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DOC.3 RELAZIONE AMBIENTALE REV.0 Trento: maggio 2006

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DOC.3 RELAZIONE AMBIENTALE

REV.0 Trento: maggio 2006

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1 INTRODUZIONE................................................................................... 1

2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO...................... 5

3 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE ............................. 8

4 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE............................... 12

ALLEGATO......................................................................................................................16 VALUTAZIONE DI INCIDENZA AMBIENTALE .....................................................17 LINEE GUIDA DI SETTORE ........................................................................................22

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1 INTRODUZIONE Le opere oggetto del presente studio interessano la valle del torrente Tasso, nella parte più meridionale del Monte Baldo, tra l’anfiteatro morenico del Garda e la dorsale secondaria che si affaccia sulla valle dell’Adige. Il territorio è morfologicamente vario, con rilevanti aspetti caratteristici delle colline di origine morenica e di pianura. Un tempo, la vallata di Caprino Veronese era coperta da un mare interno e, più tardi, da un lago prealpino alimentato dalle acque e dal ghiacciaio dell'Adige, che si indirizzavano verso il Garda. Quando l'erosione e la pressione delle acque e dei ghiacci aprirono un varco alla "Chiusa", tra gli attuali Ceraino e Gaium, l'Adige deviò il suo corso verso la pianura veronese ed i fianchi ed il fondale del lago intermorenico vennero ricoperti da una verde e fitta boscaglia. Il torrente Tasso nasce con un ramo secondario a sud di Spiazzi a 840 m di quota, mentre il ramo principale nasce a sud di Pravazzar, nel territorio di Ferrara di Monte Baldo, a circa 950 m di quota. Il ramo principale del Tasso accoglie a destra il torrente che scende dalla Val Salve Regina e le cui acque nascono dalla Fontana Rubiona a circa 1300 m di quota, ricevendo anche le acque di una parte della sorgente Bergola (864 m). Riceve poi a sinistra un piccolo tributario che nasce a sud-ovest del Dosso della Croce dalla sorgente Carane. Il Tasso procede quindi verso sud ricevendo dei modesti tributari fino al ponte Val della Scala, dopo il quale riceve il ramo minore che proviene da Spiazzi. Inizia qui la Val delle Grate che sbocca infine tra Porcino e Pazzon, mentre il torrente prosegue a sud-ovest per Platano. Qui confluisce da destra il Fosso Bergola che raccoglie le acque dell’omonima sorgente unitamente a quelle della Val delle Giare, percorrendo successivamente la Valsecca. Nell’ambito del settore di pianura, il Torrente Tasso riceve alcuni affluenti provenienti dai versanti del Monte Belpo, Lumini e del Monte Baldo meridionale le cui acque discontinue, unitamente a quelle provenienti dalla valle di Porcino, talora confluiscono impetuose nei settori centrali della valle con la tendenza a divagare in superficie prima di incanalarsi nel collettore principale. Infatti, la debole pendenza della “Piana del Tasso” fino alle Canove di Affi, rende difficoltosi i drenaggi superficiali che tendono ad espandersi lateralmente anziché concentrarsi nell’asta di deflusso diretta verso Ragano di Cavaion. Ricorrenti risultano gli episodi di tracimazione che hanno determinato l’inghiaiamento dei terreni coltivati e la sommersione di superfici antropiche occupate da edifici e da centri di produzione. Tra gli ultimi eventi più calamitosi sono da ricordare le alluvioni del 1966 e del 1992, in corrispondenza dei quali sono stati registrati afflussi meteorologici eccezionali. Il clima del bacino del Tasso varia a seconda dell’altezza: è tipicamente sub - mediterraneo - padano, con estati calde e inverni miti, nella fascia più bassa, ad un clima sempre più continentale man mano che la quota aumenta. Le estati risultano abbastanza siccitose, interrotte con una certa frequenza da temporali, e gli inverni sono per lunghi periodi asciutti. Autunno (ottobre) e primavera (aprile) sono le stagioni più piovose. La pianura del Torrente Tasso è caratterizzata da coltivazioni di cereali, vigneto, oliveto e prati da sfalcio, inframezzate dalla tipica vegetazione sub-mediterranea. Dai 300 ai 900 m di quota inizia la fascia dell’orno-ostrieto con boschi cedui misti di Carpino nero (Ostrya caprinifolia), Roverella (Quercus pubescens) e Frassino ornello (Fraxinus ornus). Su terreno acido e rivolto prevalentemente a settentrione, in particolare sopra i 400 m di quota, cresce anche il Castagno (Castanea sativa), mentre sono presenti un po’ ovunque alcune Roveri (Quercus petraia), anche di dimensioni consistenti, rari arbusti di Leccio (Quercus ilex), alcune piante di Tasso (Taxus baccata), alcuni Abeti rossi (Picea abies) e silvestri (Pinus

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sylvester). A questa specie si associa l’Acero campestre (Acer campestris), mentre nelle zone più umide, e in particolare lungo i torrenti, crescono bene il Pioppo (Populus alba, nigra e tremula), l’Ontano nero (Alnus glutinosa), il Salice (Salix alba), il Bagolaro (Celtis australis) ed il Sambuco (Sambucus nigra). I prati da sfalcio vengono generalmente concimati con stallatico e talora irrigati alle quote più basse. Sono sfalciati solitamente due volte l’anno in tarda primavera e alla fine dell’estate e il fieno che ne viene ricavato serve per l’alimentazione del bestiame durante l’inverno. Molti boschi si stanno lentamente evolvendo da cedui ad alto fusto perché non più tagliati periodicamente. Il sottobosco e le specie arbustive sono dati da individui di Nocciolo (Corylus avellana), dal Corniolo (Cornus mas), dal Biancospino (Crataegus monogyna) e dallo Scotano (Cotinus coggygria). Frequente nei terreni più aridi e specie pioniera sui prati - pascoli abbandonati è il Ginepro (Juniperus communis) e, sempre tra gli arbusti, sono presenti il maggiociondolo (Laburnum anagyroides), la Rosa selvatica (Rosa canina) e l’Albero di Giuda (Cercis siliquastrum). Vi sono poi il Ligustro (Ligustrum vulgare), il Viburno (Viburnum lantana) ed il Caprifoglio (Lonicera caprifolium). Da nominare sono anche la rampicante Edera (Hedera helix), che si arrampica alle altre piante assieme alla Clematide (Clematis vitalba) ed al Luppolo (Humulus lupulus). Numerosissimi sono inoltre i Pungitopo (Ruscus aculeatus), mentre abbastanza presente è la Ginestra (Cytisus scoparius). Si rinviene anche qualche pianta di Alloro (Laurus nobilis). Infine vi è lo strato erbaceo con innumerevoli erbe, più o meno appariscenti, diffuse soprattutto nelle aree meno fitte del sottobosco e nelle radure. Tra le principali ricordiamo le Graminacee (Sesleria, Festuca, ecc.), le Leguminose, le Composite, ma anche le Campanule, i Muscari (Muscari atlanticum), la Malva, la Salvia pratense, il Geranio sanguigno, le erbe precoci Anemone (Anemone nemorosa), Primula (Primula vulgaris), Erba trinità (Hepatica nobilis), Scilla (Scilla bifolca), il Dente di cane (Erythronium dens-canis), la Viola (Viola odorata), l’Euforbia (Euphorbia nicaensis), l’Erica (Erica carnea) e l’Elleboro (Helleborus foetidus). Da menzionare sono inoltre l’Acetosella (Oxalis acetosella), il Brugo (Calluna vulgaris), il Dittamo (Dictamnus germanica), l’Iris (Iris sibirica), l’Assenzio (Artemisia absinthium), il Verbasco (Verbascum thapsus) e, limitato all’anfiteatro morenico, il raro Asparago pungente (Asparagus acutifolius). Numerose sono poi le Felci, in particolare Cystopteris montana, Asplenium trichomanes, la grande Felce aquilina (Pteridium aquilinum), e le Orchidacee (una trentina di specie tra cui O. simia, O. morio, O. piramidalis, O. tridentata, Limodorum abortivum, Cephalanthera longifolia, Cypripedium calceolus e Dactylorhiza maculata), così come i muschi e i licheni. Per quanto riguarda la fauna, tra i mammiferi attuali si annoverano la Volpe (Vulpes vulpes), il Ghiro (Glis glis), lo Scoiattolo (Sciurus vulgaris), il Tasso (Meles meles), la Faina (Martes foina), la Martora (Martes martes), il Riccio (Erinaceus europaeus), la Talpa e la Lepre comune (Lepus europaeus), in gran parte di allevamento e rilasciata a scopo venatorio, i Pipistrelli e il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus). Tra l’avifauna si trovano il Fagiano (Phasianus colchicus), in parte d’allevamento e rilasciato anch’esso a scopo venatorio, il Fringuello (Fringilla coelebs), la Poiana (Buteo buteo), il Falco (Falco tinnunculus), la Cornacchia (Corvus corone), la Ghiandaia (Garrulus glandarius), il Cuculo (Cuculus canorus), la Civetta (Athene notula), l’Allocco (Strix aluco) e il Gugo (Asio otus). Frequenti sono anche Allodole, Cardellini e Lucherini, il Rondone (Apus apus), l’Upupa (Upupa epops), il Tordo (Turdus philomelos) e qualche Picchio verde (Picus viridis) e rosso maggiore (Picoides major). Cospicua è anche la presenza dell’Usignolo (Luscinia megarhinchos), del Pettirosso (Erithacus rubecula) e del Codirosso (Phoenicurus phoenicurus), ma anche del Merlo (Turdus merula), dell’Occhiocotto (Sylvia

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melanocephala), della Passera (Passer domesticus), dello Storno (Sturnus vulgaris), del Succiacapre (Caprimulgus europaeus) e del Verdone (Carduelis chloris). Tra la fauna minore vi sono rettili (Lucertole, Ramarri, Bisce. Colubri e Vipere), e frequenti sono anche gli anfibi Rana e Salamandra pezzata (Salamandra salamandra). Numerosi infine gli insetti Coleotteri, Cerambicidi e Carabidi, Ragni, Cavallette, e Grilli così come Lepidotteri, Imenotteri, Ditteri e Formiche; in estate è molto diffusa la Cicala (Lyristes plebejus) fino a 400 metri d’altezza. Un tempo erano presenti anche lupi ed orsi, estinti in tutto il monte Baldo nel XIX secolo. Gli interventi di mitigazione delle esondazioni del Tasso prevedono le seguenti opere: il completamento della depensilizzazione del Tasso nel tratto compreso fra la loc. Platano ed il ponte delle acque (intervento 1), la realizzazione di due casse di laminazione: la prima a monte di Caprino Veronese in località Acque (intervento 2, con una capacità di trattenimento di circa 150.000 m3), la seconda situata in località Montesei (intervento 3, con una capacità di invaso fino a 270.000 m3), e il completamento di un canale raccoglitore delle acque meteoriche realizzato a ovest della circonvallazione dell’abitato di Affi (intervento 4). In riferimento al secondo intervento, si propone di effettuare una variante alla previsione urbanistica presente nel P.R.G per poter dare sicurezza agli edifici esistenti nell’area esondabile e per utilizzare il rilevato stradale della nuova circonvallazione est di Caprino, come argine di un volume d’invaso sufficientemente utile a laminare il deflusso delle acque. Tale opera, unitamente alla depensilizzazione consente di per porre in sicurezza le aree edificate esistenti nelle aree esondabili.

La realizzazione delle casse di laminazione sfrutta la presenza di alcune zone adiacenti al corso d’acqua con quote naturalmente depresse. L’allagamento di tali zone avviene per effetto del rigurgito provocato dalla realizzazione, sul corso d’acqua, di alcune bocche tarate ed il contenimento delle acque di deflusso è garantito dall’innalzamento artificiale degli argini già esistenti. Questa analisi ha lo scopo di identificare gli effetti prodotti dagli interventi da un punto di vista ambientale e di assetto del territorio ed in particolare valutare gli effetti di carattere

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temporaneo e permanente. La corrente relazione si configura peraltro come un rapporto sull'inserimento ambientale degli interventi progettati ed è finalizzato ad un'analisi e ad una valutazione degli effetti sull'ambiente, diretti ed indiretti, immediati e differiti, indotti dalla realizzazione dell'opera. Il presente lavoro, per quanto riguarda effetti e variazioni dell'ambiente, seppure molto semplificato e di differente natura, si riferisce anche alle indicazioni ed agli indirizzi derivanti dall'attuale disciplina Nazionale e Regionale per la redazione delle analisi ambientali finalizzate alla valutazione degli effetti conseguenti alla realizzazione di un'opera, espressa in particolare nei D.P.C.M. dell'agosto e del dicembre 1988, dalla legge regionale del 26 marzo 1999, n.10 e dalla D.G.R. Veneto 11/05/1999 n.1624. In particolare in ottemperanza a quanto disposto dall'art 4, comma 5 lettera a) della L.R. 26 marzo 1999, n. 10, la Giunta Regionale con deliberazione 11 maggio 1999, n. 1624 ha provveduto a emanare specifiche tecniche ed i primi sussidi operativi alla elaborazione degli studi di impatto ambientale. Viste le particolari opere da realizzare si è fatto inoltre rimando alla deliberazione n. 2569 del 4 agosto 2000 avente ad oggetto le specifiche tecniche e i sussidi operativi alla elaborazione degli Studi di Impatto Ambientale per le opere di regolazione del corso dei fiumi e dei torrenti, canalizzazioni e interventi di bonifica ed altri simili destinati ad incidere sul regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale. L'organizzazione delle analisi - quindi - può essere vista in relazione alla individuazione dei tre quadri di riferimento di cui al D.P.C.M. del dicembre 1988, così come evidenziato anche dalle direttive regionali che indicano la necessità di una raccolta preliminare di informazioni articolata e finalizzata alla definizione del contesto: 1) programmatico; 2) progettuale; 3) ambientale.

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2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO In questa fase si cercano di individuare le relazioni esistenti tra il progetto generale di mitigazione per contenere i deflussi delle acque del Torrente e gli strumenti di pianificazione territoriale vigenti e quelli di programmazione previsti. Per la progettazione delle opere in questione non risulta necessario adeguarsi ad una precisa Valutazione di Impatto Ambientale, tuttavia risulta doveroso in questa sede effettuare uno studio di inquadramento atto a segnalare le caratteristiche del lavoro stesso. Le zone interessate dai lavori presentano particolari orientamenti di riferimento per la pianificazione e la progettazione di rilevanza ambientale; a questo proposito infatti il torrente Tasso ricade in ambito di vincolo paesaggistico ex legge 431/85 ora tit. 20 D.lgs.vo 490/99, come modificato dal D.lgs 42/2004, e quindi rappresentano aree caratterizzate da vincoli speciali, finalizzati alla conservazione della naturalità dei luoghi, e con rigidi divieti di alterare la morfologia dei suoli. Inoltre i Piani regolatori Comunali di Affi, di Rivoli Veronese, di Costernano e di Caprino Veronese identificano le zone interessate dagli interventi appartenenti al sistema di interesse ambientale, fasce di rispetto e zona di tutela dei corsi d’acqua. Tuttavia i progetti suindicati trattano di interventi di difesa idraulica e di miglioramento delle condizioni di deflusso delle acque, progettate e programmate da parte e per conto di organi competenti dello Stato e della Regione e che quindi non sono soggetti ai vincoli degli strumenti urbanistici vigenti che peraltro risultano fortemente vincolati dalle ultime determinazioni dell’Autorità di Bacino Nazionale dell’Adige che opera una individuazione e perimetrazione delle aree di pericolosità idraulica nell’ambito del bacino idrografico del Tasso, su quasi tutto il territorio di Affi, di Rivoli, di Costermano e di Caprino Veronese. Risulta pertanto essenziale e prioritario la realizzazione degli interventi in esame al fine di consentire la gestione del territorio da parte delle stesse Amministrazioni Comunali che a tutt’oggi registrano un incompatibilità tra la propria programmazione e quanto per legge sancito dal Piano Stralcio per la Tutela dal Rischio Idrogeologico. Il piano stralcio adottato ha infatti l’effetto di variante agli strumenti urbanistici adottati e in vigore. Inoltre si sottolinea che sono già stati effettuati interventi di spensilizzazione che incidono, con impatto analogo a quello in esame, sull'assetto ambientale e paesaggistico, nella zona compresa tra l’abitato di Affi e il ponte situato lungo la strada Albarè-Gazzoli ed a monte del centro di Gazzoli fino alla confluenza in Tasso del torrente Pesina. Attualmente sono in corso di realizzazione ulteriori interventi di depensilizzazione a valle dell’abitato di Caprino Veronese da Ponte delle Acque fino al tratto già depensilizzato. Tali interventi costituiscono il primo passo operativo verso la difesa e la valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque finalizzati non solo a far fronte alle problematiche idrogeologiche, ma anche a quelle ambientali. Per quanto concerne i lavori di depensilizzazaione già citati e in corso di realizzazione, il dirigente Regionale della Direzione per la tutela dell’Ambiente con provvedimento n. 62 del 18.05.2001 ha decretato il non assoggettamento del progetto alla procedura di V.I.A. di cui al capo III della L.R. 10/99. Nell’area di interesse, il Piano Territoriale Provinciale di Verona già prevede la realizzazione di un Piano degli Spazi Aperti riguardante il fiume Tasso (PSA scheda n. 11, vedi allegato). Tale piano prevede la valorizzazione della componente ambientale mediante la realizzazione dei seguenti obiettivi strutturali:

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qualificazione del corridoio biologico del fiume Tasso dal punto di vista storico e naturalistico; qualificazione funzionale e scenica delle aree commerciali di Affi; qualificazione funzionale e scenica delle aree produttive; individuazione di piste e percorsi ciclabili, itinerari naturalistici e storico didattici; individuazione di aree per lo sport e la ricreazione in collegamento con gli ambienti storici e naturalistici Il PTP individua quali risorse naturalistiche di connessione ambientale i boschi, i prati i pascoli, le aree con rocciosità affiorante ecc. Denomina tali ambiti corridoi biologici esistenti. Individua altresì i corridoi biologici di progetto principalmente lungo le aste fluviali nella loro estensione prevalentemente planiziale. Nello stesso PTP si prevede la realizzazione di collegamenti naturalistici, laddove possibile, mediante la formazione di corridoi biologici (ambiti ripariali e fluviali, zone umide, paleoalvei e ambiti di risorgive), che possano permettere il collegamento tra i biotopi esistenti e quelli in progetto e i siti di importanza comunitaria (SIC) con le zone di protezione speciale (ZPS) e i siti di interesse regionale (SIR). In accordo con quanto stabilito dalle convenzioni internazionali (Convenzione di Parigi per la conservazione degli uccelli; Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa; Convenzione di Bonn per la conservazione e la gestione delle specie migratorie; Convenzione delle Alpi per la conservazione degli ambienti alpini; Convenzione di Rio de Janeriro sulla biodieversità che tutela diversità biologica, regolamenta l’uso sostenibile delle risorse naturali e una giusta ed equa distribuzione dei benefici che ne deriva; Convenzione di Ramsar per la conservazione delle zone umide), il Consiglio delle Comunità Europee ha adottato il 21 maggio 1992 un’apposita direttiva con la quale viene costituita la rete ecologica Natura 2000, formata da ambiti territoriali in cui si trovano diversi tipi di habitat di specie di interesse comunitario. La direttiva prevede che gli Stati contribuiscano alla costruzione di Natura 2000 in funzione della presenza e rappresentatività sul proprio territorio di questi ambienti designando Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.). In attuazione della direttiva "Habitat", il Ministero dell’Ambiente ha avviato la realizzazione di un sistema informativo, su base prevalentemente naturalistica, relativo ai Siti di Importanza Comunitaria (SIC) rispondenti ai requisiti di Natura 2000. Con riferimento alla “Carta della Natura” prevista dalla legge quadro nazionale sulle aree protette, nell'ambito del Programma Bioitaly, sono stati censiti i siti di interesse nazionale e regionale. DEFINIZIONE Zone di Protezione Speciale (ZPS) Designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE, sono costituite da territori idonei per estensione e/o localizzazione geografica alla conservazione delle specie di uccelli di cui all'allegato I della direttiva citata, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. DEFINIZIONE Zone speciali di conservazione (ZSC) Designate ai sensi della direttiva 92/43/CEE, sono costituite da aree naturali, geograficamente definite e con superficie delimitata, che: contengono zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, naturali o seminaturali (habitat naturali) e che contribuiscono in modo significativo a conservare, o ripristinare, un tipo di habitat naturale o una specie della flora e della fauna selvatiche di cui all'allegato I e II della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche in uno stato soddisfacente a tutelare la diversità biologica nella regione paleartica mediante la protezione degli

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ambienti alpino, appenninico e mediterraneo; sono designate dallo Stato mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale e nelle quali siano applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui l'area naturale è designata. Tali aree vengono indicate come Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Il Piano Territoriale Provinciale individua diverse zone ad alta naturalità con caratteristiche e particolarità specifiche (Biotopi Provinciali di Progetto) localizzate sia in montagna che in collina e pianura. La maggior parte di queste zone sono già tutelate dal PTRC ed alcune di esse ricadono in ambiti già istituiti. Tali salvaguardie e tutele sono riconfermate dal Piano Territoriale Provinciale. Diverse di queste zone sono già state classificate dal programma Bioitaly della Regione Veneto/UE quali SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale) o SIR (Siti di Interesse Regionale) e costituiranno assieme ad altri biotopi individuati in Europa la cosiddetta “Rete Natura 2000” programma apposito per la protezione ambientale europea teso alla formazione della rete ecologica europea e finanziato attraverso diversi canali di finanziamento. Il Piano Territoriale Provinciale, con la finalità di formare la rete ecologica provinciale, ha integrato le indicazioni regionali e della UE relative alle zone naturali, identificando altri siti. L’insieme di questi siti forma l’insieme dei biotopi denominati nel Piano Territoriale Provinciale “biotopi provinciali di progetto” ovvero i cardini da cui si dirama la rete ecologica provinciale. La rete ecologica si sviluppa dalla montagna alla collina congiungendo i biotopi tra loro attraverso “corridoi biologici esistenti” che sono identificati dal Piano Territoriale Provinciale in: boschi prati pascoli scarpate rocciose ecc. Alle presenti considerazioni si allega inoltre la non incidenza ambientale per l’area interessata dai progetti (Vedi Allegato)

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3 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE La caratterizzazione degli elementi progettuali è finalizzata alla definizione delle potenziali criticità e dei problemi che possono essere connessi al progetto stesso. Questa fase si articola in: 1. individuazione delle alternative strategiche in gioco. L’entità dei lavori e la tipologia “comune” degli interventi è tale da non rendere necessaria l’analisi tra diverse alternative progettuali che differiscano in termini di tecniche costruttive e metodologie. La scelta è ricaduta infatti su tecnologie che garantiscano la realizzazione delle opere progettuali secondo il comune concetto di buona esecuzione. Inoltre la necessità di intervenire attraverso la sistemazione idraulica dell’alveo mediante depensilizzazione e soglie che consentano di ridurre la pendenza longitudinale e la realizzazione di casse di laminazione necessarie per contenere le portate di deflusso su valori compatibili con quelli veicolabili nell’attraversamento dell’abitato di Affi e nello scolmatore, individua univocamente le modalità realizzative indicate in progetto. 2. descrizione delle opere: localizzazione delle opere previste. La descrizione analitica delle caratteristiche progettuali è sviluppata negli elaborati specifici. E' opportuno sottolineare come in questa sede la caratterizzazione dell'opera sia da intendere soprattutto in relazione alla priorità ed alla possibile generazione di effetti significativi sull'ambiente e sul paesaggio. Gli interventi progettualmente previsti sono, in sostanza: Intervento 1: depensilizzazione dell’alveo del Tasso e correzione del profilo longitudinale con soglie fra la loc. Platano e la loc. Acque, analogamente a quanto previsto nell’intervento in corso di realizzazione fra la Loc Valdoneghe e la loc. Acque. La depensilizzazione consente di ridurre l’impatto visivo delle arginature pensili e recuperare all’alveo eventuali tracimazioni.

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Intervento 2: realizzazione di una cassa di laminazione nel Comune di Caprino Veronese, a monte della località Acque utilizzando il manufatto del rilevato della nuova strada per la circonvallazione Est dell’abitato, vedi figura seguente.

Il ponte per l’attraversamento del Tasso può essere realizzato come manufatto regolatore per calibrare il deflusso verso valle compatibile con portate veicolabili nelle sezioni dell’alveo. L’invaso che si verrebbe a formare per effetto del rigurgito provocato dal manufatto regolatore, contiene elementi a rischio costituiti da alcune abitazioni in località Boschi e da una azienda agrituristica recentemente edificata nei pressi del centro sportivo. Al fine di assicurare una adeguata protezione anche a questi edifici si propone di modificare la posizione del manufatto stradale traslandolo verso monte come illustrato nella seguente immagine.

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L’invaso che così si verrebbe a realizzare può garantire una maggior sicurezza idraulica per tutti gli edifici presenti nelle aree di pericolosità. Per la realizzazione della circonvallazione nella nuova configurazione proposta, è necessario adeguare la pianificazione comunale vigente. Intervento 3: realizzazione di una cassa di laminazione in località Montesei mediante l’innalzamento degli argini naturali e uno scarico a bocca tarata che consente di far defluire in alveo solo portate compatibili con i manufatti esistenti;

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Intervento 4: realizzazione di uno scolmatore di piena e collegamento al canale di gronda a est della circonvallazione dell’abitato di Affi; L’utilizzo dell’esistente canale di gronda aumenta considerevolmente la capacità di deflusso e pone in sicurezza l’abitato del centro storico

3. potenziali fonti d'impatto: produzione di interferenze dirette degli interventi sull'ambiente. In fase di realizzazione dei 4 interventi bisognerà tener conto dell’impatto derivante dal passaggio e dalla sosta dei veicoli pesanti che opereranno nel cantiere e del deposito di materiali vari che potrebbero provocare la compattazione degli strati superficiali del terreno, con conseguente formazione di croste dure e impermeabili che ostacolano la penetrazione e l’assorbimento non solo dell’acqua, ma anche dell’aria nel terreno e quindi sono causa di asfissia e siccità per gli apparati radicali delle piante e per il manto erboso. Inoltre il possibile spargimento di sostanze oleose da fusti di motore acuisce questo problema. Per ovviare a questi inconvenienti andranno prese le opportune precauzioni. Quando i cantieri andranno chiusi, si dovrà ripristinare, dove preesistente, la copertura vegetale, mediante piantagioni di specie idonee, previa sistemazione del terreno (scasso e aratura degli strati superficiali ecc…). Per ultimo, tali operazioni determinano effetti di alterazione della qualità locale dell'atmosfera, soprattutto a causa del sollevamento di polveri nell'area del cantiere stesso. Analogamente può risultare rilevante l'inquinamento acustico nell'area prossima ai cantiere, anche se bisogna sottolineare che il tratto soggetto all’intervento risulta scarsamente popolato, in quanto formato prevalentemente da terreni agricoli e rurali. Per quanto riguarda infine la presenza di fauna selvatica nella zona in esame, non si registrano presenze faunistiche stanziali particolarmente significative, pertanto le attività di cantiere appaiono sostanzialmente ininfluenti su tale componente. La sola presenza di avifauna, associate alla vegetazione e ai filari che marcano il paesaggio agrario, non dovrebbe risentire in misura significativa delle attività connesse agli interventi, a condizione che si presti accortezza ad evitare lo svolgimento dei lavori durante il periodo di nidificazione e cova delle specie aviarie.

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4 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE Il quadro di riferimento ambientale ha il fine di caratterizzare in modo sintetico ed efficace l'ambiente su cui insiste l'opera, con particolare riguardo verso le componenti dell'ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante o comunque ad una modificazione causata dall’intervento. Questa operazione viene svolta attraverso la rielaborazione dei dati raccolti sia in fase preliminare, sia nelle successive fasi di inquadramento e descrizione. I comparti ambientali suscettibili sono definiti e descritti in base alle criticità proprie dell'area di intervento, alle criticità proprie dell'area di interferenza (area vasta) e alle fonti di impatto emerse in fase di quadro progettuale (in conformità a quanto prescritto al punto 4.3.4 della D.G.R. V. n. 1042 del 13.04.99). L'obiettivo di questa fase consiste nella definizione di un quadro sintetico ed aggiornato dello stato ambientale di tutta l'area che può potenzialmente risentire degli effetti dovuti alla realizzazione delle opere. E’ possibile riassumere i contenuti dell'analisi ambientale tenendo in considerazione i temi di maggior interesse di seguito riportati: Atmosfera Ambiente idrico Suolo e sottosuolo Vegetazione, flora e fauna Salute pubblica Rumore e vibrazioni Paesaggio Per quanto riguarda gli impatti sull’atmosfera, intesa come stato di qualità dell'aria e delle condizioni meteoclimatiche, si consiglia di stabilire la compatibilità ambientale dell’intervento in relazione sia ad eventuali emissioni, anche da sorgenti mobili, sia ad altre eventuali cause di alterazioni delle condizioni naturali. Le eventuali prove ed analisi necessarie saranno svolte secondo i limiti e le modalità definite dalle normative vigenti. Tenuto conto che il rischio temuto è il deterioramento della qualità dell'aria, dovranno essere condotti i seguenti accertamenti specifici: formazione e dispersione di polveri, inquinamento da gas incombusti e fumi e impatto fonico. In fase di cantiere, si consiglia pertanto di limitare il quantitativo scaricato nelle zone più prossime alle abitazioni, provvedere a bagnare le aree di deposito più critiche, soprattutto in presenza di vento sfavorevole, limitare il traffico dei mezzi di trasporto e scegliere in maniera oculata gli orari di conduzione del cantiere presso le abitazioni più vicine all’intervento. In relazione all’ambiente idrico, si ritiene necessario stabilire la compatibilità ambientale, secondo la normativa vigente, delle variazioni quantitative (prelievi o scarichi) e qualitative (modificazioni fisiche chimiche e biologiche) indotte dall’intervento proposto. Si dovrà inoltre tener conto degli usi attuali e potenziali previsti e del mantenimento degli equilibri interni a ciascun corpo idrico, anche in rapporto alle altre componenti ambientali, per evitare le possibili modifiche delle caratteristiche quali - quantitative delle acque superficiali e profonde. A tal fine, si ritiene necessario attuare le usuali precauzioni nell'evitare lo spargimento degli oli o carburanti presenti per i mezzi nella zona di lavoro, costituita non solo dalla zona di scavo ma anche da quella di deposito.

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Nella caratterizzazione del suolo e del sottosuolo è rilevante l'individuazione delle modifiche che l'intervento proposto può causare sull'evoluzione dei processi geodinamici esogeni ed endogeni e la determinazione della compatibilità delle azioni progettuali con l'equilibrata utilizzazione delle risorse naturali. Durante l’intervento bisognerà mantenere le condizioni di stabilità degli argini, attenendosi alle modalità di progetto e alle indicazioni della relazione geologica allegata. Al fine di limitare l’accentuazione dei fenomeni erosivi, si consiglia di intervenire, a seguito dell’intervento, con opere di rinverdimento, stabilizzando il terreno sulla sponda del torrente con apposite essenze autoctone. La caratterizzazione dei livelli di qualità della vegetazione, della flora e della fauna presenti nel sistema ambientale interessato dall'opera é compiuta tramite lo studio della situazione presente e della prevedibile incidenza su di esse delle azioni progettuali, tenendo presenti i vincoli derivanti dalla normativa e il rispetto degli equilibri naturali. Andando ad intervenire in aree urbanizzate e intensamente coltivate, già povere di vegetazione naturale e di fauna stanziale, si ritiene che l’impatto delle opere non sia rilevante. Tuttavia, come indicato anche nell’ambito del PSA del torrente Tasso (scheda n. 12 in allegato) si consiglia di ripristinare e di mantenere ove possibile, la vegetazione ripariale autoctona lungo i tratti fluviali, al fine di ricreare i corridoi ecologici utilizzati dalla fauna per gli spostamenti e per la nidificazione.

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da cespugli, perché si è convinti

operazione riuscirà a ridare a quelle porzioni di

petenza del paesaggio agrario.

un determinato ambito

aunistiche, può

nti del paesaggio, come rogge, fossi e

ato che queste zone di vegetazione assumono un ruolo importante anche nel ontenimento dell’inquinamento chimico di origine diffusa veicolato al corso d’acqua dai

relazione al benessere ed alla salute umana, é necessario verificare la compatibilità delle

ificarne la compatibilità con gli standard sistenti, con gli equilibri naturali e la salute pubblica da salvaguardare e con lo svolgimento

estono

ità, in relazione al rischio statico degli argini stessi er mantenere contenuto l’impatto fonico durante l’arco della giornata, si suggerisce di

Si tratta di inserire in ambito agricolo alcuni elementi vegetazionali a disposizione lineare, più o meno continua, di regola inseriti tra differenti appezzamenti colturali o lungo i corsi d’acqua. Si consigliano interventi di piccole dimensioni; gli alberi che si andranno ad impiantare saranno abbastanza distanziati, eventualmente intercalati che non serva ricreare filari e siepi folti come in passato, ma si debba piuttosto puntare su una presenza arboreo-arbustiva diffusa, in modo da avere una buona dotazione arborea senza peraltro creare eccessive ingerenze con gli spazi coltivati. Se attuato adeguatamente, pur non comportando particolari sacrifici di terreno, intralcio ai mezzi meccanici od ombreggiamenti delle colture (si dovrà possibilmente tenere conto anche dell’orientamento rispetto al sole), talepaesaggio agrario “moderno” l’aspetto ideale di “campagna arborata”, recuperando non solo il profilo estetico, ma soprattutto il tradizionale valore ambientale che da sempre è stato pregio e comLa loro importanza ecologica può essere considerevole ai fini della biodiversità complessiva, soprattutto quando abbiamo un certo livello di diffusione suterritoriale. Il ruolo che possono svolgere è pertanto quello di costituire un connettivo diffuso, che si traduce in una serie di micro-corridoi e di piccole unità di habitat. Questo intervento risulta utile ai fini di un aumento delle presenze fmantenere ed incrementare le unità di collegamento dei residui lembi di vegetazione naturale, magari approfittando di elementi preesistestrade, lungo le quali è più facile sviluppare strisce di vegetazione naturale. Nei punti di “incrocio” di due o più appezzamenti sarebbe importante creare isole boscate (arboreo-arbustive) possibilmente collegate tra loro. È dimostrcterreni agricoli circostanti assumono inoltre funzione di abbattimento dell’inquinamento acustico. Inconseguenze dirette ed indirette delle opere e del loro esercizio con gli standard ed i criteri per la prevenzione dei rischi riguardanti la salute umana a breve, a medio e lungo periodo. La caratterizzazione della qualità dell'ambiente in relazione al rumore dovrà consentire di definire le modifiche introdotte dall'opera, veredelle attività antropiche nelle aree interessate. Per tale intervento le problematiche in questione interesseranno la sola fase di cantiere. Per quanto riguarda le vibrazioni, le problematiche di maggior interesse invl'eventuale disagio dovuto all’impatto fonico dei macchinari durante le operazioni di movimento terra indotto a coloro che abitano in prossimità delle zone di intervento e per coloro che ne percorrono la sommPprocedere con un programma di lavoro che limiti gli interventi più rumorosi durante le ore nevralgiche presso le abitazioni.

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culturali, bisognerà salvaguardare l’integrità dell’area attigua la torrente Tasso,

dell'intervento e le presumibili aree destinate alla cantierizzazione ed edifici o comunque manufatti di interesse storico, architettonico o testimoniale; pertanto non appaiono significative interferenze - in fase di costruzione - tra il sistema culturale e testimoniale e l'opera.

Nel mantenimento della qualità del paesaggio, inteso per i suoi aspetti storico-testimoniali, naturali esecondo le modalità definite al progetto esecutivo, e le normative vigenti in ambito di vincolo paesaggistico ex legge 431/85 ora tit. 20 D.lgs.vo 490/99, come modificato dal D.lgs 42/2004. Di fatto, lungo il tracciato del corso d’acqua che si snoda in un ambiente prettamente a carattere agricolo, non compaiono continuità fra i confini

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ALLEGATO

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VALUTAZIONE DI INCIDENZA AMBIENTALE

Premessa

La Valutazione di Incidenza Ambientale, introdotta come procedura di verifica in campo ambientale, si attua con lo scopo di valutare qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti. In applicazione alle normative Europee e Nazionali in tema di mantenimento degli habitat e di tutela delle specie (direttive C.E.E. 92/43 e 79-409, D.P.R. n. 357/97, D.G.R. n. 1662 del 22/6/2001 e D.G.R. n. 2803 del 04/10/2002 e D.G.R. 448 – 449 del 21.02.2003), la presente relazione riguarda la Valutazione di Incidenza Ambientale del progetto per la mitigazione delle esondazioni del Tasso, nei confronti del SIC e ZPS IT 3210041, denominato Monte Baldo Est, descritto più avanti. Prima di procedere oltre, è bene definire l’argomento di cui s’intende relazionare. I Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS), sono inseriti nel network denominato “Rete Natura 2000”, istituito ai sensi della Direttiva "Habitat" e della Direttiva "Uccelli". L’articolo 3 della direttiva Habitat prevede che la rete: “… formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell'allegato I e habitat delle specie di cui all'allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale”. La rete «Natura 2000» comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.” Inquadramento normativo

Lo Studio atto a valutare l’incidenza ambientale di un piano e/o di un progetto, è previsto dalla seguente normativa: DIRETTIVA 92/43/CEE DEL CONSIGLIO del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (c.d. Direttiva habitat). Nell’articolo 6 i commi che parlano della valutazione sono il 3 e il 4 e sono riportati integralmente di seguito. 3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4 (omesso), le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo

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aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica. 4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Di seguito si riporta anche l’articolo 7 della medesima Direttiva, poiché contiene un importante collegamento con la precedente Direttiva CEE 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (c.d. Direttiva uccelli), anch’essa importante per la definizione di siti di tutela. 7. Gli obblighi derivanti dall'articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall'articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore. DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (79/409/CEE) Si riporta il succitato comma 4 dell’articolo 4. 4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2 (omessi), l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo. D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357: "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche". Il Decreto riprende nella sostanza quanto contenuto nella direttiva Habitat. In particolare l’allegato G decreta i contenuti della relazione per la valutazione di incidenza ambientale di piani e progetti, che si riportano di seguito.

• Le caratteristiche dei piani e progetti debbono essere descritte con riferimento, in particolare:

a) alle tipologie delle azioni e/o opere; b) alle dimensioni e/o ambito di riferimento; c) alla complementarietà con altri piani e/o progetti; d) all’uso di risorse naturali; e) alla produzione di rifiuti; f) all’inquinamento e disturbi ambientali; g) al rischio d incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate.

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• Area vasta di influenza dei piani e/o dei progetti – interferenze con il sistema ambientale considerando:

a) componenti abiotiche b) componenti biotiche c) connessioni ecologiche.

Le interferenze devono tenere conto della qualità della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacità di carico dell’ambiente naturale, con riferimento minimo alla cartografia del progetto CORINE LAND COVER. La Regione Veneto ha normato l’argomento in oggetto con le seguenti delibere:

1) DGRV del 22 giugno 2001 n. 1662 contenente le disposizioni per l’applicazione della normativa comunitaria e statale relativa ai siti di importanza comunitaria, zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale.

2) DGRV del 4 ottobre 2002 n. 2803, Attuazione direttiva comunitaria 92/43/CEE e D.P.R. 357/1997.

Quest’ultima delibera contiene la “GUIDA METODOLOGICA PER LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA AI SENSI DELLA DIRETTIVA 92/43/CEE”, seguita nella redazione della presente relazione. Tutela e pianificazione delle risorse naturali

Si fa riferimento alle vigenti leggi e normative in tema di ambiente in genere ed in modo specifico ai seguenti provvedimenti:

1) D.M. 3 aprile 2000: "Elenco delle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE".

2) L. n° 431 del 08/08/1985: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.

3) L. R. n° 61 del 27/06/1985: Norme per l'assetto e l'uso del territorio. 4) DPR 203/1988: “Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e

85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, numero 183”.

5) Decreto Legislativo 29.10.1999, n. 490: “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di Beni Culturali e Ambientali”.

Indicazioni derivanti dagli strumenti urbanistici

1) Piano Territoriale Regionale di Coordinamento 2) Piano Territoriale Provinciale 3) Piani Regolatori Generali dei Comuni di Caprino Veronese e di Affi

.

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Valutazione di incidenza

La procedura di valutazione di incidenza può essere come di seguito schematizzata. Schema 1. Procedura di valutazione di incidenza. PP/I = Piani Progetti/Interventi Sito = Sito Natura 2000 Fonte: “La gestione dei siti Natura 2000. Guida all'interpretazione dell'art. 6 della dir. Habitat 92/43/CEE”; “Assessment of plans and projects significantly affecting Natura 2000 sites. Methodological guidance on the provisions of Article 6 (3) and (4) of the Habitats Directive 92/43/EEC”, EC, 11/2001.

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Secondo la “Guida metodologica per la valutazione di incidenza ai sensi della direttiva 92/43/CEE”, contenuta nella DGRV del 4 ottobre 2002 n. 2803, Attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE e D.P.R. 357/1997”, la valutazione d’incidenza ambientale si divide in due momenti strettamente connessi tra loro, poiché il primo è parte propedeutica del secondo: lo screening e la valutazione di incidenza vera e propria.

Screening

Fase 1 - La valutazione di incidenza non è considerata necessaria nei seguenti casi: a) il piano o progetto risulta direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, secondo finalità di conservazione; b) risultano improbabili effetti significativi sul sito Natura 2000. I professionisti che sottoscrivono il piano o progetto devono attestare, secondo le modalità della scheda illustrata nella fase 4, la necessità o meno di effettuare la valutazione di incidenza. Fase 2 Descrizione del piano o progetto. Fase 3 Valutazione della significatività degli impatti identificati nella fase precedente. Fase 4 Conclusione. Una volta che la matrice di screening è stata completata, la relazione relativa al piano o progetto in esame, conclude che: 1. oggettivamente non è probabile possano verificarsi effetti significativi su un sito Natura 2000, oppure 2. le informazioni acquisite attestano o suggeriscono che effetti significativi sono probabili o che non esistono sufficienti certezze riguardo all’adeguatezza della valutazione effettuata. Per i progetti in esame, la fase di screening può essere assimilata ai quadri di riferimento programmatico, progettuale ed ambientale sviluppati nell’ambito del presente lavoro, ed in cui è stato descritto il progetto di mitigazione delle piene del Tasso in relazione ai seguenti fattori: tipologia dell’intervento, ubicazione dell’intervento, fattori di rischio e in relazione con gli altri progetti proposti o attuati. Da quanto esposto sopra, emerge che l’opera progettata non arrecherà disturbo alla fauna residente, distruzione diretta di flora spontanea, danneggiamento indiretto di flora spontanea e sottrazione di territorio al SIC/ZPS Monte Baldo Est. Considerando le informazioni rilevate e le determinazioni assunte nel presente lavoro e nei suoi allegati, si ritiene che oggettivamente non è probabile possano verificarsi effetti significativi sul sito Natura 2000 (SIC/ZPS IT 3210041) denominato MONTE BALDO EST.

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LINEE GUIDA DI SETTORE

Le linee guida di settore elencate di seguito, si applicano nelle aree pericolose delimitate dal Piano Stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico (PAI) redatto dall’Autorità di bacino del fiume Adige, secondo quanto prescritto, nelle relative norme, all’art. 10, riportato di seguito: 1. Entro due anni dall'approvazione del presente piano l'Autorità di bacino dell'Adige delibera ed aggiorna d'intesa con la Regione del Veneto linee guida e indirizzi, da applicarsi nelle aree pericolose delimitate dal presente piano, in materia di:

a) riqualificazione e valorizzazione delle componenti ambientali e paesaggistiche nelle zone riparie;

b) esercizio delle attività agricole nelle diverse sottozone territoriali omogenee con speciale riguardo a vigneti, frutteti e seminativi di carattere intensivo o estensivo e relativi annessi rustici, impianti tecnologici e strutture di servizio, creazione di rilevati, siepi e alberature, sistemi di drenaggio, tecniche di assetto delle superfici coltivabili;

c) attività selvicolturali e gestione delle zone boscate sotto il profilo della sicurezza idraulica;

d) conduzione delle attività estrattive con speciale riguardo: 1) alle attività localizzate nei siti più vulnerabili; 2) all'estrazione di materiali litoidi dagli alvei e dalle zone golenali; 3) alle modalità di smaltimento e drenaggio delle acque superficiali nelle aree di coltivazione; 4) all'individuazione di condizioni e modalità per la cessazione, la riduzione o la stabilizzazione della produzione nelle aree di pericolosità idraulica molto elevata ed elevata nei casi in cui non si tratti di estrazioni necessarie per la messa in sicurezza delle aree, per il mantenimento ed il ripristino delle sezioni utili di deflusso, per la conservazione dell’efficienza delle opere idrauliche;

e) limitazioni all'impermeabilizzazione delle superfici dei terreni anche nella realizzazione degli interventi consentiti dal piano;

f) progettazione, realizzazione e manutenzione delle opere idrauliche, degli interventi di sistemazione dei corsi d'acqua, degli interventi di sistemazione idraulico-agraria; progettazione e organizzazione delle aree attrezzate di interesse collettivo destinate al tempo libero ed alle attività sportive in ambiti fluviali; verifiche periodiche sulla stabilità delle arginature; indagini e monitoraggi delle dinamiche dei rischi e dei pericoli idraulici nelle zone della foce dell'Adige; controlli nelle zone di subsidenza in relazione ai riflessi sulla sicurezza idraulica; riduzione del rischio a cui sono soggetti gli impianti di trattamento delle acque reflue e le operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti nelle aree a pericolosità maggiore.

Indirizzi ecologici. N. 1 Gestione dell’alveo (morfologia substrato, rettificazione). La qualità biologica può essere migliorata con le seguenti modalità:

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favorire la diversità dei substrati e in particolare aumentare la presenza di massi e ciottoli di grosse dimensioni, favorendo la formazione di piccole dighe (debri dams); aumentare la scabrosità del fiume con la formazione di piccole rapide, con conseguente formazione di pozze (alternanza di pool riffle); evitare ogni intervento di rettificazione del fiume, eliminando ogni spazio per la formazione di microhabitat naturali; N. 2 Individuazione di aree a pesca controllata. In queste aree è consentita solo la pesca con “mosca” che prevede di rigettare in acqua il pesce pescato. Si consente così di controllare, in parte, la presenza ittica, indicatrice dello “stato di salute” del fiume. Evitare di seminare la fauna ittica verificando solo approssimativamente lo stato di salute, la provenienza e la presenza di materiale alloctono. Non permettere gare di pesca che causino un danno alla vegetazione e contemplino l’uso di pastura e/o l’introduzione di “pronto pesca”. N. 3 Realizzazione di nuove aree riparie. Al fine di migliorare la qualità biologica dell’acqua e botanica delle rive, si consiglia di: incrementare la presenza di rive lievemente degradanti, tali da permettere lo sviluppo di una vegetazione riparia strutturalmente completa (a partire dalla vegetazione acquatica a quella terrestre); in questo modo si favorisce la formazione di una maggior quantità di microhabitat bagnati sulle rive e sui greti, aumentando i siti di ritenzione fisica e biologica, di sviluppo della vegetazione acquatica e incrostante, fornendo rifugio e nutrimento agli organismi acquatici; favorire lo sviluppo di una vegetazione riparia compatibile con il deflusso e il rallentamento della portata nei periodi di piena, utilizzando la piantumazione a “pennello”; questa tecnica consiste nel disporre le piante autoctone a una distanza tale da non impedire il deflusso delle acque e allo stesso tempo favorire il deposito del sedimento; migliorare la gestione delle aree riparie; asportando sempre dal sito la vegetazione potata, al fine di evitare che si verifichino delle situazioni anomale; limitare lo sviluppo di aree agricole, favorendo invece le aree boscate ripariali o le zone umide; Importante sottolineare che gli effetti dell’aumento di vegetazione riparia a monte, si riscontrano anche a valle, verso la foce. N. 4 Gestione delle aree riparie esistenti. Molto spesso lo spazio occupato dalla vegetazione riparia è molto limitato e, di conseguenza, lo sono anche le superfici di interscambio vegetazione/acque fluviali e vegetazione/falda e i fenomeni chimico-fisici e biologici ad esse connessi. Risultano penalizzate perciò sia le attività di captazione dei nutrienti e di incorporazione degli stessi in biomasse vegetali, sia l’effetto di filtro e decantazione delle acque, sia gli effetti di biodepurazione nei confronti di metalli pesanti, composti fenolici e inquinanti di vario tipo e di riduzione dei carichi batterici che i vegetali sono in grado di operare. Quindi, se possibile, bisogna aumentare lo spazio a disposizione della vegetazione; tale intervento comporta anche un miglioramento della qualità paesaggistica. La tutela delle fasce naturali ripariali, prende forma attraverso l’assoluto divieto di operare qualsivoglia intervento che non sia orientato in direzione della salvaguardia della naturalità; ad esempio, le aree fluviali naturali “aperte” non andrebbero canalizzate. Anche i greti esistenti sono oggetto di particolare attenzione; motivo per cui se ne prevede la

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conservazione. Una gestione controllata della vegetazione riparia sia arborea che arbustiva che erbacea deve favorire il deflusso della corrente (non la formazione di barriere), laminare le piene rallentando il deflusso, intrappolando i sedimenti e i nutrienti, creare habitat morfologici e biologici stabiliti con la dinamica delle portate. Inoltre, la vegetazione sfalciata, tagliata e asportata dal fiume favorisce il mantenimento della vegetazione allo stato vegetativo e il bioaccumulo e l’asporto di alte concentrazioni di nutrienti. La vegetazione erbacea va tagliata e asportata con periodici sfalci, altrimenti per evoluzione naturale tenderebbe ad essere sostituita da vegetazione nemorale. Tutte le piante potate, o parti di esse, devono essere asportate, e non lasciate sul luogo o in acqua. Quest’ultima azione porterebbe allo sviluppo di habitat morfologici e biologici di esistenza limitata mentre l’obiettivo è quello di crearne di più duraturi, per migliorare la vita biologica del fiume. N. 7 Gestione delle specie alloctone infestanti. Per evitare lo sviluppo delle specie esotiche infestanti quali la Robinia pseudoacacia, se ne sconsiglia il taglio, in quanto ne stimolerebbe ancor di più la capacità di riproduzione vegetativa; si consiglia invece la piantumazione di specie autoctone che, con il loro sviluppo, ne provocherebbero il soffocamento. N. 8 Gestione dell’irrigazione. Per aumentare la qualità filtro tampone delle rive, si consiglia di passare dall’irrigazione a scorrimento a quella a pioggia. N. 9 Gestione della vegetazione arborea e arbustiva presente. Gli elementi di particolare interesse naturalistico vanno salvaguardati, favorendone l’evoluzione naturale e aumentando gli spazi in cui estendersi. Vanno evitati i tagli eccessivi e ne va favorito lo sviluppo mediante impianti di specie autoctone, al fine di aumentarne la funzionalità e la complessità strutturale. N. 10 Realizzazione di zone umide. Le zone umide sono aree palustri, acquitrinose o morbose, o comunque specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata. Sono un elemento di eccezionale importanza ecologica, che attualmente è sempre meno riscontrabile a causa delle operazioni di drenaggio che vengono attuate allo scopo di recuperare spazi per l’agricoltura intensiva. La vegetazione acquatica è costituita essenzialmente da piante erbacee, dato che alberi e arbusti si dispongono marginalmente lungo una fascia ripariale. Si hanno essenzialmente due tipi di piante: le elofite e le idrofite. Le prime, radicate sul fondo, rimangono con la porzione basale quasi sempre sommersa, le seconde vivono completamente in acqua a volte anche senza essere radicate. N. 10 Gestione delle zone soggette a rischi di esondazione.

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Nell’impossibilità eliminare le coltivazioni da queste aree, si consiglia di favorire la qualità delle produzioni attraverso la riduzione dell’impiego dei fattori produttivi esterni tramite lotta integrata, per ridurre così la quantità di fertilizzanti che può essere veicolata al fiume con il ritiro dell’acqua. Le attività a fini turistici- ricreativi dovranno essere limitate a particolari periodi dell’anno. Naturalmente in queste dovrà essere prescritta l’inedificabilità assoluta. N. 11 Rinaturazione di corsi d’acqua minori.

In numerose realtà a livello internazionale si è presa coscienza degli inconvenienti sia di tipo ambientale che di tipo idraulico legati a passate scelte tecniche che hanno portato alla canalizzazione dei corsi d’acqua. Si deve invece favorire il più possibile lo sviluppo della vegetazione ripariale. Il corso d’acqua, con le sue fasce ripariali laterali, costituisce l’occasione per la formazione di un corridoio fluviale capace di garantire una continuità ecologica sul territorio. Per quanto riguarda la componente acquatica dell’ecosistema, è elevata anche la capacità di offrire nicchie ecologiche specializzate, tali da consentire lo sviluppo di comunità ittiche e bentoniche sufficientemente articolate. Di rilievo è la formazione delle fasce di transizione riparali, per il ruolo ecologico che possono offrire attraverso la formazione di habitat idonei a numerose specie di interesse scientifico e

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naturalistico della fauna acquicola e paracquicola e della vegetazione acquatica, palustre ed igrofila. L’obiettivo progettuale sarà la risistemazione dell’alveo mediante le seguenti azioni principali: impianti di ecocelle (sommerse, palustri e terrestri) al fine di innescare lo sviluppo ecosistemico desiderato per l’ambiente acquatico e di interfaccia; utilizzo di massi, pietrame, elementi prefabbricati, spazialmente distribuiti in modo da creare microhabitat acquatici; piantumazioni di vegetazioni arborea ed arbustiva autoctone nelle fasce esterne al fine di innescare lo sviluppo ecosistemico desiderato per l’ambiente terrestre. N. 12 Gestione delle escavazioni in alveo. Le escavazioni di ghiaia e sabbia sono da evitare in quanto comportano l’abbassamento dell’alveo, un maggiore drenaggio della falda, la distruzione della fauna iporreica, variazioni delle caratteristiche granulometriche e l’eventuale scalzamento di argini e pile di ponti. Si raccomanda pertanto di non concedere concessioni di escavazioni in alveo e sulle rive senza alcuna valutazione di impatto preventiva sulle caratteristiche granolometriche, sulle faune macrobentoniche e interstiziali, sulla funzionalità dei processi fisico-chimici e microbiologici, senza una adeguata conoscenza dell'alimentazione della falda ad opera delle acque superficiali o viceversa. Allo stesso modo, si suggerisce di non concedere la lavorazione e il deposito di inerti sulle rive. Qualora i lavori di escavazione in alveo e sulle rive risultassero indispensabili, si raccomanda di normarne le modalità, in modo tale che i lavori riducano o non determinino variazioni sulle caratteristiche granulometriche dei tratti posti a valle

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Indirizzi agricoli. N. 13 Favorire localizzazione di elementi di rete ecologica minore in aree a coltivazioni intensive (corridoi biologici).

più o meno continua, di regola inseriti tra differenti appezzamd’acqua. Si consigliano interventi di piccole dimesaranno abbastanza distanziati, eventualmente inche non serva ricreare filari e siepi folti come in passato, muna presenza arboreo-arbustiva diffusa, in mperaltro creare eccessive ingerenze con gli spazi coltivati. Se attuato adeguatamente, pur non comportando pamezzi meccanici od ombreggiamenti delle colture (si dovrà possibilmanche dell’orientamento rispetto al sole), tale paesaggio agrario “moderno” l’aspetto ideale di “camil profilo estetico, ma soprattutto il tradizionale

pregio e competenza del paesaggio agrario.

Si tratta di inserire in ambito agricolo alcuni elementi vegetazionali a disposizione lineare, enti colturali o lungo i corsi

nsioni; gli alberi che si andranno ad impiantare tercalati da cespugli, perché si è convinti

a si debba piuttosto puntare su odo da avere una buona dotazione arborea senza

rticolari sacrifici di terreno, intralcio ai ente tenere conto

operazione riuscirà a ridare a quelle porzioni di pagna arborata”, recuperando non solo

valore ambientale che da sempre è stato

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La loro importanza ecologica può essere considerevole ai fini della biodiversità complessiva, soprattutto quando abbiamo un certo livello di diffusione su un determinato ambito territoriale. Il ruolo che possono svolgere è pertanto quello di costituire un connettivo diffuso, che si traduce in una serie di micro-corridoi e di piccole unità di habitat. Questo intervento risulta utile ai fini di un aumento delle presenze faunistiche, può mantenere ed incrementare le unità di collegamento dei residui lembi di vegetazione naturale, magari approfittando di elementi preesistenti del paesaggio, come rogge, fossi e strade, lungo le quali è più facile sviluppare strisce di vegetazione naturale. Nei punti di “incrocio” di due o più appezzamenti sarebbe importante creare isole boscate (arboreo-arbustive) possibilmente collegate tra loro. N. 14 Strisce di “coltivazione non raccolta”.

All’interno di aree coltivate a seminativo, si consiglia di lasciare piccole isole o strisce di coltivazione “a perdere” (ovvero non raccolte), al fine di offrire zone per la riproduzione e la nidificazione di varie specie animali. L’inserimento e il mantenimento di tali strisce di coltivazioni “a perdere” assicurano una buona disponibilità trofica anche in aree intensamente coltivate a monocoltura, in cui la scarsa varietà di cibo e soprattutto la sua perdita repentina con l’aratura, potrebbe limitare notevolmente la presenza di fauna selvatica.

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N. 15 Compatibilizzazione ambientale dell’attività agricola. La misura proposta consiste nell’allontanare dall’alveo le attività agricole e, ove questo non sia possibile, favorire un’agricoltura ecocompatibile. La lotta integrata prevede, oltre ai mezzi chimici, l’impiego di mezzi biologici, genetici, fisici ed agronomici. Con la produzione integrata non ci si limita solo alla lotta ai parassiti, ma si interviene su tutta la tecnica colturale, per ottenere produzioni di qualità, nel rispetto della salute umana e dell’ambiente. Con questa lotta viene limitato l’uso dei fitofarmaci e dei concimi chimici, in particolare quelli azotati, al fine di evitare l’inquinamento della falda. Inoltre, l’uso dei concimi ricchi di composti azotati solubili può innescare fenomeni di eutrofizzazione che coinvolgono il corso d’acqua e la fascia riparia. I trattamenti non sono più eseguiti a calendario, a date fisse, bensì in relazione alla reale presenza ed al danno causato dai parassiti. N. 16 Introduzione del “riposo colturale” (set aside). Consigliamo di ritirare ogni 5-10 anni i terreni dalla produzione agricola e di impiantare prati polifiti (erba medica, trifoglio incarnato,...) soggetti ad un unico sfalcio annuale (fine settembre- inizio ottobre); questo intervento è particolarmente utile per favorire l’incremento di specie anche di interesse venatorio come la lepre. È opportuno sottolineare che tali zone dovrebbero essere di limitata estensione e distribuite sul territorio a macchia di leopardo. N. 17 Sostituzione dei tutori dei vigneti. Un elemento di disturbo paesaggistico, soprattutto nei mesi invernali, sono i pali sistemati a sostegno delle viti che, essendo realizzati in cemento, risaltano particolarmente nel paesaggio. Si consiglia la sostituzione con pali in ferro zincato piegato che, in poco tempo arrugginiscono, mimetizzandosi così con la vite stessa. N. 18 Gestione e realizzazione di aree di vivai per specie vegetali autoctone. Si consiglia la destinazione di alcune aree per lo sviluppo di vivai di specie autoctone, in quanto le piantine forestali sono spesso importate dai moderni ed efficienti vivai forestali stranieri. Se questo è assolutamente legittimo dal punto di vista economico, non lo è tuttavia dal punto di vista ecologico e tecnico-applicativo. Infatti, il materiale di propagazione forestale non è una merce qualsiasi, la cui provenienza geografica non ha nessuna importanza. Importare piantine di provenienza non conosciuta, perlopiù giunte da territori geograficamente ed ecologicamente lontani dal nostro, significa effettuare impianti che difficilmente potranno adattarsi bene al nostro clima, ai nostri suoli ecc. Ciò comporta che l’esito dell’operazione possa rilevarsi fallimentare. Importare semi e piantine non autoctone significa inoltre produrre una forma di inquinamento, quello genetico-biologico, dagli esiti non meno gravi dell’inquinamento comunemente inteso. Per questi motivi è fondamentale che gli alberi e gli arbusti autoctoni posti a dimora siano di origine nota e provenienti da popolamenti naturali che vegetino, nel nostro caso, in ambito regionale.

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Indirizzi urbani. N. 19 Gestione delle opere di derivazione. Si suggerisce di impedire la realizzazione di opere di derivazione delle acque senza prima aver preso in esame anche altri aspetti del sistema. La misura proposta consiste nel regolare e limitare le derivazioni per uso agricolo ed idroelettrico tale da garantire una maggiore varietà ambientale dell'alveo e delle rive e una portata che, seppur ridotta, simuli l'andamento naturale legato alle condizioni climatiche del bacino. N. 20 Gestione degli scarichi. Si raccomanda di non concedere il nulla osta allo scarico diretto in fiume alla Aziende che producono polveri e inerti in quantità tale da creare danno all’alveo e alle rive per l’occlusione degli interstiziali. N. 21 Gestione delle attività ludiche. Le aree residenziali, agricole, ma soprattutto industriali devono essere localizzate lontano dalle rive. Inoltre va incrementata la presenza occasionale di visitatori (percorsi naturalistici, mountain bike, sentieri) al fine di sviluppare un turismo controllato che non rovini i pochi elementi naturali di pregio esistenti sul territorio. Le attrezzature inserite nelle aree ricreative dovranno rispondere a determinati requisiti quali: aspetto gradevole e di facile inserimento nell’ambiente (ad es. la panchina in legno presenta indubbi vantaggi di estetica, e da un tocco di familiarità alla sistemazione); elevata resistenza all’usura. Le panchine potranno essere situate in punti da cui si gode una visuale particolarmente gradevole o in posizione panoramica. In genere è preferibile disporle evitando eccessive simmetrie e regolarità, che conferiscono un senso di incolonnamento anche delle persone. Anche i contenitori dei rifiuti devono inserirsi nel paesaggio circostante, rimanendo però ben visibili. Devono essere dislocati in modo tale da invogliare l’utente a servirsene; la loro carenza è il primo passo verso il degrado dell’area. N. 22 Realizzazione o mitigazione delle recinzioni. Viste le numerose le opere eseguite con rete metallica o in calcestruzzo, si è pensata una loro sostituzione. Nell’eventualità questo non fosse possibile, si potrebbe nasconderle con degli elementi vegetazionali autoctoni, per limitare l’impatto visivo. Per le nuove “costruzioni” è consigliato l’uso di materiale che bene si inserisce nell’ambiente circostante, quali mattoni o legno. N 23 Inserimento di elementi vegetazionali autoctoni fluviali. Mediante una corretta progettazione ambientale è possibile ricostruire quella scissione venutasi a creare tra aree antropizzate e aree naturali, partendo dalla considerazione che le prime siano parte integrante di un ambiente correttamente interpretabile solo nella sua interezza. Le differenti zone urbanistiche (industriali, residenziali) costituiscono reciprocamente sorgente di impatto ambientale. Gli impatti possono essere ridotti prevedendo fasce intermedie di vegetazione naturale con funzioni tampone. Si tratta di fasce di vegetazione

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naturale di varia ampiezza e natura, comunque con una componente arborea più o meno importante. Accanto agli evidenti ruoli nella mitigazione degli impatti umani sull’ambiente, interventi di questo tipo possono comunque avere ruoli più strettamente ecologici. In particolare, le fasce verdi contribuiscono alla costituzione di un connettivo diffuso che comprende una serie di micro-corridoi (capaci tra l’altro di introdurre elementi di interesse naturalistico all’interno degli abitati) e di unità di habitat che, seppure non specializzate, possono essere importanti ai fini di un miglioramento della diversità biologica media. Si consiglia l’uso di specie autoctone in quanto non inquinanti il paesaggio vegetale e il patrimonio floristico della regione botanica; è nota a tutti l’invadenza di specie infestanti quali la robinia. Altri elementi che depongono a favore delle specie autoctone sono il minor costo di impianto e di manutenzione, senza considerare la resistenza ai parassiti animali e vegetali.

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N. 24 Mimetizzazione vegetazionale delle attuali costruzioni.

L’impatto visivo negativo provocato da alcuni edifici esistenti di qualità architettonica scarsa può essere ridotto prevedendo la piantumazione di una fascia alberata-arbustiva. Questa avrebbe il duplice compito di mascherare l’elemento di disturbo e di svolgere un’importante azione ecologica favorendo lo sviluppo di habitat indispensabili per la sopravvivenza di determinate specie di animali. Per i futuri edifici, si raccomanda di valutarne attentamente l’impatto ambientale. N. 25 Realizzazione di filari alberati.

Si tratta di favorire lo sviluppo di elementi arborei variamente disposti, affiancati ad infrastrutture quali strade e linee ferroviarie. Le alberature tradizionali sono di regola costituite da individui vegetali monospecifici, coetanei, organizzati in un’unica fila. Una

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soluzione piuttosto diffusa, a livello europeo, è invece quella che prevede file di alberi alternate con elementi arbustivi in grado di dare una maggiore continuità ecologica. Il ruolo più significativo è quello di costituire un corridoio ecologico per interconnettere unità naturali lontane. Qualora realizzate secondo determinate modalità (ad esempio con presenza di filare alberato e strato arbustivo denso), vi sarà anche un ruolo di mitigazione dei potenziali impatti acustici.