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29 bollettino ARCHIVIO G. PINELLI Biografie Oskar Maria Graf, scrittore «provinciale» Anarchivi CIRA cinquant’anni ben portati Informazioni editoriali Volpi e gli altri, i ribelli del Testaccio Cose nostre Storia e memoria di Piazza Fontana Note di rivolta Klezmer, la musica povera dei ghetti Tesi e ricerche La pedagogia politica di Fabrizio De André

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BiografieOskar Maria Graf,scrittore «provinciale»

AnarchiviCIRAcinquant’anni ben portati

Informazioni editorialiVolpi e gli altri,i ribelli del Testaccio

Cose nostreStoria e memoriadi Piazza Fontana

Note di rivoltaKlezmer, la musicapovera dei ghetti

Tesi e ricercheLa pedagogia politicadi Fabrizio De André

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Cose nostre

• Storia e memoria di Piazza Fontanaa cura di Lorenzo Pezzica• Conferenza annuale della IALHI• Errata Corrige• In merito a una vignetta

Tesi e ricerche

• Il giornale «Umanità Nova» (1944-1953)di Massimiliano Ilari• Dalla società gerarchica alla societàecologicadi Selva Varengo• L’antieducazione del «Faber»di Maria Luisa Dell’Acqua

Informazioni editoriali

• L’anarchico della collina Volpidi Fabio Iacopucci• Giovanni Bassanesi «anarchico»di Donatella Bassanesi

Memoria storica

BIOGRAFIE• Oskar Maria Graf, uno scrittore «provinciale»di Hans Sewing-Müller• Umberto Montefameglio

Immaginazione contro il potere

NOTE DI RIVOLTAKlezmer, la musica povera dei ghetti di Furio Biagini

Album di famiglia

Roma, 1974di L.V.

Anarchivi

• Centre international de recherches surl’anarchisme: cinquant’anni ben portati• Anarchia in retedi Patrizio Biagi

Storia per immagini

GRAFICA• Carles Fontseré, un cartellonista libertario della rivoluzione spagnolaVIDEO• Franco Leggio, anarchico ragusano di Lorenzo Pezzica• Un ricordo personale di Francodi Amedeo Bertolo

Varie ed eventuali

CURIOSITÀ• Pizzeria Sacco e Vanzettidi Elis Fraccaro• Da covo di anarchici a sushi-bardi A.B.• Gossip

Cover Story

Raoul Saccorotti (1900-1977)di Phil Casoar

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Hanno collaborato a questo numero, oltre agli autori delle varie schede:Amedeo Bertolo, Patrizio Biagi, Pierpaolo Casarin, Giorgio Ciarallo,

Barbara Ielasi, Rossella Di Leo, Lorenzo Pezzica, Cesare VurchioImpaginazione grafica: Emilio BibiniRicerca iconografica: Roberto Gimmi, Gianfranco AresiIn copertina: Raoul Saccorotti (si veda nota biografica in Cover story)Quarta di copertina: Umberto Montefameglio (si veda nota biografica a

p. 27) alla festa per i vent’anni della casa editrice Elèuthera che si è tenuta aMilano l’8 settembre 2006

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«Abbiamo a lungo esaminato le qualità psichiche del-l’imputato e non vi troviamo nulla di anormale. La fa-coltà di generare le idee è in lui fuori dall’ordinario: leespressioni di cui si serve non sono quelle che la sua con-dizione sociale comporterebbe: esse sono spesso elevatee poggiano su informazioni di storia. Le sue risposte ri-velano una finezza e una forza di pensiero non comuni».Sono le parole della perizia medica voluta dai giudiciistruttori del processo contro Giovanni Passanante, dopoil tentato regicidio del 1878. Ciononostante, la scienzamedica dell’epoca decide, Lombroso in testa, di conside-rare l’autore un mattoide, secondo linee di diagnosi psi-chiatrica che si affermeranno per tutta la prima metà delNovecento (e in Unione Sovietica anche dopo): se ti ri-belli sei matto. Siamo in pieno positivismo, e dunque c’èpoco da meravigliarsi se la «scienza» reclama a gran vocela sua parte. Che nel caso di Passanante consiste nella suatesta, spiccata dal corpo a morte avvenuta (poteva andarepeggio) e collocata nel Museo di Criminologia di Romadopo accurate e approfondite analisi. In effetti non è chiarose il cervello di Passanante mostrasse o meno il marchiodella follia così accanitamente cercato dai lombrosiani (chegià avevano perso l’occasione di una simile indagine suicervelli dispersi di un Cromwell o di un Robespierre), fattosta che il reperto scientifico è rimasto in esposizione in quelmuseo fino all’anno di grazia 2007. La cronaca successivaè nota ai più: uomini politici di rilevanza nazionale – più omeno cattolici, più o meno di sinistra – invocano la pietasumana per quei miseri resti, cui viene finalmente concessala sepoltura. Ma perché mai si dovrebbe preferire un’ano-nima tomba alla testimonianza vivente di quel cranio e quelcervello esposti in formaldeide? Difficilmente si può tro-vare un atto d’accusa contro il potere che abbia una tale ef-ficacia. E non stiamo parlando di casa Savoia, ormai sep-pellita dalla storia e oggi anche dal ridicolo, ma stiamoparlando dell’immaginario stesso del potere, quello radicatonella coscienza sociale, e in particolare dell’immaginarioscientifico, quello che informa i modi della conoscenza at-tuali. È contro quel predominio, quell’arroganza, quella cru-deltà che il cranio di Passanante ha lanciato il suo silente mainequivocabile atto di accusa. Altro che pietas, non sarà chel’hanno tolto da lì proprio per questo?

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Storia e memoriadi Piazza Fontana

a cura di Lorenzo Pezzica

L’Archivio Pinelli ha re-centemente ricevuto una si-gnificativa donazione divolumi per la sua biblio-teca dal compagno di lungadata Claudio Crotti. Sitratta di 90 volumi relativiin particolare alla vicendadi Piazza Fontana, maanche al contesto storico diquegli anni, alla strategiadella tensione, al terrori-smo fascista, alla storia«oscura» dei servizi segretiitaliani, ecc. Per quantostrano possa sembrare ilnostro archivio, appuntodedicato a Giuseppe Pinellie tuttora gestito dai compa-gni che militavano nel suostesso gruppo, non avevauna biblioteca così fornitasu un argomento palese-mente centrale per la nostrastoria. Una ragione in piùper essere grati a Claudioper la sua donazione, checolma questa carenza. Quidi seguito pubblichiamo unprimo elenco dei titoli (cheverrà presto sistematizzatoe messo online), molti deiquali oggi introvabili e perquesto ancora più preziosi.

R. TRIONFERA, SIFAR af-fair, Reporter, Roma,1968R. MARTINELLI (a curadi), SIFAR. Gli atti del pro-cesso De Lorenzo - L’Espresso, Mursia, Mi-lano, 1968AA.VV., Le bombe a Mi-lano. Testimonianze,Guanda, Bologna, 1970CROCENERA ANAR-CHICA, Le bombe dei pa-droni. Processo popolareallo stato italiano nellepersone degli inquirentiper la strage di Milano,Biblioteca delle collaneAnteo e La rivolta, Ra-gusa, 1970G. AMBROSIANI, U.SPAGNOLI, Rapportosulla repressione, Editori Riuniti, Roma,1970R. Zangrandi, Inchiestasul SIFAR, Editori Riuniti,1970«Periodo ipotetico», nn.2/3, novembre 1970COMITATO DI CON-TROINFORMAZIONE,

Pinelli: un omicidio poli-tico, Galileo editori, 1971«Quaderni piacentini»,nn. 44-45, ottobre 1971(G. SPAZZALI, Il pro-cesso agli anarchici,prova generale del pro-cesso Valpreda, pp. 161-197)TERRACINI, SPA-GNOLI, IPPOLITO, GA-LANTE GARRONE ELAMI, Sugli eventi delgiugno-luglio 1964 e ledeviazioni del SIFAR. Rela-zione di minoranza dellaCommissione parlamen-tare d’inchiesta, Feltri-nelli, Milano, 1971M. SASSANO, Pinelli:un suicidio di stato, prefa-zione di R. Lombardi,Marsilio, Padova, 1971A. COLETTI, Anarchici equestori, Marsilio, Pa-dova, 1971V. NARDELLA, Noi ac-cusiamo! Controrequisito-ria per la strage di stato,Jaca Book, Milano, 1971C. CEDERNA, Pinelli:una finestra sulla strage,Feltrinelli, Milano 1971LOTTA CONTINUA, P. P.PASOLINI, 12 dicembre,VHS

P. VALPREDA, Poesie dalcarcere, Napoleone,Roma, 1972M. SASSANO, La poli-tica della strage, prefa-zione di U. Terracini, Mar-silio, Padova, 1972R. DE SANCTIS, Delittoal potere. Controinchie-

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sta, Samonà e Savelli,Roma, 1972C. DE SIMONE, La pistanera, Editori Riuniti,Roma, 1972M. FINI, A. BARBERI,Valpreda. Processo al pro-cesso, Feltrinelli, Milano, 1972M. DEL BOSCO, Da Pinelli a Valpreda, prefazione di A. Malagu-gini, Editori Riuniti,Roma, 1972D. FO, Morte accidentaledi un anarchico, EDB, Verona, 1972, Einaudi,Torino, 1974P. VALPREDA, Letteredal “carcere del sistema”,Napoleone, Roma, 1972 e1973G. CALVI, Giustizia e po-tere, prefazione di U. Terracini, Editori Riuniti,Roma, 1973M. TEDESCHI, La stragecontro lo stato, Edizionidel Borghese, Milano,1973G. CABRINI, Un uomochiamato Pietro Valpreda,Bertani, Verona, 1973F. S. ALONZO, Ferro efuoco sull’Italia, Edizioni il Manifesto, Milano, 1973Valpreda dice, Sapere edi-zioni, Milano, 1973P. VALPREDA, È lui.Diario dalla galera, pre-fazione di C. Cederna,Rizzoli, Milano, 1974R. PESENTI (a cura di),Le stragi del SID. I gene-

rali sotto accusa, Mazzotta editore, Milano,1974Il perché delle stragi distato. L’azione dei marxi-sti-leninisti contro latrama nera delle stragi distato, a cura della «Linearossa» del PCd’I (m-l),edizioni Avanti Popolo,1974G. GIANNETTINI, P.RAUTI, Le mani rossesulle forze armate, a curadella Commissione PID diLotta Continua, Savelli,Roma, 1975R. FAENZA, M. FINI, Gli americani in Italia,prefazione di G. W.Domhoff, Feltrinelli, Milano, 1976R. VANNI, Trent’anni diregime bianco, prefazionedi C. Galante Garrone,Giardini, Pisa, 1976

C. STAJANO, M. FINI,La forza della democra-zia. La strategia del ter-rore in Italia 1969-1976,Einaudi, Torino, 1977I. PAOLUCCI, Il processoinforme. Da Piazza Fon-tana a Catanzaro. Unastoria che ha sconvoltol’Italia, Feltrinelli, Milano, 1977W. RUBINI, Il segretodella Repubblica. AldoMoro, l’affare di PiazzaFontana e la strategia delterrore, il ruolo di GiulioAndreotti, Flan, Milano,1978C. MOSCA, Catanzaroprocesso al SID, EditoriRiuniti, Roma, 1978P. BUFALINI, Terrorismoe democrazia, Editori Riu-niti, Roma, 1978N. VALENTINI, La nottedella madonna, Le Monde

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Milano, marzo 1981: Pietro Valpreda e Luciano Lanza alla confe-renza stampa convocata dopo la sentenza della Corte d’Assised’Appello di Catanzaro (tutti assolti, anarchici e fascisti).

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editrice, Roma, 1978PADOVA COMITATODOCUMENTAZIONEANTIFASCISTA, Il silen-zio dello stato, Nuove edi-zioni operaie, Roma, 1978CONSIGLIO REGIO-NALE DEL PIEMONTE,Una regione contro il ter-rorismo 1968-1978. Datie cronaca, Torino, 1979O. ASCARI, Accusa:reato di strage. La storiadi Piazza Fontana, Edito-riale Nuova, Milano, 1979G. FLAMINI, Il partitodel golpe. Le strategiedella tensione e del ter-rore dal primo centro sini-stra organico al sequestroMoro 1964/1968, vol. I,introduzione di G. Rochat,Italo Bovolenta editore,Ferrara, 1981P. SCARAMUCCI, LiciaPinelli. Una storia quasisoltanto mia, Mondadori,Milano, 1982

F. FORTINI, Da un diarioinesistente (1967-1970),«Linea d’ombra», n. 1,marzo 1983, pp. 59-132G. P. TESTA, Terrorismo.La strategia che viene dal-l’alto, a cura dell’Asso-ciazione vittime stragealla stazione di Bolognadel 2 agosto 1980, Terni,1986N. MAGRONE, G. PA-VESE, Ti ricordi diPiazza Fontana?Vent’anni di storia con-temporanea dalle paginedi un processo, Edizionidell’Interno, Bari, 1986-1988 (tre volumi)G. DE PAOLO, A. GIAN-NULI (a cura di), Lastrage di stato vent’annidopo, Edizioni Associate,Roma, 1989CENTRO DI INIZIA-TIVA LUCA ROSSI (acura di), 625. Librobianco sulla legge Reale,

Centofiori, Milano, 1990G. DE LUTIIS, Storia deiservizi segreti in Italia,Editori Riuniti, Roma,1991A. GIANNULI, N.SCHIAVELLI, Storie diintrighi e di processi.Dalla strage di PiazzaFontana al caso Sofri,Edizioni Associate, Roma,1991CENTRO DI INIZIA-TIVA LUCA ROSSI (acura di), Gladio stragiriforme istituzionali, Cen-tofiori, Milano, 1991A. CIPRIANI, G. CI-PRIANI, Sovranità limi-tata. Storia dell’eversioneatlantica in Italia, presen-tazione di S. Flamigni,Edizioni Associate, Roma,1991S. PROVVISIONATO,Misteri d’Italia, cin-quant’anni di trame e de-litti senza colpevoli, Laterza, Bari, 1993G. BOATTI,Piazza Fontana. 12 di-cembre 1969: il giornodell’innocenza perduta,Feltrinelli, Milano, 1993ASSOCIAZIONE FAMI-LIARI VITTIME PERSTRAGI, Il terrorismo ele sue maschere. L’uso po-litico delle stragi, Pendra-gon, Bologna, 1996A. SOFRI (a cura di), Il malore attivo dell’anar-chico Pinelli, Sellerio, Palermo, 1996G. DE LUTIIS, Il lato

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Milano, 15 dicembre 1975, Cinema Alcione: Cesare Vurchio parlaalla manifestazione per Pinelli. Sono gli anni del «malore attivo»,l’improbabile diagnosi medica con cui si conclude il processo inten-tato da Licia Rognini, vedova di Pino.

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oscuro del potere. Asso-ciazioni politiche e strut-ture paramilitari segretedal 1946 ad oggi, EditoriRiuniti, Roma, 1996L. LANZA, Bombe e se-greti. Piazza Fontana1969, Elèuthera, Milano,1997; nuova edizione2005G. CASARRUBEA, Portella della Ginestra.Microstoria di una stragedi Stato, Franco Angeli,Milano,1997F. CALVI, F. LAURENT,Piazza Fontana. La veritàdi una strage, Mondadori,Milano, 1997P. CUCCHIARELLI, A.GIANNULI, Lo stato pa-rallelo. L’Italia «oscura»nei documenti e nelle re-lazioni della Commissionestragi, Gamberetti, Roma,1997G. DE LUTIIS, I servizisegreti in Italia dal fasci-smo alla Seconda repub-blica, Editori Riuniti,Roma, 1998M. DANESE, G. BET-TIN, La strage. PiazzaFontana. Verità ememoria, Feltrinelli, Mi-lano, 1999G. BOATTI, Piazza Fon-tana. 12 dicembre 1969: ilgiorno dell’innocenzaperduta, Einaudi, Torino,1999A. SPERANZONI, F.MAGNONI, Le stragi: iprocessi e la storia. Ipo-tesi per una interpreta-

zione unitaria della stra-tegia della tensione 1969-1974, Grafiche Biesseeditrice, 1999D. BIACCHESSI, 10.25,cronaca di una strage.Vita e verità spezzatedalla bomba alla stazionedi Bologna, Gamberetti,Roma, 2000GRUPPO DEMOCRA-TICI DI SINISTRA –L’ULIVO, Stragi in Italiadal dopoguerra al 1974,relazione presentata allaCommissione parlamen-tare d’inchiesta sul terro-rismo in Italia e sullecause della mancata indi-viduazione dei responsa-bili delle stragi, Roma,2000

U. M. TASSINARI, Fascisteria. I protagonisti,i movimenti e i misteridell’eversione nera in Ita-lia (1945-2000), Castel-vecchi, Roma, 2001F. CUZZOLA, Cinqueanarchici del Sud. Unastoria negata, prefazionedi T. Perna, Città del sole,Roma, 2001P. MAURIZIO, PiazzaFontana. Tutto quello chenon ci hanno mai detto,Maurizio Edizioni, Roma,2001F. CICCHETTO, G. DAROLD, F. GIRONDA, La disinformazione incommissione stragi: ilgrande inganno, Bietti,Milano, 2002

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Milano, 12 dicembre 1971, Conca del Naviglio: Amedeo Bertoloparla alla manifestazione anarchica organizzata nel secondo anni-versario della strage di Piazza Fontana. Quegli anni furono segnatida una lunga e tenace campagna di controinformazione che si svi-luppò su tutto il territorio nazionale, anche se ovviamente la cittàin cui i fatti hanno avuto il maggior impatto, Milano, è semprerimasta particolarmente sensibile all’intera vicenda.

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D. BIACCHESSI, Ombrenere. Il terrorismo di de-stra da Piazza Fontanaalla bomba al «Manife-sto», Mursia, Milano,2002Piazza fontana: la veritàc’è, Osservatorio demo-cratico, 2002, Cd RomP. BARBIERI, P. CUC-CHIARELLI, La stragecon i capelli bianchi. Lasentenza per Piazza Fon-tana, Editori Riuniti,Roma, 2003P. BARONI, P. BENVE-NUTI, Segreti di stato daidocumentari al film, acura di N. Tranfaglia, Fan-dango, Roma, 2003B. LI VIGNI, Il caso Mattei. Un giallo italiano,Editori Riuniti, Roma,2003G. GALLI, Piombo rosso.La storia completa dellalotta armata in Italia dal1970 ad oggi, Baldini Castoldi Dalai,Milano, 2004M. CONSANI, Foto digruppo da PiazzaFontana, prefazione di D.Fo, Melampo, 2005F. e G. BELLINI, Il segreto della Repub-blica. La verità politicasulla strage di PiazzaFontana, a cura di P. Cucchiarelli,

Selene, Milano, 2005S. FERRARI, Le stragi distato. Piccola enciclope-dia del terrorismo nero daPiazza Fontana alla sta-zione di Bologna, prefazione di V. Vasile,Nuova iniziativa Edito-riale, Roma, 2006 (sup-plemento a «L’Unità»).

Conferenzaannuale

della IALHIDal 5 all’8 settembre2007 si svolgerà a Roma,presso il Consiglio Nazio-nale Economia e Lavoro(CNEL) la XXXVIII Confe-renza annuale della IALHI

(International Associationof Labour History Institu-tions). Il Centro studi libertari,che da diversi anni è sociodell’associazione, parteci-perà all’incontro. Nelprossimo Bollettino viracconteremo come è an-data. I giorni della Conferenzasono in particolare il 6 e il7 settembre. Questo ilprogramma delle duegiornate:

Giovedì 6 settembre

09.00 – 09.30 apertura dei lavori e saluti(CNEL)09.30 – 11.00 assemblea plenaria IALHI,coordina Françoise Blum11.15 – 12.45 Progetti soci IALHI

prima partecoordina David Bidussa(Fondazione GiangiacomoFeltrinelli)14.00 – 16.00 Progetti soci IALHI

seconda partecoordina David Bidussa(Fondazione GiangiacomoFeltrinelli)16.30 – 18.30 Gli archivi sindacali ita-liania cura degli Archivi nazio-nali CGIL, CISL e UIL,coordina Giovanni Avonto(Associazione Vera No-centini),introduzione di GiuseppeBerta (Università Bocconidi Milano)interventi di Ivo UlisseCamerini (CISL), TeresaCorridori (CGIL) e PaoloSajia (UIL)

Venerdì 7 settembre

Esperienze di formazionesindacale in Europa

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a cura dell’Istituto Supe-riore per la Formazione(ISF), della Fondazione DiVittorio e dell’Associa-zione Centenario CGIL)09.00 – 11.00 Educare alla democraziacoordina Giuseppe Casa-dio (Associazione Cente-nario CGIL),interventi di Brigida An-geloni (responsabile na-zionale formazione confe-derale CISL), CarmeloBarbagallo (segretarioconfederale UIL) e SaulMeghnagi (ISF)11.30 – 13.30 Tutela e cittadinanzacoordina Carlo Ghezzi(Fondazione Di Vittorio),interventi di Pierre Carniti(Eguaglianza e libertà),Fritz Schoesser (DGB Ba-vier), Jeff Bridgford(ETUI-REHS-EuropeanTrade Union Institute forResearch Education andHealth and Safety)15.00 – 17.00 Le fonti dell’archivio:quale strumento formativo coordinatore GuglielmoFesta (Associazione Cen-tenario CGIL),interventi di FrançoiseBlum (IALHI), GiuseppeAcocella (Università Fe-derico II di Napoli e vice-presidente CNEL, MariellaGuercio (Università di Ur-bino) e Micaela Procaccia(ministero beni e attivitàculturali).

Erratacorrige

Ecco due precisazioni checi arrivano in rettifica dialtrettanti errori nei nu-meri precedenti del Bol-lettino:

Nel Bollettino n. 28, pa-gina 21, prima colonna, silegge che Carlo Dogliofondò, per poi dirigerecon Pier Carlo Masini,«Gioventù Anarchica».Non è vero. «GioventùAnarchica» fu fondata aMilano da Carlo Dogliocon il sottoscritto, qualedirettore, Masini era lon-tano da noi sia topografi-camente, sia cultural-mente; aveva idee quasimilitaresche del movi-mento e della prassi anar-chica, che non ci garba-vano affatto!Grazie per la rettifica.Virgilio Galassi, Milano

•Salve, voglio segnalarviun piccolo errore apparsosul n. 27 del Bollettino apagina 38: la foto pubbli-cata non è quella di Mar-garethe Hardegger maquella di Zenzl Mühsam.Si veda il sito: www.rosa-lux.de/cms/index.php?id=9475&type=98.Fraterni saluti libertariEric Coulaud Ephéméride Anarchiste

In merito auna vignettaSul retro di copertina delBollettino n. 26 avevamopubblicato una vignetta(qui riprodotta) sulla qualeil CIRA di Losanna ci dàqualche informazione inpiù. La vignetta, a firma diNicolaud, fa parte di unaserie di nove cartoline rea-lizzate da disegnatori fran-cesi molto noti comeCabu, Cardon, Cavanna,Gébé, Hugot, Soulas, Wil-lem e Wolinski, tutti legatialle due celeberrime te-state satiriche «CharlieHebdo» e «Hara Kiri». Levignette sono state realiz-zate nel 1988 durante ilpicco della campagna a fa-vore di Roger Knobel-spiess, controverso perso-naggio all’epoca detenutoper motivi comuni ma po-liticamente impegnato, lacui vicenda giudiziariamobilitò buona parte del-l’intellighentzia francese(quella talvolta chiamata«gauche caviar», ovverosinistra al caviale).

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Per molto tempo, la ricerca storica non siè occupata in modo proficuo e approfon-dito del movimento anarchico, o liberta-rio in genere, ignorandone sia i processiformativi ed evolutivi, sia l’influenza delsuo pensiero nel contesto storico, politicoe sociale della società contemporanea.Da qualche anno, però, l’interesse per imovimenti libertari si è in parte rinno-vato, coinvolgendo anche l’ambito dellaricerca storica più attrezzata e professio-nale. Sempre più numerosi sono gli studi,i convegni, i corsi universitari, le tesi dilaurea e i dottorati di ricercache stanno tentando di ap-profondire la storia del pen-siero anarchico, interessatinon solo alla sua originalità ecomplessità (in particolarmodo riferita al suo contributonell’evoluzione politica e so-ciale della società europeacontemporanea), ma anche ascorgere in queste teorizza-zioni, contraddistinte dall’av-versione a ogni forma di auto-ritarismo, i prodromi di buonaparte di quel fenomeno che èstato definito, in modo forseun po’ semplicistico, «no-glo-

bal» o «new-global», il quale ha caratte-rizzato significativamente, anche se inmodo altalenante e non privo di contrad-dizioni, l’attuale contesto politico, so-ciale e culturale, soprattutto nelle fascegiovanili. Bisogna però sottolineare come l’attualericerca storiografica incentrata sul pen-siero libertario, se ha prodotto significa-tivi contributi sia nel campo storico chenell’analisi degli influssi più generalidelle sue istanze sulla cultura e sulla so-cietà contemporanea europea (ma non

solo: si pensi in particolare al-l’importanza, spesso misco-nosciuta, dell’anarchismo inesperienze come quella messi-cana, nicaraguense, argentina,oltre che americana), non hasempre fornito studi altret-tanto approfonditi sulle formeassociative, organizzative ecomunicative specifiche delmovimento libertario, deter-minando un vuoto che solo dapoco si tenta di colmare.Una decisiva intensificazionedegli studi sull’anarchismo, insenso lato, è avvenuta graziealla ricerca storiografica che

Il giornale «Umanità Nova» (1944-1953)

struttura e contenuti di uno strumento del movimento anarchico

di Massimiliano Ilari

Dottorato in studi storici,Università degli studi di Trento, a.a. 2006-2007

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si è occupata della cosiddetta «stagionedei movimenti», cioè di quel lungo,esteso e variegato periodo storico chemolti storici tendono a far partire dallametà degli anni Sessanta fino ad arrivarealla fine degli anni Settanta, caratteriz-zato per quantità e qualità da un’ineditaconflittualità sociale e dall’emergere dinuove istanze, spesso profondamente an-tisistemiche. Infatti, secondo molti stu-diosi proprio in queste nuove pratiche po-litiche, caratterizzate da una fortecomponente ideale libertaria (anchequando non espressamente esplicitata) èpossibile scorgere l’influenza del pen-siero anarchico: si pensi solo alla criticadella società moderna spersonalizzante ealienante; alla ricerca dell’assemblearitàdelle decisioni; alla critica dell’autoritari-smo, non solo «politico» ma esistente inprimo luogo nei rapporti sociali, familiarie tra i sessi; alla sperimentazione dinuove forme associative familiari e so-ciali; all’aspirazione di una nuova societàegualitaria e «più giusta», ecc. Tutte queste istanze, che non troverannopoi un effettivo sbocco sul piano politico,avranno invece una grande affermazionesul piano individuale, comportando unadifferente consapevolezza dei propri di-ritti e, di conseguenza, favorendo ancheun mutamento importante rispetto allasocietà e alla cultura tradizionale.Di tutto questo fermento politico-socialeè significativo riflesso anche la vasta pro-liferazione di materiale vario di comuni-cazione politica, tra cui spiccano i gior-nali: centinaia, in tutto il mondo, sono lepubblicazioni di carattere libertario dalladifferente connotazione politica, alcunecontrassegnate da una durata effimera,mentre altre acquisteranno sempre mag-giore credito assicurando una continuitànegli anni. Si assiste dunque negli anni della conte-

stazione giovanile a una diffusione sem-pre più massiccia della stampa libertaria,tra cui un ruolo particolare è ricopertodal settimanale anarchico «UmanitàNova». «Umanità Nova», fondata nel 1920 daErrico Malatesta come quotidiano emessa fuorilegge dal fascismo pochi annidopo, tornò a essere stampato in modocontinuativo negli anni del crollo del re-gime fascista. Già durante il ventennio, tra molte diffi-coltà, si assistette a tentativi di far rina-scere il giornale, grazie all’azione dianarchici italiani esuli in Francia, che siconcretizzerà in qualche «uscita» episo-dica. Alla fine della guerra, nel clima ge-nerale di grande entusiasmo e mobilita-zione politica, la ricostituita FederazioneAnarchica Italiana cercò di conquistareconsensi tra le masse italiane cercando didiffondere nel modo più capillare possi-bile «Umanità Nova» (diventato il pro-prio giornale di riferimento dopo esserestato in un primo tempo l’organo dellaFederazione Comunista Libertaria La-ziale), cui destinò le più importanti e ca-rismatiche figure politiche del movi-mento: tra queste, vanno segnalati Luigi«Gigi» Damiani, Alfonso Failla, CarloDoglio, Pier Carlo Masini, UmbertoConsiglio, ecc.È questo un periodo assolutamente parti-colare non solo rispetto alla storia ita-liana in generale, ma anche per quella piùspecifica dell’anarchismo. Se, infatti, ilmovimento libertario (comprendendo inesso tutte le tendenze che seppe espri-mere, come ad esempio il sindacalismorivoluzionario), dalla sua effettiva appari-zione nell’agone politico, avvenuta nellaseconda metà dell’Ottocento, fino al-meno agli inizi degli anni Venti del Nove-cento aveva ricoperto un ruolo di prota-gonista (contando tra le sue file, in alcuni

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casi, anche centinaia di migliaia di affi-liati), e non solo in Italia ma anche inaltre parti del mondo, dal terzo decennioin poi iniziò progressivamente, per vari ecomplessi motivi, a perdere sempre più ilsuo radicamento nelle masse, nonostantei tentativi effettuati per arrestare tale de-clino.In Italia, l’avvento del fascismo avevaquasi completamente annichilito il movi-mento, che solo a fatica, soprattutto nel-l’esilio, poté mantenere un minimo di vi-talità. Al crollo del fascismo, quindi, lasituazione dell’anarchismo italiano eraquella di un movimento ormai duramente

provato e notevolmente ridimensionatorispetto a inizio secolo, nonostante con-servasse parecchio credito e prestigioanche nelle fasce popolari che non eranodirettamente afferenti.Di conseguenza, i primi tentativi avvenutiin Italia, dopo il luglio 1943, di riorganiz-zazione delle file anarchiche si scontra-rono non solo con la nuova realtà politicae sociale, ma a volte anche con la diffi-coltà di tanti libertari a confrontarsi conessa. Senza generalizzare, si può comun-que riscontrare come in alcuni dei vecchimilitanti risultasse ancora evidente ilcondizionamento dei fasti di un tempo,mentre contemporaneamente, a causa delventennio di dittatura, ai più giovanimancavano talvolta basi più solide (teori-che, etiche, pratiche) rispetto all’idealeprofessato. In uno scenario del genere vadunque situata la fondazione di «Uma-nità Nova».Il giornale fin da subito fu contrasse-gnato, nella sua impostazione, da moltedelle caratteristiche del pensiero liberta-rio: organizzazione interna non definitain termini assolutamente rigidi, ma vin-colata ai mandati congressuali, che nestabilivano anche le figure redazionalifisse; individuazione di una rete estesa dicollaboratori frequenti; possibilità di ognilettore di interagire con il giornale, tantoche un numero consistente degli articolipubblicati sarà opera proprio di occasio-nali collaboratori; assoluta libertà circagli argomenti da trattare e, soprattutto, ri-guardo al contenuto di essi; diffusione af-fidata in gran parte alle capacità dei mili-tanti, ecc.Ovviamente, dati i limiti tecnici e la ma-trice politica del giornale, «UmanitàNova» non arrivò mai a diffondere un nu-mero molto elevato di copie, che comun-que si assestarono a livelli abbastanza si-gnificativi e dignitosi: nel periodo

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Gigi Damiani, principale redattore del giornalenegli anni studiati dalla tesi qui presentata.

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considerato,si andò da unminimo dicirca 10.000a un massimodi 18.000copie.Fecero capo-lino sul gior-nale sia legrandi tema-tiche generalidel periodo(la ricostru-zione econo-mica e so-ciale delpaese, in uncontesto di mi-seria dilagante;il rapporto con le figure del passato re-gime; l’incandescente dibattito politicointerno, in una situazione internazionalemolto tesa, con i nuovi scenari che inizia-vano e delinearsi, ecc.), sia le tradizionalilinee-guida del pensiero anarchico(astensionismo, critica religiosa e anticle-ricale, emancipazione femminile, anti-autoritarismo, critica al marxismo, ecc.). Alcuni temi occuparono uno spazio parti-colare, tra questi senz’altro l’evoluzionedello scenario politico e istituzionale in-terno, che progressivamente andò defi-nendosi nel senso di repubblica parla-mentare di stampo liberal-democratico,provocando il malcontento diffuso di lar-ghe fasce di popolazione, tra cui certa-mente gli anarchici, i quali speravano in-vece, sulla scia della vicendaresistenziale, di poter arrivare alla defini-zione di un nuovo ordine sociale e poli-tico, che si doveva a loro avviso caratte-rizzare per una decisa alterità rispetto alpassato regime.Com’è noto, la situazione andò evol-

vendo insenso di-verso, eanche di que-sto furonoaccusati ipartiti di si-nistra, in par-ticolare ilPartito Co-munista Ita-liano, il cuiatteggia-mento diquegli annivenne rite-nuto daglianarchicicome lacausa princi-

pale del tanto avversato processo di «pa-cificazione sociale», che avrebbe inevita-bilmente condotto, a loro dire, non soloal mancato ottenimento di conquiste so-ciali auspicate in senso certamente piùradicale di quanto ottenuto, ma anche aimpedire un profondo riassestamentodella società italiana su basi più egualita-rie, anti-fasciste e anti-clericali. Ma, inun contesto di questo tipo, vani, seppurecomunque interessanti, risulteranno i ten-tativi operati dal giornale di incidere inmodo significativo nel dibattito politicocontemporaneo.«Umanità Nova» svolse anche un impor-tante ruolo all’interno dello stesso movi-mento libertario, supplendo alla man-canza di un apposito strumento didibattito e scambio d’informazioni tra imilitanti. Infatti, in quegli anni il previsto(e deliberato anche da vari Congressidella FAI) «Bollettino Interno» non riuscìa garantire una pubblicazione costante, acausa di problemi tecnici e organizzativi.Di conseguenza, UN dovette occuparsi

Alfonso Failla, scheda segnaletica. Sulla sua vita si veda PaoloFinzi (a cura di), Insuscettibile di ravvedimento, La Fiaccola, Ragu-sa, 1993.

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anche di pubblicare dibattiti interni almovimento (tra i più ricorrenti: organiz-zatori contro anti-organizzatori; la naturadell’azione sindacale; i rapporti tra il mo-vimento e i partiti di sinistra, ecc.), allevolte esplicitando le perplessità a svol-gere questo ruolo, sentito come assoluta-mente improprio rispetto a un giornaleche, ovviamente, si rivolgeva a un pub-blico più esteso. E infatti non mancaronodiversi lettori che, per le stesse motiva-zioni, spesso avanzarono critiche versoquesta prassi, sostenendo che essa to-gliesse spazio a contributi di altro generee che quindi limitasse pesantemente lestesse possibilità di crescita del giornale,perché molti dei lettori non avrebberotrovato alcun interesse per questioni rite-nute eccessivamente «interne».Importante fu anche il compito svolto da«Umanità Nova» rispetto al delicato pro-cesso di ri-costruzione di un senso identi-tario (dopo gli anni del fascismo), spessooperato riproponendo figure e avveni-menti della storia dell’anarchismo, e didefinizione di un approccio libertario ri-spetto alle varie espressioni filosofiche eculturali esistenti, in un tentativo di porrele basi per la creazione di una sorta dignoseologia libertaria fondata su basi co-muni minime; aspetto che per altro venneaffrontato in modo assolutamente fram-mentario e disomogeneo, anzi talvoltapesantemente contraddittorio, anche seresta assolutamente originale e interes-sante da analizzare proprio in virtù dellasua mancanza di unitarietà.La ricerca è stata effettuata analizzando isingoli numeri del giornale dalla sua fon-dazione (avvenuta nel luglio 1944) finoal 1953, integrando questi con l’esamedei vari «Bollettini Interni» della FAI editiin quel periodo, oltre che con alcuni testiritenuti fondamentali per comprenderemeglio sia la più generale realtà politica

italiana che quella specifica del movi-mento libertario italiano. Per diversi mo-tivi, invece, non è risultato molto signifi-cativo l’apporto scaturito dalle altre fontiparzialmente utilizzate: testimonianzeorali, volantini, documenti, altri perio-dici, ecc. Dei vari numeri di UN, è statoprodotto anche un database compren-dente, per ogni singolo numero, le tema-tiche prevalenti (inerenti sia a temi di ca-rattere generale che a questioni interne almovimento) trattate dagli articoli pubbli-cati.In particolare, è risultato fondamentalel’ausilio dell’Archivio Famiglia Berneridi Reggio Emilia e l’Archivio Storicodella Federazione Anarchica Italiana diImola, nei quali è presente quasi tutto ilmateriale utilizzato.Il 1953 è un anno importante nella storiadel movimento anarchico di lingua ita-liana e di UN: in quell’anno, infatti, laspaccatura interna alla Federazione Anar-chica divenne irreparabile a seguito diuna presa di distanza sempre più marcatadai Gruppi Anarchici di Azione Proleta-ria, che si erano costituiti come organiz-zazione autonoma a tutti gli effetti fin dal1951. Contemporaneamente, a Romamorì il personaggio che più aveva con-traddistinto il giornale in quel periodo,ossia Gigi Damiani.La ricerca non è stata pensata come unapprofondimento della realtà politica, so-ciale e culturale dell’Italia, né tanto menodella storia più specifica del movimentolibertario, ma si è limitata ad analizzarele vicende del periodo attraverso unachiave di lettura particolare, ossia il gior-nale anarchico UN, che è quindi contem-poraneamente sia la fonte principale chel’oggetto dello studio.

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Murray Bookchin, il teorico dell’ecologiasociale scomparso il 30 luglio 2006, èstato uno dei pionieri del movimento eco-logista scrivendo il suo primo saggiosulla questione ambientale già nel 1952.L’elaborazione di Bookchin parte dallapercezione del rischio di una catastrofeecologica e dal tentativo di comprenderele origini storiche e filosofiche di talecrisi al fine di proporne una possibile so-luzione. L’originalità del suo pensieroconsiste soprattutto nella convinzionedell’origine sociale del problema ecolo-gico e nell’individuazione della causadella rottura dell’equilibrio tra esseriumani e natura nella logica del dominiosviluppatasi nel graduale passaggio dalleprime società organiche alle società ge-rarchiche. Per ripristinare l’equilibrio traesseri umani e natura è necessaria quindiuna radicale trasformazione sociale chesostituisca all’attuale società gerarchicauna società ecologica. Bookchin evita siail dualismo natura/società che il riduzio-nismo dell'una nell'altra inserendo l’e-mergere della società umana all’internodel processo evolutivo naturale ed elabo-rando un naturalismo dialettico che con-sidera la società come una seconda na-tura emersa dalla prima. Bookchin ritienedunque fondamentale la costruzione diuna società ecologica e razionale, non ge-

rarchica e resa possibile dall’emergere diuna nuova sensibilità e di una nuova eticache si inseriscano in una prospettiva diumanesimo ecologico in cui assume unruolo centrale la definizione di una nuovatecnologia. Bookchin auspica inoltre losviluppo di una politica di base, forte-mente ispirata alla democrazia ateniese:la società ecologica deve dunque esserecaratterizzata dalla pratica della demo-crazia diretta, basata su assemblee popo-lari con pieno potere decisionale.L’applicazione politica dell’ecologia so-ciale è costituita dal municipalismo liber-tario il quale auspica lo sviluppo di liberemunicipalità di dimensioni contenute, de-centrate e caratterizzate dalla democraziadiretta. Al municipalismo si affianca ilconfederalismo che rende possibile larealizzazione della Comune non-autorita-ria delle comuni e la costituzione di unpotere realmente alternativo a quello sta-tale e con esso fortemente in contrasto.Infine la società ecologica non può pre-scindere neppure da un radicale cambia-mento economico che sostituisca all’at-tuale economia di mercato un’economiamunicipalizzata, caratterizzata dai prin-cipi della reciprocità e dell’interdipen-denza. Per la comprensione di Bookchinè importante la sua interazione con alcuniimportanti movimenti:

Dalla società gerarchicaalla società ecological’ethos libertario di Murray Bookchin

di Selva Varengo

Tesi di laurea in Filosofia, Facoltà di Lettere e Filosofia,Università degli Studi di Milano, a.a. 2005-2006

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– l’ecologia profonda: mentre l’ecologiaprofonda adotta una prospettiva biocen-trica, Bookchin rifiuta nettamente taleprospettiva che a suo parere nega l’uni-cità del ruolo degli esseri umani all’in-terno dell’evoluzione naturale e impedi-sce di comprendere le autentiche radicidella crisi ecologica giungendo a consi-derare colpevole l’umanità intera.– i Verdi: da un lato Bookchin rifiuta laloro trasformazione in partito e la sceltadella via parlamentare, dall’altro ap-prezza le istanze radicali e l’attenzioneper tematiche solitamente non affrontatedai partiti tradizionali.– il marxismo: Bookchin da un lato cri-tica gli aspetti autoritari e centralisti insitinel concetto marxista di organizzazione ela lettura classista della società incapacea suo parere di cogliere le problematichesociali emerse in epoca recente; dall'al-tro, non abbandona mai completamentele idee fondamentali del marxismo dalquale eredita alcuni importanti elementicome la concezione della libertà concretae il pensiero dialettico di derivazione he-geliana.– l’anarchismo: Bookchin nella sua ela-borazione riprende numerosi elementidella tradizione anarchica tra cui l’atten-zione all’individuo, la pratica della de-mocrazia diretta, il principio della spon-taneità, la fiducia nella capacità delsingolo di autogestirsi, il decentramento.Egli aderisce a un anarchismo sociale,molto distante dal lifestyle anarchism conil quale entrerà in diretta polemica.

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Estate. Esterno notte. Parco dell’ex O.P.Paolo Pini. Un gruppo di ragazzi, alticcima non troppo, discute animatamente se-duto sul prato. Fumo denso si solleva atratti da punti diversi del cerchio.

«Hanno fatto un albo dell’Uomo Ragnocon lui che al posto di finire sulle TorriGemelle si aggrappa alla bandiera ame-ricana...»

«Tse! Ci hanno fregato pure SpiderMan!E poi hanno sbagliato, perché lui è co-munista!»«Ma cosa dici?»«Sì, perché c’ha il senso del collettivo:lui salva la gente e neanche dice che èstato lui...»«E vabbeh, ma allora tutti i supereroi...»«Lui di più, perché combatte contro unsistema!»

L’antieducazione del «Faber»Il percorso poetico di Fabrizio De André e la sua «pedagogia politica»

attraverso la memoria di libertari e nondi Maria Luisa Dell’Acqua

Tesi di laurea in Scienze dell’Educazione, Facoltà di Scienze della Formazione,Università degli Studi di Milan-Bicocca, a.a. 2005-2006

Milano, anni Settanta, cena conviviale nella trattoria di «Gigi e Eugenia» di via Rovetta (vicino allesedi di «A» e del Centro studi libertari), a lungo ritrovo abituale degli anarchici milanesi; da sinistra adestra: Fabrizio De André, Fausta Bizzozzero, Gigi, Rossella Di Leo, Amedeo Bertolo, Eugenia.

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«E invece secondo me Batman e Robinsono ricchioni!»«Ricchioni e borghesi!»«E allora Dylan Dog? Io do di testaquando vedo un compagno che leggeDylan Dog.»«Scusate, ma allora De André?»«Che cosa c’entra De André?»«Era ricco.»«È diverso. Punto. Non toccarmi DeAndré!»«Sempre diverso, quando l’eroe è il tuo!»

Corre l’anno 2005. Comincia a bale-narmi l’idea di scrivere questo lavoro suDe André ed è inevitabile che la conver-sazione sopra riportata finisca immedia-tamente nel blocco degli appunti. Adoro ifumetti, anche se preferisco ai supereroigli antieroi. Però, si sa, per chi ha supe-rato i trenta è tutto diverso. Ma torno a De André, che per me è uneroe, e pure un antieroe. Infantile? Puòdarsi. Eppure molti libertari ci si sonopersi a tal punto, tra i meandri delle suecanzoni, da costringermi a pensare chelui, il Faber, centri parecchio con la loro– con la nostra! – formazione di anarchicie non solo. La mia tesi di laurea, dunque,parte da quest’idea prima di tutto auto-biografica (come succede che una fan-ciulla di buona famiglia, con un avvenirefin troppo chiaramente disegnato, manditutto in vacca in pochi anni e ne sia purecontenta?) e cerca riscontri nelle parole enelle scelte di altri che come me si sen-tono – o si sono sentiti – formati dallapoetica di Fabrizio De André.Ma – visto che di tesi di laurea in Scienzedell’Educazione si tratta – partiamo daun po’ più lontano: l’arte come veicoloper la formazione di una coscienza poli-tica. E poi, procedendo per deduzione, lamusica come espressione artistica di frui-zione immediata, e quindi, a chiudere il

cerchio, l’esempio deandreiano.A corollario di questo lavoro, a onor delvero più pratico (si gettano le premesseper un’ipotesi di laboratorio di forma-zione alla politica nelle scuole seconda-rie) che teorico, ho cercato di tratteggiarei nodi della poetica di Fabrizio De Andréper mostrarne la rispondenza ai valori li-bertari, filo conduttore poi delle intervi-ste in profondità, in cui ho dato parola siaa due libertari noti a molti (RomanoGiuffrida e Paolo Finzi) che ad altre per-sone che libertarie non sono.L’elaborato poggia su una bibliografiaampia (che avrebbe meritato ulteriori ap-profondimenti, specie in quanto alla partesull’educazione libertaria) che ho dovutotagliare per ragioni di equilibrio con ilresto del lavoro.E un’ultima nota sul titolo: parlo di «an-tieducazione del Faber», e molti dei mieicolleghi hanno osservato divertiti che giàsu un’espressione simile alcuni docentidi pedagogia potrebbero discutere perore. Può darsi. Così come è possibile chei (pochi) docenti che hanno letto l’elabo-rato siano inorriditi davanti al mio tito-lare il capitolo conclusivo «L’anarchianecessaria».Eppure l’ipotesi di partenza, e cioè cheformare alla politica significasse permet-tere e permettersi di esplorare a fondol’umano – ombre comprese! – e chel’arte fosse il veicolo più libero e libe-rante in tal senso, ha trovato confermenon solo nelle parole dei libertari, e dun-que «educare» è «antieducare», cioè darestrumenti che rendano liberi (un tale di-ceva che l’amore è un atto gratuito, edunque sovversivo). E ancora «l’anarchianecessaria», certo, in ambito accademicopuò suonare come una provocazione. Mabasta sostituire alla parola «Anarchia» laparola «Libertà» e nessuno avrà nulla daridire, chissà com’è?

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L’anarchicodella collina

Volpia cura di Fabio Iacopucci

… dalla fine dell’800 al1944 la storia di uominisemplici che hanno com-battuto per gli stessiideali di libertà e di ugua-glianza sociale, uominisemplici e ribelli che fuoridalla storia ufficiale sonostati la linfa vitale di quelmovimento sovversivo chenutrì le file della resi-stenza romana….

Agli inizi del Novecento,nella zona di San Paolo,tra Via Ostiense e Via diGrotta Perfetta, era attivoun nutrito gruppo di anar-chici tra questi, tutti resi-denti in quella porzione dicampagna, ancora pocoedificata, spiccava la fi-gura di Augusto Volpi uncostruttore edile e pro-prietario terriero. La fami-glia Volpi, di tradizionemazziniana, veniva daAcuto (Frosinone) doveAugusto era nato nel1868, e dove, con i quattrofratelli, maturò le idee li-bertarie. A Roma, divenne amico

di Errico Malatesta, di cuiprobabilmente era ancheun generoso finanziatore.Augusto, infatti, oltre apossedere un’ampia te-nuta che si estendeva daSan Paolo alla borgataLaurentina, era proprieta-rio di una fornace, allaMagliana, e di diverseosterie: padrone anomalo,che come tanti operai for-naciai, aveva abbracciatole teorie rivoluzionarie diBakunin.Nelle sue trattorie, comein quella di Via Marmo-rata a Testaccio, si riuni-vano anarchici, repubbli-cani e socialisti delquartiere. Augusto, oltre afar parte del circolo edu-cativo «Cesare Lucarelli»frequentato dagli anticle-ricali di Testaccio, mili-tava nel gruppo anarchico«Francisco Ferrer» e piùtardi fu nominato presi-dente del «Comitato proTestaccio» nel quale ope-ravano anche altre figuredi anarchici e socialistidella zona.Dalla moglie Angela nonebbe figli, ma nella suacasa crebbero i nipoti,figli del fratello persegui-tato dal fascismo. La vitadei Volpi non doveva es-sere stata facile durante ladittatura. Per le sue ideelibertarie Augusto pagò adismisura: tutte le pro-prietà gli vennero espro-priate dal Governatorato eIn

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Augusto Volpi. Le illustrazionidi questo brano sono ripresedal libro di Gianni Rivolta.

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quando morì, nel 1946,agli eredi non rimasequasi nulla.Nel generale clima di ri-costruzione dei primi annidel dopoguerra Volpiaveva messo a disposi-zione dei partiti antifasci-sti il piano terreno del suovillino. Il locale divennecosì un vero e proprio cir-colo culturale nonché unafrequentatissima sala daballo. D’altra parte nellazona della collina Volpinon c’era niente.Alla Collina abitavanoanche i due fratelli Di Pa-scali, anarchici che il re-gime fascista mandò im-mediatamente al confinoappena furono promulgatele leggi speciali.Italo, nato a Roma il 3maggio 1897, faceva ilmuratore e aveva parteci-pato alle manifestazionidel «biennio rosso». Nel1924 fu preso in una re-tata a ponte Milvio in-sieme ad altri sovversiviromani. Spedito al con-fino, raggiunse Lipari nel1926.Sarebbe dovuto rimanerecinque anni sull’isola, ma

in appello la pena fu ri-dotta a tre anni così, dopoessere stato trasferito aUstica, nel 1929 ritornò aRoma. Naturalmente Italoera sotto sorveglianza enel 1931 fu rispedito peraltri tre anni a Lipari, poia Ventotene e infine aPonza. Solo nel 1936 feceritorno a casa, ma furonotempi difficili per l’exconfinato senza lavoro econ la famiglia a carico.Nel 1945 Italo Di Pascalisarà tra i fondatori delgruppo anarchico «CarloCafiero» alla Garbatellaoggi sede dell’ammini-strazione della rivista «Li-bertaria».Una vita parallela ebbe ilfratello Antonio, nato nel1901, di professione ni-chelatore. Antonio, comeItalo, era anarchico epassò l’esistenza tra un’i-sola e l’altra, scontandoanni e anni di confino.Nel 1926 era a Lampe-dusa, poi a Ustica e infine

a Ponza. Nel 1932 in se-guito all’amnistia tornò acasa, nel villino A dellacollina Volpi.Per saperne di più sui sov-versivi del Testaccio ri-mandiamo al libro diGianni Rivolta.1

Gianni RivoltaI ribelli di Testaccio Ostiensee GarbatellaEdizioni Cara Garbatella,Roma, 2006

Nota1. Gianni Rivolta è nato adAbbiategrasso (Milano) nel1950. Da più di trent’anniabita a Roma dove lavoracome insegnante e giornali-sta pubblicista. Autore di nu-merose ricerche storiche a li-vello locale ha scrittoGarbatella mia e Quadernodella resistenza GarbatellaOstiense.

I fratelli Italo e Antonio Di Pascali.

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Tra le figure meno ricor-date della lotta antifasci-sta c’è Giovanni Bassane-si, esponente di Giustiziae Libertà e autore di uncelebre volo su Milano

nel 1930. Adesso un librone ripercorre la vicenda,gettando nuova luce sulsuo protagonista e ren-dendo giustizia alla sua

figura, troppo prestodimenticata. Qui ce ne

parla la nipote di Bassa-nesi, Donatella, che haavuto l’opportunità diascoltare i ricordi di

Camilla Restellini, vedo-va di Giovanni (morto

precocemente nel 1947),e di vedere le carte dello

zio, compreso un suomemoriale.

GiovanniBassanesi

«anarchico»di Donatella Bassanesi

Un libro che parla essen-zialmente di un sfida.Quella di Bassanesi versoMussolini: prima con ilvolo su Milano e il lanciodi volantini antifascisti,poi cercando con tutte leforze di opporsi all’entra-ta in guerra dell’Italia, eanche ponendosi in ogni

momento in condizioniestreme, pronto a sacrifi-care la propria di vita,non quella di innocenti.Ma c’è una sfida seconda.Quella dello scrittore.Che, evidentemente,segue con attenzionedocumenti inediti e arrivaa raccontare diversamenteda come fin ora è statofatto vita e morte di Gio-vanni Bassanesi. Nel rico-struire i momenti piùsignificativi, Nebiolo evi-denzia, a me pare, duequestioni che corrispon-dono a un pensiero liber-tario, e in un certo sensoanarchista: per un versonon riconoscersi nei parti-ti politici (e anche dire ilproprio dissenso), per unaltro assumersi soggetti-vamente la responsabilitàdi quelle «azioni» chefurono antifasciste.Alla fine del libro Nebio-lo, dopo aver illuminatodi una luce migliore que-sta vita tragica e tormen-tatissima, sottolinea laprofonda ingiustizia del-l’oscuramento in cui èstato collocato chi, dopoessere stato consideratocoraggiosissimo, per ilfatto di sfidare il pensarecomunemente accettatodivenne, nell’Italia libera-ta, eretico, da cancellare(mentre, in un certo sensocuriosamente, è ricordatocome un eroe in Svizzera,almeno nel Ticinese).

Giovanni Bassanesi. Lavita da spiato «sotto tiro»dell’OVRA a ragione dellasua «azione» famosa (ilvolo che, partendo dallaFrancia, con tappa nellaSvizzera ticinese, compìl’11 luglio 1930 su Mila-no, con un piccolo aereoFarman da cui furono lan-ciati manifestini antifasci-sti firmati «Giustizia eLibertà», una sfida che,temevano i fascisti avreb-be potuto ripetersi,mostrando la sostanzialeinconsistenza del regimee dei suoi cannoni). Unrivoluzionario internazio-nale, spesso incarcerato,spesso espulso, che viag-gia con documenti falsi.Le molte false identità(necessarie) rendono dif-ficile ricostruire l’intrec-cio di quelle relazioni fraantifascisti che nei primianni Trenta costituironoquel tessuto di cui sivedono quelle emersioniimprovvise (le azioni)intorno al quale si costituìquell’antifascismo cheresistette rendendosi in unqualche modo visibile, furesistenza.Anche i documenti, fino aquesto momento trovati,sono frammentari. Traccespezzate che non riesconoa rendere completamenteil tessuto dei rapporti.Tuttavia alcune cose sicapiscono, altre si intui-scono.

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Nella prima parte, il libroraccoglie i molti docu-menti che si riferiscono alvolo di Giovanni Bassa-nesi dando un quadro ilpiù possibile completodei fatti (un’«azione» nonfacile da organizzare, cheaveva richiesto un lavorolungo e segreto, e ancherapporti con i socialistisvizzeri che costituironouna base molto importan-te, riletta abilmente daglistorici della fondazionePellegrini-Canevascini:Butti, Genasci, Rossi). Neavevano scritto «a caldo»sul giornale di «Giustiziae Libertà». Poi, a libera-zione avvenuta, in scrittiche ricostruivano imomenti dell’antifasci-smo, così Garosci, Tar-chiani e altri. Più avanti,F. Fucci, Ali contro Mus-solini – i raid aerei anti-fascisti degli anni trenta,Mursia, Milano, 1978. Edi recente, G. Butti, P.Genasci, G. Rossi, L’ae-reo della libertà – il casoBassanesi e il Ticino, Ed.Fondazione Pellegrini-Canevascini, Bellinzona,2002.Si è detto che Bassanesisi allontanò da GL perdivergenze che si devonofar risalire al suo fondoanarchico. A un suo modosolitario di essere. Certamente nella lotta diliberazione dalle forme difascismo e nazismo gli

anarchici furono impor-tanti, sia per le riflessioniteoriche che nelle azionipratiche. Non pensavanoche si dovesse aspettaresperando in uno sciogli-mento inevitabile delleforme totalitarie. Erano leazioni assunte individual-mente, era assumersi laresponsabilità individualedi agire quello che dice-vano gli anarchici. Per-ché, mancando «democra-zia» e «libertà», ossiaprima di tutto «autogover-no dell’individuo», sidovevano formare queiparticolari individui per iquali l’assunzione dellaresponsabilità del giudi-zio finiva per coinciderecon «discipline che impli-cano un senso superiorenell’azione» (Diego AbadDe Santillan, Prefazione aC. Chiaraviglio, Civiltàdel lavoro e della libertà,Bocca, Milano, 1949, pp.11, 20). Quando «la ten-denza generale» portava«a controllare ed a irreg-gimentare ogni cosa, sop-primendo ogni iniziativaindividuale», allora sidoveva rivendicare «l’ini-ziativa individuale, il pen-siero eretico» (DiegoAbad De Santillan, Stato,rivoluzione e guerra, inGli anarchici e la Rivolu-zione spagnola, Bibliote-ca di cultura libertaria,marzo-aprile 1938, p. 20).Ci fu chi pensò che era la

Aerodromo di Bellinzona, 11luglio 1930: i fotogrammimostrano i preparativi primadella partenza del Farman perla missione su Milano. Nei primidue scatti vengono immortalatiGaston Brabant (a sinistra) edEnrico Marietta (a destra);negli ultimi due Bassanesi siinfila la tuta (Archivio Fonda-zione Pellegrini-Canevascini,Bellinzona).

Informazioni editoriali

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23 Informazioni editoriali

strada giusta. Bassanesiagì certamente in questosenso. Riconosciuto datutti capace di grandissi-mo coraggio (fu semprepronto a mettersi a rischiodi morte, ma non volevauccidere degli innocenti).Fu questa radicalità e que-sto coraggio a non per-mettergli di mediare (arendergli assurdo il com-promesso), a trattenerlo inquella zona del giudizioche lascia il soggetto inpace con se stesso, maspesso solo con se stesso.Fu anarchico?Ebbe certamente rapporticon anarchici. È rimastauna lettera a Berneri, unalettera a Bibbi. Sicura-mente ebbe rapporti conanarchici in Spagna. Lotestimonia un opuscoloche Bassanesi stesso pub-blicò a Nizza dove è regi-strata una conversazione-intervista del 1937 conBernardo Pou, dirigentedella CNT, conversazioneche avvenne nel carcere diPerpignan (al confine conla Spagna) in cui confron-tarono le opinioni sui fattidel momento, sull’Euro-pa.La seconda parte del libroè quella che suggerisce lequestioni che più ci fannopensare, e anche forsedire che «il fascismo nonè mai finito». Sono lequestioni suscitate dalracconto di una vita «non-

normale», che non si sot-tomette alle regole gene-rali, non si adatta ai silen-zi assordanti, affrontandole conseguenze (anche sedurissime).Alcune delle questioni incui Giovanni Bassanesi sidibatté in quegli annivanno oltre il suo tempo.Nel 1939 era tornato inItalia. Sapeva che sarebbestato un seguito di impri-gionamenti e persecuzioni(il carcere e il manicomio,secondo una prassi nonproprio rarissima).Perché tornò? Era inge-nuità? Fu coraggio?Cercava di sviluppare unacoscienza contraria all’en-trata in guerra. I volantiniche scriveva, gli appelli,

caddero nel vuoto. Perso-nalmente gli costaronomoltissimo. Di tutto ciòsembra non rimane nulla.E tuttavia la catena dimorti che produsse quellaguerra non torna forseoggi a interrogarci? Nonci chiede responsabilità,di prendere posizione difronte all’espansione sem-pre più devastante (anchedi civiltà) delle guerre?È la modernità – ossia lasocietà di massa (cheviene prima del totalitari-smo, lo crea, continuadopo e perciò può sempreriprodurlo), con le sueguerre, che rimangonosempre latenti (perché conle guerre si fanno gli affa-ri, c’è chi si arricchisce,anche se i più si impoveri-scono, e si distruggonociviltà) – a venire avantidallo sfondo di ciò chesembra oramai finito,superato, inattuale: unamodernità che inizia conla prima guerra mondiale,procede fino a noi comeun cumulo di catastrofiche ci appaiono in quellaluce fredda e spettrale dicose sepolte dall’allesti-mento di uno spettacolo.

Gino Nebiolo L’uomo che sfidò Mussolinidal cielo. Vita e morte diGiovanni Bassanesi, Rubbettino, Soveria Mannel-li (Catanzaro), 2006

Monaco di Baviera: Bassanesiin un’immagine «rubata» tro-vata negli archivi dell’OVRA.

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Il 22 luglio del 1894, nel comune diBerg, presso il lago Starnberg, TheresaHeimarth e il panettiere Max Graf diven-nero genitori per la nona volta. Al neona-to venne dato il nome di Oskar Maria.L’attività lavorativa della famiglia Grafprocedeva a gonfie vele anche grazie ainumerosi turisti, sempre più abbienti, cheaffollavano le sponde del lago di Starn-berg. Tuttavia la vita della famiglia Grafsubì un brusco mutamento nel 1906,quando morì improvvisamente il padre.Max, uno dei fratelli maggiori di Oskar,prese le redini della panetteria, alla qualepartecipò attivamente lo stesso Oskaraiutando in bottega o consegnando lemerci. L’esperienza lavorativa, per il gio-vane Oskar, si mostrò ambivalente: da unlato dovette fare i conti conl’autoritarismo del fratelloMax, da un altro le relazioni ei contatti con la popolazionegli aprirono nuovi orizzonti ediversi interessi culturali esociali. Un altro fratello,Mauro, riuscì ad appassionareil giovane Oskar alla letteratu-ra e alla filosofia avvicinando-lo a Ibsen, Strindberg, Tolstoj,Kant, Schopenhauer. Nel 1911 Oskar decise dilasciare la panetteria e rag-giungere Monaco di Bavierache prima della Grande Guer-ra rappresentava il maggiorcentro culturale della Germa-

nia. Proprio a Monaco, dove cercò dimantenersi con lavori saltuari, Oskarconobbe i gruppi anarchici e i circolibohémien. Il suo vicino di casa, un rile-gatore anarchico, gli fece leggere lo scrit-to di Gustav Landauer Aufruf zum Sozia-lismus (Appello al socialismo) e lo intro-dusse in contesti libertari, facendogliconoscere Erich Mühsam. Dopo l’incon-tro con Mühsam l’attività politica diOskar Graf s’intensificò. Conobbe tra glialtri Franz Jung, con il quale trascorsenumerose nottate a discutere e a fare bal-doria. Così ne riferisce lo stesso Graf:«Verso sera ci trasferivamo allora al cafédegli artisti ‘Stephanie’ e spillavamodenaro ai conoscenti. Questa vita selvag-gia mi piaceva moltissimo, scacciava

ogni preoccupazione. Si vive-va, in un certo senso, comesotto un velo. Quando ci sisvegliava al mattino presto siaveva un terribile mal ditesta, tutto appariva ancoranauseabondo. In quest’am-biente conobbi letterati d’o-gni tipo, pittori e gente parti-colare. Era un nuovo mondoe pensavo che qui iniziasse lamia nuova strada».Divenne amico del pittoreGeorg Schrimpf, anche lui expanettiere e pasticcere.Entrambi rifiutavano il lavorosalariato e manifestavano unaforte inclinazione per una vitaM

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Oskar Maria Grafuno scrittore «provinciale»

di Hans Müller-Sewing

BIOGRAFIE

24Memoria storica

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25 Memoria storica

vissuta in modo vagabon-do. Insieme si recaronopresso il lago Maggioreper condividere un’espe-rienza libertaria con alcu-ni compagni italiani. Nontutto filò per il verso giu-sto, come scrive lo stessoOskar: «I compagni ita-liani erano troppo vegeta-riani per noi, avevano let-teralmente la mania dellanatura, una situazioneche certo non fa per me».Nel 1913 Oskar feceritorno in Germania,prima a Berg, presso lasua famiglia. e poco dopoa Monaco. Ma ben presto si trasferì aBerlino, dove entrò in contatto anche quicon gli ambienti bohémien. Allo scoppiodel conflitto mondiale molti amici e com-pagni di Oskar partirono per la guerra.La situazione lo colpì molto: non si capa-citava di come potessero accettare unasituazione del genere proprio quei sog-getti che avevano sempre dichiaratofedeltà alle idee antimilitariste e si eranoprofessati anarchici. Oskar fece ritornoancora una volta a Monaco di Baviera eintraprese una ferma resistenza antimili-tarista. Si allontanò dal mondo bohémien,che non riteneva più attendibile dal puntodi vista politico, avvicinandosi a posizio-ni stirneriane. Nel 1916 venne comunqueesonerato dagli obblighi militari perchéconsiderato psichicamente disturbato.Lavorò a Monaco in una fabbrica e poialle Poste, tutte attività che non duraronoa lungo. Nel 1917 sposò Karoline Bret-ting e nel 1918 nacque la figlia Annema-rie. Sempre nel 1918 conobbe MirjamSachs, che diventerà la sua futura compa-gna, e diede alle stampe alcune poesie,alcuni racconti e il primo romanzo Die

Revolutionäre (I rivolu-zionari), nel quale pro-spettava una società basa-ta su una sorta di federa-lismo libertario e di rap-porti paritari fra esseriumani. Oskar oscillavafra un impegno politicointenso e un certo scetti-cismo verso tutti coloroche non sapevano farseguire i fatti alle parole.Non si fidava del proleta-riato, ma nemmeno degliintellettuali. Probabil-mente le tradizioni dellasua famiglia, di originecontadina, giocavano un

ruolo fondamentale nella costruzione diun’identità di questo tipo. Il suo approc-cio era a favore dell’individuo contro lasuperficialità che, a suo dire, esprimeva-no le masse.Con il passare del tempo il talento lette-rario di Graf si manifestò con maggioreevidenza. Scrisse tra l’altro anche duelavori di commento della produzione arti-stica del pittore anarchico Georg Sch-rimpf e di Maria Uhden. Nei primi anniVenti si dedicò, come drammaturgo, allaNeue Buhne, una compagnia teatrale dilavoratori. Oskar era solito distribuirebiglietti da visita dove si trovava il suonome accompagnato dalla dicitura: scrit-tore provinciale, specialità: cose di cam-pagna. Una sottolineatura delle sue origi-ni e della sua mentalità. I protagonistidegli scritti di Oskar Graf erano sovversi-vi, vagabondi, solitari, figure originali.Molti, non del tutto correttamente, hannovisto in Graf lo scrittore dei lavoratori,altri, non cogliendo completamente nelsegno, lo hanno considerato un documen-tarista bavarese. In realtà Graf (definitopersino il Boccaccio bavarese o il Gorki

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26Memoria storica

delle prealpi) è uno scrit-tore sempre fuori fuoco,distante da logiche bor-ghesi, ma di certo nonascrivibile all’orizzontemarxista. Nel 1926 entrònell’Unione degli scrittoritedeschi e divenne mem-bro del comitato per laliberazione di Max Holz,che languiva in prigioneda cinque anni a causa diintrighi politici. Nel 1933,con l’avvento del nazi-smo, dovette rifugiarsi inAustria. Come autore subìdelle limitazioni, ma para-dossalmente alcuni suoilavori non vennero con-dannati dal regime nazionalsocialista.Questo fatto scosse profondamente Grafche si accorse subito di quale subdolastrumentalizzazione stesse mettendo inatto il sistema, cercando di utilizzare aproprio piacimento alcune sue riflessionisulla vita della campagna bavarese. Aquesto proposito scrisse: «Dopo tutta lamia vita e tutto il mio scrivere posso solodesiderare che i miei libri vengano datialle fiamme piuttosto che essere utilizzatidalle mani insanguinate delle camiciebrune». A causa di queste sue prese diposizione i suoi libri vennero effettiva-mente bruciati e ben presto dovettelasciare l’Austria e trasferirsi in Cecoslo-vacchia. Lì aderì all’Unione degli scritto-ri proletari-rivoluzionari e fece anche unviaggio a Mosca grazie al contatto conalcuni scrittori sovietici. La conoscenzadel sistema politico sovietico non entu-siasmò Graf che in diverse occasioniebbe modo di denunciare la burocrazia el’autoritarismo di quel sistema. Nel 1938 Oskar e Mirjam si rifugiarononegli Stati Uniti. A New York finalmente

trovò la condizione idealeper scrivere in totale tran-quillità. La comunità tede-sca era davvero grande, labirra scorreva come inBaviera e lo scontro intel-lettuale non mancava dicerto. Eppure qualcosamancava a Oskar. Cosa?La vita della provinciabavarese. Anche a NewYork circolava in pantalo-ni corti di pelle e sognavala sua terra d’origine. Piùche mai era uno scrittore«provinciale». Fece ritor-no in Germania nel 1958,sempre in pantaloni cortidi cuoio. Tuttavia la situa-

zione in Germania era mutata e numerosiex nazionalsocialisti si mimetizzavanonel nuovo apparato di potere. Erano dun-que molti quelli che diffidavano di que-st’amante della terra originaria così stra-vagante e libero. A partire dai primi anniSessanta ebbe come interlocutori scrittoridel calibro di Heinrich Böll, GüntherGrass e Hermann Hesse. Nel 1962 sisposò con Gisela Blauner che aveva,come lui, trascorso molto tempo negliStati Uniti.Di Graf ci rimane il suo impegno politi-co, mai scontato, mai stereotipato, sem-pre in grado di suscitare clamore e dimettere alla berlina le classi dominanti.Nel 1966 prese pubblicamente posizionecontro la guerra del Vietnam, scrivendopersino una lettera a Paolo VI dove richie-deva la scomunica per tutti quelli che sischieravano in favore del conflitto.Muore a New York il 28 giugno del 1967e le sue ceneri sono seppellite a Monacodi Baviera.

Traduzione di Patrizia Grassiccia

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Umberto MontefameglioMetz (Francia) 25-5-1935 –Vizzolo Predabissi (Milano) 26-1-2007

Abbiamo conosciuto Umberto trent’annifa, quando lavorava come giornalista allaMondadori, e da allora abbiamo fatto unlungo cammino assieme. Già negli anniSettanta, è stato promotore con noi di unComitato stampa libertaria che ha concor-so a quella che allora si chiamava con-troinformazione. Ma nel corso del tempo,in linea con la sua prorompente inventiva,ha collaborato nei modi più svariati allavita del nostro centro studi, ad esempiodonando molti dei mobili che ne hannocostituito l’arredamento iniziale (peraltroprovenienti da uno dei suoi tanti progettieditoriali, il Club della pipa) o creando ilprimo sito del centro studi (e di Elèuthera)quando avere un sito non era ancora cosìscontato. Molto attiva d’altronde la suacollaborazione anche con le iniziative edi-toriali, traducendo per le edizioni Antista-to prima e inaugurando la fotocomposi-zione per Elèuthera poi. Indimenticabili leserate passate insieme a fare le ultime cor-rezioni sui testi editoriali, in un ambientepiccolissimo, pieno di fumo, dove saetta-vano inarrestabili le sue bestemmie controdio, il mondo e i misteri dell’informatica;serate che spesso e volentieri si conclude-vano con un qualche suo exploit gastrono-mico. Al di là dei nostri ricordi, vogliamosalutare Umberto con la nota biograficache ci hanno inviato le sue figlie, Adrianae Antonella, che oggi portano avanti ilsuo ultimo progetto editoriale, il Club degliAutori:

«Umberto ha iniziato l’attività giornalistica

a 17 anni come aiutante del corrispon-dente da Torino della ‘Gazzetta dellosport’ allora diretta da Gianni Brera. Avent’anni non ancora compiuti è statoassunto dal quotidiano ‘Il popolo nuovo’di Torino dove ha svolto il praticantatodivenendo giornalista professionista il 1°gennaio 1958, a soli 22 anni, e rimanen-do per parecchio tempo il più giovanegiornalista italiano. Nell’arco di trentasetteanni ha lavorato con diverse mansioni(cronista, capocronista, inviato, redattorecapo, direttore) nei quotidiani ‘Il Popolo’,‘L’Italia’, ‘L’Avvenire’, ‘La Notte’, ‘Il Gior-no’, in diverse radio e televisioni private e,negli ultimi quindici anni di professione,nei periodici del gruppo Mondadori. Quiè stato membro del Comitato di redazionee ha fatto parte della Consulta sindacale.Di questa sua attività gli piaceva ricordaredi essere stato il primo giornalista-sinda-calista a ottenere il riconoscimento dellaqualifica di giornalista anche per i graficie i fotogiornalisti.Personalità eclettica e anticonformista,sempre attento a tutte le innovazioni, èstato uno dei primi a credere nella diffu-sione del web creando uno dei portalidedicati alla letteratura agli albori di inter-net (e vincendo due premi del ‘Sole24ore’ nel 1996). Ultimamente, oltre adirigere la rivista da lui fondata ‘Il Clubdegli autori’, era presidente dell’omonimaassociazione, istituita con lo scopo di pro-muovere gli autori esordienti, e webmasterdel network culturale www.club.it. Nono-stante l’età avanzata era ancora unappassionato motociclista, conosciuto nel-l’ambiente come ‘nonno Biker’, tanto cheuna sua simpatica caricatura era apparsasul numero 11/2004 del mensile ‘Focus’.Il suo motto era: la mia patria è il mondointero, la mia legge è la libertà».

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28Immaginazione contro il potere

Il klezmer,la musica

povera deighetti

di Furio Biagini

Il Klezmer, parola yiddishche etimologicamente de-riva dalla fusione di dueparole ebraiche kli ezemer, letteralmente stru-mento musicale, è una mu-sica tradizionale ebraica.Ma più che uno stile musi-cale è un atteggiamento«anarchico» di libera ade-sione alla musica e allavita; una musica di libertàche viene dalle profonditàdell’anima e vuole emo-zionare chi la suona e chil’ascolta attraverso espres-sioni di dolore e di soffe-renza, ma anche di gioia,di esuberanza e d’ironia.Nata nel xv secolo all’in-terno delle comunità ebrai-che dell’Europa orientalefu sviluppata da musicistiitineranti, chiamati kleyz-morim o kleyzmerim, chesi spostavano da una loca-lità all’altra per scelta ocostrizione. Le forme mu-sicali presenti nel loro re-pertorio provenivano dauna vasta area geograficache comprendeva l’impero

austrungarico, l’impero za-rista e alcune aree dell’im-pero ottomano, tanto chevi ritroviamo elementi te-deschi, magiari, boemi,bulgari, transilvani, turchi,greci, ucraini, oltre natu-ralmente agli influssi dellamusica tzigana.Originariamente la parolaklezmer si riferiva esclusi-vamente agli strumentimusicali successivamente

venne a indicare i musici-sti stessi. È solo dalla metàdel XX secolo che il ter-mine è usato per identifi-care un genere musicaleparticolare. Prima di alloraci si riferiva a questo stilecome musica yiddish, tal-volta chiamata FreilechMusic, espressione yiddishche significa «musica fe-lice» o «musica allegra». Ilgenere è facilmente identi-ficabile con caratteristicheed espressive melodie chericordano la voce umana,con i suoi pianti e le sue ri-sate. Il che non è una coin-cidenza in quanto lo stileimita principalmente ilcanto del chazan, il can-tore di sinagoga, e i motiviparaliturgici e le melodiechassidiche. Ogni tecnica èusata per raggiungere loscopo dai khrehhts, i so-spiri, ai dreydlekh, chepossiamo definire comeuna forma particolare ditrilli e vibrazioni. Se ini-zialmente sarà il violino lostrumento più importante,in seguito acquisterà unruolo principale il clari-netto. Non mancherannotuttavia gli ottoni, in parti-colare la tromba, le percus-sioni, il cymbalon e il vio-loncello.Il repertorio, che origina-riamente attinge ai temidella devozione tradizione,è composto da musichedanzanti che accompa-

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NOTE DI RIVOLTA

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27 Immaginazione contro il potere29

gnano i principali eventidella vita ebraica come imatrimoni, le circonci-sioni, i Bar Mitzvah (ceri-monia che segna la rag-giunta maggioritàreligiosa), e le feste e i ritiche scandivano l’anno li-turgico. Ma nel corso deltempo, proprio per il suocarattere di musica libera eimprovvisata, il klezmer fusempre più spesso condan-nato dalle autorità politi-che e religiose che ne chie-devano addirittura laproibizione o quanto menoil contingentamento, tantoche in alcuni periodi fupossibile esibirsi solo intrio ma non in quartetto.Tra l’Ottocento e il Nove-cento l’antisemitismo fucausa di un esodo di massache vide milioni di ebreispostarsi dall’Europa del-l’Est verso il nuovomondo, in particolare gliStati Uniti e l’Argentina.La musica klezmer nonandò perduta, ma si me-scolò con altre musichepopolari, come il primojazz e il tango, contri-buendo in modo determi-nante al loro sviluppo. Si-curamente favorì questoincontro la familiarità conl’improvvisazione e il ri-fuggire da schemi fissipreordinati. Nello stessotempo si formò un nuovotipo di musica klezmer cheunì alla tradizione yiddishelementi della coeva mu-

sica americana, soprattuttojazz e swing.Mentre in Europa era statosoprattutto il violino ilprincipale strumento dellatradizione klezmer, negliStati Uniti fu invece il cla-rinetto a fungere da vei-colo del nuovo interscam-bio di culture: Artie Shaw,Benny Goodman e WoodyHerman erano musicistiebrei, come pure GeorgeGershwin (che si chiamavain realtà Jacob Gersho-vitz). In Argentina tra i vir-tuosi suonatori di tango sipossono rintracciare esecu-tori ebrei di grande perso-nalità come i violinistiSimon Bajour, Raul Ka-plun, Bernardo Stalman,José Nieso e il trombettistaNoé Scolnik, solo per ci-tarne alcuni. Anche se ra-ramente ce ne rendiamoconto, molto della musicaklezmer è confluito nellamusica del nostro secolo.Col tempo anche il klez-mer è andato commercia-lizzandosi e in qualche mi-sura è decaduto ma, comescrive Moni Ovadia, «nelsuo profondo mantiene isuoi geni di musica ‘po-vera’. Proveniente da unacultura a lungo vessata edisprezzata, è musica‘sporca’, mai salottiera,non è fatta per essere com-merciale, anche se loscempio mercantile nonl’ha risparmiata».

Addio a Lugano

Addio a Lugano è il titolonon casuale dell’ultimo Cdprodotto da Marco Fusi,clarinettista libertario cheda tempo porta in giro perl’Italia la musica klezmercon il suo gruppo YeshGvul. Anche questo unnome non casuale perchériprende quello dell’orga-nizzazione israeliana cheraggruppa gli obiettori dicoscienza – uomini edonne – che rifiutano dipartecipare ad azioni dipolizia nei Territori occu-pati o ad azioni militari fi-nalizzate alla difesa dellecolonie ebraiche in queglistessi territori. Un’organiz-zazione (e un’azione) cheil gruppo musicale appog-gia concretamente soste-nendola finanziariamenteattraverso i concerti cheorganizza e la vendita deiCd.

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In un album di famiglia c’èsempre una foto di gruppoche fissa, in un istante, l’ac-cavallarsi di storie e genera-zioni.Immagini banali, eppurevere. In questa siamo allafine di aprile, nel 1974.Le facce sono serie e sfocatecome si conviene a un fune-rale anarchico.Perché quel corteo che passaper Via dei Taurini, propriodavanti alla vecchia reda-zione di «Umanità Nova» alnumero 27, è il funerale diAldo Rossi e Anna Pietroni[vedi Bollettino 12]: i «vec-chi» che, con Attilio Para-tore, avevano mandato avanti,per anni, il settimanale dellaFAI. Ci sono i compagni diRoma. Ma ci sono anchequelli di Viterbo e Trieste,della Puglia e della Toscana.Ci sono i «vecchi»: quellipassati per la resistenza, o perla guerra di Spagna. E cisono i «giovani»: quelli chegli eventi, nel giro di pochimesi, avrebbero irradiatonelle mille orbite di un as-surdo big bang. Visi risuc-chiati dalla clandestinità, odal privato, dalla perseve-ranza, o dall’inerzia…Generazioni di un movi-mento, anarchico, di una co-munità, alla fine del 1974.

30Album di famiglia

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Roma, 1974L.V.

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31 Anarchivi

Centreinternationalde recherches

sur l’anarchisme:

cinquant’anni

ben portatiQuello che è senza dubbiol’archivio anarchico auto-gestito quantitativamentepiù consistente e interna-zionalmente più riccocompie quest’anno ilmezzo secolo di attività. Egiustamente intende cele-brare questa ricorrenzacon una grande festa fis-sata per il 17-18 settembredi quest’anno nella pro-pria sede di Losanna (siveda il programma sul sitodel CIRA). Approfittiamo diquesta ricorrenza per pub-blicare una breve schedadi presentazione del centrosvizzero e il loro appello amantenere viva e attivaquesta «istituzione» indi-pendente.

Chi entra al CIRA vede perprima cosa dei libri. Ditutte le dimensioni e in

tutte le lingue: gli scaffaline sono stracolmi. Vi sipossono consultare all’in-circa 16.000 titoli, tra librie opuscoli, pubblicati tra il1840 e ieri. Sono tutti cata-logati informaticamente,cosa che permette di farericerca per nomi, parolechiave, soggetti. Ma si puòanche passeggiare tra gliscaffali e fare piacevoliscoperte: tutto è accessi-bile.Il CIRA è stato fondato aGinevra nel 1957. Si è ini-zialmente costituito grazieai fondi archivistici e bi-bliotecari raccolti dalla ri-vista bilingue «Réveil/Ri-sveglio», pubblicata aGinevra da Luigi Bertonitra il 1900 e il 1947, e alletante pubblicazioni rice-vute nel corso dei decenni

da quella testata in cambiodel giornale o conservatepresso la Biblioteca Ger-minal. Nei primi anni, iltutto si limitava a qualchescaffale con alcuni libri.Poi sono cominciati ad ar-rivare mucchi di giornali efondi archivistici da smi-stare. Nel 1964 il CIRA hatraslocato a Losanna unaprima volta e dal 1968,quando tutti i gruppihanno iniziato a pubblicaree tutti gli editori commer-ciali a includere titoli anar-chici, è stato urgente e ine-vitabile ingrandirsi. Ma labiblioteca ha iniziato a vi-vere soprattutto grazie allenumerose visite da tutto ilmondo e ai legami di co-noscenza che si sonocreati. Dal 1974 al 1989, diritorno a Ginevra con unanuova equipe, il CIRA hacominciato a partecipare aconvegni internazionali e apubblicare ricerche. Con ilcontributo di collaboratricie collaboratori competenti,i cataloghi hanno via viaacquisito un carattere piùprofessionale. Nel 1990 ilCIRA è tornato infine a Lo-sanna, nei locali che si spe-rano definitivi. L’attualesede è stata costruita dauna cinquantina di compa-gne e compagni che, alter-nandosi, vi hanno lavoratocon l’aiuto di un architetto(e di un’impresa per leopere più difficili).Nel frattempo gli scaffali

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32Anarchivi

sono diventati molti di più:i periodici archiviati sonoormai migliaia e alcune te-state costituiscono dellecollezioni importanti,come «Freedom» di Lon-dra (posseduta dal 1886 aoggi), «L’Adunata dei Re-frattari» di New York (pos-seduta dal 1922 al 1971,anno della sua chiusura),«Le Libertaire» di Parigi(ancora in corso di pubbli-cazione e posseduto dallasua creazione nel 1895).Ma sono presenti anche letante testate che hannoavuto una durata ben piùbreve, anche di uno o duenumeri soltanto. Vi sonoperiodici di tutti i tipi: bol-lettini sindacali, riviste teo-riche, fanzine, fogli di or-ganizzazioni, giornalettiliceali… Le collezionisono raramente complete,ma generalmente si sadove è possibile trovare inumeri mancanti.Lungi dall’essere rivoltosolo al passato, al CIRA sipossono leggere o sfo-gliare anche le riviste e igiornali anarchici pubbli-cati attualmente nel mondointero. Infatti il CIRA riceveregolarmente dai cento aiduecento periodici in corsodi pubblicazione, scritti intutte le lingue parlate daipopoli dell’anarchia.

All’inizio del 2007, è statolanciato un appello perraccogliere i fondi neces-

sari a comprare una partedel terreno in cui ha sedel’archivio: servono150.000 franchi svizzeri(circa 100.000 euro). Ametà giugno 2007 è giàstato raccolto l’80% diquesta somma: è necessa-rio ancora un piccolosforzo per garantire al CIRA

di poter continuare il suoprezioso lavoro.

Per i contributi è possibileusare paypal o fare un bo-nifico bancario (niente as-segni però) presso:Banca Coop di Basilea,

conto 310985.29.00.90-6IBAN CH20 0844 03109852 9009 0, SwiftCOOPCH BB, Clearing8448

Centre international de recherches sur l’anarchismeAvenue de Beaumont 24CH-1012 Lausanne(dalla stazione bus n. 5 finoalla fermata CHUV)aperto dal lunedì al venerdìdalle ore 16.00 alle ore 19.00,oppure su [email protected]://anarca-bolo.ch/cira

L’Anarchik un po’ invecchiato ma sempre arzillo che Roberto

Ambrosoli, il suo ideatore [vedi Bollettino n. 23], ha disegnato per

la raccolta di fondi a favore del CIRA.

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33 Anarchivi

Anarchiain rete

di Patrizio Biagi

L’anarchia, di cui al titolo,non è da intendersi comeanarchia con le spalle almuro, in trappola, e quindiin rete. Né è da intendersicome disorganizzazionecaotica di quella entità vir-tuale che va sotto il nomedi Internet. Ci s’intende,molto più semplicemente,riferire a quei siti che pro-fessano idee libertarie edanarchiche. Una parentesicuriosa, esiste un sitohttp://anarchia.com/, che adispetto del nome non hanulla a che fare né con l’a-narchia né con gli anar-chici, essendo semplice-mente un sito da cui sipossono scaricare pro-grammi e altre cose gratis.Qui si potrebbe dire chescatta una specie di «filo-sofia» per cui si identificatutto ciò che è gratuito conl’anarchia tout-court! Tornando ai siti che anar-chici sono si può dire chene esistono in buon nu-mero ma, come accade pertutto ciò che si muovenella rete, pochi sonoquelli buoni, molti sonoquelli mediamente digni-tosi, tanti sono quelli chepotrebbero essere definiti,tanto per non sembrare fe-

roci, pura paccottiglia. Un sito che non rientra inquest’ultima casistica per-ché ben curato ed anchemolto interessante è quellodi R. A. Forum – Ricerchesull’anarchismo(http://raforum.info). Sitoimprontato al multilingui-smo (vi sono sezioni infrancese, inglese, olan-dese, portoghese, italiano,tedesco, esperanto, sve-dese, ecc.), R. A. Forum è«…un sito web interattivoe un database in inglese,francese e italiano, di arti-coli, discussioni, tesi e bi-bliografie relative ad arte,cinema, musica, lettera-tura, politica e storiaVi sono incluse brevi bio-grafie e testi riguardo aiprincipali scrittori classicie contemporanei.Vi sono inoltre links dovesono disponibili testi com-pleti di scritti politici. Altrecaratteristiche di questosito includono discussionion-line, forum e notizie surilevanti eventi contempo-ranei». Nella sezione italiana sipossono trovare articoli diPietro Ferrua su John Cageo sul film Patagonia Re-belde (con un link al fil-mato), o articoli ripresi da«Umanità Nova», su mu-sica e anarchismo, unabreve storia del movimentoanarchico bulgaro, scrittada George Balkanski, epubblicata su «A rivista

anarchica», ecc. Vi sonoinfine segnalazioni dell’u-scita di libri di Elèuthera,di Zero in condotta, ecc., e,nella sezione teatrale vienesegnalato un Canto perVanzetti, il sogno di unemigrato italiano, scritto ediretto da Luciano Nattinoe tratto da lettere e docu-menti del Fondo Vanzetti –Istituto per la Storia dellaResistenza e della SocietàContemporanea di Cuneo.Girando per tutte le sezionitematiche in lingua italianasi ha l’impressione che ilmateriale presente sia unpo’scarno, a volte piuttostoinsufficiente. Mi viene inmente la sezione «sindacali-smo» in cui l’unico riferi-mento è alle Lettere sul sin-dacalismo di BartolomeoVanzetti il quale è poilinkato (e quindi rimanda)ai cataloghi on-line del Cir-colo Carlo Vanza e del CIRA.Aldilà delle carenze, dovutesicuramente a oggettive dif-ficoltà fisiche, R. A. Forumresta comunque un sito davisitare e da scoprire sia persemplici curiosi che per stu-diosi.

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34Storia per immagini

Carles Fontserè è morto aGerona (Catalogna) il 4 gen-naio 2007, alla veneranda etàdi 90 anni. Era nato a Barcello-na nel 1916. Era consideratouno dei principali esponenti delcartellonismo e della fotografiadella sua generazione. Giova-nissimo, durante la rivoluzionee la guerra civile spagnoladisegnò numerosi manifesti,principalmente per la CNT e laFAI, ma anche per il POUM el’UGT. Nel 1939 andò in esilio,dapprima a Parigi, poi a Cittàdel Messico e infine a New

York. Lavorò anche a Hollywood. Nel1973 tornò a Gerona. Nel 1989 fu insi-gnito dalla Generalitat di Catalogna dellaCroce di San Giorgio. Negli ultimi annidella sua vita si impegnò attivamente perla restituzione delle «Carte di Salaman-ca», cioè dei documenti sequestrati daifranchisti a organizzazioni, istituzioni esingoli individui e conservati nell’Archi-vo General de la Guerra Civil Españoladi Salamanca. In particolare, chiedevaper sé la restituzione dei disegni origina-li dei suoi manifesti, sequestratigli a Bar-cellona nel 1939. La rivista «Libertaria» ha pubblicato nel

n. 1-2 del 2007 un suo inte-ressante testo sui manifestidel 1936-1939, scritto nel1983 per una esposizione iti-nerante organizzata dallaDirección general de BellasArtes. Piccolo aneddoto nostro.Una decina di anni fa, dipassaggio a Milano per unamostra di manifesti, Font-seré è venuto inaspettata-mente a trovarci al Centrostudi libertari e ci ha fattodono di una copia autografa-ta di quello che è forse ilsuo manifesto più famoso,quello del contadino e delgrido «Llibertat!».

Carles Fontseré, un cartellonista libertario della rivoluzione spagnola

GRAFICA

Carles Fontseré (1916-2007). I manifesti riprodot-ti nella pagina successiva sono statitutti eseguiti a Barcellona nel corsodel primo anno di guerra.

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Nel corso del tempo Carles Fontseré hascritto a più riprese le sue memorie auto-biografiche, sia in quanto militante, sia inquanto grafico. Qui di seguito segnaliamo le sue opere piùimportanti:

Memóries d´un cartellista catalá,Portic,1995;Un exiliado de tercera en París durante lasegunda guerra mundial, Acantilado,2004;París, Méxic, Nova York memóries,Proa, 2004.

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36Storia per immagini

Ovviamente Fontseré non è stato l’unicografico che ha messo la sua matita al ser-vizio della lotta antifascista. Anzi, sul-l’onda rivoluzionaria c’è stato un fioriredi creatività in tutti i campi artistici e dun-que anche in quello grafico.

Qui accanto riportiamo due noti manife-sti di un altro grande cartellonista liberta-rio della guerra civile spagnola, ArturoBallester (Valencia, 1890-1981), che varicordato insieme al fratello Vicente. Giàattivo durante gli anni Trenta, la sua pro-duzione si inserisce nella scia tracciata daJosep Renau, ovvero il «padre» della gra-fica propagandistica con contenuti forte-mente sociali che segnerà quell’epoca.

Molte sue realizzazioni rimandano a unacerta monumentalità e retorica, comequella qui pubblicata che incita il conta-dino a lavorare per sostenere il popolo chelo ha liberato. Se ne distacca invece l’m-magine sorridente del miliziano con il fu-cile alzato, che ben esprime l’atmosfera«gioiosa» delle prime fasi rivoluzionarie.

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La luna piena è sopra Ragusa e le nuvolecorrono veloci sulle pietre di Ibla e lestrade della città, accompagnate dallavoce di Rosa Balistreri che canta «stase-ra vado e corro con il vento per aprire leporte della storia / stasera voglio dareper un momento vita al passato e allamemoria». Così ha inizio il viaggio attraverso ilricordo e la memoria, dedicato a FrancoLeggio e contenuto in un breve quantointenso film Franco Leggio, un anarchi-co di Ragusa, prodotto dall’Associazioneculturale Sicilia Punto L e diretto daPino Bertelli. In altre parole le persone, gli amici, icompagni che hanno potuto conoscere efrequentare Franco «l’anarchico ragusa-no», scomparso lo scorso 15 dicembre2006.Il film di Bertelli non è «un documenta-rio, una ricostruzione biografica dellavita di Franco Leggio, ma un omaggio aun uomo e alle sue battaglie per unmondo migliore, all’Utopia che ha così alungo saputo coltivare e spargere ai quat-tro venti». E Bertelli riesce nell’intentodi trasmettere tutta l’umanità, l’etica e lapolitica «proletaria» che hanno accom-pagnato Leggio nel corso della sua vita,che fu intensa e faticosa e militante.Nato nel 1921, Franco Leggio è stato unanarchico estremamente coerente con isuoi princìpi, eticamente vivo e perenne-mente contro il potere e i suoi servitori.

Tutti lo ricordano come una persona maidistaccata, sempre generosa, disinteres-sata e leale fino all’estremo; una menteacuta, curiosa, sempre aperta. Franco hasaputo coniugare in modo rigorosamentecoerente la vita quotidiana e l’impegnomilitante. Formatosi nelle prime lotte antifascistesemiclandestine inizia la sua azionelibertaria e antimilitarista con la som-mossa armata a Ragusa del gennaio1945 a fianco dei «non si parte», ovverodi quanti si oppongono al richiamo allearmi. Conosce il duro lavoro nelle miniereragusane e partecipa all’occupazione eautogestione delle stesse prima di esserecostretto a emigrare, un’emigrazionedurata vent’anni, non solo in Nord Italiama anche all’estero.Dovunque vada la sua presenza attiva nelmovimento anarchico italiano e non èsempre rilevante. A Genova prenderàparte ai duri scontri del luglio 1960.Nello stesso anno inizia la sua lunga atti-vità editoriale fondando le edizioni «LaFiaccola», di cui si occuperà per decen-ni. Nel 1969 il ritorno definitivo a Ragu-sa, avvenuto in seguito all’attentato diPiazza Fontana e all’omicidio di Pinelli.Impegnato a spingere un movimento inaffanno verso un salutare bagno nellarealtà, intravede le novità che si agitanoin un mondo che sta cambiando e inter-viene in esse e con esse, sempre coinvol-

Franco Leggio, anarchico ragusano

a cura di Lorenzo Pezzica

VIDEO

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38Storia per immagini

to in prima persona, intuendo tra l’altrol’importanza di battaglie come quellaanticlericale, che porterà avanti congrande energia.Il film di Bertelli intreccia gli avveni-menti della storia con quelli della memo-ria attraverso un viaggio dove al centroc’è la vita di un uomo, le sue scelte, ilsuo pensiero, le sue passioni. E colpisce per l’intensità delle immaginie delle parole, come quando è rievocatala sommossa dei «non si parte», narrataanche attraverso le parole di MariaOcchipinti (Ragusa, 1921-Roma 1996),protagonista di quella sommossa, comeracconta nella sua autobiografia recente-mente ripubblicata da Sellerio. Non è mai facile cercare di proporre unricordo senza cadere nella trappola della«retorica» e della piatta commemorazio-ne. Il film di Bertelli non ha corso que-sto rischio e riesce a restituire intatto ilricordo di un militante e della sua lotta«per un mondo migliore».

Franco Leggioun anarchico di Ragusaregia di Pino Bertellitesto e voce di Pippo Gurrieridurata 42’01’’marzo 2007una produzione Sicilia Punto L – Ragusawww.sicilialibertaria.ite.mail: [email protected]

Riferimenti bibliografici

su Franco Leggio si veda l’antologia:Avanti avanti avanti con la fiaccola nel pugno e con la scureEdizioni La Fiaccola, Ragusa, 1999

su Maria Occhipinti si veda:Una donna di Ragusa (1957)Sellerio, Palermo, 1993

Il carrubo e altri raccontiSellerio, Palermo, 1993Maria Occhipinti. Una donna liberaSellerio, Palermo, 2004

Riproduciamo qui la copertina del video rea-lizzato da Sicilia Punto L. Si può visionare ilfilmato anche sul web all’indirizzohttp://www.brightcove.com/title.jsp?title=71e precisamente sul ChristieBooks Channel,che oltre a questo offre una ricca scelta di fil-mati anarchici in varie lingue.

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39 Storia per immagini

Mi piace ricordare, tra le immaginiche ho di Franco Leggio nell’albumdella memoria, due istantanee diquasi mezzo secolo fa.Prima immagine: Genova, novem-bre 1961. Incontro per la primavolta Leggio e i suoi baffi da tarta-ro nella vetusta sede anarchica dipiazza Embriaci. Sono venuto daMilano, con un pacco di carta, perciclostilare il mio primo volantino(il primo volantino del nostro grup-po, il Gruppo Giovanile Libertario:eravamo allora tre, compagni diliceo). Gli anarchici di Milano,all’epoca, non solo non avevanouna sede, ma neanche un ciclosti-le. Leggio ciclostilò quel volantino.Seconda immagine: Parigi, ottobre1962. Siamo sul pianerottolo dellescale all’ultimo piano di una casadi semiperiferia. Franco mi fa sca-letta perché possa arrivare allafinestrella sul soffitto mansardato.Apro la finestra, salgo sul tetto,salto su un balcone, entro dallaporta-finestra lasciata fortunata-mente aperta. Apro la porta d’in-gresso a Franco… Effrazione? No,semplicemente avevamo dimentica-to le chiavi uscendo (pensavo leavessi prese tu…) e la serraturaera a scatto. Io, latitante per ilsequestro del vice-console spagno-

lo, alloggiavo in quell’appartamen-tino (una «casa sicura» dei compa-gni spagnoli) e Franco, venuto aParigi per delle riunioni relativealle attività clandestine della resi-stenza libertaria spagnola, era«mio» ospite. Eravamo per l’ap-punto di ritorno da una di quelleriunioni… Il nostro comportamentodi fronte alla porta chiusa, non ècerto ineccepibile per un latitante eun «clandestino». Noi comunque cisiamo fatti una bella risata.È così che voglio ricordare FrancoLeggio, coi suoi baffi e la sua risa-ta.

Un ricordo personaledi Francodi Amedeo Bertolo

Venezia, settembre 1984, Incontro internazio-nale anarchico: Franco Leggio (a destra, diprofilo), con Maurice Laisant (di fronte) eDominique Girelli (di spalle)

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40Varie ed eventuali

PizzeriaSacco eVanzetti

di Elis Fraccaro

Nonostante l’indiscutibileamicizia e la tragediadello loro vicenda, l’ideadi apparire appaiati nel-l’insegna di una pizzerianel profondo Nord-Estsicuramente avrebbe fattosorridere anche loro: Bar-tolomeo Vanzetti e NicolaSacco, l’uno di Cuneo,l’altro di Torremaggiore(Foggia). Certo non giure-rei che l’uso delle dueicone dell’anarchismoabbia suscitato grandidibattiti qui a ConcordiaSagittaria, ai confini dellaprovincia di Venezia, vistoche per molto tempo non èstato affatto raro checlienti e fornitori chiedes-sero del Sig. Sacco e delSig. Vanzetti, scambiando-

li per i nomi dei proprieta-ri, come d’altra parte siusa fare. Complicazioniinutili avranno pensato iconcordiesi, gran lavorato-ri sicuramente e sensibi-li… se si tratta di «schei».Storia strana questa delNord- Est, dove non esisteun kilometro quadratosenza una fabbrica o uncapannone, ma con unascolarizzazione tra le piùbasse d’Italia. Non faeccezione ConcordiaSagittaria, poco più di10.000 abitanti e 5 metrisul livello del mare, cosìche a ogni acquazzone unpo’ più violento, si dovevasalire sul campanile pernon andare a mollo. Terraricca ora, ma fino a qual-che decina di anni fa chipoteva scappava, inseguitodalla miseria e dalla mala-

ria che qui era endemicacome la fame. Che cisiano i soldi si vede. Dallacura delle case e villettesparse con i loro giardiniordinati e un centro stori-co restaurato e pulito.È il ciclo della storia.Prima c’erano i Romani,no, non quelli di Romaladrona, gli altri. Si chia-mava allora Julia Concor-dia e la gente veniva qui acoltivare la terra e a com-merciare trovando stradecomode e lastricate. Forsetroppo comode, la Postu-mia e l’Annia, vanto del-l’Impero, tant’è che da lìarrivarono variopintepopolazioni con «do cornipar capeo» che al confron-to malaria, peste e innon-dazioni messe insiemeerano rose e fiori. Ipotizzando e scherzando,così come si fa in auto, unpo’ per conversare e unpo’ per passare il tempo,cercavo con FrancescoCodello di immaginare leragioni di una pizzeriaintitolata a Sacco e Van-zetti in un posto dove anostra memoria non risul-tavano esserci stati négruppi né singoli militanti.In fondo eravamo venutifin qui proprio per questo:«missione speciale» delCentro studi.Il posto si presenta bene, ècarino, il cibo è buono.Valter – uno dei proprieta-ri – ci racconta la storia,V

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CURIOSITÀ

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41 Varie ed eventuali

ma ha fretta: proprio sta-sera deve andare a unconcerto. Erano partiti incinque nel 1994, prestorimasti in tre: Valter,Carlo, Luigi, generazione‘68. Tutti di sinistra, consimpatie vagamente liber-tarie. Da sfondo la culturaunderground di Kerouac,Ferlinghetti, Ginsberg,Burroughs, Corso... ma afarli scegliere il nome delloro futuro locale fusoprattutto il film diMontalto e la struggentecanzone di Joan Baez chefaceva da colonna sonora.«Per noi – dice Valter, ilpiù giovane dei tre – lastoria di Sacco e Vanzettiuniva emblematicamentedue aspetti cui ci sentiva-mo legati: quello socialedella lotta, della ribellionealla profonda ingiustiziache questa vicenda avevasvelato, e quello dell’ami-cizia. In questo localeabbiamo presentato libri eorganizzato concerti disolidarietà, l’ultimo perEmergency. Continua-mente inseriamo nellanostra attività ragazzi eragazze del vicino Centropsichiatrico, nella convin-zione che attraverso illavoro comune, nella rela-zione amichevole, sipossa dare un reale aiutoa chi il disagio lo vivetutti i giorni».Francesco guarda i mani-festi affissi un po’ dovun-

que, i documenti america-ni dell’epoca, che sem-brano veri, i menù con le«Pizze speciali Sacco eVanzetti» e una citazionedel vicecomandante Mar-cos. Allontanandociosserviamo il ritrattodipinto a mano postoall’entrata. Sotto gliinconfondibili e severibaffoni di BartolomeoVanzetti ci sembra comedi scorgere un sorriso.

Da covo dianarchici

a sushi -bar di A.B.

Il «Corriere della Sera»del 10 giugno scorsoriportava con rilievo enecrologico rimpianto laprossima trasformazionedella grapperia Il Resen-tin di via Mercato a Mila-no che, dopo venticinqueanni di acquavitesca car-riera, lascia il posto a unsushi-bar. Ci si lasci par-tecipare, a modo nostro,all’elaborazione del lutto.Prima di diventare, inlinea con la trasformazio-ne del quartiere Garibaldi,un tempio della grappa(«70 gusti differenti»!),quel locale si chiamavaOsteria da Gabriele. Eraun ritrovo di artisti e (per

lo più) aspiranti artisti edintorni… Ai marginitopografici e sociali diBrera, era una versione«povera» del bar Giamai-ca (noto ritrovo di artisti).Un’osteria a metà tra ilproletario e il bohémien,con quadri di pittorimisconosciuti alle pareti.Bene (ed ecco il motivodi questa nota), in quel-l’Osteria, nel 1963, siritrovavano almeno unavolta alla settimana i gio-vani anarchici milanesi(tra cui il sottoscritto), perfilosofare e complottare.Avevamo vent’anni o giùdi lì…

GossipUn nostro collaboratoreromano che vuol mante-nere l’anonimato ci fanotare una strana nemesistorica avvenuta nel corsodi quel feuilleton su sessoe potere che ha squassatol’Italia, generalmentedefinito Vallettopoli. Eccoquanto ci scrive: «Non sose il giudice Woodcocksia nipote del nostroGeorge. Sta di fatto cheha fatto arrestare il nipotedi Paolo Schicchi [il por-nomanager RiccardoSchicchi] perché rimedia-va prostitute per il nipotedi Umberto I…». Corsi ericorsi storici...

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42Cover story

Quello che la stampa francese avrebbesoprannominato «l’Arsenio Lupin diGrenoble» nasce a Roma il 29 giugno1900. Raoul Saccorotti comincia a fre-quentare il movimento anarchico a 16anni a Genova, dove la sua famiglia s’ètrasferita dopo la morte prematura delpadre, funzionario del ministero delle Fi-nanze. Nel 1918 viene arrestato perazioni antimilitariste. Liberato grazie aun’amnistia, viene nuovamente incarce-rato nel luglio 1921 per avere preso parteagli eventi di Sarzana, dove la popola-zione si era opposta ai raid fascisti.Nel 1926 Raoul va in esilio. Si imbarcacome infermiere a bordo di una navedella White Star Line che va da Liver-pool a Bombay e ne approfitta per farepropaganda libertaria tra i marinai. Nel1930 si trasferisce in Francia. Dapprimasi impiega nel cantiere della diga di Sau-tet, dove fa propaganda antifascista tra ilavoratori immigrati italiani, poi si trasfe-risce a Domane, un villaggio dell’Isère, ecomincia a lavorare per un antiquario diGrenoble.È a questo punto che Raoul, constatandoche i buoni borghesi di Grenoble ammuc-chiano un gran numero di oggetti di va-lore nelle loro cantine e nelle loro sof-fitte, decide di ricorrere alla reprimeindividuelle (l’esproprio individuale), perridistribuire queste ricchezze inutilizzate.Gli saranno attribuiti tra 200 e 300 furticon scasso, tutti realizzati a Grenoble

COVER STORY

Raoul Saccorotti(1900-1977)

di Phil Casoar

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negli anni Trenta. Usando come coper-tura il suo lavoro d’antiquario, Raoulvende in sale d’aste gli oggetti trafugati.Il denaro così raccolto viene utilizzatoper aiutare i più bisognosi della coloniaitaliana di Grenoble e Domane e, succes-sivamente, durante la guerra di Spagna,per acquistare indumenti, viveri e armiper i miliziani libertari.Smascherato nel febbraio del 1938,Raoul riesce a sfuggire spettacolarmentealle mani della polizia di Grenoble, maviene arrestato a Marsiglia nel luglio suc-cessivo. Nel corso della sua fuga, che loporta a Parigi e Barcellona, Raoul vieneaiutato da diversi anarchici, tra cui losvizzero Lucien Tronchet, il parigino Lu-cien Feuillade (alias Luc Daurat) e Char-les Ridel, il futuro Louis Mercier Vega[vedi Bollettino 9 e 10].Condannato a quattro anni di prigione,

l’«Arsenio Lupin di Grenoble», vienesuccessivamente internato nel campo diconcentramento di Fernet, assieme adaltri «indesiderati». Espulso in Italia nel 1942, viene nuova-mente arrestato dalle autorità fasciste.Rinchiuso nel carcere genovese di Ma-rassi e poi confinato alle Tremiti, evadedopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.Nel 1944 avrebbe collaborato con Raf-faele Paoletti, dirigente ligure del Partitocomunista clandestino, passando mes-saggi e materiale alla Resistenza.Verso la fine del 1944 Raoul raggiunge ifratelli Oscar e Fausto, artisti rinomati, inuna villa di Portofino dove erano sfollatiper sfuggire ai bombardamenti di Ge-nova. Dopo la guerra si trasferisce a Mi-lano, dove incontra la sua terza moglie,una principessa georgiana: Olga Eristoff.Personaggio avventuroso ed eccentrico,generoso ed avvincente, Raoul Saccorottimuore a Genova nel 1977.

traduzione di Amedeo Bertolo

Phil Casoar sta lavorando a una biogra-fia di Saccorotti. Sarà grato a chi vorràfornirgli informazioni, dirette o indirette,al suo indirizzo e-mail:[email protected]

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LUGLIO 2007Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli

via Rovetta 27, 20127 Milano – corrispondenza: C.P. 17005, 20170 Milanotel. 02 28 46 923 – fax 02 28 04 03 40

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stampato e distribuito daelèuthera editrice – via Rovetta 27 – 20127 Milano