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Codice ISBN: 978-88-99161-20-0 Codice ISBN-A: 10.978.8899161/200 Eccellenza Italiana sulla gestione delle pavimentazioni stradali QUADERNI AIPCR TEMA 4 – INFRASTRUTTURE STRADALI Quaderno a cura del Comitato Tecnico 4.2 Presidente Ing. Eleonora Cesolini

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Codice ISBN: 978-88-99161-20-0Codice ISBN-A: 10.978.8899161/200

Eccellenza Italiana sulla gestione delle pavimentazioni stradali

QUADERNI AIPCR

TEMA 4 – INFRASTRUTTURE STRADALI

Quaderno a cura del Comitato Tecnico 4.2

Presidente Ing. Eleonora Cesolini

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Composizione del Comitato Tecnico 4.2

Pavimentazioni Stradali Presidente: Eleonora Cesolini (ANAS) Vicepresidente: Francesca La Torre (UNIV. FIRENZE) Membri:

Pierluigi Bernardinetti (ANAS) Maurizio Bocci (UNIV. ANCONA) Gabriele Camomilla (ANAS) Alessandro Ciocca (ANAS) Salvatore Comenale Pinto (Libero professionista) Stefano Drusin (ANAS) Annalisa Giovannetti (ANAS) Angelo Girardi (Libero professionista) Raffaella Grecco (ANAS) Gaetano Licitra (ARPAT) Massimo Losa (UNIV. PISA) Francesca Macrì (ANAS) Michele Moramarco (SITEB) Michele Mori (SINECO) Laura Negri (AITEC) Silvia Noto (Libero professionista) Filippo Giammaria Praticò (UNIV. R.C.)

Composizione del Gruppo di Lavoro Coordinatore: Gabriele Camomilla (ANAS) Componenti: Pierluigi Bernardinetti (ANAS)

Eleonora Cesolini (ANAS) Stefano Drusin (ANAS)

Raffaella Grecco (ANAS) Gaetano Licitra (ARPAT) Massimo Losa (UNIV. PISA) Giuseppe Meli (ANAS) Michele Moramarco (SITEB) Michele Mori (SINECO) Laura Negri (AITEC) Stefano Oddone (ANAS) Federico Orengo (ENI) Cristiano Sartori (ANAS)

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 1

SOMMARIO

1. STORIA E METODOLOGIA DEGLI APPROCCI PRESTAZIONALI.. ................................ 6

1.1. Evoluzione italiana.......................................................................................................................... 6

1.2. Innovazioni dopo il convegno AIPCR di Roma 2010................................................................ 12

2. STRATEGIA GENERALE DEL SISTEMA PRESTAZIONALE....... .................................... 13

2.1. Necessità di criteri di valutazione avanzati................................................................................. 13

2.2. I criteri tradizionali....................................................................................................................... 14

2.3. Gli indicatori di prestazione in Italia .......................................................................................... 14

3. ATTUALI APPLICAZIONI OPERATIVE E CONTROLLI PRESTAZIONALI ....................................................................................................................... 16

3.1. Primo metodo ANAS dei piani di manutenzione e controllo delle lavorazioni........................ 16

3.2. Pavement Management System PMS ANAS.............................................................................. 18

3.2.1. Correzione delle temperature di misura .......................................................................................... 20

3.2.2. Valori di riferimento per i diversi parametri ................................................................................... 22

3.2.3. Criteri di intervento per le manutenzioni ........................................................................................ 25

3.2.4. Piani di manutenzione..................................................................................................................... 29

3.3. Valutazioni delle prestazioni strutturali - La Capacità Portante ............................................. 30

3.3.1. Tipologia di intervento precalcolati ................................................................................................ 34

3.3.2. Utilizzo dei dati rilevati in tronchi omogenei.................................................................................. 36

3.4. Metodo ANAS - Gli sviluppi in corso per la misura della durata............................................ 36

4. ATTIVITA’ “MATERIALISTICHE” COLLEGATE AL MIGLIORAME NTO DEI MATERIALI USATI NELLE PAVIMENTAZIONI ........... ............................................. 38

4.1. Uso diffuso di sottobasi a bitume schiumato............................................................................... 38

4.2. Il riciclaggio nelle pavimentazioni per il recupero ambientale ................................................. 41

4.3. Uso dei materiali riduttori di rumore.......................................................................................... 49

4.3.1. La miscela NOISE4 ........................................................................................................................ 52

4.4. Pavimentazioni rigide in galleria - motivazioni e applicazioni.................................................. 60

5. ALTRE ATTIVITÀ NEL SETTORE, COLLATERALI E FORMATIVE - LE TRASFORMAZIONI IN ATTO DEI LABORATORI PROVE ........ ...................................... 63

5.1. Circuiti Interlaboratori ................................................................................................................ 63

5.2. I principi fondamentali per la partecipazione al circuito .......................................................... 64

5.3. Utilità del circuito per i partecipanti ........................................................................................... 64

5.4. Il primo esperimento di PT sulle miscele bituminose................................................................ 65

5.5. Elaborazione statistica dei dati .................................................................................................... 65

5.5.1. Il valore assegnato e la deviazione standard................................................................................... 66

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5.5.2. Algoritmo di calcolo e l’analisi robusta ..........................................................................................66

5.6. Valutazione della prestazione del singolo laboratorio................................................................67

5.7. Criterio di accettabilità della valutazione della prestazione......................................................68

5.8. Accreditamento dei laboratori - Sviluppi futuri ........................................................................69

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 3

PRESENTAZIONE DEL PRESIDENTE In questa pubblicazione, tenendo conto degli obiettivi generali fissati per il settore nelle linee guida per il Congresso Mondiale della Strada di Seul del 2015, si fa un punto della situazione delle pavimentazioni stradali in Italia sia dal punto di vista del progetto sia della costruzione e della manutenzione, definendo, per ogni settore, i punti di forza e quelli di debolezza del nostro paese. Verrà affrontata primariamente la tematica della gestione delle pavimentazioni, il vero “spirito” della strada, prevarrà, infatti, sulla valutazione dei “materiali” e delle miscele impiegate nella pavimentazioni stesse, ad oggi sempre privilegiate, di fondamentale importanza ma spesso si trascura la parte organizzativa della problematica, quella che da il risultato finale nella pavimentazione. È necessario superare l’approccio del controllo puntuale dei singoli materiali che impiegati nelle pavimentazioni, è infatti evidente che tale metodologia, tuttora alla base del controllo dei lavori, sia insufficiente allo scopo, per le seguenti ragioni: • i risultati della miscela in laboratorio non sono uguali a quelli su strada; • i campioni prelevati dalla strada sono sempre insufficienti numericamente per valutare tutta l’estesa dei

lavori; • il funzionamento della pavimentazione è il risultato dalla collaborazione dei diversi strati, impossibile

da valutare con i criteri di controllo tradizionali; • la variabilità dei supporti non può essere trascurata. L’Italia ha messo a punto criteri di gestione della “struttura” pavimentazione all’avanguardia nel mondo, attraverso il controllo delle prestazioni reali della struttura stessa, con una valutazione suddivisa in caratteristiche fondamentali, come meglio spiegato nel seguito di questo quaderno, in grado di risolvere molti dei problemi, non solo ambientali, di questa parte fondamentale della strada, troppo di frequente non adeguatamente considerata, anche da parte del mondo accademico. Questa scienza e conoscenza avanzata, è ancora poco diffusa sia nel mondo imprenditoriale sia in quello delle Amministrazioni Stradali, e spesso osteggiata in quanto, supera modi di operare obsoleti e poco efficaci ai fini dell’ottenimento di pavimentazioni sicure, durevoli ed economiche, per le nostre strade, nel rispetto dell’ambiente. Per tali ragioni l’azione dell’AIPCR italiano assume una valenza ancora più ampia di quella esercitata nel corso della sua lunga esistenza. L’Italia si trova infatti a fronteggiare sfide sempre più rilevanti in termini di efficienza costruttiva, strategie manutentive, sicurezza, riduzione degli impatti ambientali, diminuzione degli oneri economici, il tutto a fronte di un incremento dei costi generali di costruzione, di manutenzione delle infrastrutture e delle materie prime necessarie per i lavori. Le pavimentazioni ricoprono, in questo contesto, un ruolo speciale, per importanza e funzione, ben rappresentata dalla profonda trasformazione del loro modo di essere progettate, realizzate e controllate nell’arco degli ultimi 30 anni, di seguito vediamo rapidamente i diversi risultati nel tempo con un dettaglio maggiore nei paragrafi dedicati alla storia di queste evoluzioni. Il primo cambiamento avvenuto è stato quello progettuale, quando le stratigrafie storicamente usate per consuetudine, con empirica consapevolezza su comportamenti e risultati, hanno via via lasciato il posto al calcolo razionale, dal multistrato elastico fino all’analisi agli elementi finiti, eseguiti su modelli i cui materiali componenti sono stati studiati in ogni aspetto tecnico e di comportamento fisico e meccanico. La comprensione del meccanismo della fatica all’origine del degrado, nel caso di materiali eterogenei e complessi come i conglomerati bituminosi, ha ben chiarito il contributo delle componenti per assicurare le attese di durabilità ed efficienza nelle condizioni di servizio; la sua misura semplificata in tempi recenti l’ha resa possibile anche nei laboratori meno sofisticati1. Attraverso questa evoluzione di progettazione, si è quindi passati da un’attività empirica affidata alla pratica di pochi, ad una scienza, seppur ancora incompleta rispetto a tutto il processo di realizzazione. Ma questo lo capiremo meglio nel seguito di questa pubblicazione. Di seguito si elencano alcuni passaggi chiave di questo percorso, quali:

1 La fatica dei materiali non legati, come i sottofondi, è meno importante nelle pavimentazioni ben dimensionate, ma è anch’essa poco nota almeno alle amministrazioni comunali che pensano come ben funzionanti le pavimentazioni in blocchetti di porfido o basalto sconfigurate dal punzonamento a fatica dei loro sottofondi non legati.

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• la valutazione scientifica delle sollecitazioni indotte da assi tandem con la rideterminazione dell’equivalenza effettiva, tra classi di veicoli degli Esperimenti di Nardò;

• il Catalogo italiano CNR per le pavimentazioni degli anni 80; • l’avvento dei bitumi modificati ad elevate prestazioni; • la specializzazione delle tecniche di riciclaggio con recupero totale dell’esistente, restituito alla sua

qualità originaria degli anni 90; • il miglioramento del laboratorio stradale con le attrezzature più affidabili messe a punto nel mondo,

quali la pressa giratoria semplificata derivata dai processi Super Pave. Attraverso le interazioni delle diverse trasformazioni, principalmente per l’uso di tutti materiali disponibili o presenti sulla strada, anche di tipo marginale, per l’evoluzione della realizzazione in opera, con uso di macchine fisse e mobili, in modo flessibile con la natura del sito, con il “punto fermo” antico ma modernissimo della eliminazione o forte riduzione dei trasporti, come punto di arrivo di una tecnica di costruzione in equilibrio tra qualità delle opere, benefici d’impresa e vera salvaguardia ambientale. Questa evoluzione della progettazione, dalla struttura alla fatica, ha infine permesso di valutare, integrandole, le caratteristiche intrinseche della pavimentazioni con quelle dell’uso più percepibile dall’utilizzatore come il confort e la sicurezza. Questo a sua volta ha generato la necessità di strumenti di valutazione e verifica specifici sulla pavimentazione finita. Questa attività è ormai una esperienza acquisita ed è lei che ha aperto il campo all’ultima valutazione necessaria: quella del controllo della capacità portante. Questo processo di trasformazione del controllo globale dei materiali e della loro posa in opera è di una tale forza che si sta trasferendo ad ogni componente dell’infrastrut-tura pavimentazioni in primis, ma anche segnaletica, illuminazione, gestione del verde ecc. Ogni componente deve essere progettata, costruita e valutata in base alla sua prestazione globale, legata al proprio utilizzo. L’accettazione dei lavori eseguiti, non si baserà più su valutazioni puntuali, ma riguarderà, in modo oggettivo e misurabile, l’intero complesso delle lavorazioni. Questo significa ragionare in termini di “prestazioni” fornite, ossia prevedere espressamente nei contratti quali valori misurabili, chiamati appunto “indicatori”, debbano essere raggiunti nelle verifiche, da misurare con macchine a basso costo che permettano un controllo rapido ed efficace del lavoro svolto. Dunque in materia specifica per le pavimentazioni, a seguito dei controlli riservati alla sicurezza cui aderenza e visibilità contribuiscono in modo cruciale, sono state considerate durabilità e portanza, ovvero l’importanza della vita utile dell’opera, per aprire oggi, infine, alle prestazioni ambientali possibili - come quella della

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emissione del rumore da traffico - che, senza ulteriori lievitazione dei costi rispetto alle normali manutenzioni di pavimentazioni comunque necessarie, sono ottenibili in modo concreto e certificato dalle misure. Quindi le tre evoluzioni (progettuale, realizzativa e di controllo) sopra ricordate, confluite in apposite Norme Tecniche di Appalto già uscite o in via di emissione, hanno permesso la chiusura del cerchio con al centro la Qualità, che si rinnova sulla base dei risultati raggiunti, rinforzando l’impianto metodologico originario. Il passo successivo era ancora più difficile ed è stato già intrapreso. Esso si origina nella tendenza a ricercare pavimentazioni dalle prestazioni (tutte) le più possibili durature, ovvero in grado di alleviare il carico di manutenzione che viene proiettato sul futuro. In tal senso la valutazione della fatica, ovvero del danno cumulato della sovrastruttura, si sposta nella direzione di prestazioni progettare “fuori fatica” in relazione al traffico che le percorre, quale misura della “febbre” o della buona saluta della economia. Le condizioni economiche nel paese hanno infatti effetto diretto sulla gestione delle pavimentazioni la cui efficienza influenza direttamente la necessaria mobilità di persone e merci. Ma la fatica non è un valore assoluto nel senso che va costruita in relazione alle necessità obiettive: questo oggi si può fare perché, parallelamente allo sviluppo dello studio e della realizzazione delle pavimentazioni , si è arrivati a misurare e definire il traffico che le percorre .La durata sarà proporzionale a questo traffico vero in modo che le pavimentazioni siano “fuori fatica” in relazione al traffico che le impegnerà. Lo studio di come traguardare questo obiettivo è avviato, tenuto conto che non sarà solo il progetto ad assicurare questo, ma anche regole contrattuali innovative che tengano conto del comportamento delle pavimentazioni nel tempo, includendo garanzie a tutela che le prestazioni non scendano mai sotto prefissati valori, per responsabilità dell’esecutore. Non si fa riferimento al vizio occulto, disciplinato per diritto, bensì a contratti temporalmente estesi, oggi riservato a contratti di concessione. La forza della trasformazione risiede quindi nella connessione tra il progetto della pavimentazione, e la definizione delle sue proprie curve di controllo dell’indicatore di struttura IS, presente nei Capitolati Speciali di Appalto prestazionale, ed applicato su lavori nuovi e di manutenzione.

I costruttori della attrezzatura TSD, ci hanno riconosciuto il merito della trasformazione che ha generato una richiesta mondiale della tecnologia, per cui sono stati costruiti altri due esemplari analoghi all’italiano dell’ANAS per il Sud Africa, notoriamente avanti nella gestione delle pavimentazioni e la Polonia che ha un grande programma di costruzioni; un altro è in fabbricazione per gli Stati Uniti. Nel settembre del 2103 i 4 “moschettieri “ della strada si sono ritrovati a Copenaghen per verificare le loro performance in una pista di prova; avanti a tutti l’”archetipo“ danese, in giallo, aggiornato con le novità ANAS (quinto sensore per i sottofondi) . Quest’anno l’incontro si è rinnovato in Virginia a Blacksburg, dove, i ricercatori americani hanno stigmatizzato la validità dell’Indicatore di Struttura IS messo a punto da noi italiani con un nome che riecheggia lo “storico” IS - Indice di Spessore AASHO. Tutto questo è stato messo a punto ulteriormente negli ultimi quattro anni e quindi fa parte delle innovazioni da trasmettere nel dettaglio agli studiosi dell’AIPCR. Questa pubblicazione, oltre a presentare dati per il prossimo convegno mondiale, dovrebbe servire a chiarire a tutti gli interessati le potenzialità insite nei sistemi avanzati messi a punto e spingere per la loro applicazione. Il Presidente del Comitato Tecnico Pavimentazioni

Dott. Ing. Eleonora CESOLINI

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6 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

1. STORIA E METODOLOGIA DEGLI APPROCCI PRESTAZIONALI

1.1. Evoluzione italiana

A seguito del Convegno Mondiale di Città del Messico, dove è stata presentata la metodologia messa a punto per il controllo delle pavimentazioni, in Italia si è avuta una ulteriore evoluzione in materia, finalmente unificata in un solo Comitato Pavimentazioni Flessibili Semirigide e Rigide che, supera la divisione del passato, alla luce degli attuali criteri di progetto e controllo della pavimentazione, sempre più divenuta struttura complessa da calcolare e gestire con gli strumenti più avanzati del progetto strutturale e del controllo globale.

In pochi decenni siamo passati da un mondo empirico in cui la prova Marshall era il massimo livello di prova possibile, ad un mondo di valutazioni e calcoli razionali, tutti basati su valori reali rilevati sia su campioni di laboratorio sia direttamente sulla strada, tabella 1.

Tabella 1: Tabella sinottica degli sviluppi italiani nella gestione delle pavimentazioni stradali

SEQUENZA DEGLI AVVENIMENTI

Tendenze e sviluppi Periodo Note

Approccio empirico e para empirico (Esperimento AASHO - USA) Prova Marshall

1965 -1972 Non ha validità assoluta al variare dei materiali, dei tipi di lavorazione, ma ha il merito di sviluppare la conoscenza del il settore.

Approccio razionale multistrato elastico Modelli BISTRO BISAR

1972 Primi approcci di tipo scientifico collegati a misure su provini di tipo visco elastico.

Prima sistemazione metodologica Prof. Franco Giannini - G. Camomilla 1974

Applicato al progetto dell’ampliamento a tre corsie della A1 Milano - Bologna con curve di fatica mutuate da misure belghe.

Messa a punto del metodo 1974 -1982 Applicazioni varie alle manutenzione Applicazione validazione 1982 1988 Nasce la misura A.R Uso operativo dello SCRIM

La Back Analisys complessa 1991 Verifiche sui lavori dei moduli ottenuti in sito Uso operativo dei FWD

Le prime codifiche contrattuali delle prestazioni della pavimentazione finita 1994 Capitolato Autostrade spa con prestazioni di Aderenza e

Regolarità

Il riciclaggio suoi effetti spezza alcuni metodi rigidi

1987 - 1992 Riutilizzare a caldo la quasi totalità delle pavimentazioni di primo impianto autostradale fornisce informazioni su come usare materiali di qualità marginale

Tronchi omogenei norme non deterministiche

1997 Criteri per accorpare le misure al fine dell’applicazione delle penali

Introduzione dell’uso corrente della pressa giratoria

1998 Sostituzione della metodologia Marshall nella preparazione dei provini da valutare

Concetto di Indicatore di Qualità (numero puro 0-100) Durban 2004

2001-2005 Trasformazione dei parametri tecnici rilevati dalle macchine, in “misura” della Qualità presente nei i tratti misurati tramite la loro “diffusione” ai diversi livelli

Combinazione di indicatori l’IPAV Dalla combinazione di diverse prestazioni nasce la misura della prestazione della pavimentazione

Fatica semplificata 2008 Attrezzatura per la misura della fatica per comparazione Prestazione di portanza - Super pave all’italiana

2009 Sviluppo dell’uso del TSD per la misura della Capacità portante

AVVENIMENTI DOPO IL CONVEGNO AIPCR DI ROMA 2010

Capitolato prestazionale completo di BC 2010 Stesura del Primo Capitolato ANAS collegato alle Linee guida per le Manutenzioni

Ciclo dell’abbattimento del rumore 2013 Sviluppo degli studi di laboratorio per prevede il rumore prodotto dal traffico

Nuove attrezzature di previsione e di rilevamento 2013 Nuove macchine A.R .per il rilevo del rumore da traffico

l’FSD Capitolato con la valutazione indiretta della durata

2014 Nuovo Capitolato ANAS con portanza integrata da valutazioni di durata a fatica

In questo sviluppo del razionale, l’Italia ha fatto la sua parte non trascurabile specialmente nell’applicazione operativa dei risultati che, di volta in volta, si conseguivano e venivano diffusi a livello mondiale anche agli incontri di cui l’AIPCR è uno dei più importanti protagonisti.

Un forte aiuto alle attuali metodologie è venuto negli anni passati da parte della Francia e degli USA per lo sviluppo della pressa giratoria. Partendo da uno strumento sofisticato, ideato dai francesi, che gestiva molte variabili del processo di compattazione, si è giunti, grazie alle pragmatiche semplificazioni fatte nella messa a punto del sistema SuperPave (SUperior PERforming asphalt PAVEments), all’attuale attrezzatura che ha permesso la fabbricazione di provini sempre più vicini al comportamento reale delle miscele da testare; anche

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materiali fragili o marginali potevano essere trattati senza le trasformazioni per frantumazione a cui l’addensamento a colpi, collegato alla prova Marshall.

È stato, quindi, possibile aprire il campo alla sperimentazione dei più svariati materiali, oltre quelli tradizionali aventi caratteristiche le più elevate possibili, i quali caratterizzavano prima il mondo delle pavimentazioni, ma ormai difficilmente gestibili in un mondo sempre più attento al territorio. Per far fronte a questo si dovevano invece gestire sia i materiali di risulta delle demolizioni, tra i quali il fresato di conglomerato bituminoso, sia quelli marginali derivanti da altri scavi e lavorazioni.

Con l’uso delle nuove strumentazioni e l’adattamento alle condizioni italiane, si è così giunti ad un SuperPave, che possiamo definire nazionale, meno rigido del tipo anglosassone, e più flessibile per tener conto delle diverse realtà presenti in Italia, via via arricchito con le attuali metodologie di base scientifica, descritte nei paragrafi e capitoli di questa pubblicazione.

Tale sistema italiano, presuppone naturalmente una parte materialistica e di calcolo che va svolta con i materiali disponibili nel sito di studio ed analisi secondo la seguente tradizionale sequenza:

• progetto delle miscele; • prestazioni delle miscele nei provini di laboratorio; • verifica della corretta posa in opera delle singole miscele da campioni prelevati in opera.

Tuttavia l’Italia, negli ultimi anni, ha introdotto in ognuna delle attività ricordate una variante legata alla operatività e al processo finale completo.

Per il progetto, oltre alla pressa giratoria, sono state introdotte una serie di valutazioni collegate all’uso dei leganti più avanzati, da utilizzare al meglio nei diversi strati quali:

• bitumi modificati che aumentato le prestazioni degli strati coinvolti; • bitumi schiumati (che hanno permesso l’utilizzo di materiali altrimenti da rifiutare); • additivi specializzati quali, ad esempio quelli per l’autosghiacciamento delle pavimentazioni in inverno e

per la riduzione di rumore da rotolamento; • cementi speciali da usare in integrazione nelle miscele a lento rafforzamento.

Per la misura delle prestazioni2 delle singole miscele, si è partiti dall’uso sistematico della pressa giratoria in luogo del metodo Marshall in quanto essa permette di valutare le resistenze delle miscele sotto l’azione di compattazione analoga a quella reale; permette anche di valutarne, all’aumentare del numero dei giri, sia la lavorabilità sia il comportamento nel lungo periodo.

La svolta innovativa si è avuta nella messa a punto, da parte di ANAS, del criterio e della macchina, per la misura della fatica per comparazione (vedi inserto n 1).

Il percorso evolutivo è stato analogo a quello seguito dagli americani per la semplificazione dell’uso della pressa giratoria. Infatti

• la misura integrale della fatica delle miscele, fondamentale per la durata delle buoni condizioni regolarità, è correlata ad enne variabili quali la temperatura, l’intensità e la durata dei carichi, il controllo delle deformazioni, le autoriparazioni ecc. Ne consegue che una macchina per la misura integrale della fatica è un oggetto da laboratorio di ricerca, complessa da gestire e i cui risultati non consentono un loro agevole uso operativo;

• si è invece deciso di eseguire una misura semplificata della fatica, ovvero della rottura a fatica di una miscela di riferimento, nota per il suo comportamento reale seguito per anni sulle strade sotto traffico, con cui comparare la curva del materiale da valutare3 .

Le durate più basse ottenute con i materiali meno “nobili” possono essere compensate nel pacchetto de pavimentazione, con spessori maggiori rispetto a quelli della miscela di riferimento.

Ma il progresso più importante della scuola italiana è stato quello per la verifica della corretta realizzazione in opera delle miscele in quanto essa ha introdotto la ricerca della prestazione globale della struttura – pavimentazione - con le macchine ad Alto Rendimento.

2 Spesso quando si parla di capitolato prestazionale si confondono le prestazioni delle miscele, che sono misurate su provini in laboratori, con quelle ,vere, globali misurate sulla pavimentazione finita. 3 Le curve di fatica dei materiali di riferimento sono state ricavate da anni di esperienze su strada; sono però costituita da miscele di elevata qualità che non avevano riscontri con le miscele che si andavano affermando con lavorazioni diverse (a freddo) e con materiali variegati (dal fresato alle macerie)

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Inserto esplicativo 1: Metodo ANAS della prova di fatica

Occorre a questo punto chiarire in che consiste questo primato.

Le macchine ad Alto Rendimento sono nate (anni ’70 -‘80) per misurare l’Aderenza e la Regolarità di pavimentazioni esistenti, ai fini di catalogarle e decidere i tempi della manutenzione programmata; l’innovazione italiana dapprima per le sole autostrade è stata quella di usarle per l’accettazione dei lavori nei primi Capitolati prestazionali del 1994.

L’aderenza riuniva le valutazioni tradizionali degli inerti e della loro combinazione negli strati superiori, ma la regolarità metteva insieme anche tutte le azioni di messa in opera al fine di realizzare una superficie di rotolamento regolare e durevole.

La parte “durabilità”, connessa alla regolarità, si è capita in un secondo tempo: una superficie regolare all’inizio (cioè ben eseguita alla stesa) poteva perdere questa qualità per insufficiente capacità portante degli strati e/o dei sottofondi, se gli strati erano di spessori ridotti (da progetto o da errata esecuzione).

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Mancava infatti, alla valutazione globale, una misura della durata in relazione ai carichi che l’avrebbero impegnata, ovvero la misura della “Capacità Portante” fornita dalla struttura in collaborazione con il suo supporto, che confermasse o meno la durata di progetto ovvero quanto tempo e quanto traffico avrebbe sopportato prima di perdere la propria Regolarità. Ovvero mancava la valutazione di entrambe le prestazioni.

Quella della conformità al progetto era già disponibile all’inizio del 2000 con la Back Analysis4 di misure di Falling Wheigt Deflectometer FWD, che però conserva il difetto della lentezza nella misura e nella sicurezza su strada che comporta la necessità di proteggerlo dal traffico. Un processo complesso e non alla portata di tutti gli operatori del settore.

Era giunta a maturazione la variazione dei processi complessivi rispetto a quelli tradizionali secondo la nuova sequenza:

• progetto delle miscele con qualsiasi materiale; • prestazioni delle miscele nei provini di laboratorio in termini di moduli dinamici e durata a fatica; • progettazione del pacchetto con definizione delle curve di risposta in deformazione dinamica Is; • verifica della corretta realizzazione in opera dell’ intero pacchetto con misure ad Alto Rendimento anche

per la Capacità Portante.

Questo processo è alla base del Capitolato Prestazionale ANAS del 2010, che ha introdotto, al posto della complessa Back Analisys, la misura dell’Indice di Struttura I S

5 derivabile dal bacino dinamico delle deflessioni al passaggio dei carichi di traffico pesante

Per la misura dell’ IS, l’attrezzatura vincente si è dimostrata essere il Traffic Speed Deflectometer TSD di cui si dirà nel dettaglio, che misura il bacino di deflessione a più di 70 km/h e le cui misure sono comparabili a quelle del FWD.

Anche per il TSD di fabbricazione danese, nato a pochi chilometri di distanza dalla fabbrica del più diffuso FWD la funzione svolta dalla ricerca operativa italiana, come ricordato nella premessa di questo Quaderno, è stata quello di studiarne l’applicazione operativa non solo per la misura di stato in essere delle pavimentazioni in esercizio, ma anche quella di usarlo per l’accettazione dei lavori.

L’iter seguito per ottenere una funzionalità operativa a prova di errore e di contestazione legale è descritto nel dettaglio in seguito. In questo rapido excursus storico si ricorda brevemente gli argomenti affrontati:

• quale IS utilizzare nei diversi lavori; • i livelli di I S da richiedere; • la gestione dei tempi di maturazione; • le correzioni connesse alla temperatura di rilievo.

I criteri di calcolo per arrivare alla definizione dei pacchetti di progetto con i metodi razionali erano ormai consolidati6 ed il traffico, nella sua composizione, era finalmente noto almeno sulle autostrade e sugli assi principali delle Strade Statali, grazie ai sistemi di rilevamento dei pedaggi per il primo ed alla rete di misuratori posta in essere da ANAS per le seconde.

Le altre operazioni di gestione dei dati (tronchi omogenei) sono stati mutuate dall’esperienza acquisita in anni di applicazione alle prestazioni di Aderenza e Regolarità.

Occorre a questo punto ricordare la metodologia che è alla base di questo tipo di valutazioni: l’uso degli indicatori di prestazione7 (IP in inglese PI Performance Indicator) nella versione di matrice italiana che permettono la misura della Qualità Globale della pavimentazione.

La metodologia consiste oltre all’individuare, per ogni caratteristica globale, di un parametro tecnico che la misuri (l’aderenza, la regolarità e la capacità portante come si è detto)nel definire i livelli di Qualità scalari, da “ottimo” a “scadente” di ognuno di essi (vedi figura). I valori dei diversi livelli non sono necessariamente

4 La prima metodologia fu preparata dal Prof. Aurelio Marchionna. MarchionnaA., Fornaci M., Margarini M.: Evaluation of flexible pavementts and overlay design based on F.E.D. tests, Proc. Of the 6th International Conference on the Structural Design of Asphalt Pavements, Ann Arbor, agosto 1987. 5 L’ideazione e la messa a punto dell’indicatore IS è opera dell’Ing. Stefano Drusin. 6 Dai primi studi effettuati nel 1974 e presentati alla III Conferenza di Ann Arbor da F. Giannini e G. Camomilla, basati sui software BISTRO e BISAR e le curve di fatica ricalcolate dalle esperienze del belga Verstraeten, con l’accoppiamento delle diverse condizioni di carico risolte con la “legge di Milton MINER”. 7 Nel mondo c’è stato un florilegio di indicatori: lo sport preferito dei ricercatori è stato ed è ancora quello di scovarne sempre dei nuovi; in Italia ne erano stati individuati 234 di cui 20 solo per le pavimentazioni: L’Italia ha dimostrato che non servono nuovi indicatori piuttosto il miglioramento della comprensione di come misurano e come si usano operativamente quelli esistenti.

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sempre uguali per tutte le strade. Una semplice formula poi collega le “diffusioni” dei diversi livelli di quel parametro rilevate sul tratto di strada in esame, per dare un indicatore specifico, che varia da 0 (minimo) a 100 (massimo) di quel tratto, di immediata comprensione.

Combinando, con pesi diversi, gli indicatori connessi ai diversi parametri, si ha poi l’indicatore globale dei stato della Pavimentazione IPAV

Questa metodologia innovatrice è stata descritta nei dettagli negli atti del Worl Roads Congress PIARC di Durban nel 2004.

L’innovazione dell’ultimo periodo è quindi l’introduzione dell’IPCP cioè quello della Capacità portante con la macchina TSD il cui nome non definisce bene la funzione Traffic Speed Deflectomtere dice che misura la deflessione indotta dal traffico velocemente superando la relativa “staticità” del FWD . Il bacino delle deflessioni della pavimentazione sotto i carichi dinamici è la misura da cui ricavare il parametro della Capacità Portante -Bearing Capacity8- IS che ha superato la troppo pesante Back Analisys e che verrà descritto nel seguito.

Una sintesi di questa applicazione è nella figura 1 e si riferisce alla rete ANAS primaria dalla quale si evincono le distribuzioni percentuali delle diverse capacità portanti secondo livelli di Qualità predefiniti. Tali valori, si ricorda ancora una volta, sono quelli da richiedere e verificare nelle lavorazioni.

Figura 1: Rilievo rete ANAS

La sfida italiana, vinta come vedremo nel seguito, è stata quello di applicarlo non solo nella valutazione di stato delle pavimentazioni esistenti, ma quello di usarlo per l’accettazione (ed il pagamento) dei nuovi lavori.

A questo punto eravamo nel 2010 quando è stato editato il primo Capitolato prestazionale ANAS.

Parleremo più avanti del tipo di ricerca ancora da fare per completare la valutazione completa della Capacità Portante.

8 Naturalmente le misure di Aderenza e Regolarità nel frattempo erano assurte a valutazioni di routine non solo in Italia; esse hanno aperto la strada al metodo ed alla sua comprensione anche in termini legali sulla validità “statistica” delle valutazioni che escludono l’importanza del singolo valore.

Livelli di qualità della CAPACITA’ PORTANTE IBC

«Rete Primaria – 1000 Km » IBC = 80,1 (max 100)

Molto scarso Eccellente Buono Medio Scarso Sufficiente

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Inserto esplicativo 2: Il primo Capitolato Prestazionale ANAS

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12 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Infatti la sua misura ha permesso di capire l’incompletezza di una informazione essenziale: la durata a fatica. Capitava infatti che per rendere più alta la resistenza alla deflessione si operasse (anche senza volerlo) sulla rigidezza degli strati profondi: l’IS era soddisfatto ma la durata globale incerta.

Per correggere questa tendenza descriveremo la prima modifica del Capitolato nel 2013, con i campi di accettazione diversificati dell’IS, che permette di controllare la potenziale perdita di durata a fatica.

1.2. Innovazioni dopo il convegno AIPCR di Roma 2010

Nel quadriennio trascorso ci si è concentrati sulla valutazione scientifica anche di altre qualità delle pavimentazioni, quelle legate al rumore emesso dal traffico.

Negli ultimi anni l’approccio al problema è stato sempre quello di ipotizzare miscele superficiali (o anche più profonde) che erano potenzialmente riduttrici del rumore da traffico; le miscele stese venivano successivamente valutate in sito per verificarne il risultato.

Gli studi innovativi in atto riguardano i sistemi di valutazione preventiva, già in laboratorio per individuare a priori quale sarà il rumore su strada, a sua volta misurato con una apposita macchina ad Alto Rendimento, con i relativi livelli di Qualità. Di questo parliamo più diffusamente.

Concludendo questo rapida rassegna storica delle complesse vicende della gestione delle pavimentazioni stradali possiamo verificare che i mezzi tecnici e contrattuali per ottenere buoni risultati misurabili esistono e tendono, con la loro validità sostanziale, ad ottenere un comportamento di autocontrollo nelle imprese esecutrici, che sanno che il loro lavoro sarà valutato in ogni punto e pagato di conseguenza.

Questo fatto aiuta anche le Amministrazioni e le Direzioni dei Lavori che non devono andare a caccia degli errori non sapendo come valutarli perché una prova perfetta su di un parametro “secondario” mette a posto solo la parte formale del processo, ma non assicura la validità del risultato finale.

Il problema è che attualmente in Italia sono poche le imprese che sappiano “autocontrollarsi” e queste poche non sono distribuite sul territorio come richiederebbero le manutenzioni.

Per le nuove costruzione questo handicap è meno grave: le grandi imprese capiranno subito l’importanza del metodo sui prezzi da praticare; il problema rimane quello di trovare a fatica dei subappaltatori diffusi, come dicevamo prima. Speriamo comunque che il tutto spinga verso un miglioramento del settore pavimentazioni i tutti i suoi campi, anche con la definizione di una categoria speciale per questo tipo di lavori, che lo sono divenuti sempre di più nel tempo.

Quanto ricordato in questa breve sintesi è perfettamente connesso agli argomenti preferenziali che il comitato doveva trattare in preparazione del prossimo Convegno Mondiale di Seul 2015.

Gli argomenti sono: • Condizioni della strada ed interazioni veicolo/ strada (tramite la pavimentazione); • Riciclaggio e riutilizzo dei materiali per le pavimentazioni; • Riduzione del ciclo di emissioni di anidride carbonica dovuto alle pavimentazioni (Reducing the life

cycle carbon footprint of pavements).

Condizioni della strada ed interazione veicolo/strada

Per quanto riguarda il punto 1 tutta la ricerca e le applicazioni operative, predilette dall’AIPCR, sono state rivolte alla valutazione sempre più precisa delle condizioni della pavimentazione tramite gli attrezzature di misura ad Alto Rendimento che indicano quali interazioni di sicurezza e confort si hanno al passaggio dei veicoli, trattate ampiamente in più punti di questo Quaderno.

Si tenga presente che negli ultimi 10 anni le misure di Aderenza e Regolarità si sono svolte non più solo sulle autostrade a pedaggio, come avveniva negli anni iniziali di questa pratica, ma anche regolarmente sulla quasi totalità delle Strade Statali per circa 25.000 km.

La misura della Capacità Portante con il TSD, iniziata sperimentalmente nel 2010, ha oggi rilevato ai fini gestionali gran parte delle Strade Statali e delle Autostrade ANAS come evidenziato nel quadro riassuntivo che segue, dove si riportano le capacità portanti espresse dagli indici di struttura IS 300 per la rete di strade a caratteristiche autostradali.

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I criteri di misura descritti nel seguito sono stati verificati in incontri con misure multiple in parallelo da parte di diverse attrezzature in paesi europei (Inghilterra, Danimarca e Germania). Alcune centinaia di chilometri sono stati rilevati sull’autostrada Est-Ovest dell’Algeria, sia nelle parti in esercizio che in quelle in costruzione con diagnostica combinata di “stato” e di “risultato lavori”. Riciclaggio e riutilizzo dei materiali per le pavimentazioni

Di questi problemi “materialistici” parliamo diffusamente nel seguito, sia per il passaggio dai misti cementati a quelli con schiuma di bitume, che per i riciclaggi a freddo in situ che hanno sostituito egregiamente quelli a caldo. Tecnica quest’ultima migrata quasi completamente agli impianti per utilizzare al meglio il fresato e le diverse combinazioni dei materiali marginali disponibili per usi anche stradali.

2. STRATEGIA GENERALE DEL SISTEMA PRESTAZIONALE

2.1. Necessità di criteri di valutazione avanzati

Qui di seguito riassumiamo la filosofia che ha guidato le ricerche e le applicazioni di cui abbiamo parlato nel primo paragrafo, raggruppandole tutte insieme in una esposizione che non tiene conto dei tempi in cui sono state realizzate le diverse soluzioni.

Intento è quello di privilegiare la comprensione della metodologia seguita e gli scopi delle diverse attività che rispondono non solo ai campi di ricerca privilegiati dall’AICPR, ma ne coprono anche altri che il settore pavimentazioni stradali attendeva da anni.

La pavimentazione è come una “macchina” che non viaggia ma che mantiene costanti nello spazio le sue prestazioni.

Le prestazioni devono essere omogenee, durevoli e rinnovabili ed è importante conoscere e valutare sia le caratteristiche strutturali, dell’intera sovrastruttura, che quelle superficiali. Le prime sovraintendono alla durata nel tempo della integrità del tutto, le seconde interferiscono con il veicoli, con la sicurezza del viaggio e con l’ambiente.

Si devono ottenere prodotti finali efficienti, duraturi e riparabili agevolmente quando raggiungono, nel tempo, livelli di degrado non accettabili. A tale scopo è essenziale tenere presente, nel progetto, la differenza tra le durate delle caratteristiche strutturali (definite “profonde”) e quelle superficiali: infatti mentre riparare le prime comporta lavori costosi ed impattanti col traffico, mentre le altre sono più facilmente gestibili.

Il capitolato più moderno ed adatto a questi fini è quello che stimola e permette la costruzione di queste “pavimentazioni -macchine” verificandone il funzionamento in base alle prestazioni che esse forniscono, e ciò è quanto è stato completato operativamente in Italia negli ultimi 5 anni.

Lo studio dedicato ai materiali che costituiscono gli elementi della “macchina”, è fondamentale ed anch’esso è stato investigato a fondo, facendo tesoro delle nuove attrezzature di prova evolute, specialmente per ciò che concerne i bitumi modificati e le caratteristiche “nuove” legate alla emissione sonora.

Questa leva già messa a punto per molti materiali “chiave9”, completata con quanto attiene il rumore, è stata collegata alla possibilità per il controllore finale di verificare in ogni punto, del prodotto realizzato, le prestazioni che lo caratterizzano, e legare il corrispettivo economico alla rispondenza reale ai livelli attesi delle diverse caratteristiche.

In questo modo sarà lo stesso costruttore ad auto- controllarsi per ottenere, strato per strato, ciò che è stato progettato e richiesto dalla stazione appaltante.

Per far questo il costruttore dovrà avvalersi di laboratori qualificati, in modo massiccio e finalizzato alla produzione, dando incremento ed importanza a questo settore spesso confinato al solo controllo formale.

Si hanno così capitolati moderni completi: • prescrizionali per le miscele da preparare e per il loro controllo (anche autogestito) ; • prestazionali per la verifica del risultato finale.

9 Più avanti daremo anche un breve resoconto dei materiali innovativi definiti ed operativi quali i MSB misti al bitume schiumato, le nuove frontiere dei drenanti, nonché le pavimentazioni in calcestruzzo per le gallerie.

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2.2. I criteri tradizionali

Questa evoluzione è stata anche spinta dal fatto che i capitolati tradizionali, basati sulle prescrizioni, hanno avuto un’escalation di prove necessarie talmente elevata che li ha resi in pratica non applicabili integralmente in particolare per i controlli efficaci.

L’aumento delle prove necessarie è stato dettato principalmente dalle grandezze che dovevano essere definite singolarmente per essere sicuri che l’insieme dei materiali rispondesse alle richieste sempre più dettagliate e multifunzionali che si generavano per:

• il controllo ambientale; • le richieste di maggior sicurezza; • le valutazioni di durabilità e durata nel tempo; • la carenza di materiali di prima qualità.

Ogni singola prova dà informazioni importanti e valide sul materiale composito per cui viene fatta e può essere importante per il progetto delle soluzioni.

Quando però si passa al controllo dei risultati di cantiere, il tipo di prove necessario, indicato nelle prescrizioni, è risultato troppo elevato ed insostenibile nel numero di ripetizioni necessarie se si vuole valutare con accuratezza l’omogeneità dei risultati ottenuti. Inoltre esso andava ripetuto per ogni strato della pavimentazione.

Questo approccio doveva essere superato in quanto gravato dalla effettiva impossibilità di applicazione, per ragioni di tempo e di costi.

Ma c’è un’altra motivazione per cui andava superato: la necessità di usare materiali non omogenei per natura, in quanto riciclati da altri usi, o marginali per natura. L’uso di questi materiali vanificava la omogeneità che le moderne macchine di stesa e compattazione avrebbero permesso per cui cadeva il presupposto che il valore di riferimento, per esempio, della densità da ottenere in sito (come % di un valore rilevato faticosamente in laboratorio) non era costante nello spazio per la variabilità delle miscele usate.

Questo nuovo modo è scaturito come conseguenza dell’uso operativo10 di questo tipo di materiali: le miscele fatte con essi “funzionavano” (e funzionano) molto bene.

Quindi quello che doveva essere rivisto era il criterio con cui misurarne i risultati, cercando sia parametro globale che un modo per rilevarlo su tutto il lavoro, per individuare le eventuali carenze.

Chi risultava realmente superato da questi fatti reali era il sistema di controllo “deterministico” basato su prove tradizionali.

Questo ha fatto temere ai Laboratori di prova di aver perduto il loro campo di lavoro, ma questo è errato: il loro lavoro permane ed assume nuovi significati:

• il lavoro di progetto più ricco di prove nuove tra cui quelle per la fatica e quelle per le qualità ambientali; • il lavoro di controllo dei processi effettuato non più per le Direzioni Lavori, ma per le imprese esecutrici

che devono verificare tutti i cantieri.

L’Alto rendimento con i parametri messi a punto, ed operativi da anni, faranno il resto. Il controllo tradizionale ha mostrato i suoi limiti anche per il fatto che si ha evidenza di lavori di pavimentazioni che, pur controllati con cura e attenzione, sono risultati non soddisfacenti per durata e qualità.

2.3. Gli indicatori di prestazione in Italia

Per applicare il metodo prestazionale occorrono naturalmente gli indicatori di prestazione che sono il cuore della gestione efficace della pavimentazione, in quanto permettono di esprimere lo stato della rete stradale in maniera facilmente comprensibile, sintetica ed obiettiva.

Gli indicatori sono espressi da un numero che misura la Qualità che varia da 0 (pessimo) a 100 (ottimo) in collegamento con un parametro tecnico, indicatore anch’esso, che misura la prestazione richiesta.

Il parametro è catalogato con livelli di Qualità predefiniti, correlati al tipo di strada, e di esso si misura la presenza percentuale su ciascun tratto di strada in esame.

10 Un esempio è quello dei riciclaggi in situ che per 15 anni è stato fatto in modo massiccio sulla rete autostradale ed ha funzionato egregiamente con controlli diversi da quelli usati per i materiali “nuovi”.

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Per capire il metodo si veda l’esempio (tabella 2) di un indicatore IA1 riferito all’aderenza fornita dalla pavimentazione, ormai d’uso ampiamente consolidato.

Tabella 2: Esempio di indicatore e parametro tecnico

INDICATORE IA1

Nome dell’indicatore Indicatore di Qualità per l'aderenza trasversale della superficie stradale

IA1 = (A%+ 3/4B%+1/2C%+1/4D%)

Criterio di valutazione

In cui A, B, C, D sono la lunghezza % dei tratti con i valori di CAT di quei livelli (vedi Classifica delle misure)

Unità dell’indicatore valore da 0 a 100

Rete considerata Rete ANAS

I : 80 � IA1 � 100 MOLTO BUONO

II : 60 � IA1 < 80 BUONO

III : 40 � IA1 < 60 SUFFICIENTE

Livelli di qualità dei tratti sotto contratto

IV V : 0 � IA1 < 40 INSUFFICIENTE

Utilizzazione Manutenzione Ordinaria

Categoria dell’indicatore

SICUREZZA

PARAMETRO DI RIFERIMENTO

Coefficiente di aderenza trasversale CAT

Apparecchio o sistema di misura

ERMES o altra attrezzatura (UNI CEN/TS 15901-6:2010)

Tipo di misura ALTO RENDIMENTO

Unità di misura CAT da 0 a 1 (da 0 a 100)

Frequenza di campionamento

10 m

Opera, sezione o tratto a cui si riferisce

Tratti omogenei, tratti da misure continue

A : 65 � CAT MOLTO BUONO

B : 55 � CAT < 65 BUONO

C : 40 � CAT < 55 DISCRETO

D : 35 � CAT < 40 SUFFICIENTE

E : 25 � CAT < 35 CARENTE

Classifica delle misure

F : CAT > 25 GRAVE

Periodicità di misura CASUALE almeno 1 volta l'anno e dopo 15 giorni dalla stesa ed entro 6 mesi dalla stessa, 9 mesi se drenante

Altre utilizzazioni oltre all'uso dell'indicatore

Pianificazione delle manutenzioni, budget lavori, studio della sicurezza e della incidentalità, evoluzione nel tempo della aderenza

NOTE E COMMENTI collegare alle misure di tessitura e di drenabilità

Per le finalità poste per la pavimentazione venivano valutati nei primi sistemi prestazionali i seguenti11 indicatori di performance:

• IA1 o ICAT per la valutazione della aderenza trasversale delle pavimentazioni; • IA2 o IIRI per la valutazione della regolarità delle pavimentazioni; • ISEGN per la valutazione della visibilità notturna della segnaletica orizzontale.

11 Altri indicatori come ICP per la valutazione della portanza delle pavimentazioni, sono stati inseriti recentemente.

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La formula di calcolo per ottenere l’indicatore di performance come mostrato nella tabella viene definita come segue:

I IP = %A + 0.75 %B + 0.50 %C + 0.25 %D

Dove A, B, C e D rappresentano la lunghezza in % dei tratti (rispetto alla lunghezza totale del tratto su cui si opera) in cui il parametro tecnico ricade con i valori corrispondenti riportati in figura 2.

Figura 2: Esempio di calcolo dell’indicatore di prestazione di aderenza legato alla distribuzione dei diversi livelli sulla strada

In pratica le macchine di misura rilevano i valori del parametro tecnico con la frequenza prescritta e con una formula di aggregazione statistica si individuano i tratti che possono essere rappresentati come tronchi di valore omogeneo12. Essi sono confrontati con i livelli di Qualità del parametro come mostrato in figura e permettono di individuare le lunghezze delle tratte che hanno i diversi livelli.

In particolare i primi parametri tecnici impiegati per descrivere le prestazioni indicate sono: • CAT coefficiente d aderenza trasversale riportato a 20°C dell’aria; • IRI International Roughness Index per la regolarità ed il conforto delle pavimentazioni; • RL coefficiente di visibilità notturna della segnaletica orizzontale.

Il rilevante sviluppo delle apparecchiature di misura ad Alto Rendimento in grado di rilevare i parametri tecnici in maniera continua, senza perturbare la circolazione stradale e veloce ha permesso di rendere completamente operativo tale approccio metodologico già negli anni 90 quando esso è stato usato sulla rete delle autostrade a pedaggio , prima IRI e poi tutte le altre.

3. ATTUALI APPLICAZIONI OPERATIVE E CONTROLLI PRESTAZ IONALI

3.1. Primo metodo ANAS dei piani di manutenzione e controllo delle lavorazioni Negli ultimi anni il sistema è stato adottato sulla rete delle Strade Statali ANAS con aggiunte e perfezionamenti che hanno portato, negli ultimi quattro anni, alla definizione del “Metodo ANAS” riassumibile in figura 3.

12 Questo criterio di valutazione è stato sistematizzato negli anni 90 dal Prof. Aurelio Marchionna.

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Figura 3: Metodo ANAS per il progetto e la validazione prestazionale delle pavimentazioni

• PUNTO 1, si parte dall’uso di tutti i materiali, non solo quelli di prima categoria, ma anche quelli

marginali e provenienti da operazioni di recupero funzionale quali i riciclaggi. • PUNTO 2, alle miscele da essi costituite si aggiunge, oltre alla misura delle caratteristiche “tradizionali”

la misura del modulo dinamico e della resistenza a fatica; • PUNTO 3, successivamente la struttura multistrato scelta per il lavoro viene definita con spessori moduli

fatica degli strati e caratteristiche del sottofondo e se ne valutano le curve di capacità portante collegate all’indicatore IS derivato dai bacini di deflessione del pacchetto di progetto;

• PUNTO 4, infine, a lavoro completato dalle imprese che sono legate ad un capitolato prestazionale, si effettua la misura ad Alto Rendimento con le macchine TSD e FWD di ogni parte stesa, pagando solo il lavoro che rientra nei livelli predefiniti in progetto.

Il nuovo approccio (2008-2012) comporta quindi un nuovo modo di eseguire il progetto della pavimentazione: • parte dalla scelta dei materiali disponibili nei luoghi in cui la pavimentazione deve essere realizzata,

incluso i materiali marginali; • passa alla loro valutazione attraverso prove di fatica; • procede quindi alla valutazione degli spessori per soddisfare la durata richiesta, con individuazione delle

relative curve di accettazione del nuovo parametro tecnico I s indicatore di struttura , da sottoporre a controllo finale ad Alto Rendimento per verificare che la pavimentazione sia stata costruita come richiesto nel progetto.

In altre parole le stesse macchine ad Alto Rendimento, usate per la verifica di stato delle pavimentazioni e per la pianificazione ottimale degli interventi (sempre con indicatori prestazionali), sono quelle da usare per la verifica delle prestazioni delle pavimentazioni riparate, figura 4.

Naturalmente siamo qui concentrati sulle pavimentazioni, ma la metodologia è estendibile anche ad altre componenti della strada (segnaletica, rumore), con mezzi già realizzati o con altri ancora da immaginare.

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Figura 4: Le Macchine ad Alto Rendimento ANAS necessarie alla definizione dei parametri tecnici

3.2. Pavement Management System PMS ANAS

Per comprendere interamente il processo, occorre ricordare la valenza del Pavement Management System in ciascuna dei livelli di applicazione, network level, project level e quality control, attraverso l’utilizzo delle apparecchiature di misura ad Alto Rendimento, in grado di rilevare la pavimentazione in maniera continua e ad alta velocità, senza perturbare la normale circolazione veicolare.

ANAS già da tempo utilizzava l’apparecchiatura ERMES per la misura, in un solo passaggio, delle caratteristiche superficiali della pavimentazione, quali il coefficiente di aderenza trasversale CAT, il coefficiente di regolarità o di confort IRI con in più e l’altezza di macrotessitura MPD, corrispondente all’altezza in sabbia HS, utile a valutare meglio sia il comportamento dell’aderenza in caso di pioggia, che la potenziale rumorosità delle superfici.

Dal 2010 si è aggiunta l’apparecchiatura Traffic Speed Deflectometer TSD per la misura della portanza delle pavimentazioni, valutata ad alta velocità (a 70 km/h), e attraverso gli indicatori strutturali IS300, IS200 ed ISfond collegati alla portanza dei diversi strati.

Il TSD misura la portanza della struttura tramite il bacino di deflessione che si forma al passaggio della ruota di misura, ovvero l’asse posteriore dell’autoarticolato carico con le le tonnellate corrispondenti all’asse di riferimento (in Italia 12 ton).

Una serie di laser misurano la velocità di abbassamento della superficie della pavimentazione sotto l’asse di carico (D0) ed a distanze di 200, 300, 900 e 1500 centimetri dall’asse; l’abbassamento si ottiene per integrazione della velocità.

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La forma e la dimensione del bacino di deflessione dipendono dalla portanza dei diversi strati, dai loro collegamenti, dalle loro eventuali condizioni di degrado. Nella macchina TSD ANAS, il laser a 1500 cm fornisce anche un’informazione specifica sullo stato del sottofondo e permette di valutare se quest’ultimo sia bene eseguito rispetto agli strati legati.

Il TSD opera con un carico effettivo di 850 KPa e permette il calcolo dell’ IS 300 0 200 a seconda del tipo lavoro è stato eseguito, secondo le espressioni riportate in figura. Se la pavimentazione da rilevare è molto potente può essere necessario ripetere la misura con il FWD che, operando con un carico impulsivo di 1700 KPa riesce ad ottenere bacini di deflessione più leggibili e quindi individuare con maggior precisione l’IS della struttura che altrimenti avrebbe un valore limitato dal livello di carico esprimibile dal TSD.

Quindi le due apparecchiature operano in appoggio una dell’altra, anche se le misure del FWD si fanno soltanto nei casi in cui si debba approfondire la conoscenza dello stato della pavimentazione (project level). La portanza è tanto più elevata quanto più è basso il valore dell’Is e quindi quando le pavimentazioni sono molto potenti Is del TSD non scende più al di sotto di 40, valore che può essere ulteriormente ridotto con il rilievo del FWD qualora (figura 5).

Naturalmente le curve di accettazione che vedremo nel seguito avranno valori diversi a seconda dello strumento usato per rilevarle.

Figura 5: Capacità Portante misurata dalle macchine ANAS TSD e FWD

Le misure sono riportate in apposite tabelle e grafici (figure 6 e 7), complete di tutti i dati rilevati con le loro posizioni, ed altre informazioni per l’interpretazione dei dati e diagrammi che mostrano con chiarezza lo stato delle pavimentazioni in funzione delle progressive. La portanza è affiancata anche alla regolarità (IRI) che il TSD rileva contemporaneamente alla prima.

Figura 6: Esempio tabella per le misure per la valutazione di stato, con mezzo TSD

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Figura 6: Esempio di tabella analitica dei dati di misura per il TSD

Figura 7: Esempio di grafico per le misure per la valutazione di stato, con mezzo TSD

Le misure sono calcolate per condizioni standard di temperatura di 14° C. Se la misura avviene a temperature diverse il valore di Is deve essere corretto secondo i criteri che vedremo in seguito.

3.2.1. Correzione delle temperature di misura

Gli indicatori strutturali misurati nelle condizioni di prova devono poi essere corretti con la temperatura dell’aria per essere riportati nelle condizioni standard. Inoltre la stessa temperatura di prova, per essere considerata valida, deve ricadere all’interno di un intervallo definito.

Allo scopo, ANAS si è dotata di un sito appositamente strumentato sulla SS 1 Aurelia al km 23+500 (figura 8). Il sistema di monitoraggio in continuo ed in tempo reale, serve a collegare le temperature dell’aria e quelle degli strati pavimentati per la costruzione delle curve di correlazione. Esso è costituito da 4 sensori per il rilievo della temperatura della pavimentazione a diverse profondità (-5, -10, -15 e -20 cm) installati su una carota poi ricollocata nella pavimentazione, da un sensore ad infrarosso per il rilievo della temperatura superficiale ed un sensore per il rilievo della temperatura dell’aria. Tutta la strumentazione è controllata da una centralina che acquisisce, registra e trasmette i dati via web.

Attraverso le diverse misure di temperatura raccolte, sono stati verificati i modelli di correzione più efficaci per tenere conto degli scostamenti delle temperature di rilevamento da quelle di riferimento. La ricerca è stata svolta per 5 anni ed ha portato recentemente alla definizione conclusiva del modello da utilizzare. Detto modello è stato presentato nel settembre scorso al convegno sul Pavement Evaluation di Blacksburg, in Virginia (USA).

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10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

01/08/2009 0.00 06/08/2009 0.00 11/08/2009 0.00 16/08/2009 0.00 21/08/2009 0.00 26/08/2009 0.00 31/08/2009 0.00

Temp_10cm_Avg

BELLS3

Tpav from air

Figura 8: Sito strumentato SS 1 Aurelia con trasmissione dati via web

Nell’esempio riportato in figura 9, viene mostrato il diverso grado di precisione del modello di previsione della temperatura del conglomerato bituminoso stimato attraverso il metodo BELLS 3 e quello stimato in funzione della temperatura dell’aria. Assumendo come temperatura del conglomerato bituminoso quella letta a -10 cm dal piano stradale si evince come il metodo BELLS3 sia affidabile alle alte temperature mentre tenda a sottostimare la temperatura del conglomerato bituminoso alle temperature relativamente più fredde

Il metodo semplificato basato sulla stima a partire dalla temperatura dell’aria presenta evidentemente uno scostamento temporale legato al fatto che si trascura l’inerzia termica del conglomerato bituminoso ma i valori o sono simili a quelli effettivi oppure appaiono leggermente sovrastimati.

Figura 9: Metodo BELLS 3 - Correlazioni nel tempo della temperatura aria e temperatura pavimentazione

Le misure raccolte, anche confrontate con le prove di portanza eseguite attraverso le apparecchiature FWD e TSD, hanno permesso infine di verificare e tarare i modelli proposti per considerare il comportamento termico del conglomerato bituminoso, valutato attraverso l’indice strutturale IS300, alle diverse temperatura dell’aria.

La correzione più valida è risultata quella della curva color fucsia nella figura 10 con C = 0,022,inserita nella seconda edizione del CSA ANAS.

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Figura 10: Curve di correzione di IS300 rispetto la temperatura dell’aria

3.2.2. Valori di riferimento per i diversi parametri

Scopo essenziale di un piano di manutenzione delle pavimentazioni stradali è individuare dove, come e quando intervenire e quanto costa farlo, per stimare le ricorse economiche necessarie e/o garantire il miglior uso possibili di quelle disponibili. Infatti mentre la risposta alle necessità necessariamente si scontra con le disponibilità economiche sempre più limitate, una soluzione risiede proprio nelle misure ad Alto Rendimento eseguite con le apparecchiature ERMES e TSD sopra richiamate.

A queste apparecchiature si aggiunge anche un’altra denominata “ROAD EYE” montabile su qualsiasi veicolo che rileva la superficie della pavimentazione per individuare i difetti presenti e la loro ubicazione. Questo rilievo non è fondamentale per la pianificazione, ma la perfeziona tramite le elaborazioni possibili con un software automatico sviluppato da ANAS è in grado di analizzare tutti i dati disponibili.

Il software, chiamato Road Eye come la macchina analizza tutti i dati disponibili, georeferenziati, quali le carenze identificate dai parametri superficiali e profondi, rilevati dalle apparecchiature ad Alto Rendimento a cui si possono aggiungere i difetti rilevati sulla superficie della pavimentazione13.

Il tutto viene collegato agli interventi di manutenzione più idonei utilizzando algoritmi di ottimizzazione tecnica sulle dimensioni ammissibili dell’intervento, con vincoli diversificati costituiti:

• da limiti di spesa; • da indicazioni della Qualità da perseguire.

La tipologia del difetto o la carenza del parametro misurato ad Alto Rendimento, insieme alla sua estensione, definisce la scelta di intervento da adottare sempre nel rispetto degli altri vincoli tra cui quelli economici.

I criteri di elaborazione si riferiscono alle tabelle che seguono. Infatti per l’individuazione delle carenze dei parametri misurati non esiste, in genere, un valore univoco essendo questi parametri di stato dipendenti anche dai parametri esterni alle pavimentazioni come traffico, caratteristiche geometriche, tipologia di strada, ecc..

Le tabelle che seguono sono distinte per tipi di parametro e permettono di esprimere un giudizio sui valori del parametro stesso con conseguente delle priorità di intervento, e possono naturalmente essere personalizzate sulla base della strategia di manutenzione che si intenda adottare.

13 Il rilievo dei difetti si usa se non si dispone dei dati delle prestazioni di aderenza regolarità e portanza fatti con l’A.R.; l’esame dei difetti da solo può indurre in errore sulle cause dei medesimi e quindi sui rimedi più validi; comunque Road Eye può funzionare lavora con tutti i rilievi o solo con alcuni di essi.

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 23

Tabella 3: Valori di riferimento di CAT per le scelte automatiche del software di pianificazione

Valori di soglia

Parametri esterni

alle pavimentazioni

< 25 25 - 35 35 - 40 40 - 45 ≥ 45

Traffico elevato (TGM>15.000)

Raggi di curvatura stretti (<1000 m)

Forti pendenze (>3 %) per tratte estese (>100 m)

Aree di intersezione o svincoli

Scarso

Intervento con priorità 1

Verso l’insufficienza

Intervento con priorità 2

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Au

tost

rad

e

stra

de

extr

aurb

ane

tipo

A

Altri casi

Scarso

Intervento con priorità 1

Verso l’insufficienza

Intervento con priorità 2

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Traffico elevato (TGM>5.000)

Raggi stretti (<500 m)

Forti pendenze (>5 %) per tratti estesi (>100 m)

Aree di incrocio

Scarso

Intervento con priorità 1

Verso l’insufficienza

Intervento con priorità 2

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Altr

e st

rad

e

Altri casi

Scarso

Intervento con priorità 1

Verso l’insufficienza

Intervento con priorità 2

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Le grandezze sono riferite alla tabella II della Norma CNR N.147 del 14/12/1992.

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24 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Tabella 4: Valori di riferimento per la regolarità - PARAMETRO IRI

Valori di soglia

Parametri esterni

alle pavimentazioni

≥6,0 6,0 – 5,0 5,0 – 4,0 4,0 – 3,0 <3,0

Traffico elevato (TGM>15.000) e non in presenza di viadotti

Scarso

Intervento con priorità 1

Insufficiente

Intervento con priorità 2

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Presenza di viadotti

Traffico ridotto (TGM<15.000)

Au

tost

rad

e

stra

de

extr

aurb

ane

tipo

A

Altri casi

Scarso

Intervento con priorità 1

Insufficiente

Intervento con priorità 2

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Velocità limite 90 km/h e non in presenza di viadotti

Scarso

Intervento con priorità 1

Insufficiente

Intervento con priorità 2

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Presenza di viadotti

Altr

e st

rad

e

Altri casi

Scarso

Intervento con priorità 1

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

Nessun intervento

Tabella 5: Valori di riferimento la PORTANZA - VALUTAZIONE MEDIANTE PARAMETRO IS

IS300(14°C)

ISfond >=140 140 – 100 <100

>=80

Strati in CB e Fondazione

scarsi

Intervento con priorità 1

Fondazione scarsa

Intervento con priorità 4

Fascia di attenzione

Nessun intervento

80 - 50

Strati in CB scarsi

Intervento con priorità 2

Strati in CB insufficienti

Intervento con priorità 5

<50

Strati in CB scarsi

Intervento con priorità 3

Fascia di attenzione

Nessun intervento

Da sufficiente a ottimo

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 25

Con particolare riferimento alle caratteristiche strutturali rappresentate dal parametro IS, o indicatore strutturale, questo viene distinto in due parametri: IS300 e ISfond

Coma già accennato, l’indicatore strutturale IS300, definito come differenza della deflessione letta a centro di applicazione del carico ed a 300 mm da detto centro, è rappresentativo della capacità portante degli strati più superficiali, quali gli strati in conglomerato bituminoso (CB).

L’indice strutturale ISfond, dato dalla differenza delle deflessioni a 900 ed a 1500 mm dal centro di applicazione del carico, è rappresentativo della capacità portante degli strati più profondi, quali le fondazioni ed il sottofondo.

Si assume che l’indicatore ISfond non vari con le condizioni ambientali, mentre l’indicatore IS300, se riferito a strati in conglomerato bituminoso (pavimentazioni flessibili o semirigide), varia con il variare della temperatura degli strati stessi, occorre quindi utilizzare il parametro IS300(14°C aria), che rappresenta il parametro corretto in funzione della temperatura dell’aria e riportato ad una temperatura standard di riferimento pari a 14°C.

Individuate le zone carenti vanno scelti gli interventi di manutenzione più idonei scelti tra una serie di tipologie di intervento predefinite, ricordando naturalmente che mentre un intervento di tipo profondo risana anche le condizioni superficiali, non accade il contrario!

3.2.3. Criteri di intervento per le manutenzioni

Le tipologie di intervento sono definite e valutabili nel rispetto dei seguenti punti: • Dimensionamento dei pacchetti attraverso l’impiego di metodi razionali di calcolo utilizzando curve di

fatica specifiche che permettono di calcolare la vita utile dell’intervento; • Massimo riutilizzo possibile dei materiali fresati e altri materiali marginali disponibili con facilità sul

luogo dell’intervento, valutati e verificati nei calcoli di durata a fatica per ridurre trasporti e costi e preservare l’ambiente;

• Definizione dei criteri generali di lavorazione per tenere presente le problematiche di applicazione pratica su strade in esercizio; gli spessori previsti sono correlati alle necessità di portanza ed anche alla realizzabilità connessa con le tecniche impiegate;

• Impiego generalizzato di bitumi modificati per incrementare le durate con certezza di risultato.

Ciascuna tipologia di intervento, con le relative lavorazioni associate, sono descritte nei documenti tecnici14 che riportano le caratteristiche dei materiali da impiegare, le indicazioni sulle condizioni e tecniche di lavorazione e i criteri di accettabilità per il controllo di qualità dei lavori eseguiti sia sui singoli materiali/miscele che sulla pavimentazione in opera valutata con continuità e interamente mediante apparecchiature ad Alto Rendimento.

Le descrizioni dei materiali non sono prescrittive come nei capitolati tradizionali, ma indicano le caratteristiche da richiedere ai materiali e alle lavorazioni al fine di ottenere le prestazioni che verranno misurate.

Un’altra caratteristica è la distinzione tra le tipologie di intervento, suddivise in interventi circoscritti 15 in cui ricadono le tipologie di intervento eseguite in aree limitate e circoscritte ed interventi estesi, a cui si associa la presenza di difetti che sono ravvicinati o comunque aree diffusamente degradate e che non sarebbe conveniente trattarli con riparazioni circoscritte (tempi e costi eccessivi) con risultati non buoni per la regolarità e per l’aspetto estetico della superficie stradale. Tali interventi hanno comunque una estensione minima da rispettare connessa anche con le tecniche di costruzione.

Le tipologie di intervento si suddividono in: • Riparazioni di soccorso (RSS); • Trattamenti superficiali (TS); • Risanamenti superficiali (RS); • Risanamenti profondi (RP).

Le riparazioni di soccorso (RSS) sono eseguite per mettere in sicurezza la pavimentazione e/o per portarne il livello qualitativo a condizioni accettabili, possono essere di tipo localizzato, come i rappezzi o il trattamento funzionale delle buche, oppure estesi, preceduti o meno da un intervento di fresatura (tappetini).

14 Capitolato Speciale D’Appalto Parte 2ª Norme Tecniche - Pavimentazioni stradali/autostradali, Ed 2009 e successive modifiche 15 Questi interventi, che ricadono negli RSS, non vengono valutati con i criteri delle prestazioni A.R. data la loro limitatezza e mantengono un’area “tradizionale” per operare quando i mezzi o le preparazioni degli operatori non sono adeguate

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26 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

In genere questi interventi servono a risanare situazioni di degradi superficiali più o meno accentuati e diffusi ma costituiscono soluzioni di breve durata e quindi basso rendimento economico per cui, anche in funzione delle effettive disponibilità economiche, è preferibile adottare altre soluzioni di intervento tipo gli interventi di tipo RP o RS.

Figura 11: Riparazioni di soccorso RSS

I trattamenti superficiali (TS) di maggior resa e minor costo, su pavimentazioni che hanno solo problemi di aderenza e fessurazioni di ridotta entità e diffusione senza sconfigurazioni del piano viabile, è il trattamento superficiale con malte bituminose tipo Macroseal da 6 mm di spessore confezionate e posate a freddo con idonea attrezzatura. Altri trattamenti superficiali sono sconsigliati.

Figura 12: Trattamenti superficiali TS

Questi trattamenti superficiali vanno impiegati per il ripristino dell’aderenza e come impermeabilizzazione o sigillatura di lesioni in zone senza cedimenti evidenti o accertate carenze di portanza.

IRRUVIDIMENTO MECCANICO

TRATTAMENTI SUPERFICIALI

MICROTAPPETI A FREDDO TIPO "SLURRY SEAL" (MACRO SEA L)

MICROTAPPETI IN CONGLOMERATO BITUMINOSO A CALDO

Ripristino di aderenza con funzione anche di impermabilizzazione e sigillatura in caso di superficie lievemente fessurata.

Ripristino di livelli accettabili di aderenza e regolarità anche per risagomature in presenza di fenomeni deformativi non particolarmente accentuati.

Ripristino non durevole, ma economico e tempestivo, della aderenza.

pavimentazione esistente intervento

pavimentazione esistente intervento

interventopavimentazione esistente

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 27

Soluzione RSA Soluzione RSBTGM = 8.000 TGM = 5.000

durata teorica 8 anni durata teorica 8 anni

Soluzione RS1A Soluzione RS1B

Soluzione RS2A Soluzione RS2B

RISANAMENTI SUPERFICIALI

CB di binder soft 6 cm

CB di binder soft 4 cm

RS

1pa

vim

enta

zion

e co

n fe

ssur

e pe

sant

i USURA CHIUSA 3 cm5

USURA CHIUSA 3 cm5

CB di base-binder soft 10 cm 10 10

15 15

USURA CHIUSA 3 cm5

USURA CHIUSA 3 cm

CB di base-binder soft 8 cm

5

10 10

15 15

RS

2pa

vim

enta

zion

e co

n fe

ssur

e le

gger

e

Altri tipi di intervento superficiali, come i microtappeti, preceduti o meno da fresature con funzione di ripristino della regolarità qualora la stessa sia carente possono rappresentare una soluzione alternativa, sempre nell’ambito degli interventi non durevoli.

La scelta di intervento attraverso l’irruvidimento meccanico può essere previsto esclusivamente in ambiti localizzati per ripristinare livelli accettabili di aderenza nel caso si voglia intervenire rapidamente e con contenuti impegni di spesa. Tali interventi costituiscono soluzioni temporanee e non durevoli.

I risanamenti superficiali (RS) hanno lo scopo di rinforzare pavimentazioni non completamente degradate, ovviamente non possono garantire una durata equivalente rispetto agli interventi profondi16 ma comportano un minore impegno economico a fronte di minori durate da prendere in considerazione nei progetti.

Gli interventi di tipo RS sono realizzati mediante la fresatura degli strati più superficiali della pavimentazione esistente e possono prevedere anche la realizzazione dello strato di usura in copertura, con conseguente innalzamento delle quote; per questa tipologia di intervento si prevedono soluzioni di differente durata da utilizzare in funzione delle diverse tipologie di traffico circolante.

Figura 13: Risanamenti superficiali RS

I risanamenti superficiali sono suddivisi in due tipologie: • tipo RS1 da prevedere nel caso di pavimentazione molto degradata (superficie molto fessurata,

sconfigurata, rappezzi frequenti, presenza di risalita di limi); • tipo RS2 da prevedere nel caso di pavimentazione semplicemente fessurata senza sconfigurazioni della

superficie.

I risanamenti superficiali ripristinano la parte superiore del pacchetto (massimo 15 cm) e intervengono anche per cause diverse da quelle connesse ai ripristini di portanza, tra le quali si segnalano:

• evidenza di ammaloramenti solo superficiali; • impossibilità di chiusura al traffico per i periodi necessari alla realizzazione degli interventi tipo RP; • interventi che dovranno durare solo per un periodo limitato; • risanamenti che investano aree poco estese.

Nei risanamenti di tipo superficiale si prevede sempre l’impiego di conglomerati bituminosi confezionati a caldo e con bitumi modificati. Lo strato di usura potrà essere realizzato in copertura sull’intera carreggiata nel caso di carreggiata unica e corsia opposta in cattive condizioni.

16 Infatti demoliscono e ricostruiscono anche la parte superiore della pavimentazione che spesso è quella meno degradata; le misure di portanza dicono dove e se devono essere fatti.

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28 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Soluzione RPA1 Soluzione RPA2 Soluzione RPA3

Soluzione RPB1 Soluzione RPB2 Soluzione RPB3

CB di base hard 14 cm

30

CB di base freddo con emulsione 20 cm

25 25

35

50

RISANAMENTI PROFONDI

USURA DRENANTE 4 cm5

USURA DRENANTE 4 cm5

USURA DRENANTE 4 cm

CB di binder hard 6 cm CB di binder hard 7 cm CB di binder hard 7 cm10 10

15 15

20 20

CB di binder hard 5 cm

55 55

55

Misto cementato 20 cm

trattamento del sottofondo

Sol

uzio

ne R

PA

per

traf

fico

elev

ato

su s

trad

e co

n T

GM

fino

a 3

7.00

0 du

rata

teor

ica

20 a

nni

35 35

40 40

45 45

CB di base hard 15 cm

Schiumato 23 cm

eventuale stabilizzazione del sottofondo

Schiumato 23 cm

eventuale stabilizzazione del sottofondo

30

50

CB di binder hard 5 cm10 10

5USURA DRENANTE 4 cm

CB di base hard 10 cm15 15

20 20

Misto cementato 20 cm

25 25

30

Schiumato 20 cm

40

CB di base freddo con emulsione 16 cm

eventuale stabilizzazione del sottofondo

trattamento del sottofondo

45 45

eventuale stabilizzazione del sottofondo 50

Schiumato 20 cm 30

35

Sol

uzio

ne R

PB

per

traf

fico

med

iosu

str

ade

con

TG

M fi

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14.

000

dura

ta te

oric

a 20

ann

i

USURA DRENANTE 4 cm5

USURA DRENANTE 4 cm

CB di binder hard 5 cm

40

CB di base hard 10 cm

Lo strato di usura verrà invece realizzato nel cavo se non si giudica necessario o possibile realizzarlo su tutta la carreggiata. La necessità o la possibilità verrà giudicata a seconda delle condizioni della corsia adiacente, danneggiata o meno, delle quote, dei sovrappassi, dell’impatto sul traffico, ecc..

I risanamenti profondi (RP) assicurano la riclassificazione in alta durata delle pavimentazioni esistenti; essi comportano una completa demolizione della pavimentazione esistente con parziale o totale riutilizzo dei materiali rimossi.

Tali interventi sono previsti dove la pavimentazione si presenta particolarmente ammalorata e dove si vogliono garantire durate elevate in funzione del traffico effettivamente circolante.

Esistono due categorie di RP a seconda del traffico (TGM); ognuna di esse è suddivisa a sua volta in tre tipologie a seconda dei materiali usati (vedi schema seguente) tutte di durata equivalente; la scelta dei materiali e della tecnica conseguente dipenderà dalle condizioni locali (impianti, cave, disponibilità di materiali, pavimentazione esistente).

Le fondazioni sono realizzate mediante il riciclaggio a freddo con bitume schiumato della fondazione esistente, con aggiunta di cemento per le resistenze iniziali, o, in alternativa, mediante la realizzazione di uno strato in misto cementato.

Figura 14: Risanamenti profondi RP

Nel caso di utilizzo del misto cementato aumentano gli oneri per la rimozione degli strati esistenti ed i tempi di realizzazione dell’opera dovendo attendere il livello minimo di maturazione prima di realizzare gli strati

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 29

superiori; questa soluzione va quindi adottata solo quando le caratteristiche dei materiali in sito non si prestano alla schiumatura e ne richiedono quindi una rimozione17.

Gli strati in conglomerato bituminoso sovrastanti prevedono sempre l’impiego a caldo di bitumi modificati con elastomeri ed un parziale utilizzo di materiale riciclato, oppure, l’impiego di emulsioni bituminose con materiale riciclato fino al 100% mescolati a freddo.

L’impiego di conglomerati bituminosi modificati con plastomeri, direttamente messi nei mescolatori a caldo, non rientra negli interventi risolutori previsti in quanto attualmente difficilmente valutabili in termini di durata a fatica e possono essere usati solo per rappezzi o interventi localizzati. In futuro verranno meglio valutate le prestazioni per un loro inserimento più esteso.

L’impiego del bitume “tal quale”, senza aggiunta di modifiche, comporterebbe una forte riduzione della vita utile della pavimentazione di almeno il 30% rispetto a quanto riportato negli schemi RPi ed RSi; l’impiego di bitume modificato è particolarmente importante negli strati di base.

Lo strato di usura potrà essere realizzato con usura drenante su tutta la carreggiata e con bitume modificato hard ma solo per i pacchetti con durate di almeno 5 milioni di assi da 12 t. Altrimenti andrà realizzata uno strato in usura chiusa tradizionale da 3 cm o con altre miscele similari.

3.2.4. Piani di manutenzione

I piani sono eseguiti da un software che consente di associare ad ogni possibile tipologia di difetto o livello di carenza dei parametri prestazionali collegati alla aderenza, regolarità e portanza, uno o più soluzioni di intervento, ciascuno con un grado di idoneità misurato su una scala da 0 a 100, che esprime quanto lo specifico intervento sia idoneo a risolvere effettivamente il difetto.

Alle diverse tipologie di difetto sarà possibile assegnare anche diversi livelli di importanza, in questo modo anche operando in condizioni di limiti di budget, il software potrà orientare gli interventi verso la risoluzione di quei difetti, o quelle mancanze dei parametri prestazionali, considerati più urgenti o più gravi.

A ciascun intervento è collegato un costo unitario (derivato dall’Elenco Prezzi ANAS), una durata teorica prevista ed una serie di vincoli che sono in genere collegati alla pratica realizzabilità dell’intervento stesso (larghezza o lunghezza minima dell’intervento, ecc.).

Il software, valutando automaticamente tutte le possibili combinazioni di intervento, assegnerà a ciascuna soluzione un punteggio pesato sul costo, sulla durata teorica prevista, sulla omogeneità tipologica e spaziale (assenza di interruzioni o assenza di cambi di lavorazione), sull’importanza e quantità dei difetti risolti.

Gli interventi con punteggio più alto, tra tutte le soluzioni concorrenti, saranno selezionati come soluzione ottimale di intervento; quando invece si opera con limiti imposti di budget verranno scelte tutte le soluzioni di intervento a punteggio complessivo più alto fino al raggiungimento dei limiti di spesa imposti, altra possibilità è quella di trovare i costi per raggiungere livelli di qualità predefiniti.

Il punteggio assegnato a ciascuna soluzione di intervento ipotizzata sarà pesato con un coefficiente α.i.

17

Nel seguito del quaderno indichiamo anche altri motivi per i quali è preferibile usare le soluzioni con sottobasi schiumate al posto del Misto Cementato

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30 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Google MAPS ROAD EYE Software

I coefficienti α.i. sono variabili in funzione delle diverse strategie di manutenzione che si intende perseguire, si potrà prediligere infatti il costo totale piuttosto che le durate teoriche ecc. ciò sarà stabilito in funzione dell’importanza delle strade che si intendono mantenere.

Figura 15: Ubicazione ed identificazione della manutenzione ottimale attraverso il software ROAD EYE

All’interno degli interventi superficiali RS e profondi RP individuati automaticamente dal software, l’effettiva soluzione di intervento viene scelta in base al traffico giornaliero medio TGM.

Un esempio di quadro sinottico che riassuma rilievi ed interventi, è riportato nella figura 16.

3.3. Valutazioni delle prestazioni strutturali - La Capacità Portante

Tratteremo ora nel dettaglio la valutazione più complessa, la Capacità Portante.

Per eseguire il calcolo della vita utile delle pavimentazioni è stato utilizzato il metodo razionale. Si deve partire dalla schematizzazione della pavimentazione in un modello matematico in grado di riprodurre il comportamento reale della pavimentazione, in termini di tensioni e deformazioni, sotto l’effetto delle diverse condizioni ambientali e del traffico.

Nel caso specifico il modello prevede la sovrapposizione di strati omogenei ed isotropi (collaboranti o meno) aventi comportamento elastico lineare e da uno strato indefinito (sottofondo); tutti gli strati sono caratterizzati da un valore di modulo elastico E ed un coefficiente di Poisson υ; in particolare, gli strati in conglomerato bituminoso vengono schematizzati come un unico strato avente spessore pari alla somma dei singoli strati (lo strato di usura drenante contribuisce per metà del suo spessore) e come modulo elastico il modulo equivalente calcolato considerando la rigidezza flessionale dei singoli strati costituenti; lo strato di fondazione legata costituisce un ulteriore strato nello schema di calcolo ma, ai fini del calcolo della vita utile, potrà presentarsi in condizioni di strato integro o di strato fessurato e conseguentemente con due valori diversi di modulo elastico di riferimento.

Il meccanismo di rottura ipotizzato è quello della risalita delle fessure dal basso e viene calcolato valutando la deformazione orizzontale alla base dello strato legato in questione.

L’impiego di curve di fatica specifiche per i materiali utilizzati consente il calcolo della vita utile.

Nella figura la rappresentazione delle zone rilevate con road Eye la cui schermata è rappresentata

in sinistra; in destra la rappresentazione su Google Maps dei rilievi e degli interventi ubicati sulla

mappa con colori diversi

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Quad

erno A

IPC

R 2

01

4 - C

om

itato T

ecnico 4

.2 - T

ema 4

Infrastrutture Stradali

31

PIANO: GRA.DX.ML.XLS

Strada A90 (GRA) Verso Progressive Crescenti Corsia Marcia

Difetti di Portanza

Difetti di Regolarità

Difetti di Aderenza

Difetti di Superficiali di Fatica

Altri Difetti Superficiali

Cedimenti Localizzati

Fessure

DIFETTI I ↑ INTERVENTI ↓Sigillature

Trattamenti Superficiali

Riparazioni Superficiali Estese

Risanamenti Superficiali

Risanamenti Profondi

Trattamento Buche

Riparazioni Superficiali Localiz.

20.000 21.000 22.000 23.000 24.000 25.000 26.000 27.000 28.000 29.000 30.000

Zona di rappresentazione degli indicatori prestazio nali collegati adaderenza, regolarità e portanza misurati dai mezzi ad Alto Rendimento

L’indicatore prestazionale collegato all’aderenza n on è presentese non è stato eseguito il rilievo ERMES

Zona di rappresentazione degli interventi

Lege

nda

inte

rven

tiLe

gend

a di

fetti

Zona di rappresentazione dei difetti superficiali c ensiti e classificatidalle immagini frontali registrate dai mezzi ad Alt o Rendimento

Il censimento dei difetti superficiali non è presen tese i piani di intervento sono basati sui soli indic atori prestazional i

SCALA DELLE GRAVITA'PER OGNI SINGOLO

DIFETTO

Indicazioni sull’anagrafica della strada (nome stra da, carreggiata, corsia)

informazioni sul piano di manutenzione (nome, tipo di strategia adottata, costo in milioni di euro)

Fig

ura 16

: Q

uadro sinottico Rilievi - D

ifetti - Interventi

Page 34: Ct 4 2 cesolini

32 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Tali curve hanno la seguente espressione:

ε=k⋅(N/106)

-1/a

dove ε rappresenta la deformazione tangenziale alla base del conglomerato bituminoso o alla base dello strato

di fondazione legata, N rappresenta il numero di passaggi dell’asse di riferimento, k ed a sono dei coefficienti dipendenti dal materiale impiegato. I coefficienti delle curve di fatica sono stati inizialmente definiti utilizzando dati di letteratura, tarati con l’impiego del catalogo delle pavimentazioni italiane CNR n. 178 del 16/9/1995. Questi sono stati poi opportunamente verificati sulla base di prove ed esperienze acquisite con l’apparecchiatura di laboratorio per la valutazione semplificata del comportamento a fatica dei materiali, mediante esecuzione di prove cicliche di trazione indiretta messa a punto dal Centro Sperimentale Stradale. I calcoli consentono di determinare la vita utile o la vita residua legata al raggiungimento di assegnati livelli di ammaloramento superficiale o livelli di servizio della strada tipo PSI, figura 17.

Figura 17: Schema dei processi di progetto

I carichi vengono omogeneizzati in numero di passaggi di assi equivalenti o asse di riferimento da 12 ton, mentre per considerare le escursioni termiche stagionali si considerano 4 stagioni assumendo che le temperature medie del conglomerato bituminoso siano costanti in tali periodi.

Il processo di calcolo, rappresentato in figura 18, consiste nell’impiegare le curve di fatica sopra descritte al fine di calcolare il numero di passaggi di assi equivalenti che in ciascuna stagione (i) portano a rottura la pavimentazione per fatica (Ni), per ogni stagione poi viene calcolato l’incidenza del danno pari a ni/Ni, dove ni rappresenta il numero di passaggi effettivi di assi equivalenti transitati nella stagione iesima.

Quando il danno cumulato risulterà pari ad 1 la pavimentazione avrà teoricamente raggiunto il termine della sua vita utile.

Page 35: Ct 4 2 cesolini

Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 33

Figura 18: Processo di calcolo

Si tenga presente che per calcolare la durata a fatica sono stati considerati due meccanismi, uno costituito dallo strato di fondazione integro, per rappresentare la prima fase della vita della pavimentazione dove il solo strato di fondazione è interessato dalla risalita delle fessure, ed uno, costituito dallo strato di fondazione fessurato, per rappresentare la fase finale della vita della pavimentazione dove ad essere interessato dalla risalita delle fessure è lo strato in conglomerato bituminoso, ovviamente, nel calcolo del danno cumulato si è tenuto conto dell’incidenza del danno subito dal conglomerato bituminoso già nella prima fase della vita.

I dati teorici di calcolo sono stati incrementati attraverso dei coefficienti di sicurezza per tenere conto delle incertezze sulla definizione del traffico e delle caratteristiche del materiale.

Eseguito il calcolo delle pavimentazioni per ciascuna soluzione di intervento deve essere eseguito il calcolo degli indicatori strutturali di controllo IS300, per i risanamenti profondi ed IS200, per i risanamenti superficiali, con la definizione delle curve di accettazione da verificare poi a fine lavori con le apparecchiature ad Alto Rendimento a garanzia che le durate teoriche previste nei calcoli siano poi effettivamente soddisfatte dalla pavimentazione effettivamente realizzata.

Il calcolo avviene risolvendo il multistrato elastico considerando i materiali nelle loro diverse condizioni di temperatura, che corrisponderanno poi alle diverse temperature di prova, e grado di maturazione, se presente.

Scelta dell’asse equivalente (peso ed impronta del carico)

Condizioni ambientali discretizzate in 4

stagioni anche di durata non equivalente

Proprietà dei materiali definite in ciascuna stagione (E i, υ i)

Tipologia di pavimentazione e

spessori

Risposta del modello in termini di σ, ε

Prestazioni dei materiali (curve di fatica)

Calcolo del numero di ripetizioni di asse equivalente che in ciascuna stagione porta a rottura la pavimentazione (N i)

Traffico iniziale ripartito per ciascuna stagione ipotizzata e omogeneizzato in termini di passaggi di asse equivalente

Tasso di crescita del

traffico

Calcolo del traffico per ciascuna stagione al variare degli anni (n i,j)

Calcolo del danno cumulato in un generico anno Σi ni,j/Ni

La vita utile della pavimentazione (j) si ottiene verificando quando la Σj Σi ni,j/Ni risulta uguale ad 1

Page 36: Ct 4 2 cesolini

34 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Soluzione RPA1

CB di base hard 14 cm

25

USURA DRENANTE 4 cm5

CB di binder hard 6 cm10

15

20

55

35

40

45

Schiumato 23 cm

eventuale stabilizzazione del sottofondo

30

50

3.3.1. Tipologia di intervento precalcolati

Si riporta nel seguito l’esempio di valutazione fatta per un risanamento profondo RP1 di pavimentazione dissestata e le sue curve di controllo.

Le relative curve di controllo con l’indicatore strutturale IS300 sono le seguenti; le curve sono più di una perché nel caso usato come esempio il materiale di fondazione è il misto schiumato che ha diversi valori di modula a seconda del tempo di maturazione intercorso dalla stesa. In esse è indicata la fascia di temperature entro la quale le misure sono valide ; le curve permettono di verificare se il valore di Is trovato alla temperatura di rilevo è accettabile o meno in quanto il valore di IS varia con la temperatura degli strati correlata a quella dell’aria, secondo gli algoritmi descritti in precedenza; i valori sono tanti più validi quanto più bassi.

Figura 19: Sezione della pavimentazione da eseguire

Figura 20: Livelli di I S accettabili RPA1 con misura di TSD

Le misure TSD possono essere confrontate anche con le misure FWD in modo da essere usate in alternativa o comunque come integrazione, nei casi in cui si deve approfondire la valutazione o per controllare pavimentazioni particolarmente potenti o per punti singolari. A questo fine vengono indicate nel capitolato le curve di controllo analoghe, con valori diversi dalle precedenti perché i carichi imposti con l’FWD sono più elevati.

Lavorazione tipo RPA1 Valori limiti ammissibili per Indice Strutturale IS 300 prove FWD con pressione applicata 1700kPa

40

50

60

70

80

90

100

110

120

130

5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29T aria °C

IS30

0 m

icro

n

zona non valida per le verificihe di accettabilità

della lavorazione

zona non valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

zona valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

schiumato con 1 mese di maturazione

schiumato con 6 mesi di maturazione

schiumato con 1 anno di maturazione

83

70

area di accettabilità per schiumato con 1 anno di maturazione

64

Figura 21: Livelli di I S accettabili RPA1 con misura di FWD

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 35

Soluzione RS1A Soluzione RS1B

CB di binder soft 6 cm

RS

1pa

vim

enta

zion

e co

n fe

ssur

e pe

sant

i USURA CHIUSA 3 cm5

USURA CHIUSA 3 cm5

CB di base-binder soft 10 cm 10 10

15 15

Lavorazione tipo RS1 Valori limiti ammissibili per Indice Strutturale IS 300 prove FWD con pressione applicata 1700kPa

140

160

180

200

220

240

260

5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29T aria °C

IS20

0 m

icro

n

RS1A

RS1B

zona non valida per le verificihe di accettabilità

della lavorazione

zona non valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

zona valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

211

180

area di accettabilità per RS1A

Per valutare i risanamenti superficiali RS1, su pavimentazioni con minor livello di degrado, viene invece impiegato l’indicatore strutturale IS200 corretto con le deflessioni lette a 900 ed a 1500 mm dal centro piastra da cui si ottiene il fattore correttivo del sottofondo fornito dalla seguente espressione:

(2,18 - 0,50 · log (ISfond))

Tale correzione è ovviamente necessaria per valutare la sola pavimentazione realizzata senza considerare le condizioni degli strati inferiori esistenti non interessati dall’intervento. Seguono, con le stesse notazioni le curve di controllo corrispondenti per TSD e FWD (figure 23 e 24).

Figura 22: Sezione della pavimentazione da eseguire

Figura 23: Livelli di I S accettabili RS1 con misura di TSD

Figura 24: Livelli di I S accettabili RS1 con misura di TSD

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36 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Lavorazione tipo RP o NC Valori limiti ammissibili per Indice Strutturale IS 300 prove FWD o TSD

5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29T aria °C

IS30

0 m

icro

n

zona non valida per le verificihe di accettabilità della

lavorazione

zona non valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

zona valida per le verificihe di accettabilità della lavorazione

Zona C

Zona B

Zona A

Zona di accettabilità

Zona di penalizzazioneo di non accetabilità

Zona di penalizzazione salvobuon esito prova a fatica

3.3.2. Utilizzo dei dati rilevati in tronchi omogenei

I valori rilevati su strada, per l’accertamento delle prestazioni ottenute, verranno trattati con il sistema dei “tronchi omogenei” e diverranno anch’essi un indicatore di Qualità secondo lo schema che segue, nel quale in ordinata sono riportati i valori di IS300 a 14° C.

I tronchi omogenei permettono di individuare i tratti in cui l’indicatore ha un valore definito (i valori singolari non sono accettati) e confrontarlo con i livelli di accettazione derivati dalle curve, con la loro scala di qualità. Il software potrà così applicare al tratto l’intervento più valido.

IS300 (14°C Taria)

0

50

100

150

200

250

300

39000 40000 41000 42000 43000 44000 45000 46000 47000 48000 49000progressiva (m)

eccelente

buono

medio

sufficiente

scarso

pessimoPARAMETRO TECNICO PUNTUALE

SEZIONE OMOGENEE

paviment.esistenti

accettato

accettato con

penalità

respinto

nuovi lavori

Figura 25: Individuazione dei tronchi omogenei

3.4. Metodo ANAS - Gli sviluppi in corso per la misura della durata

Un punto controverso della prima versione del Capitolato prestazionale era nel fatto che la Capacità portante da sola non fornisce con certezza il raggiungimento di quella che poi è la prestazione principe della pavimentazione cioè la durata o vita utile per un numero definito di passaggi.

Infatti, il solo controllo dell’indicatore strutturale IS300 potrebbe non esser sufficiente per valutare la durata perché potrebbe essere stato ottenuto “forzando” la rigidezza degli strati profondi o superficiali impiegando, per esempio, forti quantità di materiale fresato da pavimentazioni preesistenti ottenendo quindi un alto modulo degli strati con conseguente valore “basso” cioè ottimo per IS (300 o 200).

L’eccessiva presenza di materiale rigido all’interno degli strati in conglomerato bituminoso infatti può ridurne la vita utile a fatica e quindi innescare le fessure anche se l’IS ha buoni valori.

Per questo motivo nella sua più recente versione il Capitolato d’Appalto ANAS combina i controlli ad Alto Rendimento della portanza con prove di fatica di verifica eseguite con prove diametrali, del tipo descritto e definito, su provini cilindrici estratti dalla pavimentazione che presenta comportamenti anomali a seguito di una misura di portanza che ha dato luogo a valori molto bassi di IS.

Nella sua ultima versione il Capitolato ANAS, per gli interventi profondi (altezza del conglomerato bituminoso maggiore di 30 cm) ha introdotto quindi un “fuso di controllo” per l’indicatore IS attraverso delle curve riportate nell’esempio che segue.

Figura 26: Individuazione delle tre zone A, B e C in cui ricade l’indicatore IS

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 37

Se l’indicatore IS ricade nella zona A (IS più alto del previsto) si può ipotizzare un errore nella scelta del materiale impiegato, nel suo dosaggio o un errore di addensamento o comunque una cattiva esecuzione del lavoro, in virtù della minore rigidezza degli strati di progetto, gli altri strati, non interessati dall’intervento, saranno più sollecitati ed accumuleranno molta più fatica di quanto non previsto in progetto, l’effetto di perdita di vita utile complessiva, anche per la parte relativa agli spessori di progetto, sarà importante e conseguentemente una penale sarà applicata fino ad un massimo che è il limite di non accettabilità.

Se l’indicatore IS ricade zona B (il “fuso“) i materiali impiegati e le lavorazioni sono state eseguite correttamente ed il lavoro risulta accettabile.

Se l’indicatore IS ricade zona C è un possibile segnale che si potrebbe avere una concentrazione di sforzi negli strati profondi maggiore di quanto previsto in progetto; in tal caso potrà essere richiesta una prova di fatica sollecitando il provino, ottenuto da carote in sito, a trazione indiretta secondo la metodologia semplificata messa a punto dal Centro Sperimentale Stradale di Cesano per verificare se la durata a fatica corrisponde a quella di progetto.

Anche se si pensa che questo tipo di valutazione sarà necessaria in un numero limitato di casi, essa è però in contrasto con la metodologia dell’Alto Rendimento perché prevede il ricorso a prove tradizionali lente e distruttive in aggiunta alla misura veloce e non distruttiva.

Per questo motivo, il Centro Sperimentale Stradale ANAS sta studiando la possibilità di valutare l’eccessiva rigidezza degli strati dovuta ad una presenza eccessiva di conglomerato bituminoso riciclato, con metodi alternativi che non richiedono l’impiego di carotaggi che scontano il difetto di essere determinazioni puntuali, lente e comunque su materiali non valutati in sito nelle effettive condizioni di funzionamento.

Una promettente soluzione risiede nella valutazione indiretta del modulo complesso del conglomerato bituminoso valutata attraverso la misura della “Deflection Delay”- ritardo nella deflessione - misurata dall’apparecchiatura ad Alto Rendimento TSD opportunamente trasformato con le notazioni esplicative espresse dalla figura a lato.

Tempo di ritardo di Deflessione

Lo spostamento del bacino di deflessione rispetto al carico, è legato all’azione di trascinamento della ruota di carico e può essere individuato ponendo dei laser di misura anche sul retro della ruota. Dal suo studio si possono individuare influenze scorrette legate alle rigidezze anomale degli strati.

Per evitare di modificare il mezzo di misura e perseguendo un percorso di ricerca più per le nostre esperienze pregresse, si potrebbe usare un altro sistema per valutare la durata ottenibile con la struttura costruita.

Occorre operare con due azioni correlate: • Si inizia con la messa a punto di una serie di calcoli razionali con triplo strato elastico per correlare i

valori di I S300 con la trazione critica ε t che si ha con il carico del TSD o dell’ FWD alla base del pacchetto di pavimentazioni al variare degli spessori del C.B. e del modulo del sottofondo, ottenendo una serie di curve di correlazione IS /ε del tipo. In pratica la deformazione in trazione che si ha con moduli e spessori che danno quel bacino di deflessione;

Figura 27: Esempio di correlazione possibile di IS

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38 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

• Si procede nel tabellare IS con le ε che derivano dai calcoli dei pacchetti di progetto, eseguiti usando i

parametri attuali, moduli, spessori e durate a fatica: queste sono le” ε di progetto ε p ”

Si otterrà quindi una tabella che contiene le εp per ogni struttura in relazione all’IS.

Il software di restituzione della misura ricaverà, tramite il valore di IS rilevato, la ε t ottenuta su strada e la

comparerà con la ε p di progetto.

Se il valore ottenuto in opera è inferiore al valore di progetto, anche la pavimentazione con l’IS che ricade nella Zona C (figura 26) sarà accettata come valida, senza il prelievo dei campioni e la ripetizione della prova a fatica, come oggi richiesto.

Naturalmente, per ottenere numeri applicabili si dovrà svolgere un lavoro di calcolo e di controllo sui dati già disponibili e definire dei campi di accettazione ragionevoli.

4. ATTIVITA’ “MATERIALISTICHE” COLLEGATE AL MIGLIORAME NTO DEI MATERIALI USATI NELLE PAVIMENTAZIONI

4.1. Uso diffuso di sottobasi a bitume schiumato

Le applicazioni degli ultimi anni delle pavimentazioni semirigide in Italia, cioè di pavimentazioni con un rapporto vicino ad 1 tra gli strati legati a cemento e quelli legati a bitume, hanno sempre mostrato un buon comportamento globale, a parte la presenza i fessure che, pur se impedendo la fruizione della pavimentazione in sicurezza e regolarità, sono pur sempre origine di degradazioni accelerate ed di una cattiva estetica della strada. La causa di queste fessure è analizzata in figura 28 dove vengono descritte le cause delle più importanti.

Ora il meccanismo che si verifica nelle pavimentazioni con il misto cementato cosi detto all’italiana è descritto nella figura 29.

La presenza del ritiro e, nella manutenzioni, il passaggio dei mezzi d’opera quando ancora il cementato non ha abbia maturato le sue resistenze a trazione, causano l’accelerazione della formazione delle fessure lamentata in queste soluzioni.

Un rimedio che elimina il fenomeno del ritiro e delle fessure precoci sta nel passaggio all’uso del misto legato alla schiuma di bitume e spiega anche il suo successo che lo sta portando a sostituire la tecnica precedente.

Figura 28: Fessure Figura 29: Meccanismi di rottura

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Il misto legato con la schiuma di bitume si ottiene insufflando aria ed acqua dentro il bitume, (figura a lato), consente una risposta a tali problematica.

Infatti la schiuma che si forma in questo modo viene spruzzata all’interno di una miscela di inerti e di cemento, stesa in opera da apposite macchine miscelatrici e poi rullato con rulli pesanti per ottenere il massimo della densità.

Durante un primo periodo dopo la compattazione il misto schiumato (MSB) si lega grazie alla presenza del cemento, come un misto cementato; questo indurimento da le resistenze iniziali che permettono le altre lavorazioni, ma contemporaneamente inizia l’indurimento dovuto alla schiuma d bitume distribuita per punti nella miscela e che dura per un lungo periodo, anche superiore ad un anno.

Figura 30: Macchine per MSB Il comportamento dell’MSB è quindi molto diverso da quello del misto cementato perché esso ha in assoluto minori probabilità di fessurarsi ed ha in più le azioni autoriparanti di microfessure proprie dei normali conglomerati bituminosi. L’attività di indurimento e di aumento delle resistenze inoltre continua nel tempo, anche quando il fenomeno di eventuali cedimenti differenziati dei supporti si sono stabilizzati. Quindi il MSB non ha fessure di ritiro e compensa i cedimenti leggeri.

Naturalmente, se i cedimenti dei supporti sono notevoli, neppure il MSC può compensarli, ma la deformabilità della pavimentazione (la sua capacità portante), anche fessurata, è migliore di quella che si ha con misto cementato.

Inoltre lo schiumato si può agevolmente ottenere anche con materiali marginali, fresati o altri provenienti dalla demolizione di pavimen-tazioni da rafforzare o sostituire.

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Quello che conta è valutare le resistenza a fatica che può fornire (vedi inserto 1), essa è teoricamente inferiore a quella del misto cementato che però ha fessure di altro tipo che ne alterano il funzionamento.

La soluzione progettuale adottata è, che, nota la resistenza a fatica con le prove semplificate descritte in altre parti di questo quaderno, si dimensioni lo strato con lo spessore necessario e che detto strato si ottenga con una compattazione molto spinta. Infatti la perdita della pseudocoesione dovuta alla rullatura insufficiente, riduce notevolmente la vita a fatica calcolata, nel breve e nel lungo periodo.

Un controllo rapido della compattazione di può avere con l’LWD Light Weigth Deflectometer da sostituire ai sistemi statici di misura della compattazione. I criteri di misura da seguire sono descritti nel riquadro(vedi inserto 3 LWD).

Inserto esplicativo 3: Verifica di compattazione con l’LWD Light Weigth Deflectometer

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4.2. Il riciclaggio nelle pavimentazioni per il recupero ambientale

Un altro esempio di utilizzo di materiali marginali, e di salvaguardia dell’ambiente nella costruzione di pavimentazioni stradali, è stato, sin dalla fine degli anni ’90, il forte incremento di risorse recuperate dallo smaltimento di opere esistenti grazie all’introduzione in queste strutture stradali di miscele di conglomerato bituminoso rigenerato a freddo, e tutt’oggi sono oggetto di consistenti migliorie sia dal punto di vista tecnico che tecnologico.

Le prime esperienze risalgono ai riciclaggi a caldo in situ degli anni 80 a cui sono seguite, dal 1985, quelli a freddo sempre con macchine dedicate (vedi figura e foto) sulla rete delle autostrade IRI (A1 e poi A14) mediante l’uso delle emulsioni di bitume non modificato e del bitume schiumato di cui si è parlato.

Successivamente una esperienza condotta su larga scala, alla quale sono seguite numerose sperimentazioni ed applicazioni che tutt’oggi costituiscono un elemento di traino nel complesso tecnologico delle pavimentazioni in conglomerato bituminoso, è rappresentata dall’ammodernamento dell’autostrada A4 Torino-Milano, avviato nel 2001 e monitorato nel tempo grazie ad un consistente numero di prove prestazionali non invasive in sito e prove di laboratorio effettuate su campioni prelevati in quantità e forma prestabilite dalla pavimentazione, a riprova della funzionalità delle metodologie di questo tipo.

Riportiamo informazioni su questo lavoro, anche se non attualissimo, in relazione alle altre esperienze inserite in questo Quaderno che, insieme con le esperienze più antiche ricordate, chiarisce l’evoluzione delle metodologie e delle attrezzature disponibili 15 anni fa rispetto a quelle attuali, ricordate all’inizio del Quaderno.

In particolare nel laboratorio non si usavano le presse giratorie per i provini, la fatica era valutata indirettamente attraverso le variazioni di Modulo e le macchine di rilevamento su strada erano ancora lo statico FWD ed il lento Curviametro. Le prove di laboratorio prevalevano fortemente su quelle prestazionali globali. Ancora attualissima è invece la metodologia di intervento nelle sue diverse fasi.

La scelta di utilizzare la tecnica di rigenerazione a freddo di conglomerati bituminosi per effettuare interventi di manutenzione profonda delle pavimentazioni stradali ha numerosi esempi di applicazione nelle autostrade in concessione. Qui faremo riferimento al caso dell’autostrada Torino Milano, che ha spinto lo sviluppo di questa nuova tecnologia per fronteggiare, in modo concreto il problema, sempre più sentito, del rispetto e risparmio ambientale senza incidere sullo sviluppo.

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Il traffico continua a crescere e la mobilità è un valore qualificante delle società evolute e non può prescindere dall'essere realizzata con servizi d'eccellenza basati su elevati standard di sicurezza e comfort.

Un approccio tecnico valido deve quindi preoccuparsi di incontrare e soddisfare anche tali emergenti richieste. Nel caso delle pavimentazioni ciò si traduce essenzialmente nel conciliare due esigenze contrapposte ovvero:

• aumentare le operazioni di manutenzione ordinarie e straordinarie per fare fronte all'invecchiamento precoce generato dal traffico crescente e per rispondere positivamente alla richiesta di aumento di qualità del servizio;

• minimizzare la produzione di rifiuti (discariche) e il ricorso a materiali vergini (cave) ovvero evitare di consumare risorse ambientali.

La politica è stata quella di rivedere alcune delle consuetudini tecnico-gestionali, storicamente governate dal criterio dell'economicità immediata e non da quelle di risultato globale nel tempo

Il progetto degli interventi

Il progetto ha previsto l’ammodernamento dell’autostrada Torino – Milano – 125 km di estensione totale - alla conformazione tipica di una Categoria “A” a tre corsie più emergenza per senso di marcia con intervallo di progetto 100 km/h < Vp < 140 km/h con un aumento della quota media della livelletta di oltre 1 metro.

Il progetto di dimensionamento della pavimentazione prevede la realizzazione di uno strato di fondazione in misto granulare di 20 cm su cui appoggiare lo strato flessibile riciclato a freddo con emulsione e la posa dei tradizionali strati di conglomerato bituminoso a caldo per uno spessore totale di 20 cm il cui strato di usura finale realizzato con conglomerato drenante.

La realizzazione sta prevedendo il riutilizzo di circa 1 milione di metri cubi di fresato derivante dalla fresatura degli strati in conglomerato bituminosi esistenti.

La soluzione adottata consiste nel rigenerare il fresato a freddo con emulsione bituminosa, in impianto fisso ad alta produttività, e stenderlo poi come strato inferiore della nuova struttura, sopra la parte rimasta della fondazione in misto fiume, così da creare un sottofondo (o sottobase, paragonabile a uno strato di fondazione) dallo spessore di 20 centimetri, sopra il quale stendere una base di 10 centimetri in conglomerato bituminoso, 6 centimetri di binder e 4 centimetri di tappeto d’usura.

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L’utilizzo del riciclato come sottobase è diretta espressione dell’approccio cautelativo, che in assenza di nozioni tecniche certe e di esperienze pregresse documentate sull’uso e sulle performance di questo tipo di materiale, ha ritenuto di limitarne l’utilizzo a uno strato di fondazione nuovo, di fatto non sottoposto a sollecitazioni elevate.

Il materiale proviene dalla rimozione degli strati legati a bitume della pavimentazione esistente, per uno spessore complessivo di 25 centimetri (4 di usura, 6 di binder e 13 di base), sotto il quale si rimuovono anche 15 centimetri della fondazione.

Il fresato è poi sottoposto a una frantumazione in mulino e a una successiva vagliatura al setaccio da 40 millimetri; da qui passa all’impianto di rigenerazione, dove viene lavorato come un normale inerte insieme con il 3,5 per cento di emulsione, 2 per cento di acqua di impasto e un 1,5 per cento di cemento; la miscela rigenerata viene quindi riversata su autocarri che la

trasportano in cantiere, dove viene stesa e compattata con normali vibrofinitrici e rulli.

La fase progettuale ha visto il coinvolgimento dei principali addetti al settore nel monitoraggio delle prestazioni finali delle sovrastrutture stradali, primarie realtà accademiche nella definizione del protocollo di ricerca ed importanti fornitori nella realizzazione di materiali di specifica formulazione18 . Caratteristica distintiva dell'ingegneria civile ed in particolare del settore stradale è quella di subordinare la prestazione tecnica assoluta del singolo materiale alla sua disponibilità nelle zone d'intervento agendo ove il caso sul dimensionamento geometrico.

18 Tra i principali attori si ricorda il Politecnico di Torino, la società di ingegneria SINECO ed il centro ricerche del gruppo Exxon Mobil.

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E' evidente che in assenza di nozioni tecniche certe e di documentate esperienze pregresse sull'uso e sulle performance di un materiale, qualunque esso sia, si è proceduto con cautela nella fase di primo impiego. Per questo motivo nelle prime applicazioni sperimentali, che hanno subito una evoluzione nel tempo sia per quanto riguarda le tecniche di lavorazione che i materiali impiegati, si è ritenuto di limitare l'utilizzo di conglomerati bituminosi riciclati a freddo a risanamenti profondi di pavimentazioni per realizzare uno strato di fondazione nuovo, di fatto non sottoposto a elevati livelli di sollecitazione.

Il controllo in corso d’opera delle lavorazioni ha comportato l’esecuzione di un protocollo di prove definito dall’esperienza sperimentale svolta negli anni precedenti in considerazione dell’importanza dell’opera che si andava a realizzare.

La sperimentazione precedente

L'obiettivo delle sperimentazioni è stato quello di realizzare, in prima soluzione, uno strato di fondazione in conglomerato bituminoso rigenerato come valida alternativa ai classici sistemi di tecniche di stabilizzazione con calce o cemento, riservandosi la possibilità di un impiego nella ricostruzione di strati più superficiali quali, ad esempio, uno strato di base. Si sono eseguiti due differenti tipologie d'intervento: una prima volta, nell'estate 1998, si è realizzato un tratto sperimentale di circa 2 km di lunghezza, suddiviso in alcuni lotti in cui sono state provate diverse emulsioni, modalità di stesa e "mix design" della miscela rigenerata con l'obiettivo di verificare l'applicabilità tecnica della tecnologia. Dall'anno seguente, ovvero dal 1999, si è ripetuta l'esperienza su scala più ampia dal punto di vista della produzione ma più mirata dal punto di vista della sperimentazione; gli obiettivi prevalenti sono stati da un lato di ottimizzare e verificare gli aspetti economici e di produzione e dall'altro di dare continuità alle pregresse sperimentazioni.

Il primo esperimento di riciclaggio è stato realizzato con un apposito treno di macchine di tecnologia Wirtgen, già utilizzato all’estero ed in particolar modo in Germania ed Austria, diverse da quelle usate in precedenza perché operanti su larghezze predefinite (4,5 metri nel nostro caso vedi foto seguenti)

Tale sperimentazione ha interessato un tratto della corsia di marcia lenta per uno sviluppo complessivo di circa 2 km. Il cantiere sperimentale venne suddiviso in più lotti entro i quali furono adottate differenti emulsioni, formule di impasto e tecniche di realizzazione.

La stratigrafia finale della pavimentazione ad intervento ultimato prevedeva, al di sopra dell’esistente misto granulare di origine fluviale, uno strato di fondazione in riciclato a freddo dello spessore di 20 cm sul quale venivano realizzati strati di base e collegamento in conglomerato bituminoso contenenti bitumi modificati ed aventi uno spessore complessivo di 20 cm.

Per ottenere tale risultato veniva dapprima effettuata la fresatura dell’intero pacchetto di strati legati a bitume della pavimentazione preesistente, per uno spessore complessivo di 25 cm, seguita dalla rimozione del sottostante misto granulare di origine fluviale per uno spessore di 15 cm, con successiva regolarizzazione e rullatura.

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Dopo di ciò, nello scavo così realizzato veniva posto in opera il fresato e, ove previsto, l’inerte di correzione nelle quantità preventivamente definite. Tale materiale nello stato sciolto era quindi prelevato dalla macchina di riciclaggio Wirtgen WR 4500 che provvedeva, senza soluzione di continuità, alla sua miscelazione con emulsione, cemento ed acqua ed alla successiva stesa di uno strato di spessore uniforme. Veniva quindi effettuata la compattazione dello strato mediante l’utilizzazione di differenti mezzi costipanti (rullo Dynapac da 17 t e rullo gommato da 20 t). Le lavorazioni venivano completate entro 24-48 ore mediante la stesa dei su citati strati di base e collegamento aventi spessori rispettivamente pari 12 cm e 8 cm.

Durante la realizzazione dell’intervento sperimentale si rilevò che la tecnica di riciclaggio in situ utilizzata permetteva una buona produzione giornaliera derivante dalla elevata velocità di avanzamento della macchina, pari a circa 3.5 m/min. Ciononostante, per potere migliorare la stabilità della produzione garantendo al tempo stesso alle lavorazioni le necessarie caratteristiche di semplicità ed economicità, in occasione della realizzazione dei successivi interventi di riciclaggio (anni 1999, 2000 e 2001) si passò ad una tecnica di riciclaggio a freddo in impianto. A tale scopo si è utilizzato l’impianto Marini CRP 300 che può essere montato in tempi contenuti in un’area la cui ubicazione può essere opportunamente scelta in funzione degli interventi previsti. L’elevata produzione è assicurata dalla portata che l’impianto è in grado di raggiungere a regime, dell’ordine delle 180 t/ora.

Secondo quanto sperimentato nei tre anni di lavorazioni effettuate con questa diversa tecnica, prima della sua rigenerazione il conglomerato bituminoso proveniente da fresatura viene sottoposto ad una frantumazione in mulino ed alla successiva vagliatura al setaccio da 40 mm. Successivamente, viene introdotto nell’impianto di rigenerazione insieme con un’emulsione avente idonea formulazione, acqua di impasto ed eventuali additivi quali ad esempio il cemento. All’uscita dell’impianto la miscela rigenerata viene quindi riversata nei cassoni di autocarri ribaltabili che la trasportano in cantiere ove viene stesa e compattata con le macchine (vibrofinitrice e rulli) di uso comune.

Nel corso degli interventi sperimentali di manutenzione effettuati con tale tecnica negli anni 1999, 2000 e 2001 le miscele riciclate a freddo sono state impiegate per la costituzione di uno strato avente spessore, ubicazione e funzioni coincidenti con quelli dello strato di fondazione realizzato nel corso degli interventi del 1998 (fondazione di 20 cm). Al di sopra di tale strato in riciclato a freddo sono stati posti in opera strati di base, collegamento ed usura contenenti bitume modificato ed aventi uno spessore complessivo di 20 cm.

L’estensione degli interventi è andata aumentando nel corso degli anni. Dopo i 2 km del 1998, nel 1999 sono stati realizzati numerosi chilometri, suddivisi in 6 lotti, utilizzando due emulsioni provenienti da società produttrici differenti. Negli anni 2000 e 2001 è stata invece impiegata una sola emulsione, con estensioni complessive annuali orientativamente equivalenti a quella del 1999.

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46 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

I controlli tradizionali e prestazionali

Le indagini effettuate a supporto dei cantieri sperimentali hanno riguardato varie fasi della realizzazione degli interventi di riciclaggio a freddo (dagli studi preventivi, ai controlli in corso d’opera, alle verifiche in esercizio) ed hanno utilizzato attrezzature e procedure che sono state via via selezionate e messe a punto.

Nel corso degli interventi del 1998 le indagini sperimentali preventive sono state effettuate per classificare i materiali da impiegare nel riciclaggio (emulsioni bituminose, fresati ed aggregati di correzione) e per determinare le formule di impasto ottimali (mix design). A tale scopo si sono prese in esame 5 diverse combinazioni derivanti dalla variazione del contenuto di inerti di correzione, della percentuale di emulsione e di cemento. Le miscele così definite sono state preparate con varie tipologie di emulsione e sono state successivamente sottoposte a compattazione statica in fustelle cilindriche del tipo Marshall con carichi di 5 e 12 t mantenuti costanti per periodi di tempo di cinque minuti. I provini ottenuti sono stati sottoposti a rottura per trazione indiretta in corrispondenza di diversi tempi di maturazione (1, 3, 7 e 14 giorni). Durante il confezionamento dei provini si è inoltre misurata la quantità di acqua rilasciata e, a compattazione ultimata, la loro densità.

Gli interventi in situ sono stati realizzati utilizzando tre delle emulsioni analizzate, facendo riferimento a formule di impasto simili a quelle provate in laboratorio. Sono state quindi eseguite prove in corso d’opera finalizzate alla valutazione delle caratteristiche compositive del fresato (umidità, granulometria degli aggregati, percentuale di bitume) e delle emulsioni (contenuto d’acqua). Il materiale rigenerato posto in opera è stato inoltre campionato per la preparazione in laboratorio di campioni cilindrici da sottoporre a prove di trazione indiretta dopo 1 e 7 giorni di maturazione. Sullo strato di riciclato a freddo steso e compattato sono state inoltre eseguite prove di carico su piastra.

A 2 mesi circa dalla ultimazione dei lavori sono stati effettuati prelievi di carote dalla pavimentazione, sulle quali sono state eseguite prove volte alla determinazione della densità e della resistenza a trazione indiretta.

Successivamente, a 3 mesi circa dalla ultimazione, sono stati infine eseguiti i rilievi prestazionali deflettometrici con attrezzature del tipo Falling Weight Deflectometer (FWD) e Curviamètre.

A partire dal 1999 le indagini sono state impostate19 con il principale obiettivo di valutare in laboratorio le caratteristiche prestazionali delle miscele rigenerate a freddo. Si è pertanto proceduto all’individuazione delle loro funzioni in opera ed alla successiva definizione delle tecniche di indagine più idonee per la loro analisi. Lo studio è stato inoltre strutturato su due diversi livelli, considerando, a seconda dei casi, miscele preparate in laboratorio o rigenerate in impianto.

Nel caso specifico dell’intervento previsto sull’autostrada A4, la funzione assegnata allo strato di sottobase in conglomerato bituminoso rigenerato è essenzialmente quella di fornire un contributo alla distribuzione delle sollecitazioni che vengono ad esso trasmesse dagli strati superiori portanti e che debbono essere convenientemente attenuate in corrispondenza della fondazione non legata e del sottofondo. Le prestazioni in opera di tale strato dipendono pertanto dalle sue caratteristiche tenso-deformative che possono essere

19 Congiuntamente dalla Sineco e dal Politecnico di Torino

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quantificate, conformemente con i modelli normalmente utilizzati per l’analisi del comportamento strutturale delle pavimentazioni, mediante la valutazione del suo modulo elastico. In particolare a tale scopo si sono previste prove di trazione indiretta ripetuta a carico impulsivo impiegando il Nottingham Asphalt Tester (NAT), in uso presso il Laboratorio Materiali Stradali del Politecnico di Torino.

Come è noto, il modulo elastico di una miscela derivata dalla rigenerazione a freddo di materiale fresato dipende, a parità di ogni altra condizione, dal tipo di emulsione utilizzato in quanto quest’ultimo influisce, anche grazie alla sua interazione con il bitume invecchiato già presente nel fresato, sulle caratteristiche tenso-deformative della matrice legante risultante dal processo di rigenerazione. Nella sperimentazione si è pertanto deciso di utilizzare due diversi tipi di emulsione messi specificatamente a punto per l’occasione da parte di diverse società produttrici.

Le precedenti esperienze di applicazioni in situ e di sperimentazioni di laboratorio, così come i riferimenti rinvenuti in letteratura, evidenziano inoltre che le miscele rigenerate a freddo presentano una evoluzione nel tempo delle loro caratteristiche tenso-deformative dovute alla progressiva maturazione della matrice legante bituminosa. Nella impostazione della ricerca si è quindi ritenuto opportuno procedere alla valutazione del modulo elastico anche in funzione del tempo di maturazione della miscela.

Si è inoltre rilevato che le caratteristiche tenso-deformative delle miscele poste in opera con la tecnica descritta possono dipendere dalla maturazione subita dalla miscela fino al momento della sua compattazione. Tale maturazione è essenzialmente funzione del tempo intercorso tra la produzione e la compattazione, e della quantità di acqua di impasto utilizzata nel processo di rigenerazione. Di conseguenza si è ritenuto opportuno approfondire lo studio dell’effetto di tali variabili sulle miscele prodotte in laboratorio, considerando tre diversi tempi di maturazione prima della compattazione (0, 30 e 60 minuti) e due valori del contenuto d’acqua di impasto (2.5% e 4.5%). Per le miscele rigenerate in impianto lo studio è stato invece limitato alla variazione dei soli tempi di maturazione prima della compattazione, mantenendo inalterata l’impostazione dell’impianto di produzione definita in accordo con la società fornitrice di ciascuna emulsione.

Sebbene alle miscele rigenerate a freddo non sia assegnato20, in virtù della loro posizione all’interno della pavimentazione, lo specifico compito di incrementare direttamente la resistenza a fatica della pavimentazione lavorando a flessione, si è stabilito di dovere ugualmente includere nell’indagine sperimentale uno studio delle caratteristiche di resistenza a fatica. Si è così ritenuto di potere trarre delle indicazioni circa la tendenza delle

20

Come abbiamo visto questa opinione non è condivisa da tutti, ANAS, per esempio, da alla resistenza a fatica di questi strati una sua importanza; comunque anche l’approccio sopra ricordato tiene conto, in modo diverso, di questa funzione.

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0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

0 5 10 15 20 25 30

Field work age (months)

Com

plex

mod

ulus

E*

(MP

a)

Fieldwork of September 1999

Fieldwork of April 2000

Fieldwork of July 2001

Fieldwork of May 2002

miscele ad assicurare nel tempo, anche se soggette a ripetute sollecitazioni, valori stabili del modulo elastico. In ragione del notevole tempo che è richiesto per una completa caratterizzazione a fatica di una miscela bituminosa, si è scelto di effettuare tali valutazioni, per ciascuna delle miscele prese in esame, solamente per lunghi tempi di maturazione. Si è inoltre stabilito di non finalizzare le indagini alla costruzione di curve di fatica ma alla valutazione comparativa della durata a prefissati livelli di deformazione. Per l’esecuzione di tali prove si è ancora una volta utilizzata la configurazione di trazione indiretta prevista dal Nottingham Asphalt Tester (NAT).

Per la preparazione delle miscele in laboratorio si sono utilizzate campionature delle due emulsioni da impiegarsi negli interventi ed una campionatura di fresato proveniente da precedenti lavorazioni effettuate sull’autostrada A4. Si è inoltre ritenuto di dovere effettuare le prove di modulo elastico solamente su campioni compattati in laboratorio all’interno di fustelle metalliche del diametro di 100 mm con un carico statico di 5 t. Analoghe procedure di compattazione sono state previste per le miscele rigenerate in impianto, da effettuarsi con attrezzature portatili (martinetto idraulico e relativo telaio di contrasto) nel piazzale dell’impianto stesso.

Come già avvenuto nel 1998, nel corso dei lavori sono state effettuate prove di carico su piastra sullo strato di riciclato a freddo. A lavori ultimati sono stati inoltre effettuati i rilievi di portanza delle pavimentazioni con attrezzatura Curviamètre. Questi rilievi in corso d’opera e di verifica finale sono stati ripetuti anche nel corso delle sperimentazioni del 2000 e 2001.

Le indagini sperimentali effettuate a supporto degli interventi del 2000 hanno replicato quelle dell’anno precedente, arricchite da una consistente attività di monitoraggio dell’impianto di confezionamento, effettuata mediante un adeguato piano di campionamento dei materiali costituenti e del prodotto finale. Le prove sperimentali eseguite in tale contesto sono state essenzialmente di caratterizzazione della miscela rigenerata per ciò che concerne la composizione.

L’attività descritta è stata completata con uno studio delle caratteristiche prestazionali delle miscele rigenerate prodotte dall’impianto, strutturato in due diversi livelli così come già era stato fatto nella precedente ricerca sviluppata nel corso degli interventi di manutenzione del 1999. A seconda dei casi si sono prese in esame miscele bituminose rigenerate in impianto ed immediatamente costipate mediante opportune apparecchiature di cui è dotata l’unità mobile del Laboratorio Materiali Stradali, e miscele bituminose preparate in laboratorio con formule di impasto finali analoghe a quelle effettivamente prodotte dall’impianto.

In analogia con quanto fatto in precedenza, e tenendo conto della loro funzione all’interno della tipologia di sovrastruttura prevista in progetto, ai fini della valutazione prestazionale si è preso in esame il modulo elastico delle miscele, misurato mediante prove di trazione indiretta a carico impulsivo ripetuto, facendo variare opportunamente il tempo di maturazione della miscela nonché il tempo intercorso tra la produzione e la compattazione.

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Durante la sperimentazione si è utilizzata una sola emulsione bituminosa ed una sola formula di impasto, con valori fissati delle percentuali di acqua di aggiunta, di cemento e di emulsione. Piccole variazioni si sono avute solamente in casi particolari quando, su indicazioni del personale di cantiere e per effetto di problemi al contorno derivanti ad esempio dalle condizioni meteorologiche e di piovosità, era necessario incidere sulla fluidità dell’impasto per ottenere una migliore addensabilità in opera.

Per quel che riguarda la valutazione delle caratteristiche di resistenza, a differenza di quanto fatto nella precedente ricerca, per motivi pratici legati alla gestione delle campionature di miscele rigenerate si è ritenuto opportuno non eseguire prove di fatica. Si è pertanto fatto ricorso a prove di trazione indiretta a velocità di rottura imposta, le cosiddette “prove brasiliane”. Tali prove sono state eseguite su tutti i campioni preparati in laboratorio ed in impianto, a scadenze differenti: nel caso dei campioni di laboratorio, le prove sono state effettuate a 20°C dopo 3, 7 e 14 giorni di maturazione a temperatura ambiente; nel caso dei campioni preparati in impianto le prove sono state invece eseguite, al termine dell’intero ciclo di monitoraggio del modulo elastico, dopo un periodo di maturazione pari a 165 giorni.

Ulteriori prove sperimentali sono state incluse nello studio per valutare la resistenza all’accumulo di deformazioni permanenti delle miscele rigenerate a freddo. Tali fenomeni sono temuti soprattutto nella fase di maturazione iniziale delle miscele, soggette in alcuni casi anche a dei pesanti carichi dei mezzi d’opera. Conseguentemente, sono state eseguite prove di creep statico a 40°C nella configurazione di compressione semplice su campioni aventi un diametro di 150 mm. Tali campioni sono stati confezionati, con opportuna apparecchiatura di costipamento, sia in laboratorio, facendo riferimento alla composizione media effettivamente prodotta all’impianto, sia in impianto, Le prove di creep sono state effettuate alle scadenze di 3, 7 e 14 giorni di maturazione per i campioni preparati in laboratorio. Nel caso dei campioni preparati in impianto tali prove sono state invece eseguite dopo un periodo di maturazione di 165 giorni.

Per la preparazione delle miscele in laboratorio si è utilizzata una campionatura dell’emulsione effettivamente impiegata negli interventi ed una campionatura di fresato proveniente da precedenti lavorazioni effettuate sull’autostrada A4.

I campioni sono stati compattati con una attrezzatura messa a punto dal gruppo di ricerca del Politecnico di Torino, con la possibilità di utilizzare fustelle cilindriche aventi diametro pari a 101.6 mm o 150 mm. La pressione staticamente applicata ai campioni mediante un apposito telaio di contrasto è stata sempre mantenuta pari a 6000 kPa per un periodo di tempo pari a 5 minuti. Il drenaggio dell’acqua contenuta all’interno delle miscele è stato consentito unicamente attraverso le piastre di base della fustella, opportunamente forate. L’acqua rilasciata durante ciascuna operazione di costipamento è stata recuperata e pesata. La rimozione dei campioni dalle fustelle metalliche utilizzate per la compattazione è stata effettuata dopo un periodo di tempo pari a 24 ore per evitare di dare luogo a fenomeni di disgregazione derivanti dal solo effetto del peso proprio e delle normali manipolazioni degli operatori.

Le indagini effettuate nel corso del 2001 hanno replicato quelle seguite nel 2000, con un più attento controllo dell’impianto di produzione effettuato mediante più frequenti e regolari prelievi del fresato e del prodotto finale. Sono state inoltre eseguite prove di creep a breve termine sulle miscele per valutare la loro attitudine a resistere all’accumulo di deformazioni permanenti immediatamente dopo l’apertura al traffico.

Sulla base delle esperienze accumulate nel corso del programma sinteticamente descritto, si sono susseguite ulteriori iniziative di ricerca finalizzate all’affinamento e all’ottimizzazione dei criteri e delle procedure da utilizzare per il mix design delle miscele riciclate a freddo, che proseguono ancor oggi, sulla base della consolidata certezza della elevata qualità ottenibile e ottenuta .

4.3. Uso dei materiali riduttori di rumore

Le attuali esigenze di rispetto per l’ambiente, unite alle sempre maggiori richieste di prestazioni (acustiche, meccaniche, ecc) delle pavimentazioni stradali, ha spinto il mondo delle aziende che operano in questo settore a ricercare, nelle loro attività, la “eco-efficienza” della strada.

Tale obiettivo si ottiene ottimizzando l’impiego dei materiali di recupero all’interno delle miscele definite classiche cercando perciò di coniugare l’aspetto ambientale con le prestazioni attese in opera.

Specifiche direttive mirate all’attenzione delle aree soggette ad inquinamento acustico, consentono investimenti per l’introduzione di tecnologie di abbattimento del rumore.

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La progettazione dei conglomerati bituminosi come si è visto in precedenza è orientata, nelle amministrazioni più avanzate, oltre che alle performance di sicurezza in termini di frenata sul bagnato, di durata come resistenza a fatica ed alle deformazioni permanenti, anche alle prestazioni di, abbattimento dell’emissione del rumore.

Per ciò che attiene la riduzione del rumore emesso, molti ricercatori hanno sperimentato l’utilizzo del polverino di gomma da pneumatici arrivando a soluzioni tecniche molto performanti.

Le miscele chiuse e semichiuse realizzate anche con l’impiego di polverino di gomma sono state oggetto di studio di numerosi progetti internazionali, tra cui il progetto europeo Noise e il progetto Leopoldo della Regione Toscana.

Tra le miscele analizzate, sono degne di nota le miscele semi-chiuse realizzate con l’impiego (wet e dry) di polverino di gomma che hanno evidenziato la potenziale riduzione delle emissioni acustiche su pavimentazioni stradali opportunamente progettate.

Le pavimentazioni di tipo semi-aperto presentano maggiori vantaggi in termini di riduzione delle emissioni , in quanto propongono una sinergia interessante della minore emissione sonora dovuta al rotolamento del pneumatico su tali superfici e l’effetto fono-assorbente causato dalla porosità (12-18% di vuoti residui) di questo tipo di pavimentazioni porose.

Gli studi condotti nel progetto Leopoldo II, stanno interessando gli attraversamenti urbani con nuove soluzioni. L’importanza degli interventi in ambito urbano, necessariamente con pavimentazioni chiuse e semichiuse vista la ridotta velocità di transito, è nota vista la concreta impossibilità di utilizzare altri sistemi di riduzione del rumore in sede di propagazione sonora quali le barriere e avendo presenti le difficoltà di realizzazione di interventi ai recettori, i quali mal sopportano riduzioni alla propria libertà di poter lasciare le finestre aperte per i ricambi d’aria anche se da tempo sono state realizzate e sperimentate finestre ventilate antirumore, finestre cioè che permettono il ricambio dell’aria, tramite opportuni accorgimenti negli infissi, da chiuse.

Il contenuto di polverino di gomma in questo tipo di conglomerati non supera solitamente l’1,5-1,6% in peso sulla miscela. Esistono tuttavia alcune eccezioni che propongono contenuti di gomma superiori (fino al 3%) soprattutto nel caso in cui la gomma sia aggiunta in modalità “dry” e con granulometrie grossolane (fino a 2,5mm). Tuttavia, occorre precisare che queste tecnologie sono ancora poco mature, seppure appaiono promettenti le ricerche più recenti, e non hanno finora riscosso molto successo a livello internazionale. Le tecnologie più mature sono certamente quelle di tipo wet e quelle con un contenuto di gomma non superiore a 1,6% in peso.

Occorre ricordare che nella tecnologia “wet” il polverino viene miscelato al bitume per circa 1 ora in modo tale da permetterne il rigonfiamento a causa dell’assorbimento della frazione oleosa del bitume (malteni). Tale interazione tra bitume e polverino risulta importante per garantire la creazione di un mastice elastomerico che rappresenta il vero legante delle miscele bituminose wet.

La tecnologia dry prevede invece l’aggiunta del polverino di gomma direttamente ad inerti e bitume nel mescolatore di produzione dei conglomerati. In tali condizioni, l’interazione tra bitume e polverino è certamente molto più contenuta e limitata dalla scarsa mobilità dei due componenti all’interno della miscela.

Per tale motivo, si è ipotizzato il comportamento del polverino “dry” come quasi inerte, ossia simile al comportamento della componente litica.

Nel seguito riportiamo un caso di studio completo secondo i diversi parametri ricordati effettuato da ANAS per le miscele porose, esendo queste ultime le più promettenti per la soluzione dei problemi.

La miscela messa a punto, è stata denominata NOISE4 perché è stata progettata per abbattere di 4 dB il rumore percepito al bordo strada (si ricorda che una riduzione di 3 dB significa dimezzare l’intensità sonora della sorgente) con il ciclo completo di valutazione riportato nello schema che segue, che permette di prevedere la prestazione finale anche in termini di rumore globale tramite misura ad Alto Rendimento con la nuova attrezzatura FSD (un CPX modificato)21.

I risultati di laboratorio sono interessanti in termini di riduzione delle vibrazioni grazie all’incremento di impedenza acustica della pavimentazione.

21 Queste ricerche riguardano l’ambito delle miscele porose meno investigate.

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Confermando alcune delle evidenze scientifiche degli studi internazionali sui conglomerati gommati, il conglomerato messo a punto da Anas non solo presenta un effetto di abbattimento, ma anche una minore emissione grazie ad una riduzione delle vibrazioni nel contatto pneumatico-strada. Questo tipo di conglomerato si mantiene decisamente più efficace nel tempo, poiché il meccanismo della fonoassorbenza non è rappresentato soltanto dai vuoti del conglomerato (che nel tempo tendono ad intasarsi), ma come detto dall’impedenza che smorza le vibrazioni (fenomeno che si mantiene nella vita utile della pavimentazione). Presso le strutture del Centro di Cesano sono state messe a punto anche delle specifiche metodiche di misurazione e di valutazioni di tali prestazioni.

Figura 31: Schema di ciclo per le prestazioni acustiche delle pavimentazioni

Riportiamo alcuni dettagli dello studio ANAS come emblematico del modo di procedere indicato nello schema ciclico di cui sopra per ’individuazione delle caratteristiche volumetriche e meccaniche di una pavimentazione drenante, a basso impatto acustico, da verificare poi in opera con misure ad Alto Rendimento per ritrovare le previsioni di progetto. Per tale studio è stato impiegato il bitume e polverino di gomma da pneumatici frantumati. Le prestazioni acustiche sono definite, da un lato, in termini di aumento della impedenza meccanica e quindi della capacità della pavimentazione stradale di abbattere le vibrazioni generate dal traffico veicolare, dall’altro dalla fonoassorbenza ottenuta dalla particolare tessitura ad elevato tenore di vuoti e grazie all’impiego in piccola percentuale di materiali porosi, tenendo però anche conto della emissione dovuta alle tessitura superficiale. Il rumore percepito infatti deriva dalla combinazione dell’emesso e del fonoassorbito, cosa che non avviene per le miscele chiuse nelle quali l’assorbimento non è presente. L’impedenza sviluppa i suoi effetti specialmente per il traffico veloce che si esplica quando i flussi sono scarsi, cioè in particolare di notte quando anche rumori ridotti possono turbare l’ambiente circostante.

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4.3.1. La miscela NOISE4

I materiali impiegati La miscela di conglomerato bituminoso per strato di usura, messa a punto presso il Centro Sperimentale, è costituita da inerti di natura basaltica, mescolati ad una bassa percentuale di argilla espansa strutturale e bitume modificato ad alta lavorabilità. Durante la mescolazione viene inoltre aggiunta una piccola percentuale di polverino di gomma ottenuto dalla triturazione dei pneumatici fuori uso (PFU).

La miscela così costituita è stata caratterizzata in laboratorio dal punto di vista meccanico attraverso prove di trazione indiretta, prove di modulo complesso e prove di fatica quest’ultima eseguita secondo metodologia sviluppata internamente al Centro Sperimentale Stradale ANAS.

Le prove di laboratorio Il mix design della miscela, cerca di coniugare da un lato le esigenze di innovazione in termini di prestazioni acustiche (fonoassorbenza e alta impedenza) e dall’altro i requisiti tipici di una pavimentazione autostradale moderna ovvero con elevata aderenza e drenabilità.

Figura 32: Mix design NOISE 4

Nel tentativo di ottimizzare tutti questi aspetti si è deciso di confezionare una miscela semi-drenante (capacità drenante medio-alta) con percentuale dei vuoti intorno al 20% arricchita con argilla espansa e polverino di gomma nelle percentuali riportate nella tabella 6.

Tabella 6: Pesi della miscela NOISE 4

Natura filler Basalto

0/4

Basalto

3/5

Basalto

5/10

Basalto 10/16

Argilla strutturale

6/14

Risultante

granulometrica

Apertura setacci (mm) Passanti%

20 - 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

12,5 - 100,00 100,00 100,00 62,65 93,48 95,61

8 - 100,00 99,74 51,68 1,76 40,30 52,78

6,3 - 99,38 89,95 10,59 0,99 17,46 23,09

2 - 96,56 13,65 0,60 0,86 0,01 10,12

0,5 - 52,34 5,81 0,59 0,85 0,00 7,43

0,25 - 38,98 4,69 0,57 0,82 0,00 6,68

0,063 100,00 22,60 2,84 0,41 0,54 0,00 5,62

% di impiego 4 5 6 65 10 10

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Le percentuali di legante e di PFU utilizzate sono pari rispettivamente al 7% e 1,5% sulla miscela. Quest’ultimo è stato aggiunto nel mescolatore come ultimo componente alla temperatura di 175°C e lasciando procedere la mescolazione per circa 30 secondi .

Il fuso di riferimento è specifico per questa tipologia di miscele e definito nella tabella 7.

Tabella 7: fuso di riferimento NOISE 4

Caratteristiche del legante bituminoso modificato

Le principali caratteristiche del bitume modificato impiegato nella preparazione della miscela di conglomerato bituminoso sono riportate nelle tabelle e grafici che seguono. Tabella 8: Caratteristiche del bitume modificato

PARAMETRO NORMATIVA UNITA’ DI MISURA VALORI

Penetrazione con ago a 25°C

UNI EN 1426 dmm 35

Punto di rammollimento UNI EN 1427 °C 75,8

Ritorno elastico a 25°C UNI EN 13398 % 82

Viscosità dinamica a 160°C

UNI EN 13702 Pa*s 0,47

Indice di penetrazione

(Ip - suscettibilità termica) UNI EN 12591 - 2,8

L'analisi dinamica e le prove di viscosità sono state condotte con un reometro dinamico DSR (Dynamic Shear Rheometer) con il sistema di termostatazione di tipo Peltier in modo da non creare dei gradienti di temperatura tra cono e piatto, o tra i due piatti.

Il test dinamico DSR, utile per caratterizzare il comportamento visco-elastico del legante, è stato effettuato utilizzando la geometria piatto-piatto alle normali temperature di servizio della pavimentazione da 20 a 85°C.

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Figura 33: Prove di caratterizzazione del bitume

Il campione di bitume inserito tra i due piatti (uno fisso e uno oscillante) è sottoposto a prova di taglio in condizioni oscillatorie.

Il test consente di calcolare due importanti parametri, il modulo complesso (G*, ovvero il rapporto tra lo sforzo di taglio applicato e la deformazione ottenuta) e l’angolo di fase (0< δ <90°, ovvero il ritardo che si manifesta tra l'applicazione dello sforzo e il maturarsi della deformazione. Indica quale delle due componenti, viscosa-elastica, prevale: δ= 0° elastico, δ= 90° viscoso).

Figura 34: Configurazione reometro piatto-piatto

Figura 35:Grafico test reologico

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 55

Tabella 9: Valori di modulo complesso G* e l’angolo di fase δ alle temperature di 40, 60 e 85°C.

I risultati ottenuti mostrano buone caratteristiche di resistenza alla deformazione a garanzia di buone prestazioni in termini di resistenza e comportamento reologico in un ampio campo di temperature.

I valori di viscosità sono stati determinati con il metodo cono-piatto secondo la normativa UNI EN 13702 a 160°C e velocità di deformazione (Shearrate) di 500 s-1.

Figura 36: Grafico di viscosità

Come si può notare dalla figura 36, il valore di viscosità si mantiene costante (0,47 Pa*s) per tutta la durata della prova. Tale valore, nel tempo, garantisce una buona copertura degli aggregati e una buona preparazione e lavorabilità del conglomerato bituminoso.

Caratteristiche volumetriche e meccaniche

Le proprietà volumetriche della miscela sono state determinate confezionando dei provini con pressa giratoria secondo i parametri Superpave SHRP-M002 di seguito riportati.

Giri n° 130 Angolo ° 1,25 ± 0,02 Velocità giri/min 30 Pressione kPa 600

Caratteristiche volumetriche: % dei vuoti

N1= 10 26,9 >25

N2 =50 22,3 18-24

N3 =130 19,8 >17

Figura 37: Grafico di viscosità Figura 38: Formazione dei provini con pressa giratoria

TEMPERATURA °C G* (Pa) δ (°)

40 197400 69

60 10000 75

85 464 86

Grafico viscosità

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56 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Gli stessi provini sono stati successivamente sottoposti a rottura diametrale a 25°C

Valori di resistenza a trazione indiretta (25°C) Norma tecnica di riferimento

Rt (GPa x 10-3) 0,89 0,6 -1,2 UNI EN 12697-23

CTI (GPa x 10-3) 89 > 70 UNI EN 12697-23

Misura della capacità drenante

La necessità di avere una percentuale di vuoti residui più bassa rispetto a quella di una miscela drenante tradizionale, ha imposto la verifica in laboratorio della capacità drenante della miscela oggetto di studio.

La prova è stata eseguita su di un tassello di dimensioni 50*40 cm compattato con rullo riscaldato secondo la normativa UNI EN 12697-33 .

La misura della capacità drenante è stata effettuata con permeametro a colonna secondo il metodo interno al Centro Sperimentale e di uso comune in Italia, attualmente utilizzato per questa tipologia di misure in cantiere.

Nonostante i limiti della misura di drenabilità eseguita in laboratorio (che riproduce quella su strada, pur con diversità delle condizioni al contorno) il valore determinato risulta superiore a 12 lt/min.

Tale valore di capacità drenante assicura lo smaltimento delle acque in caso di pioggia, riduce il rischio di aquaplaning ed elimina l’effetto spray, tutti fenomeni tipici delle pavimentazioni chiuse.

Figura 39: Prove di laboratorio della capacità drenante della miscela

Determinazione della Resistenza alla Fatica e Modulo complesso

La prova di fatica sui conglomerati bituminosi ha la funzione di testare i materiali stradali per evidenziarne la durata una volta sottoposti a cicli di carico ripetuti.

Il metodo ANAS, messo a punto dal Centro Sperimentale Stradale, consente di determinare la resistenza alla fatica di una miscela in modo semplificato e ripetibile.

La durata viene stimata per confronto rispetto a miscele di riferimento.

I campioni da testare sono realizzati mediante pressa giratoria con 180 n° di giri, pressione di 600kPa e angolo di 1,25°, oppure possono provenire da carotaggi eseguiti in sito.

Le dimensioni dei campioni sono :

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 57

• diametro 150mm (± 2mm); • altezza 65mm (± 3mm).

La macchina è idraulica e lavora in controllo di forza, imponendo carichi con forma sinusoidale con frequenza 10hz (± 0,1hz). La forza applicata sui provini è sempre positiva (compressione) con carichi che “oscillano” sinusoidalmente all’interno del campo compreso tra 1 e 10 kN.

La temperatura di prova è 20°C (± 0,2).

La macchina di prova servoidraulica è stata progettata e realizzata appositamente per realizzare prove di fatica secondo metodo interno Anas.

Vengono misurate: • il carico applicato (rilevato mediante cella di carico) con precisione 1daN; • la deformazione verticale con precisione di 1ưm (range di misura 0-10mm).

La durata a fatica della miscela, oggetto del presente studio, risulta buona in considerazione dei vuoti presenti, se confrontata con una usura chiusa con bitume hard.

Figura 40: Grafico della durata di fatica

Sono stati calcolati i moduli complessi (sec. UNI EN 12697-26- IT-CY “Indirect tension to cylindrical specimen) con la stessa macchina per la fatica sui provini eseguiti con la giratoria, i dati mostrano valori di modulo a 20°C di circa 2.766 MPa con vuoti medi di 19,8%.

I risultati delle prove eseguire garantiscono sulla “tenuta della miscela” in termini di durabilità, resistenza alla fatica ed alla deformazione.

NOISE 4 AE

N° provino 4 5 6 7 8 9 10 11 media

Vuoti % (130 GIRI) 19,2 20,5 17,5 19,2 21,6 18,0 20,9 21,6 19,8

S20°C MPa 2642 2133 3390 2926 2626 2945 2685 2783 2766

Figura 41: Grafico

modulo complesso e fatica

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58 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

Caratterizzazione della tessitura

La determinazione degli spettri di tessitura è stata effettuata secondo la norma ISO /CD 13473-4 con il metodo di analisi in frequenza mediante DFT (discrete Fourier Transform).

Il modello del tassello con la relativa texture è stato ottenuto scattando una serie di foto, secondo il percorso indicato nella figura che segue, mantenendo una distanza di presa tra 50 e 100 cm dalla superficie del tassello e importando le immagini sul pc con il software per la generazione del modello 3D.

Misurando il microprofilo della superficie è stato rilevato il valore di ERNL e MPD.

Valori riscontrati

SEZIONE ERNL (Evaluated road Noiseness level)

MPD (MeanProfile Depth)

Valore medio sezione y 73,8 2,20

Valore medio sezione x 73,6 2,09

Il valore ERNL è legato esclusivamente alla geometria esterna (macrotessitura) del campione e quindi è solo parzialmente indicativo della emissività sonora del conglomerato mancando infatti dell’aspetto impedenziometrico e di assorbimemto acustico in corso di valutazione.

Il valore MPD rappresenta (sommariamente) una altezza in sabbia/macrotessitura; in questo caso risulta allineata a valori di miscele drenanti (porose). Naturalmente la misura su strada con l’FSD, permetterà di confermare o correggere questo tipo di valutazioni

Figura 42: Diverse metodologie per la misura di assorbimento acustico

Naturalmente la misura su strada con l’FSD, permetterà di confermare o correggere questo tipo di valutazioni

Figura 43:

Macchina Alto Rendimento FSD

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 59

Considerazioni finali sui conglomerati antirumore

Nonostante la debolezza normativa in tema di “End of Waste” già discussa precedentemente, i risultati ottenuti dall’impiego del polverino di gomma da PFU rendono certamente interessante l’impiego di questa risorsa.

Dubbi sono stati sollevati in tema di status giuridico del polverino che hanno evidenziato la difficoltà interpretativa delle norme.

E’ diffusa comunque la convinzione che il polverino di gomma prodotto dagli impianti italiani operanti in regime ordinario abbia lo status di materiale riciclato (ovvero non-rifiuto).

Tale interpretazione è confermata anche dalla Circolare del ministero dell’Ambiente del 27 Luglio 2005 relativa all’applicabilità degli acquisti verdi ai prodotti contenenti gomma riciclata: in tale documento, sia l’impiego wet che l’impiego dry di gomma in asfalti è contemplato tra le forme di impiego di materiali riciclati (ossia non-rifiuti), che rientrano nella definizione di “acquisti verdi”.

Inoltre, alcuni dubbi sono emersi relativamente al rischio associato all’emissione di vapori organici contenenti IPA durante le fasi di produzione e posa in opera delle miscele calde contenenti gomma.

L’analisi di letteratura (NIOSH 2001, Previa 2011) e le recenti esperienze italiane confermano l’assenza di un rischio incrementale per i lavoratori esposti ai fumi di conglomerati contenenti gomma riciclata da PFU.

Le più recenti analisi mostrano che il controllo della temperatura di compattazione garantita dall’uso di additivi “warm mix” (ossia alta lavorabilità), permette di utilizzare i conglomerati additivati con gomma a temperature inferiori a 170°C; al di sotto di tale temperatura, le emissioni di VOC e IPA sono ampiamente inferiori ai limiti di esposizione per lavoratori in ambiente di lavoro.

Comunque nel conglomerato studiato il polverino è considerato un “inerte” e non un modificante, sottolineando anzi che la sua funzionalità deriva proprio dall’evitare le interazioni chimiche con il bitume, incluso anche il bitume modificato al quale viene riconosciuta la valenza di conferire resistenza meccanica e durata alla pavimentazione stessa.

ANAS comunque ha posto tra gli obiettivi delle ricerche future anche quello di testare altri tipi di polimeri elastomerici che permettano - a parità di rapporto costi/benefici - di svolgere la funzione di smorzatore delle vibrazioni.

La specifica di massima del prodotto cercato a questo fine, messa a punto da Anas è: granulometria 0,2 - 0,8 mm; peso specifico 1,0 - 1,4 g/cm3; durezza intorno a 40 - 90 shore; punto di fusione maggiore di 250°C.

C’è da ricordare che dal 1 gennaio 2010 nella preparazione delle mescole per pneumatici destinati al mercato europeo è vietato l’utilizzo di oli estensori aromatici (DAE), che sono la fonte degli IPA che si trovano nei pneumatici, quindi per il futuro l’uso del polverino da pneumatici più recenti (prodotti dopo il 2010) non dovrebbe presentare nessun problema.

Comunque i possibili succedanei, devono essere polimeri vulcanizzati come quello di risulta, di adatto peso molecolare.

Questo fatto esclude gli elastomeri di vario tipo, incluso gli elastomeri termoplastici, che richiedono la vulcanizzazione per essere utilizzati.

Alcuni di questi prodotti vulcanizzati sono disponibili sul mercato, in genere in pezzature più grosse, e sono destinati ad esempio ad essere utilizzati come materiale di riempimento (infill ) per la realizzazione di campi da calcio in erba sintetica.

Dopo una verifica di fattibilità richiesta ad ENI si renderanno disponibili le campionature rispondenti alle specifiche ANAS per consentire lo svolgimento di prove aggiuntive insieme con altri prodotti giudicati promettenti, anche non vulcanizzati.

Comunque complessivamente il miglioramento dell’impedenza meccanica dei conglomerati è attualmente ben coperta dall’uso dei polverini

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4.4. Pavimentazioni rigide in galleria - motivazioni e applicazioni

Parliamo dei recenti sviluppi dell’impiego delle pavimentazioni in calcestruzzo nelle gallerie stradali. Alcuni studi di ampio respiro internazionale sono stati condotti per analizzare l’idoneità per le applicazioni in galleria delle tipologie di materiali attualmente impiegati nelle pavimentazioni stradali sulle strade. In particolare è stato analizzato l’impiego di:

• conglomerato bituminoso chiuso; • conglomerato bituminoso drenante; • calcestruzzo di cemento.

Secondo tali studi le sovrastrutture in conglomerato bituminoso drenante sono decisamente sconsigliate in galleria perché le perdite di carburante, che possono verificarsi durante normali situazioni di traffico o in caso di incidenti, vengono trattenute sotto il manto stradale incrementando il carico d’incendio. Il conglomerato bituminoso chiuso può incendiarsi a temperatura molto elevata con produzione di fumo e gas pericolosi che possono incrementare il carico d’incendio. Tuttavia, in confronto al carico iniziale, tale incremento può essere trascurato e pertanto il conglomerato bituminoso chiuso può essere usato senza particolare aggravio per l’ambiente della galleria esposto al fuoco.

La soluzione in calcestruzzo di cemento è l'unica incombustibile, per la quale non si solleva alcuna obiezione in merito al suo impiego nelle gallerie.

Oltre alle indiscutibili caratteristiche di resistenza al fuoco, che fanno del calcestruzzo il materiale prediletto dalle normative sulla sicurezza in galleria, le pavimentazioni in calcestruzzo, offrono una serie di vantaggi per la sicurezza del trasporto stradale, per l’ambiente e per l’economia del gestore stradale.

Per quanto riguarda la sicurezza: • il colore chiaro dello strato superficiale migliora la visibilità degli utenti stradali; • la ridotta manutenzione riduce la chiusura della galleria e le conseguenti deviazioni di traffico, per la

presenza dei cantieri; • le caratteristiche superficiali di regolarità ed aderenza della pavimentazione in calcestruzzo mantengono

valori accettabili per molti anni.

Gli importanti vantaggi ambientali sono: • La riduzione del consumo di carburante; • La riduzione dell'inquinamento atmosferico nel caso di impiego di cemento fotocatalico; • La possibilità di riciclaggio del calcestruzzo demolito al termine del ciclo di vita, come aggregato negli

strati di nuove pavimentazioni; • Riduzione delle emissioni di CO2 legate al risparmio energetico.

Dal punto di vista della sostenibilità economica: • la vita di servizio molto lunga (generalmente non inferiore a 30 anni) con limitate esigenze manutentive e

di riparazione rende il calcestruzzo un materiale da costruzione sostenibile e competitivo; • il coefficiente di riflessione della luce del calcestruzzo (0.10 maggiore rispetto a quello del conglomerato

bituminoso pari a 0.07) permette una rilevante riduzione dell’illuminazione, con la conseguente riduzione del consumo di energia e dei costi di installazione e manutenzione delle lampade (circa il 30%).

Figura 44: Lavori Quadrilatero SS77

“della Val di Chienti” Galleria Bavareto

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La nuova Galleria Laives, con i suoi 2.858 m di lunghezza, è la più lunga galleria stradale realizzata ad oggi in provincia di Bolzano. E’ una galleria bidirezionale, ad un’unica carreggiata con una corsia per senso di marcia larga 3,75 m, banchine e marciapiedi di servizio all’interno dei quali sono alloggiate le canalizzazioni impiantistiche, figura 45. La galleria è stata progettata secondo le “Norme funzionali e geometriche per la progettazione e costruzione di strade”, emanate dalla Provincia Autonoma di Bolzano nel 2006. Secondo queste norme la Galleria Laives è classificata in classe A, la categoria più complessa prevista per le gallerie con TGM per corsia compreso tra 4.500 e 12.000 e 1,0 km<L<3,0 km.

Figura 45: Sezione trasversale Galleria Laivers

Oltre alle misure di protezione dal fuoco attive (ventilazione forzata, aspirazione dei fumi, rilevamento dell’incendio e sistema di allarme e sorveglianza), sono state previste anche quelle di tipo passivo, quali l’impiego di materiali non infiammabili, quale appunto il calcestruzzo. Per le specifiche normative che disciplinano la realizzazione delle pavimentazioni in calcestruzzo si è fatto riferimento a quelle austriache, che sono state inserite come vincolanti nel capitolato d’appalto dell’opera.

Il catalogo austriaco per le pavimentazioni stabilisce lo spessore dell’intero pacchetto di pavimentazione per le diverse classi di traffico previste, in funzione del numero di passaggi di mezzi pesanti (asse equivalente da 10 t) e nell’ipotesi di un periodo di esercizio di 30 anni. Nella fattispecie la sovrastruttura stradale per la Galleria Laives, con numero di passaggi di mezzi pesanti inferiore a 18 milioni, ha previsto una pavimentazione a lastre in calcestruzzo non armato di spessore pari a 20 cm, gettata su uno strato di separazione in conglomerato bituminoso di 5 cm di spessore e steso su uno strato di fondazione di almeno 30 cm. La compartecipazione tra le lastre è realizzata attraverso un sistema di giunti longitudinali e trasversali armati. Per motivi tecnici ed economici la pavimentazione è costituita da un doppio strato di calcestruzzo: lo strato superiore di 6 cm costituito da aggregati resistenti e tenaci, necessari a ottenere la tessitura superficiale mediante esposizione degli aggregati, e lo strato inferiore di 14 cm , figura 46.

Figura 46: Sezione trasversale della pavimentazione Galleria Laivers

Per le specifiche del calcestruzzo, la norma fornisce indicazioni precise e dettagliate circa tutti i materiali costituenti, sulla composizione delle miscele e sulle caratteristiche fisiche e meccaniche.

Il cemento che è stato impiegato è il Portland CEM II/B-S 42,5 N, specifico per le pavimentazioni, che deve presentare una finezza Blaine max. di 4.000 cm²/g e garantire un tempo di presa superiore a 120 minuti. Il

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62 Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali

contenuto minimo di cemento nel calcestruzzo, che varia in funzione della tecnica di posa e dello strato, è stato di 450 kg/m³ per lo strato superiore e di 350 kg/m³ per quello inferiore22.

Contenuto di cemento [[[[kg/m³ ]]]] Modalità di posa e tipologia

Strato inferiore Strato superiore

Contenuto

d’aria [[[[%]]]]

Finitrice a casseforme scorrevoli 350 400

Calcestruzzo SCC 350 400

Pavimentazione con esposizione degli aggregati come sopra 450

da 4,0 a 6,0

Per ottenere le singole lastre sono state previste tre tipologie di giunti: i giunti trasversali realizzati mediante taglio, disposti a una distanza di 5 metri l’uno dall’altro (ovvero 25 volte lo spessore completo della pavimentazione) e armati con barre di acciaio ricoperte da un rivestimento in polietilene, e quelli longitudinali realizzati in mezzeria della carreggiata anch’essi mediante taglio e armati con ferri di armatura ad aderenza migliorata. Questi primi due tipi di giunti garantiscono il controllo della fessurazione da ritiro delle singole lastre della pavimentazione e, essendo delle zone di minor resistenza, consentono al calcestruzzo di fessurarsi in punti predefiniti. Inoltre, la presenza di barre e ferri di compartecipazione impedisce formazione di scalini tra i giunti e movimenti tra le singole lastre garantendo il confort di marcia e la sicurezza stradale. Il terzo tipo di giunti sono quelli di isolamento, al contatto con il cordolo del marciapiede, sono privi di armatura e prevedono l’interposizione di uno strato di separazione costituito da elementi in schiuma rigida di polistirene. Per garantire la durabilità del calcestruzzo, che viene protetto da infiltrazioni di acqua, i giunti sono sigillati con bitume a caldo, tranne quelli trasversali che hanno previsto la posa di un profilo preformato in gomma, che assicura un miglior comfort di marcia per l’utenza, riducendo il rumore di rotolamento indotto dal passaggio degli pneumatici sulle discontinuità dei tagli.

Figura 47: Galleria Laivers interno ed uscita; notare il muro sempre in calcestruzzo “ambientato” alle rocce circostanti

Per realizzare la pavimentazione in calcestruzzo sono stati stesi circa 5.000 m3 di calcestruzzo, per una superficie finita di 24.200 m2, e sono stati tagliati 14.000 m di giunti, armati con la posa di 18.800 barre di compartecipazione e 1.800 ferri di armatura.

Nel complesso il costo di costruzione della pavimentazione, incluso lo strato bituminoso di separazione e la realizzazione di tutti i giunti, è stato di 58 Euro/m2.

È chiaro che la convenienza economica dell’uso del calcestruzzo andrà valutata nell’arco dell’intera vita utile della pavimentazione. Tra i benefici economici attesi ci sono non solo la sua maggior longevità (30 - 40 anni) e i limitati interventi di manutenzione richiesti, ma anche la riduzione dei consumi di energia per l’illuminazione (valutati in circa il 25%), oltre che la possibilità di recupero e di riciclo dei materiali al termine della sua vita utile.

22 Per i requisiti circa il rapporto a/c valgono quelli per la classe di esposizione XF4

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 63

È altrettanto ovvio che in galleria il parametro economico assume minor importanza e il criterio principale che detta la scelta del materiale impiegato per la pavimentazione è quello riguardante la sicurezza per le persone e la circolazione.

5. ALTRE ATTIVITÀ NEL SETTORE, COLLATERALI E FORMATIVE - LE TRASFORMAZIONI IN ATTO DEI LABORATORI PROVE

La fase delle prove di laboratorio, sia per i progetti che per i controlli, nell’ambito di un qualsiasi progetto di costruzione infrastrutturale, riveste un ruolo di primaria importanza per confermare il processo di scelta e selezione dei materiali e delle tecniche costruttive ed anche la loro effettiva esecuzione nel miglior modo. In tal senso è opportuno e indispensabile poter validare, oltre che le caratteristiche dei materiali in quanto tali, anche l’operato del laboratorio e la riproducibilità delle single determinazioni usate per le progettazioni e richiamate nelle norme tecniche del Capitolati Speciali di Appalto.

In ambito stradale, soprattutto in contesti rilevanti quali quelli che riguardano la rete di viabilità principale, la tendenza attuale, per i controlli dell’eseguito è volta alla sostituzione delle norme prescrittive con norme prestazionali; tuttavia la valenza delle tradizionali prove prescrittive permane e impone un’attenzione non trascurabile sulla loro qualità sia per la loro diffusione in molti Capitolati attualmente in essere, sia perché esse sono alla base anche dell’autocontrollo delle imprese esecutrici fondamentale per la buona riuscita dei Capitolati Prestazionali.

La validazione statistica dell’operato del laboratorio e la verifica della riproducibilità del metodo e della prova avviene attraverso Circuiti Interlaboratorio appositamente finalizzati. Di tali circuiti esistono esperienze in molti settori.

In ambito stradale, a livello nazionale, sono disponibili riferimenti esclusivamente alle prove sui leganti bituminosi, non essendo mai stati proposti, sinora, per le miscele bituminose.

L’esperienza di seguito presentata, la prima in Italia dedicata ai conglomerati bituminosi, espone le metodologie e i risultati finali aggregati, conseguiti a seguito del 1° Circuito Interlaboratorio SITEB 2014.

5.1. Circuiti Interlaboratori

Un confronto interlaboratorio prevede l’organizzazione, l’esecuzione e la valutazione di prove su materiali identici o simili, in base a condizioni prestabilite, identificate da protocolli operativi adeguati (ISO/IEC 17043:2010).

Nell’ambito di tali circuiti i più comuni, e forse i più importanti, sono i cosiddetti Proficiency Testing (PT), conosciuti anche come “studi di valutazione delle prestazioni di laboratorio”.

Tale tipologia di confronto permette, appunto, la valutazione delle prestazioni dei singoli partecipanti sulla base di criteri prefissati che fanno uso di strumenti statistici ottimizzati. In tal modo risulta oltremodo possibile una verifica periodica, obiettiva ed indipendente della qualità delle analisi eseguite di routine.

I risultati di un circuito di prove interlaboratori, opportunamente analizzati, forniscono infatti informazioni di ritorno che stimolano il miglioramento delle operazioni di laboratorio (che può anche essere quello aziendale, annesso al controllo della produzione di uno specifico prodotto - bitume, emulsione, aggregati, conglomerati bituminosi e cementizi) e informazioni per il confronto delle prestazioni di metodi e strumenti di analisi correntemente utilizzati.

L’utilità di un circuito interlaboratorio tuttavia non è a beneficio solo dei partecipanti poiché anche altri soggetti possono avere interesse a conoscere le evidenze statistiche dei confronti.

In tal senso, la partecipazione ad un circuito interlaboratorio, e quindi la possibilità di valutare la propria prestazione analitica (Prova valutativa), offre a ciascuno dei partecipanti l’opportunità di dimostrare in maniera oggettiva le proprie capacità a Clienti, Fornitori, Enti di controllo, Enti di accreditamento o autorità di regolamentazione.

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5.2. I principi fondamentali per la partecipazione al circuito

Esistono un certo numero di principi fondamentali che aiutano a garantire l’appropriatezza della partecipazione a programmi di PT e che devono essere considerati e compresi dalle parti interessate ai fini di una proficua adesione.

Innanzitutto occorre verificare che lo schema di PT in cui partecipa un laboratorio assomigli quanto più possibile al lavoro di routine del laboratorio stesso, sia in termini di campioni di misura che di materiali di prova e tipologia di analisi. È fondamentale poi che i laboratori effettuino le analisi previste dal circuito come se si trattasse di campioni ordinari, cioè senza dare loro un trattamento particolare. Dal canto loro i responsabili dell’organizzazione del circuito, nella valutazione e interpretazione dei risultati, devono tener conto dell’incertezza associata alla misurazione stessa, soprattutto in relazione a risultati statisticamente insoddisfacenti, conseguiti in forma ripetuta, i quali devono essere analizzati e discussi in modo che il laboratorio possa capire le ragioni di tali prestazioni e correggerle, se necessario.

Le analisi delle prestazioni di un laboratorio effettuate su diversi cicli di un circuito e l’analisi delle tendenze, condotte su più circuiti simili, sono fondamentali per avvalorare il giudizio complessivo di validazione della prestazione del singolo laboratorio; la documentazione e i protocolli di ciascun circuito devono fornire informazioni chiare e complete per permettere ai partecipanti di capire compiutamente come funziona il circuito.

Questo, per il tramite degli organizzatori o del coordinatore, deve essere aperto alla discussione tra le parti interessate al fine di ottenere una comprensione più accurata del sistema e del suo più appropriato funzionamento.

I laboratori devono intendere la partecipazione al PT come uno strumento educativo, finalizzato all’utilizzo dei risultati quali efficaci feedback per il personale coinvolto nel processo di miglioramento.

In relazione a ciò, e nell’ambito delle strategie per il miglioramento della qualità delle prestazioni offerte, la scelta di far parte di un circuito di PT offre un’opportunità unica per garantire il più adeguato, indipendente e discreto sistema di autocontrollo.

5.3. Utilità del circuito per i partecipanti

E’ stato più volte riferito che l’utilizzo di base del PT per un laboratorio è quello di valutare le sue prestazioni nello svolgimento di specifiche misurazioni o calibrazioni. I risultati e le informazioni ricevute forniranno ai laboratori o la conferma che le prestazioni del laboratorio sono soddisfacenti o un’indicazione che ci sono potenziali problemi e che devono essere intraprese le giuste attività di correzione. In quest’ultimo caso, cioè nel caso di prestazioni insoddisfacenti, deve essere avviato un processo di ricerca di potenziali fonti di errore senza il quale queste fonti potrebbero rimanere inosservate.

Quando un laboratorio non è soddisfatto dei propri risultati potrebbe, ad esempio, prevedere una formazione supplementare per gli operatori, l’adozione di metodi nuovi o modificati, migliorando il controllo della qualità interna dei dati, o prevedere la taratura o sostituzione di alcuni dispositivi di misura. A questo proposito l’uso di PT può essere considerato come uno strumento di miglioramento della qualità.

In alcuni casi, nell’ambito di uno stesso laboratorio, gli elementi forniti dal PT possono essere utili per confrontare i risultati degli operatori al suo interno e anche per fornire alcuni input per le stime dell’incertezza di misura delle misurazioni rilevanti effettuate nel laboratorio. Ciò potrebbe anche consentire di valutare il grado di ripetibilità conseguito dal laboratorio per confrontarlo quindi con i dati disponibili per le misurazioni in questione.

Una ulteriore possibilità offerta dai circuiti PT è quella di consentire una valutazione oggettiva delle prestazioni conseguibili nella stima di una misura quando per la stessa possono essere previste, da norma, differenti metodologie di misura.

Da non trascurare inoltre un altro aspetto importante collegato alla partecipazione regolare ai circuiti interlab: le performance di successo conseguite in una serie regolare di cicli interlaboratorio infondono infatti una dose di fiducia aggiuntiva sia nel personale direttamente coinvolto che nel management aziendale. E tale fiducia trova un maggior riscontro anche nei clienti esterni che sono a conoscenza della scelta del laboratorio di essere disposto a far controllare e valutare regolarmente le proprie prestazioni di misurazione attraverso un apposito sistema di PT, magari anche accreditato.

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Quaderno AIPCR 2014 - Comitato Tecnico 4.2 - Tema 4 Infrastrutture Stradali 65

5.4. Il primo esperimento di PT sulle miscele bituminose

Il primo circuito SITEB è stato condotto coinvolgendo 15 laboratori (tutti hanno effettuato le prove sui bitumi; 12 hanno effettuato le prove sulle miscele), dislocati sull’intero territorio nazionale.

Materiali oggetto delle prove sono stati il bitume (tradizionale), e come già anticipato, per la prima volta in Italia, i conglomerati bituminosi.

Sono stati condotti tre cicli di prova su tre tipologie diverse di miscela bituminosa (usura con bitume tal quale, usura con bitume modificato, binder con bitume modificato) mentre per il legante si è sempre utilizzato un bitume tradizionale.

Sulle miscele bituminose sono state condotte le seguenti determinazioni: • analisi granulometrica (serie base + serie 2) UNI EN 12697-2; • contenuto di legante solubile UNI EN 12697-1; • massa volumica UNI EN 12697-6; • contento di vuoti (vm, VMA, VFB) UNI EN 12697-8; • resistenza alla trazione indiretta (ITS) UNI EN 12697-23.

I laboratori hanno confezionato i provini con pressa giratoria, riferendosi ai parametri di prova specificati, per ciascuna tipologia di miscela, dal protocollo SITEB.

Sul bitume sono state effettuate le prove di: • penetrazione UNI EN 1426; • punto di rammollimento UNI EN 1427.

Per ciascun parametro di prova è stata prevista l’effettuazione di una sola determinazione.

Il campionamento, prima dell’invio dei materiali ai laboratori, è stato eseguito, ai sensi delle normative vigenti, su materiale omogeneo. Sia la consegna dei campioni che la successiva raccolta dei dati hanno rispettato le tempistiche previste dal protocollo.

Alla fine di ciascun ciclo, e a conclusione del circuito, i singoli laboratori hanno ricevuto una tabella di sintesi con evidenziati, per ciascuna prova condotta, gli indicatori di valutazione della prestazione. Questi sono stati ricavati elaborando i risultati con i metodi statistici di cui si riferisce di seguito.

5.5. Elaborazione statistica dei dati

I risultati di programmi di PT possono essere presentati in forme diverse, in grado di coprire una vasta gamma di tipi di dati e di distribuzioni statistiche. È opportuno però che gli organizzatori analizzino e presentino ai partecipanti gli aspetti principali del modello statistico scelto per quel particolare circuito, in modo che i laboratori possano comprendere meglio le conseguenti valutazioni. Ciò dovrebbe aiutare il laboratorio nell’interpretazione dei risultati.

Considerata la gamma di differenti tecniche utilizzabili, non è pensabile affrontare, in questa sede, tutti gli aspetti analitici disponibili. Tuttavia, nella scelta della tecnica da utilizzare è importante che l’elaborazione proposta sia espressamente dichiarata e compiutamente individuata dalle normative di riferimento. Tra queste, la norma internazionale ISO 13528:2005 fornisce un approccio statistico di riferimento che viene utilizzato per scopi analoghi a quello in esame, ovvero un circuito sui conglomerati bituminosi e sui bitumi.

Le assunzioni alla base dell’approccio statistico utilizzato nei programmi di PT si basano principalmente sulla ipotesi di distribuzione normale dei dati. Eppure è comune che l’insieme dei risultati prodotti dai singoli partecipanti, pur essendo sostanzialmente caratterizzati da una distribuzione normale (o di Gauss), siano frequentemente contaminati da “code pesanti” e da una certa percentuale di valori anomali, intendendo per tali i valori “laterali” di una distribuzione che si caratterizzano per essere estremamente elevati o estremamente bassi rispetto al resto della distribuzione e che rappresentano perciò casi isolati rispetto al resto della distribuzione.

L’approccio originale utilizzato, e ancora in uso in alcuni schemi di PT, era quello di utilizzare test statistici elementari per identificare la presenza di valori anomali. In questi casi però rimaneva pur sempre un contributo di tali estremi nella determinazione dei valori di riferimento.

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Attualmente, l’approccio più comune, come raccomandato dalla ISO 13528, è quello di utilizzare le cosiddette “statistiche robuste” in grado di ridurre considerevolmente il contributo dei valori anomali nella stima dei parametri statistici rappresentativi, quali la media, o meglio il valore assegnato e la deviazione standard.

5.5.1. Il valore assegnato e la deviazione standard

Uno degli elementi fondamentali per la valutazione statistica delle prestazioni di ogni partecipante consiste nello stabilire due valori di riferimento: il “valore assegnato” e la “deviazione standard”.

In aggiunta a ciò, per completezza di analisi, generalmente si fornisce anche una stima dell’incertezza di misura.

Diversi metodi possono essere utilizzati per stimare questi valori, non essendovi alcun protocollo standardizzato rigoroso che prevede in dettaglio il modello statistico da utilizzare. In particolare per la stima del valore assegnato (stima di base del valore vero) la ISO 13528 descrive una serie di possibilità che fanno riferimento, quando disponibili, a valori certificati, a valori di consenso dedotti da laboratori specializzati o, più comunemente, al valore di consenso tra i laboratori partecipanti.

Analogamente per la stima della deviazione standard (intervallo di accettabilità dei valori partecipanti) vengono descritti nella norma diversi approcci che fanno riferimento ad un valore prescritto (ad es. derivato da un valore di legge), ad un valore dedotto da un modello generale o ricavato da un esperimento di precisione, quando disponibili, o ai dati ottenuti nell’ambito di ciascun ciclo del circuito stesso.

Per la natura stessa del circuito, escludendo i casi non applicabili, nel caso del primo circuito SITEB si è stabilito di far riferimento, rispettivamente, al valore di consenso tra i laboratori partecipanti e alla deviazione standard calcolata dai valori forniti dai partecipanti, riservandosi, come stabilito dalla norma, di stimare conseguentemente anche l’incertezza del valore conseguito.

Il valore assegnato e la deviazione standard sono stati quindi ricavati con riferimento ai dati dei laboratori partecipanti, implementando un algoritmo di calcolo che effettua un’analisi robusta dei dati e determina una stima dei valori ricercati eseguendo una sequenza logica di iterazioni successive.

5.5.2. Algoritmo di calcolo e l’analisi robusta

La scelta di applicare un’analisi robusta per l’elaborazione dei dati è giustificata dal fatto che è abbastanza comune, quando si analizzano i dati di un esperimento di precisione, trovare dei dati al limite tra dispersi e anormali; in tal caso si devono fare delle scelte che hanno una conseguenza sui risultati delle elaborazioni, dovendo scartare determinati dati che superano alcuni valori critici (test di Cochran e di Grubbs).

Come precedentemente accennato, i metodi robusti consentono invece di elaborare i dati delle risultanze sperimentali in modo tale che non sia richiesto di prendere decisioni che abbiano un'influenza sui risultati finali. Quindi, se ci sono dei motivi per prevedere la presenza di valori anormali nei risultati di un esperimento di precisione, risulta opportuno optare per i metodi robusti.

Poiché è ragionevole supporre che nelle prove oggette del primo circuito SITEB 2013 ci possano essere stati risultati al limite tra i dispersi e gli anomali, si è deciso di elaborare i dati facendo appunto ricorso all’analisi robusta di cui all’algoritmo A dell’allegato C della ISO 13528.

Questo algoritmo fornisce dei valori robusti della media e dello scarto tipo dei dati ai quali viene applicato.

Il procedimento seguito è stato il seguente: • i p valori dei dati, ordinati in senso crescente, sono stati indicati con: x1, x2, …, xi, …, xp; • la media e lo scarto tipo robusti di questi dati sono stati indicati con: x* e s*;

è stato calcolato il valore iniziale di x* e s* come: • x* = mediana di xi (i = 1, 2, …, p); • s *= 1,483 x mediana di |xi-x*| (i = 1, 2, …, p ).

I valori di x* e s* sono stati aggiornati come segue:

• calcolato: ϕ = 1,5 s*, per ogni valore di xi (i = 1, 2, …, p), è stato calcolato

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• sono stati quindi calcolati i nuovi valori di x* e s* utilizzando le seguenti espressioni

Le stime robuste X* (media - valore assegnato) e s* (scarto tipo o deviazione standard) sono state ricavate da una elaborazione iterativa, cioè ripetendo più volte i calcoli esposti in precedenza, fino a quando le variazioni nelle stime di entrambi i parametri, fra una elaborazione e la successiva, sono diventate sufficientemente piccole, ovvero sino alla uguaglianza dei valori alla terza cifra decimale tra due iterazioni successive.

Calcolati questi parametri fondamentali si è proceduto alla stima dell’incertezza del valore conseguito. Quando il valore assegnato è derivato come media robusta, l’incertezza standard del valore Xa assegnato è stimata come:

uxa= (ISO Guide 35:2006 e Technical Report IUPAC)

dove s* è lo scarto tipo dei valori ottenuti da tutti i laboratori e p è il numero totale dei laboratori partecipanti.

Per il PT SITEB 2013 sono state effettuate tali elaborazioni, ricorrendo comunque a 20 iterazioni per ciascuna determinazione. A titolo di esempio, sempre con riferimento al circuito SITEB, l’adozione delle tecniche di analisi robusta di cui all’allegato C ha comportato una mole di calcoli, per ciascuno dei parametri previsti e per ciascuno dei tre cicli effettuati, per un totale di 13x3=39 elaborazioni iterative; relativamente ad un singolo parametro (es. prova di palla e anello) e per il generico ciclo (es. primo ciclo), lo schema di calcolo è riassunto come nella tabella 10. Tabella 10: Analisi robusta per il calcolo del valore di consenso e della deviazione standard relativamente alla prova di palla e anello (1° ciclo)

5.6. Valutazione della prestazione del singolo laboratorio

La norma ISO 17043 è il documento di riferimento per gli organizzatori delle prove valutative interlaboratorio. In essa vengono discusse e affrontate anche le metodologie di analisi delle prestazioni rimandando, per i dettagli, alla ISO 13528.

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La valutazione delle prestazioni aggiunge valore ai risultati analitici conseguiti dal partecipante. Allo scopo di fornire una valutazione normalizzata delle prestazioni è necessario rendere comparabili tutti i risultati, in modo che il partecipante possa immediatamente apprezzare il significato della valutazione.

Per la tipologia di PT utilizzato per la valutazione delle prove di tipo stradale sui bitumi e conglomerati bituminosi si è scelto di utilizzare quale parametro di valutazione della prestazione il cosiddetto “z-score” nella cui determinazione però non viene presa in considerazione l’incertezza di misura. Tuttavia tale parametro è quello più comunemente utilizzato.

Il valore dello z-score è determinato applicando la formula z = con xi pari al valore fornito dal

partecipante, Xa valore assegnato (valore di consenso tra i partecipanti) ed sa scarto tipo assegnato corrispondente allo scarto tipo del metodo, se disponibile, ricavato dalla norma relativa alla prova in esame, oppure scarto tipo della prova.

Quando un partecipante consegue un risultato che dà luogo ad un punteggio |z|≤2,0 il risultato è soddisfacente e non genera nessun segnale; quando invece |z|≥3,0 allora il risultato è “insoddisfacente” e viene generato un segnale di allarme (A - Allarm). Analogamente, quando |z| è compreso tra 2,0 e 3,0 il risultato deve essere considerato di avvertimento (W - Warning).

Un singolo segnale di avvertimento, o segnali di allarme in due turni successivi, devono essere considerati quali prova che l’anomalia si è verificata che sono pertanto necessarie opportune indagini.

In accordo con quanto indicato dalla norma ISO 13528, la prestazione del laboratorio è da considerare “adeguata” quando il valore di z-score si colloca nell’intervallo -2 ÷ +2. Valori al di fuori di tale intervallo sono indice di prestazione “non adeguata”.

Si consideri anche che quando il numero dei laboratori partecipanti ad un circuito è inferiore a 8, in ogni caso, non può essere fornito nessun tipo di segnale.

A titolo di esempio lafigura48 mostra un esempio di risultati e relativi valori di z-score conseguiti dai laboratori nella valutazione della prova di granulometria (setaccio 2 mm) su una miscela di usura tradizionale, relativamente al Terzo ciclo del Circuito SITEB.

In questo esempio sono stati ottenuti due segnali di allarme e tre segnali di avvertimento, con un livello di accettabilità della prova (v. paragrafo successivo) considerato “a titolo informativo”.

Figura 48: Risultati di z-score su un round relativo alla granulometria di una usura tradizionale

5.7. Criterio di accettabilità della valutazione della prestazione

Per stabilire l’accettabilità della valutazione effettuata, utilizzando il metodo precedentemente descritto, possono essere seguite diverse metodologie.

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Per il primo circuito SITEB si è deciso di ricorrere alle indicazioni fornite dal Technical Report IUPAC, che individua i casi in cui lo z-score è da accettare senza riserve distinguendolo dai casi in cui lo z-score è da considerare a carattere puramente informativo.

In pratica si fa riferimento al valore del rapporto tra i quadrati dell’incertezza del valore assegnato e dello scarto tipo assegnato; se:

• ≤ 0,2 z-score “accettato senza riserve”;

• 0,2 < ≤ 0,5 z-score “a carattere informativo”.

Quando il valore del rapporto è maggiore di 0,5 il calcolo dello z-score non viene eseguito; analogamente, il calcolo non viene effettuato se il numero di laboratori aderenti al circuito è inferiore a 8 unità (ISO 5725-1:2004) o se, in assenza di dati di riproducibilità del metodo, lo scarto tipo della prova è maggiore del 30% della media della prova.

Queste considerazioni sono state sinteticamente raccolte in forma tabellare, per ciascuno dei laboratori partecipanti, per tutti e tre i cicli e per tutte le prove condotte nell’ambito del 1° circuito SITEB, come indicato nello schema della figura 49.

Figura 49: Riepilogo di sintesi per il partecipante L01

5.8. Accreditamento dei laboratori - Sviluppi futuri

La norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura” è il documento di riferimento per i laboratori di prova che intendono impostare e attuare un Sistema Qualità (SQ). In essa sono riportati i requisiti che devono essere soddisfatti da un laboratorio per operare in “qualità” ed ottenere l’accreditamento per le prove di interesse.

Fra i vari requisiti, al paragrafo “Assicurazione della qualità dei risultati di prova e di taratura”, la norma specifica che i laboratori devono avere procedure di monitoraggio e controllo della validità dei risultati delle prove eseguite e indica, fra i sistemi di monitoraggio, “la partecipazione a programmi di prove interlaboratorio o di prove di valutazione”.

Il primo Circuito sulle miscele bituminose ha coinvolto un sufficiente numero di partecipanti i quali si sono dimostrati sensibili e preparati. Del resto la verifica delle prestazioni rappresenta un passaggio importante nell’ottica del miglioramento continuo della qualità dei servizi resi.

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L’analisi statistica dei risultati ha permesso di evidenziare alcune criticità facilmente risolvibili per alcuni dei laboratori partecipanti, prevalentemente collegate alle apparecchiature di prova.

Per ciò che riguarda invece l’analisi e la validazione dei metodi di prova, per alcuni di essi non si sono raggiunte le condizioni minime per effettuare l’elaborazione statistica dei risultati, in conseguenza della non accettabile dispersione dei valori rilevati23.

23 In ragione di ciò, SITEB ha evidenziato al Comitato normativo comunitario che si occupa della revisione e dell’aggiornamento delle norme tecniche internazionali l’opportunità di verificare tale circostanza anche facendo riferimento ad un Circuito internazionale che coinvolga un numero ampiamente maggiore di laboratori partecipanti