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Università Iuav di Venezia DIPARTIMENTO DI
PROGETTAZIONE E
PIANIFICAZIONE
IN AMBIENTI COMPLESSI
CORSO DI LAUREA
IN URBANISTICA
E PIANIFICAZIONE
DEL TERRITORIO
cultura della valutazione
2015-2017
lezione 16 rassegna di metodi valutativi: seconda parte
valutazione realista (configurazione C-M-R)
valutazione a grappolo (cluster evaluation)
analisi orientata alla responsabilità/trasparenza
decisionale (decision accountability)
valutazione orientata al consumatore (consumer
oriented)
peer review
auditing
accreditamento, certificazione iscrizione
valutazione interna
auto-valutazione istituzionale (institutional
self-evaluation)
valutazione di qualità (quality control and assurance –
QCA)
simulazione valutativa
ricerca valutativa
responsive evaluation (valutazione ‘reattiva’)
valutazione costruttivista o di quarta generazione
valutazione naturalistica
valutazione democratica deliberativa
valutazione trasformativa (transformative evaluation)
prof. Domenico Patassini
Valutazione realista (configurazione C-M-R)
‘C’è chi pensa sia vano interrogarsi sulla natura di “ciò che esiste”, perché l’oggetto di questo
interrogativo non rientra nelle nostre competenze: possiamo (al più) percepirne gli effetti, ma non
possiamo sapere di “cosa” si tratti. Per contro, altri sostengono che il fatto di intuire qualcosa e di
tentarne qualche forma di descrizione ci impegna sull’esistente di quel certo qualcosa; ci impone anzi
di considerarlo come esistente, per il fatto stesso che iniziamo a descriverlo. Del resto, la nostra
esposizione all’imprevisto (a ciò che non avevamo intuito, o descritto) rende arduo dubitare del fatto
che “c’è qualcosa, ‘lì fuori’ (o “qui dentro”), indipendentemente dalle attese, dalle previsioni e dalle
competenze che ognuno può farsene’. Nella vita ordinaria ‘siamo, in qualche misura, “realisti ingenui”
e anche “empiristi spontanei”1. G I Giannoli legittima così le possibilità del realismo.
Ricordando Josifov Pešev, il ‘giusto’ che con una lettera al premier bulgaro salvò decine di migliaia di
ebrei durante la seconda guerra mondiale, M Ferraris fa presente come questo caso sia
‘l’esemplificazione del principio secondo cui lo statuto morale di una persona è determinato dal suo
rapporto con norme che non sono morali ma pragmatiche e storiche, ed è in relazione a queste che
bisogna impegnarsi moralmente’. J Pešev non è stato un eroe, ma una persona normale che ha scelto, e
questo comportamento introduce ‘la giustizia come responsabilità di fronte al mostrarsi del reale’. ‘
“Realismo” non significa semplicemente sostenere che esistono tavoli e sedie: questo lo sanno anche
gli antirealisti, sebbene poi si ostinino a sostenere che non sono tavoli né sedie in sé, ma tavoli e sedie
per noi. Meno che mai vuol dire che accertare la realtà significhi accettarla, rinunciando alla
trasformazione. E’ vero il contrario. La trasformazione o la rivoluzione, è possibile e doverosa, ma
richiede azioni reali, e non semplici pensieri’. Con la sua azione J Pešev ‘ha provato il discontinuo: che
la libertà esiste, e ha mostrato la possibilità dell’impossibile, la fattibilità reale di qualcosa che non ha
ancora avuto luogo. Qualcosa che è “fuori dagli schemi”. E’ importante che l’azione esemplare sia
individuale. Non c’è bisogno di sviluppare un culto degli eroi…Basta che l’azione sia espressione di un
individuo prima che di un’idea e di un imperativo categorico – presentandosi come una infrazione delle
regole, come una sorpresa affine al motto di spirito piuttosto che come l’attuazione di un
programma…Dopo aver pensato e ragionato, si prende comunque una decisione, che si rivela
indipendente da tutti i calcoli che l’hanno preceduta, perché, d’accordo con Kierkegaard, “l’istante
della decisione è una follia”: è per l’appunto la sospensione del continuum dei ragionamenti,
l’introduzione di un discontinuo…’2.
Questa chiara introduzione di M Ferraris al significato della parola ‘realista’ può essere d’aiuto alla
comprensione della valutazione omonima, in quanto allerta su possibili fraintendimenti e usi.
Secondo la valutazione realista (realist/realistic3) i progetti (assieme a piani, programmi o politiche)
sono teorie (congetture che possono diventare diagnosi e rimedi); appartengono a specifici sistemi
sociali, sono inter-attivi (coinvolgono i beneficiari, non li considerano ‘passivi’ e tantomeno ‘target’) e
sono aperti (non isolati) alle influenze esterne. Un programma opera in un determinato contesto C (o in
più contesti simultaneamente), si presume generi dei risultati R, ma attivi soprattutto meccanismi (M)
che possono favorire o impedire R. Obiettivo generale di questo tipo di valutazione è sviluppare e
testare empiricamente la configurazione C-M-R, una configurazione che ‘motiva’ il programma, che,
se plausibile, dovrebbe lasciare tracce (footprint) su R. R non sarebbe solo l’esito di azioni attuative,
ma di configurazioni C-M-R.
La valutazione realista è una forma di valutazione ‘esperta’ basata su una particolare teoria esplicativa
che intende smarcarsi sia rispetto al positivismo logico che al costruttivismo sociale. E’ intesa come
1 G I Giannoli, ‘La mente di fronte a numeri, verità e divini costrutti’, Alias Domenica, 18/12/2016. 2 M Ferraris, ‘Cambiare il mondo è un gesto individuale’, La Repubblica, 10/5/2016. 3 Doppia dizione in S Mathison (ed), 2005, Encyclopedia of Evaluation, Sage, London, pp. 359-367.
logic inquiry, un tipo di valutazione basato sulla teoria (theory-driven) che si collega al realismo
filosofico e alla esperienza pratica. Può essere usata in accezione formative (ex-ante), summative o
retrospettiva.
Questo tipo di valutazione si chiede ‘che cosa funziona meglio, dove, in quali circostanze, a favore di
chi, in che misura e perchè?’; non si limita al quesito ‘funziona? ’. Per rispondere al quesito il
valutatore realista utilizza quattro concetti-chiave: attribuzione (embeddedness), meccanismo o
mediatore (M), contesto (C), risultato o outcome (R). Egli parte dall’ipotesi che la varietà di effetti
attesi e inattesi di un progetto (R, outcome pattern) siano influenzati da specifici (‘circostanziati’ e
spesso nascosti) meccanismi (M) attivati dalla relazione progetto- contesto (C) o comunque presenti. R
può apparire come perturbazione di precedenti regolarità. I meccanismi possono non far parte,
inizialmente, della ‘teoria’ del progetto, ma essere da questa acquisiti durante la valutazione o in un
nuovo esercizio.
Il contesto (C) è importante per questo tipo di valutazione perché rappresenta le condizioni in cui opera
il programma, ne ‘confina’ in certa misura l’efficacia attesa e qualifica la configurazione C-M-R. C può
essere favorevole o sfavorevole al programma e alla sua teoria, e non va confuso con (o ridotto a)
luoghi fisici in quanto è interazione. In questa accezione diversi C possono coesistere assieme a diversi
M e nella matrice C*M possono maturare diversi R. E’ utile rappresentarne i caratteri prima del
progetto (Co) e dopo che si è consumata la relazione progetto-contesto (Ct). L’analisi della differenza
contribuisce a fornire base empirica ad una possibile spiegazione delle variazioni.
Facciamo un esempio. Supponiamo che un piano urbanistico (o un programma di opere pubbliche)
venga progettato in un contesto caratterizzato da forte rischio idrogeologico (C) e che il suo obiettivo
principale sia la messa in sicurezza del territorio e la riduzione del rischio nelle due componenti
principali: pericolosità ed esposizione. Per raggiungere l’obiettivo il piano adotta un modello di uso del
suolo sostenibile e di mitigazione dei danni probabili calcolati sui tempi di ritorno di determinate
calamità (R). Adottando questo modello il piano interroga e attiva diversi meccanismi (M). Uno di
questi potrebbe riguardare procedure di compensazione nel consumo di suolo, come la compensazione
ecologica preventiva (M1); un altro, il completamento della rete ecologica territoriale (M2); un terzo, i
premi assicurativi calcolati sulla base di R e di altri fattori rilevanti.
Nella valutazione orientata alla teoria i meccanismi si limiterebbero a spiegare la teoria del progetto.
Con la valutazione realista si identificano, interrogano e testano i meccanismi (M) che spiegano come
vengono generati/impediti i risultati e come il contesto eserciti la propria influenza. M contribuisce a
spiegare la logica di un intervento, a tracciare il destino di una teoria.
Un intervento funziona o non funziona in ragione di come reagiscono (o non reagiscono) i soggetti alla
disponibilità di risorse e alle opportunità fornite dall’intervento stesso. La reazione (o la mancata
reazione) dei soggetti, il loro modo di ragionare e di comportarsi sono considerati una delle principali
cause dei risultati. I meccanismi generativi (e di cattura) possono essere intesi come ‘cause implicite’
del cambiamento (underlying cause), non facilmente osservabili o solo ipotizzabili. I meccanismi
dipendono dal contesto (dalle circostanze più o meno favorevoli), ma rinviano anche ai driver sociali e
psicologici che influiscono sul modo di ragionare e di comportarsi dei soggetti coinvolti. Ad esempio,
la realizzazione di un programma di mobilità dolce in contesto urbano può sortire effetti diversi per
genere, in ragione dei diversi modelli cognitivi, del modo in cui essi influiscono sugli itinerari di
viaggio di uomini e donne, adulti o giovani, e delle diverse pratiche che gli itinerari evidenziano. I
meccanismi generativi (e di cattura) possono variare a seconda si operi con popolazioni giovani o
anziane, in condizioni mono o multi-culturali, in contesti ad urbanizzazione diffusa o compatta.
Sono questi meccanismi (e non semplicemente i risultati, come invece accade nella valutazione
sperimentale) l’oggetto di analisi privilegiata della valutazione realista. Quando operano meccanismi
che rinviano a strutture sociali o a sovrastrutture politico-culturali la valutazione realista si avvicina al
costruttivismo. In altre parole, essa combina principi post-positivisti con le sensibilità ai valori della
tradizione costruttivista. Per questa ragione viene considerata una terza opzione fra
(post)positivismo/sperimentalismo e nominalismo (costruttivismo), contribuendo a rilanciare
l’approccio EV negli anni ‘904.
Ad integrazione, va rilevato che la configurazione C-M-R (o CMO in versione inglese) proprio perché
utilizza il linguaggio dei meccanismi generativi si contrappone alla logica della meta-analisi sviluppata
dallo statistico Gene V Glass in campo psicoterapeutico a metà degli anni ’70 del secolo scorso. La
meta-analisi si fonda sull’accumulazione e l’utilizzo di risultati provenienti da studi che si presumono
‘robusti’ e appartenenti a ‘classi’ simili se non omogenee. Per i realisti si possono comparare soltanto
famiglie di meccanismi, a date condizioni, rivalutando quella epistemologia evolutiva che consentiva a
Campbell di eliminare le spiegazioni rivali5.
Valutazione a grappolo (cluster evaluation)
E’ una tipica valutazione tematica e in itinere non sostitutiva della valutazione di singoli progetti.
Viene effettuata su insiemi di progetti in analoga fase attuativa (vedi ciclo), simili per motivazioni
strategiche e tipo di beneficiari. La numerosità varia con le domande valutative e non contribuisce ad
una particolare significatività statistica 6 . I progetti condividono lo stesso disegno valutativo su
argomenti comuni ritenuti cruciali. Essi vengono trattati trasversalmente da un gruppo di valutatori
informati sui contenuti dei progetti selezionati mediante network meeting con gli attori di progetto. Si
identificano così caratteri comuni che possono portare a conferme o a confutazioni di eventuali
obiettivi o azioni progettuali; si evidenziano le ragioni e i fattori di successo e insuccesso; si facilita
l’approccio collaborativo fra partecipanti ai progetti; si generano informazioni con valore aggiunto
rispetto ai data base dei singoli progetti. I risultati possono essere utilizzati per correggere i percorsi
attuativi e orientare il design. Ad esempio, i progetti di una ‘misura’ programmatica europea potrebbero
essere valutati a grappolo (cluster) in fase di attuazione per verificarne la pertinenza rispetto ai contesti
e alla strategia della misura (riduzione delle diseguaglianze sociali, raggiungimento della parità di
genere, risparmio energetico, diffusione della innovazione, sviluppo della occupazione, ecc.). In campo
urbanistico o pianificatorio può essere valutato il contributo di diversi schemi d’uso del suolo al
4 N Stame, ‘A European evaluation theory tree’, in M C Alkin (ed), 2013, pp. 361-362. Con questo contributo Stame
aggiorna l’albero di Alkin sulla base dei contributi della ‘valutazione europea’ sia in prospettiva PV che EV. Dal punto di
vista ontologico, l’autrice considera la valutazione realista come versione europea della valutazione basata sulla teoria
almeno per due ragioni: perché rivaluta la causalità generativa nella scoperta dei meccanismi nascosti (lo svelamento del
black box) e perché si oppone alla contingenza nominalista. All’inesistenza di regolarità il realismo contrapporrebbe
l’esistenza di quasi-regolarità introdotte dal sociologo R K Merton negli anni ’60 del XX secolo. Con la middle-range
theory Merton cercava di integrare teoria e ricerca empirica, riconoscendo priorità al fenomeno empirico e al suo potenziale
induttivo. Questo riconoscimento consentiva di apprezzare gli effetti ‘inattesi’, ripresi in seguito da A O Hirschman, ma
entrava in rotta di collisione con le teorie sociali del conflitto o di tipo funzionalista. I valutatori realisti, in particolare P
Pawson, si chiedono se progetti, programmi, piani o politiche possono essere considerati particolari forme di middle-range
theory e in che misura la valutazione possa diventare un possibile test (o eventuale sviluppo) di queste teorie. Ovviamente la
loro risposta è positiva e la ritengono un contributo alla valutazione basata sulla teoria, vedi in particolare R Pawson, ‘
Middle Range Theory and Programme Theory Evaluation: From Provenance to Practice’ nel dibattito ‘Whatever happened
to middle-range theory? ’, ospitato nel 2005 dall’ International Sociology Congress di Stoccolma. 5 N Stame, idem, p. 362. 6 Con insiemi a numerosità ridotta si può ricorrere a statistiche non parametriche. Nella costruzione dei cluster si può
ricorrere al maximum variation sampling o campionamento a variazione massima.
raggiungimento di obiettivi di qualificazione delle ‘figure paesaggistiche’, di sostenibilità economica,
fiscale o ambientale. Diversi piani potrebbero formare un cluster finalizzato alla valutazione
dell’efficacia degli strumenti attuativi nel contenimento del consumo di suolo, per evidenziare la
plausibilità di ‘funzioni di interesse collettivo’ oppure l’efficacia di diverse forme di partenariato.
Un dominio molto fertile in proposito è costituito dall’innovazione urbana, com’è noto connessa alle
dinamiche di milieu e a processi selettivi extra-milieu. Le cosiddette smart city potrebbero costituire un
campione di unità dotate di profilo specifico su Ict, trasporti, energia, ambiente, alimentazione, socialità
e così via. Ogni città può contribuire in modo particolare alla costruzione di un profilo smart. Ad
esempio, la prima città combina soprattutto Ict ed energia; la seconda Ict e trasporti; la terza energia,
ambiente e socialità, ecc. La domanda valutativa potrebbe essere la seguente: quale profilo smart
contribuisce di più alla innovazione urbana? E di che tipo di innovazione si può parlare? Negli esempi
trattati la comparazione svolge un ruolo determinante non in termini di scelta, ordinamento o
attribuzione, ma in termini esplorativi.
Questi argomenti potrebbero essere trattati con sistematicità da un osservatorio regionale sulla
pianificazione e le dinamiche urbano-rurali.
Analisi orientata alla responsabilità/trasparenza decisionale (decision accountability)
Con E Chelimsky si potrebbe dire che l’obiettivo principale di questo tipo di valutazione è ‘dire la
verità al potere’ 7 , parlargli in modo franco, eliminando disinformazione e luoghi comuni. Qui il
nocciolo valutativo sta nella possibilità di rendicontare un processo, per trasparenza e/o trasferimento
d’esperienza, riconoscendo le responsabilità. La valutazione, in questo caso, può essere utilizzata in
modo pro-attivo per migliorare un programma o un progetto in corso di attuazione, ma anche in modo
retro-attivo per apprezzarne i significati, la loro intensità e i relativi valori.
La prospettiva di raggiungere accettabili livelli di trasparenza/responsabilità in ciò che si fa
(accountability) può affiancarsi o entrare in collisione con altre prospettive, come quella orientata ad
acquisire nuova conoscenza, oppure quella volta a migliorare un programma o le capacità di gestirlo. In
certe occasioni, l’interesse per la trasparenza/responsabilità può ridimensionare altre prospettive, così
come l’attenzione alle capacità potrebbe diventare una condizione per declinarle opportunamente.
Valutazione orientata al consumatore (consumer oriented)
In questo caso il valutatore si pone nei panni del consumatore e riconosce merit e worth significativi.
Evidenzia il benessere del consumatore rispetto alle sue preferenze e soddisfazioni (consumer
satisfaction) con riferimento ad un determinato bene o servizio o ad un ‘paniere’. L’oggetto e la
ragione della valutazione rinviano al benessere del consumatore definito in termini di utilità,
soddisfazione, qualità della vita e così via.
Peer review
Applicata nella valutazione di performance professionali e scientifiche (pubblicazioni, profili
curriculari, concorsi, ecc.), attiva il cosiddetto ‘giudizio dei pari’. Il suo obiettivo non è l’affidabilità,
ma l’enunciazione di valutazioni difendibili nel mondo dei pari. Può essere vittima di comportamenti
autoreferenziali, ad esempio in ambienti accademici.
7 E Chelimsky, ‘Evaluation purposes, perspectives, and practices’, in Alkin M (ed.) 2013 Evaluation Roots: A Wider
Perspective of Theorists’ Views and Influences, Sage, Thousand Oaks, CA, p. 273.
Auditing (vs monitoraggio vs valutazione)
L’auditing verifica la correttezza di procedure e processi, evidenziando eventuali scostamenti da
percorsi definiti (gap). Può ricorrere a dispositivi di monitoraggio e fornire utili input alla valutazione.
Accreditamento, certificazione, iscrizione
L’accreditamento può assumere tre configurazioni. In primo luogo può essere effettuato da una
istituzione sulla base di crediti accademici o di formazione. L’istituzione di accreditamento (ad
esempio, Università o istituzione riconosciuta) valuta la qualità di un programma rispetto a standard
definiti. Nella seconda configurazione l’istituzione richiede un riconoscimento a panel esterni o ad
istituzioni di riferimento specializzate e riconosciute. Ad esempio, il Royal Town Planning Institute
(Uk) accredita nuovi corsi di pianificazione urbana e territoriale o ne conferma periodicamente la
qualità. L’accreditamento può avvenire anche per auto-valutazione, come nel caso dei corsi di
aggiornamento organizzati da Ordini professionali o da istituzioni di ricerca.
Specifica è la procedura di iscrizione alla Lista del patrimonio mondiale dell’Unesco. L’ ‘oggetto’
(materiale o immateriale) oltre a presentare un eccezionale valore universale deve soddisfare almeno
uno dei dieci criteri di selezione illustrati nelle Linee Guida per l’applicazione della Convenzione del
patrimonio mondiale del 1972 8 . I criteri sono regolarmente aggiornati dal Comitato in modo da
riflettere l’evoluzione del concetto stesso di Patrimonio Mondiale. Dei dieci criteri, sei sono culturali e
quattro naturali. Perché un bene sia considerato di eccezionale valore universale, deve anche soddisfare
le condizioni di integrità e/o autenticità e deve essere dotato di un adeguato sistema di tutela, di
gestione, di monitoraggio e pianificazione che ne garantisca la salvaguardia. Al patrimonio come
certificazione si affianca la patrimonializzazione come azione continua finalizzata al riconoscimento
8 Nel 2003, a Parigi, è stata adottata una apposita Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale. Essa
fornisce una precisa definizione di patrimonio culturale immateriale. Fa seguito la legge n.77 del 2006, che introduce misure
speciali di tutela dei siti. Recenti disegni di legge (vedi la proposta di R M Di Giorgi) propongono una maggiore
integrazione dei piani di gestione nei sistemi di pianificazione ordinaria e tra le azioni da perseguire all'interno dei piani di
gestione annoverano l'obbligatorietà di specifiche valutazioni di impatto patrimoniale per progetti su larga scala e per
progetti infrastrutturali. Una interessante sperimentazione a proposito di gestione-pianificazione è stata effettuata dal Corila
per il sito Unesco ‘Venezia e la sua laguna’ nel 2014. Il Piano di gestione del sito è stato integrato al sistema di
pianificazione locale e d’area vasta con il sistema informativo geografico Siplan. Secondo i criteri culturali riconosciuti
dalla Convenzione, ogni bene nominato deve (1) rappresentare un capolavoro del genio relativo umano, (2) mostrare un
importante interscambio di valori umani in un lasso di tempo o in un'area culturale del mondo, relativamente agli sviluppi
dell'architettura o della tecnologia, delle arti monumentali, dell'urbanistica o della progettazione paesaggistica. Ma deve
anche (3) rappresentare una testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o
scomparsa, oppure (4) essere un eccezionale esempio di edificio o ensemble architettonico o tecnologico o paesaggistico che
illustri uno stadio significativo o stadi significativi nella storia umana. Un ulteriore requisito (5) è rappresentare un esempio
eccezionale di insediamento umano tradizionale o di utilizzo del territorio rappresentativo di una o più culture, specialmente
se divenuto vulnerabile per l'impatto di cambiamenti irreversibili, oppure (6) essere direttamente o tangibilmente associate
ad eventi o tradizioni viventi, a idee e credenze, a opere artistiche o letterarie di valore universale. Il comitato ritiene che
quest’ultimo criterio debba giustificare l'inclusione nell'elenco solo in casi eccezionali ed unitamente ad altri criteri culturali
o naturali. Secondo i criteri naturali i siti nominati devono (7) rappresentare esempi eccezionali degli stadi principali della
storia della terra, compresa la presenza di vita, processi geologici significativi in atto per lo sviluppo della forma del
territorio o caratteristiche geomorfiche o fisiografiche significative, oppure (8) essere un esempio eccezionale di processi
ecologici e biologici in essere nello sviluppo e nell'evoluzione degli ecosistemi terrestri, delle acque dolci, costali e marini e
delle comunità di piante ed animali. I siti possono, inoltre, (9) ospitare fenomeni naturali superlativi o aree di bellezza
naturale eccezionale e di importanza estetica, oppure (10) contenere gli habitat più importanti e significativi per la
conservazione in sito delle diversità biologiche, comprese quelle contenenti specie minacciate di eccezionale valore
universale dal punto di vista scientifico o della conservazione.
del mutare dei significati e dei valori. In tutti i casi si tratta di ‘dichiarazioni valutative’ di ‘operatori
rituali’ dotati di elevata ‘discrezionalità tecnica’.
Valutazione interna
Ogni organizzazione può attivare un processo di valutazione interna secondo i propri ritmi,
innestandolo in pratiche programmatorie, pianificatorie o di design e, più in generale, di attuazione
della propria missione. Un processo del genere crea opportunità per lo sviluppo di una riflessione
critica continua, evitando la discrezionalità della valutazione esterna9. Metodi e tecniche di valutazione
interna variano con i contesti organizzativi, le loro missioni, i modelli gestionali e le istanze che
esprimono.
Auto-valutazione istituzionale (institutional self-evaluation)
E’ una valutazione interna all’organizzazione, da questa stimolata e gestita. Rispetto alla valutazione
interna si caratterizza perché praticata in organizzazioni i cui membri sono disposti a discutere
analiticamente attività e comportamenti, assumendosi le proprie responsabilità ed esponendosi al
giudizio di istituzioni di accreditamento, valutatori esterni o finanziatori. Si tratta di analisi che soltanto
i membri dell’organizzazione conoscono a fondo e, senza le quali, potrebbero mancare importanti
chiavi di lettura. Fornendo dettagli, spiegando le ragioni alla base di determinate scelte potrebbe
aumentare la vulnerabilità di chi si espone al gioco. Il valutatore (spesso interno) può sfruttare questa
vulnerabilità per migliorare le performance dell’organizzazione e le capacità/disponibilità riflessive dei
suoi membri.
Valutazione di qualità (quality control and assurance - QCA)
‘Quality is an elusive term which gets fuzzier the closer you look at it’10. Il controllo di qualità
accompagna l’auditing, l’accreditamento, la produzione di beni e servizi, la realizzazione di progetti o
programmi. Questo tipo di valutazione (più propriamente, controllo) combina due dimensioni: una
tecnica ed una emotiva. La prima è performativa e rappresenta il modo in cui determinati prodotti,
servizi o azioni rispondono a domande, requisiti o standard. La seconda evidenzia come specifici
significati culturali possano emergere curando aspetti tecnici. La qualità può, infatti, associarsi a
caratteri come perfezione, specificazione, identificazione, miglioramento, difficilmente riducibili a
questioni tecniche. In generale, la ricerca e il controllo di qualità comprendono tecniche e strumenti che
consentono di apprezzare il rispetto di determinati requisiti. Quality assurance (QA) e quality control
(QC) sono spesso utilizzati in modo intercambiabile, anche se quality control è un termine più
generale11 . QA rinvia a verifiche sistematiche finalizzate al raggiungimento di un certo grado di
confidenza sul rispetto di requisiti in processi, prodotti o servizi. Il grado di confidenza può essere
stimato statisticamente o ricorrendo a matematiche ‘fuzzy’. QA viene spesso confuso con la gestione
della ‘qualità totale’ che si basa sull’assunto che un luogo di produzione o di servizio generi processi,
prodotti o servizi di qualità. Tuttavia, QA rinvia a sistemi manageriali e standard12. In diversi paesi
QCA corrisponde a standard che ogni organizzazione impegnata in auditing deve dimostrare di
rispettare per garantire la qualità di ciò che fa, anche ricorrendo a periodiche peer review. QCA può
9 Vedi, ad esempio, Y Wadsworth, 2011, Everyday evaluation on the run (3rd edition), Allen& Unwin, St Leonards, New
South Wales, AUS. 10 ‘Qualità è un concetto elusivo che diventa sempre più sfocato man mano che ci si avvicina’, B Williams, ‘Quality’ in S
Mathison (ed.), 2005, Encyclopedia of Evaluation, Sage Publications, Thousand Oaks, p. 350. 11 B Williams, ‘Quality control’, in S Mathison, cit., p. 351. 12 B Williams, Quality assurance’, in S Mathison, cit. p. 350.
essere richiesta nella valutazione di programmi, come nel caso di Linkvit (piattaforma e-learning per
l’attuazione della Direttiva Inspire), dove tutti i deliverable sono stati sottoposti a valutazione interna
ed esterna.
Simulazione valutativa
Dai dialoghi fra tecnologie differenti possono emergere inediti problemi con implicazioni più serie di
quelle che siamo abituati ad affrontare. Questi dialoghi avvengono sulla base di sistemi
semi-automatici che consentono l’interoperabilità fra fonti e generatori di dati13 e, su questa base,
l’interazione e l’interconnessione fra le parti. Da queste interazioni possono emergere comportamenti
imprevisti e diventa difficile avere una visione chiara del loro funzionamento o delle conseguenze di
ogni azione. L’interoperabilità può trasformare un piccolo malfunzionamento in effetti a cascata non
lineari. La valutazione degli effetti risulta così difficile che l’unica procedura efficace è di tipo
simulativo. Nel mondo dell’aeronautica, ad esempio, i sistemi che evitano le collisioni tra aerei sono
così sofisticati che per capire se sono efficaci li si può solo sottoporre a ripetute simulazioni. Nemmeno
un esperto può valutarne in anticipo l’efficacia soltanto guardando il codice in cui sono scritti14.
Ricerca valutativa (RV)
E’ difficile non vi sia una componente valutativa in ciò che si fa, che non sia presente alcun elemento di
comparazione o giudizio. E’, semmai, una questione di intensità. Con una certa semplificazione si può
momentaneamente distinguere il comportamento analitico da quello valutativo. Il primo risponde a
quesiti del tipo: che effetti/esiti genera l’azione a? Vi è correlazione fra esiti? E’ riconoscibile una
sequenza? E così via. Se il comportamento è valutativo i quesiti possono assumere forma diversa: come
gli effetti contribuiscono a definire significati e valori dell’azione a? Da chi vengono riconosciuti e
perché? RV aiuta a costruire domande valutative sulla base di indagini ad ampio spettro. E’ una
particolare modalità di ricerca sociale applicata con test su forme di conoscenza orientate al giudizio.
Diversamente dalla ricerca di base, RV non è orientata alla scoperta di conoscenza. Può essere
organizzata in tre fasi principali: a) definizione degli obiettivi ancorati a goal finali (di medio-lungo
periodo), intermedi e a breve; b) esplicitazione degli assunti su ‘valori’ e ‘validità’ di ciò che si valuta e
di come si valuta; c) riconoscimento degli ‘effetti’ (sforzi, attività, performance, efficienza, processo, e
così via). E’ contigua alla evaluative inquiry. Nella ricerca-azione possono essere attivati processi
valutativi di tipo interattivo e dialogico con caratterizzazione di parte (advocacy, personalizzante, ecc.)
o deliberativa. A RV possono fare riferimento diversi approcci: dipende dal modo in cui maturano le
domande valutative nell’interazione sociale.
Responsive evaluation (valutazione ‘reattiva’)
Ogni valutazione è in certa misura responsive, e per diverse ragioni: per il solo fatto di essere
interazione sociale, perché i problemi si configurano strada facendo, perchè l’evaluando, la funzione
valutativa, gli stessi standard si aggiornano nel continuo. Ma lo è anche per altri motivi: ad esempio,
perché intende essere tempestiva, utile, sensibile alle istanze, disinteressata a generalizzazioni
nomotetiche, guida pratica, e così via. Più propriamente, la valutazione responsive (o reattiva) è un
13 La Direttiva UE Inspire sviluppa protocolli di interoperabilità fra diverse fonti di dati e fra temi rilevanti per la gestione
di dati spaziali. 14 S Arbesman, 2016, Overcomplicated: technology at the limits of comprehension, Current, Penguin Random House, New
York.
processo di conoscenza approfondita (dialogica) dell’evaluando da parte di chi intende valutarlo.
Questo processo non ha connotato formale, non adotta procedure o modelli pre-definiti: osserva quanto
accade, cerca di comprendere cosa fanno e pensano le persone coinvolte direttamente e indirettamente,
raccoglie documentazione su quanto è accaduto prima (da dove viene il progetto) o su quanto sta
accadendo altrove, ne rileva qualità e limiti, cerca di capirne il senso. Il linguaggio della valutazione
responsive è il linguaggio del presente, degli eventi, degli episodi, dell’esperienza riferiti a domini
spazio-temporali definiti. Con questi connotati la valutazione responsive (reattiva) si avvicina
all’approccio PV. Essa parte dall’assunto che problemi, ‘poste in gioco’ e diversità culturali in uno
specifico disegno valutativo, e in particolare nella valutazione come pratica di interazione, richiedano
una certa ‘sensibilità’ da parte del valutatore. Diversità culturali e poste in gioco (spesso forti e
contrapposte) consigliano un atteggiamento relativistico che si può tradurre in mapping delle poste, in
matrici di gioco e così via. Problemi, poste e diversità sono considerati veri e propri ‘dispositivi
concettuali’ (conceptual organizer) della valutazione intesa come pratica interattiva.
In certi casi l’obiettivo può essere costruire una ‘agenda’ in grado di motivare il progetto e di verificare
gli esiti di eventuali pratiche collaborative o di advocacy. Il valutatore interagisce con gli stakeholder
(stkh) singoli o in formazione, evidenziando come le poste in gioco influenzino il programma, la sua
teoria, processi ed esiti15. Per svolgere questa attività il valutatore deve essere in grado di confrontare le
logiche degli stkh (non necessariamente i più rilevanti) sia in fase di strutturazione che di soluzione di
eventuali funzioni valutative. Il loro dominio semantico deriva dal modo in cui si riconoscono gli stkh.
Per queste ragioni, la responsive evaluation è value-engaged (J C Green), viene anche denominata
stakeholder-centered evaluation (Stake16) e si avvicina, per certi aspetti, alla valutazione costruttivista.
Una declinazione specifica è la culturally responsive evaluation, utilizzata in campo educativo per
affrontare i temi posti dalla multiculturalità, dall’integrazione, da forme di ibridazione culturale e da
questioni di genere.
Valutazione costruttivista o di quarta generazione17
Considerata la difficoltà ad applicare i concetti di causalità lineare alle non lineari interazioni umane, si
ricorre alla ‘causalità mutua’. Il costruttivismo fa proprio questo concetto quando rileva come le cose
accadano ‘in presenza’ e non necessariamente a causa di certi eventi. Eventi e soggetti non sono
connessi in sequenza, ma relazionati in (ad) un complesso mutevole e dinamico che può cambiare con i
soggetti che si pongono ‘intenzionalmente’ in un modo o nell’altro.
I soggetti che partecipano all’interazione sociale e alla sua valutazione vengono riconosciuti come
importanti fonti di attribuzione di valore. Ci si trova, quindi, di fronte a diverse ‘realtà’ costruite dai
modi in cui vengono percepite e rappresentate. Questo tipo di valutazione combina l’approccio
responsive, in cui attese, preoccupazioni e problemi degli stkh sono elementi organizzativi, con la
metodologia costruttivista che cerca di favorire un giudizio condiviso partendo da situazioni anche
15 In un contesto pluralista (multiattoriale o multiagente) è possibile il ricorso a tecniche Delphi, organizzazione delle idee,
assistenza alle decisioni, gestione delle interazioni, brainstorming, cross impact analysis, gestione dei gruppi come Meeting
works, scenario writing e così via. Queste tecniche (la cui efficacia aumenta con la riduzione della dissipazione informativa
e con il controllo della ‘esplosione combinatoria’) sono utili alla costruzione del disegno valutativo e, in particolare, per
l’identificazione delle funzioni valutative e la loro elaborazione. 16 R E Stake, ‘Responsive evaluation IV’ in M C Alkin (ed), 2013, Evaluation Roots. A Wider perspective of Theorists’
Views and Influences, Sage, LA (second edition), pp. 189-197. 17 E Guba, Y Lincoln, 1989, Fourth Generation Evaluation, Sage, Newbury Park, CA.
conflittuali, dovute a frame e costruzioni emiche specifiche18. Per catturare attese, preoccupazioni e
problemi degli stkh nel modo più pertinente, si ricorre a campioni/gruppi a massima variazione
(maximum-variation sampling) in cui gli stkh sono intervistati in sequenza connettendo, mappando ed
interpretando le costruzioni di ciascuno. Da questo lavoro riflessivo sulla interazione sociale possono
emergere ‘costruzioni’ comuni. Il valutatore può testare e dilatare le ‘costruzioni’ interne al
campione/gruppo introducendo informazioni aggiuntive, identificando le costruzioni condivise (CCI -
claims, concerns, issues), segnalando quelle ancora incerte e raccogliendo, eventualmente, ulteriori
informazioni. Su questa base può essere messa a punto una agenda per la negoziazione e può essere
attivata la negoziazione stessa, riportandone i risultati. Un approccio del genere rinvia al cosiddetto
‘circuito ermeneutico’ in cui fatti e valori interagiscono. Circuito ermeneutico e abduzione sono alla
base della valutazione come pratica ermeneutica, interna alla prospettiva PV.
Detta di ‘quarta generazione’, questa valutazione tende a differenziarsi dagli approcci precedenti, in
particolare da quelli orientati agli obiettivi (prima generazione), alla descrizione (seconda generazione)
e al giudizio (terza generazione), a favore di un coinvolgimento dei soggetti dell’interazione sia in fase
valutativa che di utilizzo dei risultati. E’ decisamente anti-realista e si avvicina alla valutazione
costruttivista, caratterizzandosi per tre ragioni principali: ontologica (quale realtà?), epistemologica
(quale verità?) e metodologica (come avvicinarsi a realtà e a verità?). La ragione ontologica rinvia alla
negazione dell’esistenza di una realtà esterna e obiettiva indipendente da ecologie mentali non
necessariamente convergenti. Non esistendo verità oggettiva, le verità di un progetto non possono che
emergere dalle prospettive dei soggetti che lo promuovono e lo realizzano, oltre che da quelle dei
beneficiari/vittime e degli utenti dei risultati. Ciò caratterizza epistemologicamente l’azione
valutativa, in quanto la realtà è frutto dell’interazione fra osservatore e osservato. Il rinvio al pensiero
pragmatico è esplicito, così come il rifiuto dell’approccio positivista o neo-positivista. Agli antipodi
della valutazione sperimentale o quasi-sperimentale, sul piano metodologico la valutazione
costruttivista propone un processo interpretativo (quasi-ermeneutico, perché ancorato alla
intenzionalità) e dialettico (interazione), cercando di collocare le prospettive di soggetti e utenti nei
rispettivi quadri di riferimento. E’ di supporto al cosiddetto framing in circostanze formative. Per le tre
ragioni indicate il disegno di questo tipo di valutazione parte da una ipotesi quasi banale: il valutatore
costruttivista non sa tutto quello che non sa19. Occorre, quindi, ‘lasciare spazio’ ad una fase esplorativa
molto aperta e libera per riconoscere la varietà di costrutti dei soggetti che possono partecipare allo
sforzo valutativo di un progetto, di un piano, di un programma o di una politica. L’efficacia potenziale
di questa fase esplorativa tende ad aumentare con il protrarsi della interazione sociale. Certo,
l’interazione sociale può essere stimolata da una istanza valutativa, ma in questo caso è evidentemente
condizionata da un esito precedente, da routine o obblighi normativi o programmatici.
L’approccio costruttivista propone l’operazione inversa: guarda alla fertilità dell’interazione in termini
di generazione dell’istanza o dello sforzo valutativo. E l’istanza sarà tanto più ricca quanto maggiore è
la eterogeneità dei costrutti. Per catturare questa eterogeneità si può ricorrere a varie tecniche. Una
delle più utilizzate è il maximum variation sampling o campionamento a variazione massima (MVS)20.
18 Emico e etico derivano in questo caso dalle desinenze delle parole fonemica (fonologia) e fonetica. In antropologia,
sociologia e psicologia il termine emico si riferisce al punto di vista degli attori sociali, alle loro credenze e ai loro valori
(tipica è l’ottica del ‘nativo’, di soggetti appartenenti a condizioni e culture particolari). Si tratta di un punto di vista
plausibile e pertinente che merita di essere considerato. Etico si riferisce invece alla rappresentazione dei medesimi
fenomeni secondo l’ottica del ricercatore. Diventa così importante il modo in cui si rappresentano le prospettive dei
soggetti. 19 ‘Constructivist evaluators assume that they do not know everything that they do not know’, in Y S Lincoln, E G Guba,
2013, cit. p. 224.
20 MVS è un campione finalizzato (purposive sample), detto anche maximum diversity sample o maximum heterogeneity
sample. Di norma, questo tipo di campione non è rappresentativo, ma se disegnato con attenzione può diventare
Invece di cercare la rappresentatività sulla base di distribuzioni equiprobabili, MVS la cerca sulla base
di ‘variazioni estreme’. Il principio è semplice: se si intervista un campione di persone molto diverse, le
loro risposte aggregate possono approssimare quelle dell’universo, o comunque della popolazione di
riferimento. Un approccio del genere può essere seguito nei casi in cui non sia possibile costruire un
campione casuale. Si tratta di una estensione del principio di regressione sulla media, secondo il quale
se un gruppo di persone si trova in posizioni estreme per determinati caratteri (opinioni, attese,
preferenze e così via), conterrà persone in posizioni ‘centrali’ (media) per altri. Se si costruisce un
campione a variazione minima (minimum variation sampling) con riferimento a tipi di persone che si
ritengono in posizione media (in gergo, ‘eliminando le code’ o gli outlier), si rischiano di perdere altri
tipi significativi per profilo e presenza. Con MVS le persone in posizione media sono necessariamente
incluse. MVS può essere aggiornato nell’interazione: la variabilità può crescere, stabilizzarsi o
diminuire in un determinato periodo. Se cresce va colta nei suoi elementi di novità; ma se si stabilizza o
diminuisce ci si trova di fronte ad una sorta di ‘saturazione’ con aumento della ridondanza
(informazione che si ripete o non aggiunge nulla di nuovo). La saturazione può essere un segnale
interessante, anche se vincolato al tempo e ad un giudizio su ciò che l’interazione ha detto o potrebbe
ancora dire. Se la saturazione viene intesa come una sorta di stabilizzazione della variabilità, si
potrebbe procedere alla mappatura di attese, pretese e problemi espressi dai soggetti, riconoscere
eventuali conflitti e attivare un processo dialogico o dialettico. Questo processo può essere di tipo
ermeneutico (recuperando l’ermeneutica in seconda istanza) o epistemologico, ma in entrambi i casi ciò
che importa è identificare le questioni più critiche e non necessariamente derivabili dagli obiettivi del
programma o del progetto in esame. Gli effetti inattesi possono emergere proprio da qui.
In sintesi, nella identificazione di costrutti sociali è utile capire come un fenomeno è percepito da
soggetti diversi, in situazioni e tempi diversi. Le costruzioni sociali sono meccanismi generatori di
senso (sense-making) prodotti e utilizzati per dare ordine all’esistenza. E non è agevole conoscere ciò
che le persone (e le loro protesi) pensano, come e perché attribuiscono senso ad una determinata
azione, se non ponendosi in ascolto. E’ una condizione necessaria per il framing e quindi per analisi più
‘locali’, in cui la distinzione fra qualitativo e quantitativo non ha molto senso se non in termini di
attribuzione tecnica.
Inizialmente si è detto che eventi e soggetti non sono connessi in sequenza, ma relazionati in (ad) un
complesso mutevole e dinamico che può cambiare con i soggetti che si pongono ‘intenzionalmente’.
Intenzionalmente, appunto 21 . Qui si ferma il costruttivismo: e sulla presunta intenzionalità viene
superato dall’ermeneutica che considera l’interazione possibile e non necessariamente intenzionale.
Valutazione naturalistica
rappresentativo come un campione casuale. Si ricorda che un campione casuale non è necessariamente il più rappresentativo
soprattutto se di dimensioni ridotte. Questo approccio può essere utilizzato nella cluster evaluation (valutazione a grappolo)
sulla base di criteri-chiave che riconoscono la differenza. Ad esempio, nella valutazione dei programmi agricoli con
un’ampia varietà di progetti, i criteri di variazione possono includere clima, caratteristiche del suolo, modi di conduzione,
sostegno pubblico, condizioni fiscali, amministrazione dei prezzi, e così via. Vedi Audience Dialog, Maximum variation
sampling for surveys and consensus groups, http://www.audiencedialogue.net/maxvar.html (sito consultato il 26/6/2016).
21 L’affermazione di Y S Lincoln e di E G Guba è molto chiara in proposito: ‘mutual causation suggests that events or
persons are not linked sequentially, but rather are interpenetrating and arrayed in a dynamic, changing complex that may be
altered via any number of actors exhibiting intentionalities (corsivo mio) of one sort or another’, Y S Lincoln, E G Guba,
2013, cit. p. 221. Ma poiché l’interazione può non essere intenzionale, sono praticamente infiniti i gradi di libertà
attribuibili ad una possibile proposizione valutativa che matura nell’interazione stessa.
Almeno nella denominazione, la valutazione naturalistica si basa su un equivoco ben rilevato dalla
seguente citazione. ‘Ironically, naturalistic evaluation is based philosophically on antinaturalism.
Naturalism is a philosophy that equates the aims and methods of the social and human sciences with
those of the natural sciences – prediction and control through the discovery of physical law
explanations of matter in motion, including human behavior. Antinaturalists rejects this view of science
and the efforts to achieve physical law explanations of human actions. Therefore, antinaturalists seek to
understand human action by exploring the meaningful ways in which people experience their world.
Thus, to the philosopher, naturalistic evaluation is actually antinaturalistic in its assumptions’, D D
Williams, ‘Naturalistic evaluation’ in Encyclopedia of Evaluation (S Mathison ed.), Sage Publications,
London, pp. 271-274.
Va rilevato che in valutazione le dizioni naturalistico, costruttivista e interpretativo (interpretivist)
rappresentano una visione antinaturalistica dell’indagine sociale. La logica della ricerca naturalistica
(the logic of naturalistic inquiry), in quanto applicazione di leggi di natura ai comportamenti sociali,
scoraggerebbe il valutatore e il ricercatore sociale a semplificare la complessità. E Guba e L Lincoln
legittimano l’approccio costruttivista nelle scienze sociali e la relativa teoria della valutazione
responsive. In altre parole, assimilano il paradigma naturalista sia sul piano ontologico che su quello
epistemologico a quello costruttivista e interpretativo. Quest’ultimo riconosce, infatti, l’esistenza di
diverse realtà, la reciproca influenza fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, l’impossibilità di
distinguere le cause dagli effetti e di giungere a credibili generalizzazioni. In particolare, nella
interazione fra soggetto e oggetto si attivano frame che rendono la valutazione value-bound e
responsive (R Stake), e quindi molto lontana dalla valutazione value-free.
Più recentemente, Guba e Lincoln hanno preso le distanze dal naturalismo a favore di approcci
costruttivisti e interpretativi introducendo i concetti di ‘ontologia relativista’, ‘epistemologia
soggettivista’ ed ‘ermeneutica’. In uno schema ‘costruttivista radicale’ (cit. M Freeman in S Mathison,
2005, p. 81) i due autori adottano il metodo comparativo costante (constant comparative method – Ccm
di B Glaser e A Strauss, 1965). Ma è soprattutto l’avvicinamento all’ermeneutica che marca la distanza
dal naturalismo e dalle sue ambigue ibridazioni, come ben evidenziano gli approfondimenti di T
Schwandt.
Una conferma viene dal fatto che Guba e Lincoln adattano Ccm al processo ermeneutico dialettico.
Ccm diviene così uno strumento dinamico per raccogliere e generare informazioni da parte dei soggetti
interessati e interessabili. Un primo soggetto è intervistato sulla percezione dell’evaluando (sui suoi
significati e valori) e i risultati vengono analizzati ed elaborati per una successiva intervista. Il secondo
soggetto viene intervistato sui propri punti di vista e per commentare il punto di vista del primo
intervistato. Il processo prosegue finché nuove prospettive entrano nel processo dialogico. L’obiettivo
non è sviluppare nuove teorie esplicative o del cambiamento, ma offrire a soggetti con opinioni diverse
o divergenti un sempre più approfondito livello di conoscenza/comprensione della pratica o dell’azione
da valutare. L’interruzione del processo avviene per esaurimento di informazione aggiuntiva, per
l’annullamento di valore aggiunto, si potrebbe dire. Questo approccio contingente e provvisorio, spesso
lontano da possibili convergenze.
Valutazione democratica deliberativa
Con questo tipo di valutazione si cerca di riconoscere e attribuire significati e valori mediante un
processo di discussione pubblica, di confronto fra prospettive diverse, nella convinzione che il
coinvolgimento intenzionale dei soggetti possa far mutare credenze e valori o aiuti ad approfondire
temi e argomenti scontati o ritenuti marginali.
E R House e K Howe22 sono fra gli autori (un filosofo e un valutatore in campo educativo) che più
hanno cercato di sviluppare questo approccio riconoscendo al valutatore un ruolo specifico: dare voce a
prospettive e valori marginali o negletti assieme a quelli dei soggetti partecipanti; mettere a punto
procedure utili al dialogo e alla deliberazione; cercare di risolvere conflitti dovuti ad asimmetrie
informative o a discutibili interpretazioni dei dati disponibili. Il giudizio di sintesi nell’approccio
deliberativo è ‘pubblico’ non solo per il carattere imprevedibile dell’interazione sociale, ma anche per
ragioni di ‘mutuo ingaggio’. In questa prospettiva, la valutazione democratico-deliberativa può favorire
la giustizia sociale assumendo un connotato prescrittivo.
Nello specifico, si tratta di una valutazione value-engaged che ritiene illusorio pretendere di valutare in
modo neutrale o indipendente dai valori23. Considera l’inclusione come un valore democratico, una
sorta di ingaggio auspicato per ragioni pragmatiche (apprendimento e uso della pratica valutativa),
emancipative (azione sociale) e deliberative (chi ottiene cosa?). Per evitare che l’inclusione porti a
forme di pluralismo populista, invece che alla rivitalizzazione dei ‘margini’, l’ingaggio dei principali
soggetti avviene con dispositivi aperti alle interazioni, con feedback fra azioni di soggetti diversi e
riduzione di possibili asimmetrie informative. Queste derivano, in genere, dai ruoli sociali assunti (o
attribuiti) nell’azione progettuale specifica. Generalmente i feedback amplificano gli effetti di una
interazione e ne possono modificare la natura. Questa apertura è condizione necessaria, ma non
sufficiente, per attivare una valutazione democratica. Per essere sufficiente essa deve assumere
connotato deliberativo, sostitutivo del criterio della rappresentanza come delega di funzioni non (o
parzialmente) delegabili. Una valutazione di questo genere non viene delegata, né si affida a
simulazioni o a giochi di ruolo. Si differenzia sia dalla valutazione manageriale (top down), con
frequenti connotati burocratici e autocratici, sia da quella pluralista di tipo responsive o costruttivista.
Valutazione trasformativa (transformative evaluation)24
Se la valutazione pone al centro dell’attenzione la giustizia sociale e i diritti umani, acquistano
rilevanza approcci finalizzati al cambiamento con il coinvolgimento di comunità, gruppi o singoli. La
logica del paradigma trasformativo, che informa la ricerca e la valutazione trasformativa (VT),
apprezza le sfide, è consapevole che solo affrontando questioni di potere, discriminazione, marginalità
ed oppressione si possano ridurre le diseguaglianze. Ritiene, inoltre, che significative evidenze circa le
possibilità di cambiamento siano offerte da pratiche valutative e di ricerca convinte da questo
paradigma.
VT propone un cambiamento paradigmatico relativamente a quattro assunti basilari25. Il primo assunto
è assiologico ed esplicita la connessione al modello etico, riconoscendo valore esplicito alla giustizia
sociale e alla difesa dei diritti umani. Questo assunto richiede un impegno deciso nella identificazione
di norme e credenze che influenzano la vita di tutti i giorni, norme e credenze che spesso connotano
22 E R House, K Howe, 2000, ‘Deliberative democratic evaluation’, in K E Ryan, L DeStefano (eds), Evaluation as a
democratic process: promoting inclusion, dialogue and deliberation. New Directions for Evaluation 85, pp.3-12,
Jossey-Bass, San Francisco. 23 Uno dei principali riferimenti al riguardo è E R House di cui vale la pena ricordare i seguenti contributi: E R House,
1980, Evaluating with validity, Sage, Beverly Hills, CA; E R House, 1993, Professional evaluation: social impact and
political consequences, Sage, Newbury Park, CA; E R House, K R Howe, 1999, Values in evaluation and social research,
Sage, Thousand Oaks, CA. 24 D M Mertens, 2009, Transformative Research and Evaluation, The Guilford Press, London. 25 Sul cambio di paradigma favorito da VT vedi D M Mertens, ‘Social trasformation and evaluation’, in M C Alkin (ed),
2013, Evaluation Roots. A Wider perspective of Theorists’ Views and Influences, Sage, LA (second edition), pp. 232-240.
non soltanto persone, ma formazioni e gruppi sociali. Il team valutativo dovrebbe essere in grado di
rappresentare questa eterogeneità e far interagire i principali community gatekeeper. Ciò potrebbe
consentire di riconoscere problemi e risorse, punti di forza, fattori di sostenibilità e resilienza.
Il valutatore (collettivo, come d’auspicio) dovrebbe essere in grado di identificare norme e credenze
favorevoli o deleterie per la giustizia, saper utilizzare le risorse della comunità, definire azioni congrue,
dimostrare che la pratica valutativa lascia tracce positive in termini di conoscenza, capacità e
cambiamento e che queste tracce sono soprattutto sostenibili e durature. In certi contesti
particolarmente diseguali la scelta di un modello etico e di una prospettiva operativa può essere
agevole, in altri più complessa. Ma vi è anche chi ritiene, come in contesto realista, che non sia
necessario riferirsi ad un modello etico particolare per ‘fare del bene’.
Il secondo assunto è ontologico ed è connesso al primo. Se vi sono norme e credenze che favoriscono
od ostacolano la giustizia sarà compito del valutatore rivelare le diverse versioni della realtà
(comprendere ciò che si intende per reale), riconoscere le diversità che possono favorire o ostacolare la
giustizia, identificarne i meccanismi, ed evidenziare, infine, come la valutazione possa aiutare a
comprendere ciò che è reale. I primi due assunti indicano come la diseguaglianza richieda
un’attenzione positiva e normativa, con dirette implicazioni epistemologiche.
Il terzo assunto riguarda la conoscenza. E non si tratta soltanto della natura della relazione fra
valutatore e stakeholder, della fiducia reciproca o della capacità di dare voce a chi non ce l’ha26, ma del
modo in cui il processo di conoscenza e di formulazione di proposizioni valutative riesce a cogliere la
dimensione positiva e normativa nell’interazione sociale. Sono frequenti i casi in cui evidenze positive
non trovano sponde normative. I tre assunti influiscono in modo evidente sulla metodologia. E non si
tratta tanto della possibile e reciproca fertilizzazione di approcci quantitativi e qualitativi27, quanto della
costruzione di un modo di pensare l’intersezione fra giustizia sociale e valutazione riconoscendo
l’opportunità di affrontare questioni di potere.
VT si àncora ad istanze critiche, a volte interpretabili con approcci di personalizing evaluation, social
agenda o advocacy, ma generalmente omesse nei mandati ufficiali condizionati da regole, dispositivi di
comando e riproduzione del potere. I mandati ufficiali spesso mitigano la criticità delle istanze o ne
rinviano l’apprezzamento alla conclusione della valutazione caricandola di un onere improprio. In certi
casi VT può assumere carattere giudiziario (adversarial).
Porre concretamente al centro dell’attenzione criticità e questioni di giustizia significa dare voce a
persone, formazioni sociali o situazioni svantaggiate. Le voci non vengono considerate come mere
‘fonti’ di dati o informazioni, né come semplici opportunità di emancipazione, ma come istanze
legittimate o legittimabili da diritti. Si vedano, ad esempio, le istanze femministe, di ‘altro’ genere, di
contatto fra culture, tradizioni, religioni, le disabilità, la povertà, le discriminazioni di casta, lo status
politico e così via. Esempi di VT (attenta alle diseguaglianze) sono forniti dall’approccio
‘diritti-capacità-funzionamenti’ di A Sen discusso in ‘Sviluppo è libertà’ e in altri suoi lavori sulla
diseguaglianza. Linguaggi, cultura e valori possono influenzare il disegno di ricerca, e quello valutativo
Le novità paradigmatiche introducono ad una questione strategica: le influenze della valutazione. Non è un caso che il
capitolo specifico di D M Mertens abbia come titolo ‘Evaluation influences’. 26 Su questi aspetti si concentra l’interpretazione di D M Mertens quando tratta dell’assunto epistemologico trasformativo,
vedi D M Mertens, 2013, pp. 236-237. 27 ‘The transformative methodological assumption does not mandate the use of any particular method’, D M Mertens, 2013,
p. 237.
in particolare, come emerge chiaramente negli studi su popolazioni indigene nei diversi continenti28. In
questi casi, linguaggi, cultura e valori sono incorporati nel disegno e non potrebbe essere altrimenti.
In sintesi, vi sono almeno tre azioni caratterizzanti un processo VT. Nella prima si ribadiscono le
istanze assiologiche, ontologiche, epistemologiche e metodologiche. Le istanze assiologiche
evidenziano l’importanza della dimensione etica dell’inclusione, della sfida a dispositivi oppressivi,
della promozione dei diritti umani e della giustizia. Gli assunti ontologici riguardano la natura di ciò
che esiste, di che cos’è la realtà. Viene rifiutato il relativismo culturale, riconoscendo come il privilegio
condizioni le ‘versioni’ delle realtà, multiple proprio in ragioni dei connotati di differenza. Gli assunti
epistemologici riguardano la natura della conoscenza e la relazione fra ricercatore/valutatore e
stakeholder. Le metodologie sono generalmente dialogiche (e miste) nella identificazione dei problemi
e degli argomenti, nel trattare la complessità culturale, i fattori storici e contestuali che generano
discriminazione. Con la seconda azione si ‘entra’ nella comunità o nell’ambiente per guadagnare
credibilità e definire strategie trasparenti; infine si diffondono i risultati incoraggiandone l’uso
finalizzato al cambiamento.
In conclusione, si evidenzia come il connotato trasformativo possa essere anche un ‘effetto collaterale’
di VT. Ad esempio, nel ribadire l’importanza della contrattazione collettiva nazionale i gruppi più forti
e sindacalmente organizzati non contribuiscono solo a rafforzare un dispositivo di sostegno alla
domanda aggregata, ma consentono a gruppi e aree più deboli e marginali di godere di questi benefici.
Se alcune formazioni sociali o aree marginali non precipitano nella miseria lo si deve anche al
funzionamento di istituti di solidarietà collettiva e di valore costituzionale29.
VT si presenta con connotato ‘critico’, ma prende le distanze sia dal pensiero critico, sia dal critical
appraisal. Un tipo di pensiero critico combina elementi tangibili e intangibili per la formulazione di un
giudizio in grado di conciliare l’evidenza empirica con il senso comune. Il critical appraisal punta alla
trasparenza, al riconoscimento della validità interna di una azione, all’analisi sistematica, oltre che alla
aderenza a standard e alla generalizzabilità dei risultati.
28 Per contributi di valutatori ‘indigeni’ vedi L T Smith, 1999, Decolonizing methodologies: research and indigenous
people, Zed Books, London. 29 Sul tema del divario civile vedi D Cersosimo, R Nisticò, ‘Un paese diseguale. Il divario civile in Italia’, Stato e mercato,
n. 98, 2013.