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Milano, 18 marzo 2015 Avv. Carlo Fossati ICHINO - BRUGNATELLI E ASSOCIATI STUDIO LEGALE IL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI: COME CAMBIA LA MATERIA DEI LICENZIAMENTI INDIVIDUALI E COLLETTIVI

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Milano, 18 marzo 2015

Avv. Carlo Fossati

ICHINO - BRUGNATELLI E ASSOCIATI

STUDIO LEGALE

IL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI: COME CAMBIA LA MATERIA DEI

LICENZIAMENTI INDIVIDUALI E COLLETTIVI

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Lo scopo della riforma

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Sostituire al regime fondato su di una property rule (reintegrazione nel posto di lavoro se il giudice non approva l’operato dell’imprenditore) un regime fondato su di una liability rule (la responsabilità dell’imprenditore, quale che sia l’inadempimento contrattuale, è limitata a un indennizzo di entità predeterminata crescente con il crescere dell’affidamento reciproco tra le parti) con un sostegno efficace nel mercato applicabile in tutta l’area del lavoro dipendente

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Gli strumenti normativi del Jobs Act

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Decreto Poletti (D.L. 20 marzo 2014 n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014 n. 78 ed entrato in vigore il 21 maggio 2014) contratto a termine, apprendistato

Legge di Stabilità 2015 (23 dicembre 2014 n. 190) sgravi contributivi e Irap sul nuovo contratto

a tutele crescenti*

* Secondo quanto dichiarato dal Presidente dell’INPS Tito Boeri nei primi 20 giorni di febbraio 2015 le richieste arrivate dalle imprese per accedere alla decontribuzione per assunzione a tempo indeterminato sarebbero 76.000

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Gli strumenti normativi del Jobs Act

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Legge-delega (L. 10 dicembre 2014 n. 183) contr. tutele crescenti, cod. semplificato,

rif. ammortizzatori e servizi per l'impiego

Schema di decreto attuativo Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti

Decreto Legislativo 4 marzo 2015 n. 23

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D. Lgs. 4 marzo 2015 n. 23

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DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015 n. 23 «Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti»

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6

marzo 2015, n. 54 è entrato in vigore il 7 marzo 2015

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Applicazione

Il contratto a tutele crescenti trova applicazione per tutte le assunzioni a tempo indeterminato effettuate a far data dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo stesso, senza necessità che, nella lettera di assunzione, venga espressamente menzionato il D. Lgs. 4 marzo 2015, n. 23.

Tuttavia in fase di prima applicazione può comunque risultare utile una specificazione in tal senso

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Campo di applicazione (art. 1)

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1. Lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri (sono esclusi i dirigenti), assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D. Lgs. 23/2015

2. Casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del D. Lgs. 23/2015, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato

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Campo di applicazione (art. 1)

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3. Caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata in vigore del D. Lgs. 23/2015, integri il requisito occupazionale di cui all’art.18, commi 8 e 9, Stat. Lav. (anche se si tratta di lavoratori assunti precedentemente al 7 marzo 2015)

Dubbi circa la legittimità

costituzionale del disposto dell’art. 1

per eccesso di delega

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Piccole imprese e organizzazioni di tendenza (art. 9)

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Piccole imprese: ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, commi 8 e 9, L. 300/1970, non si applica l’art. 3, comma 2 (reintegra in caso di insussistenza del fatto materiale contestato) e l’ammontare delle indennità e dell'importo previsti dall’art. 3, comma 1, dall’art. 4, comma 1 e dall’art. 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di 6 mensilità

Organizzazioni di tendenza: ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al D. Lgs. 23/2015

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E il pubblico impiego?

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Iter della redazione del decreto attuativo:

23 dicembre 2015. L’ultima bozza del decreto contiene un terzo comma dell’articolo 1 che recita testualmente così: «La disciplina di cui al presente decreto legislativo non si applica ai lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165»

24 dicembre 2015. Il Consiglio dei Ministri approva un testo del decreto nel quale il comma 3 dell’articolo 1 è stato soppresso

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Quadro di sintesi

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Licenziamenti: cosa non è cambiato

Le nozioni di licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo non sono cambiate:

licenziamento per giusta causa (art. 2119 c.c.): recesso determinato da una causa che non consente la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro;

licenziamento per giustificato motivo soggettivo (art. 3, L. 604/1966): recesso determinato da un notevole inadempimento degli obblighi lavorativi;

licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 3, L. 604/1966): recesso determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

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Principali novità

Riduzione dei casi di licenziamento illegittimo sanzionati con la reintegrazione del lavoratore (tutela reale) a favore di un indennizzo di carattere economico

Predeterminabilità della misura dell’indennizzo economico che viene parametrato all’anzianità di servizio del lavoratore

Introduzione di una diversa offerta di conciliazione

Esclusione dell’applicabilità del c.d. rito Fornero sul piano processuale

Esclusione della procedura di conciliazione preventiva di cui all’art. 7 L. 604/1966 e s.m. innanzi alla DTL

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Licenziamenti per ragioni economiche (art. 3, comma 1)

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Se risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il giudice:

dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento;

condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità

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Licenziamenti per ragioni economiche (art. 3, comma 3)

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In caso di licenziamento di lavoratori soggetti alle disposizioni di cui al D. Lgs. 23/2015, non trova applicazione la procedura preventiva ex art. 7 L. 604/1966, come modificato dalla L. 92/2012, dinanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro

Introduzione della nuova disciplina sull’offerta di conciliazione contenuta nell’art. 6 D. Lgs. 23/2015

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Licenziamenti collettivi (art. 10)

In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 L. 223/1991, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’art. 2 D. Lgs. 23/2015:

reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

risarcimento del danno pari alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione (minimo 5 mensilità, senza alcun cap)

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Licenziamenti collettivi (art. 10)

Sia la violazione della procedura di licenziamento collettivo che la violazione dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, L. 223/1991 sono ricomprese nel regime generale di cui all’art. 3, comma 1, con conseguente diritto del lavoratore ad un’indennità pari 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio (comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità).

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Viene meno, per i lavoratori con contratto a tutele crescenti, la tutela della reintegrazione prevista dall’art. 5, comma 3, L. 223/1991 nei casi di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo

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Licenziamenti disciplinari (art. 3, comma 1)

Se risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice:

dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento;

condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità

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Licenziamenti disciplinari (art. 3, comma 2)

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro:

alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto l’aliunde perceptum e percipiendum (indennità comunque non superiore a 12 mensilità)

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Licenziamenti disciplinari (art. 3, comma 2)

Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva

Al lavoratore è attribuita la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione

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Licenziamenti disciplinari (art. 3, comma 2)

«Direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale» non è sufficiente un prova per presunzioni (quando da un fatto noto si risale a un fatto ignoto); per l’estrema (ed eccezionale) sanzione della reintegrazione deve essere positivamente dimostrato che il lavoratore non ha commesso il fatto imputatogli (o perché il fatto non è accaduto o perché è stato commesso da altri, ma certamente non dal lavoratore)

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Licenziamenti disciplinari (art. 3, comma 2)

«fatto materiale» Cass. 6 novembre 2014 n. 23669:«il nuovo articolo 18 ha tenuto distinta, invero, dal fatto materiale la sua qualificazione come giusta causa o giustificato motivo, sicché occorre operare una distinzione tra l’esistenza del fatto materiale e la sua qualificazione. La reintegrazione trova ingresso in relazione alla verifica della sussistenza/insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento, così che tale verifica si risolve e si esaurisce nell’accertamento, positivo o negativo dello stesso fatto, che dovrà essere condotto senza margini per valutazioni discrezionali, con riguardo alla individuazione della sussistenza o meno del fatto della cui esistenza si tratta, da intendersi quale fatto materiale, con la conseguenza che esula dalla fattispecie che è alla base della reintegrazione ogni valutazione attinente al profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità del comportamento addebitato»

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Licenziamenti discriminatori, nulli e intimati in forma orale (art. 2, comma 1)

Nullità del licenziamento:

discriminatorio a norma dell’art. 15 L. 300/1970 (discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali)

riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge licenziamento in concomitanza di matrimonio in violazione dell’art. 35 D. Lgs. 198/2006;

licenziamento in occasione della gravidanza in violazione dell’art. 54 D. Lgs. 151/2001.

Licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale

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Licenziamenti discriminatori, nulli e intimati in forma orale (art. 2, comma 1)

Mancato richiamo dell’art. 1345 c.c. Risulta ragionevole ritenere che anche il licenziamento intimato per motivo illecito determinante, ai sensi dell’art. 1345 c.c., rientri nel novero dei «casi di nullità espressamente previsti dalla legge» con conseguente applicazione della sanzione della reintegrazione prevista dall’art. 2 D. Lgs. 23/2015. Infatti, sebbene l’art. 1345 c.c. non preveda espressamente la sanzione della nullità, quest’ultima è, invece, espressamente contemplata dal comma 2, dell’art. 1418 c.c. La giurisprudenza ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 1345 c.c. in caso di licenziamento cd. ritorsivo o per rappresaglia

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Licenziamenti discriminatori, nulli e orali (art. 2, commi 1 e 2)

Apparato sanzionatorio:

reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto;

risarcimento del danno subito dal lavoratore, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto l’aliunde perceptum (comunque non inferiore a 5 mensilità), oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali

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Licenziamenti discriminatori, nulli e intimati in forma orale (art. 2, comma 3)

Al solo lavoratore è attribuita la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione

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Licenziamenti discriminatori, nulli e intimati in forma orale (art. 2, comma 4)

La disciplina di cui all’art. 2 D. Lgs. 23/2015 trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, L. 68/1999

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Viene così modificato il regime di tutela rispetto all’art. 18 L. 300/1970, commi 4 e 7, che, invece, in tale ipotesi prevede la sanzione della reintegrazione ma con riconoscimento di un’indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità

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Vizi formali e procedurali del recesso (art. 4)

Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato: con violazione del requisito di motivazione di cui all’art. 2,

comma 2, L. 604/1966; con violazione della procedura disciplinare ex art. 7 Stat. Lav.

Il Giudice (salvo che, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la

sussistenza delle ipotesi ex art. 2 o art. 3 D. Lgs. 23/2015): dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento; condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non

assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità

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Schema riassuntivo sanzioni

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Tutela reintegratoria:

1. licenziamenti discriminatori o nulli;

2. licenziamenti intimati in forma orale;

3. difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore;

4. licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato;

5. licenziamenti collettivi privi della forma scritta.

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Schema riassuntivo sanzioni

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Tutela solo risarcitoria:

1. tutti gli altri casi di licenziamento illegittimo per giustificato motivo (oggettivo e soggettivo) e giusta causa;

2. licenziamenti affetti da soli vizi formali o procedurali;

3. licenziamenti collettivi in violazione delle procedure di art. 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, L. 223/1991.

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Schema riassuntivo sanzioni

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Schema riassuntivo sanzioni

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Offerta di conciliazione (art. 6)

Introduzione di una nuova procedura tesa a favorire il raggiungimento di un accordo di conciliazione in caso di licenziamento di un lavoratore per il quale trova applicazione la disciplina del contratto a tutele crescenti

Obiettivo: limitare il ricorso all’autorità giudiziaria per questioni che spesso, anche alla luce del nuovo impianto normativo, si risolveranno nell’individuazione di un quantum risarcitorio

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Offerta di conciliazione (art. 6)

Offerta facoltativa ad iniziativa datoriale:

entro 60 giorni dal licenziamento;

in una delle sedi di cui all’art. 2113, comma 4, c.c. e all’art. 76 D. Lgs. 276/2003 (c.d. sedi protette);

una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, in ogni caso in misura non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità;

l’importo offerto non costituisce reddito imponibile sotto il profilo fiscale, né è assoggettato a contribuzione previdenziale;

consegna al lavoratore di un assegno circolare.20145 – Milano – Via Mascheroni, 31 E – mail:

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Offerta di conciliazione (art. 6)

L’accettazione dell’assegno determina l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento, anche laddove già proposta

Eventuali ulteriori somme corrisposte nella medesima sede conciliativa, anche in base a titoli diversi, sono ammesse, ma sottoposte al regime fiscale ordinario

Entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, il datore di lavoro deve comunicare obbligatoriamente, con apposito modello, l’avvenuta o non avvenuta conciliazione. La suddetta comunicazione integra la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto. Dovrà essere adattato il modello di trasmissione della comunicazione di cessazione

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Offerta di conciliazione (art. 6)

La disposizione normativa parla genericamente di «licenziamento», senza alcun riferimento alla motivazione (oggettiva/soggettiva)

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Copre anche il licenziamento nullo?

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Revoca del licenziamento (art. 5)

Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché' effettuata entro il termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal D. Lgs. 23/2015

Disposizione identica al comma 10 dell’art. 18 Stat. Lav., come modificato dalla L. 92/2012

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Computo dell’anzianità negli appalti (art. 7)

Ai fini del calcolo delle indennità e degli importi di cui agli artt. 3 comma 1, 4 e 6 del D. Lgs. 23/2015, l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendosi conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata

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