pubblico per Messa e funzionisacre. In questo nuovo habitat si conduce regolare vita religiosa, qui avviene il rico-noscimento canonico e civile della Congre-gazione delle “Suore Francescane detteSolitarie Alcantarine, viventi in clausura”. Èin questa casa che nasce ufficialmente l’I-stituto di Suor Maria Luigia. Infatti, pur con-servando esso la configurazione di “unprivato ritiro”, viene già inteso dalla com-petente autorità religiosa locale come entemorale ad essa sottoposto giuridicamente.Questo fa intendere la comunicazione, cheil vicario generale del Cardinale di Napoli,Mons. Michele Savarese, invia a Suor MariaLuigia: «Per disposizione di questo Eccel-lentissimo Arcivescovo la prevengo che do-vendo ella ricevere delle persone nel suoprivato ritiro, è necessario che prima ne diaconoscenza al detto Eminentissimo diretta-mente, oppure a me, per farne proposta almedesimo, per poi dietro la di lui approva-zione, venirsi alla ammissione». (ivi, p 59). A questo luogo, inoltre, come intende il Vas-salluzzo (cf pp 44-45), e non al Convento dis. Antonio, come fa capire il Rosati (cf pp.67-68), si riferisce la petizione che SuorMaria Luigia invia all’Arcivescovo RuffoScilla per beneficiare di Cappella e confes-sionale in casa. Pur essendo una santa e una mistica, SuorMaria Luigia non smette di essere unadonna, per cui, dovendo chiedere un privi-legio (Oratorio e confessionale) inneggia alCardinale e lo gratifica, in maniera sobriama efficace, per essersi degnato di far vistaa “poverelle e vili femminucce”, che noncesseranno mai di pregare per lui. S. Alfonsoper ingraziarsi il terribile Bernardo Tanucci,gli dedicò la sua opera Trionfo della Chiesa

cioè Istoria delle eresie (1769). “Una dedica

– dice lo storico Gabriele De Rosa nel suosaggio Sant’Alfonso de’ Liguori e Bernardo

Tanucci – colma di lodi: si affermava cheTanucci aveva «vasta cognitione» della«vera giurisprudenza»; che era nutrito diquell’erudizione che fa «un vero letterato»;che sapeva del «buon modo di gobernare gliStati»; ecc.” Il testo di Madre Luigia, invece,recitava: «In tal giorno e momento chel’Em.za Vostra Eccellentissima si degnò vi-sitarla, non ha mai cessato di raccoman-darLa al Signore e ne vive sempre edificantee mortificata per la profonda umiltà di V.Em. di venire a noi poverelle e vili femmi-nucce, ma animate ed infervorate dalle pre-ghiere di giorno e di notte per raro esempiodel nostro Padre.Oggi Iddio pare che apra la via per metterein opra quanto uscì dalla preziosa bocca. Didover giungere le figliuole al numero di do-dici, poiché si è trovato un locale più largoe capace di tal numero, solo che V.Em. sicompiaccia di darle il licita di poter ottenereda Roma la licenza dell’Oratorio con facoltàancora di poter tenere il confessionale, poi-ché sarebbe mia cura accomodare per laCappella la migliore delle stanze, perchésotto la visita dell’Em.za Vostra Rev.ma sa-rebbe comodo per tutte noi per i sacramentinon volendo io fare uscire fuori le dette figliuole.Em. Rev.ma, tanto sarebbe di gloria per ilSignore e nel tempo stesso di compiaci-mento di V.E. consacrando le dodici aMaria Santissima nell’esercizio della lodedi Dio, e nella pratica della mortificazionee ritiramento per il bene della Chiesa di Dioe per la salute, prosperità e salvezza di tuttoil suo popolo. Tanto sono spinta a scriverLeparticolarmente e con supplica separata.BaciandoLe la Sacra Porpora Le chiedo lapastorale benedizione».

Storia dell’Istituto Francescano di s. AntonioIl convento di s. Antonio ai Monti casa madre del nuovo Istituto

di p. Paolo Saturno C.Ss.R.

La recente scomparsa di Jacques Le Goff

in età assai avanzata non attenua ma

acuisce il rimpianto per una figura esem-

plare come la sua. Ho avuto il privilegio

di intervistarlo nel 2003 a Parma e di

apprezzarne, in quella occasione, la

profonda umanità, starei per dire l’u-

miltà, propria delle persone colte, che

sono sempre disponibili al confronto per-

ché consapevoli del carattere sconfinato

della vera conoscenza. Profitto della cor-

tesia del direttore editoriale di questo fo-

glio per ricordare lo studioso scomparso

riproponendo l’intervista che mi rilasciò

e che fu pubblicata da La Sicilia il 27 ot-

tobre di quell’anno. Salvatore Scalia, re-

sponsabile della pagina del giornale,

rinunciò ad occhiello e sottotitolo, prefe-

rendo aprire l’intera pagina con un titolo

di poche parole, La gioia del Medioevo,come era solito fare quando sentiva di

avere tra le mani pagine irripetibili.

[A. P. ]

Nel Guazzatoio della Pilotta, là dovesi abbeveravano i cavalli dei principi

Farnese, Parma rende omaggio a JacquesLe Goff dedicandogli una mostra sulMedio Evo europeo nella quale vengonoesposti, dino al prossimo 6 gennaio, cin-quanta oggetti scelti personalmente dalgrande studioso d’Oltralpe. Si tratta di te-stimonianze che vanno da antichi codicie capolavori artistici fino agli umili at-trezzi del contadino in sintonia con la vi-sione di taglio sociologico sviluppatadall’École des Annales di Marc Bloch eLucien Febvre, della quale oggi Le Goff èil più autorevole rappresentante, insignitodall’Ateneo parmense della laurea hono-ris causa in Lettere e Filosofia, alla qua-lesi è aggiunta la cittadinanza onoraria delComune di Fidenza dal cui Duomo pro-viene la colomba eucaristica, simbolo dipace, scelta come logo della mostra. Cat-turato dal Medio Evo per la giovanile fre-quentazione dell’Ivanhoe di Walter Scott,Le Goff ne ha evidenziato le innovazionidiradando le tenebre che a torto si rite-neva fossero proprie di quest’Età che egli

ha dilatato ben oltre i dieci secoli che so-litamente le vengono assegnati. «L’idea diun Medio Evo tenebroso - dice - vennefuori quando gli Umanisti, per distaccarladall’arte del loro tempo, la definirono“gotica”, e cioè barbarica, in contrappo-sizione ai canoni estetici della classicità.Ma l’idea dei “secoli bui” non è mai statauna realtà storica dimostrabile. Quei se-coli non furono bui dal punto di vista artistico perché l’arte gotica seppe espri-mere valori estetici ed etici altissimi, enon lo furono neppure, o almeno nonsempre, sul piano economico per lastraordinaria vitalità della vita cittadinatra XI e XII secolo. Se poi si allude allaviolenza e alle superstizioni, sarà bene ri-cordar le immani crudeltà del nostrotempo e il fatto che la caccia alle streghefu piuttosto un fenomeno del Rinasci-mento. Vorrei anche sottolineare che ilCristianesimo, la continuità del latinocome lingua dei dotti e la centralità del-l’agricoltura nell’economia sono altret-tanti elementi di lunghissima durata chelegano saldamente fra loro i secoli chevanno dalla crisi e fine dell’Impero ro-mano d’Occidente alla Rivoluzione indu-striale. In questo senso si potrebbe parlaredi un “lungo medioevo”, definitivamentesuperato solo dai rivolgimenti dell’epoca

in cui viviamo». Quello che poi rendestraordinariamente attuale la lunga sta-gione medievale è che nel suo faticoso di-panarsi furono poste le basi dell’Europache solo ora si va concretizzando. Fu unprocesso di unità attraverso le diversitàche si può cogliere sin dal suo primo ger-minare nel V secolo quando la convi-venza che si era già stabilita entro iconfini dell’impero di Roma tra popola-zioni italiche, galliche e ispaniche siestese a quelle barbariche. È un’Europache si determina per successive accultu-razioni e che mantiene la sua aspirazioneall’unità anche tra IX e XIII secolo, in undelicatissimo passaggio che vide da unlato la decomposizione dell’impero caro-lingio e dall’altro lo svolgimento, nel1215, del IV Concilio lateranense che tral’altro sancì la definitiva rottura con l’or-todossia bizantina. «Nel Medio Evo - ri-badisce Le Goff - affonda le sue radici lacostruzione dell’Europa che trovò il suocemento nella cristianità, la cui diffusionefin nelle estreme periferie consentì a que-ste la piena integrazione col centro. Lanostra cultura deve moltissimo anche allapresenza di popoli diversi, percepiti avolte come pericolosi estranei, quali gliEbrei e i Musulmani. Con i primi le rela-zioni, nonostante il comune patrimonio

della Bibbia, furono complesse e tormen-tate. Con i secondi la sfida toccò momentidi altissima tensione che portarono allaperdita dell’Africa settentrionale, il paesedi Sant’Agostino, essenziale per il radi-camento e lo sviluppo della religione cri-stiana. Eppure, senza gli Arabi tra Orientee Occidente. La nostra scienza non sa-rebbe oggi quella che è». Attraverso glioggetti e le immagini della mostra ritrovaconsistenza tutta l’età medievale, a co-minciare dal mare, luogo geografico esimbolico del pericolo, del quale se neebbe una sufficiente rappresentazionecartografica solo nel 1367 con la cartanautica firmata da Francesco e DomenicoPizigano. Ma il Medio Evo fu anche l’e-poca del trionfo libro, grazie anche alladiffusione, tra IV e VIII secolo, del co-dice al posto del rotolo antico, sco-modo e poco maneggevole. Ne è unesempio il Flateyjarbòk, un volumi-noso manoscritto del 1390 provenientedall’Islanda, rivelatasi uno straordina-rio avamposto della civiltà medievalenell’Europa nord-occidentale. «Ilmondo medievale - aggiunge Le Goff -è un mondo di gente che sogna e gli ar-tisti dell’epoca arrivano a definire unapostura quasi liturgica in occasione del-l’attività onirica con il corpo coricatosu un fianco e la testa adagiata sul brac-cio. I sogni diventano un genere lette-rario come capita con quelli di CarloMagno nella Chanson de Roland. Colsogno si affinano i costumi e com-paiono le buone maniere a tavola. Delresto il Medio Evo non è il mondo tri-ste e pieno di gemiti di cui troppospesso si parla e si scrive. Al contrarioha conosciuto il riso, si è divertito, èvissuto in mezzo sonorità e melodie.Ha fatto progredire l’arte corale con ilcanto fermo o gregoriano, ha svilup-pato l’organo e diffuso il suono dellecampane. Certo, chi è vissuto in queisecoli non ha praticato lo sport come sifaceva nell’antichità, ma ha conosciutoi giochi di palla che hanno dato origineal nostro calcio». Anche la donna ebbespazio nell’arte medievale come la bel-lissima marchesa Uta von Ballenstedt,ritratta nel gesto di ripararsi il visomentre è addossata ad un pilastro dellacattedrale di Naumburg. Soprattuttoprende a lievitare, intorno al XII se-colo, la confidenza nella Vergine,madre di Dio. «Il culto mariano - nota

La gioiadel Medioevo

di Antonio Pecoraro

- continua nel prossimo numero -

Le Goff - conobbe una folgorante ascesa,tanto che sarei tentato di parlare di unaquarta persona divina, una componentefemminile della Trinità. Va anche dettoche la teologia del XII secolo formulò unadefinizione del peccato che poneva l’ac-cento più sull’intenzione che sull’attopeccaminoso in sé, mentre compariva unterzo luogo dell’Aldilà, il Purgatorio, chedava al credente più ampie possibilità disalvezza». Ci furono, purtroppo, anche leguerre, a cominciare dalle crociate. «Mi èpiaciuto - conclude Le Goff - mettere inmostra un Medio Evo di pace e non il fe-nomeno in sé negativo delle crociate. Ècomunque evidente che l’Europa medie-vale si esprime anche attraverso questeassenze».

Su

www.ilpensierolibero.it

il Regolamento per il

3° Concorso Letterario

“IL PENSIERO Libero”alla memoria del notaio

Carlo Calabrese

a pag. 5 mese Gennaio 2014

Per i numeri precedenti

www.ilpensierolibero.it

Alla chiusura

di questo numero

22 Aprile 2014

il web registra

n. 38019 visitatori

Page 3: DECISIONISMO INQUIETANTE LA GRANDE EMOZIONE · 2014. 6. 8. · sembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi-sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca-pire

3 Maggio 2014 - Anno V - N. 5

pensami!di Madre Ofelia Marzocca*

Sì, cara Isabella, ti ho pensato! Ti dico di più.Avevo chiesto alla Rev.ma Madre Generale ilpermesso di venirti a trovare, ma tu hai fattoprima. Eri pronta, purificata dalla sofferenza, alasciare questa terra.Il Signore ha voluto questo sacrificio: tutto èpreparato dal suo amore.Isabella, il tuo primo incontro al Circolo Unionedi Pagani fu un vero dono di Dio: ci mettesti su-bito a nostro agio e il tuo pernottamento da noiconfermerò la tua signorilità che dava tono e fa-scino alla tua cultura. Mi facesti subito dono deltuo libro: Il manto del pappagallo. Lo lessi conattenzione e apprezzai il tuo valore di scrittricee lo snodarsi “pulito” del romanzo. In seguitolessi altri tuoi lavori: tutti rilevano lo spessoredella tua vasta cultura. Grazie Isabella! Lasci aituoi cari, ai tuoi amici una preziosa eredità, checustodiranno con cura e amore.Che dire della tua sincera e lungimirante parte-cipazione al cammino intrapreso dell’Associa-zione degli Ex Consiglieri Comunali di Pagani?L’iniziativa del premio di letteratura religiosa ticoinvolgeva e godevi nel vedere una città del“meridione” fare fossi verso una cultura apertaalla formazione dei giovani. Rimani nella storiadi Pagani come punto – luce per il vero progresso.Sento che per le Figlie della Carità del Prezio-sissimo Sangue hai avuto un “occhio partico-lare” e con la nobile semplicità che era tuacaratteristica ci offristi la ristampa del librettodi Marco Damante: La cultura del Sangue diCristo nella vita e nell’opera del Beato Tom-maso Maria Fusco .E, monumento al tuo cuore per la storia, la pub-blicazione del volume: Il tesoro ritrovato – sto-ria e restauro del chiostro dell’ex monastero deiMinimi (1580).Il grazie più vero e più puro l’hai certamente ri-cevuto nella patria celeste, dove tutto assume ladimensione della perfetta carità, dal S. France-sco di Paola e dal Beato Tommaso M.Fusco.E da me: dalle Consorelle dai Cittadini di Pa-gani un rinnovato grazie e la preghiera perché lamisericordia di Dio ti dia la gioia della visionebeatifica e la pace che hai sempre amata e desi-derata per te e per tutti.Isabella, grazie!Pensami! Mi raccomandasti durante l’ultima te-lefonata. Ora ti dico: Pensaci! La tua preghieraci terrà sempre uniti. Continua dal Paradiso aspandere fiori di bontà.

* Superiora fcpps

la nostra isabella

di Pasquale Maffeo*

Pochi gli incontri, rare le occasioni aperte al co-noscersi e all’auspicabile sintonizzarsi su lun-ghezze d’onda di valori condivisi: di IsabellaPeroni, scomparsa in punta di piedi nello scor-cio di marzo di quest’anno, rimane il lascito del-l’opera, la fedeltà alla vocazione, il patrimonioeditoriale e drammaturgico tutto di nicchia natoe consolidato in un paio di decenni di attività totale.Fu protagonista che incrociò i percorsi con pro-tagonisti di alto profilo nei territori della culturacontemporanea, in prevalenza sul versante let-terario con volumi di narrativa che andrebberoriletti, rilevati e storicamente collocati dovehanno titolo di entrata nel panorama del nostrosecondo e ultimo Novecento. In parallelo è da registrare la discrezione d’unamunificenza rinascimentale che obbediva a unimperativo insieme etico e intellettuale, costitu-tivo della sua personalità, teso sì a dare voce erespiro a una visione di artista, la sua, capace diassumere e reinventare in proiezione di riscattola realtà del divenire, ma altresì a tener vivo illavoro dell’officina da lei impiantata e a propriespese rincalzata sul doppio binario delle Edi-zioni Studio 12 e delle programmazioni sceni-che al Teatro Due di Roma con testi propri e diautori sodali che le facevano corona. Coadiu-vata, giova ricordare, dalla prontezza intuitivadi Raffaele Aufiero, scrittore e in qualche mi-sura alter ego che annetteva e risolveva.Il dato primario che subito connota la figura diIsabella è il costante guardare e tenersi al con-creto del presente nei fatti e nelle cose: con unocchio pressoché infallibile nello scegliere escartare che, mentre la distingue nel cammino,la contrappone quale insegna della verità unicache lievita sembianze e sostanze dei processiumani.Chi conosca l’odierna babele delle derive edelle supponenze scaturite da un comodo e ac-comodante relativismo di moda, non potrà nonidentificare nella sua militanza le corde e i tim-bri sonori d’una spiazzante autenticità nel sen-tire e nell’agire. Pochi i casi comparabili, enessuno altrettanto spoglio di autoproclama-zioni, nella geografia festivaliera che non cessadi accendere ribalte nell’Italia delle multipledissidenze.Porgere un dono che non ipoteca restituzione si-gnifica credere nel dovere di rifondare la civiltànel segno dello spirito che governa la macchina.Questa la lezione, la cifra d’altura della sua vita.

* Scrittore

un pensiero per isabella

di Luciano Masi*

Ho conosciuto Isabella Peroni venti anni fa e,fin dall’inizio, ebbi la fortuna che lei mi ono-rasse della sua amicizia. Abbiamo collaboratoin molti ambiti: nel campo culturale, filosofico,scientifico e soprattutto artistico. È stata lei afarmi conoscere in profondità il mondo del-l’arte, quel mondo che, come dicono molti filo-sofi, è più vicino di ogni altro a Dio. Nellamagica dimensione artistica lei si muoveva condisinvoltura, perché era la sua naturale dimora.La musica, il cinema, la recitazione, l’arte pit-torica, la letteratura, facevano parte della suaanima, un’anima dotata di molte sfaccettature,come un superbo mosaico. Al teatro, soprat-tutto, ha dedicato la parte più importante dellasua vita, come attrice, autrice di testi, produt-trice e sostenitrice. Personalmente ho avutomodo di seguirla da vicino nel suo percorso discrittrice, una passione e un’attitudine che avevasempre avuto e che, negli ultimi anni, aveva in-tensificato. In questo campo si è confrontataspesso con me, sul piano soprattutto psicolo-gico, per approfondire le dinamiche psicologi-che dei personaggi che uscivano dalla sua pennacreativa. Era un confronto di cui avrebbe potutofare tranquillamente a meno, essendo lei dotatadi un’empatia innata che la portava a compren-dere, in moto spontaneo e naturale, i pensieri ele emozioni altrui. Tuttavia lei, con quelle pre-liminari esplorazioni, voleva soprattutto allar-gare gli orizzonti del “poter essere”, coglierel’occasione per gettare uno sguardo, pieno dimeraviglia, sul mistero della mente umana. Ciòche colpiva, di Isabella, era una tipicità esisten-ziale che non cambiava mai. Ella accoglieva sudi sé le sofferenze altrui, cercando di lenirle, e sifaceva invadere anche dei sogni degli altri, so-prattutto dei giovani, per cercare di farli svilup-pare e realizzare. Per questo molti le davano lostesso appellativo che fu di Ghandi: mahatma

(grande anima). Si usa dire, quando una personacara muore, che essa lascia “un grande vuoto”.Per Isabella non si può dire la stessa cosa. Que-sta straordinaria persona lascia, invece, un’im-peritura presenza dentro di noi; una presenzacostante che ci stimolerà a dare il meglio di noistessi per cercare di portare avanti il lavoro da leiiniziato, facendoci guidare dagli stessi ideali cheerano stati la stella polare della sua vita. Faremotutto il possibile per far continuare a vivere lasua opera, con la certezza che, dalla misteriosadimensione di pace in cui ora si trova, Isabellasarà sempre pronta a darci il suo sostegno spiri-tuale e quell’apertura di orizzonti a cui lei si eravotata.

*psicologo psicoterapeuta

ISABELLA PERONI (Roma 1926-2014). Studiò musica di cui divenne appassionata cultrice, ma i suoi interessi sono stati dedicati prin-cipalmente al Teatro, prima come attrice in compagnie primarie poi come aiuto regista di Edmo Fenoglio, infine come regista. Ha pub-blicato articoli sul teatro e il cinema, poi racconti su alcune riviste, prima di approdare definitivamente al Teatro.Dal 1953 ha partecipato agli Spettacoli estivi a Verona (Giulietta e Romeo – regia di Guido Salvini – interpreti: Gassman-Albertini-Carraro) con Brissoni, al Teatro Romano con Molto rumore per nulla di Shakespeare con la Pagnani e la Zareschi.A Vicenza, con la regia di Giorgio Strehler, al Teatro Olimpico, ha preso parte in Sofonisba del Trissimo.Nella stagione 1953-54 fu scritturata dalla Compagnia stabile del Teatro Valle diretta da Guido Salvini “Gassman-Gioi-Girotti-Albertini” con attori poi divenuti famosi come Raoul Grasselli, Gian Carlo Sbragia, Lucio Ardenti, Giorgio Albertazzi, Gabriele Fer-zetti, accanto ad Arnoldo Foà, Cesare Polacco, Zora Piazza, Nino Dal Fabbro, Sanipoli, D’Angelo, Bonagura e con i registi: Salvini,Squarzina, Brissoni.Con il Peer Gynt si inaugura il Festival Teatrale di Bologna, diretto da Cappelli.Nel 1955 ha recitato con Gabriele Ferzetti, Olga Villi, Annibale Ninchi, Memo Benassi, Leonardo Cortese, Valeria Valeri nel filmAdriana Lecouvrer, regia di Guido Salvini.Prese parte anche agli spettacoli estivi al Teatro Greco di Siracusa sotto la regia di Orazio Costa e ad una tourné de La figlia di Iorio

di Gabriele D’Annunzio con la regia di Guido Salvini (gli interpreti Edda Alberini-Antonio Crast-Stella Aliquò-Salvo Randone).È stata per lungo tempo nella Compagnia dei Gialli di Cesarina Gheraldi e scritturata dalla Compagnia Elsa Merlini-Ivo Garrani-Al-berto Lionello.Costretta a ritirarsi dalle scene per ragioni di salute continuò la sua attività artistica come sceneggiatrice, al ritorno di Campogallianial Cinema, a fianco di Nino Novarese, Gianni Mangini, Romolo Guerrieri.Nel 1980 fondò l’Associazione Culturale “Studio 12” all’interno della quale prese vita il “Premio Articoli Corrado – Studio 12” per ilTeatro per un’Opera teatrale inedita ampliandosi poi al Monologo e alla Narrativa.Nel 1996, nell’ambito del premio I.D.I. (Istituto del Dramma Italiano), le venne conferito un premio speciale per il meritorio impegnoa favore della drammaturgia italiana contemporanea.Nel 2004 le venne conferito il Premio Fondi La Pastora per lo spettacolo, e nel 2005 il Premio Rosso di San Secondo.Nel 2005 divenne Socia dell’Associazione Culturale Tordinona a fianco di Renato Giordano e Gerardo Galdi.Fu fondatrice, assieme al Padre Giacomo, del Gruppo Aziendale Birra Peroni dei Donatori di Sangue AVIS, partecipando alle manife-stazioni annuali indette in varie città d’Italia.

Ha collaborato molti anni con l’UNITALSI per l’assistenza dei malati nei pellegrinaggi a Lourdes e a Loreto effettuando oltre 18 viaggi.Socia dei Soroptimist International d’Italia e di Amnesty International.Ha collaborato con la Rivista Il Mondo della Musica diretta da Maria Elisa Tozzi.Dal 2003 al 2010 è stata tra gli sponsor del “Premio Internazionale di Letteratura Religiosa Pagani città di S. Alfonso e del Beato Tom-maso Maria Fusco” (ideato e coordinato dall’amico Raffaele Aufiero).Ha pubblicato su varie riviste racconti e articoli su cinema e teatro, dedicandosi poi con successo anche alla narrativa.Del 1977 è il suo primo libro Un lungo filo di buio, Todariana Editrice di Milano. Dello stesso anno (sempre con la Todariana Editrice)è il romanzo Su e giù per le scale con il quale viene selezionata per “Il libro per la scuola” e invitata, per gli anni successivi, a dialogarecon gli allievi delle scuole medie statali e dell’Istituto Massimo, nel giorno della Memoria.Del 2004 per le Edizioni Studio 12 esce Il manto del pappagallo che, in ristampa, viene pubblicato in occasione del “Premio Interna-zionale della letteratura religiosa Pagani città di s. Alfonso e del Beato Tommaso Maria Fusco”.Del 2005 è Come volo di gabbiani – percorsi nella memoria, cui seguono nel 2010 Il letargo della tartaruga e nel 2012 La laguna in-

cantata, tutti editi Da Studio 12.Intensa e collaterale alla sua attività artistica è stata quella di organizzatrice culturale e di produttrice di eventi teatrali, musicali e pitto-rici: tantissimi per ricordarli tutti, ma che hanno allietato le platee di Roma, di Anticoli Corrado e di Pagani.Con lei gli artisti hanno perduto un’amica sincera e sempre disponibile all’ascolto oltre che una mecenate discreta quanto generosa.

Addio a Isabella Peroni, Signora delle Arti

Grazie, isabella.

Continuerai ad esserci…

L’ultima telefonata sul suo cellulare in occa-sione dello scorso Natale, dopo vari tentativiandati a vuoto. Finalmente la sua voce, chiara gioviale epiena di vita. Ed il suo invitarmi a salutare gliamici di Pagani, con la rinnovata promessadi venirci a trovare non appena possibile…Quanto contrasto con le notizie, sempre piùpreoccupate, che mi forniva Lello.Isabella trascorreva la maggior parte del suotempo in clinica. La condizione fisica andavasempre più peggiorando. Forte, invece, il suoanimo; lucido il cervello; sempre caldo di af-fetto il suo cuore per gli amici.Mi mancherà, certamente, la cara Isabella Pe-roni, il prezioso regalo fatto da Lello Aufieroalla Città di Pagani, ma soprattutto a me chemi ero tuffato dopo la stagione della mili-tanza politica e dei ruoli nelle istituzioni, inquella più intrigante ed affascinante dell’im-pegno civile con le tante iniziative culturali esolidaristiche. Era l’angelo custode che sapeva leggermidentro soprattutto quando venivo preso dalloscoramento o dal timore di non farcela nelcogliere traguardi che sapevo essere di note-vole impatto per Pagani in particolare e più ingenerale per comunità e territori, ancheesteri, che avrebbero tratto vantaggi dalle ini-ziative messe in campo. Cara, dolce Isabella. Quale insegnamento iltuo stile di vita. Il tuo esserci sempre, in qual-siasi circostanza, perché in te erano i valoripiù alti e nobili. Certamente non ti dimenti-cherò. Mi faranno compagnia non solo i ri-cordi personali ma anche i tuoi libri cherileggerò nella certezza di trarne nuova linfa.Per il momento mi fermo qui. Non so cosariuscirò a mettere in essere perché la tua me-moria viva nel tempo anche a Pagani. Ci pro-verò… È il minimo che debba fare, se pensoanche al tuo ultimo bel gesto nell’essere almio fianco con la pubblicazione delle operepremiate con il Concorso letterario promossoda “Il Pensiero Libero”.Ne ho parlato con Alfredo, Lello… Sarà que-sto il modo per accompagnare, nel tuo ri-cordo, coloro i quali vorranno percorrere isentieri non facili dell’universo culturale.

Gerardo De Prisco

Il nostro Direttore con Isabella Peroni

Page 4: DECISIONISMO INQUIETANTE LA GRANDE EMOZIONE · 2014. 6. 8. · sembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi-sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca-pire

Continuando nella difesa e nella divulgazionedel nostro patrimonio storico/culturale, in coe-renza con il titolo e con il commento che l’ac-compagna, in questo numero porremo la nostraattenzione sul patrimonio della nostra città ab-bandonato e non difeso innanzitutto dai nostrigovernanti. Nel momento in cui si scrive, sonotrascorsi già moltissimi giorni da quando la“famosa colonnina” di Piazza S. Alfonso giacetransennata senza che nessuno intervenga. In riferimento al commento di cui sopra, solochi non sa che cosa voglia rappresentare (a co-minciare da chi dovrebbe intervenire per ripristinarla) naturalmente non capisce l’im-portanza di questa testimonianza dietro laquale c’è tutto un contesto/mondo storico, ar-tistico, culturale importantissimo della storiadi Pagani. Per quanto riguarda il contesto sto-rico in cui si inserisce la visita del Papa biso-gna sapere che “Sul finire degli anni 1840 itempi erano ormai portatori di una ventata ri-voluzionaria che andava investendo tutta la Pe-nisola: gli ambienti liberali/insurrezionalistivedevano nel Piemonte e in Carlo Alberto ilprogetto di un assetto diverso dell’Italia e ilcontemporaneo riaccendersi di tante speranzemai sopite. Tali fermenti sfociarono presto insanguinosi tumulti e nei famosi “moti” in cui

si distinsero, nel Nord Italia, diverse città ita-liane nella loro resistenza alle truppe austria-che. Anche nei territori pontifici dilagò laventata rivoluzionaria dando luogo a manife-stazioni popolari che videro il loro epilogo conl’assassinio di Pellegrino Rossi, il moderatoPrimo Ministro del Governo di Pio IX, avve-nuto il 15 novembre 1848. Profondamentescosso da tale fatto, il Pontefice fu indottodagli ambienti a lui più vicini a lasciare Romaper rifugiarsi a Gaeta, nel Regno di FerdinandoII di Borbone. Proprio nel corso del suo for-zato soggiorno nel regno napoletano, Pio IXpoté sperimentare di persona la nuova porten-tosa invenzione del treno di cui fino ad alloraaveva soltanto sentito parlare e della quale vo-leva dotare il proprio Stato: così, l’8 settembre1849, su invito dello stesso Re di Napoli e insua compagnia, salì per la prima volta i gradinidi una carrozza ferroviaria per effettuare il suoprimo viaggio in treno lungo lo spettacolaretracciato della linea da Portici a Pagani. Il con-voglio reale venne condotto personalmente dalprogettista della linea, l’Ingegner Bayard; in-fatti: ... Il Cavalier Armando Bayard De La

Vingtrie, Primo Ingegnere e Direttore di que-

sta strada ferrata a guide di ferro, volle rego-

lare (la marcia del convoglio - Ndr.), al fine di

dimostrare il suo massimo rispetto verso il Ro-

mano Pontefice. Narrano le cronache dell’e-poca che Pio IX scese entusiasta dalla vettura,accrescendo dentro di sé ancor più fortementela volontà di realizzarne di simili anche nelproprio Stato” (- Le Ferrovie di Pio IX - “Intreno sulla Napoli-Pagani” di Maurizio Pan-conesi). Nel 1836 era stata firmata firmata unaConvenzione con cui si concedeva all’inge-gner Armando Giuseppe Bayard de la Ving-trie, la concessione per la costruzione inquattro anni di una linea ferroviaria da Napolia Nocera Inferiore con la priorità per il trattofino a Granatello di Portici (la famosa e primaferrovia Napoli-Portici). L’anno seguentevenne costituita a Parigi una Società in nomecollettivo e una in accomandita per gli azioni-sti . Al momento fatidico, alle ore 10 del 3 ot-tobre del 1839, alla presenza del re Ferdinandoe delle più alte cariche dello Stato, la partenzadel primo treno composto da una locomotivadi costruzione Longridge e da otto vagoni. Ilpercorso venne compiuto in nove minuti emezzo tra ali di gente stupita e festante. La lo-comotiva che trainava il treno era stata battez-zata “Vesuvio”. Nei successivi quaranta giorniben 85759 passeggeri usufruirono della ferro-via. Il pittore di corte Salvatore Fergola im-

mortalò gli avvenimenti nei suoi celebri di-pinti. Il 1 agosto 1842 veniva inaugurato iltronco successivo fino a Castellammare e dueanni dopo, nel 1844, la diramazione per Pom-pei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore.

“Circa le quattro pomeridiane del giorno 18

maggio 1844, ad un cenno di S.M. il Re, il

convoglio di dodici vagons, tratto da una sola

macchina locomotrice a sei ruote, mosse da

Napoli. … Senza mai arrestarsi, dopo 57 mi-

nuti esso era già pervenuta a Nocera, per-

corso lo spazio di venti miglia. Liete musiche

militari ivi ne festeggiaron l’arrivo. S.M. il Re

ne discese con la Reale Famiglia E venne ac-

colta dall’Intendente della Provincia di Prin-

cipato Citeriore e da tutte le Potestà locali

d’ogni ramo. La S.M. in unione delle altre

Persone auguste in una convenevolmente ad-

dobbata Sala della Stazione trattienesi al-

quanto con gli eminenti personaggi che la

seguivano, ed affabilmente accettò qué rin-

freschi e reficiamenti diversi che il Cav.

Bayard proffersele, e dé quali fu questi largo

verso tutti coloro che facevano parte del Con-

voglio. Risalita poi S.M. coll’augusta Fami-

glia nel Real vagon, e risalite le persone

invitate né vagons corrispettivamente asse-

gnati, il Convoglio, ad un sovrano cenno, la-

sciò Nocera avviandosi alla Stazione di

Napoli, ove giunse circa alle sette in 54 mi-

nuti. (a cura d Michele ferrara – Cons. Atti-

vità Museali Associazione Culturale di Storia

Ferroviaria).

Ritornando, dopo tanta insigne storia, alla tri-ste realtà di oggi, in questa rubrica, per l’en-nesima volta, si lamenta il grigiore dei nostrigiorni in una città che ha raggiunto il punto piùbasso della sua storia con una piazza S.

Alfonso, testimone di tanti avvenimenti im-portanti, sempre più abbandonata a se stessa,con le aiuole che non vengono ripulite da mesi,in balia di una totale inciviltà che la offendecon comportamenti incivili e vandali, nell’in-curia più totale, nell’indifferenza delle forzedell’ordine che assistono indifferenti e non im-potenti (la polizia urbana in questa piazza è unoptional e manca nei momenti in cui c’è piùaffollamento) alle orde di giovani che la de-turpano con la loro presenza. Nel momento incui si scrive questa città è già in campagnaelettorale, ma dai candidati che si propongonoalla guida di questa comunità non perviene unprogetto globale che punti a risolvere i nume-rosi problemi. Il quadro è desolante in quanto i candidati sonoper lo più gli stessi che hanno governato que-sta realtà negli ultimi dieci anni, mentre forzeche si sono poste come innovatrici e “rottama-trici” si predispongono (e lo hanno dichiarateufficialmente!) ad accogliere nelle loro filaesponenti che hanno avuto la grave responsa-bilità di aver condotta questa città all’Ammi-nistrazione Commissariale e allo svuotamentodelle casse comunali. Il futuro non è affatto roseo e la popolazione èinondata da messaggi propagandistici/populi-stici. È necessario che la gente sappia difen-dersi dalle sirene di chi ha fatto naufragarequesta città, guardandosi bene dai candidatiche si ripresentano mascherati da liste civetteo che si nascondono dietro candidature famili-stiche. Nelle urne c’è l’ultima possibilità didare una svolta a questa nostra comunità tantomartoriata soprattutto negli ultimi dieci anniper colpa di una classe politica inetta e rapace.Auguri a tutti i cittadini paganesi perché nelleloro mani c’è la possibilità di operare vera-mente una scelta di rottura con il passato!!!!!!!!

la “ GrandE BEllEZZa” di paGani (2)

alcuni gioielli storico/culturale/religiosi della nostra città cadono a pezzi nell’indifferenza di tutti senza che i nostri governanti facciano qualcosa per

inculcare nel cittadino il senso civico e di legalità. solo un cittadino consapevole, che conosce la storia della propria città, può acquisire senso di re-

sponsabilità verso il patrimonio comune e difenderlo. QuEsto lo dovrEBBE ComprEndErE prima CHi Ci GovErna

4Maggio 2014 - Anno V - N. 5

paGani e dintorni: ieri e oggi di Armando De Virgilio

La colonnina di Piazza S. Alfonso ebbe la sua prima posa l’8 Settembre del 1849 in oc-

casione della visita che Papa Pio IX fece a Pagani in omaggio a S. Alfonso Maria de’ Li-

guori. Fu restaurata, poi, il 12 Novembre del 1990, quando Papa Wojtyla venne in visita

a Pagani. Oggi, come si può vedere nella foto a fianco, giace transennata già da diversi

giorni senza che nessuno intervenga a tutelare un patrimonio storico, artistico e reli-

gioso inestimabile ma incompreso dai nostri governanti completamente assenti. (E per

nessuno non ci si riferisce alla Commissione Straordinaria che questi problemi li ignora

completamente, ma ai politici paganesi che in campagna elettorale dovrebbero almeno

fingere di indignarsi per l’incuria di questo piccolo ma mportante reperto storico/cultu-

rale che ha sempre caratterizzato la piazza più importante e amata dai cittadini paganesi).

Avete mai avuto un amico/a che è con voida così tanto tempo da non saper più scin-dere le vostre persone?Avete mai condiviso ogni situazione, mo-mento, evento con lei?La mia risposta a queste domande è semprela stessa, si. L’ultima avventura che ha coin-volto me e la mia amica “LADY” è statacercarle un abito, l’abito per il matrimoniodi suo fratello. Scorrendo per le strade, sci-volando in ogni negozio, vedendole provarei più svariati vestiti ho pensato ai lettori delmensile e in particolar modo a quelli dellamia rubrica (ai quali non smetterò mai dirinnovare l’invito ad interagire con me perla costruzione di quest’ultima e perché no disogni e aspettative). Mi sono detta … per-ché no? potrei dare loro dei consigli su cosaindossare ad una delle tante cerimonie allequali sicuramente con l’arrivo della bellastagione non potranno sottrarsi. Allora fa-cendo tesoro della mia recente esperienzasul campo vi dico che: il generico dettamedella moda propone quest’anno l’abitolungo al quale si affianca senza timore l’a-bito corto bon - ton, quello da bambolina delcarrillon per capirci. Il grande assente è l’a-bito longuette, insomma la primavera-estate2014 non approva le mezze misure! Dal ge-nerale al particolare … se la cerimonia chevi vedrà protagonisti si svolgerà in una so-leggiata mattina in un luogo in cui mare overdi e fioriti giardini ne saranno la cornice,scegliete abiti lunghi di lino, cotone o setacrespa con richiami alla natura quali delica-tissimi fiori di campo come l’abito propostoda Mauro Grifoni,decolté cipria con unampio scollo, pianelle o infradito di pelle,cotone e perché no, anche gioiello, stupendiquelli proposti da Patrizia Pepe, le scarpe.In base alla scelta della calzatura pochettedi vimini o pelle, purché abbiano una tramaad intreccio che vada a ricordare la più ru-stica rafia o maxi bag rigorosamente nellostesso tessuto del sandalo ossia pelle – pelle,cotone-cotone, le difficoltà in caso si pro-

penda per gli infradito gioiello si risolvonocosì, borsa di tessuto super colorata, inutiledire i colori devono essere quelli delle pie-tre, o borsa in pelle color cuoio con magariun foulard annodato che richiami i coloridelle gemme. Capelli sciolti, morbidi, riccio leggermente ondulati a ricordare le ro-mantiche gitane delle favole, monili esage-ratamente estrosi come le parure Ottavianioppure le sempre seducenti collanine d’orocon tanto di medaglia della nonna corredate

da piccoli cerchietti in oro con o senza pie-tre anch’essi della nonna. Quando invecescenario dell’evento è la fascinosa sera gliabiti romantici cedono il posto ai misteriosiquanto seducenti abiti a sirena con unalunga coda, collo alla latina e scollatura ver-tiginosa sulla schiena come quello propostoda Impero nelle nuance nero/oro, mono-spalla alla schiava con bustino stringato inpelle e una vaporosissima e leggera gonnala proposta in cipria di Mangano o per le piùfrizzanti come non proporre l’abito Carry diPinko un abito dipinto, con un plissè a fuocosulla gonna dalle forti contaminazioni orien-tali. Estrema semplicità per gli accessori a

Rubrichiamoci…A cura di Maria Pepe e Nunzia Gargano

bilanciare l’estro degli abiti che dovrannoessere portati a spasso da sandali vertiginosirigorosamente nude, mini e rigide le po-chette, raccolti in sexy e alti chignon i ca-pelli. Alle amanti del corto una sola parolaaffidatevi agli abitini della linea Red Valen-tino a ballerine o decolté altissimi, monoco-lore e ornati da vaporosi fiocchi, borsettepiccole e trapuntate come la sempre verdeChanel. Capelli sciolti o raccolti in stile anni‘60, piccole perline o punti luce alle orec-chie, bracciali rumorosi e coloratissimi alpolso completano il look da bambolina adat-tissimo per tutte le teenager. Questo quelloche ho capito da queste divertenti e freneti-che giornate di caccia all’abito non mi restanient’altro che dirvi … Divertitevi ma con“buon gusto”…

DeliziandoPer questo numero abbiamo pensato di pub-blicare qualche ricetta da leccarsi i baffi.Buon appetito!!!

minestra alla “pignata”

Ingredienti per 4-6 persone

Pezzi ossati di carne di maiale1 kg di minestra (broccolo nero)mascuotto (pane biscottato)scarola (se gradita)2 cucchiai di olio extravergine di olivasale q.b.peperoncino q.b.

Bollite la carne in abbondante acqua e scola-tela. In una pentola capiente, versate l’acquadi cottura. Dopo averla filtrata con un colino,fate bollire l’acqua, aggiungete la minestra ealtre verdure (se sono gradite). Portate a cot-tura, unite la carne lessa privata delle ossacon sale e un pizzico di peperoncino. Conti-nuate la cottura per circa 10 minuti. Servite lapietanza con il mascuotto (pane biscotto).

Osteria “La Pignata”, via F. D’Amato, 58- Bracigliano

migliaccio dolce

Ingredienti

Per la semola

3 l di acqua1 cucchiaio di strutto1 pizzico di sale500 g di semola500 g di ricotta700 g di zucchero10 uova50 g di canditi2 fiale di fior d’arancio1 bustina di vaniglia

Per la pasta frolla

500 g di farina “00”3 uova200 g di strutto200 g di zuccherobuccia grattugiata di limone

Per la guarnizione

zucchero a velo

In una pentola, unite l’acqua, lo strutto, il salee la semola. Fate bollire e addensare. Quandola semola è cotta, raffreddate. Successiva-mente, unite la ricotta, lo zucchero, le uova, icanditi (che potete anche tritare), il fior d’a-rancio e la vaniglia. Impastate finché diventauna crema. Nel frattempo, preparate la pastafrolla con farina, uova, zucchero, strutto e buc-cia grattugiata di limone. Lavorate gli ingre-dienti. Quando il composto diventa uniforme,stendetelo e depositate la pasta frolla in una te-glia da forno unta leggermente di strutto. Ri-versate e livellate la crema preparata primasulla pasta frolla. Cuocete in forno a 180° per2 ore. Una volta pronto, guarnite con zucchero.

Ricetta di Maria Teresa Di Iorio

tortano con carciofi

Ingredienti per 4 persone

500 g di farina4 uova5 carciofi 1 cubetto di lievito di birra200 ml di latte100 g di burro250 g di mozzarella50 g di formaggio parmigiano reggianograttugiatoolio extravergine di olivauna manciata di salepepe q.b.

Mondate i carciofi, estraete i cuori e cuocetelicon olio, sale e prezzemolo. Nel frattempo,versate la farina a fontana su una spianatoia,unite il lievito e il burro sciolti precedente-mente nel latte, il sale, il pepe, il formaggioe 2 uova. Impastate fino a rendere il compo-sto omogeneo. In una teglia imburrata, sten-dete metà dell’impasto cospargendolo con icarciofi, i cubetti di mozzarella e le altre 2uova. Lasciate lievitare per 2-3 ore. Infine,infornate a 180° per 20-25 minuti.

Ricetta di Anna Pepe

pane con le olive

Ingredienti per 4 persone

500 g di farina 25 g di lievito di birra2 cucchiai di olio extravergine di oliva150 g di olivegherigli q.b.sale q.b.acqua q.b.

Mettete in una ciotola la farina, il sale e me-scolate. Fate un foro al centro della farina,aggiungete il lievito sbriciolato, l’olio, leolive denocciolate e, poca per volta, tuttal’acqua necessaria per ottenere un impastoelastico, ma abbastanza morbido. Mesco-late il tutto con un cucchiaio di legno fino aottenere una palla. In uno stampo rettango-lare rivestito di carta da forno, stendetel’impasto con le mani e lasciatelo lievitareper un’ora coperto da un canovaccio. Tra-sferite il composto in forno non ventilato a180° per 30 minuti.

Ricetta di Nunzia Pagano

A spasso con “LADY”

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Di Don Domenico D’Ambrosi(parroco della parrocchia Madonna

delle Grazie di Angri)

Sono rimasto sempre affascinato dalle virtùdi don Mario Vassalluzzo, che gli hannodato uno stile di vita da cui imparare.Mi ha colpito, innanzitutto, la sua passioneper la Chiesa, caratterizzata da un servizioattento e premuroso secondo l’insegna-mento di s. Paolo: “Cristo ha amato laChiesa e ha dato se stesso per essa”. Anchenella sua e con la sua calda voce esprimevaquesta profonda passione per essa.Mi ha colpito la sua fedeltà e obbedienza acolui che rappresentava la Chiesa dioce-sana, il Vescovo Mons. Gioacchino Illiano,e il successore, Mons. Giuseppe Giudice.Con il primo, ricordo la puntualità dellapresenza, la sapienza e la discrezione ma-nifestate in tanti momenti significativi.Mi ha colpito il suo amore per la cultura:per la storia innanzitutto. Lui che ha scrittodi tanti “testimoni” – come storia viventedella nostra Chiesa e del nostro agro – è di-ventato a sua volta testimone della gloria diDio. Lui, che ha redatto pagine e pagine distoria e di saggistica, è diventato un prota-gonista della nostra storia.Mi hanno colpito la modestia, il rispetto el’amorevolezza del suo comportamento so-prattutto in circostanze particolarmente cri-tiche.Mi ha colpito la sua attenzione per i gio-vani, perenne tesoro della Chiesa e della so-cietà in cammino verso un avveniremigliore: sintesi di valori autentici e impe-gno esistenziale.Mi ha colpito, infine, quell’esemplare equi-librio manifestato in ogni circostanza dellavita, che ci fa dire con s. Agostino: “Si-gnore, grazie per avercelo dato”.

Di Mons. Gioacchino Illiano(Vescovo emerito di Nocera e Sarno)

Di Don Mario Vassalluzzo si sono dettetante cose belle e buone, e se ne diranno an-cora!. Tutti dicono che è stato una vita degnadi essere vissuta, da “autentico sacerdote” euomo di Dio! Sia lode al Signore!Il ricordo, che io ne voglio testimoniare, èscritto nel cuore e nella rivista diocesana In-

sieme. Come si dice, “senza se” e “senzama”, Don Mario resta nella mia vita comeun uomo di Dio, con tutte le qualità specialiche ha manifestato a me e a quanti si sonoavvicinati alla sua vita di testimone del Si-gnore come uomo, cristiano, sacerdote,dotto, sapiente, scrittore forbito e intelli-gente, umile, generoso, affabile!... Se anche noi vivremo così, quando giunge-remo al tramonto della vita, all’alba dell’e-ternità, avremo la gioia ineffabile di sentircidire una cosa sola: “entra nella gioia del tuoSignore”… Questo vale! Non quello chedice la gente! Entra nel gaudio del tuo Signore, dice Gesùa Don Mario. Per chiudere, voglio ripetere quello che hodetto ai suoi funerali: “Don Mario, sei uncapolavoro della grazia di Dio; va’ in pacee che Dio ti accolga in Paradiso!”

Di Basilio Fimiani

già Preside Liceo Roccapiemonte

È per me particolarmente doloroso redigerequesto articolo, caro Direttore. Le parole nonbastano. Forse inciderebbe più di tutte la for-mula di una consapevolezza: è finita l’epocadi un gigante, e con tanti paladini della sotto-cultura non si vede quando potrà sorgere unanuova aurora di riscatto per Roccapiemonte.Ma il mio intento non è quello di alimentarepolemiche, non ho mai vissuto dell’amore peril presenzialismo e le questioni fini a se stesse.Il dolore per la scomparsa dell’uomo in cui Ve-rità e Bontà si fondevano mirabilmente per so-stanziarsi nelle parole della Fede e della Storia,avrà ad essere, da ora in poi, contrassegno in-delebile di un rispetto, che dovrà condurre mee tanti altri ad interrogarci oggi e nel prossimofuturo sulla figura di Don Mario e sulla suaparticolare capacità di essere stato pastoreumile ed incisivo, sereno ed operoso impren-ditore di Dio e comunicatore di valori, affin-ché lo scrutare i segni dei tempi ci aiuti acompiere la volontà del Signore. Don Mario è stato pontefice ed interprete nelsignificato letterale: pontefice, “pontifex” ècolui che rinnova continuamente il valore dellasua testimonianza “gettando ponti” tra gli uo-mini e Dio. Interprete, “interpres”, è colui i cuibuoni uffici sono necessari perché un oggettodi grande valore possa passare ad altri me-diante il pagamento del giusto prezzo. Egli hasaputo rinvenire e rintracciato nelle parole enei documenti del passato gli erratici sentieriattraverso i quali la Provvidenza si manifesta eli ha consegnati e tramandati ai suoi amati gio-

vani, nella sollecitudine tesa a dare un orien-tamento di civiltà e democrazia. Con saggezza,con la precisione delle ricerche d’archivio, conl’insegnare a tanti il metodo dello studio serioe rigoroso, ha invitato alla conservazione delleforme di un paese e a non dimenticare l’uomoche l’ha abitato perché, sono parole sue, “ilpaese è il luogo della memoria collettiva; lamemoria storica diventa, così, motivo non soloper discutere del presente, ma anche per anti-cipare le cose future”… Questo insegnamento riletto ora, alla fine delsuo pellegrinaggio terreno, esprime bene ilcentro della sua personalità, della sua testimo-nianza di vita, della sua azione pastorale, dellasua passione civile, dell’indomito tentativo direndere i giovani zelanti e prudenti protagoni-sti della società civile, additando loro il per-corso da seguire in libertà e coscienza. Il Papa emerito Benedetto XVI ha affermato«non esiste la nuda fede o la pura religione.

In termini concreti, quando la fede dice al-

l’uomo chi egli è e come deve incominciare ad

essere uomo, la fede crea cultura. La fede è

essa stessa cultura»È quindi in questo orizzonte che si vede l’im-portanza del lascito di Don Mario. Una vitache ha avuto come impegno esplicito quello difar emergere la questione del “senso” (signifi-cato e direzione di cammino) della vita attra-verso ciò che quotidianamente accade e di cuifacciamo esperienza.La sua produzione culturale e scientifica, vi-vificata da una capacità di scrittura facile e diimmediata accessibilità per i lettori di ogni

Di Domenico Giordano

Sindaco di Casal Velino

Uomo di nobile cuore e di grande cultura, ori-ginario di Casal Velino ma da decenni resi-dente a Roccapiemonte, ove ha esercitato ilsuo ministero pastorale, Mons. Don MarioVassalluzzo, è stato storico, giornalista e scrit-tore di innumerevoli testi, per lo più storici,che hanno trattato argomenti inerenti sia il Ci-lento, sua terra di origine, che l’Agro noce-rino-sarnese, sua terra di adozione. Per quanto mi è dato conoscere Mons. Vas-salluzzo è stato un’eccellente personalità digrande valore intellettuale e spirituale cheviene ricordata da tutta la comunità casalveli-nese per il suo profondo sapere, per la sua con-tinua disponibilità verso il prossimo e per ilsuo costante apostolato. Quello che, in particolare, mi ha sempre col-pito della sua persona è stata la capacità di in-teressare il pubblico affascinato dalla suaparola fluente ed, al tempo stesso, dotta e riccadi innumerevoli notizie, di dati storici e di ar-

guti commenti e, soprattutto, la sua capacitàdi trasmettere agli altri serenità e fiducia. I suoi scritti, dal linguaggio semplice ed es-senziale, rimangono patrimonio inestimabileper i suoi conterranei cilentani e non solo.L’affabilità, il suo modo di essere e il suo par-lare coinvolgente lo ha reso, a mio avviso,uno dei figli più illustri del Cilento e delle fi-gure più significative della Valle del Sarno. La grande passione per l’archivistica e la sto-ria lo ha portato a produrre numerosi saggi acarattere storico; quella per il giornalismo adivenire giornalista pubblicista, direttore delperiodico diocesano “Insieme”, nonché, comemi risulta, antesignano delle emittenti liberenegli anni settanta/ottanta sia nella Valle delSarno, con la Ralivas, sia nella sua Casal Ve-lino con la CRD dimostrando, così, di saperintuire la trasformazione profonda dei mezzidi comunicazione e del successivo impatto ditale trasformazione sull’intera società.Nella qualità di primo cittadino del Suo paesedi origine, mi sento, quindi, di concludere que-

5 Maggio 2014 - Anno V - N. 5

IN MEMORIA DI DON MARIO VASSALLUZZOSono rimasto attonito in quel tardo pomeriggio del 22 Marzo scorso, al-lorquando, nel contesto della presentazione del suo lavoro – Gli Apprezzidi Nocera –, il Prof. Fiorentino Di Nardo faceva riferimento al decesso diDon Mario Vassalluzzo.Il mio primo pensiero è stato quello del doveroso omaggio da rendere aDon Mario, alla sua memoria raccogliendo e pubblicando testimonianzedi persone particolarmente vicine al suo lavoro di uomo di cultura, senzadimenticare il sacerdote ed il suo Ufficio di vicario presso la diocesi diNocera-Sarno.Con Don Mario ho avuto una frequentazione molto laica. Rari sono statigli incontri, tutti coinvolgenti. Ricordo, a riguardo, gli approcci nella fasepreparatoria del “Premio Internazionale di Letteratura Religiosa” pressola sede vescovile di Nocera ed alcune visite, in estate, con particolarecoinvolgimento emotivo, a Casal Velino, presso la sua casa, autentico ce-

nacolo culturale. A tal proposito, cioè la casa cenacolo, invito a leggere parte del suo “Fo-

glio di Vita”.Gli sono grato perché la lettura di taluni suoi libri mi ha procurato, oltreal diletto dello spirito, un complessivo arricchimento culturale con la co-noscenza specifica di Personaggi, Fatti, Luoghi, Tradizioni, che rappre-sentano la storia di nostri territori, nei suoi aspetti, religiosi, artistici, civili.Dalle sue pagine non soltanto il vissuto di generazioni che si sono succe-dute, ma anche, se non soprattutto, alcuni suoi messaggi forti come nelcaso delle “Lettere a cuore aperto ai giovani di ieri e di oggi (1963-

1995)” raccolte nel volume “Carissimi” del 1995. Ed una di queste let-

tere ho scelto di pubblicare stante la sua evidente attualità. È del 1963.Interessa il mondo dell’informazione. Per attualizzarla basta aggiungerei termini correnti tipo web, blog, social network, face book, twitter. Assai

significativa la presentazione del libro curata dal Preside Basilio Fimiani.Così come ho ritenuto utile, per coloro che volessero conoscere la co-piosa produzione letteraria di Don Mario, pubblicare a pagina 8, il suo“Ritratto d’autore” a cura dello scrittore Pasquale Maffeo, tratto da “La

Rocca – Il Castello di Roccapiemonte” che Don Mario diede alle stampenel 1967; in mio possesso l’edizione del 2004.Ritengo che la memoria di Don Mario vada coltivata con iniziative ri-spondenti alla sua sensibilità. Sul retro il suo pensiero a riguardo.Ho sentito l’amico Dino Baldi, fondatore e direttore della storica testata“Cronache Cilentane”. Credo che assieme faremo qualcosa. Importante è che Don Mario possa continuare ad essere faro di luce, so-prattutto per i tempi che si annunziano sempre più grigi.

Gerardo De Prisco

Di p. Paolo Saturno

redentorista

Ripensando a don Mario Vassalluzzo, mi ri-tornano in mente con maggiore insistenza,tra fatti e persone, Mons. Vincenzo Tede-sco, don Basilio Rescigno, Suor Maria Lui-gia del Cuore di Gesù.Mons. Vincenzo Tedesco, ultimo VicarioGenerale di S.Ecc. Jolando Nuzzi, era uncaro amico e, per certi versi, parente. Si erainstaurato tra noi tre un bellissimo rapportodi amicizia basato su profonda stima. Fuproprio grazie a Mons. Tedesco che il miorapporto con don Mario Vassalluzzo di-venne da riverenziale amichevole. A lui donMario ha dedicato le pagine 297-299 delsuo libro Strettamente confidenziale.

Don Basilio Rescigno (1872-1953) era unsacerdote musicista di Roccapiemontemolto legato ai Benedettini di Cava, nellacui Badia aveva insegnato musica per di-versi anni. Tra gli allievi vi fu anche donMario Vassalluzzo, il quale poi gli dedicò lepagine 267-270 del citato libro. Don Basi-lio, insieme al poeta liguorino, p. VincenzoCarioti, aveva scritto nel 1932, per il bicen-tenario della nascita dei Redentoristi, unmonumentale oratorio su s. Alfonso L’atleta

del Signore. Poiché per la sua complessitàl’opera non era stata mai eseguita, pensai dicurarne un’edizione per concerto da inci-dere successivamente. Progetto rimasto an-cora nel pensiero!... Desideroso di saperequalcosa sull’autore, mi rivolsi a don Mario,il quale mi rimandò al menzionato suo me-daglione. Scrissi sul mensile Il Saggio uncorposo articolo citando, ovviamente, loscritto di don Mario, ma sviluppandonemolto di più l’aspetto musicale. Nel 2003,ricorrendo il 50° anniversario della morte didon Basilio, si organizzò a Roccapiemonteuna serata di studio, cui fummo invitati en-trambi come esperti di don Basilio. Gli in-terventi risultarono una gara di galanteria:mentre io citavo ed elogiavo don Mario perl’aspetto storico del suo scritto, lui facevaaltrettanto con me per il contesto musicale. La Serva di Dio, Suor Maria Luigia delCuore di Gesù, è la santa fondatrice delleSuore francescane di s. Antonio presenti aPagani nell’Istituto “Carminello ad Arco”, ein quello “Immacolata” di via Cesarano.Uno dei tanti interessanti libri scritti da donMario è Servire Cristo nei giovani - Suor

Maria Luigia del S. Cuore, al quale mi sonriferito talvolta per la stesura della Storia

dell’Istituto delle Suore Francescane di s.

Antonio. Anche dopo la sua scomparsa, rimaniamouniti nel nome della fede, dell’arte, dellastoria, della cultura.

Di Pasquale Palumbo

Medico già sindaco di Roccapiemonte

Don Mario se ne è andato in silenzio nel buiodella notte e però di rumore in vita ne ha fattotanto; ne sentiremo per sempre l’armonia.Impegno costante verso gli altri a risvegliarele coscienze, a proporre una nuova stagione, asmuovere il mondo assopito e riordinarlo nel-l’amore.Maestro di vita, storico, giornalista, sacerdote.Insomma testimone di spiritualità e di cultura.Ha sparso buon seme dal quale ha preso vita ilgermoglio fino a diventare pianta con radiciprofonde e tronco robusto.Ha rappresentato la Verità in ogni passo delsuo percorso sia con gli scritti sia con la pa-rola; ha reso il Vangelo credibile; ha indicato lastrada per la “Comunità degli uomini nuovi”.Diceva: “il Cristianesimo è innanzitutto vita ecome tale lo si comunica nel modo in cui si tra-smette la vita;….. non abbandonatevi alla pas-sività, alla lamentosità, inseguite, convinti,traguardi che competono a uomini di fede; perriuscire non occorre fare grandi cose, sono ne-cessari due mezzi a disposizione di tutti: co-raggio e umiltà nello spirito di Verità;……….stringetevi l’un l’altro e non vi sentirete solilungo la strada e se alla solitudine si accompa-gneranno diffidenza, disprezzo, gelosia, indif-ferenza dovete essere solidali più che mai inCristo il quale vi ripeterà come ieri agli apo-stoli: “nel mondo avrete afflizioni, ma abbiatefiducia; Io ho vinto il mondo…….”Ecco in tutto questo si racchiude Don Mario: ilsacerdote che non ha oscurato i doveri a favoredei diritti; con la testimonianza quotidiana, nondi facciata, ha accolto i suoi figli e riconosciutoa ciascuno la dignità.Ha invitato a testimoniare la fede nel comunevivere, ha creato le condizioni di un’attenzionemorale, capace di dare forza alla fragilitàumana infondendo l’ideale divino. È andatoincontro alla comunità e in essa ha vissuto pereducarla.Ha dato coraggio, ha amato la povertà, ha vissuto le ansie del suo gregge, ha costruito solidarietà.

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Due dati reggono e connotano la figura e l’o-pera di monsignor Mario Vassalluzzo (Casal-velino, 1930 - Roccapiemonte, 2014): lapercezione della realtà nei segni e nelle muta-zioni che ne definiscono il divenire, un’umiltàelettiva capace di rinunzia quanto ricca d’in-telligenza che perdona.Il presente storico è da lui recepito secondatoe fecondato come grembo dell’imperscruta-bile disegno divino, spendendo intero il ta-lento ricevuto e orientando le doti di coloroche lo circondano. Esiti e frutti del suo in-sonne lavoro si trovano diramati nei luoghi in

cui è vissuto, nelle coscienze che oggi ne te-stimoniano la lezione. Queste in breve le coor-dinate del laboratorio permanente: impiantod’una radio (Ralivas) che riprendeva e tra-smetteva in diretta i dibattiti del consiglio co-munale, le gare sportive, il commento dellacomunità; fondazione della Biblioteca SanGiovanni; educazione di ragazzi e giovani chea decine accettavano la chiamata, ascoltavanole ragioni, si sbracciavano nella collabora-zione; scrittura e messinscena di testi teatrali;istituzione su mia proposta del premio nazio-nale di poesia “Apudmontem” che nella giuria

Vassalluzzo, traccia per un ritrattodi Pasquale Maffeo

Una vita trascorsa lontano dalla terra natia,che comunque ha sempre portato nel cuore.La sua missione sacerdotale l’ha svolta nellaDiocesi di Nocera-Sarno. Era nato a Casalve-lino, nel Cilento, paese che fino a poco tempofa, pur trovandosi nel territorio della Diocesidi Vallo della Lucania, faceva parte dellaBadia Benedettina di Cava de’ Tirreni. E quiche don Mario Vassalluzzo aveva svolto i suoistudi da seminarista.Una volta sacerdote il Signore l’ha chiamato

in altri posti. E lui ha saputo svolgere il suocompito con grande abnegazione, facendosiamare da tutti, vescovi, sacerdoti, laici.Innamorato della sua terra d’origine aveva co-munque preso a cuore anche il paese dove eraparroco: Roccapiemonte. Appena gli impegniglielo consentivano tornava a Casalvelino.Quale storico e giornalista non tralasciava lasua terra natia, ricordiamo gli studi sui Ca-stelli, le Torri e i Borghi del Cilento. Ricevevail nostro periodico “Cronache Cilentane” con

Mons. Vassalluzzo è sempre rimasto legato al suo Cilento

di Dino Baldi*

Riflessioni e Testimonianze

Mons. Mario Vassalluzzo

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da “FoGlio di via

Così l’amico poeta e scrittore, Pasquale Maffeo, li-cenzia, in genere, le pubblicazioni il cui numero dipagine non oltrepassi le cento; questa fa eccezionealla regola perché di pagine ne conta 176. A Maffeo mi legano anni di fraterna amicizia, da luimanifestatami in mille modi, anche in versi benin-teso, come volle amabilmente fare nel Ferragostodel 1978 quando, ispirandosi dal terrazzo della miacasa materna posta sul mare in contrada Ringo oPiani di Casalvelino – dove era venuto in visita gra-dita, accompagnato dalla sua gentile signora Gianna– così magnificò la nostra plaga: “Viva è la terra in

un azzurro oceano riversa./Salpano i colli salpano

i paesi, grappoli d’occhi/dalle bianche case schiu-

dono le finestre nel mattino,/l’aria odora di mirto e

di pino.//Luccica il verde al fiato che l’abbaglia,

luccica/scaglia a scaglia il mare immobile nel

sonno/e pare dorma nella luce il vasto cuore del meriggio,/il lento andare dell’estate. Fin-

ché sera non sciolga/chiome d’ombra alla luna che innalza/nel sereno il corno d’oro della

balza.//Così il tuo giorno, amico, a questa loggia dove lieve/s’inalba anche il dolore, dove

al mio sogna/rideranno aurore d’innocenza, l’alta pace degli ulivi”1.

Ma con il Maffeo sono tanti i poeti e gli scrittori, famosi e meno famosi, che hanno scrittodella nostra zona o dei suoi abitanti. Di alcuni di essi, viventi e non, in segno di gratitudinee quale omaggio filiale al paese natale, ho voluto stampare, su mattonelle poi fissate sui muriesterni della casa, frasi, interi periodi o versi, con i quali gli stessi hanno decantato la vistadi questa plaga e dei suoi abitanti: da Giuseppe Ungaretti, il quale, trovandosi a Pioppi pressoil nobil uomo Antonio Pinto di Casalvelino nella primavera del 1932, descrisse così i Ci-lentani: “Ho fatto questa esperienza, anche avvicinando persone di umili condizioni: nonentrano nei fatti vostri; vi rivolgono di rado la parola, ma non perché timidi o privi d‘elo-quenza, ma perché assenti in propri pensieri. Ma basta che esprimiate un desiderio, ed ec-coli farsi a pezzi per accontentarvi: lo fanno per inclinazione a farsi benvolere, e mi pareormai civiltà assai rara. Terra ospitale, terra d’asilo!”2; ad Alberto Moravia che, nel 1959,scrisse di “un mare selvaggio come la terra che gli volge le spalle”3; a Carlo Traversi ilquale, nel 1962, chiosò: “Il vero volto del Cilento non è quello che mostrano le località co-stiere alla moda. La realtà del paese è documentata in modo molto più pertinente dai piccolicentri abitati dell’interno, dalle primitive costruzioni cui fu misurata persino la calcina permurare pietra con pietra, corrose dalle intemperie e torrefatte dal sole. Tra le straduzze con-torte, tra i muri sbrecciati, quella, che fu la dimora del signore del paese..., mostra il portalesormontato ancora dallo stemma gentilizio”4;…”

1 Questa lirica, riveduta e corretta dallo stesso autore, è entrata, con il titolo “In visita”, nella raccolta“Fabulario” (che comprende liriche scritte dal Maffeo tra il 1978 e il 1985), Edizioni Rari Nantes,Roma, 1986, con dedica a chi scrive, il quale rimane affezionato alla prima stesura sopra riportata,anche se la lirica edita è – a giudizio del Maffeo – tecnicamente più perfetta. 2 G. Ungaretti, Viaggio nel Mezzogiorno, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1995. Ungaretti, trovandosi a Velia e volendo recarsi a Palinuro, si era portato a Pioppi per noleggiare unaparanza a motore in secco, che era appunto del signor Antonio Pinto il quale, dopo aver offerto al Poetaun buon caffè, gliela mise gratuitamente a disposizione.3 Il mare di Sapri ne “Le Vie d’Italia”, T.C.I., 1959.4 Vita intima del Cilento in “L’Universo”, riv. dell’I.G.M, 1962.

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sorta, è vasta, circa cinquanta opere, nei terri-tori privilegiati della storiografia (spesso incornice monografica), della comunicazione at-traverso i mass media, dell’agiografia, dell’o-pera come Pastore e Vicario della Diocesi.Le prime opere sono dedicate alla sua terra: lacosta del Cilento e la costiera di Maratea(1969), i castelli, le torri ed i borghi della CostaCilentana (1969 e 1975), Agropoli ed Elea-Velia (1978 e 1986), per poi ritornare al Ci-lento, a Maratea e a Casalvelino (dal 1987 al2001). Il secondo gruppo riguarda Roccapie-monte, la terra dove ha svolto tanto impegnosacerdotale e culturale, con un’intenza attivitàgiornalistica (mai smessa) e televisiva. DonMario si sofferma sul castello di Roccapie-monte(1967), su Apudmontem nella Valle delSarno (1973 e 1980), sulla nuova toponoma-stica della cittadina (1997) e sul santuario oeremo di S. Maria di Loreto. Del terzo gruppo fanno parte tredici volumidedicati alla città di Nocera ed alla articolatapresenza di tante chiese ed Istituti religiosi. Sisegnalano, in particolare, La Chiesa di Nocera

e Sarno dalle origini ai giorni nostri (1985),

S. Prisco e Successori nella plurimillenaria

Chiesa Nocerina (1994) e R. AMMIRANTE,Stato della Chiesa e Diocesi di Nocera de’ Pa-

gani (1877), ristampata con un ricco apparatobibliografico e documentario, che testimoniaun grande fervore per il recupero e lo studiodei fondi archivistici nocerini, un amore a luiinfuso dagli archivisti benedettini di Cava.Degno di nota, tra gli altri, anche il volume de-dicato a La Madonna delle Galline ai raggi X

(1987). L’interesse di don Mario si è rivoltoinoltre al genere biografico e agiografico intesocioè a delineare con scrupolo e documenta-zione storie di personaggi nazionali o locali,per lo più beati o beate, che hanno operato nellaValle del Sarno. Ricordiamo le biografie diGaetano Angrisani, di don Fausto Mezza, dimons. Jolando Nuzzi, di don Enrico Smaldone,di mons. Nicola Pagano, vescovo in India, diTommaso M. Fusco, di Filomena GiovannaGenovese, di suor Maria Luigia del S. Cuore,del beato Alfonso M. Fusco. Attraverso lo stu-dio di queste figure Don Mario ci lascia impa-rare la grammatica della lingua con cui Dio ciparla, sollecitandoci a considerare quali siano iluoghi essenziali dell’umano in cui continua-mente si attua il Suo rapporto con noi.Varie opere sono anche dedicate al vescovoEmerito mons. Gioacchino Illiano, di cui ha rac-colto le lettere pastorali, le omelie ed altri scritti,

accompagnandone il ministero con fedeltà as-soluta ai suoi compiti e vigile dedizione.Un quinto ed ultimo gruppo di opere riguardala sua operosità giornalistica con volumi comeStrettamente Confidenziale I e II (1984-1998)e Carissimi, lettere ai giovani di ieri e di oggi(1990).Don Mario ci ha insegnato che tutto in noi e dinoi è comunicazione e che questo deriva dallascoperta profonda e vitale che tutto dell’uomoe tutti gli uomini sono interlocutori di Gesù,aperti alla comunicazione con Lui e con i fra-telli. Con la materna assistenza di Maria Im-macolata alla quale, specialmente negli ultimianni, Don Mario rivolgeva sentimenti di amoreincondizionato.La fede è un dono che ci raggiunge, ci inter-pella ed è offerto a tutti.Abbiamo il compito di essere “seme buono” nelcampo che è il mondo e di esserlo, in questiconvulsi tempi di cambiamento, nel quotidiano,dentro le dimensioni della comune ed elemen-tare esperienza umana che condividiamo contutti: gli affetti, il lavoro, il riposo.Il suo “fare storia” si è mostrato in grado di an-dare incontro all’umano attraverso opere capacidi “parlare”, di far riecheggiare la parola diGesù, ma anche con il desiderio di “dire” diGesù, del Suo evangelo, nel rispetto assolutodella coscienza e delle convinzioni di chi ha in-

contrato, uomini, donne, storici, laici impegnati,sacerdoti (di grandissima importanza sarebbe lavalorizzazione del suo epistolario privato e dellesue omelie!) portando nel cuore la convinzioneche la carità è la pietra d’angolo che giustifica esostiene l’ impegno della testimonianza.Con Don Mario tanti di noi sono cresciuti nellafamiliarità con la verità e con Cristo, l’unicocapace di corrispondere alle strutturali esi-genze del cuore dell’uomo. Immersi in una so-cietà come quella attuale, segnata dallaframmentazione, dove spesso regna l’antitesitra «io» e «noi», tra «privato» e «pubblico»,tra «libertà» e «appartenenza», ci ha insegnatola nostra vita è chiamata ad essere segno esi-stenzialmente eloquente. Saremo in grado dioperare la sequela di tanto insegnamento? Pur-troppo, oggi, la mia risposta non può che es-sere negativa. Cercheremo di far luce sempreed in ogni luogo sulla sua straordinaria figura,nella triste consapevolezza che in assenza divalidi lavoratori disposti a rivoltare le zolle,mettendo in discussione incrostazioni socialiche fossilizzano le nostre realtà relegandole econdannandole ad un vivere senza coscienzacivile (Don Mario ha fatto suoi gli ideali di rin-novamento del Concilio, di Don Milani, diDon Mazzolari), il suo insegnamento è desti-nato ad essere messe in terra arida.

Fimiani

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ste brevi note affermando che Mons.Vassal-luzzo ha lasciato, oltre all’incancellabile ri-cordo della sua persona, un’eredità morale,culturale e cristiana che rimane, oggi, perquanti lo hanno conosciuto, una testimonianzadi libertà di coscienza e di altruismo ed un pre-zioso patrimonio spirituale per l’intera comu-nità di Casal Velino che con la sua scomparsaè stata privata di uno dei suoi figli migliori.

Giordano

- segue da pag. 5 -

grande entusiasmo. Per lui costituiva un anellodi congiunzione con i luoghi dove era nato,ma anche un veicolo per rimanere a contattocon realtà e personaggi del Cilento.In una bellissima lettera, che pubblicammo inprima pagina, incoraggiava la nostra inizia-tiva, metteva in risalto la validità di offrire aicittadino uno strumento di cronaca e di dibat-tito, riconosceva la nostra imparzialità e l’im-pegno a favore del più debole.Queste cose, dette da un direttore del bollet-tino Diocesano e del periodico “In Cammino”,specie ora, dopo la sua dipartita, certamente cidanno la carica per continuare nel nostro im-pegno e offrire al lettore un foglio che spessevolte, come avveniva con don Mario Vassal-luzzo, avvicina i Cilentani che sono rimastinella loro terra con quelli che, per svariati mo-tivi, sono andati in altri luoghi. Certamente ilCilento non dimenticherà questo suo figlio cheha dedicato la vita al Signore e agli altri.

* direttore di “Cronache Cilentane”

Baldi

- segue da pag. 5 -

e nei vincitori annovera critici e poeti di primagrandezza, autori accreditati nel compositopanorama europeo; copiosa produzione discritti storici e letterari.Il secondo dato, l’umiltà segnata dal respiroevangelico, è la costante etica che incardina ipassi, tutti i passi, del sacerdos onnipresente infrontiera. Lo troviamo parroco a Roccapie-monte, insegnante di religione nella scuolamedia, fiduciario dei vescovi Jolando Nuzzi eGioacchino Illiano, Vicario generale nella dio-cesi di Nocera-Sarno, riordinatore e cataloga-tore del patrimonio artistico e librariodell’episcopio. Umiltà, giova precisare, ri-marcata dall’astenersi da qualsiasi polemica,inscritta nella certezza che la risposta agli uo-mini e alle cose degli uomini la fornisce Dionell’ora che sorprende i tralignanti.Ce n’è per tutti nella vicenda del credente cheoperava secondo la predica da lui stesso pro-nunciata dal gradino dell’altare. Tutti dunquegli dobbiamo qualcosa. Più di qualcosa. Anchei miscredenti, e sono tanti, che non lo sanno.

maffeo

- segue da pag. 5 -

Ecco il vero pastore; il suo credo: carità, fra-ternità, Verità.Si era formato nel glorioso monastero bene-dettino di Cava de’ Tirreni. Qui aveva raccoltosapienza e dedizione al lavoro. Testimonevivo e fecondo con i giovani, da lui definitigioia, corona e sostegno di tutta la sua vita sacerdotale.Scrisse una pagina lunga, unica, forse irripeti-bile per idee e progetti: azione cattolica,

Corsi di catechismo, Corsi di formazione

alla vita ed al matrimonio, Filodrammatica,

ribalta giovanile (giornale studentesco),

Caccia al tesoro, tornei nazionali di bi-

liardo, ralivas (radio libera valle del sarno),

televisione, premio poesia apudmontem.Una vera e propria rivoluzione che, in costantesollecitudine, mirava a far crescere la comu-nità rocchese.Ci formò.Prendemmo parte attiva nella società; por-tammo una ventata di freschezza, di novità, in-cidemmo nel tessuto sociale del nostro paese,diventammo punto di riferimento nell’Agro.Tutto ciò abbiamo vissuto a partire dagli anni‘60. In quel tempo si formarono le coscienze ditanti di noi che, oggi, illuminano i nostri pen-sieri e guidano le nostre azioni.Fu per noi una vera e propria primavera, checontinua.Per questo Don Mario vive con noi e in noi etramite noi, in quelli che verranno, vivrà neltempo.

palumbo

- segue da pag. 5 -

dalla lettera “la colpa a chi tocca *

Tertulliano ebbe ad affermare: «Verrà un giorno incui l’inchiostro degli scrittori varrà quanto il sanguedei martiri”. Quel giorno è il nostro. Con la differenza che, mentre il sangue dei martiriè stato sempre seme di espansione per il Cristiane-simo, l’inchiostro, oggi più che mai, è adoperato piùper avvelenare le anime e istillare nei cuori dei gio-vani e dei giovanissimi il culto della violenza sullaragione, anziché per educare. Per convincersi non bisogna andare in capo almondo, ma è sufficiente scorrere, anche rapida-mente soltanto, le cronache di qualsiasi quotidianoper leggere di delitti di ogni sorta, presentati, e quiè il veleno, con titoli e in una forma così attraentida non sfuggire all’attenzione di nessuno. Quantigiovani, soltanto per imitare certi «eroi del nostrosecolo», si macchiano le mani di «quel sangue che

non si lava mai». Princip, il giovane diciannovenne, che tanta parte ebbe nello scoppio della Prima GuerraMondiale, ai giudici dichiarò: «Fin da piccolo ho letto libri di odio e di rivolta e l’anarchiadiventò per me un’ardente passione che ho potuto finalmente soddisfare», e si riferiva al-l’assassinio di Sarajevo. La colpa della diffusione di stampa poco raccomandabile nelle nostre famiglie, nei nostripaesi e nelle nostre città, è di tutti e di ciascuno. È dei genitori soprattutto che, direttamenteo indirettamente, sono veicoli di male nelle loro famiglie, permettendo o tollerando che cir-coli tra i membri di esse stampa avvelenata. In questi ultimi tempi si è scatenata, e forse c’è stata dell’esagerazione anche in questo, unacampagna a vasto raggio contro i sofisticatori degli alimenti che servono per mantenerci invita. Ed è stato un bene. E allora coloro che sono responsabili perché non adoperano l’autorità, almeno con altrettantozelo, per eliminare la cocaina e l’oppio stampati, che da tanti punti di vista sono più nocivialla società delle stesse sostanze sofisticate? Queste possono uccidere il corpo, ma quelle distruggono ogni inizio di vita spirituale e am-mazzano l’anima, ma questo, per molti, è un discorso di altri tempi! Molta della stampa, dal fumetto al romanzo, carica com’è di brutalità, di vendetta e di vio-lenza, penetra nella fantasia ed insegna ad agire di conseguenza. S. Giovanni Bosco, l’educatore per eccellenza, diceva sempre: «Non c’è veleno peggioredelle letture cattive” e Pio XII, di s.m., già nel 1940, così si esprimeva: «Il pericolo delle cat-tive letture è, sotto alcuni aspetti, più funesto che quello stesso delle cattive compagnie, per-ché sa rendersi più proditoriamente familiare. Quanti giovani, soli nella loro camera colpiccolo libro in voga, si lasciano dire da esso crudamente cose che non permetterebbero adaltri di mormorare in loro presenza, o si lasciano descrivere delle scene di cui non vorreb-bero per nessuna cosa al mondo essere attori o vittime». Il problema quindi esiste. E non basta porre la mano sulla piaga. Bisogna passare all’azione.Di fronte a un problema così scottante non è sufficiente la mera proibizione, ma occorrequalche motivo positivo: necessita opporre armi ad armi, e cioè che certa stampa venga so-stituita con quella sana e di vera ispirazione educativa. Non dimentichiamo che l’uomo è una canna pensante, che pensa ciò che legge. Se vogliamo, quindi, una società libera da compromessi e da legami immorali, dobbiamo es-sere noi cattolici a formare una diga granitica, capace di reggere agli urti dei marosi corrut-tori di anime. *1963

Ciò vale per lo storico come per l’individuo che devefare i conti con le scelte e le conseguenze dei compor-tamenti via via assunti. Ma, come ogni storia personaleinsegna, su tutto veglia l’insidia dell’oblio, e con l’o-blio l’azione del tempo, che rimuove, offusca e distorce.Ricordare allora è affermare che il tempo della nostravita si sottrae alla semplice categoria del Chrónos

(tempo cronologico) per assumere quella del Kairòs

(tempo di grazia). E per un sacerdote – qual è chi scrive– è riconoscere che Dio chiama ciascuno, con la voca-zione che gli è propria, ad essere collaboratore in primapersona nella storia della salvezza con tutte le défail-

lances della natura umana, sforzandosi di mettere afrutto i doni ricevuti. Per cui la memoria ha un signifi-cato non limitato a richiamare alla mente un fatto o tantifatti, ma implica il rendimento di grazie al Signore inobbedienza ai suoi disegni, oltre che costituire motivo diverifica nel cammino finora percorso sia sul piano

umano che su quello cristiano, spirituale e sacerdotale.Così vado riflettendo tra me e me in un assolato e venti-lato pomeriggio di agosto nella casa posta sulla collinadel Ringo in quel di Casalicchio. E alla fine la decisione:scrivere quel che è contenuto nel libro.“Io vi parlo – dirò con Giovanni Mosca – del tempo chevorremmo tornasse, ma è impossibile. Dei sogni, dellesperanze che avevamo nel cuore, della nostra innocenza;delle lucciole che credevamo stelle perché piccolo pic-colo era il nostro mondo, basso basso il nostro cielo. Viparlo delle stesse cose che voi ricordate, e se ve le sietescordate v’aiuto a ricordarle...”, senza alcun trionfalismoné autocompiacimento di sorta. E se tali aspelli farannocapolino in queste pagine, per l’abbondanza del cuore,ve ne chiedo anticipate scuse.

Confesso che è stato solo per dono del Signore se qual-cosa di buono sono riuscito a fare nella mia vita.

poesia di don mario dedicata al padre

nel 1993 presso la casa a Casalvelino

in località Ringo

Ricordi

Venendo qui, ogni anno, quando il sole entra

nel Leone, ti vedo, padre, disteso sulla sdraio

riposar all’ombra dell’olivo carezzato dalla

brezza, che muove dolcemente i tuoi capelli bianchi.

A tale visione io ritorno bambino: mi vedo, infatti,

chino a dir messa dinanzi al largo foro assurto

per me, a Tabernacolo: un foro praticato dagli

avi, per uso agricolo. nel ventre del plurisecolare

tronco. Associo, al momento, gli inizi del mio

itinerario sacerdotale nel quale, tu, padre,·– ora

con Dio-e tu. mamma, che trascorri -amorevolmente

seguita dalla sorella Lina -la tua quarta età

felicemente mi foste vicini, sempre e con amore

da I percorsi della memoria, editore italgrafica nocera inferiore 2005, pag. 9

di Don Mario Vassalluzzo

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7 Maggio 2014 - Anno V - N. 5

Il dirigente scolastico nell’ambito dellaSettima Rassegna Enogastronomica “an-

tonio Esposito FErraioli” ha pro-mosso i seguenti convegni che si sonotenuti presso l’Auditorium “Sant’Alfonso”di Pagani. Moderatore sarà il prof. Fioren-tino DI NARDO – Storico del territorio giàdocente IPSSEOA PAGANI

28/04/2014 ore 09,00

“dieta Eu-mEditErranEa,

intolleranze alimentari e celiachia

- l’arte dello star bene”

“Che l’alimento sia la tua medicina e la tua

medicina sia il tuo alimento” (Ippocrate)

ma gli alimenti possono diventare

anche veleno!

Il Convegno è stato il completamento delprogetto formativo “Norme per la gestionecomplessiva della ristorazione del clientecon intolleranza al glutine celiachia” so-stenuto anche dall’associazione ItalianaCeliachia Campania Onlus presso l’IPS-SEOA M. Pittoni - Pagani.Il convegno, aperto al pubblico, è stato ri-volto agli allievi dell’IPSSEOA e dellescuole in rete, alle famiglie e a tutto il per-sonale della scuola, ha avuto come obiet-tivo una maggiore conoscenza dell’artedello star bene attraverso il miglioramentodel proprio stile di vita osservando le lineeguida di una sana alimentazione alla basedella dieta mediterranea. Argomenti trattati: sovrappeso, obesità,anoressia, bulimia, intolleranze alimentaricon particolare riferimento alla celiachia,alla dieta “gluten - free” e alla normativavigente in materia di etichettatura degli ali-menti senza glutine, per formare, adegua-tamente e correttamente, gli operatori delsettore e stimolarne l’attenzione sulla pro-blematica onde garantire al consumatoreceliaco (intollerante al glutine) un’alimen-tazione sicura anche fuori casa e favorireil suo inserimento ottimale nella vita so-ciale e lavorativa.L’intolleranza alimentare è un fenomenoche negli ultimi anni si è ingigantito in ma-niera esponenziale: studi europei stimanouna percentuale di incidenza delle intolle-ranze intorno al 13% nei bambini e al 10%negli adulti. L’intolleranza può essere ilsintomo di una reazione dell’organismo acibi comuni e insospettabili, come latte elatticini, lieviti, grano in generale, glutine,che costituiscono uno stimolo tossico ca-pace di dare luogo a numerosi problemi.L’organo coinvolto in questo processo è inprimo luogo l’intestino, che recepisce al-cuni cibi come “tossici”, coinvolge il si-stema immunitario e scatena le reazioniinfiammatorie.Al convegno sono intervenuti: il Prof. Dott.Carlo MONTINARO preside dell’Univer-sità popolare Nuova Scuola Medica Saler-nitana, il dott. Angelo SCARPA, specialistain endocrinologia, la dott.ssa Maria TA-GLIAMONTE, psicologa e psicoterapeuta,il Dott. Basilio MALAMISURA , direttoredel Centro di riferimento Regionale Celia-chia e la Dott.ssa Teresa D’AMATO, se-gretario generale AIC Campania Onlus. Durante il convegno è stato trasmesso unfilmato, prodotto dagli alunni dell’istitutosotto la supervisione della prof.ssa LuciaSELLITTI docente IPSSEOA PAGANI especialista in Scienza dell’Alimentazione-Nutrizionista, dal titolo ”le linee Guida

di una sana alimentazione” Nella mattinata è stato possibile effettuare,gratuitamente, uno “Screening per la dia-gnosi della Celiachia” presso l’unità mo-bile presente all’esterno dell’Auditorium acura del Presidio Ospedaliero Santa Mariadell’Olmo di Cava de’ Tirreni.

29/04/2014 ore 09,00

“terra mia ieri, oggi e domani”

Convegno-manifestazione dedicato

al Territorio e alle sue tradizioni.

Il tema di quest’anno, è stato un viaggio a360 gradi nel passato, presente e futurodell’Agro Nocerino-Sarnese, mettendone

a fuoco le problematiche attuali ma anche alle potenzialitàfuture, senza mai dimenticare la ricchezza rappresentatadelle proprie radici.Ospiti della manifestazione, che ha visto esibire gli allievidell’IPSSEOA PAGANI, sono stati i Sindaci dei Comunidell’Agro e il direttore della BIMED Dott. Andrea IOVINO.La manifestazione, aperta al pubblico, è stata rivolta allescuole ospiti, agli allievi dell’Istituto e delle scuole in rete,alle loro famiglie e a tutto il personale docente e non docente.

30/04/2014 ore 09,00

“la storia è maestra di vita?

shoah e non solo”

Il Convegno ha rappresentato la conclusione di uno sti-molante Progetto, tenutosi presso l’Istituto, che ha vistocoinvolte le classi 2A, 2B, 2V, 3A, 3B e 5A in uno studioapprofondito e documentato dei genocidi che hanno mac-chiato il cammino dell’umanità.Partendo dalla Shoah, il progetto, ha voluto rappresentare

un viaggio nella memoria, una riflessione su alcuni deglieventi tragici della storia, per non dimenticare le vittime ditanta atrocità.Attraverso un video, di grande efficacia, gli allievi hanno vo-luto mostrare l’inferno del passato che ritorna nel presente:nel tentativo di recuperare i giusti insegnamenti della storia.Il convegno, aperto al pubblico, è stato un omaggio al co-raggio di chi ha combattuto per la dignità umana: segno disperanza e importante lezione per le nuove generazioni.Ospiti dell’evento: il senatore Gerardo DE PRISCO e il di-rettore della BIMED, Dott. Andrea IOVINO.

sEttimarassEGna

EnoGastronomiCa

Page 8: DECISIONISMO INQUIETANTE LA GRANDE EMOZIONE · 2014. 6. 8. · sembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi-sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca-pire

Prende il via, con questo numero, “Sanità e Territorio”, una nuova rubrica voluta dalgiornale, un appuntamento che vuole essere una finestra aperta sul mondo della sanità. Per orientare i nostri lettori in un mondo che sta attraversando una fase di profondetrasformazioni, che spesso disorientano il cittadino.“Sanità e territorio” si propone, quindi, di rendere un servizio utile, fornendo indica-zioni, informando correttamente i cittadini sul funzionamento delle strutture, sui ser-vizi erogati, sull’adozione di corretti stili di vita, sulla promozione delle regole dibuona salute, sulla prevenzione delle patologie oggi principalmente diffuse.E per farlo si avvarrà di focus, approfondimenti, interviste a professionisti di primopiano, di dati e date. Sperando di fare cosa utile, oltre che gradita, ai nostri lettori.Quello sanitario è un ambito delicato, di primaria importanza, prezioso per la saluteed il benessere di ognuno di noi, ma di essa viene data un’informazione non semprecorretta, a volte incompleta, che privilegia sempre di più l’aspetto sensazionalistico,polemico, politico, tralasciando ciò che di buono si fa per i cittadini e per la difesadella loro integrità fisica e mentale. Specie in questo periodo altamente critico che il settore sta attraversando, fatto di chiu-sure di ospedali, di tagli di reparti e di strutture, di carenza di personale, di ristrettezzeeconomiche e riduzione degli stanziamenti. Qui le polemiche, le strumentalizzazionipolitiche, gli interessi di parte, i campanilismi, hanno preso il sopravvento sui fatti, leinformazioni, i dati, l’orientamento. Tutto quanto, in pratica, interessa al cittadino, perconoscere meglio la sanità del proprio territorio e poterne usufruire al meglio.“Sanità e Territorio” si propone, quindi, di fare insieme ai lettori un viaggio all’internodella sanità, fra i tanti reparti, i tanti professionisti validi e volenterosi, che pure esi-stono ma che faticano a trovare spazio in una perversa logica di informazione chespesso privilegia il singolo episodio di malasanità, trascurando quanti, ogni giorno efra tante difficoltà, continuano a fare il proprio dovere, garantendo ai cittadini un’as-sistenza che, al di la di quello che si dice, e con tutte le eccezioni che nessuno ha in-tenzione di disconoscere, rimane su standard di tutto rispetto.

Giuseppe Calabrese

88Maggio 2014 - Anno V - N. 5

sostienidistribuito gratuitamente

Bonifico su: C/C presso Monte dei Paschi di Siena, Filiale di Paganiintestato a Gerardo De PriscoIBAN: IT08P0103076311000001057589Causale: IL PENSIERO LIBERO

A fronte del contributo verrà rilasciata fattura o ricevuta. Sarà possibile sul sitowww.ilpensierolibero.it pubblicare attività professionali ed imprenditoriali. Gliinteressati potranno scrivere a: [email protected]

Contributi pervenuti nei mesi di Marzo/Aprile:- Sen. Mimmo Cozzolino Scafati euro 250,00- Ass. Musicale e Culturale S. Alfonso Pagani euro 50,00- Rag. Franco Fiano Angri euro 100,00- Dott. Nicola Cardillo Nocera Inferiore euro 200,00 - Dott. Gerardo Contaldo Pagani euro 100,00

Nel maggio 2013 la FED ha ricalibrato lasua azione monetaria, passando nei fattida una politica espansiva ad una politicarestrittiva.Questa decisione ha attivato il più clas-sico dei meccanismi di causa, azione edeffetto, per cui molte istituzioni finanzia-rie mondiali hanno dovuto necessaria-mente chiudere le posizioni di carry

trade, la pratica speculativa consistentenel contrarre prestiti a basso costo inUSA per comprare asset con buoni rendi-menti nei mercati emergenti.In fondo, questi istituti hanno agito condiligenza, come avrebbe fatto la più av-veduta delle massaie: se il denaro costeràdi più, i margini saranno bassi quindi me-glio chiudere i debiti. Se, da un lato, la mancata convenienzaper gli investitori esteri ha prodotto un ri-tiro di denaro sulle aree emergenti, dal-l’altro questi paesi nei prossimi annipaleseranno una crescita sostenibile chesarà alimentata dalla loro forza intrinseca.Questi paesi saranno infatti in grado di finanziare le proprie economie con unadomanda aggregata e non più alimentatada denaro a tempo, bensì da una spesareale, sostenuta dall’avvento di nuoviconsumatori. imparare dalla crisi: il ruolo delle ri-

serve valutarie

Molti paesi emergenti hanno tratto ungrande insegnamento dalla crisi che li tra-volse negli anni ‘90, costruendo dalleproprie ceneri una struttura economicacon fondamentali forti, aumentando inmaniera considerevole le riserve valutariee tenendo il rapporto Debito/PIL a livellibassi. Le riserve valutarie mettono le banchecentrali in condizione di affermare la pro-

pria “forza” nel difendere le economieche rappresentano, salvaguardandole e at-traendo investitori. Inoltre, consentono dilimitare il tasso di volatilità degli scambiin relazione alle riserve di cui le banchedispongono, agendo da vero e proprio“navigatore” dei prezzi.

Maestri furono, in tal senso, i paesi delG7, i quali hanno costruito il proprio patrimonio industriale attraverso le ri-serve, per poter poi agire sulla bilanciacommerciale.Guida agli emergenti: come e dove

investire

Oggi i forzieri più importanti sono pre-senti nelle banche centrali di stati che ven-gono ancora etichettati come “emergenti”. L’annuncio del tapering ha creato unamappa che è rappresentata da paesi con fi-nanza pubblica in ordine (Cina, Corea delSud, Indonesia, Messico), e viceversa. Questi ultimi – rappresentati, tra gli altri,

da India, Brasile e Malesia – hanno av-viato piani di riforme strutturali cheavranno come risultato il ritorno allacompetitività su scala mondiale, con unaforza ancora più grande rispetto a quantomostrato nell’ultimo decennio.La correzione presente oggi nei corsi finanziari di queste aree rappresenta si-curamente un’opportunità di acquisto: al-l’interno di un portafoglio potremmoquindi riservare una quota pari al 10% deltotale, investita in obbligazioni hard cur-rency (“valuta forte”, tipicamente dollariamericani, ndr), visto che oltre ad averespread interessanti, la copertura del dol-laro rappresenta un buon paracadute, qua-lora si presentasse qualche scossa diassestamento.In conclusione, un’ultima considerazione

sul ruolo giocato dalle riserve valutarie,per cui comprare debito in valuta localedi uno stato che ha una finanza pubblicain ordine, un saldo commerciale positivo,e grossi accumuli di valuta estera – pensiamo al Won coreano, al Peso messi-cano e allo Yuan cinese – è sicuramenteun’azione da manuale di asset allocation.

*Personal Financial Banker

e-mail: [email protected]

tel. 081.5179474 fax 081.925126

cell. 328.1288640

A cura di Enzo Bove*

E li chiamano ancora Paesi Emergenti...

Fonte: IMF Statistics Department - COFER database

Sanità e territorio:una finestra sul mondo della sanità

Il tempo necessario per individuare i rela-

tori, i quali avrebbero dovuto rappresentare

le diverse scuole di pensiero, e le modalità

organizzative che avrebbero interessato due

forme di uditorio, l’uno costituito da stu-

denti, l’altro da adulti.

Il 2 Aprile muore il Papa. Il 3 Maggio in due

diverse sessioni, una presso il liceo B. Man-

gino nella mattinata e l’altra nel pomeriggio

presso l’Istituto delle Figlie della Carità del

Preziosissimo Sangue, a Pagani, il Vescovo

della diocesi Nocera-Sarno Monsignor

Gioacchino Illiano; il preside del liceo, prof.

Letterio De Gaetano; il segretario generale

del Premio Internazionale di Letteratura

Religiosa, il dottor Raffaele Aufiero; il prof.

Alfonso Tortora dell’Università di Salerno;

il prof. Giuseppe Cacciatore docente uni-

versitario; i proff. Giovanni Mangrella e

Luigi Torraca docenti universitari emeriti;

il prof. Luigi Rossi ordinario di Storia Con-

temporanea alla facoltà di Scienze Politiche

all’Università di Salerno; il prof. P. Paolo

Saturno docente al Conservatorio di Sa-

lerno e il sottoscritto, ciascuno con la pro-

pria sensibilità culturale, danno vita al

Convegno che è stato anche il modo più ori-

ginale per onorare la memoria di questo

Papa ad un mese dal suo ritorno alla Casa

del Padre. Oggi che viene beatificato, sento

il dovere di farlo conoscere a chi ancora

non era nato e a coloro i quali erano appena

ragazzini per far rivivere quel lontano 12

Novembre del 1990 che è una pagina della

storia locale, tra le luci della visita del Papa

e le nere nuvole del dopo terremoto pur ac-

compagnate dalla speranza…

Ma di questo saranno le altre pagine del

mensile a parlare, compreso l’apposito in-

serto. Da Memoria e Identità, data ancora

la sua strettissima attualità propongo la let-

tura a pag. 3 di alcuni capitoli.

la grande emozione

- segue da pag. 1 -

mario vassalluzzo è sacerdote, giornalista, attivissimo scrittore, storiografo, curatore di col-lane editoriali, ispiratore e anima di una fervida attività che aveva fatto nascere a Roccapie-monte, nel Salernitano, prima che nel 1989 fosse chiamato all’ufficio di Vicario Generaledella Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, un Centro di cultura intitolato a San Giovanni Bat-tista, una Biblioteca aperta a lettori di ogni estrazione, una Radio libera, subito affermatasiper temi di qualità di programmi, un’emittente televisiva. Dalla sua intelligenza venne anchel’istituzione del Premio Nazionale di Poesia Apudmontem, di cui mi onoro di presiedere laGiuria della prima edizione (1976). La scheda biografica informa che Mario Vassalluzzo è nato a Ca-salvelino; nel Cilento, il 12 agosto 1930; che ha compiuto gli studisotto la guida di severi maestri nel cenobio cavense; che fin dagliinizi, assolti i doveri della sua giornata di parroco, ha profuso eru-dizione e passione puntando nel concreto delle cose che contano:anche in letteratura, beninteso. Questa sua attività gli ha meritato ilPremio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel1974 e 1982, oltre a molti altri riconoscimenti. È socio di alcune ac-cademie e, dal 1995, Protonotario apostolico. Nel 2003 gli è statoconferito dal Comune di Roccapiemonte “il Castello d’Argento”nell’ambito del Premio Apudmontem. Come autore, Vassalluzzo esordì con un dramma, Verso la luce

(1963), portato sulle scene in alcuni centri della provincia e quindidato a stampa. Ma la lievitazione di più radicali interessi lo spinsepresto sulla via maestra della storiografia. In sette lustri, lavorandosodo e quasi correndo il rischio di vedere dispersi o trascurati i fruttidelle sue quotidiane (e un po’ alla macchia, un po’ si direbbe not-turne) indagini in edizioni uscite di straforo, è venuto pubblicandocon puntualità e decoro, alcuni agili informatissimi volumi che alpregio di una capacità di sintesi, senza in nulla essere riesumazionidi altrui fatiche, uniscono una singolare peculiarità: quella di pro-cedere per stacchi monografici, scegliendo e delimitando di volta in volta il campo d’inve-stigazione non solo per innesco di filoni elettivi (questi vi hanno una loro parte), ma colconcorso altresì di fortuiti incontri: la scoperta di un documento, la punta insinuante di unachiosa, magari l’ascolto dalla voce di un vecchio del racconto immaginario di noti episodidella storia salernitana a cavallo dei secoli diciannovesimo e ventesimo. Si sono così avuti, rapidamente scritti e rapidamente esauriti, fondamentali contributi allaconoscenza delle antiche e meno antiche vicende locali: Roccapiemonte nel secolo XIX

(1966); La Rocca - Il castello di Roccapiemonte (1967); Gaetano Angrisani nel Risorgi-

mento italiano (1970); Un grande maestro, Fausto Mezza (1970); L’Apudmontem nella valle

del Sarno (1972); Un santuario eremo (coautore G. Trezza) [1974]. Senza dire di altri duelibriccini, redatti con mano sicura nonostante l’intento divulgativo che li dettò: uno dedicatoa Elea - Velia (oggi rielaborato e aggiornato), l’altro ad Acropoli, entrambi del 1975. L’opera che per respiro e tenuta narrativa in certo senso si impone come la sua prova più va-

lida e persuasiva è senza dubbio “Castelli, torri e borghi della costa cilentana”, apparsa nel1969 e quindi, in una seconda riveduta edizione graficamente più elegante, nel 1975. Mo-nografia ancora una volta: di un genere che per competenza d’informazione, spesso debordanei limitrofi territori dell’arte, dell’archeologia, della religione, con apertura alla demogra-fia e insistite occhiate ai segreti delle strategie militari. Libro che spigliatamente confermacome l’autore, attento senza mai risultare minuzioso, coniugando verità d’intuizione con ve-rità di documento, sappia attraverso tappe fondamentali recuperare voci caratteri e immaginiche della realtà del Cilento, ed emblematicamente dell’intero Meridione, compongono un af-fresco generoso e crudo. Su questa linea Vassalluzzo ha seguitato a produrre una ricca serie di volumi: “Rocca Apud-

montem-feudo cavense” (1980); Strettamente confidenziale – Vent’anni per l’informazione,

con presentazione di Mons. Jolando Nuzzi vescovo di Nocera e diSarno (1984); Venticinque anni di episcopato, dedicato a Mons. Jo-lando Nuzzi (1985); La Chiesa di Nocera dei Pagani e Sarno

(1985); Novantanove punti fermi dell’insegnamento di Mons. Jo-

lando Nuzzi, in collaborazione con Lina Vassalluzzo e R. Ciancio(1986); un novantennio nel centenario delle Suore Crocifisse Ado-

ratrici dell’Eucarestia (1986); Cilento ad occhio nudo (1987); Ma-

ratea (1987); La Madonna delle Galline ai raggi X (1987); Ravello

(1988); Alba e tramonto nel giardino di don E. Smaldone, che inau-gura la collana “I nostri testimoni” (1989); Irrequieto per Cristo,

biografia del vescovo Mons. Nicola Pagano (1989); Una vita per la

Chiesa, biografia del vescovo Mons. Jolando Nuzzi (1989); Cam-

pania (1990); Profeta e testimone della Carità del Preziosissimo

Sangue, biografia di Tommaso M. Fusco (1990); Con Pietro, testi-

moni di carità, per la visita di Giovanni Paolo II a Nocera e a Pa-

gani, in collaborazione con G. Giordano, A. Pepe, G. Corrado ed E.Marrafino (1991); L’innamorata del Crocifisso, biografia delle servadi Dio Filomena Giovannina Genovese (1991); Il Santuario di S.

Maria dei Miracoli, ovvero Santa Maria a Monte di Nocera (1993);Tra cronaca e Storia, mappa dell’esperienza catechistica dellaChiesa nocerino-sarnese dal Concilio di Trento al Catechismo dellaChiesa Cattolica (1994); S. Prisco e Successori nella plurimillena-

ria Chiesa Nocerina (1994); Ut unum sint! -Ti guiderà sempre il Signore, 3 volumi per il de-cennale di S.E. Mons. Gioacchino Illiano, con indici di luoghi persone e cose a cura di RosaCiancio (1987); Servire Cristo nei giovani biografia di Suor Maria Luigia del Sacro Cuorefondatrice delle Suore Terziarie Francescane di S, Antonio ai Monti (1998). Sette degli undici volumi, apparsi dal 1988 ad oggi nella collana “I nostri testimoni”, recanola Presentazione di S.E. Mons. Gioacchino Illiano, che la ideò e dal principio la sostiene. Meritano menzione a parte la riedizione di Stato della Città e Diocesi di Nocera de’ Pagani,

di Raffaele Ammirante, prima parte, per la quale Vassalluzzo, aggiornandone la cronotassifino ai nostri giorni, ha redatto un corredo di note critiche e ragionate che risulta ben più no-tevole dell’esile testo riprodotto; Casalvelino: Storia di una chiesa storia di un paese (2001);

Provvidenza Provvedi, Vita ed opera del Beato Alfonso M. Fusco - fondatore delle Suore

Battistine (200l); La parrocchia di S. Michele Arcangelo in Nocera Superiore (2001); Il Se-

minario di Nocera Inferiore (2002).

RITRATTO D’AUTORE A cura dello scrittore Pasquale Maffeo

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Ho cercato e ricercato tra le pagine delgiornale l’articolo del caro direttore.

Come una nave che, entrando in porto,vede il faro al fine di seguire la giusta rotta,anche io ho cercato il mio faro in qualchearticolo di un “vecchio lupo di mare” con lasperanza di trovare risposta ai miei dubbi.Parliamone pure ma penso che ormai siatroppo tardi.La corsa ai saldi è in atto, tutti in affannocon la speranza di arrivare primi “all’o-biettivo comune”. Ma quale premio è inpalio? Quale terra promessa?Sinceramente non riesco a capire o forsefaccio finta di non capire mettendo ancheio due dita sul naso e una mano sugli occhiper non sentire il putrido odore degliavanzi e non vedere la corsa alle armi difanti che hanno abbandonato le vecchiebandiere e hanno esposto nuovi vessili sep-pellendo ideali e princìpi.Osservando tattiche di gioco e intrecciamorosi, più che una campagna elettoralesembra una campagna acquisti di calcio-mercato. Ho visto alcuni che hanno cambiato totalmente maglia, qualcuno ad-dirittura ha rinnegato le origini, altri hannorinnegato il loro leader senza nemmenoaspettare il gallo cantare.Questa è la politica, una versione rivisitatadel grande fratello, probabilmente consei/sette concorrenti pronti a sfidarsi al-l’ultimo sangue per fare il sindaco, e daitrecento/quattrocento soldati che - per ven-tiquattro posti a sedere in Consiglio comu-nale, come spartani, utilizzaranno comescudi promesse di aree verdi, posti di la-voro con i quali risolveranno i problemi didisoccupazione del meridione, aree indu-strializzate che nasceranno in ecoparchi etante altre frasi di effetto con la speranzadi poter annotare sul taccuino di gioco ilnome di chi gli darà la possibilità di sal-vare il paese.

E salviamolo questo paese! Ma da cosa?Da chi?C’è chi parla di poche migliaia di euro didebiti, chi invece parla di deficit pari al de-bito pubblico, chi ha soluzione a tutti i malie chi invece reputa che il paese abbia sceltoproprio lui per guidare il popolo verso laterra promessa. I soliti termini rimbalzano a più riprese intutte le piazze, circoli e bar: coraggio, ri-presa, rinnovamento ma nessuno parla diopportunità, potere e affari, termini cheforse sono più appropriati alla politica.Non mi spiego questo grande numero dicandidati, tanta gente che solo oggi ha de-ciso di uscire fuori dalla tana con i buonipropositi di dare una mano al paese, solooggi che “la bilancia” ha messo in condi-zione chi avrebbe già vinto di non parteci-pare. Non nascondo che anche io ho avutoproposte di candidatura ma che ho rifiutatoseccamente visto che ho servito, e conti-nuo a farlo, il cittadino da venti anni. Que-sto non vuol dire che mi siedo su unpulpito a giudicare ma vuol dire che forsela nostra città avrebbe avuto bisogno di ungoverno di salute pubblica fatto da chi ogginon ha nulla da chiedere, da chi, come unbuon padre di famiglia, avrebbe governatocon uno spirito di sacrificio tutto devoto alprogresso e alla garanzia dei servizi essen-ziali. Cari concorrenti le nomination sonovicine qualcuno vincera ai perdenti saràdato il compito di far opposizione chespero sia costruttiva e non legate a logichedi invidia e di mancata opportunità di ge-stire potere. Anche chi perde ha delle re-sponsabilità che sono quelle di esserecomunque un amministratore.Per quanto mi riguarda non posso far altroche citare il libro del maestro MarcelloD’Orta: “io... speriamo che me la cavo”.

Ldm

Elezioni a Pagani:in atto la corsa ai saldi

99 Maggio 2014 - Anno V - N. 5

Nel canto dei poeti è il “maggio odoroso”;nel rifiorire della primavera è il “mese

delle rose”; nella pietà cristiana è il “mese dellaMadonna”.Pagani su un territorio di 12,77 km² e 34,500abitanti, con otto parrocchie e diverse chiese,conta ben sei centri di culto alla Madonna, oltrea cappelline, edicole e strade a lei dedicate. A pieno diritto può chiamarsi “città mariana”.Durante tutto l’anno si pratica il culto alla Ver-gine, ma a maggio c’è un forte risveglio. Oltrealla celebrazione eucaristica e la recita quoti-diana del Rosario, in chiesa e a casa, si tengonocatechesi sul mistero della Madre di Cristo edella Chiesa, sulle grandi verità eterne, gli im-pegni di vita cristiana e le varie devozioni.Molto praticato e sentito anche dai giovani èil “fioretto” alla Madonna: qualche limita-zione nel cibo, nell’uso della tv, degli spetta-coli, del telefonino. Si rafforzano carattere eself-control.Ma analizziamo i vari “siti mariani”. A partireda nord verso sud il primo che si incontra è ilSantuario di S. Maria della Purità, costruitonel 1681 con annesso monastero, donato allesuore Carmelitane Scalze. Da tempo però que-ste religiose si sono trasferite altrove. La fac-ciata è barocca e l’altare maggiore è dominatodalla tela della “Madonna della Purità”, attri-buita alla scuola del Murillo. L’animazione delcomplesso religioso, del culto alla Vergine e alsanto Bambino di Praga è affidata alla PUACS.Molto conosciuto in tutto l’Agro, e oltre, è ilSantuario della Madonna delle Galline o del

Carmine. La costruzione risale agli inizi delsecolo XVII. L’altare maggiore (1776) è sor-montato da una tela della “Madonna Incoro-nata del Carmine”, attribuita ad Andrea daSalerno. Il cassonettato rappresenta vari mo-menti della vita della beata Vergine. L’omo-nima Arciconfraternita ne cura culto e festanell’ottava di Pasqua.Sempre lungo il Corso è ubicata la chiesa diMaria Ss. Addolorata. La facciata porta un af-fresco della “Pietà” e l’altare policromo unatela ottocentesca dell’Addolorata. Sono più dicento anni che l’(omonima) Arciconfraternita

è spiritualmente legata all’Ordine dei Servi diMaria. Nel 2003 Pagani è gemellata con Va-glia, città dove riposano i corpi dei sette SantiFondatori dell’Ordine.Altra chiesa importante per storia e culto ma-riano è la parrocchia (dal 1922) di S. Maria del

Carmine, parte di un convento fondato verso lafine del sec. XV. La tela (1774) dell’altaremaggiore raffigura la “Madonna del Carmine”che dona lo scapolare a s. Simone Stock. Lafesta si celebra in luglio e si promuove la piapratica dello scapolare, di cui era devotissimos. Alfonso.Nel nucleo storico della città sorge un altrocentro mariano, la chiesa di S. Maria delle

Grazie (meglio si direbbe “della Grazia” in-creata, Cristo, origine e causa di ogni altra gra-zia), detta originariamente “Cappella delMaio”. La costruzione risalirebbe agli inizi delsec. XVI. Quando nel 1738 s. Alfonso vennea Pagani, la prima chiesa che visitò fu proprioS. Maria delle Grazie, affascinato dalla statuadella Vergine. Dal 1922 è parrocchia e vi sipromuove culto e festa liturgica.Nel verde della fertile campagna paganese sitrova la chiesa Madonna di Fatima, assistitafin dagli inizi dai Missionari redentoristi. Neglianni sessanta è stata ristrutturata con le offertedei fedeli. È una parrocchia “giovane” maricca di animazione spirituale e culto alla Ver-gine. L’altare maggiore è dominato dalla statuadella “Madonna di Fatima” con i tre pastorelli.Col suo messaggio richiama alla penitenza ealla conversione. Il 13 maggio la comunitàvive un forte momento di aggregazione nellafesta liturgica e in una “sagra contadina” dicose buone e genuine.Guardando il grandioso complesso della Ba-

silica di S. Alfonso, si può notare sul frontaledella Congrega della Natività di Maria Ss.(prima chiesa officiata da s. Alfonso) un graf-fito della Madonna che schiude il manto aisuoi figli, infondendo a tutta la “sua città” fi-ducia e speranza, cantate così bene da s.Alfonso: “Sotto del tuo bel manto, /amata miaSignora, /vivere voglio, e ancora /spero mo-rire un dì”.

Maggio a Pagani, città mariana,città d’artedi Nìcola Scarano

Ha solo 20 anni, ma la sua forza e la sua ca-parbietà sono quelle dei veri numeri uno.

Stiamo parlando di , la sportiva italiana, cam-pionessa di salto in lungo. Parlare di lei, ormaipaganese, non è impresa facile. Perché questaragazza è invincibile non soltanto nella sua di-sciplina, ma anche nella vita. Attualmente, faparte del corpo dell’Aeronautica Militare, macontinua a studiare. Dopo il diploma conseguitopresso l’Istituto Tecnico Commerciale, si èiscritta alla facoltà di Lingue e Letterature stra-niere dell’Università di Salerno. Dariya è figlia d’arte perché mamma Oksana epapà Serghey sono bravissimi atleti e allenanola loro campionessa da quando era piccolissima.Sono stati da sempre i suoi motivatori colti-vando nel suo cuore la passione per una disci-plina basata su impegno e rettitudine. Questagiovane donna è davvero dinamica, è impegnataquotidianamente negli allenamenti e si dividetra la pista dello stadio San Francesco di NoceraInferiore e un centro sportivo romano. Però nonè semplicemente una sportiva e una studentessa.Infatti, una parte consistente del suo tempo èsempre dedicata alla promozione di progetti divolontariato. È la madrina dell’associazione“Autismo fuori dal silenzio”, presieduta daAlfonso D’Angelo. È stata lei a tagliare il na-stro d’inizio del progetto “Acqua e autismo” chedall’8 marzo scorso si svolge presso il centrosportivo “Olympia” di Nocera Inferiore. Nelfrattempo, tra volontariato, studio e sport nonperde mai di vista il prossimo obiettivo: un altrotitolo prestigioso da aggiungere a quelli già ot-tenuti. La sua concentrazione è ormai dedicataintegralmente alla prossima competizione: gliEuropei di Zurigo ai quali parteciperà nella na-zionale italiana di atletica.

Nunzia Gargano

Itoponimi, soprattutto nelle loro formedialettali e ufficiose, possono raccontarci

molto sulla storia del luogo in cui abitiamopoiché essi sopravvivono ai cambiamentidel tempo e giungono a noi quasi come unatestimonianza archeologica.Prendiamo ad esempio alcune denomina-zioni dialettali di strade, quartieri e fondiagricoli di Ascea (dove ho le mie radici), inparticolare di Ascea Capoluogo, il più an-tico nucleo del comune cilentano.Una stradina nota come arret’a la mura cidice che anche Ascea aveva la sua cintamuraria, ancora osservabile per un brevis-simo tratto.Del carattere un tempo più largamenteagricolo ci parlano toponimi come ’a villa,quartiere di recente urbanizzazione svi-luppatosi sul suolo di una ricca proprietàterriera (dal latino villam, “campagna,fondo”); ’a chiusa, termine che indicavaun fondo recintato (l’equivalente del clo-

sed field inglese) e che oggi è il nome diun quartiere in pieno centro; ’a civarra, al-tura dove si allevavano maiali o altri ani-mali (civà nel dialetto asceoto significa“imbeccare”).Un’area collinare di Ascea che scendeverso mare è detta purticiéddu perché lamemoria collettiva popolare ha tramandato,attraverso i secoli, la consapevolezza chequell’area insiste sull’insenatura dove sor-geva uno dei porti dell’antica Elea Velia.Il passaggio del primo cristianesimo è in-dicato da un toponimo, lauredda, che desi-gna un fondo agricolo fuori dal centroabitato dove verosimilmente si trovava unapiccola laura (dal bizantino λαύρα, “mo-nastero, chiostro”), ossia la chiesa in cui siriunivano i membri della comunità.Venendo alla storia più recente, ’u simafuru

è una località a ridosso di Punta del Tele-grafo che deve il nome a un edificio usatocome punto di osservazione militare nelcorso della Seconda Guerra Mondiale (e latorre saracena che caratterizza la scoglieradi Ascea Marina è detta Telegrafo perchéfu usata per rudimentali avvisi con telegrafiottici).

Spesso i luoghi ci parlano anche di chi li haabitati, chissà quando, attraverso toponimiche registrano nomi di persona, mestieri osoprannomi, come ’u pondi ri ’Ndisima, ’upondi ri ron Girolamu, ’u spiziali, calupié-

tru, prucìnu.L’ultimo toponimo di questa carrellata rac-conta la storia che preferisco. Un fondoagricolo che digrada verso mare è chiamato’i cordi poiché qui c’era una teleferica le cuicorde, appunto, trasportavano sacchi pienidi grano giù per la costa, fin quasi al livellodel mare dove, nei pressi di Fiumicello,modesto corso d’acqua tra Ascea e Pisciotta(Jumiciéddu in asceoto), era situato un mu-lino. Di quest’ultimo resta ancora il rudere,mentre ormai solo le generazioni più an-ziane ricordano la teleferica.Ma a ricordare per sempre alle nuove ge-nerazioni quello che fu ci penseranno que-sti toponimi dialettali che, anche attraversouna segnaletica che reca la doppia denomi-nazione (come ha già fatto il Comune diAscea), sono un patrimonio prezioso da cu-stodire e salvaguardare, come tanti monu-menti immateriali alla storia di un luogo.

La storia di un luogo attraverso isuoi toponimi

di Francesco Feola

Una numero uno

Dariya Derkach

Mimmo Padovano, dopo più di venti anni, ri-torna ad esporre nella sua Pagani.In questa mostra l’artista propone le opere didue cicli pittorici: “frammenti conoscenti” e“Cap 84016 coefficiente artistico perso-

nale”; nel primo sono presenti elementi for-mali caratteristici della poetica di Padovano:frammenti, fossili, cocci sono ora scolpiti o in-cisi, ora modellati e aggettanti dalla superficiedella materia che li accoglie o ingloba; il tuttoconcorre a delineare delle tavole di memoriasbiadita, a simboli e grafismi evocativi di me-morie perdute e sepolte nell’inconscio.Il secondo ciclo rimanda ai luoghi d’origine(sia fisici che mentali); in questi lavori il logoCAP 84016 è l’elemento formale preponde-rante nell’opera, il marchio e/o il rimando allasua configurazione costituisce il corpus cen-trale del lavoro. Il CAP 84016 è un codice tragli altri, un codice che indica sia il mittente cheil destinatario, la provenienza e la destinazione;il CAP da indicatore topografico puramenteoggettivo ad indicatore individuale: un codice

di denominazione personale.Tutte le opere sono caratterizzate dalla fortematerialità pittorica, dalla resa plastica e dallasimulazione dei materiali. Le superfici pittori-che si presentano come pezzi di terra, di mura,di roccia: fogli di pietra sui quali sono appun-tati i segni, le tracce, le impronte del nostropassaggio, del nostro agire, del nostro pensiero.nota biografica

Mimmo Padovano nasce a Pagani (SA) nel1968, dopo la maturità artistica ha completatogli studi presso l’Accademia di belle arti di Na-poli, corso di pittura; in seguito si è laureato insociologia, area dei fenomeni culturali e co-municativi. Ha partecipato a moltissime espo-sizioni, premi e concorsi in diverse cittàriscuotendo grandi consensi di critica e di pub-blico. Vive e lavora a Genova.

Antonella Ferraro

Page 10: DECISIONISMO INQUIETANTE LA GRANDE EMOZIONE · 2014. 6. 8. · sembra più un’arlecchinata che una realtà vera e dalla fi-sionomia chiara, nessuno lo sa. Nemmeno si riesce a ca-pire

1010Maggio 2014 - Anno V - N. 5

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Non rientro nella schiera delle personeche rimpiangono i valori di una volta.

Un ritornello stantio che si sente ripeterein qualsiasi occasione e circostanza, avolte a sproposito, anche da persone emi-nenti e colte. Mi sono sempre chiesto qualifossero questi valori che i nostri padri ave-vano e onoravano e oggi non ci sono più.Chi afferma queste cose, secondome, conosce poco la storia e vive diluoghi comuni. Tutte le generazioni,infatti, si sono rattristate per averperso i valori dei padri. Così via viagiungiamo ai primi uomini capacidi scrivere, e pure loro hanno scrittodel loro dispiacere e del loro rim-pianto per la perdita dei valori deiloro avi. Dando credito a quanto ri-portato dai nostri progenitori, tuttele generazioni successive ai primiuomini sarebbero state degenere,pronte a ripudiare quanto era statoloro insegnato dai padri. E quali eranoquesti alti valori, per tanti, irrimediabil-mente persi? Famiglia, rispetto per l’altro,uguaglianza, amicizia, pace, solo per ci-tarne alcuni. Questi valori pensate chesiano stati veramente onorati dai nostripadri e non da noi? Analizziamone qualcuno, cominciandodalla famiglia. Sono in tanti a dire che oggile famiglie si sfasciano molto più di prima,ma pochi si chiedono il perché, anche per

evitare di riflettere sulla condizione delladonna. Le famiglie si sfasciavano menoperché c’era una persona, la donna, chenon aveva nessun diritto. Il padre padronepoteva consentirsi tutto senza che nessunoavesse a recriminare, soprattutto le donnedi casa, moglie e figlie. Non dimenti-chiamo che a loro praticamente non era

consentito niente, nemmeno lamentarsi. Altempo dei valori dei padri, molte donne,nonostante le angherie e le botte, non la-sciavano la famiglia per non finire inmezzo a una strada o essere additate datutti come delle poco di buono. Fino apochi decenni fa, poi, la scuola per ledonne era un lusso di cui potevano fare ameno, tanto per quello che avrebbero do-vuto fare non era necessaria. Se ci fosserostati valori veri ai tempi dei nostri padri la

donna avrebbe avuto un’altra considera-zione, quella che da qualche decennio for-tunatamente ha guadagnato. Nessuno siazzarderebbe oggi a parlare male di unadonna che lascia il marito se picchiata,maltrattata o umiliata. Preferisco le donnelibere, quelle in grado di scegliere intima-mente come relazionarsi con i familiari, al-

l’ipocrisia della famiglia unita diuna volta. Oggi c’è anche un maggiore rispettoper i diversi, questo nessuno può di-sconoscerlo. Quando andavo allascuola elementare nomignoli sgra-devoli come lo scemo, lo zoppo, ilpazzo, il grassone, l’asino erano unritornello continuo contro poveri ra-gazzi lenti mentalmente o fisica-mente. Era un fatto normale ancheper gli adulti. Un modo di fare e didire che veniva da lontano, dai va-lori dei padri, quando il diverso era

un qualcosa da nascondere se non da sop-primere. Quante sofferenze hanno patitouomini e donne che non avevano nessunacolpa della loro condizione? Oggi c’è mag-giore rispetto per chi è diverso da noi, lovediamo quotidianamente a partire dallescuole fino agli ambienti di lavoro. Altro valore è l’uguaglianza. Questo va-lore però lo abbiamo scoperto da poco,perché i nostri padri non lo conoscevanoaffatto. Ricordo che la schiavitù è stata ri-

tenuta cosa normale, fino a qualche secolofa, anche dalla Chiesa. Con il commerciodegli schiavi si sono arricchiti anche moltiprelati del passato. Addirittura il grandepadre illuminista francese Voltaire, quellodi egalité, fraternité e liberté, commer-ciava in schiavi, raccomandando però ditrattarli bene. L’amicizia è un altro luogo comune. C’èpoco da dire su questo valore, da sempreonorato fino a quando non ci sono inte-ressi. Di esempi lontani e vicini ce ne sonotanti, basta un poco di buona volontà percercarli e ne sarete convinti. Infine, ancora un valore fra i tanti, la pace.Questo valore tanto auspicato dalle genti,tanto declamato dai poeti e tanto invocatodalle religioni è quello che maggiormenteci ricorda come siamo veramente fatti. Aparole cantiamo inni alla pace e chiudiamoil tempio di Giano, ma questo valore nonè stato, per tanti motivi, mai onorato.Quando parlo di pace, intendo qualsiasipace, da quella fra i popoli a quella delcondominio. Ci sarebbero ancora tante cose da dire suipresunti antichi valori. In ogni caso, sonoconvinto che i valori oggi sono più osser-vati che in passato. Almeno, c’è meno ipo-crisia. Anche sulla temuta derivarelativista dei valori potremo discuterne,ricordando però che anche il relativismonon è una novità.

Quello di Ipazia fu un femminicidio dimassa. La denudarono, le cavarono

gli occhi, la scorticarono viva con cocciaguzzi, la fecero a pezzi e sparsero per lacittà le sue carni e le bruciarono. Opera difanatici Cristiani, guidati dai monaci dettiparabolani, in Alessandria d’Egitto, capi-tale della cultura greca del tempo, il giornootto marzo del 415 d. C. Quello della data,coincidente con la festa della donna, è unamanipolazione moderna della notizia la-sciata da Socrate Scolastico, un cristianocoevo di Ipazia, avvocato alla Corte di Co-stantinopoli, che scrisse: “Accadde nelmese di marzo durante la quaresima, nelquarto anno dell’episcopato di Cirillo,sotto il decimo consolato di Onorio e ilsesto di Teodosio”. Il mito, che i secolihanno creato, ha fatto di Ipazia la primastrega vittima dell’Inquisizione, la proto-martire del libero pensiero, la filosofa piùapprezzata dell’antichità benchè nessunsuo scritto sia scampato al naufragio deltempo. Di lei si diceva che fosse bella, ari-stocratica, casta e sapiente. È certo che fufiglia del celebre matematico Teone, che isuoi allievi se ne innamoravano e che lei lirespingeva. Ed è certo che fu anche lei ma-tematica, ma pure astronoma e filosofaneoplatonica, come attestano le testimo-nianze del suo allievo Sinesio e del già ci-tato Scolastico. “Ottenne tali successi nellaletteratura e nella scienza da superare digran lunga tutti i filosofi del suo tempo...Per questo motivo accorrevano da lei daogni parte tutti coloro che desideravanopensare in modo filosofico”, scrisse Sco-lastico. “Ipazia divenne molto migliore delmaestro, particolarmente nell’astronomia,e finì per essere lei stessa maestra di moltinelle scienze matematiche”, precisò Filo-storgio – che forse ne ascoltò alcune le-zioni – nella sua Storia ecclesiatica.Damascio, filosofo neoplatonico del V se-colo, aggiunse che Ipazia “Fu di natura piùnobile del padre, non si accontentò del sa-pere che viene dalle scienze matematichealle quali lui l’aveva introdotta, ma nonsenza altezza d’animo si dedicò anche allealtre scienze filosofiche”. “Essendo per na-tura più dotata del padre, non si fermò agliinsegnamenti tecnico-matematici che luipraticava, ma si diede alla filosofia vera epropria, e con valore”, ribadì Suida, un in-tellettuale bizantino del X secolo. DenisDiderot nell’Encyclopédie scrisse di lei:“A nessuno la natura aveva mai concessoun’anima più elevata o un genio più felicedella figlia di Teone. L’educazione ne fece

un prodigio”, perché “convogliò i princìpifondamentali delle altre scienze” appresedal padre nella “conversazione e nellescuole dei celebri philosophes che fiori-vano allora ad Alessandria”.Forse il mito laico ha dilatato un po’ troppole motivazioni del suo atroce linciaggio,colorando da assassinio politico e daespressione del più radicale fondamentali-smo cristiano delle origini, quella che pro-babilmente fu la vendetta individuale di ungiovane vescovo, ambizioso e collerico,Cirillo di Alessandria. Ipazia, secondo lefonti antiche, esercitava, come i peripate-tici, l’insegnamento anche in pubblico, neigiardini e nelle strade: si rivolgeva, cioè, achiunque volesse ascoltarla. Era, il suo, uncomportamento pieno di audacia, quasi ungesto di sfida alle autorità religiose, in untempo, quello dell’ultimo decennio del IVsecolo d. C., in cui ad Alessandria il ve-scovo Teofilo aveva chiesto e ottenutodalla Corte imperiale l’ordine di demolirei templi dell’antica religione. L’obbiettivo era di distruggere la cultura

classica, alla quale anche Ipazia apparte-neva, e che lei, con le sue lezioni, sem-brava invece intenzionata a conservare eanzi diffondere, divulgare. Erano stati sal-vati solo i templi di Dionisio e quello diAugusto, il Cesareo, che Teofilo trasformòin chiese cristiane. Gli alessandrini fecerodura opposizione alla distruzione del tem-pio di Serapide, per la sua maestosità, perla bellezza delle opere d’arte che lo orna-vano e perché custodiva i “misteri” delloro culto. Giunsero ad occuparlo, ma fu-rono costretti a liberarlo per ordine del-l’Imperatore, e così il tempio divennepreda della furia iconoclasta dei cristianidi Teofilo. Quello di Ipazia era di sicurosoltanto un potere culturale, ma in quellecircostanze divenne anche un potere poli-tico. Scrisse infatti lo Scolastico: “Per lamagnifica libertà di parola e di azione chele veniva dalla sua cultura, accedeva inmodo assennato anche al cospetto dei capidella città e non era motivo di vergogna perlei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, acausa della sua straordinaria saggezza, tutti

la rispettavano profondamente e prova-vano verso di lei un timore reverenziale”.Aggiunse e chiarì poi Damascio: “I capi,ogni volta che si prendevano carico dellequestioni pubbliche, erano soliti recarsiprima da lei...”. Nel 412 successe a Teo-filo, il vescovo Cirillo, che prese a guidarela cosa pubblica oltre il limite consentitoalla sua carica. Ne conseguì che, tra il pre-fetto di Alessandria Oreste, di nomina im-periale, e il vescovo Cirillo, scoppiò unconflitto politico vero e proprio, che i so-stenitori del vescovo riuscirono a far pas-sare per lotta religiosa tra il paganesimo (altramonto) e il cristianesimo (in irresistibileascesa). Il conflitto tra il prefetto e il ve-scovo esplose quando il primo fece arre-stare e torturare tale Ierace, agitatorereligioso popolare, e quando Cirillo ri-spose bandendo da Alessandria la comu-nità ebraica, fin quasi a spopolare la città(così si dolse il prefetto). Oreste non potèreagire, però, perché il vescovo era sog-getto solo alla giustizia ecclesiatica. Ilcasus belli, per così dire, lo provocarono iparabolani, monaci cristiani, che costitui-vano una vera e propria polizia agli ordinidi Cirillo. In circa cinquecento uscironodai loro monasteri, tesero un agguato aOreste e lo provocarono, accusandolo dipaganesimo. A nulla valse la sua rispostadi essere stato battezzato dal vescovo At-tico, perché uno di quelli, di nome Ammo-nio, gli tirò una pietra che lo colpì allatesta. Ammonio fu fatto arrestare e messoai tormenti. Morì sotto tortura. Cirillo fecetraportare il cadavere in chiesa e ne parlòcome di martire cristiano, morto per nonrinnegare Cristo. Le cose non stavano inquei termini, ma Cirillo tali le rappresentòalla Corte imperiale. In questo clima carico di tensione maturòl’assassinio di Ipazia. Scrive, infatti, loScolastico: “Fu vittima della gelosia poli-tica che a quel tempo prevaleva. Ipaziaaveva avuto frequenti incontri con Oreste.Questo fatto fu interpretato calunniosa-mente dal popolino cristiano che pensòfosse lei a impedire a Oreste di riconciliarsicon il vescovo”. Era il mese di marzo del415, e ricorreva la quaresima. Un gruppo di cristiani “dall’animo surri-scaldato, guidati da un predicatore di nomePietro, si misero d’accordo e si apposta-rono per sorprendere la donna mentre fa-ceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro,la trascinarono fino alla chiesa che pren-deva il nome dal Cesario; qui, strappatalela veste, la uccisero usando dei cocci.

Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro amembro, trasportati i brandelli del suocorpo nel cosiddetto Cinerone, cancella-rono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo a Cirilloe alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi,lotte e azioni simili a queste sono del tuttoestranee a coloro che meditano le parole diCristo.” Il filosofo Damascio andò ad Ales-sandria intorno al 485, quando ancora“vivo e denso di affetto era il ricordo del-l’antica maestra nella mente e nelle paroledegli alessandrini”. Lì divenne caposcuoladella “Scuola di Atene”, e, cento anni dopola morte di Ipazia, scrisse la sua biografia,nella quale affermò la responsabilità di Ci-rillo nell’omicidio, più esplicitamente diquanto non avesse fatto Socrate Scolastico.Egli scrisse che il vescovo, vedendo lagran quantità di persone che frequentava lacasa di Ipazia, “si rose a tal punto nell’a-nima che tramò la sua uccisione, in modoche avvenisse il più presto possibile un’uc-cisione, che fu tra tutte la più empia”.Anche Damascio sottolinea l’atrocità del-l’omicidio con queste parole: “Una massaenorme di uomini brutali, veramente mal-vagi ... uccise la filosofa ... e mentre ancorarespirava appena, le cavarono gli occhi”.Sulla morte di Ipazia fu disposta un’in-chiesta da Elia Pulcheria, sorella del mi-norenne Teodosio, che era vicina alvescovo Cirillo, e perciò l’inchiesta fu pre-sto archiviata. Lo sostiene Damascio, cheparla di corruzione di funzionari imperiali.E lo sostiene Socrate Scolastico, che ac-cusa la Corte imperiale di corresponsabi-lità nella morte di Ipazia, per non essereintervenuta, nonostante le sollecitazionidel prefetto Oreste. Il colmo della vicendaè che il Vaticano, nel 1882, ha proclamatosanto e dottore della Chesa il vescovo Ci-rillo di Alessandria. (Bibliografia minima:Silvia Rochey, Ipazia, la vera storia, Mi-lano 2010).

* magistrato

I valori di una voltadi Alfredo Salucci

Portrait of Hypatia - 1908. Autore: Drawn

by Jules Maurice Gaspard (1862–1919)

Fonte: Elbert Hubbard, "Hypatia", in Lit-

tle Journeys to the Homes of Great Tea-

chers, v.23 #4, East Aurora, New York : The

Roycrofters, 1908 (375 p. 2 v. ports. 21 cm)

Ipazia: un femminicidio di massadi Antonio Cirillo*