Da Casa Madre - Gennaio 2015

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Persti terunt in Amore Frate rnitatis Istituto Missioni Consolata Universal Dial Plate or Times of all Nations, 1854 Anno 95 - n.1 gennAio - 2015 Persti terunt in Amore Frate rnitatis

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Rivista della Famiglia dei Missionari della Consolata.

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Universal Dial Plate or Times of all Nations, 1854

Anno 95 - n.1 gennAio - 2015

Perstiterunt in Amore Fraternitatis

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“Solo Dio basta! Il tuo desiderio sia vedere Dio, il tuo timore, perderlo, il tuo dolore, non possederlo, la tua gioia sia ciò che può portarti verso di lui e vivrai in una grande pace”.

(Santa Teresa d’Avila)

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FRAMMENTI DI LUCEIL NOSTRO TEMPO E’ PER DIO E PER I FRATELLI

P. Giuseppe Ronco, IMC

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

Passeggere. Almanacchi per l’anno nuovo?

Venditore. Si signore.

Passeggere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

Venditore. Oh illustrissimo si, certo.

Passeggere. Come quest’anno passato?

Venditore. Più più assai.

Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?

Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?

Venditore. Appunto.

Passeggere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Venditore. Speriamo.

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Mi piace rileggere per intero, all’inizio di ogni anno nuovo, questo Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere, scritto da Giacomo Leopardi a Roma nel 1832 e pubblicato nelle sue “Operette morali”. E’ una metafora struggente del trascorrere inesorabile del tempo e dei nostri vani sogni di futura felicità.

Alla domanda del passeggere “a quale degli anni che avete vissuti vorreste che somigliasse questo nuovo?” , il venditore si fa pensoso e risponde che mai ritornerebbe indietro nel tempo. Gli anni passati non sono stati fonte di felicità perfetta e si preferisce riporre nell’anno a venire la speranza di una vita migliore, pur sapendo che ci attenderà un’altra delusione.

H. Hesse, ne Il gioco delle perle di vetro, faceva pronunciare al suo protagonista un aforisma sapiente: «In ogni inizio si trova un incanto che ci protegge e ci aiuta a vivere». E’ la consolazione che tutti cerchiamo.

In realtà siamo proprio noi, attraverso il pensiero e le azioni, a determinare molte cose della nostra esistenza.

Che cos’è il tempo?

“Se nessuno me lo chiede, so cos’è il tempo, ma se mi si chiese di spiegarlo, non so cosa dire” (Agostino, Confessioni, libro XI, 14 e 18).

Solo la vita vissuta è capace di dire esattamente che cosa è il tempo. E’ infatti l’uomo, in quanto misura di tutte le cose che accadono, a definire il tempo. La storia dell’evoluzione della specie e il succedersi delle civiltà ne sono una testimonianza di primo piano.

Benedetto XVI nel suo libro Dogma e predicazione (Queriniana, 1974) non esita a scrivere: “Il tempo siamo noi!”.

La distinzione abituale del tempo in passato, presente e futuro, ha senso nella misura in cui non si concepisce il tempo come un contenitore vuoto da riempire di eventi lieti o tristi, ma come una dimensione relativa all’uomo che nasce, vive nel mondo e se ne va.

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Il tempo è veramente relativo all’uomo!

In una serata del 1932, Salvador Dalì dopo una cena in cui aveva mangiato del camembert, formaggio dalla consistenza molliccia, ebbe l’ispirazione di dipingere, in due ore, una tela divenuta famosissima, ora conservata nel Museum of Modern Art di New York, dal titolo La persistenza della memoria. Su una spiaggia catalana deserta, quella di Port Lligat, Dalì dipinge degli orologi fatti di materia molliccia e dall’aspetto misterioso (vedi il racconto completo in S. Dali, Diario di un genio).

Lo scopo soggiacente a quest’opera d’arte è di combattere l’idea della fissità del tempo, mostrando che il tempo non può essere misurato per tutti alla stessa maniera, perché il suo trascorrere è diverso a seconda degli stati d’animo delle persone. Il tempo ha una consistenza molle, proprio come il camembert che aveva mangiato.

Gli orologi che si sciolgono al sole, rappresentano l’aspetto psicologico del tempo, che assume velocità diversa a seconda di come si vive e del ricordo che ne permane. Il tempo è elastico, come la memoria.

Raggiungeva in questo modo la teoria della relatività elaborata da Einstein all’inizio del XX secolo. Per il grande scienziato il tempo dipendeva da chi lo viveva, era relativo, potendo aumentare o diminuire in base allo stato del soggetto. “Quando un uomo siede un’ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è

la relatività” (A.Einstein, Journal af Exothermic Science and Technology, vol 1, 1938).

Oggi, tanti altri aspetti confermano quanto il tempo sia relativo all’uomo. Pensiamo all’importanza che sta assumendo l’uso del tempo libero, il tempus ludicus dedicato a se stessi. Oppure, pensiamo al tempo dedicato alle feste, alla dimensione solidarizzante e generosa del volontariato, o a chi si dedica all’interesse per gli animali e all’ecologia. Sono azioni temporali soggettive compiute per esaltare la dignità della persona umana, dandogli l’opportunità di coltivare relazioni interpersonali, d’incontro e di dialogo con i suoi simili, con la natura e con Dio.

In negativo, l’homo economicus ha fatto del tempo il suo bene più prezioso per massimizzare i profitti, produrre sempre di più ed esaltare l’efficienza: time is money! Produrre, guadagnare, consumare sono diventati la cifra interpretativa del pensare e dell’ agire, facendo subire al tempo il condizionamento culturale basato sull’agenda e sull’avere, con il risultato di aver prodotto un tempo qualitativamente scadente ed esistenzialmente vuoto e privo di senso. E’ il tempo della tristezza, di chi è ripiegato su stesso e nutre un rapporto deformato con il tempo.

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Il tempo del missionario

Nel film di Wim Wenders, “Così lontano, così vicino”, la telecamera inquadra per due volte un manifesto su cui è stampata una scritta misteriosa: “Zeit ist Kunst”, “Il tempo è arte”. Il buon uso del tempo è veramente una forma di arte che esige creatività, amore, e pazienza.

Sapersi porre in modo corretto nei confronti del tempo è un impegno quotidiano per il cristiano, chiamato a vivere proprio nel tempo la sua fedeltà al Signore.

“Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà, perché il mondo diventa sempre più povero. E’ già diventato tanto povero da non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza” (M. Heiddeger, Sentieri interrotti).

Il tempo che scorre, infatti, è l’oggi di Dio ed è «riscattando il tempo» (Ef 5,16) che possiamo sottrarlo al vuoto e al non senso.

“Nella liturgia della veglia pasquale il celebrante, mentre benedice il cero che simboleggia il Cristo risorto, proclama: «Il Cristo ieri e oggi, Principio e Fine, Alfa e Omega. A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno». Si mette in evidenza il fatto che Cristo è il Signore del tempo; è il suo principio e il suo compimento; ogni anno, ogni giorno ed ogni momento vengono abbracciati dalla sua incarnazione e risurrezione, per ritrovarsi in questo modo nella “pienezza del tempo” (TMA 10).

Per “Sentire nella fugacità del tempo il gusto dell’eterno” (Francesco,17 aprile 2014), il missionario cerca di santificare il tempo, cioè di orientarlo a Dio e ai fratelli. Lo dedica

all’annuncio di Gesù e del suo vangelo, alla cura delle persone a lui affidate, come un vero buon pastore, alla consolazione dei poveri e al dialogo con chi non crede, alla celebrazione della liturgia che edifica la comunità. In questo modo sperimenta la presenza viva di Dio nella sua vita, la sua misericordia, ben cosciente che l’amore di Dio non è mai disgiunto dall’amore del popolo. Evangelizzando, è evangelizzato.

“Chi ama, non tiene il proprio tempo solamente per sé; nel suo tempo si inserisce l’altro. Vuole avere più tempo possibile per l’altro” (Klaus Hemmerle).

Un tempo qualitativamente buono non può non essere legato alla cura delle buone relazioni con tutti, al dialogo sincero con non credenti e religioni diverse, alla costruzione della solidarietà e della pace tra i popoli, alla giustizia e alla fraternità universale. Sono queste “opere buone” i frutti che un missionario offre a Dio come segno del suo amore e che fanno della sua vita una vera liturgia di lode.

Bisogna anche saper dedicare una parte del tempo alla formazione continua.

San Carlo Borromeo ripeteva sovente ai presbiteri di Milano: «Eserciti la cura d’anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non

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dimenticarti di te stesso».

Vigilare su se stessi, aver cura di se stessi, è una condizione necessaria per la qualità del ministero. Spesso si impone “un’ascetica del dire di no”, per poter dire un sì più grande e rimanere fedeli a Dio. Tutti sappiamo come una vita personale autentica è oggi più che mai necessaria per fare della nostra esistenza una “filocalìa”, cioè un amore del bello e del bene.Paolo ripeteva a Timoteo: «Dedicati alla lettura ... non trascurare il dono spirituale che è in te ... abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso» (1Tm 4,13-16).

Il tempo è un gran dono che Dio ci fa!

“Gran parte del nostro tempo ci sfugge mentre siamo impegnati a fare nulla o a farlo male, e non ci rendiamo conto che mentre il tempo passa moriamo sempre un po’, perché tutti i giorni che abbiamo già vissuto sono alle nostre spalle e sono già morti” (Seneca, De brevitate vitae).

Una preghiera

“Dio mio, insegnami ad usare bene il tempo che tu mi dai e ad impiegarlo bene, senza sciuparne. Insegnami a prevedere senza tormentarmi, insegnami a trarre profitto dagli errori passati, senza lasciarmi prendere dagli scrupoli. Insegnami ad immaginare l’avvenire senza disperarmi che non possa essere quale io l’immagino. Insegnami a piangere sulle mie colpe senza cadere nell’inquietudine. Insegnami ad agire senza fretta, e ad affrettarmi senza precipitazione. Insegnami ad unire la fretta alla lentezza, la serenità al fervore, lo zelo alla pace. Aiutami quando comincio, perché è proprio allora che io sono debole. Veglia sulla mia attenzione quando lavoro, e soprattutto riempi Tu i vuoti delle mie opere. Fa’ che io ami il tempo che tanto assomiglia alla Tua grazia perché’ esso porta tutte le opere alla loro fine e alla loro perfezione senza che noi abbiamo l’impressione di parteciparvi in qualche modo”.

(Jean Guitton)

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BEATO GIUSEPPE ALLAMANO SR. IRENE STEFANI

COMPRENDER EL BEATO JOSÉ ALLAMANO DESDE LA COSMOVISIÓN AFRICANA

P. Ssimbwa Lawrence, IMC

Actualmente en nuestro instituto, se ha trabajado mucho sobre la inculturación del carisma como forma explícita que nos ayudaría a comprender y conocer más a nuestro fundador, el beato José Allamano sin olvidar la diversidad cultural que caracteriza a cada misionero y misionera de la Consolata. Pues sí, es obvio que hace falta la inculturación del carisma, pero asimismo es preciso la inculturación de la persona del fundador para que sea comprendido perfectamente por todos: primero, por los misioneros y misioneros que provienen de diferentes trasfondos culturales, y segundo, por la gente que ha recibido la consolación de Dios gracias al carisma del instituto. Es evidente que, de ningún modo, se puede comprender el carisma de un instituto sin tener en cuenta el dador de él, ya que es una idea primigenia que viene del fundador gracias a la inspiración del Espíritu Santo. Para ello, la inculturación del fundador no significa otra cosa que darse a conocer al contexto particular donde se realiza la misión. Somos una comunidad religiosa internacional, multicultural, pluriétnica, pluri-tribal, e intercultural. Esta heterogeneidad que caracteriza a los hijos e hijas de Allamano nos interpela a que conozcamos a nuestro fundador desde las cosmovisiones e idiosincrasias nuestras.

Partiendo de este punto de vista, nos acercamos

al asunto importantísimo de cómo el beato José Allamano puede ser comprendido y conocido desde la cosmovisión africana. Es importante notar que, una cosmovisión es la manera de ver e interpretar al mundo. Se trata del conjunto de creencias que permiten analizar y reconocer la realidad a partir de la propia existencia. Para ello, se puede hablar de la cosmovisión de una persona, una cultura, una época, una tribu, un continente, entre otros. A raíz de esta lógica de la inculturación, para un misionero africano no se detendría en preguntar cómo el beato José Allamano puede ser interpretado perfectamente desde el contexto propiamente africano. Dicho de otro modo, ¿Cómo el beato José Allamano puede ser percibido por los africanos? O si fuera un africano, ¿cómo lo llamarían?

Pues, desde la cosmovisión africana se puede colegir que el beato José Allamano podría ser comprendido como:

PADRE: En varios dialectos africanos, se nota la suma importancia de ser padre por el respeto que le tiene a él. Un padre puede ser de la familia nuclear (aunque esto sea un aspecto que fue introducido por el cristianismo), o de familia extensa que es propia de la cosmovisión africana. Conviene notar que, no hay algo tan especial en el contexto africano como ser padre. Las expresiones como “taata” (en idioma luganda

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de Uganda), “baba” (en kiswahili), entre otros, muestran explícitamente el valor de un padre de familia. Un padre de familia es importante en la medida en que engendra hijos e hijas y cuando son muchos, son signos de abundantes bendiciones de Dios. Los hijos engendrados son signos de bendición de Dios, son signos de la resurrección porque de esta forma se supera la muerte, y se eterniza la familia, clan, tribu y la humanidad en general.

Por eso, en la cosmovisión africana, el fundador no puede tener una expresión mejor que ser llamado padre por haber fundado los dos institutos misioneros que han propagado la fe en las tierras africanas. Él es padre de los misioneros y misioneras de la Consolata y a través de ellos, ha engendrado varios hijos e hijas africanos en la fe. En este sentido, es padre de la fe de los africanos sobre todo en aquellos lugares donde se recibió la Buena Nueva a través de los misioneros y misioneras de la Consolata. Para ello, para el africano el fundador es un padre por excelencia por poseer una familia extensa signo de inmensas bendiciones de Dios.

ANCESTRO: Fuera de ser padre, el beato José Allamano es un ancestro. En la cosmovisión africana, el ancestro durante su estadía en el mundo era una persona significativa para la comunidad, una persona que se entregó totalmente para el bien de la comunidad, una persona de valores impresionantes, una persona que pudo interpretar los signos de los tiempos en

pro de su pueblo. Algunos ancestros lucharon a brazo partido hasta derramar su sangre para el bien de sus comunidades. Por haber servido bien a su comunidad y por haber vivido buena vida, siempre son recordados y las comunidades les tienen respeto porque son el punto de referencia en varias dimensiones de la vida. Por eso, en el contexto africano, antes de empezar cualquier trabajo, se invocan a los ancestros pidiendo su bendición y acompañamiento.

Teniendo claro la importancia de los ancestros en la cosmovisión africana, no hay duda alguna que el beato José Allamano sea un ancestro. Vale decir que el ancestro es aquel del cual se desciende. Él puede ser tanto el que inició la línea de la descendencia en la cual aparecemos nosotros como también la persona directamente anterior a nosotros. Es alguien que está desde antes que nosotros con la cual mantenemos un vínculo genético y social de la unión indestructible. Eso significa que él puede ser el antepasado común de muchas familias que van ramificándose con el tiempo.

Ahora bien, si el ancestro es alguien del cual descendemos ¿Quién negaría considerarle al fundador como nuestro ancestro? Sin lugar a dudas, Allamano es un ancestro puesto que es el árbol genealógico de la familia Consolata y tronco sobre el cual el instituto se afianza su quehacer misionero. Asimismo, es ancestro para los africanos por haber mandado a los misioneros y misioneras de la Consolata quienes les transmitieron la consolación de Dios gracias al carisma ad gentes de beato José Allamano. Alimentándose y guiándose por el espíritu del fundador, nacieron muchas comunidades cristianas y muchas obras caritativas fueron introducidas a fin de promover integralmente al hombre desde el encuentro con la persona de Jesucristo. Por lo tanto, el beato José Allamano es nuestro ancestro en la fe.

HERMANO MAYOR: En la cosmovisión africana el hermano mayor es muy importante. El hermano mayor desempeña funciones importantes en el hogar. Es el segundo en importancia después de los padres y es el heredero después de que fallezca el papa. Él debe ser ejemplar, disciplinado, laborioso, entre otros. Para ello, el beato José Allamano es

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nuestro hermano mayor ya que de él recibimos el carisma que le transmitió Dios. Él es modelo de santidad y ejemplo perfecto para seguir en la realización de la misión evangelizadora de la Iglesia. Por ende, es nuestro hermano mayor en todas las dimensiones: espiritual, formativa, misionera, y humana.

ABUELO: En la sociedad narcista en la que vivimos, se valora mucho la eficacia y da culto a lo joven, a lo bello y a lo hermoso porque la vejez es un contravalor y no se estima la sabiduría del corazón que representa los años. Sin embargo, en la cosmovisión africana los abuelos son las personas más respetadas porque ellos son los custodios de la memoria colectiva de la comunidad. Son los garantes del afecto y la ternura que todo el ser humano necesita dar y recibir. Son los tesoros que ninguna comunidad quiere que desaparezcan. Ellos dan a los pequeños la perspectiva del tiempo, son memoria y riqueza de las familias. El respeto cae sobre el abuelo o abuela por ser progenitor de alguien. Conviene apuntar que, en África la muerte de un anciano significa la desaparición

de una biblioteca. Para ello, Allamano es abuelo de muchas comunidades cristianas tanto en África como en otras latitudes del mundo, porque de él descendieron los padres y madres que las fundaron.

SABIO: En la cosmovisión africana, el sabio es aquel individuo que posee la sabiduría entendida como conocimiento profundo que se adquiere gracias a la experiencia de vida. La sabiduría es una habilidad que se desarrolla y consiste en la aplicación de la inteligencia en la experiencia para poder obtener conclusiones que permitan comprender mejor las cosas y determinar cuando algo es bueno o no es bueno. Por la experiencia de vida, los sabios tienen la capacidad de vislumbrar el futuro para sus comunidades, organizan a sus comunidades internamente en contra de cualquier agresión que provenga de otros lados. Para ello, son visionarios puesto que han tenido la capacidad de entrever el futuro para el bien de sus comunidades y de la generación futura. Es importante notar que, en África los sabios son personas que han tenido la experiencia de vida que les permita tener la

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capacidad de evaluar el pasado y el presente con el fin de proyectar mejor la certeza del futuro para su pueblo.

Teniendo eso en cuenta, nadie negaría que el beato José Allamano fuera un sabio, debido a que supo leer los signos de los tiempos. Pudo ojear desde Italia la realidad del mundo africano para inquirir sobre la necesidad y posibilidad de llevarles a Jesucristo, único Salvador del mundo. El fundador pudo otear la necesidad de la evangelización del África que en aquel momento era un campo enorme y casi vacío de la evangelización. Ese sueño que inició en 1902 con la despedida de los primeros misioneros a Kenia, se convirtió en una realidad de tal manera que, hoy los misioneros y misioneras de la Consolata se encuentran en más de diez países africanos llevando la Consolación de Dios. La sabiduría que caracterizaba al fundador le permitió tener la capacidad de ver con pasión, atención y amplitud las necesidades de los hombres y mujeres africanos, y gracias a su mirada misionera, pudo percibir desde lejos los horizontes africanos donde descubrió ese “vacío de apostolicidad ”.

En este sentido, la sabiduría del fundador se refleja en su capacidad de ensanchar los horizontes misioneros en pro de la evangelización de los pueblos africanos. Todo eso fue posible porque empleó la sabiduría que Dios le otorgó para poder trascender su ser de sacerdote diocesano a fin de trabajar por la extensión del Reino de Dios a otras tierras fuera de su ambiente local. Así que, la sabiduría del fundador es la base de todos

los quehaceres misioneros de nuestro instituto, de todas las aperturas misioneras, de todos los sueños que el instituto sigue realizando porque él es la columna vertebral alrededor de la cual centramos nuestras proyecciones pastorales y misioneras.

Que el beato José Allamano nos siga bendiciendo a todos para seguir adelante proclamando con fervor el Evangelio tomando a María Consolata como nuestro modelo. Amén.

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LE DIECI ABITAZIONI DELL’ ALLAMANO

LE DIECI ABITAZIONI DELL’ALLAMANOP. Francesco Pavese, IMC

Significato del titolo. Durante il 2015 ci intratterremo su questo tema piuttosto curioso: le case o le abitazioni dell’Allamano. Sappiamo che il nostro Fondatore è vissuto per più della metà della vita alla Consolata, nel suo piccolo appartamento, composto da due camerette, più una terza che funzionava da cappella. Tuttavia, è pure vissuto in altre case, a partire da quella paterna di Castelnuovo, per passare poi al collegio salesiano di Valdocco e, in seguito, al seminario diocesano. Sono state pure sue abitazioni, per tempi brevi, la Consolatina, la casa madre, la villa di Rivoli, il Santuario di S. Ignazio, la villa di Lanzo e la cascina La Morra.

Non proporrò certo un discorso architettonico sulle case. Presentando queste abitazioni, accennerò solo alla composizione degli edifici, ma mi soffermerò più a lungo sul loro significato per la vita del Fondatore in un particolare periodo della sua vita. Riporterò alcuni episodi che dimostrino come si è trovato e che cosa ha compiuto in ognuna di esse. Anche questo sarà un discorso utile, perché ci farà conoscere sempre meglio il nostro Padre nella sua vita reale.

Come introduzione e per creare l’atmosfera a quanto verrà proposto ogni mese, anticipiamo alcune sue espressioni che illustrino lo spirito, come pure lo stile di vita che aveva in qualcuna delle case da lui abitate.

Incominciamo da Castelnuovo: l’Allamano era molto legato alla mamma fin da ragazzo. Amava tenerle compagnia, stando in casa con lei, anche rinunciando ai giochi con i compagni. Sensibile e delicato com’era, non si annoiava di stare vicino alla mamma, specialmente quando non stava bene. Ecco quanto attesta la nipote Sr. Dorotea, figlia di Orsola sorella del Fondatore: «Mia madre soleva dire: “Gli altri fratelli si vedevano sul piazzale a giocare, ma Giuseppe no, mai! Le ore libere, durante le vacanze, le occupava a starsene vicino alla mamma ammalata. Tanto che questa commossa, alle volte gli diceva: Ma adesso va a prendere un po’ d’aria! Ed Egli: Oh; lasciami un po’ star vicino a te! E quando finalmente egli cedeva alle insistenze della mamma, allora si recava in casa della sorella (Orsola) dove governava i bambini e faceva ad essi il catechismo. Tanto che in famiglia solevano dire: il catechismo ce l’ha fatto imparare tutto Giuseppe».

Anni dopo, parlando della sua giovinezza a Castelnuovo e del suo rapporto con la mamma, il Fondatore disse: «C’era la mia buona mamma, la quale era già ammalata, ed io stavo in casa e, non so, era un po’ il suo “checco”; ero mica l’ultimo, ma… per tutti era così». Al suo paese, l’Allamano si trovava molto a suo agio, in modo, però, tutto suo.

I lunghi anni trascorsi alla Consolata, come

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sappiamo, sono stati ricchi di iniziative pastorali di ogni genere, con molte soddisfazioni e riconoscimenti, ma anche con opposizioni e difficoltà. Ecco lo stato d’animo del Fondatore in questo suo ambiente, secondo una testimonianza di p. L. Sales: «Dopo averci un giorno parlato della Consolata, concludeva: “Che volete!…è una devozione che va al cuore. Se avessi da fare la storia delle consolazioni ricevute dalla Madonna in questi quarant’anni che sono al santuario, direi che sono quarant’anni di consolazione. Non è che non abbia avuto da soffrire; lo sa Iddio quanto! Ma lì, ai piedi della Consolata, si è sempre aggiustato tutto”». La sua lunga permanenza al santuario mariano lo aveva legato in modo tutto particolare alla figura della Vergone Consolata, che riteneva “sua” e della quale si sentiva “custode”, “segretario” e “tesoriere”. Si confidò un giorno, con tutta semplicità: «[In duomo] vi è una statua della Madonna: quella è la Madonna a cui voglio più bene dopo la nostra Consolata».

Anche il santuario di S. Ignazio, in certo senso, era casa sua. Come Rettore non ometteva mai di seguire gli esercizi spirituali sia dei sacerdoti che dei laici. Dopo avere fondato gli istituti missionari, trascorreva del tempo i con suoi giovani durante le vacanze estive, specialmente in occasione della solennità dell’Assunta. Che si trovasse bene lassù è indubbio. Ecco che cosa ha scritto alla comunità in vacanza a S. Ignazio pochi mesi prima di morire: «Vedo il vivo desiderio di avermi con voi nella solennità di Maria Santissima. Sarebbe pure questo tutto il mio gusto. Lo feci per tanti anni! E poi sono proprio sperso di voi… Ma, miei cari, gli anni passano e le miserie aumentano…e non si può più fare come si vorrebbe. Facciamo tutti il sacrificio, voi ed io, in onore della nostra cara Madre. Io però in spirito sarò con voi […]; e poi vivrò costì col cuore, e voi stessi sentirete la mia presenza! […]. So che praticate i miei moniti, e vivete santamente: questo è il mio più caro compenso al bene che vi voglio. Vi benedico».

C’è un aspetto che non va dimenticato in questa introduzione. Il Fondatore era una persona piuttosto riservata. Non amava girare tanto. Trascorreva lunghe ore alla Consolata, senza

uscire. Dall’arcivescovo mons. Davide Riccardi, quando andò a ringraziarlo per la nomina a canonico effettivo, il Fondatore si sentì dire: «Questa nomina servirà anche a migliorare la sua salute. Lei passa la giornata al tavolino e fra le mura del santuario e del convitto. Quale canonico effettivo dovrà frequentare il coro, e quindi sarà obbligato a fare la passeggiata dal santuario al duomo».

Da queste brevi pennellate, credo che appaia evidente che l’Allamano si trovava a suo agio ovunque. Nonostante che passasse le “giornate a tavolino”, come gli disse l’arcivescovo, frequentò, sia pure in tempi diversi, le sue abitazioni, nelle quali viveva sereno e lavorava. Gustava certo le sue case, che teneva in modo ordinato e decoroso. In esse, quando occorreva, si riposava, ma soprattutto le valorizzava come luoghi nei quali compiva una missione. Questa è davvero una sua caratteristica: in ogni casa, il Fondatore compì una missione speciale, legata alla natura di quel particolare ambiente.

Mi auguro di poter fare emergere proprio questa caratteristica nelle brevi presentazioni che proporrò nei mesi seguenti, durante questo anno.

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ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE

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DOPO LA CONSULTA, VERSO IL CAPITOLOConsiglio DG

Riportiamo qui il cammino presentato alla Consulta che dovrebbe accompagnarci fino al prossimo Capitolo Generale. Questi sono i momenti previsti per la creazione e la realizzazione del progetto missionario di rivitalizzazione e di ristrutturazione dell’Istituto che dovremo costruire insieme come Missionari della Consolata.

1. Elaborazione da parte della DG di un progetto missionario di rivitalizzazione e di ristrutturazione dell’Istituto seguendo le indicazioni della Consulta e della riflessione dei Continenti e presentazione a tutto l’Istituto per l’approfondimento, la riflessione e lo studio degli orientamenti per ogni missionario, ogni comunità, ogni Circoscrizione,2. Animazione e sensibilizzazione a tutti i livelli sul progetto missionario di rivitalizzazione e di ristrutturazione dell’Istituto,3. Elaborazione alle Assemblee Pre-Capitolari di un progetto missionario Continentale in relazione con il progetto missionario di rivitalizzazione e ristrutturazione dell’Istituto,4. Codificazione del progetto missionario di rivitalizzazione e di ristrutturazione dell’Istituto nel

prossimo Capitolo Generale XIII nel 2017!

Formazione di baseLa formazione di base come spesso accade, occupa una buona parte delle nostre sessioni di Consiglio, metto qui delle note per aiutare a continuare la riflessione e la condivisione tra di noi. Tutti siamo consapevoli che senza preparare i giovani missionari di domani non potremo continuare la nostra missione e non possiamo neppure immaginare un rinnovamento del nostro essere ed operare. Da diversi anni molti missionari vedono nella

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formazione di base la problematica più grande dell’Istituto, altri pensano che non riusciamo più a formare i missionari come un tempo per cui non abbiamo molto futuro davanti, altri missionari ancora credono che addossare molte responsabilità alla formazione è un alibi per non affrontare i problemi e le debolezze che noi come missionari più grandi, fratelli maggiori, abbiamo. Certamente la formazione è importante e rimane il fatto che attualmente abbiamo difficoltà reali a trovare missionari disponibili a dedicare la vita alla formazione di altri. Il Signore ci benedice particolarmente in Africa con molti giovani che vogliono essere Missionari della Consolata, ma abbiamo più aridità negli altri Continenti e questa situazione genera qualche apprensione guardando al futuro. Certamente dobbiamo pregare di più per le vocazioni e chiedere a tutti maggiore impegno nell’AMV; non possiamo delegare ad altri questo servizio. Sinceramente, l’ho ripetuto più volte ed ora lo scrivo, faccio fatica a capire come un carisma bello come il nostro non incontri giovani generosi che vogliono dare la vita. Forse, la prima e più grave

causa della mancanza di vocazioni siamo noi missionari stessi.L’altro tema che fa molto discutere e riflettere è quello dello stile di formazione. Più volte e in più occasioni ci siamo detti che non stiamo formando per la missione che facciamo e che vogliamo. Vediamo i nostri giovani missionari con altri interessi o con altre aspirazioni rispetto alla missione per cui noi, fratelli maggiori, ci siamo donati ed impegnati. Questo fatto rivela alcune considerazioni importanti. Prima di tutto dobbiamo pensare che i giovani non si ritrovano nel nostro stile e che noi facciamo fatica a cambiare e ad accogliere la novità che essi portano. Ma, dall’altra parte, è difficile e problematico continuare a presentare una missione che è cambiata nei modi e nei contenuti. L’unica possibilità che ci rimane è quella di cercare insieme, anziani e giovani, nel dialogo, la realizzazione della nuova missione di cui tanto parliamo. Relativamente allo stile da un po’ di tempo abbiamo aperto il cammino a delle forme nuove di formazione, considerando che la vera formazione si riceve direttamente

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nella missione e da una comunità significativa più che da un singolo formatore. Con questo spirito abbiamo iniziato la “comunità formativa apostolica” di Mendoza (Argentina). In questa sessione di Consiglio abbiamo approvato l’apertura di un’altra “comunità missionaria apostolica” in Portogallo. Come DG abbiamo specificato alcuni criteri che vogliamo qui ricordare per conoscenza di tutti.

Criteri per la possibilità di aprire una “Comunità formativa apostolica” nella Circoscrizione:

1. Che sia presente una comunità formativa,2. Che sia situata in un contesto di missione,3. Che abbia la possibilità di una scuola di teologia valida,4. Che sia assunta anche economicamente in toto dalla Circoscrizione,5. Che abbia l’autorizzazione della DG.

Questo è il cammino che come DG vogliamo seguire, pur lasciando alcuni Seminari “tradizionali”, desideriamo aprire anche la possibilità a queste esperienze perché riteniamo che possano aiutare e qualificare la nostra missione. L’apertura di alcune “comunità formative-apostoliche” non significa voler cambiare integralmente la forma dei nostri centri di formazione, ma è una risposta che riteniamo importante in certi contesti e situazioni. Certamente alcuni “grandi seminari tradizionali” restano necessari, ma per tutti rimane il compito di rivedere il nostro stile di formazione per qualificarla maggiormente in linea con il cammino attuale della Chiesa. Riconoscendo che la formazione di base rimane sempre nella nostra riflessione vi invito a continuare a pensare e ad agire per trovare strade e percorsi che possono permettere a tutti noi, insieme ai nostri giovani, di rispondere sempre più fedelmente alla missione a noi affidata.

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PREPARIAMOCI ALL’ANNO 2015 DEDICATO ALLA VCP. Stefano Camerlengo, IMC

Il giorno 29 novembre 2013, il Santo Padre Francesco, alla fine dell’incontro con 120 Superiori generali di Istituti maschili nell’aula del Sinodo, in Vaticano, svoltosi in un clima di gioia e di grande spontaneità ha parlato “a braccio” rispondendo ad alcune domande, e ha annunciato che l’anno 2015 sarà dedicato alla Vita Consacrata. La notizia, accolta con un lungo applauso dall’assemblea, era stata comunicata dalla Segreteria di Stato alla Congregazione per la vita religiosa alcuni giorni prima.Prima di tutto diciamo che l’Anno della vita consacrata è stato pensato nel contesto dei 50 anni del Concilio Vaticano II, e più in particolare nella ricorrenza dei 50 anni dalla pubblicazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita consacrata.Riteniamo che il Concilio abbia rappresentato un soffio dello Spirito non soltanto per l’intera Chiesa ma, forse in modo particolare, per la vita consacrata. Siamo pure convinti che in questi 50 anni la vita consacrata ha percorso un fecondo cammino di rinnovamento, non esente certamente da difficoltà e fatiche, nell’impegno di seguire quanto il Concilio ha chiesto ai consacrati: fedeltà al Signore, alla Chiesa, al proprio carisma e all’uomo di oggi (PC 2).

Proprio perché riconosciamo in questi 50 anni che ci separano dal Concilio un momento di grazia per la vita consacrata, in quanto segnati dalla presenza dello Spirito che ci porta a vivere anche le debolezze e le infedeltà come esperienza della misericordia e dell’amore di Dio, vogliamo che questo Anno sia un’occasione per fare “memoria grata” di questo recente passato . Ecco il primo obiettivo dell’Anno della vita consacrata.La vita consacrata, come ricordava Papa Francesco nell’incontro con i Superiori generali, «è complessa, è fatta di peccato e di grazia». In questo Anno vogliamo riconoscere e confessare la nostra debolezza, ma vogliamo anche “gridare” al mondo con forza e con gioia la santità e la vitalità che sono presenti nella vita consacrata. Quanta santità, tante volte nascosta ma non per questo meno feconda, nei monasteri, nei conventi, nelle case dei consacrati, che porta questi uomini e donne ad essere “icone viventi” del Dio “tre volte santo”! Questa convinzione ci porta a confessare con l’Apostolo che «dove abbondò il peccato, soprabbondò la grazia». Invitiamo tutti ad unirvi al ringraziamento per il dono della vita consacrata al mondo e alla stessa Chiesa.

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Con lo sguardo positivo su questo tempo di grazia che va dal Concilio ad oggi, vogliamo, ed ecco il secondo obiettivo, “abbracciare il futuro con speranza” . Siamo ben coscienti che il momento presente è «delicato e faticoso», come affermava Giovanni Paolo II in Vita Consecrata (VC 13) e che la crisi che attraversa la società e la stessa Chiesa tocca pienamente la vita consacrata. Ma vogliamo assumere questa crisi non come l’anticamera della morte, ma come un kairos , un’occasione favorevole per la crescita in profondità e, quindi, di speranza, motivata dalla certezza che la vita consacrata non potrà mai sparire nella Chiesa, poiché «è stata voluta dallo stesso Gesù come parte irremovibile della sua Chiesa» (Benedetto XVI ai Vescovi brasiliani in Visita ad limina , 5 nov. 2010). Di fronte a tanti “profeti di sventura” vogliamo rimanere uomini e donne di speranza; una speranza che non si basa sui nostri “carri e cavalli”, cioè sulle nostre forze, sui nostri numeri, ma su Colui nel quale abbiamo riposto la nostra fiducia. In Lui nessuno ci ruberà la nostra speranza.Questa speranza non ci risparmia, e di questo ne siamo coscienti, di vivere il presente con passione, terzo obiettivo di questo Anno della vita consacrata. La passione parla di innamoramento, di vera amicizia, di profonda comunione... Di tutto questo si tratta quando parliamo di vita consacrata, ed è questo che

dà bellezza alla vita di tanti uomini e donne che professano i consigli evangelici e seguono “più da vicino” Cristo in questo stato di vita. L’Anno della vita consacrata sarà un momento importante per “evangelizzare” la propria vocazione e testimoniare la bellezza della sequela Christi nelle molteplici forme in cui si esprime la nostra vita. Come consacrati raccogliamo il testimone lasciato dal nostro Fondatore. Spinti anche da Papa Francesco, in questo Anno vogliono «svegliare il mondo» con la nostra testimonianza profetica, particolarmente con la presenza nelle periferie esistenziali della povertà e del pensiero, come Papa Francesco ha chiesto ai Superiori generali.Come consacrati siamo consapevoli che, oltre a raccontare la grande storia che i nostri hanno scritto nel passato, siamo chiamati a scrivere una non meno bella e grande storia nel futuro (VC 110). Tutto questo ci porterà come consacrati a continuare il rinnovamento proposto dal Concilio, potenziando la nostra relazione con il Signore, la vita fraterna in comunità, la missione, e curando una formazione adeguata alle sfide del nostro tempo, in modo da «riproporre con coraggio» e con «fedeltà dinamica» e creativa (VC 37) l’esperienza del Fondatore. Ecco gli obiettivi principali di questo Anno della vita consacrata, per il quale ringraziamo di cuore il Santo Padre Francesco.

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TAIWAN: CAMBIARE IL NOME, MA NON IL CUOREPP. Eugenio Boatella, Mathews Odhiambo, Piero Demaria, IMC

L’apertura a Taiwan porterà una grossa novità per il nostro Istituto: Per la prima volta, infatti, dovremo rinunciare a presentarci ufficialmente come Missionari della Consolata, ovverosia con il nome della nostra Patrona non tradotto nelle lingue dei vari posti dove ci troviamo ad operare. Abbiamo perciò chiesto ai nostri tre missionari presenti sul posto di chiarire il perché di questo cambio che modifica quella che è stata finora la prassi dell’Istituto.

“Per esistere come congregazione religiosa a Taiwan è necessario assumere un nome che sia scrivibile mediante gli ideogrammi, perché su tutti i documenti ufficiali esso viene riportato in caratteri cinesi. Due opzioni sono possibili:

1 si individua un nome che conservi il suono originale “Consolata”

2 si esprime “Consolata” con una parola cinese che ne rispetti il significato.

Il vescovo della diocesi di Hsinchu, dove ci troviamo, ci ha presentato sin da subito la necessità di trovare un nome cinese per il nostro Istituto, ma ci ha lasciati liberi sulla via da seguire.

Siccome il Fondatore desiderava che il titolo della nostra Madre venisse conservato inalterato in tutte le varie lingue (così è stato fatto in tutte le nostre presenze nel mondo), abbiamo subito pensato che la prima opzione fosse la più adatta alla nostra realtà ed abbiamo chiesto a varie persone come si potesse rendere il suono “Consolata” con i caratteri cinesi. Qui la prima grande sorpresa: siccome non esiste alfabeto, non è possibile riprodurre fedelmente il nome della nostra Madre, ma si può soltanto trovare un termine che suoni più o meno come “Consolata”, cioè “Cansulata” o “Consoulata”.

La ragione principale, che ci ha portati a propendere per la seconda opzione è però di

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natura pastorale: ci siamo accorti, parlando con i fedeli che conoscono l'Inglese, che quando il nostro Istituto veniva presentato la gente non sentiva nemmeno il termine “Consolata”, che per loro non aveva alcun significato. La scrittura cinese contiene in ogni carattere il senso di ciò che viene espresso, per cui quando le persone leggono un nome, istintivamente vi cercano un significato e, se non lo trovano, passano semplicemente oltre. La lingua cinese, inoltre, è il grande principio di unità di tutto un popolo, perché si scrive in un unico modo e viene poi pronunciata differentemente a seconda dei vari dialetti. Se scegliessimo un ideogramma che riproduce il suono “Consolata”, quando andassimo a fare un'animazione missionaria nel sud di Taiwan, dove si parla il dialetto Taiwanese, potremmo trovarlo pronunciato in un modo diverso, che magari non ricorderebbe nemmeno da lontano il nome della nostra Madre.

Dopo esserci consultati con il vescovo, con le professoresse di cinese, con preti locali e missionari stranieri, ci siamo seduti attorno ad un tavolo per cercare di discernere quale fosse la vera fedeltà al desiderio del Fondatore e alla tradizione del nostro Istituto: mantenere a tutti costi un nome privo di significato per la gente e che sarebbe stato soggetto a varie storpiature o compiere un nuovo passo e trovare un nome che esprima la Consolazione che Maria ha ricevuto da Dio e che tramite suo Figlio Gesù offre al mondo?

Ci è sembrato che il contesto in cui ci troviamo ci conduca verso questa seconda opzione e abbiamo dunque presentato i frutti del nostro discernimento alla Direzione Generale che ha approvato e dato il via libera affinché potessimo assumere il nome cinese che meglio esprime chi siamo nella lingua e nella cultura del posto.

Siamo contenti di avere un nome Cinese, 聖母神慰 Shan Mu Shen Wei, che letteralmente significa Santa Madre della consolazione divina e che rende il nostro Istituto un po' più vicino a questa gente e a questo mondo”.

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CASA GENERALIZIA

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DICEMBRE 2014P. Renzo Marcolongo, IMC

La programmazione del “Progetto Comunitario di Vita” per l’anno 2015 ha visto coinvolti quasi tutti i membri della nostra comunità. Sabato 22 novembre ci siamo ritrovati e dopo una breve introduzione del padre Stefano, ci siamo divisi in 4 gruppi per rivedere e revisionare il progetto dell’anno scorso e programmare il nuovo progetto tenendo in conto l’esperienza del 2014.

Durante il prossimo anno, qualificato dalla VITA CONSACRATA e avendo come protettori annuali il nostro FONDATORE e SUOR IRENE, vorremmo testimoniare il nostro vivere assieme con la specificità del “prendere a cuore”.

Desideriamo prendere a cuore le nostre relazioni interpersonali per costruire una comunità dove “tutti si sentono e si accolgono come fratelli, si interessano gli uni degli altri, vivono la missione in unità di intenti, fanno proprie le gioie, le sofferenze e le speranze dell’Istituto” (Cost. 15).

Vogliamo prendere a cuore la ricchezza della nostra interculturalità per esprimere il nostro pensiero teologico e il culto (cfr. Cost. 77) con libertà e rispetto del luogo.

Desideriamo prendere a cuore la missione, nei limiti del nostro possibile, per aprirci alle realtà che vanno più in là della nostra casa e che ci inseriscono nel mondo ecclesiale e sociale nostro.

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Questo progetto non è solo una programmazione, ma uno spirito che vogliamo avere e vivere, e lo spirito è: PRENDERE A CUORE.

Questo nuovo progetto diventerà ‘effettivo’ il giorno del nostro primo ritiro comunitario.

Il pomeriggio dello stesso giorno, due di noi, padre Renzo e padre Paolo Fedrigoni (di passaggio a Roma prima di tornare negli USA) sono andati a rappresentare il nostro Istituto alla cerimonia di presa di possessione del nuovo abate dell’abbazia di Montecassino. Il nuovo abate Dom Donato Ogliari fu missionario della Consolata e ci ha ricordati con affetto nel suo discorso di possessione. A lui i nostri più cordiali auguri nel suo nuovo ministero.

Alla fine del mese padre Stefano e Rinaldo partono per il Congo e torneranno il 25 dicembre. Padre Pendawasima va in Spagna per

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ritornare tra noi il 10 e partire quasi subito per l’Africa. Padre Salvador parte per Torino per un controllo medico e lo ricoverano per togliergli quello che gli è rimasto della cistifellea. Tornerà a Roma poco prima di partire per l’America Latina. Marco Marini parte per il Kenya e farà ritorno poco prima di Natale. Ugo Pozzoli viaggia in Italia visitando le comunità.

Il 26 novembre celebriamo il compleanno di Patrick, l’archivista dell’Istituto e gli auguriamo tanti anni di servizio all’archivio che ha saputo organizzare e sistematizzare bene.

Il 5 dicembre tre nostri studenti di Bravetta fanno la loro professione perpetua e il giorno dopo vengono ordinati Diaconi nella parrocchia del Crocefisso per l’imposizione delle mani di Mons. Savio Hon Tai-Fai, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Un folto gruppo di noi partecipa a questi eventi.

Seguendo una piacevole tradizione della casa generalizia, oggi 12 dicembre abbiamo voluto dire ‘GRAZIE’ a tutto il personale che lavora con noi. Se la casa funziona bene ed è accogliente possiamo ringraziare le 14 persone che vi lavorano con dedizione, professionalità, nel silenzio e volendoci bene. Grazie di cuore a tutte e tutti.

Allo stesso giorno abbiamo voluto salutare il padre Pendawasima che parte per visite ai confratelli in Africa. Lo facciamo in modo speciale perché tra alcuni giorni celebrerà il suo compleanno e il 29 dicembre sarà il 25simo di sacerdozio. Ad multos annos caro Penda!

Marco Marini parte per l’Etiopia e sarà di ritorno il 23 di dicembre, in tempo per celebrare con noi il Natale.

Sabato 13 dicembre la comunità fa il suo ritiro per l’Avvento e ci guida il padre Donato Cauzzo, Camilliano, che lavora nel dicastero dei religiosi in Vaticano. Il tema è: “I consacrati nell’oggi della chiesa – gioiosi, profeti, fraterni” e Donato ne parla con competenza e profondità.

La mattinata del ritiro termina con un momento di adorazione durante il quale viene dato “ufficialmente” a tutti il nuovo “Progetto Comunitario di Vita” che ci guiderà durante tutto il prossimo anno.

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Anno della vita Consacrata

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VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI

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Se não modificarmos as nossas condições de vida, de modo que se possa dizer com toda a verdade “é possível outra vida religiosa”, a espiritualidade por si só não nos tira da situação em que estamos a viver. Em suma, porque não nos tira do sistema de sociedade em que estamos devidamente instalados e satisfeitos”

Paz e bem,

Continuamos a fazer memória da vida quotidiana das comunidades, grupos e actividades que mensalmente desenvolvemos. É sempre bom fazer memória e partilhar a vida. Façamo-lo, hoje e sempre. A missão não é outra coisa que partilha do que Deus faz em nós e através de nós. Neste ano dedicado à Vida Consagrada, partilho um excerto de um livro que me tem ajudado a rezar e reflectir sobre a vida Consagrada. Animemo-nos mutuamente neste caminho de redescoberta da Vida Consagrada no serviço ao Reino de Deus. Se as coisas forem pensadas devagar, notase na Vida Religiosa actual um fenómeno que é, certamente, o que mais dá que pensar. A vocação para a Vida Religiosa, desde Santo Antão, o primeiro ermitão, até aos nossos dias, supõe sempre um chamamento, um impulso, uma atracção. Isto é claro. Mas tão claro como isso é que esse chamamento ou, se se prefere,

esse impulso tem de se concretizar em duas coisas: 1) Uma espiritualidade, ou, se se prefere, uma mística; 2) Algumas condições externas de vida que tornem possível a realização dessa espiritualidade ou dessa mística. Se faltar uma dessas coisas, o impulso inicial (o chamamento) pode ver-se reduzido a nada. Pois bem, parece-me que, na grande intuição que tiveram os primeiros monges, teve a primazia o que para eles era mais importante do que a “espiritualidade”: foi o conjunto de “condições externas de vida” nas quais, de facto, se realizou o chamamento que cada um sentiu no seu interior.

ESPIRITUALIDADE E CONDIÇÕES DE VIDA

P. António Fernandes, IMC

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PortogalloPor isso, a primeira coisa que faziam aqueles homens era irem para o deserto, viverem em condições de vida extremamente duras, trabalharem de manhã à noite sob um sol abrasador, comerem o estritamente indispensável, dormirem no chão, viverem em solidão, superarem os medos mortais do deserto e até sofrerem a imaginária luta com os demónios, as forças do mal que os atacavam de mil modos. Isto é, aqueles rudes, que fugiam das cidades ou batiam à porta dos mosteiros, certamente não sabiam nada ou quase nada de “espiritualidade”. A única coisa que sabiam e queriam era viverem de outra maneira. É aqui que está a diferença entre os monges e nós, religiosos actuais. Para os monges do século IV, o factor determinante eram as “condições externas da vida”. Para nós hoje, o factor determinante é a “espiritualidade”. É claro que um jovem ou uma jovem que entra em noviciado encontra nele condições de vida que não são as que tinha em sua casa. Mas também é certo que o que encontra no noviciado são usos e costumes diferentes dos de qualquer família normal. Usos e costumes pensados em função da espiritualidade, não em função de romper radicalmente com o sistema de sociedade que nos impôs o sistema no qual o jovem ou a jovem viviam antes de entrar no noviciado.

Com isto quero dizer que o determinante para os religiosos actuais é a espiritualidade e as condições de uma vida que tornam possível essa espiritualidade mas não as condições de vidas que têm como consequência a ruptura com o sistema estabelecido. E, então, o que acontece é que imaginamos que a Vida Religiosa assenta sobre uma determinada espiritualidade e nada mais do que isso. O que é falso. E além disso, é perigoso. Porque desde o momento em que colocamos assim as coisas, a espiritualidade converter-se numa eventual armadilha e porventura também num engano. Porque, afinal, trata-se de uma espiritualidade que se utiliza para justificar e manter uma Vida Religiosa integrada no sistema de sociedade de que logo nos queixamos a qualquer momento e que denunciamos ingenuamente nas nossas pregações e nos nossos escritos. Por outro lado, tudo isso explica a ineficácia de tantas reuniões de religiosos (capítulos gerais, congregações provinciais e gerais, assembleias de todo o tipo ou de cada província…) que têm como objectivo renovar a espiritualidade da Vida Religiosa. É evidente que a espiritualidade é, não só importante, mas inteiramente decisiva para qualquer cristão e, por consequência, para todos os religiosos. Mas com espiritualidade e nada mais não resolvemos a crise. Nem à força de espiritualidade vão aumentar as vocações para a Vida Religiosa.

Se não modificarmos as nossas condições de vida, de modo que se possa dizer com toda a verdade “é possível outra vida religiosa”, a espiritualidade por si só não nos tira da situação em que estamos a viver. Em suma, porque não nos tira do sistema de sociedade em que estamos devidamente instalados e satisfeitos”.

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aMI PERMANENCIA IN ITALIA

P. Angelo Casadei, IMC

Ayer por la mañana temprano volví a Colombia, con varios de ustedes ya nos encontramos y me comuniqué por teléfono, de manera especial con los enfermos y ancianos. El p. Javier Díaz, lo encontré en la casa provincial ya salió del hospital, tiene dificultad para caminar, tiene que cuidarse y hará ejercicios de fisioterapia, lo importante es que se encuentra muy bien de ánimo. Ayer estuvimos celebrando la Eucaristía con él y en el momento de compartir, nos confesó que está sereno, que ha vivido más de 70 años sin grandes problemas de salud y tuvo la dicha de dedicar buena parte de su vida a la misión y que ahora sigue sereno y listo para lo que Dios quiera.

El p. Antonio Marini, sigue muy enfermo, el tumor de cáncer en el pulmón está deteriorando su salud rápidamente y se está apagando como una vela, el martes por la noche saldré para Florencia a visitarlo y estar con él.

Estuve hablando también con el p. Graziano Ventura su salud sigue estacionaria. El p. Guillermo Narváez, tiene unas cirugías que están pendientes y se encuentra bien de ánimo.

Mi permanencia en Italia ha tenido tres momentos:

1. Acompañar por 15 días a Mons. Joaquín Humberto Pinzón en un recorrido por algunas agencias que apoyarán al nuevo Vicariato que en este momento no es viable económicamente. Pienso que nos fue bien y logramos buenos contactos y la acogida fue extraordinaria.

2. Participar a la Consulta 2014 en Fátima, fueron 20 días, con momentos de mucha fraternidad y comunicación. Se confirma el camino que dictó el ultimo capitulo general, se trabajó de manera especial el tema de la continentalidad. Todos juntos elaboramos el proyecto para los próximos tres años, saldrá un documento que está elaborando la Dirección General. Trabajamos por continentes dando

pasos en el camino que ya se está haciendo. Todos tenemos que colaborar para construir este proceso.

3. Después de visitar algunos bienhechores, algunos familiares de los misioneros de la Consolata que trabajan en Colombia, he pasado los últimos 15 días con mi familia, aprovechando la venida de mi hermano Gabriele.

El 19 de diciembre el p. Ezio Guadalupe Roattino cumple 50 años de ordenación presbiteral por eso lo felicitamos desde ahora y con el deseo de festejarlo todos juntos en la semana de los Retiros Espirituales que tendremos desde el 19 hasta el 23 de enero 2015 en Bucaramanga. Renovamos la invitación a participar todos, desde Bogotá organizaremos el trasporte hasta la ciudad de Bucaramanga.

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biaAyer empezamos un nuevo año litúrgico con el tiempo del adviento que nos acompañará a la fiesta de la navidad. Con el primer domingo de adviento hemos empezado un año dedicado a la Vida Religiosa una oportunidad más que nos ofrece la Iglesia para renovarnos y ofrecer al mundo nuestro lindo carisma de la misión y la consolación.

Me despido deseándole una buena preparación a la Navidad con sus comunidades cristianas que nos hacen vivir la fe de manera aterrizada con todo lo que conlleva la vida de cada día.

Que Dios los bendiga.

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VITA NELLE COMUNITÀ«O MISSIONÁRIO NÃO CONSEGUE FAZER

NADA SOZINHO»

FÁTIMA MISSIONÁRIA Está há 11 anos na Tanzânia. Primeiro no interior e agora numa zona mais urbana. Como tem acompanhado a evolução do país?

Casimiro Torres O país, como praticamente não tem recursos naturais, é pacífico, mesmo a nível tribal, ao contrário de outros países como o Quénia, o Sudão ou o Congo, onde há muitos interesses internacionais em jogo. Está a desenvolver-se lentamente, mas no interior ainda há muitas dificuldades. Na missão onde estive, em Sanza, tínhamos de fazer 70 quilómetros para encontrarmos a primeira estrada asfaltada. Havia muitos problemas no acesso à saúde e como o povo tanzaniano só pede ajuda em situações limite, chegaram a morrer-nos duas pessoas no carro, quando as tentávamos levar ao hospital mais próximo.

FM Uma das doenças mais complicadas, comum a toda a África, é a malária. Há boas medidas de prevenção?

CT Há as redes, que se devem usar sobretudo à noite, mas a grande maioria não usa, e por isso muitos foram infetados, até eu apanhei a malária lá. Já se manifestou duas vezes, mas se for controlada não há problema. O problema é quando deixamos passar o tempo e ela avança, tornando o organismo mais vulnerável. Se ataca o cérebro é que não há nada a fazer.

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FM Que dificuldades tem sentido enquanto evangelizador missionário da Consolata e da Igreja Católica?

CT O povo tanzaniano quando acredita tem uma fé profunda e verdadeira. No entanto, fruto da sua cultura, mistura muito a fé com as tradições pagãs e continua muito ligado à bruxaria e à feitiçaria. Se uma pessoa tem uma doença, é capaz de ir ao hospital, mas não deixa de ir também ao bruxo ou ao curandeiro. E isso é transversal a qualquer religião. É algo que lhes está no sangue. Por vezes, até acreditam mais nisso que em Deus e em Jesus Cristo.

FM O ano passado um grupo de voluntários portugueses foi em missão à Tanzânia. O que significa para os missionários, e sobretudo para os locais, a presença destes jovens?

CT É um sinal de que a Igreja é universal e também de que o trabalho missionário é válido e reconhecido. Para mim, em particular, demonstra que não estamos lá sozinhos. Mostra que há pessoas interessadas no nosso trabalho e que há alguém na retaguarda a colaborar e a ajudar. Mesmo que tenha muitos projetos, ideias e boa vontade, o missionário não consegue fazer nada sozinho. E é esta ligação, entre o missionário que vai e a comunidade que fica, que torna possível o nosso trabalho. Por isso é tão importante para nós que a comunidade conheça, que sinta e apoie.

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PARROQUIA NUESTRA SEÑORA DE LA MISERICORDIA PARTICIPÓ DE LA MISIÓN JOVEN MENDOZA 2014:

PONE FE

Con palabras de nuestro Arzobispo, Carlos María Franzini, la Misión Joven «quiere ser la respuesta de la Iglesia mendocina a la propuesta que recibieron los jóvenes participantes de la Jornada Mundial de la Juventud de Rio de Janeiro» En aquella oportunidad el Papa les pidió a los jóvenes que al regresar a sus diócesis no sólo “hagan lío”, sino también que “vayan a servir”. El fundamental servicio que han de ofrecer los jóvenes es el gozoso anuncio del Evangelio a los otros jóvenes» (Carta Pastoral para la Cuaresma) .Para llevar a cabo este propósito, y bajo el lema «Poné fe»,

En la parroquia Nuestra Señora de la Misericordia, el desafío fue aún mayor, ya que se seleccionaron 10 miembros de distintos grupos de la comunidad con el objetivo de compartir y conocer de una manera peculiar la forma de trabajo de cada uno para enriquecer en si la misión. Al momento todos dejaron en manos del Señor su carisma para poder trabajar siendo conscientes que miraríamos a nuestros hermanos con ojos de servidores teniendo un objetivo en común:

Tras los momentos de preparación y el lema: ¡Poné fe! Consistiendo en el carisma y la audacia apostólica, de tantos que entendieron el horizonte trazado por Cristo, que nos enseñó a salir de nosotros mismos en camino de sacrificio, amor y servicio. La propuesta

tenía como objetivo anunciar al Señor a jóvenes que no conozcamos, y a hacerlo con un espíritu solidario. Salir de nosotros mismos y preguntar ¿qué puedo hacer yo por vos? El lema “poné fe” busca responder a la pregunta que muchos nos planteamos ante la invitación de anunciar el Evangelio: pero, ¿qué puedo hacer? ¿Qué podés hacer? ¡Poné fe!

El día se hizo presente para el grupo representante de la parroquia Nuestra Señora de la Misericordia el cual nos tocó alojados en el colegio Don Bosco, para salir a las calles junto a otros grupos anunciando la Buena Nueva, a través, de gestos como símbolos de sonrisas para las personas que encontraran en el camino, motivados por el espíritu misionero , la mañana del Sábado comenzó con lluvia pero esta no canceló las actividades que se realizarían ese día , la jornada dio inicio con una misa para el envío de todos los misioneros que saldrían a compartir la alegría de ser Cristianos donde luego finalizaría con la “Fiesta Joven” donde se reunirían todas las modalidades para festejar el trabajo hecho entre risas y mates de por medio haciendo la previa del domingo para la gran Fiesta Diocesana Mendoza, la noche dio lugar a bailar, divertirse, emocionarse con bandas, obras de teatro y cantar junto con el cantautor Daniel Poli. La noche finalizó con un video hecho por Misión 2.0, mostrando el trabajo de todas las modalidades y la preparación de cada

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Mendoza

comunidad en su respectiva localidad antes de la misión.

La Fiesta dio lugar a 5000 jóvenes que daban el presente ante María, con bailes y obras de teatro mediante las modalidades de Arte que se habían preparado para desplegar tributo a Nuestra Madre, sin más tardar llegaron muchas personas más, para participar y compartir el resto de la tarde concluyendo con la misa celebrada por nuestro Arzobispo, Carlos María Franzini, quien dio la gracias a las personas presentes y finalizó la MJM donde el trabajo recién comenzaría para todos los jóvenes, pero sobre todo mas para el grupo representante de la parroquia Nuestra Señora de la Misericordia que pudimos ser un solo grupo ante tantos pensamientos distintos pero motivamos por el mismo sentimiento “El amor a Cristo” .

Aquí compartimos el testimonio de algunos misioneros de la Comunidad:

José: La MJM ha sido la oportunidad de muchos jóvenes mendocinos para conocer y vivir la Alegría de ser cristiano. Esta alegría que está presente desde el saludo del Ángel a la Virgen cuando le dijo: “Alégrate” (Lc 1,28) y que viene siendo recalcada por el papa Francisco en su pontificado: “La alegría del Evangelio llena el corazón y la vida entera de los que se encuentran con Jesús” (Evangelio gaudium No. 1). Vivo esta Alegría no como un entusiasmo de algo pasajero sino como una convicción de que Cristo vive en mí y me hace feliz, creo que muchos jóvenes lo experimentaron de esta misma forma. Deseo y pido a Dios que esta experiencia siga creciendo, se haga fuerte y así convencidos todos del mensaje de gozo que nos regala el Evangelio pueda ser contagiado y llegue al corazón de los que poco o nada conocen de Cristo, especialmente en aquellos que hemos encontrado en la MJM.

Gustavo: Fue una experiencia inolvidable, emocionante e incentivarte a misionar con tantos jóvenes en distintos lugares, para los que vivimos la misión joven no nos olvidaremos. Misionar a pesar de que llovía en el primer día que salimos, mostraba la alegría y entusiasmo por llegar a los que no conocíamos. En la Misión Callejera aprendí a mirar a los ojos a las personas y ver en ellos lo que sentían al escucharnos y sentirse ayudados en lo posible. La fiesta joven fue algo

que no puedo explicar en cortas palabras.

Luciano: Estamos escribiendo la historia de Nuestra arquidiócesis de Mendoza (Dijo Monseñor Franzini) en ocasión de la misa de envío a los Jóvenes de la modalidad Callejeros.

Todo empezó con aquella frase del Papa Francisco “Hagan Lio” en Rio.

Y en Mendoza por noviembre del 2013 se empezó a escribir una página en blanco en nuestra arquidiócesis, habremos sido unos 50 Jóvenes reunidos escuchando la propuesta de una misión con todos los jóvenes de Mendoza…… “Grata noticia para aquellos que creemos que ha Cristo se lo predica también puertas para afuera”…. La misión había comenzado para muchos de nosotros CONVENCER a nuestras comunidades y Párrocos que este era el momento para muchas misiones imposibles pero para aquellos que estamos Locos por Cristo el desafío era una simple decisión Misión Joven SI.

Preparar un grupo de jóvenes que sintieran a Cristo de esa manera que Él nos pide….”Deja todo y seguime” esos fueron Gema, Denia, Rodrigo, Gutty, Mariano jóvenes de distintos carismas pero con el objetivo tan claro por y para Cristo fue así que nos pusimos en marcha para conseguir el dinero para la misión y aquí las Bendiciones fueron muchas gente que nos daba plata sin preguntar si cuestionar y así fue que la misión había comenzado sin comenzar, misionábamos a los nuestros y a los ajenos.

Pues con este empuje se sumaron más jóvenes Gustavo e Ignacio de JMC y también seminaristas de los Misioneros de la Consolata José y Joseph y de repente teníamos un Grupo de Misioneros de la Parroquia Nuestra Señora de la Misericordia.

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PALMEIRA

No mês de Outubro, Palmeira não ofereceu grandes novidades. Cada membro da comunidade foi procurando ser o mais eficaz possível nas suas próprias tarefas. O P. Jorge, com toda a fidelidade que o caracteriza, continua as suas visitas às escolas, enquanto se movimenta também de acordo com os programas do ANIMAG, e se fez presente na celebração dos 100 anos do movimento Scheoenstatt. O P. João não tem mãos a medir nas várias actividades da Paróquia. O P. Alceu tenta marcar passo, assumindo as tarefas que lhe foram atribuídas, mas parece não acertar ainda muito bem com o ritmo. Assustase com as contas, com o banco, com as compras, com a condução (coisa estranha circular na estrada pelo lado direito! Estes europeus do continente têm cada costume!) e com tantas outros movimentos que lhe são pedidos. Como “capelão oficial” das Irmãs contemplativas da Visitação, coubelhe o dever de fazer um funeral de uma irmã falecida. Mais uma dor de cabeça. Este é primeiro funeral a que tem que presidir em terras lusitanas (europeias).

Por sorte, o Cónego da Sé esteve presente e ajudou, pelo menos presidindo à missa de corpo presente. Mas no cemitério teve que se arranjar sozinho. O P. João achou por bem diminuir um pouco à dentadura que o Criador lhe concedeu, e fez que lhe extraíssem dois dentes. Em tempos de crise, talvez seja para poupar na alimentação. Mas os dentistas não se compadecem: arrancam os dentes e os euros sem piedade. Assim, pobre P. João, por uns dias teve que fazer uso da varinha mágica, para não magoar o lugar que antes era ocupado pelos dentes. Houve uma prolongada ausência do P. Alceu, que teve que se deslocar por duas vezes a Lisboa, primeiro para um teste à próstata e depois para as análises e consulta que faz cada seis meses. E da segunda vez ficou muito mais tempo: é necessário mais de uma semana para que os resultados estejam prontos. O pior é que é a próstata já deu sinais de fraqueza. Serão necessárias mais deslocações para enfrentar o problema. Claro que os Padres Jorge e João

têm que aguentar não só com os próprios compromissos mas também com a capelania das Irmãs da Visitação. E ao falar das Irmãs “visitandinas”, não podemos deixar de falar dos saborosos dióspiros que elas nos têm oferecido.

Pena que já terminaram. Enquanto o Outono avança e o inverno se aproxima, foi muito apreciado o generoso gesto do Senhor João Neves que nos ofereceu uma tonelada de lenha para tentarmos fazer frente à ameaça do frio e da humidade, tão abundantes nesta nossa casa, quase à beira-rio construída. E é este senhor João Neves que sempre se disponibiliza para dar uma mão naquilo que seja necessário aqui. O P. Jorge aproveitou este tempo também para dar mais um corte à relva do jardim. Será o último do ano? É provável que sim. Com o frio, todas as plantas se encolhem e recusam crescer. A relva não é excepção. Ficará também ela à espera dos dias de primavera para recomeçar o sem crescimento.

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Neisu

Un caro saluto a tutti dal cuore della foresta equatoriale del Congo. La missione di Neisu ( in lingua locale Kimbetu significa cuore) dove il Signore mi ha mandato, si trova nel territorio di Rungu , nel distretto dell’Alto Uélé, nella Provincia Orientale della République Démocratique du Congo. E’ situata in piena foresta equatoriale a 33 km dalla città di Isiro ( Ebola 2012!). Lo stato purtroppo da anni ha dimenticato questo distretto, le strade che esistevano anni fa sono danneggiate gravemente a causa dell’erosione delle forti e frequenti pioggea e della mancanza di manutenzione.

La popolazione vive dei prodotti dell’agricoltura (arachidi, riso, fagioli, manioca), della raccolta di banane,papaya e ananas e anche dell’allevamento di bestiame di piccola taglia (polli, capre, maiali).

La missione-parrocchia dedicata al Sacro Cuore Di Gesù è una realtà molto estesa : 10 centri con un totale di 83 villaggi-cappelle sparsi per la foresta, il più lontano a 70 km dalla sede parrocchiale.Ogni cappella è animata da un catechista e da un consiglio di saggi. La missione è ben organizzata: diverse sono le comissioni presenti e funzionanti (CEVB,Liturgia, Catechesi, Giustizia &Pace, Giovani, Apostolato dei Laici, Educazione Cristiana, Accompgnamento dei Malati, Sviluppo&Caritas...).

Non potete immaginare la gioia e l’accoglienza riservata ai missionari durante le visite a queste realtà isolate, l’emozione nella celebrazione del miracolo della Santa Eucaristia che si svolge sia in cappelle costruite in materiale durabile sia ancora

DAL CUORE DELLA FORESTA EQUATORIALE DEL CONGOP. Rinaldo Do, IMC

in chiesette fatte di fango-argilla con tetti di foglie o palme.

In questi giorni sono ritornato da un viaggio di 10 giorni dove ho avuto la possibilitá di incontrare diverse comunitá-villaggi dei centri di Makpulu, Mabili. L’ accoglienza e’ stata fraterna e nelal loro povertáicristiani mi hanno insegnato come saper accogliere e dare tuto quello che si ha per far si che l’ospite si senta a casa sua. I cristiani, cattolici o no sono stati contenti di incontrare il nuovo parroco e accogliere anche un laico missionario, Tommaso Degli Angeli, originario della Romagna, che vivrá con noi un anno, avendo terminato i suoi studi universitari in alimentazione.Siamo ritornati a Neisu centro stanchi, con 200 km di strade(!) divenute sentieri percorse in moto( 120 Km) , in bicicletta o a piedi, ma con tanta gioia nel cuore e nel desiderio di aiutare i nostri fratelli e sorelle nella costruzione in materiale durabile di scuole, centri di salute e sale-cappelle per i diversi incontri di preghiera, formazione...

La grande maggioranza della popolazione è dell’etnia MANGBETU, circa 60.000 abitanti, una ricchezza di bambini e gioventù!

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suQuello che colpisce l’ occhio e il cuore arrivando a Neisu è l’Ospedale Notre Dame de la Consolata., un gioello in mezzo a questa immensa foresta, come diceva un rappresentante de la OMS, in visita al nostro ospedale Nel 1985 si iniziò la costruzione, ma purtroppo p. Oscar Goapper, missionario argentino iniziatore dell’ospedale e medico, morì il 18 maggio 1999 in seguito ad una breve malattia, all’età di 47 anni. Ero presente a Neisu in quel tempo come rifugiato causa saccheggi e distruzioni da parte dei ribelli del Sud Sudan ( non ancora proclamata Nazioen indipendente) e mi ricorodo bene di come sia la nsotra gente che noi missionari eravamo affranti, distrutti per questa morte; una veglia funebre e una messa con la partecipazione di migliaia di persone provenienti da tutti i villaggi, 3 Vescovi e tanti sacerdoti e suore...era il tempo 15 anni fa dell’occupazione della nostra zona da parte dell’Uganda.

Il nostro ospedale conta oggi con 4 medici, 47 infermieri (9 dei quali lavorano nei 13 centri di salute periferici) e 19 dipendenti impiegati nei servizi di supporto.Nel 2013 sono stati accolti più di 6 mila ammalati.

L’ospedale dispone di 146 posti letto suddivisi tra i reparti di medicina interna, pediatria,

chirurgia, ostetricia e ginecologia, un laboratorio per esami, un servizio di radiologia e di ecografia, e una farmacia. Sono attivi i servizi di medicina preventiva ed igiene e sanità pubblica.

Gli ammalati e i loro accompagnatori fanno anche 100-200 km per arrivare da noi e trovare un’accoglienza e un servizio degno delle persone, se si pensa che le strutture dello stato sono decrepite e prima di accogliere gli ammalati, chiedono i soldi!

E’ anche attivo un centro nutrizionale per bambini denutriti che prevede educazione alle mamme e provvede alla preparazione dei pasti per la pediatria e anche per adulti affetti da AIDS e TBC abbandonati dalla famiglia.

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Neisu

Da luglio oltre che essere parroco mi hanno anche affidato il servizio di cappellano di questa gigante opera di caritá: quando sono in missione ogni giorno visito gli ammalati, consolo, annuncio l’amore di Dio, un aiuto, una caramella ai piccoli...anche qui tanta fede e esempi di attenzione. Purtroppo incontro ammalti “abbandonati” di cui la missione si deve far carico..purtroppo incontreremo i parenti solo nel giorno della morte, per la veglia funebre....il vangelo deve ancora entrare in profonditá ....

Con noi 5 missionari ( 3 all’ospedale e 2 in pastorale), lavorano 4 suore della Famiglia del Sacro Cuore

Da sempre i missionari han pensato all’educazione scolastica delle popolazioni, cosi e’ stato e continua ad esserlo anche da noi. In tutta la parrocchia sono presenti : 2 scuole materne, 24 scuole primarie e 8 secondarie con diverse succursali. Non tutte sono costruite in materiale durabile. Molti tra bimbi, ragazzi/e e giovani per poter studiare devono fare da 6 a 30 km a piedi ogni giorno. Un mio grande sogno è venire incontro a questa difficoltà, vorrei acquistare 300 o più bicilette (stando alla lista degli studenti delle scuole datami dai responsabili) per permettere agli studenti di arrivare puntuali in classe senza troppa fatica e nei fine settimane o vacanze, aiutrali nel commercio di prodotti agricoli per pagarsi gli studi.

Da quandogli insegnanti han ascoltato parlare di questo progetto giá mi hanno inviato lettere e domande di aiuto per biciclette anche per loro e cosi bisognerá pensare a piú di 500 biciclette!

Infanzia e gioventu, futuro di questo paese, di questa Chiesa.... una mia grande preoccupazione.

Spesso invoco l’aiuto del Signore che ama molto questa umanitá e prego affinché sacerdoti vengano ad aiutarmi, prego perche ci siano ancora giovani disponibili a impegnarsi nella formazione di queste migliaia di persone.

Arrivando a marzo di quest’ anno a Neisu, grazie a Dio e a questa Chiesa ho incontrato dei buoni animatori, una bella commisisone della gioventu’, diversi gruppi di servizio e di formazione ma il lavoro e’ tanto. Sono cominciate le scuole, ho celebrato qualche messa d’inizio altre scuole mi

aspettano ancora..ma la santa messa e’ un bel dono ma non é sufficiente, occorre proporre formazione, attivitá a scolari, studenti, insegnanti....chi viene ad aiutarmi? Imploro i miei superiori..ma fino ad esso...risposta nel futuro!

La gente ci accoglie bene, ha una grande stima di noi e rimane sempre colpita che non siamo mai rientrati in patria, a causa di guerre e guerriglie che da anni infestano tutto il Congo e in particolari le zone frontaliere o quelle ricche di minerali( oro, diamanti, coltan....)come la nostra Provincia Orientale. C’e`da pensare che dal 1996 il nosrtro paese e’ in una continua situazione di guerra, guerriglie, intenti di colpi di stato, di divisione del paese...Ultimamente arrivano notizie di nuove infiltrazioni di ribelli Ruandesi, Ugandesi verso Beni-Butembo, cittádi frontiera. La situazioen non è ancora calma e tranquilla.

La diocesi di Isiro Niangara di cui Neisu e’ una parrocchia, ha celebrato nel 1912 il suo primo centenario di Evangelizzazione. I padri Domenicani sono stati i primi ad annunciare il Dio dell’ Amore proclamando il Regno di Gesú, i Missionari della Consolata arrivati in Congo nel 1972, continuarono a costruitre questa Chiesa locale di Neisu, solo a partire dal 1981. La benedzione della Chiesa e l’inizio ufficiale della misisone risale al 1984: 30 anni di vita di dono, di sofferenza e di gioia condivisa.

In questi anni i miei predecessori hanno tanto amato questa gente, donandosi molto e il mio sentimento e’ di ringraziamento al Signore e a tutti coloro, sacerdoti, religiose e laici,che impegnandosi con tanta dedizione ecuore han fatto di Neisu una bella realtá cristiana ed io

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ne sono “fiero” oggi di esserne il parroco! Nei mesi scorsi abbiamo animato i diversi villaggi e centri sul valore della Bibbia Parola di Dio, e cosi diversi catechisti dopo aver seguito un seminario biblico l’ hanno trasmesso ai diversi gruppi e comunitá: millecento bibbie in Lingala e francese sono state acquistate nella speranza che ogni famiglia possa avere come dono di Natale una Bibbia! Il nostro slogan: UNA FAMIGLIA , UNA BIBBIA!

Riusciró a continuare tutto quello che sono stati e han fatto i miei predecessori?

Più volte dico ai nostri cristiani che noi preti e suore siamo ben pochi, conto con loro che sono molto, molto di piú!

E posso dire di essere abbastanza contento, anche se voglio sempre puntare più in alto , sempre camminando con loro, sapendo annunciare con la vita che in tanta miseria e insicurezza vale la pena ancora continuare a crescere nella fede e credere che Gesú e la Chiesa non ci hanno abbandonato.

Sono arrivato in Congo, allora Zaire nel 1991, e posso dire con tutta sinceritá che la Chiesa cattolica è l’unica entitá capace di analizzare questa realta’ complicata, capace di denunciare e annunciare strade per un futuro nuovo di questo grande paese, grande quasi come un continente, abitato da piu’di 60 milioni di abitanti. Purtroppo quelli che sono al potere e dovrebbero gestire questo grande paese esteso come un continente non ascoltano tanto e a volte denigrano le nostre autoritá religiose, come ultimamente han fatto quando i Vescovi cattolici han preso posizione di un possibile cambio della Costituzione per il rinnovo del Presidente.

Si la Chiesa e’ stata capace di

consolare,animare, rasserenare tante persone derubate, calpestate, violate, torturate e asciugare lacrime di tanti uomini e donne che continuano a piangere la morte dei loro cari per tante atrocitá che purtroppo continuano ancora.

Ci stiamo preparando a celebrare il 50º anniversario del martirio di una figlia di questa terra, Beata Suor Anuarite Maria Clementina Nengapeta martire a Isiro, era il 1º dicembre 1964,e con lei tanti altri religiosi, missionari,laici martirizzati dalla rivolta dei Simba.

Il loro sangue è ancora fonte di vita, di stimolo per i nostri cristiani. Dobbiamo ancora camminare molto

L’esempio di questi martiri spinga me e tutta la missione di Neisu e la Chiesa di questo bel paese, a vivere con piu’ fedeltá il Vangelo di Gesú.

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QUINTA DO CASTELOGeoffrey Omondi e Filipe Ressurreição

Chamo-me Geoffrey Omondi e sou seminarista da Consolata. Cheguei a Portugal e à casa da Quinta do Castelo no Cacém no dia 3 de Setembro de 2014. A Quinta do Castelo é uma casa bonita dos missionários da Consolata que há muito tempo era um seminário filosófico que formou muitos missionários da Consolata pelo mundo. Há dois anos, a pequena comunidade dos missionários que ficou nesta casa deslocou-se para o prédio perto da Quinta para ficar junto das pessoas e ali se formou a comunidade de São Marcos. A Quinta do Castelo passou então a ser uma casa de animação missionária. A casa está aberta a quem queira alugar um quarto, sendo assim uma pequena comunidade com pessoa de várias origens e com diferentes desafios na vida. Esta comunidade é dirigida por leigos e os seus dirigentes são o Vítor Raposo e o Filipe Ressurreição. A Dona Constança faz limpeza e cozinha para a casa. A nossa Quinta disponibiliza um bocado de terra às pessoas onde podem fazer as suas hortas para ajudar as famílias deles. São 59 hortas de momento. Além disso, temos vários animais como porcos, galinhas, perus, porcos da Índia, avestruzes, ovelhas, cabras, carneiros, coelhos, patos, pavões, gansos, égua, cães, pombas, etc. Os nossos trabalhadores neste âmbito são o Francisco, o Simão e alguns voluntários (Agostinho e Alexandre). Muitas actividades acontecem neste lugar, tal como muitas festas de aniversário, casamentos, baptizados, entre outros tipos de convívios. Também as empresas ou pessoas individuais fazem workshops no nosso espaço. A Quinta acolhe também escuteiros e grupos paroquiais para retiros, acampamentos, entre outras actividades. Os voluntários que nos ajudam a organizar e a manter os espaços limpos e preparados para estes grupos são o Fernando e o Tiago. Há pouco tempo abrimos uma loja com artigos religiosos e produtos da Quinta onde temos outro voluntário, o José. Os jardins e a mata da Quinta são mantidos pelos formandos do IEFP (Instituto do Emprego e Formação Profissional). Outra fundação, a AFID Diferença (Associação Nacional de Famílias

para a Integração da Pessoa Deficiente), utiliza as valências da Quinta para os seus formandos nela fazerem o seu estágio profissional. Neste momento temos connosco o Adilson. Como casa de animação missionária, recebemos para os seus encontros vários grupos da Consolata: os Jovens Missionários da Consolata (JMC), os Leigos Missionários da Consolata (LMC), os Amigos Missionários da Consolata (AMC), os Voluntários da Consolata, entre outros. Com os JMC e com os Voluntários trabalham o Pe. Bernard e o seminarista Geoffrey. Em breve, arrancaremos com o Projecto Semente, com programas para escolas, grupos pastorais e escuteiros. É um projecto aberto a todos que queiram aprender algo novo de forma lúdica e diferente. Para isto, contamos com o trabalho do Afonso. Queremos oferecer o espaço da Quinta do Castelo a todos que ainda não o conhecem e que gostassem de ajudar na sua reorganização e na realização das várias actividades que aqui podemos desenvolver.

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PARÓQUIA “SENHOR DO BONFIM”RIO DE JANEIRO

P. Antony Muchoki Murigi, IMC

Estamos ainda na fase do processo de insergção na nova realidade. A cada dia que passa, vamos descobrindo as particuiaridades desta Igreja sofredora da Baixada Fluminense, e procuramos ouvir e acolher os desafios da população, cooperando com nosso esforgo e boa vontade.

Jà programamos os horàrios e as atividades comunitàrias com tudo o que elas abrangem: tarefas pastorais, oração, retiro, momentos de planejamento e de avaliação... O Pe. George, que dirigia esta paróquia, agora confiada ao IMC, ficou conosco até o comego de outubro, ajudando-nos a conhecer a comunidade paroquial e seus compromissos. É um sacerdote muito querido pelo povo, tem boa visão da missão e da realidade.

Acabamos de concluir os círculos bíblicos nas 14 comunidades que compòem a paróquia. Acompanhamos o povo e, através de encontros programados, estamos aprofundando o Evangelho de Sào Mateus. Os encontros bíblicos são realizados de segunda a sexta-feíra. A participação dos fiéis é bastante representativa (de 80 a 200 pessoas em cada encontro), de acordo com a população da comunidade. Nota-se que participam com gosto, desejosos de conhecer a Palavra de Deus. Agora estamos empenhados na preparagào de algumas festas religiosas que recorrem no més, patronos de trés capelas.

Hà muitos doentes na comunidade; faremos o possível de assistilos e de ajuffilos da melhor forma que pudermos. Os cristãos evangélicos também são numerosos. Enfim, trabalho pastoral nào falta. Pedimos oraçoes. Assim que houver outras notícias que meregam ser partilhadas, envià-las-ei”.

Saudações a todos os coirmãos da Região. Um abraço.

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Cam

aràCAMARÀ - RORAIMA

Fr. Francesco Bruno, IMC

Il 2014 è stato un anno difficile, faticoso, ma interessante, pieno d’imprevisti. Per citarne uno, il tragitto stradale di circa 200 km è tutta prateria e soltanto per un totale di 200 metri c’è boscaglia, ma dalla stessa sono sbucati due grassi vitellini in tutta corsa. Ero in terza marcia a causa delle buche: uno sono riuscito a schivarlo, e l’altro mi ha rotto i fanali del camioncino ed è scappato via... Altrimenti se fossi andato in velocità l’avrei fatto arrosto...

Un anno difficile, anche per il fatto che nel mese di aprile ho rotto la protesi, e ho dovuto fare almeno due sedute “coricate” per settimana dal dentista (la sedia è un lettino posizionato con la testa più in basso che i piedi) per circa quattro mesi, con rumori e dolori vari, ma adesso mastico e mordo abbastanza bene. Però abbiamo anche realizzato buoni Corsi per catechisti e leaders indigeni, Assemblee discrete con buona partecipazione, e poi anche impiegato molto tempo in viaggi nei vari villaggi della regione per le celebrazioni dei sacramenti e funzioni religiose; abbiamo visto molte persone, semplici e simpatiche, che rimangono sorprese per la nostre visite.

Durante il lavoro e le varie attività, abbiamo come base l’evangelizzazione, sostenuta da vari “temi-pilastri” come: organizzazione, formazione, alimentazione, lavoro, scuola, salute, ecologia, con molto rispetto per la cultura e alle tradizioni indigene. Purtroppo in città abbiamo dovuto partecipare a numerose riunioni interessanti ma anche barbose con tanti bla, bla, bla, in luoghi chiusi e con l’aria condizionata e molto fredda, e quando funzionano sia il ventilatore sia l’aria condizionata, neutralizzano completamente i miei apparecchi auditivi, per cui capisco solo il 5 % di quello che dicono gli altri... Molto tempo è trascorso in varie comunità per la costruzione di cappelle o chiesette, e siamo molto lontani dal concludere, per tanti motivi che non dipendono da noi, ma dal modo degli indigeni di lavorare senza nessuna fretta...

Per causa della siccità, abbiamo dovuto fare un

pozzo (da oltre 3 anni il governo promette di farlo) e un acquedotto in un villaggio dove i catechisti indigeni allevano il bestiame. 1200 metri di tubo di plastica e circa 750 metri di tubo di ferro galvanizzato, e adesso, gratis e dalla montagna, arriva un filo d’acqua ma è servito per circa cento persone durante l’ultimo Corso e l’Assemblea dei Catechisti, per fare la doccia, cucinare e bere (una quarantina persone di passaggio non hanno partecipato al Corso ma soltanto approfittato per mangiare e fare il bagno...). Gli Indigeni della regione Baixo Cotingo hanno ricevuto molti aiuti quest’anno: un decespugliatore per pulire i prati dalle erbacce e rovi, biciclette per i catechisti, materiale per le costruzioni delle chiese, corsi e sussidi per la formazione, strumenti musicali, ecc., ecc. La scuoletta gestita dagli stessi Indigeni continua, e speriamo che duri nel tempo: per il momento c’è una buona assiduità e partecipazione. Anche lì abbiamo aiutato per comperare tubi e pompa per far arrivare l’acqua potabile da un pozzo.

Nella regione Baixo Cotingo, da oltre un anno il tempo si è fermato: tutti i giorni un bel sole scottante, e quasi tutti i giorni si formano nuvoloni scuri enormi che scompaiono dopo qualche piccolo scroscio di pioggia locale, e con forti venti. Diventa quasi impossibile coltivare o raccogliere qualche prodotto agricolo, pozzi e le sorgenti si asciugano giorno per giorno.

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Quest’anno le “mie” api hanno prodotto poco miele ma molte punture, per motivi vari. Ho pure fatto molti e molti lavori di riparazione, automezzi, attrezzi e cose varie... Inoltre, per rendere la vita più interessante, ci sono delle albe e tramonti splendidi, paesaggi meravigliosi, una luna spettacolare oltre che tantissime stelle molto luminose di notte. Ci sono anche, di giorno, moltissimi moscerini quasi invisibili che succhiano il sangue provocando un forte prurito, di sera e di notte moltissime zanzare che escono per vampirizzare...

In città il traffico è caotico e molto violento con tanti incidenti mortali, musiche a tutto volume tutta la notte fino alle sei del mattino, gli ospedali sono strapieni di malati e pochissimi medici e infermieri lavorano seriamente, nelle scuole gli alunni fanno quello che vogliono “protetti” dai padrini politicanti...: ecco che cosa succede nella calda, affascinante, ospitale, mutevole e immutabile Boa Vista.

Il processo politico e la campagna elettorale, terminato a fine ottobre, ha distratto gli indigeni nei loro lavori e programmi. Alla fine, il risultato è stato un disastro per il fatto che sia i candidati indigeni sia i loro alleati non sono stati eletti... Per il momento, sono pochi gli indigeni che non si lasciano più ingannare dai politicanti e svolgono un magnifico lavoro a favore delle loro comunità.

Cam

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Il bello è lavorare, fare giochi di prestigio, cantare, pregare coi bambini che sono allegri e sinceri, e poi sono la maggioranza della popolazione indigena. Il tutto si fa con intenzione di costruire il Regno di Dio: la storia e il tempo diranno se l’abbiamo fatto, oppure se abbiamo solo corso inutilmente.

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GurueBREVE CRÓNICA DIOCESANA DE NOVEMBRO

Dom Francisco Lerma, IMC

1.Seminário Diocesano S. José

Encerramento do Ano Académico e de Formação no Seminário Diocesano Propedêutico S. José. No dia 1º de Novembro, na arte da manha, com a presença de alunos, Formadores e Professores, e de D. Manuel Chaunguira Machada, Bispo Emérito de Gurúè, D. Francisco Lerma, presidiu ao encerramento das actividades do Ano Académico 2014. Alunos do 1º Ano:12; 2º Ano: 8; 3º Ano 10.

2.No Cemitério Diocesano.

Na parte da tarde do dia 2 de Novembro, no Cemitério Diocesano dos Santos Anjos de Invinha, D. Francisco presidiu à Eucaristia pelos Defuntos da Diocese e, em particular, dos Padres Diocesanos, Religiosos e Religiosas e Agentes de Pastoral. Este cemitério, situado junto ao Cemitério Paroquial da Paróquia de

Invinha, foi inaugurado com a sepultura do Pe. Inácio Santos, no dia 3 de Março deste ano de 2014, e é destinado aos Padres Diocesanos e Religiosos e Religiosas que o desejarem.

3.Nova Congregação Religiosa na Diocese.

Precedido de um longo período de discernimento, as Irmãs Clara e Anabela e 2 Noviças da Congregação das Irmãs Servas de Nª Sª do Cenáculo de Xai-Xai, chegaram ao Gurúè, para fundar uma comunidade na Paróquia de N. S. Rainha do Mundo em Malua (Alt Malócue).

4.Sessão Plenária da Conferência Episcopal de Moçambique.

De 3 a 9 de Novembro, no Centro de Formação de Nazaré da Beira, D. Francisco Lerma, participou na II Sessão Plenária da Assembleia

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Gur

ueda Conferência Episcopal de Moçambique. O encerramento realizou-se na Paróquia de Macuti, com uma solene Celebração da Eucaristia, presidida por D. Lúcio Landrice, Bispo de Xai-Xai e presidente da CEM, e concelebrada por todos os Bispos presentes na Assembleia.

No referido Centro, nos dias 10 e 11, o nosso Bispo tomou pate nos trabalhos do II Conselho Universitário da Universidade Católica e Moçambique.

5. Missionárias Eucarísticas de Nazaré.

De 17 de Novembro a 6 de Dezembro, a convite de D. Francisco, as Irmãs Mª Filomena, espanhola, e Mª del Carmen, argentina, da Congregação das Irmãs Missionárias Eucarísticas de Nazaré, visitaram todas as Paróquias da Diocese, para conhecer a nossa realidade sócio-cultural e religiosa, em ordem a uma possível apertura de uma Comunidade da referida congregação na Diocese de Gurúè.

6. Muliquela: Pré-projecto de uma Escola Agrária.

Um grupo de estudo dirigido pelo Sr. Michele L. e 4 jovens, três italianos e um colombiano, que trabalham na Escola de Arte e Ofícios de Inhassoro ( Diocese de Inhambane) visitaram a Paróquia de Muliquela, em vista de pré-projecto de uma Escola Agrária. Esperamos o discernimento e a concretização dos estudos prévios que estão-se realizando.

7. Abertura do Ano da Vida Consagrada.

Por motivos pastorais antecipou-se a Apertura do Ano da Vida Consagrada, com uma soleníssima celebração da Eucaristia, na Igreja Catedral de s. António de Gurúè. Foi precedida por uma Vigília Eucarística no dia 23.11., também presidida pelo Sr. Bispo. D. Francisco Lerma. Participaram quase na sua totalidade do membros dos Institutos de Vida Consagrada e Associações Apostólicas presentes na Diocese.

8.Visita Pastoral à Paróquia de Naburi

Durante nove dias, de 24 de Novembro a 2 de Dezembro de 2014, D. Francisco Lerma, Bispo de Gurúè, acompanhado pelo Pe. Francisco Cunlela, Vigário Geral da Diocese, realizou a Visita Pastoral (a 12ª deste ano) à Paróquia de S. Paulo Apóstolo de Naburi, no Distrito de Pebane.

Segundo o Relatório apresentado na Reunião do Conselho Pastoral Paroquial, a Paróquia tem59.869 habitantes; dos quais 19.096 são cristãos, 2.524 catecúmenos adultos, 2034 catecúmenos jovens e adolescentes. Durante o ano foram baptizados 641 baptismos, 120 matrimónios e 320 1ª Comunhões. Os crismados durante as 7 celebração foram 798.

A Paróquia está aos cuidados do Clero Diocesano de Gurúè, sendo Pároco actual o Pe. Francisco Máquina, com residência permanente na vizinha Paróquia de Mualama. Não há presença de Irmãs Religiosas. As comunidades são 88, formando 19 Zonas Pastorais e 7 Centros Pastorais.

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Boa V

istaBOA VISTA

Fr. Carlo Zacquini, IMC

Quest’anno le notizie da mettere in risalto sarebbero veramente molte, ma una virosi ha finito per mettermi i bastoni tra le ruote e non so con quanta lucidità sarò in grado di esporvele. Ad ogni modo, rapidamente, cerco di presentare almeno una parte degli avvenimenti che ci hanno visto e ci vedono coinvolti: sul “fronte interno”, i benvenuti cambiamenti ai vertici della nostra Regione Missionaria e, sul piano nazionale, la faticosa vittoria ottenuta dal governo al potere da dodici anni.

Le prospettive per i prossimi anni sono di cambiamenti, sotto vari aspetti, e richiederanno un’attenzione straordinaria, per accompagnarne gli sviluppi. Roraima, per il primo anno dopo decenni, ha avuto come prima fonte di risorse la coltivazione della soia e ha messo in secondo luogo il commercio del legname. In questo modo, lo Stato si inserisce nella mappa del colosso esportatore di grani e maggior consumatore di agrotossici del mondo. Sono previste parecchie attività, legate alla questione economica dello Stato. Si parla sempre più della costruzione di idroelettriche e di altre realizzazioni che dovrebbero sbloccare le attività economiche regionali. Positive le esperienze fatte nel territorio indigeno della Raposa Serra do Sol che hanno mostrato l’opportunità di incentivare la produzione di energia eolica, associata a quella solare.

I cambiamenti sul campo politico nello Stato,

paiono avviati a causare molti problemi che si rifletteranno sulla vita dei popoli indigeni. Un trasferimento di terre dell’Unione Federale allo Stato di Roraima, fatto come atto compensatorio per la “perdita” di territorio subita con la demarcazione della Raposa Serra do Sol, ha mostrato una delle facce marce del settore politico locale, scatenando una serie di scandali e mettendo in risalto i veri interessi che c’erano dietro alla dura resistenza alla definizione delle terre indigene. Se vogliamo, potremmo definire l’anno che se ne va come l’anno degli scandali, a quasi tutti i livelli. Naturalmente, quelli di maggior rilievo sono nazionali. É stata una vera scalata, e non si può sapere dove andrà a finire; ma è chiaro che di innocenti non ne escono molti, a cominciare dalle più alte autorità. Praticamente è evidente che il potere è ottenuto con la corruzione. Si tratta qui di miliardi di dollari, usati per arricchire alcuni e mantenere al potere altri. Naturalmente l’economia del Paese ne ha sofferto parecchio, e ne soffrirà ancora per un buon periodo. Nel campo regionale, anche a Roraima ha avuto spicco un’élite che oltre ad essere corrotta ha dimostrato di non saper amministrare la cosa pubblica. Si sono susseguiti scandali sia nella sanità (un vero caso di calamità), sia nel settore della pubblica istruzione, come in quello della sicurezza, solo per fare alcuni esempi. La delinquenza sta sguazzando in un terreno fertile. Sono diventate proverbiali le fughe dalle prigioni; l’industria della difesa della proprietà non è mai stata così florida.

La FUNAI (Fundação Nacional do Índio) ha subito una pericolosissima perdita di poteri che la relega quasi a una istituzione decorativa più che di appoggio ai diritti degli indigeni. Arrivando più vicino a noi, anche Davi Kopenawa, storico leader Yanomami, é stato minacciato di morte e deve sottomettersi a restrizioni di movimenti per non diventarne una vittima. La corsa all’oro in Terra Yanomami continua imperterrita, nonostante alcune timide azioni dello Stato, portate avanti grazie ad alcuni individui volonterosi più che per reale interesse

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tadelle autorità. Le risorse per la sanità indigena sono consistenti, ma la capacità, o la vera voglia di migliorare la situazione sanitaria, rimangono bloccate dall’incapacità di gestione. Godono di un rilievo ingiustificato attività paternaliste che tendono a creare illusioni, specialmente ai giovani,Yanomami ed altri. La contrattazione di medici cubani e altri, avvenuta quest’anno, ha finalmente dato inizio a un tentativo di risolvere la gravità delle situazioni sanitarie nei villaggi; ma anche questo dato positivo si scontra con l’incapacità di una gestione che non mette a disposizione i medicinali necessari. Questo causa un numero altissimo di rimozioni aeree di pazienti, per affrontare il caos della sanità a Boa Vista. Possiamo immaginare i costi di gestione, al sapere che nella Casa di Salute dell’Indio ci sono quasi mille indigeni internati. Il costo dei taxi aerei che ve li portano è milionario. Si fanno sempre più notare casi di dipendenti da alcool, e anche da altre droghe. Hanno sempre più peso fatti di abusi sessuali e diffusione di DST (malattie sessualmente trasmissibili). Sull’altro fronte, dobbiamo considerare alcune attività organizzate dagli stessi indigeni, per prepararsi a far fronte alle nuove leggi, in via di approvazione, che cercano di facilitare l’ingresso di grandi imprese minerarie nei loro territori. L’aumento degli apparecchi radio trasmittenti permette ogni giorno di più agli

stessi Yanomami di denunciare le trasgressioni alla legge di cui sono testimoni.

Internamente, noi missionari stiamo cercando di aiutare i nuovi arrivati a inserirsi nelle attività di appoggio alle comunità. L’anno che sta per finire ci ha visti molto concentrati nell’organizzazione del nostro Centro di Documentazione Indigena. La presenza di Luis e Ester è stata preziosissima e la loro partenza, ormai prossima, lascerà un grande vuoto. Mi chiedo sempre se un giorno o l’altro non compariranno altri missionari laici per seguire il loro esempio. Siamo in attesa della visita, in gennaio, di due amici che ci aiuteranno a preparare qualcosa per la commemorazione dei cinquant’anni della Missione di Catrimani tra gli Yanomami. Dulcis in fundo, sono ricomparsi un gruppo di indios (Pirititi) isolati che erano considerati estinti, nel sud-est di Roraima.

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GLI OCCHIALI GRIFFATI DI MARYP. Gianantonio Sozzi, IMC

Questa mattina a Jandiayaku è arrivata nel salone comunale una famiglia che non avevo mai visto. Era una giovane donna con tre bambine: la maggiore, grandicella e già signorina, poi una bambinetta di apparentemente di sette o otto anni e, saldamente attaccata al seno della mamma, l’ultima ancora bebè. La bambina di mezzo aveva gli occhiali e per di più con una montatura carina e colorita... una cosa davvero insolita.

L’insolito sta nel fatto che, da queste parti, nessuno porta gli occhiali. Per un motivo che non conosco l’oculista è un medico che non si visita mai e se non si controllano gli adulti, meno si controllano i loro piccini. Solo in casi davvero straordinari, quando proprio no si vede più niente, allora si va in farmacia e si provano gli occhiali che sono in esposizione marcati con bollini dal messaggio sibillino: +1, +1,5, +2. Quando si scopre quello che serve, o migliora sostanzialmente la visione, si compra e si usa senza staccare nemmeno il bollino. Meglio non toccare niente mentre l’occhiale funziona!

Mi si avvicina la mamma e scopro da dove vengono gli occhiali.

- Buongiorno Padre, questa bambina è mia figlia e si chiama Mary. Ha nove anni ma ha fatto già la preparazione della prima comunione e a me piacerebbe poterla celebrare. Mi han detto che da queste parti l’età per farla sono 12 anni, ma

lei si è preparata prima perché è nata e vissuta fin’ora in un paese lontano: è nata a Camogli, in Italia, vicino a una città che si chiama Genova. A Camogli faceva anche la chierichetta e a Camogli si fa la prima comunione quando i bambini sono nel quarto anno della scuola che là chiamano elementare. Ho la lettera del parroco, con il timbro. Sarà possibile fare uno strappo alla regola per la mia bambina?

Con mio marito, che fa l’elettricista, sono partita 12 anni fa quando la maggiore delle mie figlie aveva solo tre anni. Poi abbiamo avuto Mary e poi anche la piccolina che prende ancora il latte della mamma. Quando ho lasciato l’Ecuador

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avevo un po’ paura di quel che avrei trovato ma oggi sono innamoratissima di quel paese così bello, dove ho potuto costruire la mia famiglia e crescere le mie bimbe. Mi mancano gli amici, mi manca il mare di Camogli, mi mancano gli spaghetti con i gamberetti.

Io facevo le pulizie e ogni tanto curavo anche qualche vecchietto... mi son fatta tanti amici e gli occhiali di Mary me li ha regalati la figlia di una signora anziana che stavo accompagnando e che è oculista. Quest’anno mio marito è stato operato al menisco e ai tendini del ginocchio e ha dovuto fare una convalescenza piuttosto lunga e per questo siamo rientrati lo scorso mese di Giugno. Poi il suo datore di lavoro l’ha chiamato un sacco di volte e allora è ripartito da solo perché nel frattempo sono sopraggiunti degli inconvenienti. Appena posso spero poter ripartire anch’io... è dura la vita da queste parti: il sole brucia, alcuni prodotti sono più costosi che in Italia, la mia più piccola si ammala facilmente, passa da una diarrea all’altra e adesso sta perdendo peso. Spero poter ripartire al più presto.

- Ce l’hai il panettone per Natale, chiedo a Mary in Italiano.

- No, mi risponde mesta, e una lacrimona scorre

giù e resta attaccata alla montatura dell’ochiale.

Mary ha tutto l’aspetto di una bambina dell’Ecuador: morenita, piccola di statura, un sorriso accattivante, una buona dose di sangue Kichwa che ha ereditato della mamma che l’ha cresciuta facendo la badante... eppure in quel cuoricino e in quella lacrima c’è tutta una vita indiscutibilmente italiana, fin dal primo giorno e dalla prima poppata, forse più italiana di me che da cinquant’anni faccio, fra le altre cose, anche l’italiano.

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Madagascar

VORREI POTER FARE QUALCOSA PER QUESTI BAMBINI

P. Noè Cereda, IMC

“Ciò che più ammiro nel popolo malgascio è la filosofia ancestrale di accettare, come voluto da Dio, tutto ciò che accade. Anche la povertà viene accettata come un fatto ineluttabile. Quando, per esempio, arrivano dei cicloni che distruggono tutto sul loro passaggio, i malgasci non si aspettano nulla dal governo o dagli aiuti internazionali.

Ricominciano subito a ricostruire le loro povere casupole in attesa del prossimo ciclone.”

Il Madagascar è una grande isola, grande come due volte l’Italia, è situata nell’Oceano Indiano, a circa 500 Km dalle coste del Mozambico, in fondo all’Africa.

Gli abitanti sono afroasiatici. La religione predominante è quella cristiana. È un paese molto bello, con 6400 km di spiaggie.

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aPROFESSIONE PERPETUA E DIACONATO

STD Celio Joao Fumo, IMC

Il 29 Novembre scorso nel Seminario Teologico Internazionale di Bravetta si è celebrato il rinnovo dei voti religiosi di 11 seminaristi.

La giornata di raccoglimento è stata spiritualmente guidata dal padre Superiore Regionale, P. Michelangelo Piovano, in visita al seminario per il rinnovo dei voti religiosi e l’inizio dell’anno dedicato alla vita consacrata. Il nostro essere missionario della Consolata è stato il tema centrale della riflessione del ritiro spirituale.

A conclusione della giornata, nella cappella del seminario hanno rinnovato i voti temporari, per 13 mesi, nelle mani del Superiore Regionale Eugenio e Noè dal Mozambico, Joseph dal Kenya, Jean di Dieu dal Congo e Ditrick dalla Tanzania, studenti del primo anno di teologia; Christophe Mabuana Basombebe dal Congo e Célio Joao Fumo dal Mozambico, del secondo anno: Ricardo Andrès Laytòn Diaz dalla Colombia, Maurice Akulu Omolo e Antony Malila Malwe dal Kenya del terzo anno, mentre Bayalangaki Danstan Mushoboloozi dalla Tanzania, che attualmente si trova a Martina Franca per l’anno di servizio, ha rinnovato i voti per 15 mesi.

In un ambiente festivo e d’accordo alla programmazione del seminario la sera si è celebrato pure la festa dei compleanni del mese di Novembre in cui il gruppo fraterno ha fatto scegliere ad ognuno dei presenti i nomi dell’amico segreto che sarà conosciuto e rivelato solo nel giorno dell’epifania.

Venerdì 5 dicembre

La comunità-famiglia formativa di Bravetta ha vissuto gioiosamente la professioni dei voti perpetui dei nostri confratelli Bienvenu Kasuba Nsontien, Charles Muwanga e Juliàn Andrès Salazar provenienti rispettivamente dal Congo, dall’Uganda e dalla Colombia.

La cerimonia si svolse nella Cappella delle suore Figlie di san Giuseppe, dove i nostri padri prestano un servizio di cappellania, presieduta da Padre Michelangelo, Superiore Regionale, che li ha accolti definitivamente nell’Istituto. Le parole del salmista “prima che nascessi dal grembo di tua madre io già ti conoscevo” sono state di guida per l’omelia che il padre Superiore Regionale ha proposto a tutti i partecipanti e applicate ai professanti; infatti da circa trentaquattro, trenta e ventisette anni fa Bienvenu, Charles e Juliàn furono chiamati

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dal Signore a seguirlo e a lasciarlo agire nelle loro vite. L’accoglienza di questo invito ha dato definitivamente frutto con la loro consacrazione totale al Signore .

Parteciparono a questa celebrazione rappresentanti delle nostre comunità di Torino, Vittorio Veneto, Casa Generalizia e alcuni sacerdoti e simpatizzanti dalle parrocchie dove questi confratelli hanno prestato o prestano un servizio pastorale. La cerimonia si concluse con i ringraziamenti del nuovo diretore del seminario, P. Paul Maina Ngatia, ai genitori di questi confratelli tenendo presente la distanza che in questo particolare momento li separa.

Un ringraziamento speciale è stato esteso al padre Carlo Biella che ha accompagnato Bienvenu, Charles e Juliàn fin dal loro arrivo in Italia.

Sabato 6 dicembre. Nella Parrocchia del Santissimo Crocifisso, dove risiede il Seminario teologico e dove alcuni dei seminaristi svolgono

delle attività pastorali, è stata celebrata l’ordinazione diaconale dei nostri confratelli Bienvenu, Charles e Juliàn Andrès .

I cori di Platì e Torrimpietra insieme al coro del seminario hanno allietato la celebrazione con canti nelle lingue degli ordinandi.

Presiedette Monsignor Savio Hon Tai-Fai, salesiano, Segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli accompagnato da P. Michelangelo Superiore regionale, P. Paul Maina Ngatia, direttore del seminario teologico e da una numerosa rappresentanza della Casa Generalizia, Torino, Bevera, Vittorio Veneto, Galatina, Plati’ e il nuovo rettore del Pontificio Collegio san Paolo, P. Lisandro Rivas .

Rivolgendosi ai nostri tre confratelli e alla comunità in generale durante l’omelia disse il vescovo che la realtà della vita religiosa richiede tre elementi che hanno una importanza fondamentale nella vita pratica, il servo, il missionario e il santo.

Il servo in quanto l’ideale Cristo, colui che ha

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chiamato loro per servire la sua chiesa; uno stile virtuoso che richiede pure la vita virtuosa nella chiesa, fondamento del suo modo di essere, è ciò che il vescovo ha chiesto che ci sia dai nostri confratelli.

Questa dimensione di servizio non deve cessare mai, cioè, che sia proprio volontà di essere di ognuno in mezzo alla gente che un comando. Ci vuole una disponibilità e generosità di servire al Signore.

Servendosi dalle a parole del Beato Giuseppe Allamano ha detto che non si va alle missioni per vanità e turismo ma spinti dall’amore di Dio.

Non è per accaso che San Paolo nelle sue lettere afferma cosa sarebbe stato di lui si non annunciasse i vangelo; vangelo è Cristo e solo un vero testimone può annunciare Cristo a coloro che non lo conoscono e sono pure alla loro ricerca. E Santo Agostino lo considera la misura dell’uomo.

Sarebbe un inganno proprio ricevere l’imposizione delle mani con questo modo di pensare perché l’imposizione delle mani imprime in noi un invio e imperativo missionario.

Santo in quanto il popolo santo e vive secondo la misura di Cristo.

La nostra santità costituisce la migliore via dell’annuncio del vangelo.

Infine la nostra santità costituisce la migliore via dell’annuncio del vangelo; ha esortato il celebrante e ha quindi invitato a lasciarsi trasformare dall’amore e dalla bontà di Dio.

Il rito dell’ordinazione diaconale iniziò con la promessa di obbedienza e filiale rispetto ai superiori dell’Istituto e al vescovo diocesano per poi proseguire con il canto delle litanie e la prostrazione degli ordinandi, l’imposizione delle mani, l’imposizione della stola, della la tunicella e infine la ricezione del Vangelo dalle mani del vescovo.

La scelta del celebrante, Mons. Savio Hon Tai-Fai, ha avuto delle ragioni particolari: per trattarsi di un vescovo salesiano, missionario, e

rendere così vivo e presente il rapporto tra San Giovanni Bosco e il Beato Giuseppe Allamano, inoltre anche per essere segretario della Propaganda Fide dove la Pontificia Università Urbaniana è sotto tutela di questi e perché li i neo ordinandi diaconi frequentavano i corsi di teologia di base; Juliàn ancora frequenta li la licenza in missiologia.

Alla celebrazione è seguito una breve e fraterna condivisione.

Sorge dal cuore un profondo sentimento di ringraziamento alla Consolata e al Beato Giuseppe Allamano, Padre Fondatore per aver donato alla comunità-famiglia formativa del seminario e all’Istituto i diaconi Benvenu, Charles e Juliàn. Auguri e avanti in Domino!

I nostri fratelli appena arrivati nominatamente Ephrem dall’Etiopia, Emanuel dalla Tanzania, Francis e Elijah dal Kenya, dopo due mesi in mezzo di imparare la lingua italiana sono stati sottoposti a un esame in cui furono promossi.

Mentre aspettano l’ora di cominciare le lezioni di teologia sono stati inviati nelle diverse comunità qui in Italia per approfondire ancora la pratica dell’italiano.

A loro li auguriamo un bel momento di pratica e pure di integrazione alla comunità di Bedizzole, Bevera, Vittorio Veneto e Galatina.

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3° CAMINATA SEMILLERO DE LA PAZ

Seminarista Danilo Caraballo IMC

Hoy 8 de diciembre, en la parroquia Nuestra Señora de la Misericordia se vive con gran alegría la última y gran caminata de “Semillero de la paz” del 2014. Esta fue organizada de forma particular ya que no solo se convocó a los niños, adolescentes y jóvenes que participaban en la catequesis de las capillas, comunidades y sede parroquial como se hizo en las dos anteriores; sino que se convocó a todas las familias en general. Fue una hermosa fiesta donde se consagraron aproximadamente 300 niños que hicieron la primera comunión durante el mes de diciembre.

La jornada empezó desde las 11: 00 horas en el campo histórico “El Plumerillo”, de gran valor histórico para los mendocinos ya que según los historiadores en este lugar llegó y reposó el general San Martin. Además es un sitio muy acogedor lleno de árboles y ambiente agradable donde las familias pueden compartir un día distinto y lleno de diversión. A la hora mencionada llegaron en procesión cantando y rezando a la Santísima Virgen María las diferentes comunidades, capillas y fieles de la

sede parroquial; fueron esperados en la entrada del campo histórico por la Murga Semillero de la Paz conformada por niños y adolescentes de catequesis y a su vez dirigida por una catequista. Al entrar los esperaban rostros alegres de adultos y un desayuno.

Después de un descanso se celebró la Eucaristía, presidida de forma muy especial por el Padre Mauricio Guevara en compañía del párroco Thomas Ishengoma y Pedro Togni en honor a la Inmaculada Concepción y animada por la capilla Divina Misericordia. Tuvo como punto central la consagración de los niños que tomaron la Eucaristía por primera vez en el mes de diciembre del presente año, después de un proceso de dos (2) años. Durante la homilía invitó a las familias a tener en cuenta la gran responsabilidad que tienen en la comunidad y ser conscientes de su papel como los primeros propagadores de alegría y esperanza.

A eso de las 13:30 horas se organizó el espacio para compartir el almuerzo en familia donde todas las personas que llegaron al campo histórico entregaron alimentos al grupo de

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cocina para que dispusiera de ellos y poder compartir; fue un momento emocionante, se vio la alegría de todos al comer sin mezquindad lo que habían traído.

Después del almuerzo hubo exposición de los diferentes trabajos realizados a lo largo del año por los niños de catequesis en los diferentes talleres de manualidades, cocina, teatro y murga. Los padres y las personas que se acercaban a ver las muestras quedaban impresionados por los trabajos. Más allá de ello expresaban lo bueno que era el tiempo que los niños dedicaban a trabajos constructivos y contenedores, evitando así que estuvieran muchas horas en la televisión, el internet o video juegos. Con los diferentes talleres poco a poco van dando la importancia al valor del trabajo y lo que dignifica a la persona. Se podían ver en los adultos gestos y palabras de agradecimiento porque la Iglesia cuida y ayuda a los niños y adolescentes en medio de la situación delicada de la parroquia.

Por otro lado a pesar del verano Dios nos regaló un hermoso día, un sol agradable y viento encantador en medio de los árboles. Cuando eran las 15:20 horas iniciamos con los niños y en general todas las familias dos (2) horas de juegos y dinámicas organizados por catequistas y fieles de la parroquia. Entre los juegos se pudo disfrutar de: carrera de embolsados, prueba de confianza, volcar botellas, juegos de mesa, tejo, puntería y otros más.

Como todo evento en nuestra parroquia no podía faltar el Circo Jóvenes Misioneros de la Consolata, sobra decir que los espectadores en especial los niños no hacían otra cosa que reírse a grandes carcajadas por el espectáculo y malabares de nuestro circo. Atractiva esta actuación ya que invita a los niños, adolescentes y jóvenes a interesarse por actividades sanas que dan alegría hasta al más triste. Una forma especial de Evangelizar.

En el último acto para ir concluyendo la jornada Semillero de la Paz, estuvo la cantante Johana Quinteros participante del reality Operación Triunfo versión Argentina del año 2009, quien con su hermosa voz deleito a todos los asistentes. De forma especial le agradecemos a su generosa e impecable actuación de forma

desinteresada; así como a las personas que hicieron posible que ella compartiera con las familias de la parroquia.

Se cerró la jornada con la invitación que hicieron varios niños rezando la oración de San Francisco “Hazme un instrumento de tu paz” y la bendición del sacerdote.

Tenemos mucho por agradecer a Dios y a las personas que asistieron e hicieron todo lo posible para que la caminata y la jornada en el campo histórico fuera un éxito. Es un camino que si bien concluye este año, no es el fin, sino el comienzo de un gran trabajo al que todos estamos invitados a ofrecer nuestras oraciones y fuerzas para que esta parroquia y todas las del mundo sean testimonio que inviten a trabajar por la paz. Recordemos siempre que serán los niños con su corazón noble y llenos de humildad quienes nos ayudaran a construir un mundo mejor y que mejor hacerlo en nuestra parroquia desde la Infancia y Adolescencia Misionera.

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DIO FA COSE GRANDIP. Daniele Giolitti, IMC

Ogni anno che passa ci accorgiamo sempre di più dei miracoli che Dio compie nella nostra vita missionaria. Durante quest’anno abbiamo visto come tante volte Dio ha toccato il cuore della nostra gente; ci sono stati nuovi battesimi, incontri con persone che si stanno avvicinando alla missione, iniziative concrete di solidarietà.

Un bel gruppo di mamme si trova costantemente a confezionare manufatti in stoffa e feltro, trovando così le risorse necessarie per soddisfare i bisogni essenziali delle loro famiglie. Sappiamo che questi oggetti di artigianato mongolo sono già entrati in molte delle vostre case, attraverso vendite spontanee, passaparola tra amici e regali: vi ringraziamo di cuore per questo aiuto concreto con il quale ci sostenete!

Continuiamo ad accompagnare i bambini più piccoli che ogni giorno nella gher a loro dedicata si ritrovano per imparare, giocare e crescere insieme. Le loro famiglie e le autorità locali apprezzano molto questo servizio, per il quale abbiamo sempre molte richieste di nuove iscrizioni. Per noi è una gioia vederli arrivare ogni giorno, anche quando sono imbacuccati nelle gelide giornate invernali, contenti di imparare cose nuove e fare amicizia fra di loro.

I ragazzi del nostro quartiere che frequentano

le scuole governative hanno ormai preso l’abitudine di trascorrere da noi ogni giorno alcune ore, prima o dopo le loro lezioni, trovando un ambiente accogliente per fare i compiti e per giocare insieme. Con alcuni di loro si sta formando un bel gruppetto di formazione cristiana, assecondando il loro desiderio di conoscere di più la fede ed imitare l’esempio dei propri genitori che sono entrati a far parte della chiesa. Con i giovani e gli adulti proseguono gli incontri di catechesi vera e propria, contando adesso anche su quattro mamme che hanno seguito un percorso annuale di preparazione.

Il tema della formazione umana e cristiana come vedete è molto importante ed assorbe gran parte delle nostre energie, soprattutto per chi di noi lavora a tempo pieno per la Prefettura Apostolica. Potete immaginare che le difficoltà non mancano, a cominciare dalla lingua e dalla carenza di materiale didattico adattato alla cultura locale, ma crediamo che sia un impegno inderogabile e che nel tempo porterà frutti per la Chiesa locale e per la società.

Molte sono le situazioni familiari difficili che cerchiamo di seguire personalmente; abbiamo accompagnato tante persone in difficoltà, aiutandole con distribuzione di generi alimentari, legna da ardere e carbone, vestiti e medicine.

Un giorno in missione ci viene a chiamare la nostra Narantuya. E’ una mamma di sette figli e vuole che andiamo a casa sua, suo marito non si sente bene. Raggiungiamo a piedi la sua tenda (gher) arredata al limite dell’essenziale, ma con perlomeno un esile fuoco acceso col poco carbone rimasto. Lei fa un sospiro di sollievo sfilandosi gli stivali, perché’ gli stracci che avvolgono i piedi sopra le calze non sono sufficienti a ripararla dal freddo.

Lui è seduto sul letto, non sembra grave e vuole una benedizione. Le medicine che abbiamo comprato non fanno effetto –dice – e quel suo problema al cuore non lo lascia dormire

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erdi notte. Uno dei figli, tra un mucchio di fili elettrici sparsi sul pavimento, è intento ad aggiustare la vecchia e impolverata televisione, mentre il più piccolo mi dice che non può permettersi di comprare un libro che la maestra gli ha ordinato.

Usciamo e nel cammino di ritorno faccio una piccola deviazione, a dispetto del freddo pungente. Non distante dalla missione esiste un posto speciale: un vasto pianoro, la cosiddetta steppa mongola, dove apparentemente non c’è niente, non un albero, non un cespuglio, non una casa eccetto delle gher in lontananza, e nemmeno un cane ma qualche pecora e capra. In quell’ambiente brullo e desolato penso alla famiglia di Narantuya e a quell’ingiustizia in cui nel mondo i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi.

Continuo a camminare confuso e senza risposte. Nel silenzio più totale per un ‘non so cosa’ mi accorgo con meraviglia che qui il cielo sembra toccare la terra. L’orizzonte piatto si staglia contro un infinito blu quasi coincidendo. Ad un certo punto, quasi dal nulla e non molto distante da me, spunta una

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persona. E’ piccolo, veste l’abito tradizionale (deel) di color azzurro con fascia arancione e porta un sacco sulle spalle. Incuriosito mi avvicino e riconosco che è un bambino di circa 12 anni. Lui non mi ha ancora visto e noto che raccogliendo qualcosa da terra da’ un calcio come se dovesse giocare a pallone. Accelero e lo raggiungo. Ha le guance e le manine rosse, la ‘candela’ al naso e una screpolatura sulle labbra. Indossa un paio di scarponcini sgualciti e bucati. Gli chiedo se ha freddo, lui dice di no! ma toccandolo noto che trema. Mentre si ferma e posa il sacco, mi spiega che e’ diretto a casa sua dietro la collina. Sapevo cosa c’era in quel sacco, ma lui senza vergogna mi mostra il suo raccolto di sterco di mucca per bruciare nella stufa. Mi colpisce il suo volto. Non e’ triste, anzi sveglio e vivace di quella vivacità che sa di contribuire a scaldare la tenda della sua povera famiglia. Certo sa che i suoi amici sono al campetto che giocano e dice anche di conoscermi, perché’ era venuto una volta in missione quando proiettavo un film su Gesù. Io in tasca ho solo un cioccolatino da scambiare con lui per il dono di quest’incontro inaspettato.

Veramente in quel momento ho sperimentato che “chi tocca i poveri sfiora il cielo di Dio” (D.M.Turoldo). Ho capito in qualche modo che non siamo chiamati a compiere miracoli, ma a prenderci cura gli uni degli altri. Non ci viene chiesto di guarire i malati, ma di visitarli. Non di risolvere tutti i problemi del mondo, ma ad interessarci di chi ci e’ vicino. E’ cosi’ facile che Dio lega la vera vita a qualcosa di piccolo e concreto che tutti possono dare: un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, un libro di scuola, un sacco di sterco per bruciare... Il piccolo bambino, che si chiamava Munkhbaatar (il cui nome significa ‘eroe eterno’), non l’ho piu’ visto mentre la famiglia di Narantuya (nome che significa ‘raggio di sole’) è sempre qui da noi in missione. A volte son proprio loro i piccoli eroi che trasformano una vita dura in nuove speranze, come tanti raggi di sole.

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P. GIUSEPPE ZINTU, IMC

Nato a Ozieri (Sassari) l’8 maggio 1919, dopo gli studi medi nel Seminario Tridentino di Ozieri, entrò per gli studi superiori alla Certosa di Pesio. Dopo il noviziato emise la professione religiosa a Varallo Sesia il 2 ottobre 1939. Fece gli studi filosofici a Torino e quelli di teologia a Varallo Sesia. Fu ordinato sacerdote da Mons. Luigi Santa il 3 giugno 1943 a S. Martino Monferrato. Subito gli fu assegnato l’ufficio di bibliotecario a Camerletto e poi fu responsabile della casa di Genova. Nel 1947 fu destinato al Brasile, dove lavorò a Rio do Oeste e a Tres de Maio. Nel 1954 andò a Boa Vista dove rimase fino al 1962. Fu parroco a Planaltina e poi ritornò a Brasilia. Nel 1971 fu eletto Superiore delegato di Roraima fino al 1979 e poi parroco a Taiano. Dal 1981 al 1988 fu parroco della Cattedrale di Boa Vista, poi a Alto Alegre e a Manaus. Nel 1998 fu destinato in Portogallo e lavorò con zelo ad Aguas Santas e Lisbona. Ammalato ritornò in Italia, dove fu destinato alla comunità di Alpignano. Qui è deceduto il 5 dicembre 2014.

Aveva 95 anni di età, di cui 75 di Professione Religiosa e 71 di Sacerdozio.

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P. ANTONIO MARINI, IMC

Nato il 17 maggio 1927 a Cerea (Verona), entrò giovanissimo nel Seminario di Montevecchia e proseguì gli studi liceali a Varallo Sesia e a Cereseto. Fece il noviziato alla Certosa di Pesio, emettendo la professione religiosa il 2 ottobre 1948. Gli studi filosofici li completò in Certosa, passando poi a Torino per la teologia. Il 29 giugno 1952 fu ordinato sacerdote dal Cardinal Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino. Subito destinato alla Colombia, lavorò come vice parroco a Florencia dal 1952 al 1959. Divenne parroco e rettore del collegio a Villa Fatima, dove rimase dal 1959 al 1968. Trasferitosi a Santuario, fu parroco fino al 1980 e vi rimase per 46 anni, dedicandosi in seguito ad attività varie in favore dei bambini orfani nel Hogar del niño. Malato di un cancro ai polmoni, è deceduto a Florencia per insufficienza cardio-respiratoria il 9 dicembre 2014.

Aveva 87 anni di età, di cui 66 di Professione Religiosa e 62 di Sacerdozio.

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da Casa MadreMensile dell’Istituto Missioni Consolata

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Som

mar

ioSOMMARIO

IL NOSTRO TEMPO E’ PER DIO E PER I FRATELLI .............................................................3

COMPRENDER EL BEATO JOSÉ ALLAMANO DESDE LA COSMOVISIÓN AFRICANA ............................................................8

LE DIECI ABITAZIONI DELL’ALLAMANO ............................................12

DOPO LA CONSULTA, VERSO IL CAPITOLO .......................................14

PREPARIAMOCI ALL’ANNO 2015 DEDICATO ALLA VC .......................................17

TAIWAN: CAMBIARE IL NOME, MA NON IL CUORE ..........................................19

DICEMBRE 2014 .................................................22

ESPIRITUALIDADE E CONDIÇÕES DE VIDA ...............................26

MI PERMANENCIA IN ITALIA .....................28

«O MISSIONÁRIO NÃO CONSEGUE FAZER NADA SOZINHO»..............................................30

PARROQUIA NUESTRA SEÑORA DE LA MISERICORDIA PARTICIPÓ DE LA MISIÓN JOVEN MENDOZA 2014: PONE FE ............32

PALMEIRA ............................................................34

DAL CUORE DELLA FORESTA EQUATORIALE DEL CONGO ......................35

QUINTA DO CASTELO ...................................39

PARÓQUIA “SENHOR DO BONFIM” RIO DE JANEIRO ...............................................................40

CAMARÀ - RORAIMA .......................................41

BREVE CRÓNICA DIOCESANA DE NOVEMBRO .................................................43

BOA VISTA ...........................................................45

GLI OCCHIALI GRIFFATI DI MARY ..........47

VORREI POTER FARE QUALCOSA PER QUESTI BAMBINI ....................................49

PROFESSIONE PERPETUA E DIACONATO ...................................................50

3° CAMINATA SEMILLERO DE LA PAZ ...53

DIO FA COSE GRANDI ...................................55

NECROLOGIO ....................................................59