Cronaca di una specialità · 2012-10-18 · Pietro Ichino ci hanno insegnato, superando...

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1 Licenziamenti nel settore pubblico e la riforma dell'art. 18 Cronaca di una specialità Il dibattito scaturito con la riforma dell'art. 18 ha colpito in maniera inaspettata il mondo sonnolento della pubblica amministrazione, che lontano dalle logiche della privatizzazione si riteneva escluso da quel dibattito che tanto stava animando il settore privato. Come è accaduto con il decreto legislativo 276/2003, in materia di riforma del lavoro flessibile, e con il d.lgs. 66/2003, in materia di orario di lavoro, il datore di lavoro pubblico non è mai tra i promotori o sostenitori di queste norme. Le subisce e, quando sono in dirittura di arrivo, si pone il problema dell'applicazione, riuscendo a spuntare una semplice (e non sempre chiara) norma contenente un percorso di armonizzazione o di deroga. La stessa cosa è accaduta con il processo di riforma del mercato del lavoro avviato dal Governo Monti, ora il ddl AS 3249 (oggi legge 92.2012) recante "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita", che avrà delle ricadute nel settore pubblico non solo con riguardo ai licenziamenti, ma anche con riferimento al ricorso al lavoro flessibile. Misure quest'ultime che avranno pesanti ricadute sui rinnovi dei contratti a termine nelle pubbliche amministrazioni, di cui le pubbliche amministrazioni hanno sempre abusato. Parleremo di norme che sono in continua evoluzione e che probabilmente cambieranno, visto l'acceso confronto in atto nel mondo del lavoro su tali proposte. Il diverso contesto e le diverse origini Per comprendere le finalità di questa riforma del mercato del lavoro e le specificità e punti di convergenza rispetto alla riforma del settore pubblico è utile ricordare i motivi che hanno spinto a promuovere tale provvedimento. La relazione illustrativa al provvedimento esordisce affermando che "il disegno di legge recante Disposizioni in materia di

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Licenziamenti nel settore pubblico e la riforma dell'art. 18 Cronaca di una specialità

Il dibattito scaturito con la riforma dell'art. 18 ha colpito in maniera inaspettata il mondo sonnolento della pubblica amministrazione, che lontano dalle logiche della privatizzazione si riteneva escluso da quel dibattito che tanto stava animando il settore privato. Come è accaduto con il decreto legislativo 276/2003, in materia di riforma del lavoro flessibile, e con il d.lgs. 66/2003, in materia di orario di lavoro, il datore di lavoro pubblico non è mai tra i promotori o sostenitori di queste norme. Le subisce e, quando sono in dirittura di arrivo, si pone il problema dell'applicazione, riuscendo a spuntare una semplice (e non sempre chiara) norma contenente un percorso di armonizzazione o di deroga. La stessa cosa è accaduta con il processo di riforma del mercato del lavoro avviato dal Governo Monti, ora il ddl AS 3249 (oggi legge 92.2012) recante "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita", che avrà delle ricadute nel settore pubblico non solo con riguardo ai licenziamenti, ma anche con riferimento al ricorso al lavoro flessibile. Misure quest'ultime che avranno pesanti ricadute sui rinnovi dei contratti a termine nelle pubbliche amministrazioni, di cui le pubbliche amministrazioni hanno sempre abusato. Parleremo di norme che sono in continua evoluzione e che probabilmente cambieranno, visto l'acceso confronto in atto nel mondo del lavoro su tali proposte. Il diverso contesto e le diverse origini Per comprendere le finalità di questa riforma del mercato del lavoro e le specificità e punti di convergenza rispetto alla riforma del settore pubblico è utile ricordare i motivi che hanno spinto a promuovere tale provvedimento. La relazione illustrativa al provvedimento esordisce affermando che "il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di

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riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” mira a realizzare un mercato del lavoro dinamico e inclusivo, idoneo a contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, ripristinando allo stesso tempo la coerenza tra la flessibilità del lavoro e gli istituti assicurativi." Finalità che si collocano nel percorso di riforme avviato dal Governo in carica con i provvedimenti in materia di liberalizzazioni e semplificazioni e che mirano a rendere il contesto normativo in materia più favorevole all'impresa, più rigoroso in merito al ricorso al lavoro flessibile e comunque più certo e semplificato per tutte le parti. Una riforma, come è emerso dal dibattito, che si è incentrata su uno scambio, che poco vedremo riguarda il settore pubblico, tra maggiore semplificazione e minori tutele nei processi relativi ai licenziamenti da un lato e maggiori vincoli e oneri nel ricorso al lavoro flessibile dall'altro. Uno scambio o contemperamento di interessi tra le parti del mercato del lavoro, che poco coinvolge il settore pubblico in quanto i vincoli in materia di lavoro flessibile sono prevalentemente di carattere finanziario ma, dato l'art. 97 della Cost., non possono prevedere la tutela reale della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato e in quanto il fenomeno del recesso nel rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni è veramente circoscritto. La "flessibilità in uscita" Il tema che tratteremo, e che ha attirato anche l'attenzione dei media, è in particolare quello dei licenziamenti. Istituto che il settore privato, è giusto ricordarlo, ha chiesto di semplificare e che il settore pubblico, possiamo dirlo, ha raramente applicato. Occorre partire da questo dato empirico per ricordare che ci troviamo di fronte a due mondi del lavoro ben differenti e non tanto dal punto di vista normativo. Quello privato, che non può sopportare un inutile costo del lavoro in caso di crisi economica o tollerare nella propria organizzazione comportamenti individuali sanzionabili disciplinarmente con il licenziamento; e il mondo del lavoro pubblico, che invece opera sul deficit spending, che non si pone il problema di crisi finanziaria ma che anzi è portato a

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svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale. I casi di recesso pertanto sono così rari che solo pochissimi dirigenti (e solo con riferimento al licenziamento disciplinare) si sono imbattuti nelle difficoltà probatorie di un processo del lavoro e nella dichiarazione di illegittimità del licenziamento. Anzi essendo pochi i casi di licenziamento disciplinare nel pubblico, questi hanno riguardato il più delle volte fattispecie così gravi, spesso fondate su condanne penali, che difficilmente il giudice del lavoro ha potuto dichiarare l'illegittimità del licenziamento. Illegittimità che, è bene subito ricordare, porta oggi anche nel settore pubblico come conseguenza al reintegro. Una serie di difficoltà rappresentate dai direttori del personale delle ppaa sono state affrontate dal legislatore della riforma con il d.lgs. 150/2009. Come ad esempio: le modalità di pubblicità del codice disciplinare, la fattispecie del licenziamento per falsa attestazione della presenza o per rifiuto al trasferimento o il coordinamento tra procedimento penale e disciplinare. Ma la differenza, ancora una volta, è che si tratta di norme non richieste dal datore di lavoro pubblico (es. Dirigenti, Anci, Regioni o Upi), ma anzi imposte allo stesso. Imposte dal legislatore e in alcuni casi anche avversate dal datore di lavoro pubblico. Diversamente, nel settore privato tali disposizioni sono richieste dalle associazioni dei datori di lavoro. Ritorna il tema del datore di lavoro pubblico come fictio iuris. In generale, per entrare nel merito del dibattito, l'evoluzione del diritto del lavoro porta oggi a dire che il lavoratore non può essere protetto prescindendo dalle condizioni economiche dell'impresa (dell'Ente) e compromettendo l'attività economica. Nell'attuale contesto storico ed economico il diritto non può ignorare le esigenze di efficienza e competitività del sistema economico, come tra l'altro Marco Biagi e Pietro Ichino ci hanno insegnato, superando l'approccio tradizionale del diritto del lavoro. Se la tutela del lavoratore non può spingersi fino a compromettere la libertà e le opportunità di impresa, considerati interessi oggetto di tutela costituzionale, ancor di più è possibile spingersi nel caso del datore di lavoro pubblico, del quale occorre

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garantire il buon andamento e la possibilità di erogare i servizi. In quest'ultimo caso l'interesse da contemperare e da salvaguardare non è quello privato dell'imprenditore (ex art. 41), ma quello pubblico e generale di assicurare i servizi, che si fonda sull'articolo 97 della Costituzione, nonché sugli articoli che richiamano l'intervento della Repubblica nell'assicurare l'uguaglianza sostanziale ed una serie di diritti sociali fondamentali. La crisi finanziaria di alcuni Stati europei e la crisi del debito sovrano, accompagnata da una crescita della pressione fiscale, tra le più alte al mondo, fanno capire come il settore pubblico, se non vuole svolgere un ruolo di mero erogatore di stipendi deve avere lo strumentario normativo per avviare processi di riorganizzazione efficaci e semplificati, al fine di salvaguardare le funzioni. Detto questo, per approfondire la questione occorre ricostruire l'attuale quadro normativo, per capire quindi l'impatto delle nuove norme contenute nel disegno di legge e in particolare negli articoli 13, 14 e 15. Ai nostri fini occorre distinguere tra due macro fattispecie: quella dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (come la situazione economica o funzionale) e quella dei licenziamenti disciplinari (giustificato motivo soggettivo). Fattispecie che hanno per la PA specifiche regolamentazioni nel d.lgs. 165/2001, rispetto a quanto previsto nel settore privato, e che "incontrano" ad un certo punto sia la legge 604/1966 che la legge 300/1970, in un rapporto tra legge speciale (il d.lgs. 165/2001) e norma generale (norme sui licenziamenti individuali e Statuto dei lavoratori). Occorre inoltre ricordare che l'art. 51 del richiamato d.lgs. 165/2001 precisa che "la legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti". Inoltre, l'art. 2, comma 2, del d.lgs. 165/2001 afferma che "i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa", con esclusione delle specifiche disposizioni contenute nel richiamato decreto legislativo del 2001. Quindi occorre distinguere tra l'apparato

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sanzionatorio relativo alle conseguenze del licenziamento invalido (vedi art. 18) e le norme che disciplinano le fattispecie e le procedure che portano all'estinzione dell'obbligazione rapporto di lavoro. In merito a queste ultime, di recente il legislatore ha aggiornato le norme per il settore pubblico, rendendole maggiormente applicabili e superando una serie di criticità che impedivano l'effettiva e piena applicazione delle norme in materia. Si vedano le integrazioni all'art. 55 e seguenti del d.lgs. 165/2001 in materia di licenziamento disciplinare e la modifica integrale dell'art. 33 in materia di licenziamento collettivo. Anche qui occorre ricordare che, se vi sono stati diversi casi di licenziamento disciplinare, non risultano casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo pur ricorrendone sovente i presupposti, soprattutto oggi dopo l'ampliamento delle fattispecie, con la novella all'art. 33 del d.lgs. 165/2001 apportata dalla legge 183/2011. Altrettanto rari i licenziamenti per responsabilità dirigenziale per grave inosservanza delle direttive ai sensi dell'art. 21, comma 1, del d.lgs. 165/2001. Risulta evidente che esperiti i due specifici percorsi (disciplinare e giustificato motivo oggettivo economico) per il settore pubblico si incontra, in caso di licenziamento privo di giustificazione (diverso da inefficace o discriminatorio, in quest'ultimo caso è nullo), il reintegro come tutela ai sensi dell'art. 18 della legge 300/70, prescindendo dal numero dei dipendenti. La proposta del Governo prevede come è noto una modifica all'art. 18 della legge 300/70, che contempla in caso di licenziamento per motivi economici, privo di giustificazione, non il reintegro, ma "un'indennità risarcitoria onnicomprensiva, determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo". La modifica ultima al testo, oggetto di acceso confronto politico, prevede la reintegrazione nel posto di lavoro e il pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, nell’ipotesi in cui il giudice accerti la manifesta

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insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il tema della flessibilità in uscita viene affrontato, quindi, erroneamente a parere di chi scrive, nella fase della tutela (art. 18 della legge 300/1970), e non nella fase dell'individuazione delle cause e motivazioni, con delle tipicizzazioni puntuali. Nella proposta del Governo viene toccato, altresì, il tema delle conseguenze del licenziamento illegittimo per vizi di forma, prevedendo per tali ipotesi (violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, della procedura di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604) che il giudice dichiari risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento, "ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o sesto" del nuovo articolo 18. L'impatto e l'utilità di tale riforma vanno valutati alla luce dei contesti produttivi ed organizzativi dei diversi "mercati" del lavoro e non in astratto. Nel caso del settore pubblico si pone, di fronte al pagamento di un indennizzo, il problema della responsabilità erariale, in quanto il dirigente incorrerebbe nella stessa se non venisse prevista un'esclusione (come nella conciliazione). Tale modifica della tutela pertanto, se non esclusa per il settore pubblico, senza le garanzie in materia di responsabilità erariale, disincentiverebbe ancor più il dirigente nell'attivare il già raro procedimento di licenziamento. Inoltre, per un bilancio di una PA, pagare in un'unica soluzione tante mensilità di indennizzo potrebbe compromettere ulteriormente e irreversibilmente il bilancio, preso a riferimento per giustificare il licenziamento.

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L'applicazione di questa parte della riforma anche al settore pubblico, e quindi prevedere in caso di annullamento del licenziamento per giusta causa solo un indennizzo, dovrebbe contenere dunque qualche specifica nel settore pubblico, al fine di evitare effetti paradossali. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel settore pubblico Il tema si pone con un certo interesse soprattutto rispetto al nuovo articolo 33 del d.lgs. 165/2001, che non trova ancora una giurisprudenza e delle problematiche applicative, ma che è il caso di approfondire in occasione di questa riforma del mercato del lavoro. Il procedimento novellato dalla legge 183/2011 risulta particolarmente semplificato dal punto di vista delle causali di giustificazione del licenziamento, in quanto fa riferimento a tre fattispecie: soprannumero rispetto alla dotazione organica, eccedenze in relazione alle esigenze funzionali ed eccedenze in relazione alla situazione finanziaria. Si tratta nel settore pubblico di tre fattispecie che si fondano quasi sempre su atti formali e che costituiscono una base probatoria certa sulla quale difficilmente il giudice di merito potrebbe sindacare (come in generale ribadito dall'art. 30, comma 1, della legge 183/2010). E' utile in questa sede fare alcuni esempi. Gli atti di organizzazione e le dotazioni organiche, con le quali attestare le eccedenze, sono atti organizzativi di natura regolamentare, soggetti a formalizzazione in base alla riserva di legge di cui agli artt. 2, comma 1, e 6 del d.lgs. 165/2001. Le esigenze funzionali possono essere di carattere macro, e quindi fondarsi su una cessione di funzioni, la gestione associata delle stesse, le varie forme di esternalizzazione, e necessitano pertanto di atti formali di carattere organizzativo, certi, spesso supportati da documenti di bilancio e dal parere del collegio dei revisori. Vi può essere in questo caso anche una dimensione micro e gestionale, che può avere effetti in termini di riduzione e trasformazione delle attività connesse ai processi di innovazione tecnologica e di razionalizzazione, e che potrebbe basarsi su atti gestionali formalizzati come piani della performance, di informatizzazione o i piani di razionalizzazione di cui all'art. 16 del DL 98/2011. La terza fattispecie,

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di particolare gravità e attualità nell'attuale periodo storico, riguarda le eccedenze per situazioni finanziarie. E' evidente innanzi tutto che "le situazioni finanziarie", richiamate al comma 1 dell'art. 33, costituiscono fattispecie diverse dal "giustificato motivo oggettivo economico". Il dato finanziario, innanzi tutto, è meno aleatorio e incerto di quello economico. In questo quadro i numerosi tetti di spesa sul personale e l'irrigidimento delle misure sul patto di stabilità rendono chiari, insindacabili e persino inderogabili i presupposti per i quali ci si può trovare di fronte a gravi situazioni finanziarie. Alcuni casi sono ad esempio: il non rispetto del tetto di spesa per il personale, il taglio significativo dei capitoli di funzionamento e per le locazioni degli stabili, il mancato rispetto del patto di stabilità o le situazioni di deficitarietà strutturale o di dissesto, il mancato rispetto del tetto di spesa sul fondo di finanziamento ordinario per le Università, il mancato rispetto del piano di rientro nella sanità, et. Ovviamente l'applicazione di queste norme apre per il settore pubblico tutta una serie di problematiche mai affrontate, come ad esempio i criteri di scelta per gli esuberi. In questo caso il settore pubblico non avendo molti profili specialistici non potrebbe tanto far affidamento sulle "esigenze tecniche e produttive", ma sui carichi di famiglia e l'anzianità, da decidere poi se anagrafica o aziendale (vedi art. 5 legge 223/91). Dal punto di vista della tutela, l'impugnazione (disciplinata ai sensi della legge 604/1966 e della legge 223/1991) nel caso di specie dovrebbe riguardare la messa in disponibilità di cui al comma 7 dell'art. 33, ma potrebbe interessare anche degli atti presupposti (atti di organizzazione e bilancio). Dopo la messa in disponibilità il settore pubblico ha un meccanismo di gestione della mobilità attraverso gli articoli 34 e 34bis del d.lgs. 165/2001 molto procedimentalizzata, di assoluta garanzia, ma che potrebbe generare ulteriori casi di contenzioso, rispetto ai criteri di assegnazione di detto personale. Quindi, per maggior chiarezza, il tema della tutela prevista dall'art. 18 si pone, nel caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, già rispetto alla procedura prevista dall'art. 33 del d.lgs. 165/2001.

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Differenziare o convergere? Posto che non è ancora certa quale sarà la scelta definitiva del legislatore in materia di art. 18, per capire quale scelta politica effettuare in merito all'esclusione o meno del settore pubblico dalla riforma del lavoro occorre fare qualche breve considerazione sulle esigenze del settore pubblico. La riforma del sistema sanzionatorio previsto dall'art. 18, come è noto, è stata chiesta dal mondo dei datori di lavoro del settore privato per poter avere minori impedimenti e maggiore flessibilità in uscita e per poter affrontare meglio andamenti economici ciclici e repentinamente mutevoli. Nel settore pubblico tale "semplificazione" non sembra essere necessaria, sia per la maggiore prevedibilità delle situazioni di crisi sia per la certezza e dimostrabilità delle stesse dal punto di vista probatorio. Ma probabilmente il tema investe in generale le politiche e i comportamenti della PA, in quanto il vertice politico di un'amministrazione pubblica (e quello amministrativo) si adopera sovente per mascherare le gravi situazioni finanziarie e quindi per evitare i licenziamenti e, prima ancora, le sanzioni connesse al mancato rispetto delle norme di finanza pubblica. I diversi casi di fallimento di città, asl e regioni, tardivamente scoperti e ripianati dalle finanze pubbliche, sono a tutti noti. Il paradosso circa la possibilità per il datore di lavoro pubblico di utilizzare i "benefici" della riforma, come il non reintegro in caso di mancanza dei presupposti per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è che in questo caso non ci troveremmo di fronte a scelte di libertà aziendale, ma per la maggior parte a situazioni attestate e certificate di mutamento delle funzioni o di criticità finanziarie che ben giustificherebbero (anzi richiedono) "la riduzione o la trasformazione di attività o di lavoro". Partendo dalle fattispecie concrete quindi è possibile concludere che il datore di lavoro pubblico non avrebbe difficoltà a dimostrare la veridicità e congruenza dei casi in cui necessita ricorrere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo economico e assicura inoltre una tutela ulteriore rafforzata con il meccanismo dell'assegnazione ai sensi degli articoli 34 e 34bis del d.lgs. 165/2001.

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Circa la scelta di applicare anche al settore pubblico questa riforma, è interessante ricordare, da ultimo, come il d.lgs. 110/2004 ha modificato l'art. 24 della legge 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi, prevedendo per "datori di lavoro non imprenditori che svolgono, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto" l'applicazione delle disposizioni di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, cioè il pagamento dell'indennizzo in luogo del reintegro. Data questa particolare deroga, non sarebbe strano (ove non paradossalmente già ricomprendibili per i settori cultura e istruzione) immaginare di includere per questa via anche le pubbliche amministrazioni pubbliche, che certamente sono "datori di lavoro non imprenditori". Da scongiurare, in tale materia, scelte pasticciate come richiami ai principi o a processi generici di armonizzazione, che non soddisfano l'esigenza principe della certezza del diritto e delle tutele. La scelta operata dal Governo nel disegno di legge attraverso l'art. 2 non è delle più felici, in quanto al primo comma fa riferimento genericamente al fatto che le disposizioni della riforma "per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2 del medesimo decreto legislativo." Un'affermazione che non fa riferimento a criteri e principi per una delega da esercitare successivamente, ma che anzi qualifica le norme come principi per l'immediata regolamentazione. Il comma 2 dello stesso articolo non appare altresì adeguato, in quanto prevede che "il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche." Una mera funzione di indirizzo politico, che non potrebbe esercitarsi in modo concreto se non attraverso atti legislativi ed eventuali accordi contrattuali. L'art. 2, in parole povere,

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sembra più una nota e un pro memoria in vista di qualche altra scelta che verrà definita durante l'iter parlamentare del provvedimento e che dovrà contenere certamente una delega, nonché un chiarimento circa il regime transitorio da applicare. Nel testo sono inoltre previste delle esplicite esclusioni per il settore pubblico, come quella all'art. 22, sull'assicurazione sociale per l'impiego (Aspi), la nuova indennità di disoccupazione, e quella all'art. 29, sul contributo addizionale di finanziamento della stessa, che avrebbe avuto un notevole impatto sul costo del lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni. Importante, sarà invece cogliere le novità introdotte negli articoli iniziali del disegno di legge in merito al ricorso ai contratti di lavoro flessibili. L'abuso da parte del datore di lavoro pubblico nel ricorrere in particolare ai contratti a termine renderebbe utile, ad esempio, estendere alle ppaa la deroga sulle causali solo per i contratti di durata inferiore ai sei mesi (per indurre a far ricorso a contratti brevi) o il tetto dei 36 mesi nel ricorso allo stesso lavoratore, computando anche i periodi di utilizzo attraverso contratti di somministrazione. Ricordiamo infatti che il continuo e prolungato ricorso al lavoro flessibile nel settore pubblico, senza la tutela della trasformazione del rapporto, ha generato il fenomeno del precariato storico e delle stabilizzazioni senza concorso. Una revisione della normativa applicata al settore pubblico e un miglior coordinamento tra l'art. 36 del d.lgs. 165/2001 e d.lgs. 368/2001, pertanto, risultano ormai necessari. Considerazioni conclusive Il tema ampiamente dibattuto è stato quello riguardante la scelta di applicare anche al settore pubblico le nuove disposizioni di modifica sui licenziamenti. Una eventuale "specialità positiva" di esclusione prevista dal legislatore, potrebbe essere giustificata dalla procedura di tutela nella ricollocazione ex artt. 34 e 34bis del d.lgs. 165/2001 e potrebbe compensare le specialità in negativo di cui soffrono i lavoratori delle pubbliche amministrazioni con riferimento, ad esempio, al divieto di

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trasformazione a tempo indeterminato in caso di violazione dell'art. 36 del d.lgs. 165/2001, in materia di lavoro flessibile, o di non riconoscimento dell'inquadramento nella qualifica superiore in caso di svolgimento delle mansioni superiori. "Specialità" che, è vero, poggiano sull'art. 97 della Costituzione, che prevede che ai pubblici uffici si accede per concorso. Difficilmente, invece, si comprenderebbero esclusioni in materia di sanzioni e limiti sul ricorso al lavoro flessibile, dati gli abusi di cui si è macchiato più volte il datore di lavoro pubblico. Le differenze da ultimo rappresentate impedirebbero, quindi, di parlare di incostituzionalità in caso di esclusione della PA dall'applicazione delle nuove disposizioni in materia di licenziamento, ma ci devono portare a parlare di altro, ovvero delle ragioni a monte per le quali il datore di lavoro pubblico dovrebbe trovarsi costretto a ricorrere al licenziamento e richiederebbero specifici approfondimenti e interventi, nell'ambito di un ridisegno necessario del settore e della spesa pubblica, sulle funzioni e sull'organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Prof. Francesco Verbaro Docente della Scuola superiore della PA

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m_lps.37.REGISTRO UFFICIALE MINISTERO.PARTENZA.0013292.18-07-2012

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLI CA

UORCC.PA

Pres i de nza del Cons i glio de i Mi n i st ri

DFP 0037562 P-4 . 17.1 . 7 . 4 del 19/ 09/2012

Servizio pe r l'o rganizzazio ne degli uffi ci ed i fabbi sog ni del personale delle pubbliche amminist razio ni, la programmazione delle

a ssunzioni. il reclu ta mento, la mob ilità e la va lu tazio ne Ili Il 1111

e, p .c.:

7 102021

Alla Camera d i commercio, industria, artigianato e agricoltura di Torino

Area comunica zione, svi luppo organizzativo

e personale Via Carlo Alberto, 16

10123 Torino

Al Minis tero d e l lavo ro e d e ll e politiche socia li Direzione gene r a le p er l'attività ispe ttiva

Via Flavi a, 6- Roma 00186 Rom a

Dir ezione Ge nera le delle relazioni indus tri a li e d ei rapport i d i lavoro

Via Fornovo. 8- Pal B 00192Roma

Oggetto : Chiarimenti in materia di intervalli pe r la stipula di un a s uccessione di contratti a termine. D.lgs. 368/ 2001.

In riferime nto alla r ich iesta di parere pro t. n. 48816/CCP3/Pers. del 26 luglio 2012 di codesta Camera di commercio, tras messa per co noscenza al lo scrivente Uffic io, per quanto di competenza si formulano le consi deraz io ni che seguono.

L'Amm inistrazione, a fronte dell 'e ntra ta in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92 recante "Disposizion i in materia di n fo rm a de l mercato del la voro in una prospettiva di crescita", chiede chiarimenti in me r ito agli inte rvalli di tempo che, in base a ll a discip lina normativa di riferimento, devo no inter-correre tra successivi contratti a term ine con lo stesso lavoratore e che r is ul tano modifi cati ne lla durata da lla r ichiama ta legge 92/2012.

In part icolare, il quesito riguarda "la correlaz ion e che può esistere tra deco rrenza degli intervalli previsti dalla c.d. Riforma de/lavoro e il diritto soggettivo del

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Cl11

Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPA RTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA ServiZio per J'organ1zzaz1one degli uffi c1 cd 1 fabbisogni del personale

delle pubbli che amministrazioni , la progra mm<IZione delle .JSStlllZIOlll, il reclutamento . la mob1lita e la valutaz1one

vincitore di un concorso pubblico; infatti uno persona che ha un contratto in essere o ha avuto un contratto scaduto da meno di 60/ 90 giorni con (. . .) l 'ente e risulto allo stesso tempo vincitrice di un concorso pubblico, vedrebbe danneggiato tale diritto soggettivo non potendo essere assunta con un nu ovo contratto. ".

/ Si evidenzia nella nota che l'Ente, in data 11 giugno 2012, ha avviato una procedura di selezione pubblica per la formazione di una graduatoria da utilizzare per assunzioni di personale a tempo determinato di categoria C, posizione economica Cl, profilo professionale "Assistente servizi amministrativi ed anagrafici", nella posizione di lavoro "Assistente omministrativo", per lo svo lgimento di attività censuarie nell'ambito del go Censimento dell'industria e dei servizi e del Censimento delle istituzioni non profit, la cui graduatoria di merito è stata approvata in data 16 luglio 2012.

Dovendo pmcedere alla stipula dei relativi contratti a termine, in riferimento alla disciplina normativa sugli intervalli di tempo tra successivi contratti a termine con lo stesso lavoratore l'Ente formula i seguenti qu es iti :

1) se l'i nterva llo "l ungo" previsto dalla nuova disciplina normativa debba essere rispettato solo tra con tratti stipulati success ivam ente al18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge 92/2012 che. come detto, modifica il d.lgs . 368/2001, ovvero anche tra contratti pendenti o conclusi prima della predetta data . Infatti nel caso di specie alcuni candidati, risultati idonei nella graduatoria di me1·ito, sono titolari di un contratto a termine in essere co n l'Amministrazione o che comunque risulta scaduto da meno di 90 giorni. L'Ente Precisa che s i tratta di co ntratti stipulati sull a base di una diversa graduatoria di concorso;

2) se la circostanza che trattasi di selezioni e graduatorie diverse, sia pur per il reclutamento del medesimo profilo professionale, influisca sul l' app li cazione dell a normativa in argomento.

Come anticipato il d.lgs. 368/200 1, in cui è contenuta la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, è stato in parte modificato dalla richiamata legge 92/2012.

Per quanto riguarda il settore pubblico l'arti co lo l. comma 7, della legge 92/2012 prevede che le disposizioni ivi conte nute costituiscono principi e criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

A tal fine. in base al comma 8, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggi o rm e nte rappresentative dei dipendenti delle amm inistrazioni pubbliche, individua e defini sce, anche medi<mte

. iniziative normative. gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione de ll a disciplina relativa ai dipend enti delle amministrazioni pubbliche.

A normativa vigente, tuttavia, nel se ttore del lavoro pubblico trova applicazione il d.lgs . 368/2001.

2

, m r 1

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Presidenza del Consiglio dei Min istri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLI CA

UO RCC.PA Serv1z1 o per l'organizzaz ione degli uflìc1 c ci t fabhi sognt d e l pe rso ndle

delle pubbliche ammims trazio n1 . la pmgr;1mmaz1 o ne de lle

a>sunzioni. il recl utamento , iJ m o btltt it è la valutazt o ne

Al d.lgs. 368/2001 rinvia, infatti, l'articolo 36, comma 2, del decreto legis lativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di utilizzo di contratti di lavoro tlessibile nel pu bblico impiego.

In riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato, il d.lgs. 368/200 l fissa specifici limiti temporali che possono esser·e così sintetizzati:

a) la durata massima di un contratto di lavoro a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti non può essere superiore ai 36 mesi (art. 5, comma 4-bis);

b) la proroga di un contratto di lavoro a termine può intervenire per una sola volta, con il consenso del lavoratore, quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni e sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato (articolo 4, comma l);

c) la riassunzione a termine con il medesimo lavoratore non può Jvvenire entro un periodo di sessanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi ovvero novanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi (articolo 5, comma 3).

Ove ricorra la stessa fattispecie, detti limiti, fissati per evitare che vi sia un abuso nell'utilizzo dei contratti di lavoro a termine, trovano applicazione anche in rifer imer:_to al rapporto di lavoro pubblico, ferme restando le specificità di settore.

Tutto quanto ciò premesso, relativamente al quesito di cui al punto 1) s i ritiene che, ai fini della disciplina sull'intervallo di tempo tra successivi contratti a tempo determinato di cui al d.lgs. 368/2001 , si debba prendere a riferimento la data della riassunzione e non quella del contratto anteriormente stipulato tra le stesse parti. La riassunzione, infatti, comporta la stipula di un nuovo contratto con il rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale delle parti e con l'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro di talché è la data di sottoscrizione del nuovo contratto che rileva ai fini dell'individuazione della disciplina normativa applicabile, ivi compresa quella che prevede l'obbligo di rispettare un determinato lasso di tempo tra successivi contratti.

Un'interpretazione in senso diverso inciderebbe sul portato e s ull' e fficacia dell a disposizione che non precisa alcunché sulla decorrenza della norma prescritta.

Per quanto riguarda la fattispecie richiamata a conclusione del punto 1) , laddove trattasi di soggetti collocati in graduatorie di concorsi diversi da quelli in esito ai quali sono già stati assunti, la stessa trova soluzione in consider·azione delle precisazioni che seguono in riferimento al caso di cu i al quesito del punto 2).

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA ServiZIO per l'o rgc~n1zzazi o ne degl i ufl1u ed 1 fabb1sogn1 del p<:rson,dc

del le pubbliche amm1mstraz10n l, la prog r.lnHnaZIOIW delle clssunzJOnJ, li rcclutantento , Id m ohJ!Jt ,'t e ltl \'lì lutdZJOill'

Relativamente al quesito da ultimo citato, occorre prec isé.lre che il superamento di un nuovo concorso pubblico a tempo determinato da parte del soggetto che ha già avuto un rapporto di lavoro a termine con l'amministrazione consente di azzerare la durata del contratto precedente ai fini del computo del limite massimo dei 36 mesi previsto dal d.lgs. 368/2001, nonché la non applicabilità degli intervalli temporali in caso di successione di contratti.

Conseguentemente, l'amministrazione può stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato con il soggetto utilmente collocato nella graduatoria del concorso anche laddove l'interessato abbia già avuto contratti a termine con la stessa amministrazione, ancorché di dur·ata complessiva corrispondente ai 36 mesi, e pure nel caso in cui tra i successivi contratti non sia ancora trascorso l'intervallo temporale previsto dalla disciplina normativa. Quanto detto, innanzitutto a garanzia degli articol i 51 e 97 della Costituzione, rispettivamente sul libero accesso ai pubblici impieghi e sul principio del concorsot. In particolar modo, dall'articolo 51 della Costituzione si desume il divieto di escluder·e un candidato, in possesso dei requisiti indicati nel bando, dalla partecipazione al concorso; maggiormente infondato sJrebbe il diniego dell'assunzione del vincitore utilmente collocato in graduatoria a seguito del superamento del concorso.

Diverso sarebbe il caso in cui l'Ente intendesse stipulare un nuovo contratto a termine con il medesimo lavoratore utilizzando la graduatoria già impi eg<lta per la sottoscrizione del primo contratto. Si tratta, cioè, del caso in cui il successivo contratto a tempo determinato venisse stipulato sulla base della medesima graduatoria di concorso.

In detta ipotesi, mancando il presupposto del superamento di un nuovo concorso, la riassunzione dovrà necessariamente avvenire nel r·ispetto degli intervalli di tempo a tal fine previsti dal d.lgs. 368/2001, così come modificati dalla legge 92 / 2012.

IL DlRETT. RE DELL 'U~·E CIO ·a Barilà , r.

n 4/ /

V. Corte rl1 gtu stiZi a dell'Unione europe.1. se ntenza 7 sette mbre 2006. n. ::>3.

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DFP 0037561 P-4.17 .1 . 7.4

del 19/09/2012

Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIM ENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA Ili Il l Il Il

7102019

Servtzio pe1 l'orgdnt zzaztonc dcglt ufftn ed 1 idbbtsognt cie l perso tule delle pubbliche ammintstraz iont , la programmaztone cl clk

ass umion1 . d reclutamento, la mob tl!t:t c l.t vdlut .J? tone

e, p.c.:

All'Associazione nazionale dei Comuni Italiani Vice Segretario generale

Via Dei Prefetti, 46 00186 ROMA

al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato

Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico

Via XX Settembre, 97 00187 ROMA

Oggetto : Contratti a tempo determinato per lo svolg imento di servizi educat ivi e scolastici -Legge 92/2012.

Si fa riferimento alla nota prot. n. 63/VSG/VN/DPRS/AD/ml-12 del 5 settem bre 2012 con cui I'Anci, in considerazione dei quesiti formulati da numeros i Comun i sul tema, chiede il parere di questo Ufficio in ordine all'applicabilità del decre to legislativo 6 settembre 2001, n. 368, ed in particolare della disciplina sulla successione dei contratti a termine , ai contratti di lavor·o a tempo deter-m inato de i servizi educativi e scolastici gestiti dai Comuni .

L'esigenza di un chiarimento al r·iguardo nasce rn consider·azione dell'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92 che, nel modificare il d.lgs. 368/2001, ha introdotto una dive rsa disciplina della successione dei contrattr a termine con la previsione di un termine di intervallo maggiore di quello fissato dalla previgente normativa .

L'articolo 5, comma 3, del d .lgs . 368/2001, nella parte modificata dalla lettera g) del comma 9 dell'articolo 1 della legge 92/20 12, prevede che il rinnovo di un contratto di lavoro a termine con il medesimo lavor·atore può avvenire e ntr·o un periodo di sessanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di duré1ta fino a sei mesi ovvero novanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata s uperiore ai sei mesi .

L'applicazione del d.lgs . 368/2001 ed, in particolare, della disciplina richiamata a i suddetti contratti inciderebbe sulla con tinuit ~\ dei servizi educativi e scolastici

Ad avviso deli'Anci l'esclu s ione previ s ta dall'articolo 10, comma 4-bis, del medesimo d.lgs. 368/2001 per· i contratt i a tempo determinato stipulati per il confer imento delle docenze del personale docente ed ATA, sta nte il tenore letterale della norma e considerJta la necessità di assicurare la co ntinu it;) di servi zi costi tuzionalmente garantiti, può trovare app licazi one anche in riferim e nto J i contra tti in argo mento.

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA Se rviZio per \'organlTI . .lZIOnl' cleg\1 ufi1n ed 1 f.Jbb1 sogn1 del pcrsond ll·

del le pubbliche ammuHstraziO!l l , la progr·,unrn ,lZ!onc de\\(' ass unZIOni , il r eclutarnen ro , la mobil1tà c la valutd ZIOIW

Nel merito. anche al fine di individuare la disciplina regolativa dei contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico a seguito dell'entrata in vigore della disposizioni della legge 92/2012 in mater·ia di riformJ del mere<Ho del lavoro, appare utile evidenziare quanto segue.

Come detto il d.lgs. 368/2001, in cui è contenuta la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, è stato in parte modificato dalla legge 92/2012.

Per quanto riguarda il settore pubblico l'a rt icolo l, comma 7, della legge 92/2012 prevede che le disposizioni ivi contenute cost itui scono principi c criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche ammi nistrazioni .

A tal fine, in base al comma 8, il Ministm per la pubblica amministr·azione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindaca li maggi ormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e de fi nisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di am10nizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

A normativa vigente, tuttavia, nel settore di lavoro pubblico trova applicazione il d.lgs. 368/2001, ivi compresa la disciplina del comma 3 dell'articolo 5 sulla success ione dei contratti a termine.

Al d.lgs. 368/2001 rinvia, infatti, l'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di utilizzo d i contratti di lavoro flessibile nel pu bblico impiego, fatto salvo il divieto di conve rs ione del rapporto d1 lavoro previsto dal successivo comma 5 dello stesso articolo.

Ciò premesso, come evidenziato anche daii'/\NCI, l'articolo 10 del d.lgs. 368/2001 prevede ipotesi di esclusione e discipline specifiche per alcuni settori o tipologie di rapporto. !l comma 4-bis, aggiunto dal comma 18 dell'articolo 9 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, prevede che sono esclusi dall'applicazione del decreto legislativo i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, conside rata la necessità di garantire la costan te erogazione del servizio scolastico cd educa ti vo anche in caso di Jsse nza temporanea del personale docente ed /\TA co n rapporto di lavoro ;1 tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del decreto.

La norma fa riferimento ad alcune disposizioni che riguardano le scuol e statal i. Si r·itiene, tuttavia, che i rinvii ivi contenuti non pregiudichino l'applicabilit<ì della medesima disciplina anche ai servizi educativi e sco lasti ci gestiti dai Comuni .

La ratio della norma, infatti , è da rinvenire nella necessità di garantire, attraverso la continuità didattica, il diritto costituziona le all'educazione, all'istruzione ed allo studio (art. 33 e 34 della Costituzione) e quindi la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo indiscrirninatamente per tutte le istituzioni pubbliche che sono chiamate a svolgere tali servizi.

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA ServiZIO per l'organl't. zaztone deglt uffici ed 1 f.1bl11 sognt de l pr rson.lle

delle pubbltchc anmlintstraztont , la programlll<lzione del le dSSttllZIOI\1 , ti •·eclutamento, la mobtlit:t e la valutaZIOrll'

Si rimanda alle considerazioni svolte sul punto nella circoi<HC dello scrivente Dipartimento n. 3/2008 del 19 marzo 2008 1 ove si evidenzia che l'esigenza di garantire i livelli essenziali del le prestazioni in materia di istruzione trova come necessar·io corollario il principio della garanzia costante del servizio e quindi della continuità educativa e che detti valori, oltre ad essere espressi dall'ordinamento giu r·idico in sede costituziona le, sono r·i nvenibili nel decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 592 e, per quel che interessa, nel CCNL del comparto Regioni ed autonomie

locali, sottoscritto il 14 settembre 2000. A garanzia di tali principi anche l'articolo 9, comma 28, del decreto- legge 31

maggio 2010 n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, nel ridurre del 50 per cento il tetto di sresa per i contratti di lavoro flessibile, prevede che per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specia lizzazio ne artistica e musicale trovano

applicazione le specifiche disposizioni di settore. Con le stesse finalità, l'articolo l, comma 6-bis, del decreto-legge 29

dicembre 2011, n. 216, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo l, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, prevede che le stesse disposizioni finanziarie limitative del ricorso a cont ratt i di lavoro flessibile, di cui al predetto articolo 9, com ma 28, del d.l. 78/2010, si applicano alle assu nzioni del personale educativo e sco lastico degli enti locali nei limiti delle risorse già disponibili nel bilancio degli enti locali a tal fine destinate a decorrere dall'anno 2013. Ciò al fine di non incidere sull'erogazione del servizio pubblico.

Come evidenziato dallo scrivente nella predetta circolar·e n. :)/2008, la necessità di assicurare il rispetto dei r-ichiamate principi costituzionali si determina per le scuole statali ma anche per quelle gestite dagli enti locali.

L'articolo 33 della Costituzione prevede, infatti, il principio di non discriminazione tra alunni di scuole statali e alunni eli scuole paritarie tra cui rientrano anche quelle degli enti locali, così come previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 10 marzo 2000, n. 62.

Alla luce di quanto evidenziato, una lettura costituzionalmente orientata della norma impone eli r·itenere che nella fattispecie di esclusione dell'articolo 10, comma 4-bis, del d.Jgs. 368/2001 possano rientrare anche i contratti di lavoro a tempo determinato dei servizi educativi e scolastici gestiti dai Comuni.

Rimangono fermi i vincoli a garanzia di un corretto utilizzo dei con tratti a tempo determinato, tenuto conto che l'articolo l , comma 01, del d.lgs. :~68/2001

prevede che "!/ contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro" e che l'articolo 36, comma 1, del d.Jgs. 165/2001

La Clrcolarf:l n. ]/2008 fonu.sce ''L tnee dt mduT1.70 111 mento a /In stlpulu c/1 co nrrcJltt (il JavnuJ ~uhn rduto t o o l f'111po dern,nuwto ndlc pubhltche omminislraz10m 111 nttuuztone delle mod1{tche oppurrot e oll'orr. 3h ciel dc[rcto le,q is lo tn'O 30 murzo !00 1, 11. /fJ .r; dull'urucolu 3, co mma 79. della le_qge 24 d1 cembre 2007, 11 241 ( legge jinanzl!lna 200il) ..

22 Recante ' Definwone delle norme genera/t re/o t •ve alla SCIIO fa dell'ntjònzl(l e ul11mn" ""lo del/', srr" z'one, " nonno dcll'aru colo 1 tlellu L. 28 morzn 2003, n. 53"

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

UORCC.PA ServiziO per l'organìzz;tzJonc degli uff1ci ed 1 lah bJsog rJJ del persona le

dell e pubbl1che ~llllllllliStra7.ronJ, la progr~mrn,tZIOne delle ,rs sunzron1 . il recl utamento, IJ mobJ!Jt iJ r la >'dlutdZ JOlll'

stabilisce che" Per le esigenze connesse con il proprio fobbisogno ordinario le pubhliche amministrozioni ossumono esclusiva mente con controtti di lavoro subordinato o tempo indeterminato seg uendo le procedure di reclutamento previste da/l'articolo 35."

In particolare, poi, si sotto linea che il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato è consentito per esigenze temporanee o ecceziona l i.

In coerenza con i suddetti principi la deroga contenuta nell' <:nticolo 10, comma 4-bis, del d.lgs. 368/2001 fa riferimento all e ipotesi di supplenzè1, anche in caso di assenza temporanea del relativo personale, e non a casi di copertur·a or-dinaria del fabbisogno.

Rimane, altresì, fermo il principio del co ncorso pubblico per il reclutamento di personale a tempo determinato. Si ricorda, in te rmini generali, che il superamento di un nuovo co ncorso pubblico da parte del soggetto che ha già avuto un rapporto di lavoro a termine con l'a mministrazione co nsente di azzerare la durata del contratto precedente ai fini del computo del limite ma ss imo dei 36 mes i pr·evisto dal d.lgs. 368/2 001, nonché la non applicabilità degli intervalli temporali in caso di successione di contratt i.

IL DIRETTORE DEr};U'r~~~cr

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D.Lgs. 1 agosto 2011, n. 141 (1).

Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 in materia di ottimizzazione dellaproduttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, a normadell'articolo 2, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n. 15.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 agosto 2011, n. 194.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87, 92, 95 e 117 della Costituzione;

Vista la legge 4 marzo 2009, n. 15, recante delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività dellavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, nonché disposizioni integrativedelle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti; e, in particolare,l'articolo 2, comma 3, secondo il quale il Governo, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore deldecreto legislativo attuativo della delega contenuta al comma 1 del medesimo articolo 2, può adottare eventualidisposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, recante riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti dimonitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazionipubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri,a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alledipendenze delle amministrazioni pubbliche, e successive modificazioni;

Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

Visto il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia diottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 gennaio 2011;

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,nella seduta del 20 aprile 2011;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati;

Rilevato che le competenti Commissioni del Senato della Repubblica non hanno espresso il proprio parere neitermini previsti;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 luglio 2011;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministrodell'economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Art. 1 Modifica all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

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In vigore dal 6 settembre 2011

1. All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 6-ter, è inserito il seguente:«6-quater. Per gli Enti locali, che risultano collocati nella classe di virtuosità di cui all'articolo 20, comma 3, deldecreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, comeindividuati con il decreto di cui al comma 2 del medesimo articolo, il numero complessivo degli incarichi acontratto nella dotazione organica dirigenziale, conferibili ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del Testo unico delleleggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non può in ogni casosuperare la percentuale del diciotto per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempoindeterminato. Si applica quanto previsto dal comma 6-bis».

Art. 2 Modifica all'articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150

In vigore dal 6 settembre 2011

1. L'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è sostituito dal seguente:«6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano al personale dipendente, se il numero dei dipendenti inservizio nell'amministrazione non è superiore a quindici e, ai dirigenti, se il numero dei dirigenti in servizionell'amministrazione non è superiore a cinque. In ogni caso, deve essere garantita l'attribuzione selettiva della quotaprevalente delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla perfomance, in applicazionedel principio di differenziazione del merito, ad una parte limitata del personale dirigente e non dirigente.».

Art. 3 Modifica all'articolo 31 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150

In vigore dal 6 settembre 2011

1. All'articolo 31, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applica comunque quanto previstodall'articolo 19, comma 6.».

Art. 4 Modifica all'articolo 65 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150

In vigore dal 6 settembre 2011

1. All'articolo 65, comma 4, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le parole: «articolo 30, comma 4.»sono sostituite dalle seguenti: «articolo 31, comma 4.».

Art. 5 Interpretazione autentica dell'articolo 65 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150

In vigore dal 6 settembre 2011

1. L'articolo 65, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, si interpreta nel senso chel'adeguamento dei contratti collettivi integrativi è necessario solo per i contratti vigenti alla data di entrata in vigoredel citato decreto legislativo, mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente ledisposizioni introdotte dal medesimo decreto.

2. L'articolo 65, comma 5, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, si interpreta nel senso che le disposizioniche si applicano dalla tornata contrattuale successiva a quella in corso al momento dell'entrata in vigore dellostesso decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono esclusivamente quelle relative al procedimento negoziale diapprovazione dei contratti collettivi nazionali e, in particolare, quelle contenute negli articoli 41, commi da 1 a 4,46, commi da 3 a 7, e 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificati rispettivamente dagliarticoli 56, 58, 59, comma 1, del citato decreto legislativo n. 150 del 2009, nonché quella dell'articolo 66, comma 3,

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del decreto legislativo n. 150 del 2009.

Art. 6 Norme transitorie

In vigore dal 29 aprile 2012

1. La differenziazione retributiva in fasce prevista dagli articoli 19, commi 2 e 3, e 31, comma 2, del decretolegislativo 27 ottobre 2009, n. 150, si applica a partire dalla tornata di contrattazione collettiva successiva a quellarelativa al quadriennio 2006-2009. Ai fini previsti dalle citate disposizioni, nelle more dei predetti rinnovicontrattuali, possono essere utilizzate le eventuali economie aggiuntive destinate all'erogazione dei premidall'articolo 16, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15luglio 2011, n. 111.

2. Per gli enti locali i contratti stipulati in base a previsioni legislative, statutarie e regolamentari, nel rispetto dellelimitazioni finanziarie sulla spesa del personale e sull'utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato, chehanno superato i contingenti di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 ed in essere al 9marzo 2011, possono essere mantenuti fino alla loro scadenza, fermo restando la valutabilità della conformità deicontratti stessi e degli incarichi ad ogni altra disposizione normativa. (2)

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi dellaRepubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

(2) Comma così modificato dall'art. 4-ter, comma 14, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dallaL. 26 aprile 2012, n. 44.

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

SERVIZIO STUDI E CONSULENZA TRATTAMENTO PERSONALE

Presidenza del Consiglio dei MinistriDFP 0010045 P-4.17.1.7.5

del 08/03/2012

III Il6528667

CIRCOLARE N. 21111

Alle Amministrazioni pubbliche

di cui all'art. l, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001

OGGETTO: decreto legge n. 201 del 2011, convertito in 1.n. 214 del 2011, c.d. "decretosalva Italia" - art. 24 - limiti massimi per la permanenza in servizio nellepubbliche amministrazioni.

l. Premessa.

Come noto, nell'ambito della recente manovra, recante mIsure per la crescita, l'equità e ilconsolidamento dei conti pubblici, decreto legge n. 201 del 2011, convertito in 1. n. 214 del 2011,con l'art. 24 è stata introdotta una nuova disciplina in materia di trattamenti pensionistici.Considerati il rilevante impatto delle norme e le numerose richieste di chiarimento pervenute dalleamministrazioni, con la presente circolare, condivisa nei contenuti con il Ministero del lavoro edelle politiche sociali, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'INPS - gestione ex INPDAP, siritiene opportuno fornire delle indicazioni interpretative per un' omogenea applicazione delladisciplina soprattutto relativamente agli aspetti di impatto sul rapporto di lavoro o di impiego,mentre gli aspetti propriamente pensionistici saranno trattati in apposita circolare dell'Enteprevidenziale.

2. Limiti di età per la permanenza in servizio.

Le recenti norme hanno previsto dei nuovi requisiti anagrafici e contributivi per lamaturazione del diritto al trattamento pensionistico, hanno abrogato il regime delle finestre per ladecorrenza del trattamento ed hanno introdotto il sistema contributivo pro-rata per le anzianitàmaturate successivamente al l gennaio 2012. In generale, il regime dell'art. 24, applicabile dal l

gennaio 2012, prevede la "pensione di vecchiaia", conseguita sulla base dei requisiti di cui ai commi

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

6 e 7, e la "pensione anticipata", conseguita sulla base dei requisiti di cui ai commi lO e Il, fermorestando quanto previsto dai commi a, 17 e 18 del medesimo articolo.

Per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, iscritti alle casse gestite dall' exINPDAP, uomini e donne, il requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia nell'anno2012 si consegue al compimento del 66° anno di età (commi 6 e 7 dell'art. 24) in presenza diun'anzianità contributiva minima pari a 20 anni. Per i lavoratori con riferimento ai quali il primoaccredito contributivo decorre successivamente al l° gennaio 1996, fermi restando il limiteanagrafico minimo pari a 66 anni e quello contributivo pari a 20, l'accesso al pensionamento èaltresÌ condizionato all'importo della pensione che deve risultare non inferiore a 1,5 volte l'importodell'assegno sociale. Si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un'etàanagrafica pari a 70 anni, ferma restando un'anzianità contributiva effettiva di 5 anni.

Per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni uomini il requisito per il diritto allapensione anticipata nell'anno 2012 si consegue alla maturazione del 42° anno e un mese dianzianità contributiva (comma lO dell'art. 24). Per le lavoratrici il requisito per il diritto allapensione anticipata nell'anno 2012 si consegue alla maturazione del 41° anno e un mese dianzianità contributiva. I predetti requisiti contributivi sono poi incrementati di un mese nell'anno2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall'anno 20a, fermi restando gli incrementi dellasperanza di vita a decorrere dal l° gennaio 2013. La domanda di pensione anticipata da parte di unlavoratore che abbia un' età anagrafica inferiore a 62 anni comporta delle penalizzazioni sultrattamento a meno che non ricorrano le condizioni previste dal comma 2 quater dell'art. 6 del d.l.n. 216 del 2011, introdotto dalla legge di conversione n. a del 2012. In base a quest'ultimaprevisione, le disposizioni in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici nontrovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianitàcontributiva entro il 2017, qualora l'anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazioneeffettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimentodegli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.

Il requisito di età anagrafica per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia ed ilrequisito dell'anzianità contributiva per la maturazione del diritto alla pensione anticipata sono poisoggetti ad aggiornamento per effetto dell'applicazione del sistema di adeguamento alla speranzadi vita (comma 12 dell'art. 24). Si segnala che con decreto interministeriale 6 dicembre 2011

(Gazzetta ufficiale 13 dicembre 2011, n. 289) è stato determinato l'incremento dei requisiti adecorrere dall'anno 2013.

E' opportuno chiarire che, in base alla legge (commi 3 e 14), i dipendenti che hanno maturato irequisiti per il pensionamento entro la data del 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regimeprevigente per l'accesso e per la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia e dianzianità. Pertanto, anche se sono ancora in servizio, tali dipendenti non sono soggetti, neppure suopzione, al nuovo regime sui requisiti di età e di anzianità contributiva, fermo restando che si

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applica anche a loro il regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal lgennaio 2012.

Ne consegue che per i dipendenti che, alla data del 31 dicembre 2011, hanno maturato irequisiti per l'accesso al pensionamento vigenti prima del d.l. n. 201 del 2011 (sia per età, sia peranzianità contributiva di 4<0 anni indipendentemente dall'età, sia per somma dei requisiti di età eanzianità contributiva - c.d. "quota"), anche nel caso in cui non abbiano ancora conseguito allapredetta data del 31 dicembre 20 Il il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (c.d."finestra"), continuano ad essere vigenti le condizioni legittimanti l'accesso al trattamentoprecedenti e non può trovare applicazione la nuova disciplina, che esplica i suoi effettiesclusivamente nei confronti dei dipendenti" che a decorrere dal 1° gennaio 2012 maturano i requisitiper il pensionamento" (combinato disposto dei commi 5 e 6). Pertanto, l'amministrazione, nell'anno2012 o negli anni successivi, dovrà collocare a riposo al compimento dei 65 anni (salvotrattenimento in servizio) quei dipendenti che nell'anno 2011 erano già in possesso della massimaanzianità contributiva o della quota o comunque dei requisiti previsti per la pensione. Siraccomanda alle amministrazioni di verifìcare la situazione anagrafica e contributiva dei dipendentiprossimi al pensionamento, anche eventualmente attraverso la consultazione delle banche datipresso l'ente previdenziale di riferimento, al fine di verifìcare il momento di maturazione deirequisiti di età e di anzianità contributiva.

Come detto, la nuova disciplina riguarda i requisiti per l'accesso al trattamento; l'art. 24<non hainvece modificato il regime dei limiti di età per la permanenza in servizio, la cui vigenza, anzi, èstata espressamente confermata (comma 4<dell'art. 24<). Occorre pertanto chiarire che rimangonovincolanti per tutti i dipendenti i limiti fìssati dalla normativa generale (compimento del 65° annodi età in base all'art. 4<del d.P.R. n. 1092 del 1973 per i dipendenti dello Stato e all'art. 12 della l. n.70 del 1975 per i dipendenti degli enti pubblici, limiti applicabili in via analogica anche alle altrecategorie di dipendenti in mancanza di diversa indicazione normativa) e quelli stabiliti perparticolari categorie (ad esempio, compimento del 70° anno di età per i magistrati, gli avvocati eprocuratori dello Stato ed i professori ordinari in base rispettivamente all'art. 5 del r.d.lgs. n. 511

del 194<6, all'art. 34< del r.d. n. 1611 del 1933 e all'art. 19 del d.p.r. n. 382 del 1980). In base aiprincipi generali, una volta raggiunto il limite di età ordinamentale l'amministrazione prosegue ilrapporto di lavoro o di impiego con il dipendente sino al conseguimento del requisito minimo peril diritto alla pensione (il principio della prosecuzione si desume dall'art. 6, comma 2 bis, del d.I. n.24,8 del 2007, convertito in 1. n. 31 del 2008, a proposito del reintegro sul posto di lavoro a seguitodi licenziamento). Inoltre, per i dipendenti che hanno maturato il diritto a pensione (diversa daquella di vecchiaia), l'età ordinamentale costituisce il limite non superabile (se non per iltrattenimento e per la finestra) in presenza del quale l'amministrazione deve far cessare il rapportodi lavoro o di impiego.

Discende da quanto detto che nel settore del lavoro pubblico non opera il prinCIpIO diincentivazione alla permanenza in servizio sino a 70 anni enunciato dal comma 4<dell'art. 24, citato.

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DIPARTiMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

In q uest' ottica, il comma 7 dell' art. 24, nel quale si prevede che si prescinde dal req UlSlto diimporto minimo della pensione nel caso in cui il dipendente abbia un'età anagrafìca di 70 anni,rappresenta una norma eccezionale, finalizzata a consentire la maturazione del diritto a pensioneanche in favore di quei lavoratori che altrimenti - in caso di vigenza del limite di importo minimo -non sarebbero in grado di fruire del trattamento neppure alla prescritta età anagrafìca. Inoltre, inlinea con i principi enunciati dalla Corte costituzionale, rimane salvo anche dopo la recente riformache, in caso di domanda, l'amministrazione è tenuta a disporre il trattenimento in servizio per queidipendenti che non hanno ancora raggiunto il requisito di contribuzione minimo per lamaturazione del diritto a pensione (Corte costituzionale, n. 282 del 1991, nella quale si affermache: "Il principio (...) secondo cui non può essere preclusa, senza violare l'art. 38, secondo comma dellaCostituzione, la possibilità per il personale (...) che al compimento del sessantacinquesimo anno - quale chesia la data di assunzione - non abbia ancora maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite per ilcollocamento a riposo, al solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per ilconseguimento di tale diritto, non può che avere (...) valenza generale." .

E' opportuno inoltre evidenziare che, poiché il citato art. 24. ha generalizzato l'applicazione delsistema contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal l gennaio 2012, vieneinvece meno il concetto di massima anzianità contributiva e, quindi, la modifica del sistema rendeinapplicabili dal l gennaio 2012 tutte le disposizioni previgenti che fànno riferimento a talecondizione e che consentono al personale interessato di proseguire il servizio sino alraggiungimento della stessa per conseguire il massimo della pensione (es. art. l , comma 4 quinquies,del d.l. n. 413 del 1989, convertito in l. n. 37 del 1990 per i dirigenti civili dello Stato in servizio all ottobre 1974 e art. 509, comma 2, del d.lgs. n. 297 del 1994, per il personale del comparto scuola).

Si segnala che rimangono fermi gli specifìci limiti ordinamentali stabiliti per il personale delleForze armate, della Polizia ad ordinamento civile e militare e dei Vigili del fuoco (dal d.lgs. n. 165

del 1997 e dalle disposizioni speciali di settore). Per questo personale, fì-a l'altro, la legge rinvia adapposito regolamento di delegificazione la disciplina dell'armonizzazione dei requisiti di accesso altrattamento pensionistico rispetto al regime valevole per la generalità dei pubblici dipendenti(comma 18 dell'art. SH.) e, pertanto, allo stato, le nuove norme sui requisiti di accesso non sonoapplicabili, salva invece l'applicazione del sistema contributivo pro-rata.

S. Il trattenimento in servizio e la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

Il comma 20 dell'art. 24 prevede: "Resta fermo che l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modifi'cazionz con legge 6 agosto 2008, n. 133,

e successive mod?ficazioni e integrazioni, con rijèrimento ai soggetti che maturano i requisiti per ilpensionamento a decorrere dal 10 gennaio 2012, tiene conto della ridetenninazione dei requisiti di accesso alpensionamento come disciplinata dal presente articolo.".

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Da tale disposizione discendono due effetti:

anche a seguito dell'entrata in vigore della riforma sono applicabili gli istituti previsti nelcitato art. 72 del d.l. n. 112 del 2008 e, cioè, il trattenimento in servizio oltre i limiti di età,la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro e l'esonero (per questo, nei limiti stabilitidal comma H, lett. e, dell'art. 24);

i presupposti per l'applicazione degli istituti nei confronti di coloro che maturano i requisitia decorrere dal l gennaio 2012 devono essere rimodulati in base ai nuovi requisiti diaccesso al pensionamento, fatta eccezione per l'istituto dell'esonero che è stato abrogatodalla data di entrata in vigore della l. n. 214 del 2011 (e, cioè, dal 28 dicembre 2011; ladisposizione fa riferimento alla data di entrata in vigore del "presente decreto", ma poichéla norma è stata introdotta dalla legge di conversione, la sua portata va riferita alla data dientrata in vigore della medesima legge), tranne che per gli esoneri già concessi alla data del4 dicembre 20 11 (cfr.: paragrafo successivo).

Pertanto, anche dopo la riforma, i dipendenti potranno chiedere e le amministrazioni potrannoaccordare il trattenimento in servizio (fermo quanto previsto dall'art. 9, comma 31, del d.l. n. 78del 2010, convertito in l. n. 122 del 2010, circa il finanziamento), ma questo si riferirà al periodosuccessivo al conseguimento del nuovo requisito anagrafico necessario per la pensione di vecchiaia.Resta inteso che il trattenimento ad esempio da 66 a 68 anni potrà essere accordato solo adecorrere dal l gennaio 2013 (salvo l'aggiornamento del limite risultante dall'adeguamento allasperanza di vita) nei confì'onti dei dipendenti soggetti al nuovo regime. l dipendenti che nell'anno2012 compiono 66 anni di età, avendo maturato il requisito anagrafico di 65 anni nell'anno 2011

(sempre che abbiano maturato il diritto a pensione entro il 2011), rimangono soggetti alprevigente regime e l'amministrazione avrebbe potuto accordare il trattenimento da 65 anni sino a67. Pertanto, salvo l'eventuale trattenimento in servizio concesso dall'amministrazione ol'applicazione dell'eventuale finestra, per questi dipendenti l'età di collocamento a riposo rimanefissata a 65 anni e il servizio non può protrarsi oltre il 65° anno di età.

Si segnala che l'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 è stato nuovamente modificato di recentedall'art. l del d.l. n. 138 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011. Con l'ultimo interventonormativo è stata valorizzata la discrezionalità nella concessione del trattenimento da partedell'amministrazione, aspetto già evidenziato con la modifica alla disposizione introdotta dal d.l. n.112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008. Rimane fermo, pertanto, che il trattenimento inservizio non costituisce più oggetto di un diritto potestativo in capo all'interessato, ma di undiritto condizionato la cui soddisfazione dipende dalle valutazioni che l'amministrazione compie inordine all'organizzazione, al fabbisogno professionale e alla disponibilità finanziaria. In proposito,valgono ancora le indicazioni fornite con la circolare n. lO del 2008 del Dipartimento dellafunzione pubblica, d'intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Inoltre, nell'anno 2013 le amministrazioni potranno procedere alla risoluzione unilaterale delrapporto al compimento dell'anzianità di 42 anni e 5 mesi (considerato il mese aggiuntivo previstodal comma 10 secondo periodo dell'art. 24 e l'adeguamento alla speranza di vita) per i dipendentiuomini e di 41 anni e 5 mesi (considerato il mese aggiuntivo previsto dal predetto comma 10 el'adeguamento alla speranza di vita) per le dipendenti donne. Per precisione, si segnala che, aseguito della riforma, con cui è stato generalizzata l'applicazione del sistema contributivo per leanzianità maturate successivamente al l gennaio 2012, non è più attuale il concetto di "anzianitàmassima contributiva" ed è quindi mutato il presupposto per l'esercizio del potere unilaterale dirisoluzione, che, come visto, in virtù del comma 20 citato, per i dipendenti che maturano i requisitia decorrere dal l gennaio 2012 è attualizzato agli anni di anzianità contributiva necessari per lamaturazione del diritto alla pensione anticipata. In proposito, poiché la norma sulla pensioneanticipata prevede la possibilità di una penalizzazione nel trattamento per i dipendenti che sono inpossesso di un' età inferiore a 62 anni, si raccomanda alle amministrazioni di non esercitare larisoluzione nei confì'onti dei soggetti per i quali potrebbe operare la penalizzazione legale. Sulpunto si richiama quanto già evidenziato circa il recente intervento normativo operato dalla l. n.14 del 2012, di conversione del d.l. n. 216 del 2011 (art. 6, comma 2 quater, del d.l. n. 216 del 2011).

Resta inteso che il presupposto per l'applicazione dell'istituto della risoluzione nei confì'onti dicoloro che hanno maturato i requisiti di età o di anzianità contributiva entro l'anno 2011 perefletto della norma rimane fìssato secondo il regime previgente al compimento dei 40 anni dianzianità contributiva.

Riprendendo quanto detto nella circolare n. 10 del 2008, si raccomanda ancora una volta alleamministrazioni di adottare dei criteri generali, calibrati a seconda delle proprie esigenze, in mododa seguire una linea di condotta coerente e da evitare comportamenti che conducano a sceltecontraddittorie. Tali criteri si configurano quale atto di indirizzo generale e, quindi, dovrebberoessere contenuti nell'atto di programmazione dei fabbisogni di personale o comunque adottatidall'autorità politica. Tra questi criteri possono, ad esempio, considerarsi l'esigenza diriorganizzazione di strutture in relazione a progetti di inno\razione tecnologica eammodernamento anche con riferimento all'utilizzo di nuove professionalità, la rideterminazionedei fabbisogni di personale, la razionalizzazione degli assetti organizzativi e i processi diriorganizzazione che potrebbero portare a situazioni di esubero. In proposito, si segnala che l'art.16 della l. n. 183 del 2011, legge di stabilità per il 2012, nel modifìcare l'art. 33 del d.lgs. n. 165 del2001, ha fatto rinvio all'applicazione dell'art. 72, comma Il, del d.l. n. 112 del 2008 da parte dellepubbliche amministrazioni nei casi in cui siano riscontrate situazioni di soprannumero o sianorilevate eccedenze. Inoltre, l'art. 15, comma l bis, del d.l. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del2011, nell'ambito della disciplina della liquidazione degli enti dissestati, prevede che ilcommissario straordinario nell'adottare le misure per ristabilire l'equilibrio finanziario dell'ente,possa esercitare "la jàcoltà di cui all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n 112,

convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, anche nei corifj'onti del personale che non abbia raggiuntol'anzianità massima contributiva di quaranta anni.".SP

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Si rammenta inoltre quanto previsto dall'art. 16, comma Il, del d.l. n. 98 del 2011, convertitoin 1. n. 111 del 2011, secondo cui: "In tema di risoluzione del rapporto di lavoro l'esercizio dellafacoltàriconosciuta alle pubbliche amministrazioni prevista dal comma Il dell'articolo 72 del decreto-legge 25

giugno 2008, n. 112, convertito, con mod~fi"cazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successivemodifi'cazioni, non necessita di ulteriore motivazione, qualora l'amministrazione interessata abbiapreventiva mente determinato in via generale appositi criteri di applicativi con atto generale diorganizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo. ".

4. Esonero.

In base a quanto previsto dal comma 1+, lett. e), dell'art. 24 in esame l'istituto dell'esonero dalservizio, disciplinato dall'art. 72, commi da l a 6, del d.l. n. 112 del 2008, convertito in 1. n. 1.'3.'3del2008, è stato soppresso dalla legge di conversione n. 214 del 2011 e, quindi, a far data dall'entratain vigore della legge stessa (28 dicembre 2011) e le norme di disciplina del rapporto continuano adapplicarsi agli esoneri già concessi prima del 4 dicembre. Con la norma, inoltre, sono statedisapplicate le disposizioni di leggi regionali contenenti discipline analoghe a quelle dell'istitutodell'esonero di cui alla normativa statale. Per quanto riguarda il regime dell'accesso al trattamentopensionistico per il personale in esonero, in base al comma 14 primo periodo si applica, come per lageneralità dei lavoratori, il regime previgente sui requisiti e sulle fìnestre se il dipendente hamaturato tali requisiti entro il .'31dicembre 20 Il. Inoltre, il previgente regime troverà applicazioneanche nei confronti del personale in esonero che matura i requisiti di accesso al trattamentopensionistico a decorrere dal l gennaio 2012 a patto che l'esonero fosse in corso alla data del 4dicembre 2011 e dall'esito della procedura di cui al successivo comma 15 risulti la capienza delcontingente, secondo le modalità che verranno definite nel decreto interministeriale previsto nelmedesimo comma. Ai fini della norma, l'esonero si intende concesso se l'amministrazione, nellaveste del dirigente competente in base all'ordinamento dell'amministrazione stessa, ha adottatouna determinazione formale dalla quale si desuma la volontà di accoglimento dell'istanzadell'interessato. L'eventuale incapienza del fondo comporterà l'applicazione del nuovo regime e,quindi, la prosecuzione del rapporto di esonero con il dipendente sino alla maturazione dei nuovirequisiti di anzianità contributiva legale.

5. Periodo transitorio.

Il citato comma 20 dell'art. 24 all'ultimo periodo stabilisce che: "AI,[z'ne di agevolare ilprocesso di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazionz~ restano, inoltre, salvi iprovvedimenti di collocamento a riposo per raggiungimento del limite di età già adottatl~ prima della datadi entrata in vigore del presente decreto, nei c07~fronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cuiall'articolo l, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche se aventi ~ffittosuccessivamente al lO gennaio 2012.".

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DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Come si evince dal testo della disposizione, la fìnalità della norma è quella di agevolare ilprocesso di riduzione degli assetti organizzativi connesso all' entrata in vigore delle recenti normedi contenimento della spesa e degli apparati pubblici. In base alla norma sono fàtti salvi gli effettidegli atti di collocamento a riposo per raggiunti limiti di età adottati dalle amministrazioni primadel 6 dicembre 2011, anche se aventi decorrenza successiva al l gennaio 2012, a prescindere quindidalla sussistenza dei nuovi requisiti di pensionamento in capo al dipendente interessato.

Per espressa previsione, la salvaguardia concerne solo le ipotesi di raggiungimento del limitedi età. Ne consegue che invece debbono intendersi "travolti" dalla nuova disciplina - se aventi lapredetta decorrenza - le determinazioni ed i provvedimenti di pensionamento eventualmente giàadottati per motivi diversi dal raggiungimento del limite di età nei confì'onti di dipendenti soggettial nuovo regime ma sprovvisti dei nuovi requisiti alla data di decorrenza dell'atto. Si fa riferimentoin particolare a provvedimenti di collocamento in quiescenza aventi decorrenza dal 2013 perl'esercizio del recesso per il raggiungimento della massima anzianità contributiva comunicato inapplicazione dell'art. 72, comma Il, del d.l. n. 112 del 2008 a dipendenti con anzianità contributivainferiore a 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 4, l anni e 5 mesi per le donne ed età inferiore a 62 anni(richiesta al fine di evitare penalizzazioni) o all'accettazione, già nell'anno 2011, delle dimissionicomunicate per il raggiungimento della quota nell'anno 2012 o negli anni successivi. Per i casi dirisoluzione unilaterale, l'amministrazione dovrà rivedere la propria determinazione dandonecomunicazione all'interessato, valutando - se del caso - una successiva comunicazione sulla basedei nuovi requisiti. Nei casi di risoluzione dei rapporti di lavoro o di impiego per il raggiungimentodel requisito della quota, il rapporto tra l'amministrazione ed il dipendente dovrà continuare sinoal raggiungimento dei nuovi requisiti e l'amministrazione dovrà darne comunicazioneall'interessato e ritirare l'eventuale determinazione o annullare l'eventuale provvedimento dicollocamento in quiescenza già adottato.

6. Personale del comparto scuola.

Per il personale direttivo, docente ed ammInIstrativo del comparto scuola, rImane ferma lavigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all'inizio dell'annoscolastico per le esigenze del servizio e specifìche indicazioni saranno fornite dalla competenteDirezione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

IL MINISTRO PER

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

E LA SEMPLIFICAZIONE

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