Crioablazione, nuovo alleato Angioplastica coronarica ... · cienza cardiaca, ospedalizzazione e...

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Dossier Sanità I.P. a cura di Piemme S.p.A. L a cardiochirurgia ha realizzato grandi passi in avanti negli ultimi anni: grazie al miglioramento della tecnologia e alla messa a punto di interventi sempre meno invasivi, oggi è possibile operare pazienti che solo qual- che tempo fa erano considerati inoperabili. «Purtroppo la popolarità della cardiochirurgia mini-nvasiva è minata dalla resistenza cultu- rale di molti chirurghi e dalla difficoltà di operare in team di professionisti abituati a questo tipo di chirurgia», spiega il dott. Giuseppe Speziale, chirurgo dell’Istituto Clinico Cardio- logico di Roma, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia presso l’ospedale Anthea Ho- spital di Bari e vicepresidente di GVM Care&Research. In Italia, nonostante tutto, esi- stono eccellenti Centri di Car- diochirurgia, come quelli del gruppo GVM Care&Research, dove questi interventi sono ormai considerati di routine. «La chirurgia mini-invasiva può essere applicata alla chirurgia della valvola mitrale, della val- vola aortica e della tricuspide. È possibile effettuare interven- ti poco invasivi anche per i bypass coronarici», specifica il dott. Giuseppe Speziale. L’impatto della cardiochirur- gia mini-invasiva è totalmente diverso da quella tradizionale: tagli più piccoli significano minor trauma ed una ripresa postoperatoria molto più rapida. «Evitare la stereotomia spesso può voler dire addirittura evita- re anche una ospedalizzazione più prolungata. Per esempio, attraverso una mini-toracotomia destra si ottiene un’ottima esposizione della valvola mi- trale permettendo al chirurgo di eseguire plastiche sempli- ci, complesse e sostituzioni valvolari. Per eseguire questi interventi vengono utilizzati strumenti specifici in sale ope- ratorie dotate delle più moderne apparecchiature tecnologiche, che permettono attraverso l’in- troduzione di piccole telecame- re sterili di visualizzare l’interno del torace su monitor LCD (video-chirurgia)», conferma il cardiochirurgo. La cardiochirurgia mini-invasiva è oggi una metodica applicabile a molti interventi sulle valvole e permette un minor trauma per il paziente con un recupero fun- zionale molto rapido: i risultati, in mani esperte, sono eccellen- ti. «Con un intervento molto semplice e breve, di 50 minuti circa, poi, si riesce a risolvere la problematica della fibrillazione atriale nel 96% dei pazienti», conclude Speziale. Tecniche mini-invasive Oggi si interviene su pazienti un tempo considerati inoperabili Passi da gigante nella cardiochirurgia grazie alle nuove tecnologie L a Fibrillazione Atriale (FA) è un’aritmia cardiaca atriale caratterizzata da un’attività elettrica disorganizzata e rapida che rende impossibile una efficace contrazione dell’atrio stesso. «Nonostante in sé non costituisca un rischio diretto e immediato di morte, la Fibrilla- zione Atriale può portare a gravi complicazioni come ictus, insuffi- cienza cardiaca, ospedalizzazione e decesso prematuro», spiega il dottor Saverio Iacopino, diretto- re della Divisione di Aritmolgia ed Elettrofisiologia degli Istituti Clinici di GVM Care & Research di Anthea Hospital di Bari e Città di Lecce Hospital di Lecce. La fibrillazione atriale si può rico- noscere da una varietà di sintomi: «Alcuni pazienti con fibrillazione atriale possono non avere sintomi, in altri viene scoperta solo per caso. Molti si lamentano di pal- pitazioni e segnali comuni sono respiro corto, stanchezza, dolore al petto e vertigini. I farmaci per rallentare la frequenza cardiaca o per controllare il ritmo cardiaco di solito sono in grado di ridurre i sintomi o possono farli sparire del tutto», prosegue il dott. Iacopino. Da un paio di anni, oltre alle pro- cedure classiche che utilizzano come energia la radiofrequenza (energia calda), si sta diffondendo la crioablazione nel trattamento della Fibrillazione Atriale che uti- lizza come energia il freddo. «La tecnica consiste nell’introduzione di una guida nella vena polmo- nare su cui viene fatto scorrere “over the wire” un palloncino gonfiabile. Una volta posizionato il palloncino nell’antro di una vena polmonare, lo stesso viene gonfiato e spinto fino a “tappa- re” l’antro della vena», precisa lo specialista. «A questo punto, il palloncino viene ghiacciato a temperature di -50°/-70° per 5-10 minuti. Lo scopo è di creare una lesione circonferenziale isolando la vena polmonare. Il procedi- mento viene poi ripetuto, se ne- cessario, per tutte le quattro vene polmonari. A parità di efficacia rispetto alla tecnica classica con radiofrequenza che può impiegare anche un mappaggio tridimen- sionale o un catetere mappante Lasso e l’ablazione eseguita punto a punto, la crioablazione sembra avere una serie di vantaggi, no- nostante studi comparativi precisi siano ancora in corso. Prima di tutto la crioablazione sembra, da studi pubblicati, riportare risultati migliori nelle forme parossistiche e nei pazienti giovani; la proce- dura d’intervento, poi, ha tempi dimezzati, grazie a una tecnica più semplice e minori complican- ze. Da non sottovalutare, infine, la minor esposizione radiologica sia del paziente che del chirurgo», conclude il dott. Iacopino. Crioablazione, nuovo alleato Contro la Fibrillazione Atriale Tra i vantaggi, i tempi dimezzati Una nuova tecnica di uguale effi cienza si affi anca alla chirurgia classica Malattie cardiovascolari Killer silenziosi Medici altamente specializzati Per prevenire i danni ed evitare complicazioni L e malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità in Eu- ropa. In Italia, provocano il 35% dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili, con un impatto imponente sulla salute pubblica e sulle risorse sanitarie e economiche. Per valutare la probabilità di sviluppare un primo evento cardiovascolare maggiore (in- farto del miocardio o ictus) nei 10 anni successivi nelle persone sane è importante tenere conto di fattori non modificabili come età, sesso e storia familiare, e di fattori modificabili come diabe- te, abitudine al fumo, pressione arteriosa sistolica, colesterole- mia totale, HDL-colesterolemia e trattamento anti-ipertensivo. Gli esperti concordano, tra l’altro, sul fatto che l’80% circa delle malattie cardiovascolari e cerebrovascolari possa essere prevenuto intervenendo su stile di vita e fattori di rischio. La principale causa dell’iper- colesterolemia, per esempio, è un’alimentazione troppo ricca di grassi saturi, che aumentano il livello di LDL-colesterolo e diminuiscono il livello di HDL- colesterolo. Una dieta sana può ridurre il colesterolo nel sangue fra il 5% e il 10%; una riduzione del 10% della colesterolemia di- minuisce la probabilità di morire di una malattia cardiovascolare del 20%. Oltre la prevenzione la tempe- stività di intervento da parte di medici competenti è fondamen- tale: riconoscerne i sintomi è di importanza vitale, perché solo una diagnosi immediata può fare la differenza, aumentando le probabilità di sopravvivere o di non rimanere invalidi. A Roma, l’ICC, Istituto Clinico Cardiologico, è un Ospedale di Alta Specialità appartenente al Gruppo Italiano sanitario GVM Care & Research. L’ospe- dale si distingue per le attività svolte presso il Dipartimento di Cardiologia Medica, presieduto dal dott. Domenico Mattioli, e presso il Dipartimento di Chi- rurgia Cardio-Toraco-Vascolare, presieduto dai dottori Giuseppe Nasso e Giuseppe Speziale ed offrono le seguenti prestazioni: Cardiologia e UTIC, Cardiologia interventistica, Riabilitazione cardiologica e recupero fun- zionale cardio-respiratorio; Chirurgia delle Aritmie, Chi- rurgia coronarica, Chirurgia dell’insufficienza cardiaca, Chirurgia valvolare, Chirurgia dell’aorta e grossi vasi, Chirurgia degli Aneurismi, Chirurgia della Steno-occlusione delle arterie degli arti, Chirurgia della Steno- occlusione dei tronchi sovra- ortici, Sindrome dello Stretto Toracico Superiore, Trattamento dell’insufficienza venosa degli arti inferiori, Complicanze della vasculopatia diabetica, Attività di emergenza con assistenza in UTI e UTIC. L’ICC - Istituto Clinico Cardio- logico si trova a Roma, in viale Alessandro Magno, 386 (zona Casal Palocco). Per maggiori informazioni sulla struttura è possibile visitare il sito www. gvmnet.it o telefonare allo 06/50173411. Angioplastica coronarica Intervento salvavita Non solo per le cardiopatie Il futuro è negli stent “bio-assorbibili” senza metallo L’ aterosclerosi coronarica, una forma di arterio- sclerosi caratterizzata da infiammazione cronica delle arterie di grande e medio calibro che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiova- scolare come fumo, iperco- lesterolemia, diabete mellito, ipertensione, obesità, iperomo- cisteinemia, è di gran lunga la causa più frequente di cardio- patia ischemica e si stima che la mortalità annuale in Italia per le cardiopatie ischemiche (angina, infarto e morte improvvisa) sia tra 70.000 e 80.000 casi. «Nell’interventistica cardio- vascolare, con l’angioplastica coronarica, possono essere trattate non solo la maggior parte delle stenosi coronariche o le cardiopatie, ma anche in casi di restringimenti critici in altri distretti, in altre arterie che complicano la situazione di pazienti multilivello», spiega il dott. Stefano Tonioni, del dipar- timento di Emodinamica dell’I- stituto Clinico Cardiologico di Roma, con una laurea in medici- na conseguita presso l’Univer- sità Cattolica Agostino Gemelli di Roma, specializzato all’U- niversità di Tor Vergata e con master nazionali e internazionali in cardiologia interventistica e periferica. «Per esempio si può risolvere la terribile complican- za del piede diabetico, che a causa della cattiva circolazione in passato ha portato spesso alla cancrena agli arti inferiori». L’angioplastica coronarica si esegue mediante l’utilizzo di un catetere che ha in punta un palloncino, che viene posiziona- to per via radioscopica al centro della stenosi coronaria e succes- sivamente gonfiato, ottenendo la sua riduzione o la completa scomparsa. Da anni l’impiego degli stent coronarici , “mollettine” espan- dibili che vengono lasciati in situ dopo l’esecuzione dell’an- gioplastica, riduce l’incidenza di nuovi restringimenti dopo la procedure. «Le introduzioni più recenti in materia sono gli stent medicati», prosegue il dott. Stefano Tonioni, «che rilascia- no farmaci per la prevenzione della proliferazione delle cellule muscolari vascolari, e gli stent “bio-assorbibili”, che, dopo es- sere stati posizionati a sostegno della parete vascolare e averne rimosso l’occlusione, si riassor- bono gradualmente nei tessuti del paziente attraverso un naturale processo metabolico. Tra le qualità degli stent “bio- assorbibili” c’è quella di poter essere inseriti numerose volte: il futuro appartiene senz’altro a questo tipo di tecnologia senza metallo».

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Dossier Sanità I.P. a cura di Piemme S.p.A.Dossier Sanità

La cardiochirurgia ha realizzato grandi passi in avanti negli ultimi anni: grazie al miglioramento

della tecnologia e alla messa a punto di interventi sempre meno invasivi, oggi è possibile operare pazienti che solo qual-che tempo fa erano considerati inoperabili.«Purtroppo la popolarità della cardiochirurgia mini-nvasiva è minata dalla resistenza cultu-rale di molti chirurghi e dalla diffi coltà di operare in team di professionisti abituati a questo tipo di chirurgia», spiega il dott. Giuseppe Speziale, chirurgo dell’Istituto Clinico Cardio-logico di Roma, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia presso l’ospedale Anthea Ho-spital di Bari e vicepresidente di GVM Care&Research.In Italia, nonostante tutto, esi-stono eccellenti Centri di Car-

diochirurgia, come quelli del gruppo GVM Care&Research, dove questi interventi sono ormai considerati di routine. «La chirurgia mini-invasiva può essere applicata alla chirurgia della valvola mitrale, della val-vola aortica e della tricuspide. È possibile effettuare interven-ti poco invasivi anche per i bypass coronarici», specifi ca il dott. Giuseppe Speziale.L’impatto della cardiochirur-gia mini-invasiva è totalmente diverso da quella tradizionale: tagli più piccoli signifi cano minor trauma ed una ripresa postoperatoria molto più rapida. «Evitare la stereotomia spesso può voler dire addirittura evita-re anche una ospedalizzazione più prolungata. Per esempio, attraverso una mini-toracotomia destra si ottiene un’ottima esposizione della valvola mi-trale permettendo al chirurgo

di eseguire plastiche sempli-ci, complesse e sostituzioni valvolari. Per eseguire questi interventi vengono utilizzati strumenti specifi ci in sale ope-ratorie dotate delle più moderne apparecchiature tecnologiche, che permettono attraverso l’in-troduzione di piccole telecame-re sterili di visualizzare l’interno del torace su monitor LCD (video-chirurgia)», conferma il cardiochirurgo.La cardiochirurgia mini-invasiva è oggi una metodica applicabile a molti interventi sulle valvole e permette un minor trauma per il paziente con un recupero fun-zionale molto rapido: i risultati, in mani esperte, sono eccellen-ti. «Con un intervento molto semplice e breve, di 50 minuti circa, poi, si riesce a risolvere la problematica della fi brillazione atriale nel 96% dei pazienti», conclude Speziale.

Tecniche mini-invasive Oggi si interviene su pazientiun tempo considerati inoperabili

Passi da gigante nella cardiochirurgia grazie alle nuove tecnologie

La Fibrillazione Atriale (FA) è un’aritmia cardiaca atriale caratterizzata da un’attività elettrica disorganizzata e

rapida che rende impossibile una effi cace contrazione dell’atrio stesso. «Nonostante in sé non costituisca un rischio diretto e immediato di morte, la Fibrilla-zione Atriale può portare a gravi complicazioni come ictus, insuffi -cienza cardiaca, ospedalizzazione e decesso prematuro», spiega il dottor Saverio Iacopino, diretto-re della Divisione di Aritmolgia ed Elettrofi siologia degli Istituti Clinici di GVM Care & Research di Anthea Hospital di Bari e Città di Lecce Hospital di Lecce.La fi brillazione atriale si può rico-noscere da una varietà di sintomi: «Alcuni pazienti con fi brillazione atriale possono non avere sintomi, in altri viene scoperta solo per caso. Molti si lamentano di pal-pitazioni e segnali comuni sono respiro corto, stanchezza, dolore al petto e vertigini. I farmaci per rallentare la frequenza cardiaca o per controllare il ritmo cardiaco di solito sono in grado di ridurre i sintomi o possono farli sparire del tutto», prosegue il dott. Iacopino.Da un paio di anni, oltre alle pro-cedure classiche che utilizzano come energia la radiofrequenza (energia calda), si sta diffondendo la crioablazione nel trattamento della Fibrillazione Atriale che uti-lizza come energia il freddo. «La tecnica consiste nell’introduzione di una guida nella vena polmo-nare su cui viene fatto scorrere “over the wire” un palloncino

gonfi abile. Una volta posizionato il palloncino nell’antro di una vena polmonare, lo stesso viene gonfi ato e spinto fi no a “tappa-re” l’antro della vena», precisa lo specialista. «A questo punto, il palloncino viene ghiacciato a temperature di -50°/-70° per 5-10 minuti. Lo scopo è di creare una lesione circonferenziale isolando la vena polmonare. Il procedi-mento viene poi ripetuto, se ne-cessario, per tutte le quattro vene polmonari. A parità di effi cacia rispetto alla tecnica classica con radiofrequenza che può impiegare anche un mappaggio tridimen-

sionale o un catetere mappante Lasso e l’ablazione eseguita punto a punto, la crioablazione sembra avere una serie di vantaggi, no-nostante studi comparativi precisi siano ancora in corso. Prima di tutto la crioablazione sembra, da studi pubblicati, riportare risultati migliori nelle forme parossistiche e nei pazienti giovani; la proce-dura d’intervento, poi, ha tempi dimezzati, grazie a una tecnica più semplice e minori complican-ze. Da non sottovalutare, infi ne, la minor esposizione radiologica sia del paziente che del chirurgo», conclude il dott. Iacopino.

Crioablazione, nuovo alleato Contro la Fibrillazione AtrialeTra i vantaggi, i tempi dimezzati

Una nuova tecnica di uguale effi cienza si affi anca alla chirurgia classica

Malattie cardiovascolariKiller silenziosiMedici altamente specializzatiPer prevenire i danni ed evitare complicazioni

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità in Eu-ropa. In Italia, provocano

il 35% dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili, con un impatto imponente sulla salute pubblica e sulle risorse sanitarie e economiche. Per valutare la probabilità di sviluppare un primo evento cardiovascolare maggiore (in-farto del miocardio o ictus) nei 10 anni successivi nelle persone sane è importante tenere conto di fattori non modifi cabili come età, sesso e storia familiare, e di fattori modifi cabili come diabe-te, abitudine al fumo, pressione arteriosa sistolica, colesterole-mia totale, HDL-colesterolemia e trattamento anti-ipertensivo. Gli esperti concordano, tra l’altro, sul fatto che l’80% circa delle malattie cardiovascolari e cerebrovascolari possa essere prevenuto intervenendo su stile di vita e fattori di rischio. La principale causa dell’iper-colesterolemia, per esempio, è un’alimentazione troppo ricca di grassi saturi, che aumentano il livello di LDL-colesterolo e diminuiscono il livello di HDL-colesterolo. Una dieta sana può ridurre il colesterolo nel sangue fra il 5% e il 10%; una riduzione del 10% della colesterolemia di-minuisce la probabilità di morire di una malattia cardiovascolare del 20%.Oltre la prevenzione la tempe-stività di intervento da parte di medici competenti è fondamen-

tale: riconoscerne i sintomi è di importanza vitale, perché solo una diagnosi immediata può fare la differenza, aumentando le probabilità di sopravvivere o di non rimanere invalidi.A Roma, l’ICC, Istituto Clinico Cardiologico, è un Ospedale di Alta Specialità appartenente al Gruppo Italiano sanitario GVM Care & Research. L’ospe-dale si distingue per le attività svolte presso il Dipartimento di Cardiologia Medica, presieduto dal dott. Domenico Mattioli, e presso il Dipartimento di Chi-rurgia Cardio-Toraco-Vascolare, presieduto dai dottori Giuseppe Nasso e Giuseppe Speziale ed offrono le seguenti prestazioni: Cardiologia e UTIC, Cardiologia interventistica, Riabilitazione cardiologica e recupero fun-zionale cardio-respiratorio;

Chirurgia delle Aritmie, Chi-rurgia coronarica, Chirurgia dell’insuffi cienza cardiaca, Chirurgia valvolare, Chirurgia dell’aorta e grossi vasi, Chirurgia degli Aneurismi, Chirurgia della Steno-occlusione delle arterie degli arti, Chirurgia della Steno-occlusione dei tronchi sovra-ortici, Sindrome dello Stretto Toracico Superiore, Trattamento dell’insuffi cienza venosa degli arti inferiori, Complicanze della vasculopatia diabetica, Attività di emergenza con assistenza in UTI e UTIC. L’ICC - Istituto Clinico Cardio-logico si trova a Roma, in viale Alessandro Magno, 386 (zona Casal Palocco). Per maggiori informazioni sulla struttura è possibile visitare il sito www.gvmnet.it o telefonare allo 06/50173411.

Per prevenire i danni ed evitare complicazioni

Angioplastica coronaricaIntervento salvavitaNon solo per le cardiopatieIl futuro è negli stent “bio-assorbibili” senza metallo

L’aterosclerosi coronarica, una forma di arterio-sclerosi caratterizzata da infi ammazione cronica

delle arterie di grande e medio calibro che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiova-scolare come fumo, iperco-lesterolemia, diabete mellito, ipertensione, obesità, iperomo-cisteinemia, è di gran lunga la causa più frequente di cardio-patia ischemica e si stima che la mortalità annuale in Italia per le cardiopatie ischemiche (angina, infarto e morte improvvisa) sia tra 70.000 e 80.000 casi. «Nell’interventistica cardio-vascolare, con l’angioplastica coronarica, possono essere trattate non solo la maggior parte delle stenosi coronariche o le cardiopatie, ma anche in casi di restringimenti critici in altri distretti, in altre arterie che complicano la situazione di pazienti multilivello», spiega il dott. Stefano Tonioni, del dipar-timento di Emodinamica dell’I-stituto Clinico Cardiologico di Roma, con una laurea in medici-na conseguita presso l’Univer-sità Cattolica Agostino Gemelli di Roma, specializzato all’U-niversità di Tor Vergata e con master nazionali e internazionali in cardiologia interventistica e periferica. «Per esempio si può risolvere la terribile complican-za del piede diabetico, che a causa della cattiva circolazione in passato ha portato spesso alla

cancrena agli arti inferiori».L’angioplastica coronarica si esegue mediante l’utilizzo di un catetere che ha in punta un palloncino, che viene posiziona-to per via radioscopica al centro della stenosi coronaria e succes-sivamente gonfi ato, ottenendo la sua riduzione o la completa scomparsa.Da anni l’impiego degli stent coronarici , “mollettine” espan-dibili che vengono lasciati in situ dopo l’esecuzione dell’an-gioplastica, riduce l’incidenza di nuovi restringimenti dopo la procedure. «Le introduzioni più recenti in materia sono gli stent

medicati», prosegue il dott. Stefano Tonioni, «che rilascia-no farmaci per la prevenzione della proliferazione delle cellule muscolari vascolari, e gli stent “bio-assorbibili”, che, dopo es-sere stati posizionati a sostegno della parete vascolare e averne rimosso l’occlusione, si riassor-bono gradualmente nei tessuti del paziente attraverso un naturale processo metabolico. Tra le qualità degli stent “bio-assorbibili” c’è quella di poter essere inseriti numerose volte: il futuro appartiene senz’altro a questo tipo di tecnologia senza metallo».

cancrena agli arti inferiori». medicati», prosegue il dott.