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Da tossine ad adiuvanti, da vaccino a chemioterapico antitumorale Dott.PierGiulio Rossini

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Da tossine ad adiuvanti, da vaccino a

chemioterapico antitumorale

Dott.PierGiulio Rossini

II

INTRODUZIONE

La terapia con antitumorali mira, in generale, a bloccare

l’attività metabolica e la capacità di replicazione delle cellule

malate. In base alla modalità con cui i diversi composti riescono

a esplicare tale effetto, si possono distinguere differenti classi di

farmaci antitumorali. La chemioterapia antitumorale può essere

eseguita anche in combinazione con altri trattamenti terapeutici,

quali la chirurgia e la radioterapia; ciò implica spesso una stretta

collaborazione fra medici, chirurghi e oncologi. Nella maggior

parte dei casi di cancro, la terapia ha lo scopo di migliorare le

condizioni cliniche del paziente, cercando di allungarne la

speranza di vita e di ridurre i sintomi causati dal tumore. La

scomparsa completa della malattia, però, è un obiettivo non

sempre facile da raggiungere, soprattutto negli adulti.

La tendenza della ricerca farmacologica è di individuare

farmaci chemioterapici ad azione più mirata, e capaci di

migliorare la risposta immunitaria del paziente; possibili svolte

nel trattamento del cancro potrebbero anche derivare

dall’applicazione della terapia genica.

Basandosi su studi immunologici si cerca ora di

combattere il tumore con una precisione inaspettata usando

come un cavallo di troia l’azione delle tossine batteriche.

Gli studi eseguiti a Roma, Goteborg, ed in California

dimostrano come è possibile modificando, enzimaticamente, la

tossina botulinica oppure con la tossina colerica introdurre

direttamente nella cellula tumorale e solo in quella l’agente

antitumorale.

Composti alchilanti

Un primo gruppo di chemioterapici per il trattamento dei

tumori maligni comprende una categoria di sostanze

denominate alchilanti, composti sintetici chimicamente molto

diversi tra di loro. Si ritiene che agiscano formando legami

III

covalenti fra le molecole di guanina di filamenti vicini di DNA,

impedendo così in modo meccanico la divisione della doppia

elica dell'acido nucleico, necessaria perché questo si replichi e

avvenga la mitosi. Esempi di tali farmaci sono il clorambucil, il

bisulfano e la ciclofosfamide. Nella pratica clinica vengono usati

per trattare il linfoma di Hodgkin (un tumore maligno del

tessuto linfoide) e altri tipi di linfoma, la leucemia linfocitaria

cronica, il mieloma multiplo (tumore delle plasmacellule del

sangue), il seminoma (tumore del testicolo), il carcinoma

ovarico, il carcinoma mammario, il neuroblastoma (tumore del

sistema nervoso, costituito da cellule nervose embrionali) e

alcuni sarcomi.

Antimetaboliti

Un secondo gruppo di farmaci antitumorali è costituito

dagli antimetaboliti, sostanze che, grazie alla loro struttura

chimica analoga a quella di molecole essenziali per il

metabolismo cellulare, entrano in competizione con queste e

interferiscono con il metabolismo stesso. Molti di questi

farmaci, in particolare, alterano la produzione o l'incorporazione

nel DNA delle basi azotate appartenenti sia alla categoria delle

purine (adenina e guanina) sia a quella delle pirimidine (timina

e citosina). Fra questi chemioterapici vi sono il metotrexate e

l'aminopterina, utilizzati per trattare la leucemia linfoblastica, il

linfoma di Burkitt (comune fra i bambini in Africa) e altri tipi di

linfomi. Questi farmaci possono talvolta risultare efficaci anche

nel trattamento dei tumori della testa e del collo.

Analoghi della purina e della pirimidina

Un terzo gruppo è costituito dagli analoghi della purina e

della pirimidina, comprendenti la 6-mercaptopurina, la 2-

amino-6-mercaptopurina e il 5-fluoruracile. Queste sostanze

sono formate da molecole che, sostituendosi a quelle delle basi

IV

azotate durante il processo di sintesi del DNA, bloccano

quest'ultimo e impediscono la proliferazione delle cellule. Si

tratta di farmaci comunemente usati per la terapia della

leucemia e di alcuni linfomi.

Antibiotici citotossici

Infine, un quarto gruppo è costituito dagli antibiotici

citotossici (come la mitomicina) e dagli alcaloidi vegetali. Gli

antibiotici citotossici inibiscono l'azione dell’RNA (acido

ribonucleico), ossia dell'acido nucleico che interviene nel

processo di sintesi delle proteine. Questi farmaci sono molto

usati, ad esempio, nella terapia del nefroblastoma (o tumore di

Wilms), che colpisce il rene e, talvolta, in alcuni tumori del

testicolo. Gli alcaloidi vegetali bloccano la mitosi; essi

comprendono, ad esempio, la vinblastina e la vincristina, isolate

dalla pervinca (Vinca rosea) e usate prevalentemente per il

linfoma di Hodgkin e la leucemia linfoblastica; il taxolo, estratto

dal tasso (Taxus baccata) e applicato ai tumori dell’utero; la

colchicina, derivante dal colchico (Colchicum autumnale).

Composti ad azione ormonale

Hanno azione antitumorale anche alcuni farmaci ad

azione ormono-simile, che cioè sono in grado di simulare

l’effetto degli ormoni naturali cui alcuni tipi di cellule tumorali

sono sensibili. Ad esempio, gli ormoni femminili estrogeni

favoriscono lo sviluppo delle cellule tumorali in caso di cancro

della mammella; il composto denominato tamoxifen compete

con gli estrogeni e si lega al posto di questo alle cellule, senza

stimolarne però la moltiplicazione. Risulta invece ancora

controversa l’effettiva efficacia antitumorale di trattamenti

basati sull’uso contemporaneo di farmaci ad azione ormonale,

come la cosiddetta multiterapia a base di somatostatina,

V

octreotide (simile alla somatostatina), melatonina e retinoidi

(derivati della vitamina A).

Altri antitumorali

Nel corso dei trattamenti è possibile ricorrere ad altri tipi

di farmaci chemioterapici, come l'idrossiurea, la procarbazina e

la L-asparaginasi, che agiscono inibendo la crescita della cellula

tumorale. L'interferone, normalmente prodotto dalle cellule

infettate da virus, blocca la mitosi nelle cellule sensibili, ma i

dettagli del suo meccanismo d'azione non sono ancora noti.

Altra terapia, attualmente in fase sperimentale, riguarda

l’impiego di angiostatina e endostatina, due composti indicati

come inibitori dell’angiogenesi. Queste proteine, infatti, hanno

mostrato in modelli sperimentali la capacità di inibire la

proliferazione di nuovi vasi sanguigni all'interno della massa

tumorale che, incapace di ricevere un adeguato apporto

nutrizionale, arresta la propria crescita. Rivelatesi efficaci anche

nel rallentare la comparsa di metastasi, tali composti potranno

rappresentare in un prossimo futuro un utile complemento alle

più tradizionali terapie.

Possibili effetti collaterali degli antitumorali

I sintomi più comunemente associati all’assunzione di

chemioterapici comprendono nausea, vomito, depressione del

midollo osseo e alopecia (perdita dei capelli). A causa della

depressione del midollo osseo, i pazienti sottoposti a

chemioterapia tendono poi a sviluppare infezioni di vario tipo.

L’uso di farmaci di tipo ormonale può determinare a volte anche

l’insorgenza di forme depressive.

VI

Azione sulle cellule sane

I farmaci applicati al trattamento dei tumori, siano essi

benigni o maligni, in generale interferiscono con la

proliferazione delle cellule, bloccandone in vario modo l’attività

metabolica e la possibilità di dividersi per mitosi. Per tale

motivo, dunque, gli antitumorali presentano un grave effetto

collaterale, che è quello di interferire con l’attività non solo delle

cellule malate ma anche di quelle sane: infatti, la divisione

cellulare si verifica in tutte le cellule.

Le cellule sane, però, si riproducono in modo meno

veloce e incontrollato di quelle tumorali, sono meno vulnerabili

ai farmaci e quindi, dopo il trattamento chemioterapico,

sembrano avere una maggiore capacità di ripresa e di

ricostruzione dei tessuti. Tale vantaggio selettivo di ricrescita

sembra permettere alle cellule normali di ripopolare un tessuto

malato in modo preferenziale rispetto alle cellule tumorali. Non

è mai possibile, tuttavia, essere certi che tutte le cellule tumorali

siano state distrutte e, qualora ne resti qualcuna, è possibile che

si verifichi una recidiva del tumore, cioè una sua nuova

comparsa; ciò non dipende unicamente dal numero di cellule

tumorali sopravvissute, ma anche dall'efficienza del sistema

immunitario del paziente nel rimuovere queste.

UNA NUOVA VIA PER INTRODURRE IL CHEMIOTERAPICO

ANTITUMORALE

Una importante prospettiva per la terapia antitumorale è

rappresentata dalla attuale sperimentazione delle tossine

batteriche quali chemioterapici.

Come illustrato in precedenza farmaci di sintesi ad azione

chemioterapia agiscono in alcuni casi , sostituendosi a

componenti cellulari provocando la morte della cellula.

Il problema di questo tipo di farmaci è la loro azione non

solo sulle cellule tumorali ma anche sulle cellule sane e la ricerca

VII

sta quindi tentando di inviare in maniera selettiva il

chemioterapico solo alle cellule tumorali ed è appunto in questo

campo la “immuno oncologia” sta cercando di sfuttare le tossine

batteriche.

Da qui l’idea di costruire immuno tossine o tossine

ricombinanti con funzione di agente farmacologici.

Difatti le tossine batteriche interagendo in maniera

altamente specifica e selettiva con macchinari molecolari chiari

delle cellule eucariotiche, si sono rivelate dei preziosi strume3nti

d’indagine nella comprensione di diversi processi di biologia

cellulare.

Negli ultimi anni, ha acquistato una rilevanza sempre

maggiore un gruppo di tossine di natura proteica capaci di

modificare enzimaticamente le proteine G della famiglia RHO,

che sono molecole coinvolte nella regolazione di numerosi

processi cellulari.

Gli studi condotti da laboratori di farmacologia e

immunoterapia stanno dimostrando la capacità di alcune di

queste tossine batteriche di modulare alcuni di questi processi

cellulari controllati dalla RHO GPTasi, quale il differenziamento

del muscolo scheletrico e soprattutto alcuni aspetti della

risposta immunitaria come specificherò più avanti.

Poiché difetti in questi ed in altri processi cellulari RHO

dipendenti sono alla base di diverse patologie umane le tossine

suddette potrebbero rilevarsi estremamente utili per lo sviluppo

di nuovi agenti farmacologici in grado di curare o migliorare

alcune malattie.

Il fine di questi studi è quindi quello di realizzare tossine

batteriche ricombinati comprendenti la sola porzione enzimatica

delle tossine unita a dei carrier che consentano loro di entrare

nella cellula eucaristica e di svolgere la loro azione.

Volendo evidenziare la possibilità di modulare la risposta

immunitaria, sia umorale che cellulo mediata, tramite l’uso di

tossine batteriche và sottolineato che, la citotossicità cellulo

mediata, attuata da particolari tipi cellulari come le cellule

VIII

natural killer (NK), svolge un ruolo importante nella risposta

immunitaria coinvolta nei meccanismi di difesa contro la

degenerazione neoplastica della cellula e nelle infezioni virali .

È noto da tempo che l’attività svolta dalle cellule NK è

strettamente correlata all’organizzazione del citoscheletro

cellulare e che tale organizzazione è controllata da una famiglia

di proteine regolatorie, le RHOasi.

Per comprendere meglio il ruolo svolto dalle RHO GTPasi

nella risposta immunitaria cellulo mediata sono stati sviluppati

studi sull’attività citotossica delle cellule NK utilizzando il

Fattore Citotossico Necrotizzante 1 (CNF 1), una tossina proteica

prodotta da alcuni ceppi patogeni di escherichia coli , che agisce

attivando la famiglia delle RHO GTPasi.

I risultati ottenuti mostrano che l’attivazione di tali

proteine G rappresenta un pre-requisito fondamentale sia nella

fase di “binding” che nella attività citotossica delle cellule NK.

Le tossine batteriche che modulano l’attività delle

proteine GTPasi potrebbero quindi giocare un ruolo

fondamentale nella modulazione del sistema immune

interferendo con la funzione o il differenziamento delle cellule

che regolano la risposta immune locale.

Prospettiva futura è proporre la tossina oggetto di questo

studio come modellio sul quale costruire una nuova clesse di

agenti farmacologici che potenzino l’attività delle cellule del

sistema immunitario.

Nello sviluppo di queste nuove armi un grosso spunto è

giunto dallo studio sullo sviluppo dei nuovi vaccini; “i vaccini del

futuro”sviluppo mirato soprattutto ad aumentare

l’immunogenicità o meno degli adiuvanti.

Migliorare l'immunogenicità spesso scarsa di proteine

e/o peptidi è esattamente anche quello che è richiesto

dall'adiuvante, (58).

Gli sviluppatori dei vaccini si sono concentrati sulla

comprensione crescente dell'importanza dell'attivazione

dell'immunità naturale per ottenere risposte immuni adattabili e

IX

forti con memoria a lungo termine. Quello che era

preventivamente studiata come “il segnale di pericolo” è

riconosciuto oggi come una serie di molecole con proprietà

chimiche definite (38) e proprietà genetiche distinte. Dopo che

l'attivazione dell'immunità naturale comanda 'il segnale di

pericolo' noi troviamo una serie di reazioni riguardanti

strettamente specifici recettori, i cosiddetti pattern-recognition

receptors (PRRs) che legano prodotti microbici come

endotossine ,ad altri prodotti membranosi di microbi o DNA.

Una famiglia di tali recettori è Toll-like receptors (TLR) che

legano LPS, flagelli, HSP60, CpG DNA, dsRNA o peptidoglicani,

tutti con recettori unici e distinti (11; 55). Questi recettori sono

localizzati sulle membrane di molti tipi di cellule, fra di loro le

cellule dendritiche (DC),i macrofagi e le cellule B che

rappresentano l'immunità naturale ed anche le più importanti

cellule per la presentazione di antigene e la stimolazione di una

risposta immune (47) . Nel caso di DC, il legame con le PRRs si

provocherà la migrazione e maturazione della DC in cellule

presentatrici dell’antigene (APC), esprimendo una

costimulazione delle molecole richieste per la stimolazione delle

cellule -T (49).

Perché si abbia una visione più dettagliata di come si

attivi la immunità naturale, attraverso lo specifico

riconoscimento di recettore, la ricerca si è concentrata in modo

crescente su adiuvanti bersaglio per un vaccino del sistema

innato immunitario . L’ avere un bersaglio sicuro è anche un

modo di ridurre effetti collaterali.

L’adiuvante può essere un vettore vivo, come Salmonella

ed Adenovirus che con tecniche genetiche di ricombinazione

sono stati modificati per esprimere proteine attinenti (18). I

vettori adiuvanti vivi possono funzionare sia come un sistema di

consegna di antigene che da immunomodulatore e.g. attraverso

il legarsi di TLR. Comunque,i vettori vivi sono vaccini spesso

instabili e solo pochi di questi basati su questa tecnologia sono

arrivati lo stato di pratica clinica. Gli adiuvanti non-viventi

X

possono essere formulazioni di lipide o possono gelificare

(allume) creare un effetto di deposito del vaccino dopo

iniezione. Anche gli adiuvanti non viventi possono essere sia un

sistema di consegna, come liposomi e microsfere di polilactide /

poliglicolide o modulatori come il murarnile dipeptide (MDP) ed

il monofosforil lipide (MPL) (58) Visto che il campo di ricerca

degli adiuvanti di vaccino è cresciuto enormemente nella decade

passata è impossibile coprire questo campo esteso con un colpo

d’occhio, perciò, si dovranno concentrare le osservazioni sui

recenti sviluppi nel descrivere un vettore adiuvante di un

vaccino attenuato che adempie il duplice criterio: sia come

bersaglio che come modulatore del sistema immunitario

naturale.

Per molti anni, la tossina colerica (CT) e l’enterotossina

dell’ Escherichia Coli ambedue instabili al calore (LT) sono stati

usati in modelli animali come adiuvanti mucosali molto potenti;

comunque, queste molecole sono estremamente tossiche per gli

esseri umani (5). Recentemente sono stati sviluppati mutanti

CTs e LTs con attività enzimatica decrescente od assente e con

una subunità non modificata d’unione (16, 27). Queste molecole

mantengono le loro proprietà di adiuvanti e si sono dimostrate

utili per la stimolazione della risposta sistemica e per la capacità

di stimolare risposte mucosali attraverso la dispensazione per

vie mucosali diverse. Comunque, i meccanismi di azione in vivo

di queste molecole così come quelli di CT e LT ancora sono sotto

esame (16). In somma, l'uso di CT, LT, e mutanti di queste

tossine ha sollevato delle preoccupazioni perché queste

molecole legano al ganglioside GM1, un recettore che è

onnipresente su cellule eucariotiche (18) ed i CT hanno un

effetto tossico potenziale sui nervi olfattori. E’ stato dimostrato

(23) recentemente che c’è il bisogno di identificare un adiuvante

mucosale nuovo che sia efficace ed atossico e che abbia un

meccanismo d’azione ben definito.

XI

L' Escherichia coli è responsabile per una serie di

malattie, tra cui : diarrea, Sindrome uremica emolitica ,

infezione renali, septicemia, polmonite e meningite. Le tossine

chiamate i fattori di necrotizzazzione delle citotossine (CNFs)

sono fra i fattori di virulenza prodotti da patogeni urinari

(CNF1) o enteropatogeni (CNF2) stimolati dalla E.coli che

provocano malattie nell’uomo e negli animali, rispettivamente.

CNFs incita un aumento nel contenuto di fibre di stress di actina

e contatti focali in cellule coltivate. L' Effetto del CNFs sul

citoscheletro della actina è correlato da un calo nella mobilità di

electroforeticità della proteina GTP-vincolante Rho, e l'evidenza

indiretta indica che è probabile che CNF1 attivi costitutivamente

Rho. La catalisi di CNF1 deammida un residuo di glutamina in

posizione 63 dell’ Rho, trasformandolo in acido glutamico che

interdice idrolisi di GTP intrinseca e incentiva la sua proteina

che GTPase-attiva che determina l’apertura del poro. Così,

questa deammidazione della glutamine 63 determinata dal

CNF1 è l’attivazione costitutiva di Rho, ed incita la

riorganizzazione di fibre di stress della actina. Alla nostra

conoscenza, CNF1 è il primo esempio di una tossina batterica

che agisce da deamidatore di una specifica proteina di obiettivo.

Il segnale intracellulare coinvolto nel meccanismo di

azione della tossina della zonula occludens (ZOT) è stato

molto studiato in vitro .

Lo ZOT ha mostrato un effetto selettivo fra le varie linee

di cellula esaminate, suggerendo che può interagire con un

XII

specifico recettore la cui espressione di superficie su varie cellule

differisce. Quando è stato esaminato in monomolecole di cellule

di IEC6, lo ZOT stimola una redistribuzione del citoscheletro

della F-actina. Risultati simili furono ottenuti con mucosa ileale

di coniglio, dove la riorganizzazione della F-actina dette un

aumento della permeabilità del tessuto. In cellule endoteliali, il

riordinamento del citoscheletro comportò un calo della

formazione di G-actina solubile (-27%) ed un aumento reciproco

della formazione di F-actin filamentosa (+22%). Questa

polimerizzazione di actina era tempo e dose dipendente, ed era

invertibile. Pre trattando con una specifica chinasi la proteina

l'inibitrice del CGP41251 si abolirono completamente gli effetti

di ZOT sulla permeabilità di tessuto e polimerizzazione della

actina. Presi insieme, questi risultati suggeriscono che ZOT

attiva un complesso intracellulare e che determina una cascata

di eventi che regolano la permeabilità dei congiungimenti stretti,

probabilmente mimando l'effetto di modulatore della funzione

fisiologica della barriera epiteliale.

Oggi si studia la tossina zonula occludens (Zot) come

un adiuvante mucosale potenziale per introduzione intranasale

(15) di antigeni. Zot è un solo polipeptide la cui catena pesa

44.8 kDa (kilodalton) codificati da un filamento del batteriofago

CTX presente nella tossina del Vibrione Colerico (1, 25) ,la Zot

aumenta la permeabilità del piccolo intestino colpendo la

struttura dei congiungimenti stretti “tight junctions” epiteliali, e

questo permette il passaggio di macromolecole attraverso gli

spazi paracellulari (9, 10). Questo effetto di Zot è stato

XIII

chiaramente dimostrato in vivo ed in vitro su epiteli intestinali

di coniglio, ratto, e scimmia ed è dipendente al legame di Zot a

specifici recettori (11, 22) . Il meccanismo di azione di Zot sui

congiungimenti stretti comporta un riordinamento del

citoscheletro delle cellule epiteliali dovuta alla proteina chinasi

C alfa , dipendente dalla polimerizzazione di F-actina (10).

E’ importante che il fatto che Zot non provoca danno

tessutale e che il suo effetto su permeabilità intestinale è tempo

dose-dipendente e completamente invertibile (9, 10).

Interessantemente una cosa analoga di Zot è stata descritta

recentemente sui mammiferi. Questa molecola, chiamata

zonulina è stata trovata su cellule epiteliali intestinali ed agisce

come un moderatore endogeno dei congiungimenti stretti (7,

26). Si è dimostrato che il pericolo segnalato, come carica

batterica o danno tissutale nell'intestino,causato dalla zonulina

per essere rilasciata sul lato luminale si lega poi al suo recettore

e modula i congiungimenti stretti (8). Interessantemente, Zot e

zonulina si legano allo stesso recettore delle cellule epiteliali ed

intestinali e dividono la modalità vincolante comune al loro

terminale N (3, 26). Così sembra che Zot mimi una molecola

fisiologica nella regolazione dei congiungimenti stretti, e questo

meccanismo può essere responsabile del suo effetto di adiuvante

mucosale. A causa delle sue proprietà , Zot può essere un

adiuvante ideale per lo sviluppo di vaccini mucosali.

E’ stato mostrato che l’introduzione intranasale di Zot

come un adiuvante stimola la produzione Ag-specifiche di

immunoglobuline G (IgG) nel siero così come le IgA in

occultamenti vaginali (15) ed intestinali. Qui, noi abbiamo

ricercato l'efficacia di Zot per l'insediamento di risposte

protettive e lungo-durevoli e ci siamo chiesti se agisce attraverso

la mucosale se introdotta per via intranasale e se comunque il

suo meccanismo di azione coinvolge il legame al recettore di Zot

- zonulina.

Adiuvanti mucosali del vaccino attivi , che determinino

una piena serie di risposte immuni e locali e sistematiche contro

XIV

epitopi antigenici estremamente definiti sono il bersaglio di una

attenta ricerca. La tossina del colera (CT) ed il complesso

lipofilico immuno stimolante (ISCOMs) contengono Quil A e

possono, assieme, comportarsi come adiuvanti per antigeni se

somministrati oralmente, ma attraverso vie diverse , come

attestato dalla dipendenza su IL-12 per l'effetto di ISCOMs,

mentre la CT è indipendente da queste citochine.

Sfortunatamente la tossicità di della CT e le recenti scoperte di

una accumulazione di CT nel nervo olfattorio e nel bulbo dopo

somministrazione intranasale preclude l'uso clinico della CT.

Comunque, c’è stato un successo nel disgiungere gli adiuvanti ed

effetti tossici di CT, costruendo un gene proteina di fusione

CTA1-DD che combina l'enzimaticamente la subunità CTA1

attiva con una cellula B individua come bersaglio separato, D,

estratto da una proteina di Stafilococco aureus A. Sono state

combinate CTA1-DD ed ISCOMs in un vaccino adiuvato

estremamente promettente ed utilizzabile quale vettore, CTAI-

DD / lSCOMs. Il vettore combinato è immunogenetico quando

iniettato sottocute, per via orale o nasale inducendo una forte

risposta immunitaria cellulare e umorale, incluse le IgA

mucosali locali.

Questi richiede la proprietà di ribosilazione di ADP del

CTA1-enzima e l'effetto del vettore combinato ha un azione

sinergica di ISCOMs o CT, usato da solo. Gli antigeni potrebbero

essere incorporato in o appena mescolato col vettore nuovo. I

XV

CTA1-DD e gli ISCOMS possono essere una nuova strategia per

la generazione di vaccini di mucosali potenti e sicuri.

Conclusioni

Come è stato sopra illustrato lo studio dei meccanismi

d’azione delle tossine batteriche sia a livello della membrana

cellulare che a livello del citoplasma, sta fornendo la possibilità

di utilizzare le tossine batteriche come chiave per “spegnere“ le

cellule neoplastiche o controllarne la crescita.

Il futuro ci porterà ad avere questa ulteriore arma per

combattere un male che purtroppo è ancora spesso inattaccabile

.

XVI

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