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Capricci del destino Sylvia Andrew

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Sylvia Andrew

Capricci del destino

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Immagine di copertina: Frederic Soulacroix - The Love Letter

Per gentile concessione di Fine Art Photographic Library

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese:

Lord Calthorpe's Promise Lord Trenchard's Choice Colonel Ancroft's Love

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2002 Sylvia Andrew © 2002 Sylvia Andrew © 2003 Sylvia Andrew

Traduzione di Reggio Graziella

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony History settembre 2004 ottobre 2004

novembre 2004

Seconda edizione Harmony Special Saga febbraio 2011

HARMONY SPECIAL SAGA

ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 63 del 05/02/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Sommario

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La promessa di Lord Calthorpe

Pagina 209

La promessa di Lord Trenchard

Pagina 411

La passione di Lord Ancroft

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La promessa di Lord Calthorpe

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Giugno 1815 Dalla porta della sala da ballo della Duchessa di Richmond, A-dam Calthorpe osservava la scena. La duchessa aveva dato il meglio di sé per rendere memorabile la serata e, a quanto pare-va, i suoi sforzi venivano premiati. Da quando il Duca di Wel-lington, comandante supremo della coalizione, aveva stabilito il quartier generale a Bruxelles, il bel mondo di tutta Europa si dava convegno in città per divertirsi agli innumerevoli ricevi-menti, concerti, picnic e feste da ballo. Adam si domandò per quanto tempo sarebbe durata quell'intensa attività mondana. Si impose tuttavia di dimenticare, almeno per il momento, la preoccupazione nata dalle notizie giunte dal confine francese, poiché era un preciso compito suo e degli altri ufficiali comuni-care fiducia e sicurezza. Guardò di nuovo la sala e sorrise. Tut-to pareva uguale al solito. Tom Payne ballava con entusiasmo una danza popolare, mentre Ivo Trenchard fissava negli occhi la bella moglie di un diplomatico belga, come se per lui fosse l'unica donna al mondo; e lo era davvero, pensò Adam con i-ronia, almeno per la prossima mezz'ora. Tutti loro, in quanto rappresentanti del duca al ballo, erano, per così dire, in servizio e indossavano uniformi da cerimonia. Era una sera molto afosa; Adam si sentiva a disagio con l'alto colletto rigido, il plastron di seta nera e i galloni scarlatti e dorati, mentre Tom aveva il volto arrossato per l'esercizio fisico; Ivo, invece, sfoggiava la solita aria sicura e disinvolta nella splendida divisa da ussaro,

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anche se la giubba guarnita di pelliccia doveva essere insoppor-tabilmente calda. Sotto gli occhi di Adam, offrì il braccio alla sua dama, la condusse oltre la grande porta finestra e sparì in-sieme a lei nel giardino. «Lord Calthorpe!» Adam si voltò. Una signora anziana, scintillante di diamanti, gli afferrò con ansia un gomito. Lui la salutò con un cortese ba-ciamano e un sorriso rassicurante. «Vi posso essere d'aiuto, Contessa Karnska?» «Il duca non è venuto?» «Non ancora, contessa, ma arriverà da un momento all'al-tro.» «È vero quello che dicono, che Bonaparte ha attraversato il confine belga? Il duca lo sa? Ci conviene fuggire da Bruxelles finché possiamo?» Maledicendo tra sé chi aveva carpito le ultime notizie e si era affrettato a diffondere il panico, Adam sorrise ancora e le rispo-se: «Contessa, potete stare tranquilla, il duca è al corrente di tutto e la città non corre rischi». «Belle parole, milord» intervenne il figlio della signora, giun-to in quel momento. «Ma Bonaparte è un genio! E, da quanto ne so, il Duca di Wellington non lo ha mai affrontato in batta-glia. Come potete essere così sicuro?» «Conte, Napoleone Bonaparte sarà pure un genio come dite voi, ma vi assicuro che il nostro comandante è alla sua altezza. Fareste meglio a dimenticare la guerra e a godervi la festa. Il du-ca ha la situazione in pugno. Posso portarvi del vino, contessa? Vi prometto che tra poco vedrete il duca. Ha cenato tardi.» Servito il vino ai due ospiti, Adam trovò un pretesto per al-lontanarsi. Conosceva il suo dovere, ma ne aveva abbastanza: ormai lo disgustava anche solo l'idea di rassicurare l'ennesimo aristocratico venuto a divertirsi a Bruxelles con il rischio di pen-tirsene ben presto. Durante l'ora appena trascorsa aveva soste-nuto almeno una dozzina di conversazioni simili a quella, e or-mai faticava a nascondere l'ansia che lo tormentava.

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Notò che Ivo e la sua nuova conquista stavano tornando nella sala e decise di uscire a prendere una boccata d'aria. Ma anche in giardino, alle dieci di sera, la temperatura era soffo-cante. Adam si soffermò a guardare le coppie che volteggiava-no nella sala attraverso le ampie vetrate. Era una scena splendi-da, dominata dal rosso e oro delle uniformi, e dai toni pastello dei sontuosi abiti delle signore. Le risate, però, erano più stridu-le e nervose del solito e un senso di angoscia trapelava dai vol-ti. Nonostante le parole rivolte alla contessa, Adam sapeva che la situazione era più allarmante di quanto si sospettasse. La no-tizia dell'improvvisa avanzata francese era giunta tardi nel quartier generale degli alleati e il duca non stava cenando: da ore era chiuso in biblioteca con i suoi più stretti collaboratori a studiare mappe e preparare nuovi ordini. Presto Adam e altri uf-ficiali sarebbero partiti al galoppo per consegnarli in tutti gli ac-campamenti militari del Belgio. Sembrava che Napoleone fosse riuscito a battere sul tempo il comandante supremo... Stranamente, però, Adam non aveva dubbi: dopo sette anni al fianco del Duca di Wellington, aveva un'assoluta fiducia nel-le sue capacità. Ma la battaglia che si profilava sarebbe stata sanguinosa. Sospirò: era forse l'ultima che avrebbe combattu-to. Godeva di un'ottima reputazione nell'esercito e, a soli tren-t'anni, era entrato a far parte dello stato maggiore del duca. Una volta finita la guerra, però, sarebbe dovuto tornare in In-ghilterra. La ricca tenuta ereditata dallo zio rappresentava una fortuna inattesa, ma avrebbe richiesto un notevole impegno da-to che veniva trascurata da tempo. Inoltre era il momento di i-niziare a pensare al matrimonio. Dopo dieci anni di battaglie e di bivacchi per tutta l'Europa, la vita civile gli sarebbe sembrata un po' strana. Quando si era arruolato, Adam era un giovane senza titolo e senza la prospet-tiva di un'eredità, poiché due robusti cugini si frapponevano tra lui e i vasti possedimenti della sua famiglia nei pressi di Bath. Ma un curioso gioco del destino aveva fatto sì che lui so-

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pravvivesse a dieci anni di scontri sanguinosi, mentre i suoi cu-gini morivano uno in una rissa fuori da una taverna londinese e l'altro in un incidente di caccia. Senza averlo previsto, dunque, si era ritrovato con delle proprietà terriere e un sostanzioso pa-trimonio. L'avventura, il pericolo, l'ebbrezza della vittoria sa-rebbero terminati dopo quell'ultima battaglia. Si voltò di nuovo verso il salone e sussultò notando una gio-vane coppia che veniva verso di lui. Erano belli a vedersi: la di-visa blu delle Guardie Reali indossata dal ragazzo contrastava a meraviglia con l'abito bianco e i capelli d'oro della sua dama. Si fermarono sulla porta e il cuore di Adam mancò un battito. Julia! Che cosa ci faceva lì? Per un attimo non riuscì neppure a pensare, travolto dai ricordi. Rivide se stesso a vent'anni, appena uscito da Oxford e in-namorato pazzo di Julia Redshaw. Si era spesso dato convegno con lei nel bosco che separava i terreni delle rispettive famiglie e la segretezza rendeva ancora più struggenti quegli incontri. Il loro rapporto era di una commovente innocenza. Un giorno, però, l'aveva baciata con l'ardore di un vero amante, e subito dopo si erano fissati negli occhi, meravigliati e smarriti, impre-parati all'intensità di quella passione. Con voce malferma, le aveva sussurrato: «Non avrei dovuto; perdonami, Julia». Ma lei, con scintillanti occhi azzurri, aveva ribattuto: «Non osare pentirti, Adam Calthorpe! Come ci si può pentire di a-marsi così...? Baciami ancora!». Adam sorrise tra sé. A vent'anni era stato così serio, così i-dealista! Stupito della sua reazione, ricordava di averle risposto: «No... non ora. Non prima che tu mi prometta di sposarmi». E lì era giunta la delusione. Julia aveva sbarrato gli occhi e domandato: «Sposarti? E perché mai?». «Ma certo! Non è ciò che abbiamo sempre desiderato? Io mi sono innamorato di te fin dalla prima volta in cui ti ho vista. Forse tu non mi ami?»

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«Sì» l'aveva rassicurato lei gettandogli le braccia al collo. «Sai bene che ti amo!» Come era stato difficile ignorare quell'abbraccio! Eppure era riuscito con dolcezza a sottrarsi. «E dunque?» «Ma il matrimonio è una cosa diversa. Di che cosa vivrem-mo? Io devo trovare un marito ricco!» Ricordava con bruciante chiarezza la propria incredulità. Lei non aveva mai cambiato idea, anche se avevano continuato a incontrarsi: Julia Redshaw era decisa a sposare un uomo ricco e, sebbene amasse Adam - per quanto fosse in grado di amare qualcuno - teneva ostinatamente fede ai suoi propositi. E così, in quella breve estate, Adam Calthorpe aveva perduto in un so-lo colpo l'amore e la fiducia nei propri ideali, ed era stato co-stretto a crescere. Ma non volle rimanere a guardare la donna dei suoi sogni dare la caccia a un marito facoltoso, e aveva convinto suo zio a procurargli un brevetto da ufficiale per la-sciare l'Inghilterra. Per sua fortuna, il reggimento che aveva scelto si era rivelato di prim'ordine. Lanciò un'occhiata furtiva alla giovane che ancora stava sul-la soglia. Che sciocco era stato! Non poteva essere Julia. Sem-brava al massimo una diciottenne, mentre Julia aveva soltanto tre anni meno di lui. Adesso doveva averne ventisette e si era di sicuro sistemata con un ottimo partito. Scosse la testa, irrita-to con se stesso. Com'era possibile che qualche ricciolo dorato e un visino a forma di cuore avesse ancora il potere di disorien-tarlo? Eppure era convinto di aver dimenticato Julia Redshaw. In effetti, durante gli ultimi anni, aveva pensato ben poco a co-lei che lo aveva spinto alla carriera militare. Con un sorriso ironico, si domandò come sarebbero andate le cose se Julia e suo padre avessero previsto l'eredità che gli era toccata. Ma si convinse che non sarebbe cambiato nulla: una ragazza di diciassette anni non può rimanere ad aspettare per un intero decennio. Lui stesso, del resto, era mutato. Non era più il giovane idealista che si era arruolato per una delusio-ne d'amore e che, da allora, aveva intrattenuto diverse relazioni

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non impegnative. Ora, a trent'anni, era pronto a cercarsi una moglie con cui instaurare un rapporto maturo, meno passionale ma più stabile. Sperava di trovare affetto e rispetto reciproco, non la follia del primo amore. Julia Redshaw faceva ormai parte del passato. Guardò ancora la giovane bionda che si allontanava tra le braccia del suo cavaliere, poi, ignorando una fitta al cuore, scosse la testa e rientrò. Gli andò incontro Tom Payne. Le danze erano terminate e il giovane tenente brillava d'entusiasmo. «Non è una festa magnifica? Un perfetto saluto per le truppe in partenza!» Adam sorrise all'amico. Alto più della media, con i capelli chiari che spesso ricadevano scompigliati su un occhio, faceva pensare a un simpatico cucciolo e suscitava un divertito affet-to, misto al rispetto per il suo valore militare. Era nella divisione di Adam sin dai tempi della Spagna e gli dimostrava una devo-zione paragonabile soltanto a quella che provava per l'esercito in generale. «Nessuna novità?» gli domandò Adam. «No, mi sono appena informato. Il nostro è ancora chino sulle cartacce insieme a De Lacey e agli altri. Non vedo l'ora che si decidano.» «Il nostro non è il termine più corretto per riferirsi al coman-dante supremo, piccolo disgraziato! Sei pronto a partire al ga-loppo, non appena arriveranno gli ordini? A quanto vedo, il tuo abbigliamento è inadeguato quanto il mio per una lunga caval-cata notturna.» «Impiegherò un attimo a cambiarmi. E tu, Adam?» «Forse qualche secondo in più, ma ce la farò. Mi dispiace che il duca non abbia scelto un altro per fare le sue veci al bal-lo. Non è un gran divertimento per me.» Tacquero per qualche istante, poi Tom annunciò: «Quando tutto questo sarà finito, dovrò lasciare l'esercito. Non che ne sia entusiasta, però. La vita civile mi sembrerà così noiosa!».

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«Mi rendo conto che sei nato per la vita militare, ma la mor-te di tuo nonno ha cambiato tutto.» «In effetti sarei dovuto tornare a casa mesi fa per occuparmi della tenuta, e anche di mia sorella. Sa Dio cosa le succedereb-be se la abbandonassi a se stessa. Le occorre un marito.» Adam scoppiò a ridere. «Che coincidenza! Ho appena preso la decisione di tornare in patria e cercare moglie!» «Stai pensando di dare le dimissioni? Anche se non ne sei costretto?» L'espressione di Tom era incredula. «Ma sono costretto. Non sei l'unico ad avere delle responsa-bilità, tenente Payne. E io sono anche più vecchio di te. Per tut-ti e due è giunto il momento di dimostrare ancora una volta il nostro valore, per poi adattarci a una vita più calma in patria.» Rise ancora, notando la sua aria disgustata. «Non sarà poi così terribile. In ogni caso, una volta sistemato Napoleone, verrà la pace, e, in quei periodi la vita militare diventa assai monoto-na.» «Ci sarà sempre da combattere, Adam! Sai, i bei discorsi non sono il mio forte, però non mi sono mai sentito tanto felice, tanto bene inserito come ora.» Adam lo guardò con attenzione. Aveva ragione: Tom rappre-sentava il soldato ideale. Tuttavia non era sicuro che avrebbe fatto carriera, perché era più un uomo d'azione che non di pensiero. In battaglia era il combattente più ardito, più leale. Nei momenti di inattività, però, si annoiava a morte e tendeva a cacciarsi nei pasticci. Più di una volta, durante i periodi tran-quilli in Spagna e in Portogallo, Adam aveva dovuto difenderlo dall'accusa di cattiva condotta. Ci era sempre riuscito, poiché Tom era simpatico a tutti, ma cosa gli sarebbe successo, una volta costretto a condurre una vita da gentiluomo di campa-gna? Forse la sua forza e il suo coraggio si sarebbero mutati in un atteggiamento violento e sconsiderato. O magari sarebbe fi-nito a Londra, dove era ancor più facile lasciarsi coinvolgere in avventure pericolose. Da quanto Adam sapeva della sua fami-glia, non c'era nessuno che potesse tenerlo sotto controllo: i

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due fratelli Payne erano rimasti soli al mondo. Era così immerso nelle sue riflessioni, che quasi non udì la voce esitante dell'a-mico. «Adam, sei sicuro di voler lasciare l'esercito?» «Penso proprio di sì.» «Ti posso allora chiedere un favore? Rispondi pure di no, se non vuoi...» Adam conosceva quel tono implorante: Tom stava per rivol-gergli una richiesta assurda. «Avanti!» lo invitò con un sorriso. Non era però preparato a quello che seguì. «Se permetti... se intendi davvero cercare moglie, prenderesti in considerazione la mia sorellina? Non potrei immaginare un marito migliore per lei.» Lui restò senza parole. «Tom Payne! Sei per caso impazzi-to?» La disperazione diede al giovane tenente il coraggio di ri-spondere: «Sì, mi rendo conto che la dovresti prima conosce-re... Ma se per caso doveste piacervi... L'hai detto tu stesso che ti vuoi sposare. E lei non è niente male: è divertente, ha un buon carattere, è paziente. Almeno di solito. Negli ultimi tre anni ha avuto una vita dura; il nonno era malato e io ero in Spagna. Ha bisogno di un uomo come te, che si prenda cura di lei». «Credevo che fosse compito tuo.» «Certo, lo è. Ma prima o poi si deve accasare.» Notando lo sguardo severo di Adam, continuò: «È carina, comprensiva e tollerante». Si interruppe e fissò l'amico con l'aria di un cuccio-lo affamato in cerca di un osso. Adam iniziò a divertirsi per la sua insistenza. «Ma perché hai tanta fretta di sistemarla?» «Be', se trovassi una persona di fiducia, magari potrei pensa-re di arruolarmi ancora.» «È un'idea insensata, Tom! Lascia perdere!» Adam cominciò a camminare speditamente. «Andiamo adesso, è ora di tornare al nostro dovere.»

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«Saresti comunque disposto a venire a Herriards per cono-scerla?» «D'accordo, Tom, ma senza pensare a tua sorella come a una possibile moglie. Ti farò volentieri visita, una volta tornati in Inghilterra. Vieni.» Un po' abbattuto, Tom seguì il suo superiore attraverso la sala e su per le scale che portavano alla stanzetta assegnata ai rappresentanti del duca. Qui trovarono molti altri ufficiali pronti alla partenza. Adam si voltò, sentendo entrare Ivo Trenchard. «Sembri accaldato, Ivo» commentò. «Sì, fa caldo, ma non è questo il problema. Sono rosso in volto per la fatica che ho fatto a convincere le signore presenti che Napoleone non ha intenzione di rapirle in massa per con-durle a Parigi.» «Sono sicuro che sei riuscito nel tuo intento. Madame de Menkelen era particolarmente colpita, ma sa che i francesi non rappresentano l'unica minaccia per lei?» Scoppiò una risata generale. Il capitano Trenchard era il più noto donnaiolo di Bruxelles e le sue avventure galanti, con si-gnore più che compiacenti, erano ormai leggendarie. Adam co-nosceva il suo coraggio e il suo valore sul campo, ma nessuno avrebbe sospettato simili qualità vedendo la sua figura indolen-te all'opera nei salotti della buona società. Naturalmente aveva molti punti a suo favore: non solo, infatti, era ricco e imparen-tato con le più nobili famiglie inglesi, ma era anche di bell'a-spetto, alto, con capelli castano scuro, luminosi occhi azzurri e un seducente sorriso che portava immediato scompiglio tra la popolazione femminile. Forse, però, quella facilità nelle conquiste lo aveva reso un po' cinico nei confronti del gentil sesso. Nessuna donna era mai riuscita a trattenere la sua attenzione, e quanto al matri-monio era considerato un caso disperato. Ma, sebbene non condividesse il suo atteggiamento, Adam era suo amico e no-tava con piacere il rispetto che suscitava tra i suoi subalterni.

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«Come mai sei ancora qui, giovane Tom?» chiese Trenchard. «Credevo che avessi deciso di lasciarci combattere senza di te. Oppure hai cambiato idea?» Il tenente arrossì. «Non sono stanco di combattere...» spie-gò in tono difensivo, ma si interruppe e Adam intervenne in suo aiuto. «Lascialo in pace, Ivo! Ha davvero bisogno di tornare in pa-tria, ma ha deciso di rimandare la partenza quando ha saputo le ultime notizie. Non era sicuro che saremmo riusciti a conclu-dere l'opera senza di lui, vero, Tom?» Ancora rosso in volto, Tom ignorò lo scherzo e disse: «Que-sta sarà la più grande battaglia di tutti i tempi! Bonaparte per-derà, ma pensate alla sfida! Non potevo perdermi un avveni-mento simile. Adesso scendo a vedere se è saltato fuori qualco-sa di nuovo. Non credo che ci sia ancora molto da aspettare. Con il vostro permesso, signori» e, con un rapido saluto milita-re, uscì. I due ufficiali sorrisero per il suo entusiasmo giovanile. «Co-munque, Adam» commentò Ivo, «il ragazzo ha ragione: sarà una lotta tra titani. Speriamo solo di sopravvivere per raccontar-la ai posteri.» «Certo, Ivo, sopravvivremo. Soltanto i migliori se ne vanno giovani. Tuttavia spero che Tom riesca a mantenere la testa a posto e non si lanci in qualche impresa impossibile.» «Mentre tu, come sappiamo, resterai nelle retrovie a manda-re avanti gli altri, vero?» scherzò l'amico. «Io non perdo la ragione. Sono abbastanza vecchio, ormai. Tom invece... Il problema è che gli dispiace a tal punto lasciare l'esercito, che potrebbe decidere di chiudere in bellezza con un'azione eroica.» «Ma perché vuole partire? Oppure sono indiscreto?» «Per nulla; non fa mistero delle proprie motivazioni, e mi stupisce che non te ne abbia mai parlato. Lui e sua sorella sono stati allevati dal nonno; questi, però, è morto l'anno scorso e Tom non ha altra scelta che tornare in Inghilterra per occuparsi

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della ragazza e delle proprietà, che sono, a quanto dice, piutto-sto cospicue. Ma ha rimandato la partenza quando è giunta la notizia dell'improvvisa avanzata di Napoleone.» «E sua sorella?» «Ha un'istitutrice o qualcosa del genere che si occuperà di lei fino al ritorno di Tom.» «Speriamo che torni...» Adam aggrottò la fronte. «Lo voglia Dio! La tenuta dei Payne è soggetta a vincolo di inalienabilità. Se Tom dovesse morire senza un erede, andrebbe a un lontano parente. Mi chiedo che cosa succederebbe, in questo caso, a sua sorella.» «Se ha almeno la metà del fascino di Tom, si sposerà con un signorotto locale e vivrà felice e contenta» concluse ironico Ivo. Poi, con uno sbadiglio, aggiunse: «Dove diavolo sono questi ordini?». Trascorse ancora mezz'ora prima che Tom tornasse. Accom-pagnava il colonnello Ancroft, comandante del loro gruppo, e aveva assunto un atteggiamento rigido e formale, sotto cui tra-spariva un raggiante entusiasmo. «Gentiluomini, a quanto pare domani entreremo in azione» annunciò il colonnello. «Si stanno effettuando gli ultimi con-trolli e, non appena ci consegneranno gli ordini, partirete a tut-ta velocità. Nel frattempo, vogliamo brindare alla caduta di Na-poleone? Tom?» Il giovane tenente andò al tavolo, riempì i calici e li servì ai presenti, che brindarono solennemente al re, a loro stessi e per finire, ma con maggiore partecipazione emotiva, alla sconfitta di Bonaparte e delle sue truppe. Poi Ancroft fece un cenno con il capo e tutti si sedettero. Seguì una pausa, in cui ognuno cer-cò di pensare a qualcosa da dire per rompere il silenzio. Il co-mandante emanava un'aura di autorità che non derivava sol-tanto dal suo grado. Adam sapeva che aveva soltanto cinque o sei anni più di lui, ma i suoi capelli corvini erano striati d'argen-to sulle tempie e nel suo sguardo severo si intravedeva un'om-bra di dolore, seppure contenuta e disciplinata. Veniva general-

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mente considerato un uomo freddo, e di sicuro era austero. Godeva della piena fiducia dei suoi subalterni e tutti sapevano quanto fosse giusto e imparziale, ma non era facile provare simpatia per lui. Di certo era difficile intrattenere con lui una conversazione informale. Adam, però, lo conosceva ormai da tempo ed essendo al corrente di alcuni episodi della sua vita, capiva e rispettava il suo riserbo. Quella sera però, forse a cau-sa della tensione accumulata, Ancroft sembrava più loquace del solito. «Che cosa pensate di fare quando sarà finita? Ho sentito che volete dare le dimissioni, seppure a malincuore» chiese il co-lonnello Ancroft, rivolgendosi a Tom. «È così, colonnello.» «Anche voi, Adam?» «Temo di sì, colonnello.» «E voi, Ivo, parteciperete all'esodo di massa? In questo caso i mariti di mezza Europa tireranno un sospiro di sollievo!» Tutti risero, Ivo compreso. Poi abbassò gli occhi sul bicchie-re e rispose: «A dire la verità, non lo so. Ho un paio di faccende da regolare in Inghilterra; tanto per iniziare, devo affrontare la questione di mio padre». «Ottimo! Lord Veryan sarà felice di rivedervi.» «Credete? Al nostro ultimo incontro urlava che non voleva mai più posare gli occhi su un mostro par mio.» «Non lasciatevi impressionare: a volte ci si lascia trascinare dalla collera e si dicono cose insensate.» Il colonnello Ancroft si interruppe, poi aggiunse, come parlando a se stesso: «E si fanno persino». L'istante di silenzio che seguì fu interrotto dal-l'arrivo di un aiutante di campo del duca che porse alcuni fogli al colonnello. Lui li lesse e poi li distribuì ai presenti. Quasi tut-ti dovevano raggiungere i propri reggimenti con i nuovi ordini. «Le notizie sono pessime, gentiluomini. Napoleone ha attac-cato in forze i prussiani ed è probabile che questi non siano in grado di resistere. Per salvare Bruxelles, dobbiamo concentrare le nostre truppe a Nivelles!»

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Ivo fu il primo a partire, diretto a Ninhove, dove si trovava il grosso della cavalleria britannica. Subito dopo venne il turno di Tom, a cui fu assegnato il compito che Adam aspettava per se stesso: consegnare gli ordini alle divisioni con armamento leg-gero accampate ad Ath. «Aspettate fuori, tenente. Il maggiore Calthorpe vi raggiun-gerà tra un attimo.» Adam rimase in attesa mentre il suo superiore scorreva con lo sguardo i documenti rimasti. «A voi affido l'incarico più deli-cato, Adam. Dovete trattare con i belgi; i generali del re diven-tano molto suscettibili quando temono che Sua Maestà venga relegata in secondo piano. Occorrono tatto e savoir-faire, ma soprattutto bisogna convincerli ad agire in fretta.» Nei duri oc-chi grigi del colonnello comparve un lampo divertito. «Avrei mandato Ivo, ma dopo la sua avventura con la Contessa Leiken non è molto gradito a corte. Voi, comunque, siete perfetto per questo compito. Convinceteli ad accettare le decisioni del du-ca; non abbiamo tempo per discussioni oziose.» «Sissignore!» «Inoltre... voi e Tom cavalcherete insieme per parte del per-corso. Fate quello che potete per calmarlo. Mi sembra troppo in vena di eroismi inutili.» Adam rispose con un cenno di assenso, salutò e uscì. Tom fremeva di impazienza. Insieme partirono verso ovest. Galopparono in silenzio per un po', concentrandosi sulla via più breve per uscire dalla città. Poi rallentarono al trotto, per permettere ai cavalli di riposare. L'aria fresca della campagna parve esercitare un effetto tranquillizzante sul tenente, che di punto in bianco, dichiarò: «Non sono uno scellerato egoista». L'affermazione colse di sorpresa il suo compagno. «Non ho mai pensato che lo fossi. Cosa ti salta in mente, Tom?» «Se ti ho chiesto di occuparti di mia sorella, non è soltanto perché voglio sentirmi libero di tornare ad arruolarmi. Ma... se mai mi dovesse capitare qualcosa... Lo so che è improbabile, però... Nessuno la proteggerebbe dai miei cugini.»

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«Ha bisogno di protezione dai membri della tua stessa fami-glia?» «Adam, le spetta una cospicua eredità e se io dovessi morire, il patrimonio sarebbe ancor più notevole. La tenuta tocca a un lontano cugino, ma non il denaro. Henry Payne riceverebbe la terra e la casa, ma non abbastanza soldi per mantenerle. Mio nonno non si è mai fidato di lui, e neanch'io. Inoltre ha un fi-glio della mia età, scapolo e libero di sposare una donna come Kate. L'ho conosciuto a Eton: è un verme.» «Caspita!» esclamò Adam. «E allora perché metti a repenta-glio la tua vita? Dovresti affrontare di persona simili problemi!» Tom era in preda al rimorso. «Kate dice sempre che io scher-zo troppo e penso troppo poco. Tornerò in Inghilterra non ap-pena otterrò il congedo. Ma se dovesse succedermi qualcosa, tu...» Fissò sull'amico uno sguardo ansioso. «Ti prego! Il matri-monio con te la salverebbe.» Adam era esasperato. «Non ti posso promettere di sposare tua sorella. E, a parte tutto, forse lei non vorrebbe affatto diven-tare mia moglie. Ci hai pensato? Comunque mi farò carico di proteggerla. E adesso dobbiamo sbrigarci. Io svolto al prossimo incrocio.» Ripartirono a tutta velocità, fermandosi soltanto un istante dove le loro strade si separavano. Adam avrebbe voluto consi-gliare a Tom la prudenza, ma si trattenne: non è così che si sa-luta un soldato pronto a combattere. Si limitò invece ad augu-rargli buona fortuna e si diresse verso Braine le Comte. Dietro di loro, dall'altro lato di Bruxelles, i prussiani stavano combattendo una sanguinosa battaglia contro le forze francesi. Ben presto per le truppe di Wellington non sarebbe più bastato rimanere in attesa a Nivelles. Prima ancora dell'alba, l'esercito dovette partire per Quatre Bras e la battaglia decisiva si svolse nei pressi di un paesino fino ad allora sconosciuto: Waterloo.

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Questo volume è stato impresso nel gennaio 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A.

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