ASSISTENZA INFERMIERISTICA AL NEONATO PREMATURO...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea in Infermieristica - Sede Reggio Emilia
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
AL NEONATO PREMATURO DURANTE IL
RICOVERO IN TIN: NIDCAP
Relatore
Ostetrica Isa Ligabue
Correlatore
Tutor DDSI Annalisa Davoli
Studente
Filomena D’Elia
________________________________________________________
Anno Accademico 2007/2008
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea in Infermieristica - Sede Reggio Emilia
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
AL NEONATO PREMATURO DURANTE IL
RICOVERO IN TIN: NIDCAP
Relatore
Ostetrica Isa Ligabue
Correlatore
Tutor DDSI Annalisa Davoli
Studente
Filomena D’Elia
____________________________________________________
Anno Accademico 2007/2008
PAROLE CHIAVE
NEONATO
PREMATURITÀ
ASSISTENZA
NIDCAP
RELAZIONE
INDICE
Introduzione 1
Capitolo 1: L’ASSISTENZA AL NEONATO PREMATURO 3
1.1 Il neonato prematuro 3
1.2. La teoria sinattiva di HEIDELINE ALS 8
1.3 “Developmental Care” 17
Capitolo 2: “Neonatal Individualized Developmental Care
Assessment Programme”: NIDCAP 28
2.1 La metologia NIDCAP 30
2.2 Le sfide della ricerca e i progressi riguardanti il NIDCAP 37
2.3 Gli esordi del NIDCAP in Italia 41
2.4 Il dolore e lo stress del neonato prematuro nella TIN (Terapia
Intensiva Neonatale): il metodo NIDCAP 45
Capitolo 3: DIVENTARE GENITORI DI BAMBINI PREMATURI 52
3.1 Il reparto della TIN visto dai genitori 54
3.2 Programmi d’intervento dei genitori nella TIN 56
3.3 Follow-up del neonato prematuro 57
CONCLUSIONI 59
ALLEGATO 1: Le prime certificazioni NIDCAP “Laura e Federica
infermiere della TIN del Policlinico di Modena” 62
ALLEGATO 2: L’esperienza di Laura e Francesca in Scozia 64
ALLEGATO 3: Testimonianza dei genitori di Anna 68
BIBLIOGRAFIA 71
1
INTRODUZIONE
Sempre più nelle Terapie Intensive Neonatali si osserva un forte aumento
nella sopravvivenza di neonati piccolissimi per peso ed età gestazionale. Per
migliorare al neonato pretermine e contribuire a prevenire esiti a distanza è
necessario prestare attenzione allo sviluppo neuro comportamentale del
neonato ricoverato. Infatti non è sufficiente assicurare la sopravvivenza dei
neonati pretermine. La qualità di vita rappresenta una responsabilità
fondamentale dei professionisti che lavorano nelle Unità di Terapia Intensiva
Neonatale (TIN).
Negli ultimi decenni il concetto di “Care“ inteso come promozione del
benessere psico –fisico del piccolo paziente e una umanizzazione globale
delle cure, si è evoluto verso la “Developmental Care”, intesa come
assistenza allo sviluppo mediante accorgimenti generali di care guidata dalla
fase di sviluppo, dall’età gestazionale e dalle condizioni cliniche. Negli anni
nelle singole realtà italiane guidate dal gruppo di studio della care (Società
Italiana di Neonatologia) si è lavorato per la formazione e la sensibilizzazione
del personale e per l’attuazione di un adeguata assistenza allo sviluppo del
neonato. Il passo successivo è la “Individualized Developmental Care”,
un’assistenza allo sviluppo neuro-comportamentale tranne modalità di care
personalizzate ed evolutive basate sulla valutazione comportamentale del
singolo neonato ricoverato. Da questo concetto di base nasce il NIDCAP, un
programma di valutazione ed assistenza personalizzata allo sviluppo neuro
comportamentale del neonato ricoverato in T.I.N. L'obiettivo principale della
NIDCAP e' migliorare la qualità' di vita del neonato e della sua famiglia in un
momento di grande difficolta', per far ciò' l'equipe deve organizzarsi con nuove
procedure assistenziali basate sui principi di umanizzazione e care. Aiutando il
genitore a capire meglio il comportamento del suo piccolo , osservando i segnali
che lui stesso ci fornisce, si cercherà di mettere in atto quelle modalità' di
accudimento diverse per ogni neonato. L’equipe ha anche il compito di fornire
aiuto al neonato che può' imparare a gestire meglio le situazioni più' difficili,
impara a distrarsi ed ad avvalersi di sensazioni non solo negative, perche'
2
legate alle procedure assistenziali, ma anche positive grazie al tocco
sensoriale. L'operatore di fronte ad un neonato ipereccitabile, inconsolabile
dovrebbe aiutarlo a piangere meno, confortandolo o dandogli modo di
autoconsolarsi, fornendogli l'ambiente migliore per un sonno tranquillo; l'effetto
che andremo ad ottenere e' che il neonato dovrebbe riuscire a rilassarsi,
mangiare meglio, crescere ed essere più' disponibile all'interazione sociale. In
questo modo oltre a facilitare l'interazione fra neonato e genitore , il caregiver
farà' in modo di rendere quest'ultimo più' attivo nella cura e più' competente
anche al momento della dimissione. Un altro obiettivo principale e' il
miglioramento dell'assistenza erogata in quanto il caregiver si sente parte
attiva, più' responsabile nell'intero sistema organizzativo. Ogni giorno anche
l'infermiere e' chiamato sempre più' a perfezionare la propria professionalità',
proponendo soluzioni innovative anche a partire dalla propria esperienza
personale e mettendo continuamente in discussione le abitudini consolidate sul
lavoro. Spesso i problemi legati alle novità' pero' vengono vissuti dall'equipe
come ostacoli e non come opportunità' di miglioramento , quindi risulta a volte
difficile fare progressi nel proprio lavoro e soprattutto trame una maggiore
soddisfazione nell'erogarlo. Acquisire un metodo organizzativo di accudimento
neonatale non favorisce solo la salute del neonato ma ci permette una miglior
gestione dello stesso e uno stimolo maggiore alla collaborazione in tutta
l'equipe.
3
Capitolo 1 ASSISTENZA AL NEONATO PREMATURO
1.1 IL NEONATO PREMATURO
Un bambino un pò speciale:
Il prematuro è un neonato che ha bisogno di cure particolari, non
necessariamente perché le sue condizioni sono gravi ma perché è
necessario controllare le sue funzioni vitali ancora non adeguate alla vita al di
fuori del grembo materno. Circa 10 neonati su 100 nascono prematuri, cioè il
parto avviene prima del termine consueto, cioè prima della 37^ settimana di
gestazione. A seconda della settimana di gestazione alla quale avviene il
parto e del peso alla nascita, il neonato pretermine può essere distinto in:
prematuro moderato, nato tra la 32^ e la 37^ settimana di gestazione e con
un peso tra 1500 e 2500 gr e prematuro grave se nato al di sotto della 32^
settimana, con un peso tra 500 e 1500 gr. Alla nascita, i principali organi
interni di un bambino prematuro non hanno ancora raggiunto la piena
maturità e necessitano dunque di cure mediche adeguate: i polmoni non
sono sempre in grado di respirare da soli e spesso è necessario un
respiratore meccanico. Il neonato prematuro spesso non è in grado di
succhiare pertanto deve essere alimentato con un sondino naso-gastrico o
con una fleboclisi, è particolarmente vulnerabile alle infezioni necessita
quindi di adeguata protezione contro gli agenti infettivi, non è in grado di
controllare la temperatura corporea per questo deve essere posto in
incubatrice. Per tutti questi motivi, il prematuro è un neonato che non può
essere dimesso con la mamma dall'ospedale ma rimane ricoverato per
qualche tempo in più in Patologia Neonatale o in Terapia Intensiva Neonatale
(TIN) a seconda delle necessità.
Fino agli anni '50 i principi dell'assistenza ai prematuri consistevano
essenzialmente in una manipolazione minima del bambino, nel controllo della
temperatura corporea e in un rigoroso controllo delle infezioni, mediante una
limitazione drastica dei contatti con l'ambiente esterno. Le nursery dove
4
erano ricoverati i piccoli prematuri erano quindi ambienti isolati, quieti, in
penombra, nei quali i genitori erano rigorosamente esclusi.
Dagli anni '60 la neonatologia diviene una specializzazione medica a sé
stante e si registrano notevoli progressi tecnologici nell'assistenza neonatale:
vengono aperte le prime NICU (Neonatal Intensive Care Unit), reparti
altamente specializzati per la cura dei neonati a rischio, fornite di macchinari
molto sofisticati e distribuite sul territorio, anche se non in tutti gli ospedali
locali.
L'ambiente in cui è ricoverato il prematuro si caratterizza così per essere
rumoroso, fortemente e costantemente illuminato (senza un'alternanza
notte/giorno), affollato da personale specializzato; i neonati, inoltre, vengono
continuamente manipolati e sottoposti a procedure spesso invasive e
dolorose. Se in questo periodo l'ambiente delle "preterm nursery" cambia
notevolmente, l'atteggiamento degli addetti ai lavori nei confronti dei genitori
rimane invariato: essi non sono ammessi nei reparti di terapia intensiva
neonatale, perché considerati portatori d'infezioni e germi o comunque di
intralcio verso i ritmi frenetici del reparto.
Negli ultimi decenni la neonatologia e la perinatologia hanno compiuto passi
da gigante, avvalendosi anche di altre competenze e specialità disciplinari. Si
sono pertanto concentrate sulla comprensione del processo di sviluppo
neuro-cognitivo del piccolo e, conseguentemente, hanno elaborato modelli
assistenziali ottimali, coerenti con il quadro teorico attualmente definito.
Secondo la concezione odierna, il nato prematuro, diversamente dall’adulto e
dal bambino, si trova in un caratteristico periodo evolutivo, in cui i vari organi
si accrescono e si sviluppano in modo particolarmente rapido. Infatti, tra le 24
e le 40 settimane di età gestazionale il Sistema Nervoso Centrale presenta
un rapido sviluppo. Le conoscenze che si stanno accumulando sullo sviluppo
cerebrale mostrano infatti la particolare plasticità del cervello e l’importanza
delle connessioni sinaptiche, in via di maturazione e definizione. A 24
settimane di gestazione, età a cui ormai i nati prematuri vengono
regolarmente rianimati e ricoverati in terapia intensiva, è appena terminata la
proliferazione di neuroni a livello della matrice germinale e la migrazione
5
delle unità neuronali verso la corteccia si sta completando. Nello stesso
periodo ha inizio la mielinizzazione: la formazione e la eliminazione delle
sinapsi si accompagna a fenomeni di apoptosi, cioè di perdita selettiva,
programmata, di neuroni. E’ stato calcolato infatti che fino al 70% dei neuroni
della corteccia cerebrale umana vadano incontro ad apoptosi tra la 28°
settimana e il termine di gestazione. Lo sviluppo dei circuiti neuronali è
regolato sia da fattori endogeni sia da “input” sensoriali legati all’esperienza,
cioè al contatto col mondo. Su modelli animali è stato dimostrato che precoci
stimolazioni sensoriali anomale influenzano in modo permanente lo sviluppo
e il funzionamento delle reti neuronali e, a seconda del periodo in cui questo
avviene, anche il comportamento neonatale. Ad esempio, nei roditori,
esperienze dolorose durante il periodo neonatale sembrano essere associate
ad una alterata risposta allo stress e a disturbi dell’apprendimento e del
comportamento.
Le trasformazioni del piccolo avvengono in poco tempo, in quel poco tempo
in cui sarebbero state fisiologicamente predisposte a realizzarsi nell’ambiente
intrauterino, in cui il feto è continuamente toccato, contenuto, trova un
confine ai suoi movimenti e viene senza sosta mosso e cullato dai movimenti
ritmici del respiro materno.
Non è quindi azzardato avanzare l’ipotesi che anche il cervello del nato
pretermine, sottoposto precocemente a esperienze e stimolazioni
inadeguate, possa esserne influenzato in modo sfavorevole. Questo
potrebbe contribuire a spiegare come, a fronte dell’enorme miglioramento
della sopravvivenza verificatosi negli ultimi vent’anni, la prevalenza di
disabilità nei sopravvissuti sia rimasta praticamente invariata, mentre i follow-
up a distanza indicano la presenza di disturbi “minori”, di tipo cognitivo o
comportamentale anche in bambini moderatamente pretermine, o dal
decorso intra-ospedaliero privo di eventi patologici significativi.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un aumento nella sopravvivenza dei
pretermine assieme ad una riduzione delle complicazioni maggiori ma allo
stesso tempo, nei neonati molto pretermine, è stato riscontrato un aumento
di:
6
- anomalie motorie
- difficoltà nell’apprendimento
- problemi comportamentali minori.
Tutto ciò è comprovato da diversi studi, è la conseguenza dell’incompatibilità
tra l’ambiente extrauterino e lo stadio di maturazione del SNC del feto.
Il fatto che i deficit neurologici si presenti o anche in neonati risparmiati da
insulti maggiori, tipo emorragia, ipossia, anossia, ci costringe a pensare che
l’ambiente influenzi lo sviluppo cerebrale in modi diversi, in particolare
attraverso i sensi, cioè i sistemi percettivi visivi, uditivi, tattili-cutanei,
cinestesici, olfattivi e gustativi.
Il cervello del neonato pretermine non è immaturo per ricevere ed elaborare
le informazioni sensoriali, ma è piuttosto eccessivamente sensibile, alla
mercè degli stimoli che riceve ed incapace di difendersi.
In pratica il nato pretermine è un feto dislocato in un ambiente che non è
confacente al suo sviluppo.
Questo ci offre, come caregivers, cioè tutti coloro che si prendono cura del
bambino, l’opportunità di modificare l’ambiente esterno in modo da
trasformarlo da ambiente ostile allo sviluppo, in ambiente appropriato allo
sviluppo cerebrale e facilitante la fisiologia: infatti, il più delle volte, non si
tratta di curare una patologia particolare ma di prevenire varie complicazioni.
I concetti chiave di questo tipo d’assistenza sono:
- l’assistenza allo sviluppo neurocomportamentale;
- personalizzata;
- incentrata sulla famiglia (perché per un neonato il primo ambiente è la
propria madre).
La sigla NIDCAP significa appunto programma d’assistenza personalizzata
allo sviluppo neuroevolutivo del neonato in TIN, comprende una serie
pressoché illimitata di stratagemmi organizzativi, idee, accortezze e
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accorgimenti, premure e cautele già collaudati o in via di sperimentazione.
Alcune di queste proposte sono state convalidate da studi controllati. Questi
studi rappresentano oggi le basi culturali e gli strumenti operativi
dell’assistenza allo sviluppo.
I concetti chiave della assistenza allo sviluppo del neonato comprendono il
fatto che è controproducente anticipare le esperienze evolutive e che le
energie del bambino e dell’adulto vanno convogliate sulla qualità delle
prestazioni neurocomportamentali, non soltanto sulla loro acquisizione.
L’aspetto difficile del programma abilitativo consiste quindi nel trovare via via
il delicato equilibrio tra il consolidare i compiti evolutivi di ogni fase e il
progredire nelle proposte al neonato. Per attuare questo tipo d’assistenza è
necessario adottare un modello multidisciplinare. È proprio qui che si
individua il ruolo degli specialisti dello sviluppo (terapisti della riabilitazione,
neuropsichiatri infantili, psicologi, neonatologo) come consulenti/consiglieri
che lavorano con i caregivers per guidarli nelle scelte delle facilitazioni
neurocomportamentali. Per promuovere dei miglioramenti in TIN e
aumentare le competenze professionali occorre integrare i concetti dello
sviluppo neurologico nell’assistenza:
- per capire meglio i bisogni globali del neonato e della sua famiglia in
modo da modificare consapevolmente le procedure e le abitudini
assistenziali mediche e infermieristiche;
- per capire che è importante farsi guidare dai segnali comportamentali
del neonato individuando punti di forza e di difficoltà.
E’ necessario quindi individuare un PROGRAMMA PERSONALIZZATO DI
CARE: che significa adattare via via le modalità di cura e le esperienze
neurocomportamentali allo stadio di maturazione del singolo neonato.
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1.2 LA TEORIA SINATTIVA DI HEIDELINE ALS
Heideline Als. Neuropsicologa presso il children’s Hospital di Boston da molti
anni si dedica all’assistenza del neonato pretermine proponendo un modello
per la valutazione comportamentale e l’intervento personalizzato allo
sviluppo del bambino ricoverato in TIN ma non solo, alla promozione del suo
sviluppo all’interno della famiglia. Il significato di SVILUPPO SINATTIVO
consiste che durante ogni fase dello sviluppo i 5 sottosistemi interagiscono
continuamente e si sviluppano in modo INDIPENDENTE, allo stesso tempo
INTERDIPENDENTE, costantemente INTERATTIVO con l’ambiente.
Questo modello interpreta il funzionamento dell'organismo del neonato come
la risultante di una continua interazione e transizione tra cinque, e di questi
con l'ambiente. Lo sviluppo dei sottosistemi avviene nel neonato pretermine,
in una determinata sequenza, e la relativa stabilità ed il buon funzionamento
di un sistema permettono la maturazione e la funzionalità ottimale del
successivo. La Als individua schematicamente 5 sottosistemi, che si
sviluppano con un determinato ordine e interagiscono tra loro:
SISTEMA
NERVOSO
AUTONOM
O
ATTENZIONE E INTERAZIONE
STATI COMPORTAMENTALI
MOTORIO
AUTOREGOLAZIONE
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a) Il sistema nervoso autonomo o neurovegetativo, osservabile tramite la
frequenza del respiro, la frequenza cardiaca, l’esame del colorito, la
temperatura cutanea, le funzioni digestive e quelle escretorie;
b) Il sistema motorio, osservabile mediante la qualità e la quantità dei
movimenti del neonato, il livello di variabilità ed armoniosità che essi
assumono, l’esame delle posture che il nati pretermine assume
spontaneamente;
c) Il sistema degli stadi comportamentali, osservabile attraverso la stabilità, la
disponibilità e la variabilità degli stadi di sonno e di veglia e attraverso le
modalità di transizione da uno stadio all’altro;
d) Il sistema dell’attenzione ed interazione, osservabile tramite l’analisi della
qualità dello stadio di allerta e vigilanza e la capacità di mantenere e
utilizzare tale stadio in relazione con il mondo esterno;
e) Il sistema di autoregolazione, osservabile attraverso le strategie attive che
il neonato attua per mantenere uno stato equilibrato, relativamente stabile, di
organizzazione e integrazione dei vari sottoinsiemi.
Tali sottosistemi sono strettamente correlati e reciprocamente influenzabili.
La loro stabilità è necessaria affinché sia possibile una loro buona
interazione. Ad esempio è oramai da tempo dimostrato come la facilitazione
della stabilità del sistema motorio, ottenibile tramite un contenimento
posturale, consente una migliore stabilizzazione delle funzioni cardio-
respiratorie e neurovegetative riducendo apnee, vomiti, rigurgiti. E ancora, la
stabilità di tale sistema contribuisce a ridurre il rischio di insulto cerebrale,
dipendente da eccessive fluttuazioni del flusso ematico.
La possibilità di mantenere più a lungo e con maggiore efficienza un
determinato stato comportamentale facilita inoltre la maturazione e
l’organizzazione ciclica delle funzioni neurofisiologiche. E’ importante ribadire
che le caratteristiche individuali dello sviluppo maturano nel tempo.
Secondo la Als la maturazione va intesa come un processo evolutivo
costituito da diverse fasi che si susseguono secondo una sequenza obbligata
e che sono strettamente correlate tra loro. Tali fasi non sono completamente
separate, tra di esse esistono sovrapposizioni di diversa entità e
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funzionalmente orientate. La variabilità interindividuale, nella sequenza e
nelle modalità, è inoltre enorme, e tuttora oggetto di studio e
approfondimento.
Seguendo lo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale la Als propone di
suddividere l’età compresa tra 24 e 40 settimane in 3 fasi:
1. Fase della stabilizzazione dei sottosistemi che va dalle 24 alle 29
settimane di età gestazionale.
In questa fase gli organi e gli apparati del nato prematuro si trovano in un
ambiente per cui non sono fisiologicamente preparati. A questa età il neonato
è estremamente ‘stressabile’: facilmente, cioè, perde equilibri psicobiologici
naturali e le sue funzioni sono facilmente disorganizzabili. Manovre
assistenziali non eseguite con la dovuta delicatezza e non rispettose della
fragilità del neonato possono causare importanti alterazioni del ritmo e della
funzionalità respiratoria (apnee, desaturazioni d’ossigeno), cardiocircolatoria
(tachicardie, brachicardie, aumento del rischio di eccessiva variabilità del
flusso ematico e delle pressioni di pefusione) e digestiva (rigurgiti, vomiti,
evacuazioni improvise). Posso verificarsi anche alterazioni della
regolamentazione del colorito cutaneo come cambiamenti improvvisi di
colorito, cianosi. L’assistenza respiratoria mediante ventilazione meccanica
e/o ossigeno terapia è spesso inevitabile e l’alimentazione non è mai
autonoma. L’attività motoria è facilmente disorganizzabile, il controllo
posturale è molto scarso. L’esposizione totale alla forza di gravità costituisce
un impegno eccessivo per le scarse competenze del neonato.
Le capacità di muoversi sono molto limitate e le posture supina e prona
mantenute per lunghi periodi su un piano rigido senza contenimento
provocano lo schiacciamento del torace e del capo e creano difficoltà
nell’organizzazione e nella stabilità motoria. Sono altresì clinicamente
distinguibili periodi di attività motoria e di quiete, così come di sonno e di
veglia, ma le varie funzioni neurofisiologiche non sono ben correlate tra loro
nel formare veri e propri stati comportamentali. Le competenze interattive si
basano su canali di comunicazione diversi da quelli di un neonato più
grande. Le capacità sensoriali si fondano su forme di sensibilità che si sono
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sviluppate nella vita intrauterina. Il pianto è ancora poco energico e
facilmente esauribile e la comunicazione dei propri bisogni avviene
principalmente attraverso il linguaggio corporeo, la cui comprensione è
difficile per operatori non allenati specificamente alla sua decifrazione.
2. Fase dell’organizzazione dei sottosistemi che va dalle 30 alle 35
settimane di età gestazionale.
Tra la 30° e la 35° settimana di età gestazionale il neonato attraversa la fase
dell’organizzazione dei sottosistemi, che consente l’emergere e il
perfezionarsi di funzioni adeguate all’ambiente extrauterino. Il neonato è
spesso in grado di respirare autonomamente e iniziano a manifestarsi le
competenze antigravitarie.
Le 32 settimane costituiscono un’età particolarmente importante per il
neonato. Esso inizia a sviluppare la coordinazione della suzione, deglutizione
e respirazione: è tale coordinazione che permette l’alimentazione autonoma.
Gli stadi di sonno e di veglia sono evidenti. Il pianto ha maggiore energia, è
più prolungato ed assume maggior valenza comunicativa. Si sviluppano le
prime competenze visive (in condizioni di bassa illuminazione) e uditive,
rendendo possibili le prime brevi interazioni sociali. Il bambino sopporta
meglio luci e rumori, inizia a fissare e seguire con lo sguardo, così come ad
orientasi verso suoni piacevoli come la voce della madre.
Le capacità di autoregolazione sono però appena accennate e il neonato
trova difficoltà a fare più di una cosa alla volta (il neonato poppa meglio se
non gli si parla e se non viene attirata la sua attenzione). In questa fase è
compito di chi lo accudisce facilitare l’organizzazione e la stabilizzazione dei
comportamenti del prematuro.
3. Fase dell’integrazione dei sottosistemi che va dalle 36 alle 40 settimane
di età gestazionale.
In questa fase i bambini sono, nella loro maggioranza, notevolmente più
stabili, dal punto di vista neurovegetativo e motorio, e si alimentano
autonomamente, spesso anche al seno materno. Il controllo posturale e
12
antigravitario è ulteriormente migliorato, gli stati comportamentali sono
chiaramente strutturati, così come appare sempre meglio definita la loro
organizzazione clinica. Saranno raggiunte, nell’ordine, una integrazione degli
stati di sonno e veglia, della capacità di prestare attenzione e di interagire
con l’adulto e di ritrovare autonomamente un equilibrio tra i vari sottoinsiemi.
I neonati manifestano a queste età più chiaramente e più energicamente i
loro bisogni; possono avere pianti prolungati e difficilmente consolabili. La
capacità di prestare attenzione visiva e uditiva sono ancora più evidenti, così
come quella di rannicchiarsi quando presi in braccio. Nel complesso il loro
comportamento, divenuto ora più facilmente comprensibile da parte
dell’adulto, li rende in grado di mandare messaggi più chiari e gratificanti per
chi si prende cura di loro.
Le fasi appena descritte non sono completamente separate, tra queste
possono verificarsi sovrapposizioni di diversa entità.
Occorre, infatti, sottolineare che non vi è nel neonato prematuro, uno
sviluppo armonico, globale, come nel nato a termine. La velocità di sviluppo
nei vari settori non mostra un andamento uniforme:ad esempio, le prestazioni
motorie manifestano una maggiore velocità di sviluppo rispetto ad altre
funzioni. I neonati prematuri che raggiungono la data attesa per la nascita,
quindi, si differenziano dai neonati a termine sotto vari aspetti e continuano a
distinguersi anche nelle età successive, nonostante la correzione dell'età. In
particolare, le differenze tra i nati a termine e i prematuri che giungono al
termine, non sono uniformemente distribuite tra i vari sistemi sensoriali.
Le competenze del prematuro: Per capire lo sviluppo neuro-cognitivo del
prematuro e per giungere a livelli di assistenza ottimali è anche utile
analizzare le competenze del piccolo a seconda della sue età gestazionale,
con un approccio però proveniente dagli studi di psicobiologia.
Udito
L'apparato uditivo umano è completo e fisiologicamente funzionante dalla
ventottesima settimana di gestazione. È stato documentato che il neonato
prematuro di 28/32 settimane risponde già a stimoli uditivi anche se la
13
reattività è debole e l'abituazione è assente. Dalla trentacinquesima
settimana, l'orientamento del prematuro verso stimoli uditivi sembra essere
simile a quella del nato a termine, tuttavia ad un'analisi più approfondita si
riscontrano differenze di reazione. Altri ricercatori, ad esempio, hanno
verificato che sia i nati a termine, che i nati pretermine rispondono con una
variazione del ritmo cardiaco all'ascolto della voce materna arrabbiata, i primi
presentano una reazione accelerativa (interpretabile come risposta difensiva
nei confronti di uno stimolo riconosciuto come negativo, associato a un
disagio) mentre i secondi mostrano una reazione decelerativa (interpretabile
come risposta a uno stimolo conosciuto, ma non ancora associato a
qualcosa di spiacevole).
Vista
La vista è l'unico senso che il bambino comincia a utilizzare solo dopo la
nascita. Nel nato pretermine non sembra esserci una vera e propria
attenzione visiva prima delle 29 settimane d'età post-concezionale. In
seguito, la scansione degli stimoli e il tempo d'attenzione vanno
progressivamente migliorando con l'aumentare dell'età. Comunque, i
prematuri giunti alla quarantesima settimana (quindi al termine atteso per la
nascita) si abituano più lentamente agli stimoli visivi rispetto ai neonati a
termine. Rose ha dimostrato che ancora a sei mesi e a dodici mesi d'età
corretta, i nati prematuri hanno bisogno di tempi di fissazione più lunghi
nell'elaborazione di stimoli visivi e non mostrano preferenze per stimoli nuovi,
a differenza dei nati a termine della stessa età.
Prima degli anni '50 si riteneva che il neonato, in pratica, non fosse in grado
di vedere. Oggi sappiamo che il neonato, già a poche ore di vita, è capace di
fissare e seguire uno stimolo visivo, mostra preferenze per certe forme, può
riconoscere i volti e addirittura imitarne le espressioni. Anche il piccolo
prematuro, come abbiamo visto, dalla trentesima settimana d'età mostra
crescenti abilità visive.
I 5 Segnali sociali
1. Pianto: Il pianto è il primo segnale che il bambino è in grado di
emettere nei confronti dell'ambiente sociale che lo circonda. A 26
14
settimane, i nati pretermine rispondono con il pianto in seguito a
stimoli dolorosi, ma il pianto spontaneo comincia a comparire solo
dalle 32/34 settimane. In seguito, nell'analisi spettrografica, il pianto
del prematuro mostra frequenze più alte, disfonazione e cambiamenti
improvvisi di tonalità, rispetto a quelli del nato a termine. Questo fa sì
che il pianto dei prematuri sia valutato dagli adulti come stressante,
urgente spiacevole e provochi in loro decisioni subitanee e risolutive,
che sono in grado di farlo terminare, ma non includono pazienza e
comprensione, atti qualificabili come "aspettare a vedere".
2. Sorriso: Nel bambino piccolo sono presenti due forme di sorriso: il
sorriso endogeno (o spontaneo) presente sin dalla nascita, e il sorriso
esogeno (o indotto) che si verifica in risposta agli stimoli esterni 3/4
settimane dopo la nascita a termine. Il sorriso endogeno è di origine
sottocorticale e, di solito, si verifica durante il sonno attivo. Il sorriso
esogeno tende, invece, a comparire durante la veglia tranquilla o la
sonnolenza. Dopo le otto settimane, il sorriso esogeno è sostituito dal
sorriso sociale (o di risposta), che il bambino presenta in seguito a
stimoli sociali veri e propri, come la voce o il volto di chi lo accudisce.
L'ontogenesi del sorriso nel neonato pretermine è stata studiata in
particolare da Emde. L'autore ha osservato i comportamenti facciali di
neonati prematuri (di varie età gestazionali) durante il sonno attivo,
comparandoli con neonati a termine. Da tali osservazioni emergeva
che i pretermine sorridono di più e che i loro sorrisi sono
maggiormente raggruppati rispetto a quanto accade per i nati a
termine. Le differenze, comunque, diminuiscono con il crescere
dell'età gestazionale.
3. Suzione: La suzione è uno dei più importanti mezzi d'interazione tra il
neonato e chi lo accudisce, ed è essenziale per la sopravvivenza
biologica. Questo riflesso richiede una serie coordinata di
comportamenti (rooting, apertura della bocca, afferramento del
capezzolo, deglutizione), che devono essere ben coordinati tra loro, in
modo che il neonato possa raggiungere un'alimentazione orale non
15
pericolosa. Il bambino possiede due modalità di suzione: nutritiva e
non nutritiva (mentre negli animali esiste solo quella nutritiva). La
suzione non nutritiva è caratterizzata da un pattern regolare di
scariche e pause, e si verifica in tutti gli stati di sonno e di veglia. La
suzione nutritiva presenta lunghe scariche con bassa frequenza, ed è
prevalente quando il neonato è sveglio e affamato. Nonostante le
componenti isolate della suzione e della deglutizione siano presenti
prima della ventottesima settimana di gestazione, queste non sono
sufficientemente coordinate da permettere l'alimentazione con il
biberon prima delle 32/34 settimane. Nel nato prematuro la suzione
assume un'organizzazione ritmica solo dalle 32 settimane di età post-
concezionale, quindi l'alimentazione al biberon o al seno non è
possibile prima delle 32/34 settimane. Il ritmo della suzione è
caratterizzato da scariche di suzione, intervallate da pause. Nel
pretermine, il numero di suzioni per ogni scarica è minore e la
variabilità delle pause tra le scariche è maggiore, che nel nato a
termine. Questo può render più difficile alla madre, il compito di
alimentare il piccolo prematuro. Inoltre, è stato osservato che spesso
le madri, mosse dalla preoccupazione che il figlio recuperi peso,
tendono a nutrire il bambino in modo continuo, sollecito, senza pause.
Una simile situazione stanca e fa assopire il prematuro prima che si
sia nutrito a sufficienza. È stato dimostrato che nei nati prematuri, le
difficoltà di alimentazione possono permanere per tutto il primo anno
di vita.
4. Comportamento motorio: I neonati prematuri tendono ad essere
ipotonici, scarsamente coordinati e a muoversi meno rispetto ai nati a
termine. Dalle 36 settimane, però, i loro movimenti cominciano a
divenire più coordinati, con meno tremori e più flessioni, a 38
settimane compaiono la coordinazione manobocca e la rotazione della
testa verso una sorgente luminosa. Nei nati prima della trentaduesima
settimana di gestazione, specialmente se di peso non adeguato,
possono persistere, a tre mesi di età corretta, movimenti anormali e
16
poco coordinati, la presenza di movimenti spontanei anomali a
quest'età è stata considerata predittiva di ritardi nello sviluppo ad un
anno.
5. Risposte agli stimoli: Le ricerche sulle risposte dei neonati prematuri
alle stimolazioni hanno dato risultati interessanti, anche se discordanti.
Un primo studio ha rilevato che mentre i nati a termine di 40 settimane
di età post-concezionale rispondono alle stimolazioni tattili sia con
reazioni cardiache sia comportamentali, i pretermine di 38,5 settimane
rispondono con le sole reazioni comportamentali e in minor misura. Un
confronto successivo ha rilevato che a 37,4 settimane per i pretermine
non si ha alcuna differenza di reazione con gli a termine, al di fuori di
una mancanza di decremento della sola risposta comportamentale.
Rose e altri, hanno valutato le risposte cardiache e comportamentali
ad uno stimolo tattile durante il primo ciclo di sonno di pretermine che
avevano ricevuto un regime di stimolazioni multimodali, che
implicavano modalità tattili e vestibolari. I risultati dimostrarono che
l'intervento alterava il funzionamento sensorio del pretermine,
soprattutto nel sonno attivo, facendolo comportare come un nato a
termine. Field ha dimostrato che la prontezza di risposta all'interno di
un campione di bambini prematuri (età gestazionale media 33
settimane) ad uno stimolo tattile o uditivo, si differenzia da quella dei
nati a termine in vari modi: l'ampiezza di risposta è minore, lo stimolo
deve essere più intenso, la risposta comportamentale può non
accompagnarsi ad alterazioni del ritmo cardiaco, l'abituazione a stimoli
ripetuti è incerta, così come la reazione alla novità (disabituazione). In
generale, Field trova che i prematuri hanno un'alta soglia d'attivazione
alle stimolazioni degli adulti, accompagnata da una bassa tolleranza,
perciò le interazioni con questi bambini devono essere mantenute
entro una ristretta gamma d'intensità, per non provocare reazioni di
rifiuto. Bambini con queste caratteristiche appaiono agli occhi degli
adulti "poco partecipi", addirittura "poco umani", provocando
17
sentimenti d'impotenza e scoraggiando i tentativi d'interazione in chi si
occupa di loro.
1.3 LA DEVELOPMENTAL CARE
Dalla pace della vita uterina alla guerra della terapia intensiva
Il bambino che nasce prematuro si trova in una situazione molto particolare.
Egli, infatti, viene precocemente privato dell'ambiente protettivo e accogliente
di cui beneficia il feto. All’interno dell’ utero infatti giungono stimolazioni
ritmiche e costanti come ad esempio il battito cardiaco materno, le
fluttuazioni del liquido amniotico, i rumori digestivi, la voce materna. Il piccolo
è continuamente contenuto, cullato dal corpo materno. Al contrario, le prime
esperienze di vita extrauterina del pretermine sono spesso traumatiche. Nella
terapia intensiva neonatale, dove viene al più presto ricoverato, può ritrovarsi
intubato e/o isolato in un’incubatrice dove lotta, nelle prime ore di vita, per la
sua stessa vita. I piccoli degenti necessitano di continua assistenza, ma
spesso questa assistenza sembra rispondere più a una logica di
convenienza organizzativa che all’obiettivo di rispettare la fragilità del piccolo
prematuro e le sue particolari esigenze. Nelle moderne terapie intensive
neonatali il livello del rumore è spesso troppo elevato, sia di tipo continuo
(rumore prodotto dall’incubatore, ad esempio, o dalle radio del personale),
sia intermittente e improvviso, come i suoni acuti dei monitor, gli squilli dei
telefoni, lo sbattere delle porte; l’illuminazione non segue il ciclo giornonotte
ed anzi è spesso intensa e costante per permettere la continua assistenza.
Le stesse cure mediche e infermieristiche appaiono seguire ritmi e metodi
rispondenti più ai bisogni dell’assistente che dell’assistito. La mancanza di
tempo in reparto, la frequente rotazione del personale possono ad esempio
portare a manipolazioni continue, senza riguardo per lo stato di veglia o di
sonno del piccolo paziente; può esserci un insufficiente ricorso alla
analgesia, perché tanto un neonato non può parlare, e se è intubato non può
nemmeno piangere; generalmente, inoltre, viene prestata scarsa attenzione
al comfort del neonato, alla sua posizione nell’incubatore, alle sue necessità
18
di sentirsi protetto e contenuto, ma anche confortato e coccolato. E’ da
queste osservazioni che l’ambiente delle moderne terapie intensive neonatali
è stato messo sotto accusa come uno dei principali fattori di stress per il
neonato. E, proprio per questo, si è ipotizzato che esso possa essere uno dei
fattori di rischio per le disabilità del nato prematuro più facilmente rimovibile.
I suoi elementi
E’ sulla base di questi presupposti che la Als a metà degli anni ’80 introduce
il termine Developmental Care (DC) per intendere un insieme di strategie
volte a ridurre lo stress dei neonati pretermine durante la degenza in terapia
intensiva neonatale . I grandi progressi della scienza nel campo delle cure
neonatali, il livello delle conoscenze acquisite sul nato prematuro e sul suo
sviluppo neurologico, combinati alla ancora elevata incidenza di disabilità del
pretermine a medio-lungo termine, evidenziano l’importanza di tale
approccio. Il nato prematuro va incontro a una serie di esperienze negative
legate all’immaturità del suo organismo e alla sua stessa condizione di
“essere malato”. Una terapia intensiva inadeguata alla condizione del nato
prematuro può essere verosimilmente la causa di una parte della morbilità
dovuta a nascita prematura. Gli interventi impiegati sono diversi e spaziano
dal controllo dell’ambiente al “clustering” delle manovre diagnostiche e
infermieristiche per permettere periodi di riposo indisturbato, all’utilizzo della
analgesia, al contenimento e al massaggio. Può anche essere di grande
aiuto stimolare positivamente il neonato tramite pratiche affettive che lo
avvicinino alla madre e alla famiglia. Viene, ad esempio, rivalutata
l’importanza dell’allattamento al seno, del contatto madrefiglio, dei massaggi
e vengono sempre più utilizzate nuove tecniche quali le Kangaroo care e, più
in generale, tutti quei metodi di terapia che spostano al centro dell’attenzione
la famiglia e il suo rapporto con il neonato.
Alla pari alcuni programmi come il Newborn Individualized Developmental
Care and Assessment Program (NIDCAP) (Als 86), parte integrante della DC
e analizzato in seguito, gli interventi di Developmental Care utilizzano una
combinazione di strategie diverse a seconda delle singole esigenze di ogni
19
nato. Vengono in pratica sviluppati dei metodi personalizzati per la gestione
delle cure, che, rivolti in particolare a neonati pretermine ad alto rischio,
cercano di individualizzare l’intervento di terapia e di portare in primo piano il
ruolo della famiglia.
Le strategie innovative in materia di gestione delle cure neonatali sono quindi
basate su un approccio multidisciplinare. Infatti, la neuroscienza, la
psicologia della famiglia, la scienza dello sviluppo evolutivo, la medicina e le
tecniche infermieristiche contribuiscono tutte in modo determinante, a
delineare il quadro conoscitivo che permette di attuare il miglior intervento
possibile. Anche se da alcuni la Developmental Care è stata giudicata inutile,
lo stato dell’arte attuale e il moderno approccio della medicina basata
sull’evidenza, in questo caso costituita dalla dimostrazione scientifica
dell’efficacia e della sicurezza di tale terapia innovativa offrono una grande
quantità di studi sulle specifiche categorie di interventi di cura. Ne saranno
ora analizzate, tramite una rassegna di studi scientifici, tutte le sue
componenti.
Controllo dell’ambiente di terapia intensiva neonatale: luce e rumori
L’ambiente delle moderne terapie intensive è spesso caratterizzato da
un’illuminazione costante, priva del naturale ciclo giorno-notte. Le procedure
medico-infermieristiche si svolgono infatti con continuità e anche
l’illuminazione sembra così seguire più le esigenze degli operatori che quelle
del neonato. Anche i livelli sonori sono elevati durante tutte le 24 ore: non
solo per le voci e i rumori di sottofondo, ma anche per la presenza, in tali
reparti, di incubatrici e di monitor, con i relativi ronzii e allarmi. L’impatto a
lungo termine dell’ambiente delle TIN sugli input sensoriali del neonato è in
parte ancora da chiarire, tuttavia il Committee to establish Recommended
Standards for the Newborn ICU Design, sulla base delle esperienze cliniche
e delle più recenti ricerche, ha raccomandato:
• Un’illuminazione regolabile con un range di 10-600 lux;
• Disponibilità di illuminazione individuale per ogni lettino dedicato alle cure;
• Più di una fonte di luce naturale munita di scuri;
20
• Suoni di fondo continui e i suoni improvvisi non devono eccedere una
media di 50 dB per ora;
• Massimo livello di suono ammesso uguale a 70 dB.
Il management del neonato
Con management del neonato si intendono tutte quelle procedure di routine
praticate nei neonati spesso dal personale infermieristico. Seguono le
pratiche che la Developmental Care mette in maggior risalto:
1. Controllo posturale o posizionamento
Come messo in luce dalla teoria sinattiva della Als il nato, soprattutto
prematuro, ha scarse capacità antigravitarie ed un controllo posturale poco
sviluppato. All’interno dell’utero materno il piccolo è costantemente contenuto
e confortato dal contatto materno mentre nelle TIN si ritrova spesso da solo e
bisognoso di cure. La Developmental Care prevede di fornire al neonato un
tipo di contenimento simile a quello da lui vissuto nell’esperienza intrauterina.
Alcune ricerche hanno valutato l’efficacia del nesting e dello swaddling in
associazione rispettivamente con il numero di giorni di ricovero e lo sviluppo
neuro-comportamentale. Mentre non ci sono evidenze scientifiche sui
benefici del nesting, Short nel 1996 trovò un punteggio del Morgan Neonatal
Neourobehavioral Exam significativamente più alto nel gruppo dei piccoli
sottoposti a swaddling rispetto al gruppo di coloro nei confronti dei quali era
stato praticato il posizionamento tradizionale. Non ci sono invece evidenze
su quale sia la posizione, se prona o supina, di cui beneficia maggiormente il
neonato.
2. Massaggio
Quella del massaggio neonatale rimane una delle pratiche più controverse e
dibattute nel campo della Developmental Care soprattutto quando rivolto ai
nati prematuri con bassa età gestazionale. Diversi studi hanno dimostrato
come il neonato benefici del massaggio in termini di peso giornaliero
acquisito, sviluppo comportamentale e minor numero di giorni di ricovero.
Tuttavia la qualità metodologica di tali studi in accordo con la meta-analisi
21
svolta da Vickers et al. Non permette di fornire conclusioni e
raccomandazioni per l’utilizzo del massaggio come pratica di routine. La
stessa meta-analisi sottolinea come nei bambini con età gestazionale molto
bassa, in particolare quelli più fragili, il massaggio potrebbe avere effetti
negativi sulla stabilità dell’organismo.
3. Stimolazioni esterne
Oltre al massaggio altri tipi di stimolazioni esterne potrebbero favorire lo
sviluppo neurocognitivo del prematuro e quindi essere adottate nei centri di
cura. Gli interventi di questo tipo, documentati dalla letteratura e per i quali si
sono ricercate le prove di efficacia sono:
• la stimolazione uditiva: viene fatta ascoltare al piccolo la voce della madre
(anche registrata) o una musica dolce o un carillon;
• la stimolazione tattile: oltre al massaggio, il neonato può essere
incoraggiato a stringere, con i pugnetti, le dita dei genitori o un lembo di
stoffa - grasping-;
• la stimolazione visiva: costituta principalmente dalla pratica eye-to-eye nella
quale il neonato viene messo di fronte agli occhi della madre o del padre;
• la stimolazione vestibolare: il piccolo viene fatto dondolare tra le braccia o
in delle piccole amache.
La revisione sistematica dedicata unicamente all’analisi di efficacia degli
elementi delle Developmental Care condotta da Symington e Pinelli permette
un quadro di sintesi dei principali studi clinici randomizzati (randomized
clinical trial : RCT) svolti sul tema. L’efficacia degli stimoli vestibolari e uditivi
rimane controversa. Gatt, in uno studio condotto nel 1994 mostra dei benefici
in termini di durata del ricovero ma non sul miglioramento clinico dei
parametri fisiologici, anche lo sviluppo neuro cognitivo sembra migliorare
nello studio di Gatt ma altre ricerche smentiscono tali risultati.
White e Traut, in uno studio clinico randomizzato condotto nel 2002, testano
contemporaneamente l’efficacia di stimoli visivi, uditivi, tattili e vestibolari. Il
campione è costituito da 37 pretermine con età gestazionale tra le 23 e le 31
settimane suddivisi in un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo. Il
22
gruppo sperimentale riceveva un programma di cure che comprendeva
l’ascolto della voce della madre, il contatto eye-to-eye, il culla mento, e 10
minuti di massaggio. Gli outcomes analizzati erano lo stato
comportamentale, giorni di alimentazione tramite sondino-naso gastrico,
durata del ricovero. Nonostante gli autori non riportino una grande specificità
di risultati quantitativi le stimolazioni esterne analizzate sembrano migliorare
tutti gli outcomes.
4. Il controllo del dolore
La scienza medica e la bioetica tuttora e da anni discutono dell’importante
problema del dolore fetale e neonatale. L’Associazione Internazionale degli
Studi sul Dolore definisce il dolore come un’esperienza sensoriale ed
emozionale basata su una lesione, attuale o potenziale, o descritta in termini
di essa (“sensory and emotional experience based on actual or potential
tissue damage or described in terms of such damage”). Questa definizione,
applicata ai neonati, presenta due problemi. In primo luogo, un’esperienza
emozionale richiede un’espressione soggettiva e ciò è impossibile, nel senso
usuale, nell’infante giacché anche i segnali comportamentali non sono
specifici (per esempio il pianto può essere un segnale di fame o di disagio
oltre che di dolore). In secondo luogo, se l’esperienza è basata su una
precedente “attuale o potenziale” lesione, da dove il neonato ha ricavato tale
esperienza e per quanto tempo deve averla vissuta prima che essa si
configuri soggettivamente come “dolore”?.
Fino ai primi anni ’80, si riteneva che l’infante non fosse in grado di percepire
il dolore. La sua incapacità di manifestarlo e la scarsa maturità del sistema
neurovegetativo del piccolo erano alla base di tali convinzioni. Qualora il
dolore fosse stato percepito, non poteva comunque essere né localizzato né
ricordato.
Un rivoluzionario articolo di Anand pubblicato nel 1987 confutò in modo
evidente tali teorie. Anand affermava che “già a partire dalla 24^ settimana di
età gestazionale sono presenti le basi anatomiche e fisiologiche per la
percezione del dolore”. Per il neonato, in particolare, si è riscontrato che il
23
sistema neuroeccitatorio, cioè l’organizzazione nervosa deputata al trasporto
verso il cervello degli stimoli sensitivi, ha un rapido sviluppo, mentre le vie
inibitorie, che dal cervello modulano l’intensità degli stimoli in arrivo,
maturano più lentamente. La conseguenza è che nel neonato la trasmissione
del dolore attraverso il midollo spinale risulta amplificata e solo dopo alcune
settimane si sviluppa un adeguato sistema di controllo. Se ne deduce che i
neonati a termine e i prematuri non solo percepiscono il dolore, ma lo
percepiscono con una intensità maggiore rispetto agli adulti. Dal 1987 ad ora
sono stati condotti molti studi in questo campo e le nuove conoscenze
scientifiche hanno portato a una continua evoluzione del trattamento del
dolore nel neonato.
E’ stato definitivamente accertato che i neonati sono in grado di ricordare il
dolore e questo ricordo può farsi sentire a medio-lungo termine. Il lattante ad
esempio più avere disturbi del sonno, dell’alimentazione e/o un carattere
irascibile. Il dolore, inoltre, può avere effetti anche più gravi sulla salute del
neonato, soprattutto se pretermine. Egli ha infatti un sistema nervoso
centrale immaturo e il dolore, alterando il flusso cerebrale, aumenta il rischio
di emorragie intraventricolari e leucomalcia periventricolare. Nonostante tali
attuali conoscenze sulle capacità dei nati pretermine di avvertire dolore, nelle
unità di terapia intensiva neonatale l’utilizzo di anestesia ed analgesia
durante le pratiche mediche ed infermieristiche giornaliere è ancora scarso. Il
problema è reso più grave dal fatto che il nato pretermine, caratterizzato da
una più o meno forte instabilità fisiologica e da una condizione di disabilità,
necessità numerose procedure invasive. A seconda della gravità dell’infante
pratiche come l’intubazione endotracheale, la puntura al tallone, l’inserzione
di catetere venoso o arterioso così come la suzione nasale, tracheale e
gastrica sono all’ordine del giorno. Sono molti gli studi che quantificano il
numero di procedure svolte e nonostante i diversi metodi di valutazione e di
conteggio di esse i risultati sono sempre allarmanti e sorprendenti. Gli
analgesici vengono utilizzati abitualmente solo prima dell’intubazione
endotracheale o l’inserzione del chest tube, mentre meno frequentemente in
altre procedure considerate altrettanto dolorose. Similmente, anche le
24
pratiche analgesiche di tipo non farmacologico, come l’utilizzo del succhiotto
o il contenimento e il “far le coccole” da parte del personale infermieristico o
dei genitori, non vengono praticate durante o dopo molte procedure dolorose.
In alcune procedure non invasive ma altrettanto dolorose per un piccolo
infante, come un prelievo venoso o dal tallone, l’utilizzo di analgesie
farmacologiche risulta molto limitato, e le analgesie di tipo non
farmacologico, in tali procedure minori, possono costituire una valida
alternativa per una maggiore sopportazione del dolore stesso. Gli interventi
di Developmental Care come lo swaddling, il contenimento, il controllo delle
luci e di rumori, la somministrazione di glucosio o saccarosi e la suzione non
nutritiva vengono sono appunto esempi di trattamenti non farmacologici atti a
prevenire o sopportare meglio il dolore. La suzione non nutritiva dovrebbe ad
esempio essere utilizzata durante l’alimentazione attraverso il sondino naso-
gastrico: oltre ad alleviare il dolore, questo particolare intervento di
Developmental Care facilita infatti lo sviluppo delle capacità di suzione e
facilita la digestione del cibo.
5. La Valutazione del dolore neonatale: Poiché i neonati sottoposti a
trattamenti non sono in grado di verbalizzare il loro dolore, è necessario
identificare degli indicatori oggettivi. A questo proposito sono state elaborate
delle scale per quantificare i livelli di dolore provocato dagli interventi di
terapia. I metodi di valutazione del dolore utilizzano, oltre ai comuni parametri
fisiologici quali frequenza cardiaca (FC), frequenza respiratoria (FR),
saturazione d’ossigeno (Sat 02), pressione arteriosa (PA), indicatori di tipo
comportamentale come il pianto, particolari espressioni del viso e disturbi
legati al sonno. Le scale disponibili e che presentano affidabilità e facilità
d’uso sono:
• Premature Infant Pain Profile (PIPP). Proposta da Stevens nel 1996 include
7 parametri ciascuno con punteggio da 0 a 3. Comprende due indicatori di
tipo fisiologico (aumento di FC e diminuzione di Sat 02) e tre indicatori di tipo
comportamentale (sopracciglia aggrottate, occhi aperti, solco naso-labiale
marcato). E’ l’unica scala che prende in considerazione l’età gestazionale;
viene quindi utilizzata per valutare il dolore provato dal nato pretermine.
25
• Crying the Requirement for oxygen supplementation, Increases in heart
rate and blood pressure, facial Expression and Sleeplessness (CRIES).
Include 5 variabili ognuna delle quali con un punteggio da 0 a 2. Il punteggio
totale maggiore di 5 è indice di dolore.
• Neonatal Infant Pain Scale (NIPS). Basata su 5 parametri comportamentali
(espressione del viso, pianto, movimenti delle braccia e delle gambe, tipo di
respirazione e stato di veglia) e uno di tipo fisiologico. Ogni parametro può
assumere valori da 0 a 2. Un punteggio maggiore di 6 è indicativo di dolore.
Tutte le scale elaborate si concentrano sull’analisi del dolore acuto e
provocato da un mirato intervento di terapia; rimane dunque da sviluppare un
metodo di misura capace di quantificare il dolore cronico.
6. La Kangaroo Care (KC)
Ispirata ai famosi marsupiali australiani, questa tecnica è stata scoperta nel
1978 da un gruppo di neonatologi di Bogotà, in Colombia. In condizioni di
scarse risorse tecnologiche, tale tecnica fu scelta soprattutto per necessità: il
numero di incubatrici a disposizione era scarso e si era costretti a sistemare
più bambini in una sola culla con conseguente rischio di infezioni e quindi
elevata mortalità. I pediatri hanno quindi invitato le mamme a tenere stretti a
sé i loro piccoli, nudi, pelle contro pelle. In questo modo, il ritmo cardiaco e il
respiro di madre e figlio si sintonizzano quasi subito, ma la cosa strabiliante è
che, nella maggior parte dei casi, le condizioni del piccolo arrivano presto alla
normalità. I risultati furono quindi davvero sorprendenti: la mortalità diminuì e
i bambini ebbero in misura molto minore disturbi che sono in genere tipici dei
prematuri (reflusso gastroesofageo, apnee, ecc,).
Nel mondo tecnologicamente sviluppato, dove la sopravvivenza dei neonati
di peso molto basso è già molto elevata, la Kangaroo Care non può
ovviamente rappresentare un’alternativa alle tecnologie assistenziali;
rappresenta tuttavia un utile completamento, finalizzato al miglioramento del
benessere e della relazione mamma-neonato.
26
Le prove di efficacia della Kangaroo Care: Numerose ricerche
osservazionali di tipo prima-dopo e alcuni studi clinici randomizzati effettuati
all’interno di centri di terapia intensive neonatale europei e nord-americani
hanno studiato le caratteristiche di efficacia della KC in un contesto
tecnologicamente avanzato. Le prime esperienze in Europa e in USA si
preoccupavano soprattutto di valutare la sicurezza della KC: confrontando le
condizioni di neonati pretermine in incubatrice e durante la KC si è
dimostrato che non vi è differenza in termini di termoregolazione, controllo
dell’attività cardiaca e respiratoria, ossigenazione e frequenza cardiaca.
Alcuni studi hanno anzi rilevato un miglioramento dell’ossigenazione ed una
riduzione delle apnee durante la KC. In due lavori tecnicamente molto
sofisticati, Beuer e Beuer hanno dimostrato che durante la marsupioterapia il
consumo di ossigeno non aumenta rispetto al baseline in incubatrice,
concludendo che la KC non rappresenta uno stress metabolico per i
pretermine. Oltre alla sicurezza, anche l’efficacia della KC è stata
ampliamente dimostrata. Numerosi studi, svolti principalmente nei paesi
tecnologicamente meno sviluppati, hanno mostrato come il pretermine
sottoposto a KC abbia una riduzione dei periodi di agitazione e di motricità
non coordinata e un aumento dei periodi di tranquillità e di sonno quieto
rispetto a quello non sottoposto.
L’esperienza di KC ha effetti profondi sia sul neonato che sulla sua mamma.
Nei primi studi randomizzati, seppur con piccole casistiche, si era dimostrato
un effetto positivo della KC sulla frequenza e durata dell’allattamento
27
materno, ma non sulla relazione madre-figlio. In seguito, studi osservazionali
hanno evidenziato nelle mamme un migliore rapporto con il figlio e una
minore dipendenza dalle tecnologie assistenziali. In un importante studio
clinico randomizzato realizzato in Colombia, Tessier e i suoi collaboratori
sono giunti, con maggiore forza di evidenza, alle stesse conclusioni. Per
quanto riguarda l’effetto della KC sulla relazione madre-figlio e sullo sviluppo
psicomotorio e intellettivo del neonato pretermine, lo studio più importante è
quello pubblicato da Feldmann. In un contesto tecnologico di tipo europeo, gli
autori hanno dimostrato che le madri che praticano la KC hanno
un’interazione notevolmente più ricca con il loro bambino, che si dimostra più
attento ai loro stimoli. Esse sono meno depresse e valutano più
positivamente il loro figlio rispetto alle madri che non effettuano tali pratiche.
All’età di sei mesi i neonati che fanno esperienza prolungata di KC hanno
uno sviluppo psicomotorio ed intellettivo avvantaggiato rispetto al gruppo di
controllo.
28
Capitolo 2: IL NEONATAL INDIVIDUALIZED DEVELOPMENTAL CARE
ASSESSTMENT AND PROGRAMME (NIDCAP)
Parallelamente all’elaborazione della teoria sinattiva, la Als sviluppa un
nuovo approccio di assistenza al nato prematuro. In una serie di articoli
comparsi negli anni ’80 e ’90 la ricercatrice ha presentato, infatti, non solo le
basi teoriche del suo metodo ma anche le precise modalità di applicazione di
esso, nonché i risultati in termini di efficacia a breve e medio termine. Da tutti
questi elementi è nato un metodo applicativo-formativo chiamato Neonatal
Individualized Developmental Care and Assasment Programme (NIDCAP).
Gli interventi di questo tipo includono una fase di valutazione delle singole
esigenze: ogni bambino viene innanzitutto sottoposto a una fase di
osservazione comportamentale, nella quale si analizzano lo stato
respiratorio, il colorito, il comportamento posturale, le espressioni facciali e lo
stato d’allerta. Il primo passo del NIDCAP consiste dunque nell’osservazione
dei segnali di organizzazione e disorganizzazione del neonato in relazione
alle sue competenze, tutti quegli stadi insomma individuati nella teoria
sinattiva della Als. L’osservazione individuale viene utilizzata per valutare la
tolleranza del bambino verso l’ambiente circostante e verso il tipo di cure
assistenziali. Le conclusioni fornite dall’osservazione diventano la base per
l’intervento specifico di Developmental Care rivolto a ciascun neonato allo
scopo di diminuire il più possibile gli effetti negativi prodotti da un ambiente e
da cure di terapia intensiva neonatali inadeguate. Alcuni aspetti della Care,
come la riduzione degli stimoli ambientali eccessivi, il contenimento, la
ciclizzazione degli interventi di Care vanno individualizzati, cioè adattati ai
bisogni, in continua evoluzione, del singolo bambino.
Il NIDCAP inoltre è un programma centrato sulla famiglia, avendo tra i suoi
obiettivi anche quello di supportarla, aiutandola ad imparare le tecniche
assistenziali necessarie per la cura del figlio. Il famiglia diventa, in pratica,
parte del team medico-infermieristico. Poiché il NIDCAP è un vero e proprio
programma formalizzato, seppur basato sull’individualizzazione degli
29
interventi, esso costituisce il fenomeno più studiato e per il quale esiste il
maggior numero di studi clinici randomizzati.
II Newborn Individualized Developmental Care and Assessment program
(NIDCAP) è un programma personalizzato di sostegno ambientale e di
assistenza allo sviluppo basato sulla lettura dei segnali comportamentali di
ciascun neonato pretermine e sulla formulazione di un piano di cura atto ad
accrescere e promuovere le potenzialità del neonato e a sostenerlo nelle aree
di sensibilità o vulnerabilità. L'obiettivo di questo framework evolutivo è quello
di migliorare l'outcome a lungo termine del bambino e della sua famiglia.
Questo approccio si applica a tutto il periodo che va dal parto all'ammissione
alla TIN e continua per il periodo di permanenza del neonato in ospedale,
nonché al momento della dimissione e per i primi mesi di vita a casa.
L'approccio globale del NIDCAP è stato creato nel tentativo di ridurre la
discrepanza tra le aspettative del cervello immaturo del neonato e la reale
esperienza in un tipico ambiente di TIN.
Il modello NIDCAP si propone di creare un ambiente di assistenza e di
sostegno allo sviluppo basato su relazioni di collaborazione per i neonati
pretermine e le loro famiglie. La teoria suggerisce che l'attuazione di
un'assistenza che prenda in considerazione le soglie di risposta del neonato
alla disorganizzazione possa essere di giovamento per l'outcome a lungo
termine. L'intervento si basa su tre presupposti:
1) l'osservazione dettagliata del comportamento del neonato durante le
interazioni che si verificano nel corso dell'assistenza giornaliera
fornisce una base importante per le raccomandazioni su come
minimizzare lo stress e ottimizzare lo sviluppo del neonato;
2) il personale sanitario trae beneficio dalla educazione di supporto a
implementare tali raccomandazioni;
3) il personale sanitario trae beneficio dalla educazione di supporto a
collaborare con il neonato e con la sua famiglia;
4) gli adeguamenti dell'assistenza che ne derivano possono portare a un
30
miglioramento del benessere del neonato dal punto di vista medico, del
suo funazionamento neurocomportamentale e del funzionamento
parentale.
2.1 La metodologia NIDCAP
La metodologia NIDCAP documenta la comunicazione continua del neonato
attraverso la registrazione dell'osservazione dettagliata dei comportamenti
spontanei del neonato stesso nella TIN. La Figura 1 mostra la scheda di
osservazione NIDCAP.
La scheda di osservazione naturalistica fornisce i risultati dell'osservazione
del comportamento del neonato in forma sistematica attraverso la
registrazione di 91 comportamenti, che rappresentano i segnali di comu-
nicazione del sottosistema neurovegetativo, motorio, di stato, di attenzione
e di auto-regolazione, ogni due minuti. Tipicamente il neonato viene
osservato per circa 20 minuti prima che un caregiver interagisca con il
neonato, poi per tutta la durata dell'interazione con il caregiver, con la
valutazione di segni vitali del neonato, l'allattamento, il cambio del pannolino,
ecc. Successivamente, il neonato viene osservato per almeno 20 minuti dopo
l'interazione con il caregiver, mentre il neonato ritorna in uno stato di riposo.
L'osservazione, specie se ripetuta nel tempo, fornisce molte informazioni
riguardo alla robustezza e allo sviluppo del neonato mentre egli cerca di
integrarsi e di fare l'uso migliore dell'assistenza che gli viene fornita. Le
osservazioni conducono a rapporti narrativi scritti, che descrivono le
potenzialità del neonato, le criticità e soglie di reazione allo stress, e gli
sforzi di autoregolazione del neonato stesso. L'osservazione fornisce la base
per un'interpretazione degli apparenti obiettivi attuali del neonato e per
suggerimenti riguardanti l'assistenza e gli adattamenti ambientali che possono
favorire il raggiungimento di tali obiettivi da parte del neonato, accrescere le
sue potenzialità e ridurne i comportamenti di stress. l comportamenti
osservati vengono concettualizzati come comportamenti che evidenziano
stress e comportamenti che evidenziano competenza.
31
La Tabella 1 elenca i comportamenti di stress
32
La Tabella 1 elenca i comportamenti di stress e di autoregolazione. La
descrizione comportamentale del funzionamento del neonato può essere
compresa nel contesto dallo stato medico attuale e dell’anamnesi del
neonato stesso, oltre che all’anamnesi familiare. La stima degli obiettivi di
sviluppo attuali del neonato prende in considerazione tali dati. Per esempio, il
neonato recentemente incubato e collegato a un respiratore può cercare
attivamente di tirarsi in flessione; può cercare di afferrare, di infilare i piedi e
le mani sotto le lenzuola e contro la parete o la superficie dell’incubatrice,
nell’apparente tentativo di trovare i limiti; il neonato può cercare di portare le
mani e le dita verso la bocca o dentro di essa per succhiare; può fare sforzi
per respirare lentamente insieme anzicchè contro il respiratore, solo per
essere ripetutamente sollecitato dalla regolazione fissa della frequenza del
respiratore; il neonato può cercare di rilassarsi a dormire o riposare, dopo
essere stato assistito, solo per essere ripetutamente svegliato da suoni di
allarme, rubinetti, voci, spostamenti di attrezzature, ecc. l’osservatore in
collaborazione del personale sanitario che lo ha in cura e con la famiglia del
paziente, formila un rapporto sugli obiettivi del neonato.
Tabelle 1.1 Reazioni di stress dell'organismo per sottosistemi
A. I segnali di stress neurovegetativo e viscerale comprendono, tra gli altri:
1. Convulsioni
2. Pause respiratorie, respiro tachipnoico
3. Variazioni di colorito verso il marezzato, cianotico, grigio, paonazzo
4. Rigurgito, gasping
5. Vomito
6. Singhiozzo
7. Sforzarsi come se si avessero (o perché si hanno davvero) movimenti intestinali
8. Tremore e sussulto; spasmo
9. Tossire
10. Starnutire
11. Sbadigliare
12. Gemere
B. I segnali di stress motorio comprendono:
33
1. Flaccidità motoria o "spegnersi"
a. Flaccidità del tronco
b. Flaccidità delle estremità
e. Flaccidità faciale (viso con bocca e occhi aperti)
2. ipertonq motorio
a. Con iperestensione
b. Delle gambe (sedere sull'aria, puntare i piedi)
c. Delle braccia (fare l'aeroplano, salutare)
d. Del tronco (inarcarsi)
e. Dita aperte a ventaglio
f. Fare smorfie con il viso
g. Estensioni della lingua
h. Manovre protettive come poggiare la mano sul viso, stare a
guardia alta col braccio, agitare il pugno
3. Attività convulsa e diffusa
C. I segnali di stress di stato comprendono:
1. Stati di sonno o veglia prolungati con piagnucolii, spasmi del viso o sorrisi di
liberazione
2. Occhi fluttuanti
3. Agitazione o pianto sforzato
4. Sguardo fisso
5. Distogliere attivamente lo sguardo
6. Stato di vigilanza con panico o inquietudine
7. Stato di vigilanza sforzata, con occhi vitrei
8. Rapide oscillazioni di stato
9. Irritabilità e arousal diffuso
10. Pianto
D. I Comportamenti di autoregolazione dell'organismo per sottosistemi
A. La stabilità neurovegetativa è evidenziata da:
34
1. Respiro tranquillo
2. Colorito buono e stabile
3. Digestione stabile
B. La stabilità motoria è evidenziata da:
1. Postura tranquilla, ben modulata e tono ben regolato
2. Mobimenti piani sincroni con efficienti strategie motorie, come:
a. Stringere le mani
b. Stringere i piedi
e. Piegare le dita
d. Fare manovre di portare la mano alla bocca
e. Fare movimenti di prensione
f. Ricerca della suzione e succhiare
g. Tenere la mano
h. Rannicchiarsi
C. La stabilità di stato e la regolazione dell'attenzione sono evidenziate da:
1. Stati di sonno chiari, robusti
2. Pianto robusto ritmico
3. Calmarsi e consolarsi da soli
4. Stato d'allerta robusto, fecalizzato, a occhi lucidi, con espressione del viso intensa
e animata
a. Accigliarsi
b. Guance morbide
e. Fare boccuccia fino ad assumere un'espressione di sorpresa
d. Sussurrare
e. Sorridere intenzionalmente
Sulla base degli obiettivi dedotti dall'osservazione dei comportamenti del
neonato, viene formulato un esame delle possibili opportunità di sostegno in
termini di ambiente della TIN attorno al neonato, ambiente immediato in
35
termini di biancheria del letto e adattamento di tubi e fili, ambiente sociale
immediato in termini di timing, gentilezza, disponibilità e lentezza
nell'assicurare l'assistenza. I suggerimenti fatti sono sempre in sostegno del
benessere, delle potenzialità, del senso di competenza e di efficienza del
neonato, e perciò in supporto di uno sviluppo ottimale. Tali considerazioni
cominciano con l'appropriato sostegno e "nurturance" per i genitori e la
famiglia del neonato, che sono i principali co-regolatori dello sviluppo del
neonato stesso; l'atmosfera e le caratteristiche dello spazio della nursery,
dell'assistenza, "nurturance" e rispetto per il neonato e la famiglia nel-
l'ambiente della TIN; l'organizzazione e la sistemazione dello spazio di
assistenza del neonato; la strutturazione e l'effettuazione di specifiche
procedure di assistenza medica e infermieristica e di assistenza specialistica
indicata; e la protezione e la rassicurazione complessiva di una prospettiva di
sostegno allo sviluppo riguardo all'assistenza e all'ambiente forniti. Una
descrizione più dettagliata è disponibile altrove.
La rassicurazione dei genitori come principali "nurturers" (promotori dello
sviluppo) del loro bambino è cruciale per l'esito del processo di sviluppo del
neonato. Il sostegno e la sensibilizzazione dei genitori al comportamento del
loro bambino e del suo significato è essenziale per l'appropriata applicazione
di questo modello di assistenza. Per esempio, lo spazio ospedaliero del
neonato rappresenta spesso la casa del neonato e dei suoi genitori per tre o
quattro mesi. L'organizzazione e la sistemazione presentano opportunità
critiche per il sostegno e la "nurturance" del neonato e della sua famiglia. I
genitori e i neonati cercano ambienti rispettosi, incoraggianti, professionali e
con una "nurturance" costante nella TIN, che li aiutino a crescere al meglio
nei loro ruoli di genitori e neonati, in maniera da poter divenire famiglie ben
funzionanti, solidali e affidabili. Le transizioni e le trasformazioni che il sistema
di sostegno allo sviluppo richiede nell'ambito della TIN è il passaggio da un
contesto basato su protocolli a uno basato su relazioni di collaborazione. Il
concetto chiave del contesto di assistenza allo sviluppo basato su relazioni di
collaborazione è il concetto di co-regolazione, che si basa a sua volta su un
contesto teorico di tipo evolutivo e su un principio neurobiologico del sociale,
36
cioè sulla natura essenzialmente neuro-interconnessa del genere umano.
Applicare un approccio guidato da teorie anziché da procedure rappresenta
un bella sfida in qualsiasi ambito, e lo è in maniera particolare in un ambito di
terapia acuta e intensiva come quello della TIN. Si tratta di un ambiente che
per tradizione e necessità medica è orientato verso procedure standard,
protocolli, regole strettamente cogenti e routine assistenziali. Un contesto di
co-regolazione dell'assistenza richiede che i caregiver siano attenti a ciascun
altro, attenti alla personalità del neonato e della famiglia, e perciò rifletta sulle
proprie azioni e sui modi di essere, agendo allo stesso tempo in maniera
efficiente in un ambiente di terapia medica intensiva. Le sfide di una simile
trasformazione e la pratica attiva di questo modello di assistenza richiedono
una notevole istruzione e sostegno del personale. L'assistenza al neonato
comporta molte procedure, esami e interventi terapeutici di tipo intensivo
assicurati" da personale proveniente da varie discipline. Richiede la
strutturazione e l'implementazione di procedure assistenziali non solo sicure
ma anche efficaci, oltre a provvedere una prospettiva di sostegno allo sviluppo
per tutti gli aspetti assistenziali e ambientali. La transizione del personale al
livello di consapevolezza dell'individualità del neonato e della famiglia e dei
propri obiettivi richiede il sostegno e l'istruzione a vedere il neonato e l'am-
biente con occhi diversi, lasciando andare le concettua-lizzazioni e le routine
consuete, ma restando efficaci e aperti ad apprendere un nuovo approccio,
impegnandosi in un processo di auto-riflessione e di ripensamento. La
riflessione, come tipo di pratica, sembra inizialmente piuttosto estranea e
addirittura pericolosa per il lavoro di terapia intensiva, così volto all'azione.
Tuttavia, l'implementazione di un'assistenza allo sviluppo richiede una
pratica riflessiva, autocosciente, accoppiata a una notevole capacità di
relazione e abilità tecnica. Il lavoro della TIN richiede un'intensa interazione
umana a molti livelli e nella complessa interfaccia di vulnerabilità fisica ed
emotiva. Al suo centro sono i minuscoli neonati fetali, immaturi, totalmente
dipendenti, così sensibili e in rapido sviluppo, e i loro genitori pieni di
speranza, aperti e vulnerabili, che hanno bisogno di credere fino in fondo alla
capacità professionale, all'attenzione e all'impegno del personale. Qui sta la
37
sfida e l'opportunità per l'assistenza allo sviluppo nella TIN. Perciò, l'in-
troduzione del NIDCAP in un reparto di neonatologia richiede un investimento
da parte del sistema non solo in termini di educazione e di cambiamenti fisici,
ma anche nella trasformazione della pratica e delle relazioni. Il programma di
training del NIDCAP (vedi www.NI-DCAP.org) è fecalizzato sull'istruzione e il
training di un team multidisciplinare di specialisti dello sviluppo evolutivo nelle
TIN. L'introduzione del NIDCAP in un sistema richiede notevoli investimenti a
tutti i livelli di organizzazione. Essa può richiedere cambiamenti fisici e
adattamenti architettonici nella struttura e nella disposizione della TIN.
Soprattutto, richiede sforzi sostanziali di tipo didattico e cambiamenti
nell'interazione del personale, nella definizione dei ruoli professionali, nella
concettualizzazione e nella percezione del neonato e della famiglia, e nella
pratica dell'assistenza. Il NIDCAP richiede lo sviluppo di una autocoscienza
professionale e una capacità di essere presenti in quel momento, di "tenere
insieme" relazioni e interazioni complesse. Il professionista della TIN esperto
nello sviluppo evolutivo combina le più elevate capacità tecniche con la
migliore abilità di interrelazione. Il NIDCAP, nonostante le sfide che pone, è
notevolmente coinvolgente dal punto di vista etico e in piena armonia con
l'assistenza centrata sulla famiglia, e promette di diventare lo standard
dell'assistenza per le future T1N l’approccio personalizzato alla terapia
intensiva neonatale richiede un forte sostegno da parte della dirigenza, oltre
al training del personale, alla sua istruzione, all'opportunità formale per
un'auto-riflessione, e a una ridefinizione dei ruoli. Il programma di
insegnamento e di training internazionale formalmente riconosciuto, sal-
vaguardato dalla NIDCAP Federation International Inc. (NFI), fornisce per tali
sistemi l'istruzione e la "on-site consultation" a supporto dei cambiamenti
istituzionali, della dirigenza, e della capacità del processo riflessivo.
2.2 Le sfide della ricerca e i progressi riguardanti il NIDCAP
L'efficacia del NIDCAP è stata comprovata in diversi trial clinici, come è stato
accennato in precedenza. L'esecuzione di trials controllati randomizzati sul
NIDCAP richiedono grandi TIN per rendere fattibile lo studio di gruppi
38
sperimentali (assistenza NIDCAP) e di controllo (assistenza TIN standard) e
rendere osservabile un effetto sperimentale che ecceda l'inevitabile effetto
spill-over ("effetto sforamento") o di contaminazione che accompagna i
trattamenti attuati da caregiver. Inoltre i trials sul NIDCAP richiedono
competenza nella conduzione di studi comportamentali, piuttosto differenti dai
tipici trials biomedici condotti nelle TIN. La ricerca NIDCAP richiede non solo
esperti specialisti NIDCAP certificati e una grande leadership infermieristica e
neonatologica, ma anche una notevole competenza nella ricerca per
sovrintendere all'integrità dell'intervento, acquisire banche dati complesse e
analizzare grandi quantità di dati. Le principali questioni oggetto di ricerca
concernono l'efficacia del NIDCAP in termini di risultato medico,
comportamentale, neurofisiologico e di struttura cerebrale; gli effetti sui
genitori; l'efficacia a lungo termine; gli effetti sul personale e i sistemi. Alcuni
studi hanno indagato i processi di cambiamento e la diversa efficacia nei
sottogruppi di neonati. Tutti gli studi sul NIDCAP, sia con disegno "phase lag"
che i trials randomizzati, hanno dimostrato risultati positivi per i neonati e per
le loro famiglie; nessuno ha rilevato effetti negativi di qualsiasi tipo.
Nell'insieme, i risultati forniscono una consistente evidenza di un
miglioramento della funzione polmonare, del comportamento alimentare e
della crescita, di una ridotta degenza ospedaliera, di un migliore
funzionamento neurocomportamentale, neurofisiologico e neurostrutturale. I
primi due trials controllati randomizzati35 si sono foca-lizzati sui neonati con
peso estremamente basso alla nascita, ad elevato rischio dal punto di vista
medico (nati prima della 29A settimana di gestazione), che richiedevano una
terapia intensiva nell'era della terapia sostitutiva del surfattante: è stato rilevato
che la terapia comportamentale riduceva i tempi necessari per la ventilazione
meccanica e per la pressione positiva di ventilazione, riduceva l'emorragia
ventricolare e la gravita della malattia cronica polmonare, migliorava la
nutrizione orale, diminuiva la durata della degenza ospedaliera e i costi
ospedalieri, in uno dei trial fino a 128.670 dollari. Le misure di outcome
neurocomportamentale 2 settimane dopo la data presunta mostravano un
miglioramento, da parte dei neonati, della performance complessiva sulla
39
scala APIB e in uno dei trials anche in termini di funzione elettrofisiologica. Il
primo trial multicentrico sul NIDCAP, anch'esso focalizzato sui neonati di peso
estremamente basso alla nascita e al di sotto delle 29 settimane di
gestazione, ha ottenuto risultati positivi che comprendono un ridotto stress
parentale, un'aumentata competenza parentale, e una più elevata individualiz-
zazione dei neonati. Ha anche rilevato la presenza di differenze
statisticamente significative nell’outcome medico, compresa una minore
durata della ventilazione meccanica e della supplementazione di ossigeno,
un'alimentazione orale più precoce e una riduzione dell'incidenza di emorragia
intraventricolare e di pneumotorace, una minore gravita della malattia cronica
polmonare, un migliore guadagno di peso giornaliero, una minore durata
dell'ospedalizzazione, un'età inferiore alla dimissione, e minori costi
ospedalieri. Il funzionamento comportamentale dei neonati 2 settimane dopo
la data presunta, valutato con l'APIB, era significativamente migliorato. Un
altro studio ha rilevato un aumento della normale progressione del controllo
motorio e di stato, insieme con minori percentuali di morbilità per i neonati
sottoposti al NIDCAP. Diversi trials randomizzati sono stati fecalizzati su
neonati medicalmente a basso rischio, peso molto basso alla nascita, nati
dopo 28-32 settimane di gestazione. Questi studi hanno dimostrato punteggi
migliori ali'APIB per i neonati che ricevevano il NIDCAP. Più specificamente,
Buehler e Als. hanno rilevato che i neonati trattati con un approccio NIDCAP
erano comparabili ai neonati sani a termine nella prestazione APIB per quanto
riguardava le misure di regolazione neurovegetativa, motoria e di stato e nel-
l'attenzione, mentre i neonati che ricevevano la migliore assistenza standard
della TIN avevano prestazioni significativamente peggiori. Inoltre, i neonati
pretermine sottoposti a NIDCAP erano significativamente più vicini al gruppo a
termine, dal punto di vista elettrofisiologico, rispetto ai neonati del gruppo di
controllo, che differivano in maniera significativa da ambedue i gruppi nella
zona del lobo frontale.
A livello di sistema, uno studio svedese ha documentato una maggiore
sagacia e consapevolezza, riferita dagli infermieri che prestavano
l'assistenza NIDCAP, in termini di adattamenti dell'assistenza che essi hanno
40
operato sulla base degli indici comportamentali dei neonati, che a loro volta
hanno portato a una minore necessità di supporto ventilatorio47. Inoltre, il
personale assistenziale e i genitori dopo la loro partecipazione al gruppo
NIDCAP erano più competenti nel dare assistenza e hanno mostrato una
maggiore sagacia nel rilevare i cambiamenti di stato del neonato, seguiti da
un più pronto intervento e da una più efficace prevenzione del deterioramento.
I neonati NIDCAP, a loro volta, erano più stabili dal punto di vista fisiologico,
richiedevano un minor intervento medico e un minor tempo di nur-sing. Vi era
una riduzione dei costi dell'assistenza con l'approccio NIDCAP, che rispetto a
quella di tipo convenzionale effettuata nella stessa TIN variava da 4.000 a
120.000 dollari per neonato.
Il primo studio a indagare gli effetti del NIDCAP sullo sviluppo cerebrale ha
dimostrato un significativo miglioramento degli aspetti neurocomportamentali
ed elettrofisiologici e della struttura cerebrale nel gruppo sperimentale di
neonati rispetto al gruppo di controllo. Più specificamente, a due settimane di
età corretta i neonati del gruppo sperimentale mostravano punteggi APIB
significativamente migliori, un'aumentata coerenza corticale, misurata tramite
EEG, tra la regione frontale e un ampio spettro di regioni cerebrali preva-
lentemente occipitali; l'imaging RMN con studio DTI (tensore di diffusione)
documentava una relativa ani-sotropia a livello della capsula interna destra e
sinistra, con una tendenza anche nella sostanza bianca frontale. Questi
risultati indicano non solo una migliore funzione neuroevolutiva, ma anche una
struttura più matura delle fibre cerebrali nei neonati sottoposti al NIDCAP
rispetto ai controlli. Questi dati supportano l'ipotesi che il tipo e la qualità
dell'esperienza prima del termine influenzino in maniera significativa lo
sviluppo cerebrale e, inoltre, che l'intervento NIDCAP migliori efficacemente
la funzione e la struttura cerebrale in regioni considerate importanti per un
buon apprendimento e funzionamento a lungo termine.
Diversi altri studi hanno dimostrato punteggi significativamente migliori al test
di sviluppo mentale e psicomotorio di Bayley a 3 e 9 mesi di età corretta, oltre a
una migliore attenzione, interazione, pianificazione cognitiva, regolazione
41
degli affetti, modulazione motoria fine e grossolana, e comunicazione. A tre
anni di età corretta, uno studio svedese ha documentato una migliore
elaborazione uditiva e linguaggio con le Griffith Developmental Scales, oltre a
minori sintomi di comportamento aberrante e a una migliore comunicazione tra
madre e bambino. Lo stesso studio svedese ha riportato, a 6 anni di età
corretta, una più elevata percentuale di sopravvivenza senza disabilità di svi-
luppo, specificamente senza ritardo mentale e deficit di attenzione. Perciò, il
modello NIDCAP, sulla base di un'estesa evidenza scientifica, ha dimostrato di
avere un effetto positivo, sia a breve che a lungo termine, sull'outcome di
neonati e genitori, oltre a ridurre in maniera significativa i costi dell'assistenza
sanitaria e della didattica. Dati questi risultati incoraggianti degli studi sul
NIDCAP, è opportuno che coloro che sono responsabili dell'assistenza dei
neonati pretermine siano istrutiti ed educati al modello NIDCAP e cerchino
di propugnare e sostenere la sua piena attuazione. Non farlo sembra da
irresponsabili alla luce delle schiaccianti evidenze disponibili.
2.3 Gli esordi del NIDCAP in Italia
In Italia è presente da lungo tempo un particolare interesse per i risultati dello
sviluppo dei neonati assistiti nelle TIN. L'interesse dell'Italia per le linee guida
pubblicate su vari argomenti dall'American Academy of Pediatrics fornisce
l'evidenza dell'interesse del paese per una maggiore comprensione,
sostegno e opportunità di apprendimento dei professionisti italiani che si
dedicano al benessere delle famiglie e dei bambini e ai risultati del loro
sviluppo. Mentre l'approccio NIDCAP è stato accettato e attuato negli ultimi
10 anni nei paesi dell'Europa settentrionale, esiste un evidente gradiente
Nord-Sud nel progresso in questo campo. La fisioterapia è stata tra le prime
discipline, in Italia, a propugnare l'approccio NIDCAP, tuttavia l'attuazione dei
sistemi e il training formale NIDCAP è stato più lento a venire. Un passo
significativo verso una maggiore assistenza allo sviluppo in Italia si è
verificato con l'invito da parte del Professore di Neonatologia Claudio Fabris,
dell'Unità di Neonatologia dell'Università di Torino, a uno dei NIDCAP trainers
42
certificati degli Stati Uniti, Karen Smith, RN, MEd, del St. Luke NIDCAP
Training Cen-ter, St Luke's Regional Medicai Center, Boise Idaho, per una
presentazione formale del NIDCAP Introduc-tion Lecture and Workshop,
svoltosi nell'aprile 2005 all'Unità di Neonatologia dell'Università di Torino,
Azienda Ospedaliera O.I.R.M.- S. Anna, cioè una delle più grosse TIN italiane.
Il workshop è stato sponsorizzato dalla Società Italiana di Nonatologia,
Gruppo di studio "Care neonatale". Questo gruppo di professionisti sta
studiando l'attuazione dei metodi di assistenza per ottimizzare gli outcome dei
neonati. La partecipazione a questo workshop, durato un'intera giornata, di
oltre 200 professionisti tra medici, infermieri, psicologi e fisioterapisti è
indicativo del crescente interesse e impegno italiano all'assistenza allo
sviluppo e all'outcome dei neonati nelle TIN. Questa giornata di "NIDCAP
Lecture and Workshop" è stata seguita da altri 5 giorni di training intensivo
"bedside" e di "consultation" per la direzione dell'Unità Neonatale
dell'Università di Torino. I partecipanti alle sessioni di training intensivo,
condotte in piccoli gruppi di due professionisti, comprendevano rappresentanti
di diversi reparti di neonatologia italiani; oltre a Torino, hanno partecipato
professionisti provenienti da Milano, Genova e Firenze. I professionisti che
hanno preso parte all'istruzione e alla "consultation" erano medici, infermieri
e fisioterapisti. Tutta l'istruzione e il training venivano condotti in lingua inglese
e richiedevano una traduzione in simultanea da parte di un giovane medico
sensibile alle tematiche dello sviluppo infantile, un processo complesso e
faticoso sia per il trainer che per l'interprete. I giorni di training intensivo
comprendevano l'istruzione sui reparti di neonatologia NIDCAP, "bedside",
l'osservazione comportamentale del neonato, la formulazione di un rapporto
narrativo, la derivazione degli obiettivi di ciascun neonato osservato nel
contesto della sua storia medica e familiare, oltre che nel contesto
ambientale e assistenziale, e la formulazione di raccomandazioni,
considerazioni e di un piano di assistenza allo sviluppo. Le riunioni con i
tirocinanti inoltre fornivano informazioni sulle strategie di attuazione nelle
singole TIN, sulle opportunità di apprendimento per il personale e le famiglie
nelle TIN, la guida nella pratica e nella implementazione dello strumento di
43
osservazione, e nell'integrazione dell'assistenza di sostegno allo sviluppo
basata sull'osservazione nell'ambito dell'assistenza giornaliera dei neonati e
delle famiglie nella TIN. Dopo questa settimana di istruzione e di
"consultation", i professionisti che hanno partecipato sono ritornati ai loro
reparti di neonatologia per mettere in pratica le loro nuove capacità di osserva-
zione cosciente dell'ambiente, del loro comportamento e contributo al
setting, del comportamento dei neonati nel contesto dell'ambiente fisico e
sociale delle loro TIN e dell'assistenza che ricevono. Le nuove capacità di
valutazione e di consapevolezza portano ciascun professionista a vedere ed
esperienziare l'ambiente a loro familiare con una nuova sensibilità e ad
apprezzare ed esperienziare l'assistenza nelle loro TIN con gli occhi e il
sistema nervoso sensibile dei neonati. Tutto ciò porta inevitabilmente a
tensioni in una nursery, e inoltre alla consapevolezza che il lavoro di riflessione
deve divenire parte integrante di qualsiasi cambiamento, se avviene in
maniera organica e coesiva. Il piano di training di questi professionisti
comprende continui contatti e consigli da parte del loro Trainer, e diversi
giorni/settimane di training nelle loro rispettive TIN nel corso degli anni suc-
cessivi, per completare il training NIDCAP e soddisfare i requisiti per la
NIDCAP Professional Certification. I primi giorni di training hanno fornito le
basi per utilizzare l'osservazione NIDCAP per cominciare a vedere l'ambiente
e l'assistenza della TIN da una prospettiva sensibile all'esperienza del
neonato. I professionisti che hanno partecipato al gruppo di training iniziale si
sono riuniti nuovamente nel marzo 2006 per lavorare con il loro Trainer, al
fine di approfondire la loro conoscenza ed essere guidati
nell'implementazione del feedback proveniente dal Trainer in risposta al loro
autoesame e ai rapporti che gli avevano inviato per una revisione critica.
Veniva fornita una guida speciale per ciascun partecipante al fine di
programmare e facilitare la specifica attuazione dei cambiamenti nelle loro
rispettive TIN. L'istruzione e la "consultation" fornite in questa parte del training
NIDCAP comprendono metodi che si occupano di mettere insieme le diverse
competenze dei loro reparti di neonatologia in maniera da creare un team di
assistenza allo sviluppo, tenere riunioni regolari e sviluppare un programma
44
delle cose da fare con scadenze e verifiche, al fine di attuare con successo i
cambiamenti nelle loro TIN. Il training e la "consultation" comprendevano le
modalità in cui usare l'informazione ottenuta dalle osservazioni NIDCAP e i
piani di sviluppo dell'assistenza al fine di migliorare l'assistenza fornita e la
competenza del personale nei loro reparti di neonatologia. L'uso del modello
e dell'approccio NIDCAP nell'interazione con le singole famiglie viene messo
in risalto ed elaborato a questo punto nel processo di training. Inoltre si sono
tenute "consultations" formali on-site con professionisti della dirigenza della
TIN dell'Università di Torino, con discussione e tempo per domande e
riflessioni sulle misure di outcome che possono essere di aiuto al team nel
riconoscere e documentare l'impatto dell'assistenza NIDCAP nella loro TIN.
Sono stati inoltre discussi i possibili progetti di ricerca che possono utilizzare
la metodologia NIDCAP in Italia. Ulteriori ricerche con l'approccio NIDCAP
sono sempre più necessarie in Europa; l'Italia sarà in una posizione chiave
per essere rappresentata in questi trials, dati i seri sforzi di training in corso,
specialmente a Torino, ma anche nelle TIN di Milano, Genova e Firenze e
più recentemente anche di Modena, sotto la guida della Master Trainer
Agneta Kleber, dello Scandinavian NIDCAP Training Center di Stoccolma e
Lund. Il culmine del NIDCAP Training a Torino per i professionisti che
partecipano e le loro TIN si terrà con le sessioni di affidabilità che li quali-
ficheranno per la certificazione NIDCAP Professional (Professionista
NIDCAP), previste per l'inizio dell'estate 2007. Questo evento chiave, allo
stesso tempo, rappresenterà l'esordio della piena attuazione e pratica
NIDCAP per le rispettive TIN e per le nursery per neonati a termine ad esse
associati, in cui l'inclusione dei genitori e la personalizzazione sono stati
trascurati. Un ulteriore passo per la TIN dell'Università di Torino e/o per una
delle altre TIN coinvolte nel training NIDCAP sarà inevitabilmente la creazione
del primo NIDCAP Training Center italiano. Esso dovrà avere la capacità di
sostenere i ruoli retribuiti di almeno due professionisti NIDCAP certificati di
livello avanzato, provenienti da due diverse discipline, che possiedano
l'acume mentale ed emotivo di continuare il loro training per ottenere la
certificazione di NIDCAP Trainer; essi dovranno avere anche il pieno sostegno
45
delle loro istituzioni per guidare non solo il proprio personale, ma anche il
personale di altre TIN italiane alla piena attuazione del modello NIDCAP, per
essere all'altezza della promessa di cambiare il futuro di tutti i neonati
nell'assistenza intensiva e in tutti gli altri tipi di assistenza medica.
2.4 Il dolore e lo stress del neonato prematuro nella TIN: il metodo
NIDCAP
Il contenimento dello stress, la riduzione del dolore, il contatto c o n l a
m a m m a e d i l c o i n v o l g i m e n t o della famiglia sono gli obiettivi
fondamentali dell'intervento sul neonato prematuro in TIN una volta che le sue
funzioni vitali siano state stabilizzate.
Il metodo NIDCAP si basa sulla cosiddetta teoria sinattiva della psicologa
americana H. Als. Secondo questa teoria, come già detto, l'organismo è
costituito da cinque sottosistemi (neurovegetativo, motorio, stati
comportamentali, attenzione-interazione, autoregoIazione) che interagiscono
continuamente tra di loro e con l'ambiente. Dalle interazioni tra i cinque
sottosistemi e tra questi e l'ambiente l'organismo passa ad un livello maturativo
superiore portando avanti e completando il proprio processo evolutivo. Il metodo
NIDCAP prevede l'osservazione sistematica nel tempo del neonato
prematuro da parte del caregiver focalizzando l'attenzione sui suddetti
sottosistemi e su come questi si influenzano reciprocamente ed
interagiscono con l'ambiente. Nella fattispecie, si osservano i tentativi di
autoregolazione del neonato prematuro, espressione del passaggio ad un livello
maturativo superiore, che si concretizzano con comportamenti di difesa o con
comportamenti comunicativi ed interattivi. L'osservazione sistematica del
comportamento del neonato permette la messa a punto di programmi
individualizzati ed evolutivi di assistenza al neonato prematuro
strettamente correlati al momento maturativo del neonato ed alle sue
condizioni cliniche e quindi rispettosi ed adatti ai bisogni del neonato prematuro
e della sua famiglia. Il metodo NIDCAP è centrato sulla famiglia. L'obiettivo è
46
permettere alla famiglia di diventare parte integrante del team che si occupa del
loro bambino coinvolgendola, sostenendola ed aiutandola a sviluppare
quelle competenze e "tecniche" necessarie all’accudimento del loro piccolo
durante il periodo di ricovera in TIN.
Il metodo NIDCAP costituisce un approccio evolutivo al neonato prematuro
che viene considerato un collaboratore attivo impegnato nella costruzione dei
propri percorsi evolutivi, sostenuto ed aiutato dai concomitanti processi
relazionali, comunicativi ed affettivi con i suoi genitori.
L'adozione e l'applicazione del metodo NIDCAP in un reparto di terapia
intensiva neonatale comporta necessariamente un cambiamento nel tipo di
assistenza che viene offerta al piccolo prematuro: si promuove un'assistenza
basata non solo sul "curare" ma anche sul "prendersi cura". Si passa ad
un'assistenza che definiamo relationship-oriented, cioè basata sulla relazione
e la comunicazione, abbandonando quella più classica basata sulla mera
esecuzione dei compiti, ossia task-oriented. La realizzazione di questo
cambiamento, ossia l'implementazione di un'assistenza relationship-oriented,
richiede in primo luogo un approccio multidisciplinare che comporta la
partecipazione ed il coinvolgimento di tutto il personale della TIN: medici,
infermieri, fisioterapista, psicologa, personale ausiliario e tecnico. Il personale
coinvolto nel processo di cambiamento verso questo nuovo tipo di assistenza
deve possedere le motivazioni e le competenze necessar ie per
accompagnare il neonato prematuro nel suo percorso evolutivo e sostenere la sua
famiglia in questo tragitto. Diversi studi dimostrano che l'adozione del metodo
NIDCAP in terapia intensiva neonatale produce risultati positivi sia a breve che
a lungo termine. A breve termine, tale metodo riduce il numero di giorni di
ventilazione meccanica e la necessità di ossigeno, favorisce il passaggio
precoce all'alimentazione orale e migliora l'accrescimento ponderale, riduce
l'incidenza di problemi respiratori e lesioni cerebrali, riduce il numero di giorni di
ricovero, migliora le capacità di vantazione del neonato prematuro da par te
de l lo s taf f , mig l iora i l coinvolgimento delle famiglie ed il loro sostegno,
migliora l'ambiente TIN per il neonato e per la sua famiglia, migliora l'ambiente
47
lavorativo per il personale.
Per molto tempo il neonato è stato considerato incapace di provare dolore.
Le conoscenze scientifiche degli ultimi anni hanno evidenziato che il
neonato, soprattutto se pretermine, si dimostra, invece, particolarmente
sensibile agli stimoli nocicettivi a cui risponde con reazioni fisiologiche e
comportamentali evidenti e con cascate ormonali e metaboliche che possono
produrre effetti nocivi a breve e a lungo termine.
Che cos’è il dolore?
“…Un’esperienza emozionale e sensoriale sgradevole associata ad un
potenziale danno tissutale o reale…”
Il dolore non sempre è proporzionato all’entità del danno ma è condizionato
da fattori psicologici,culturali, sociali, ambientali…: è quindi un’esperienza
soggettiva, elaborata individualmente sulla base del danno sperimentato. La
definizione di dolore appare insufficiente per il neonato che non è in grado di
comunicare l’esperienza e quindi diventa una responsabilità, da parte di chi
48
se ne prende cura, provvedere al suo riconoscimento, alla sua valutazione, al
trattamento. I principali indicatori di dolore nel neonato prematuro sono:
• Sopracciglia corrugate;
• Occhi stretti;
• Bocca stirata;
• Pianto;
• …
Ma non sempre il dolore si manifesta attraverso questi segni e sintomi:
l’assenza di pianto o di movimento non esclude la presenza di dolore.
Quante manovre invasive si eseguono in TIN?
In media un neonato ricoverato in TIN viene sottoposto a circa 14 procedure
invasive al giorno; la maggior parte di queste procedure sono ancora
eseguite senza analgesia o sedazione; ne deriva che il neonato è
perennemente occupato a ripristinare il suo equilibrio omeostatico non solo
per le procedure invasive, ma anche per tutte quelle manovre che provocano
“disconfort” come le modificazioni posturali, agli stimoli eccessivi, tattili, visivi,
acustici…
Le procedure che possono arrecare dolore in TIN sono:
• Manipolazioni;
• Applicazione-rimozione sensori;
• Applicazione-rimozione cerotti;
• Posizionamento sondino naso-gastrico;
• Aspirazioni vie aeree;
49
• Intubazione endotracheale;
• Ventilazione meccanica;
• Puntura con lancetta da tallone;
• Iniezione sottocutanea e intramuscolare;
• Inserzione cateteri ombelicali;
• Prelievo venoso-arterioso;
• Inserzione catetere venoso periferico;
• Inserzione catetere venoso centrale per cutaneo;
• Inserzione catetere venoso centrale;
• Isolamento venoso chirurgico;
• Posizionamento drenaggio toracico;
• Puntura lombare;
• …
Esistono anche delle misure non farmacologiche per lenire il dolore?
Ogni procedura può contemplare delle misure non farmacologiche associata
ad interventi di carattere ambientale e a tecniche di distrazione che possono
contribuire al controllo del dolore e dello stress derivante dalla procedura.
Con il metodo NIDCAP (assistenza interattiva tra equipe, genitori e neonato)
si comincia dall’eliminare tutti gli stimoli esterni che possono sovra eccitare il
neonato: è importante quindi ridurre i rumori troppo forti, quali la voce troppo
alta degli operatori, la musica ad alto volume, gli allarmi del monitor e le
stesse manovre troppo brusche degli operatori sanitari (chiusura degli
oblò…); favorire invece la voce dei genitori e la musica ritmica e rilassante;
50
evitare stimoli visivi bruschi, luci intense e abbaglianti, quindi abbassare le
luci quando possibile, utilizzare teli copri incubatrice, rendere partecipe il
neonato al cambio notte e giorno anche attraverso le luci diverse; favorire
l’agganciamento dello sguardo con la mamma.
I più comuni approcci per la gestione non farmacologica del dolore (interventi
legati al concetto di “developmental care”):
1. Posizionamento adeguato
2. Contenimento (nido; wrapping: avvolgimento del neonato in un telino
per dare contenimento e stabilità corporea; holding: tocco con le mani
che si appoggiano ferme, contengono, ascolano; metodo marsupio o
canguro care: contatto pelle a pelle; tocco dolce o gentle handling:
svolgere in maniera dolce le manovre assistenziali; massaggio dolce)
3. Promozione del sonno fisiologico
4. Suzione non nutritiva: l’utilizzo del ciuccio come strumento di
autoconsolazione e la somministrazione di piccole dosi di soluzione
glucosata al 10%, può alleviare lo stress da procedura.
Altri suggerimenti forniti dal “developmental care” per alleviare il dolore del
prematuro consistono nel controllare la temperatura e l’umidità
dell’incubatrice, contenimento e cambio di posizione posturale del bimbo
tramite materassini, amache, telini, cuscinetti in gel…, vestire il neonato con
body, calze, cuffia.., minimal touch cioè l’operatore cerca di evitare il più
possibile interventi inutili o stressanti, saturazione sensoriale che si basa su
concetti neuro-fisiologici, partendo dal fatto che il cervello del neonato filtra
gli stimoli periferici, lo scopo è quello si saturare i sensi del neonato attirando
l’attenzione con stimoli positivi (tattili, uditivi, visivi, gustativi) in modo da
escludere lo stimolo doloroso dovuto alla procedura assistenziale.
E’ quindi necessario un adeguato controllo del dolore come nell’adulto,
anche nel neonato, indipendentemente dall’età gestazionale e della sua
51
situazione clinica. Un dolore ripetuto e prolungato provoca effetti negativi
sulla sopravvivenza, con ripercussioni negative nelle fasi successive dello
sviluppo e più in generale sull’outcome psicologico.
52
Capitolo 3: DIVENTARE GENITORI DI BAMBINI PREMATURI
Diventare genitori di bambini prematuri è un processo altamente complesso,
che non si può facilmente generalizzare. Si possono, in ogni modo, prendere
in considerazione vari fattori che concorrono ad alterare la relazione che si
stabilisce tra il bambino prematuro e chi si occupa di lui, rendendola
sicuramente diversa dal normale rapporto genitore-bambino a termine.
La nascita prematura, inoltre, è un evento improvviso, che di solito coglie i
genitori impreparati ad assumersi il proprio ruolo. In pratica, oltre ai bambini
prematuri, si hanno anche "genitori prematuri". Il parto avviene in una
situazione d'emergenza e la madre lo vive in modo negativo, come se si
trattasse di un'operazione chirurgica. Il periodo successivo alla nascita e al
ricovero del bambino è denso d'emozioni per i genitori: dolore per la perdita
del "bambino normale a termine", angoscia per la sopravvivenza del piccolo
prematuro, sensazioni d'incompetenza, d'incapacità di proteggere il figlio.
Questi vissuti intensi che accompagnano la nascita pretermine, possono
continuare ad influenzare il comportamento e l'atteggiamento del genitore
verso il figlio anche a distanza d'anni (Drillien, 1964; Bidder, 1976).
Le prime interazioni tra il neonato pretermine e i suoi genitori, infine, non
avvengono a casa, ma in un ambiente del tutto diverso, il reparto TIN (terapia
intensiva neonatale), in grado di esercitare una forte influenza su entrambi.
La TIN è un luogo molto tecnico e rumoroso e i genitori spesso ne sono
intimoriti: vedono che i loro figli hanno bisogno di macchinari sofisticati per
sopravvivere e delle cure costanti di personale esperto, di conseguenza si
sentono inutili, d'intralcio. In questo contesto i genitori si sentono "visitatori",
piuttosto che genitori, sensazione che danneggia la loro autostima e la loro
fiducia nelle proprie capacità. Anche il piccolo prematuro risente della
permanenza in TIN. In quest'ambiente, il neonato è "disincentivato" ad
entrare in comunicazione con gli adulti e non ha l'opportunità di imparare (al
contrario dei nati a termine) che ai suoi comportamenti possono seguire
interazioni con le persone.
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Programmi d’intervento: Il bambino che nasce prematuro si trova in una
situazione molto particolare. Egli, infatti, viene precocemente privato sia
dell'ambiente protettivo e accogliente di cui beneficia il feto in utero, dove
giungono stimolazioni ritmiche e costanti (ad esempio battito cardiaco
materno, fluttuazioni del liquido amniotico, rumori digestivi, voce materna
ecc.) sia delle cure che riceve il neonato a termine a casa (contatto fisico con
i genitori, allattamento al seno, carezze, massaggi, ecc.).
Tuttavia, se da una parte il piccolo pretermine risulta ipostimolato, dall'altra è
invece iperstimolato (o stimolato in modo inadeguato) dalle caratteristiche
dell'ambiente ospedaliero, in cui compie le sue prime esperienze di vita
extrauterina.
L'ambiente TIN, infatti, è ricco di sollecitazioni eccessive, quali luci intense,
rumori forti o improvvisi (allarmi, campanelli) che possono risultare stressanti
per il prematuro, specialmente se d'età gestazionale molto bassa.
Partendo da queste considerazioni, nel corso degli anni sono stati messi a
punto numerosi programmi d'intervento, rivolti a fornire al neonato
stimolazioni adeguate, allo scopo di favorirne lo sviluppo psicomotorio e le
capacità interattive. I primi programmi realizzati consideravano i bambini
ricoverati in TIN come "sensorialmente deprivati", e consistevano nel fornire
stimolazioni supplementari ai neonati, come massaggi, esercizi, uso di
materassini ad acqua, d'amache meccaniche, registrazioni della voce o del
battito cardiaco materno, ecc. I programmi che, invece, considerano il
prematuro sovrastimolato e/o stressato dall'ambiente TIN, si occupano di
ridurre gli stimoli potenzialmente nocivi per il benessere e l'equilibrio
psicofisico del bambino. Rientrano in questa categoria tutti gli interventi di
"cura ambientale", quali ridurre l'intensità delle luci (considerato fattore di
rischio per retinopatia), offrire al bambino un'alternanza luce/buio, favorirne il
sonno raggruppando le manovre assistenziali, ecc. La tendenza più recente
è, comunque, quella di individualizzare gli interventi in base alle condizioni, le
reazioni, i bisogni di ogni singolo bambino. I lavori dell'Als hanno gettato
nuova luce sulla necessità di considerare prioritarie le caratteristiche del
neonato, nel guidare la scelta delle stimolazioni da fornirgli, evitando
54
l'applicazione standard, di routine dei programmi. Lo scopo è, appunto,
quello di "ascoltare il bambino", fornendogli cure individualizzate. A questo
proposito, Als e collaboratori (1984) hanno individuato tutta una serie di
comportamenti di evitamento o di interruzione del rapporto che il pretermine
è in grado di mettere in atto quando stimoli eccessivi o inappropriati rischiano
di provocare un disequilibrio interno (crisi di apnea, pallore, alterazioni del
ritmo cardiaco, ecc.). Tra questi segnali vi sono: fuga dello sguardo,
corrugamento della fronte, estensione degli arti, singhiozzo, emissione di
mucosità, movimenti intestinali, ecc. Altri comportamenti del neonato
pretermine sono, invece, considerabili come segni di ricerca, di
avvicinamento, di disponibilità all'interazione. Tra questi: sguardo attento,
portare la mano alla bocca, giungere mani e piedi, movimenti di suzione, ecc.
Saper riconoscere e individuare questi comportamenti sembra essenziale per
chi accudisce al prematuro durante e dopo il ricovero. In un successivo
articolo vedremo come le madri dei prematuri di peso molto basso "leggono"
e interpretano questi segnali.
3.1 Il reparto TIN visto dai genitori
Sebbene l'interesse per il benessere psico-sociale dei genitori e dei bambini
abbiano condotto ad apportare molti cambiamenti nella scena TIN negli ultimi
30 anni (ad esempio, liberalizzando gli orari di visita) durante il ricovero
ospedaliero, un contatto veramente intimo tra genitore e bambino è quasi
impossibile. I genitori possono prendere poche decisioni riguardo ai propri
figli perché molti compiti d'accudimento, come i momenti dell'alimentazione
sono determinati dalla struttura medica. Questa situazione spesso impedisce
a queste persone di prendere confidenza con le loro capacità genitoriali.
Sono state condotte molte ricerche allo scopo di indagare le idee, i
sentimenti, le esperienze dei genitori, specialmente le madri, dei neonati
ricoverati in TIN. La maggior parte degli studi, comunque, ha analizzato
l'esperienza dei genitori di neonati prematuri ricoverati in modo retrospettivo,
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raccogliendo le testimonianze ad una certa distanza di tempo dalle dimissioni
del bambino. Diversi studi hanno riportato che le madri intervistate
ricordavano soprattutto che, durante la degenza del figlio si sentivano
confuse e angosciate e che questo particolare stato d'animo creava loro
notevoli difficoltà a comprendere ciò che veniva detto e spiegato dai medici.
Le ansie principali di queste donne si erano concentrate soprattutto sulle
condizioni cliniche del piccolo, in particolare il peso del bambino era visto
come l'indicatore più importante del suo stato di salute.
Un'altra fonte di preoccupazioni era rappresentata dall'alimentazione del
bambino: le madri avevano trovato, infatti, notevoli difficoltà nel tirare il loro
latte dal seno, si erano sentite scarsamente informate riguardo alla sua
somministrazione e conservazione e dichiaravano di essersi sentite deluse
dal fatto che non sempre il loro latte fosse destinato al loro bambino.
Tutti i genitori raccontavano di aver provato un'ansia notevole all'epoca delle
prime visite al bambino nel reparto, ma anche di aver superato, piano piano,
questa sensazione grazie all'aiuto del personale sanitario. Alcuni genitori,
con il tempo, si erano integrati a tal punto nell'organizzazione del reparto, da
dare suggerimenti e contributi importanti per il miglioramento delle routine
assistenziali. Molti genitori, inoltre, dichiaravano che un aiuto importante per
il superamento della crisi della nascita pretermine era provenuto dalle
amicizie stabilite con gli altri genitori, dalla possibilità di sostenersi
reciprocamente e di aiutarsi. Alcune interviste svolte ai genitori di neonati in
TIN suggeriscono che, nonostante tutto, i genitori possono superare
positivamente il periodo di permanenza in TIN, quando trovano l'aiuto e la
disponibilità altrui. Il momento delle dimissioni rappresenta un'altra "prova"
per i genitori, perché segna il termine di un'esperienza emotiva molto intensa
ed è caratterizzato dall'ansia di doversi occupare da soli di un bambino che
sino allora ha avuto bisogno, per sopravvivere, delle cure di personale
specializzato e di macchinari complicati, anziché della madre.
56
3.2 Programmi d’intervento con i genitori nella TIN
Le famiglie in cui nasce un neonato prematuro affrontano sin dall'inizio
difficoltà e problemi maggiori, rispetto alle famiglie con un bambino a termine.
La nascita prematura, infatti, è un evento improvviso e spesso provoca una
vera e propria "crisi" nei genitori, che se non superata può dare origine ad
idee irragionevoli sullo sviluppo futuro del bambino e a difficoltà di relazione
con lui. Le idee irrealistiche ed i sentimenti negativi associati a questa
situazione, però, non sono inevitabili, né tanto meno immodificabili. Nel corso
degli anni sono stati messi a punto numerosi programmi di sostegno per i
genitori dei bambini prematuri, suddivisibili in:
a)Programmi con focus sul genitore;
b)Programmi a focus congiunto genitore-bambino.
Lo scopo degli interventi con focus sul genitore, è comunicare ai genitori
informazioni dettagliate e competenze aggiuntive per supplire alle loro scarse
possibilità d'interazione con il figlio, durante il periodo di ricovero. Ciò aiuta i
genitori ad essere più realistici, a riconoscere i segnali del neonato e a
valutare correttamente il suo stato di salute. Alcuni studi sono stati condotti
programmando degli incontri tra neo genitori di neonati prematuri e “genitori
veterani”: i primi fornivano ai secondi l'opportunità di ricevere sostegno e
consigli da persone che hanno già vissuto un'esperienza simile. Si è
verificato che i genitori veterani stabiliscono facilmente una relazione intensa
con i nuovi genitori, e ciò permette loro di lavorare piuttosto rapidamente su
alcune delle loro paure. Una volta raggiunto ciò, i nuovi genitori si sentono
partecipanti più attivi nel processo di accudimento del loro bambino, e questo
li porta ad una migliore situazione per assimilare le informazioni sul
trattamento e sulla cura del figlio. Secondo Meisels e altri (1993), i genitori
che hanno usufruito di programmi con focus sul genitore, manifestano, a
distanza di tempo, percezioni più realistiche sullo sviluppo e sul
temperamento dei loro bambini, appaiono più sicuri e soddisfatti di sé e del
proprio ruolo di genitore, concedono più libertà ed autonomia al figlio, e sono
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più sensibili ai suoi segnali, rispetto ai genitori che non hanno ricevuto
nessun tipo di supporto. Gli interventi a focus congiunto genitore-bambino, si
pongono l'obiettivo di promuovere e migliorare la relazione genitore-figlio, di
solito consistono nell'insegnare alla madre attività e forme di stimolazione in
grado di favorire lo sviluppo del piccolo, assistendola durante le interazioni
con il figlio. Tali programmi risultano efficaci nel promuovere lo sviluppo
cognitivo e comportamentale del bambino e nel migliorare le interazioni
genitore-bambino.
3.3 IL FOLLOW-UP DEL NEONATO PRETERMINE
La necessità del follow-up del bambino pretermine o con gravi patologie
neonatali è data dalla possibilità di insorgenza di problematiche di tipo
pediatrico, sequele neurosensoriali o comportamentali a breve e/o a lungo
termine. Il riconoscimento tempestivo di tali problematiche è l’obiettivo
essenziale del follow-up.
Il follow-up, peraltro, deve avere un’altra fondamentale caratteristica: quella
di essere un “sostegno” e un “tramite”.
Le visite di follow-up, infatti, servono da collegamento tra i medici che hanno
avuto in cura il bambino durante il ricovero ed il pediatra curante…e sono
essenziali:
- per fornire un sostegno alla famiglia nell’affrontare le problematiche del
bambino dopo la dimissione: la coppia va “accompagnata” nell’affrontare le
difficoltà;
- per rendersi disponibili a rispondere alle esigenze dei genitori: invio per
consulenze psicologiche, invio in centri superspecialistici, ecc.
- per far da tramite con altri medici specialisti
Il follow-up del neonato pretermine consiste in:
• visita pediatrica con eventuale ecografia cerebrale ed ecografia
renale;
• valutazione antropometrica;
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• valutazione del comportamento, della motricità, della relazione con i
genitori;
• valutazione delle tappe di sviluppo che seguono i tempi dell’età
corretta, cioè a partire dalla data presunta del parto;
• allattamento e relativi problemi;
• tempi raccomandati per le vaccinazioni;
• anemia del pretermine e supplementazioni con ferro o vitamine;
• valutazione di altre problematiche cliniche (ernie, angiomi, ecc. ecc.).
I tempi in cui viene effettuato sono i seguenti: 40 settimane di e.g., 1-3 mesi,
6 mesi, 9 mesi ,12 mesi, 18 mesi, 24 mesi, 3-4 anni, 5-6 anni. Ovviamente,
alle varie scadenze, gli scopi sono diversi: nel primo anno le forze sono
impiegate per il riconoscimento delle problematiche più pesanti, più avanti
nel tempo per il riconoscimento di quelle minori o tardive.
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Conclusioni
L’assistenza al neonato pretermine oggi si configura come il “prendersi cura”
che coinvolge molti professionisti della salute, i quali, ognuno per le proprie
competenze, agiscono con l’esperienza e le migliori evidenze scientifiche
disponibili. Nello specifico l’infermiere, quale responsabile dell’assistenza
infermieristica generale, può cogliere l’opportunità di transitare
dall’assistenza generale di base all’assistenza avanzata. Le principali
variazioni da prevedere dovrebbero consistere nella suddivisione delle
attività, che rientrano nella generale assistenza non medica in due classi:
• assistenza di base, che comprende l’area di supporto fisico e
sostitutivo;
• assistenza avanzata, che comprende l’insieme delle attività che
determinano un effetto diretto sul livello di capacità a provvedere alla
propria salute da parte dell’assistito, con correlata potenzialità di
rischio.
I criteri adottati per classificare le attività assistenziali prodotte nelle unità
operative al fine di collocarle nell’assistenza avanzata o di base sono tre:
1. Rischio per l’assistito (derivante dall’attività specifica);
2. Competenza necessaria (per la valutazione del rischio/beneficio e
padronanza del compito);
3. Norma giuridica (attribuzione o meno della competenza, se presente).
Questa classificazione può consentire l’analisi delle attività dell’unità
operativa a carico dei diversi operatori, la loro distribuzione attuale e una
riorganizzazione delle stesse al fine di favorire l’integrazione delle figure di
supporto nell’assistenza di base e consentire contemporaneamente
all’infermiere di effettuare l’accertamento infermieristico alla persona,
determinare il bisogno di assistenza e la tipologia della stessa, per stabilire il
livello di assistenza avanzata da erogare della quale l’infermiere deve farsi
carico. Tutto ciò permette l’evoluzione del nursing avanzato, in quanto
l’infermiere eroga attività professionali specifiche, valuta i risultati
dell’assistenza e la competenza di autocura del soggetto. Il nursing avanzato
fa sì che l’infermiere abbia un ruolo chiaro attraverso l’assistenza secondo la
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metodica NIDCAP (Newborn Individualized Development Care Assessment
Program). Si tratta di una teoria molto seguita nei paesi anglosassoni, che
prevede la gestione dei prematuri in incubatrice esattamente come se
fossero nel grembo materno, individualizzando le cure e personalizzandole,
considerando il neonato come individuo, prima che come persona.
Infatti fino a pochi anni fa prevaleva il concetto che il neonato non percepisse
e non ricordasse il dolore con la stessa intensità dell’adulto, specie se
lattante. Oggi, al contrario, prima di pianificare gli interventi sul neonato, è
importante considerare anche e soprattutto il suo punto di vista: il neonato
sente dolore, il neonato lo percepisce con maggiore intensità,
lo ricorda , il pianto prolungato e la sofferenza non migliorano la prognosi e
possono portare a crisi di ansia, di panico, disturbi del sonno anche a lungo
termine. Fin dai primi istanti di vita infatti, il neonato è costretto ad affrontare
situazioni sconosciute, difficili da capire e anche dolorose, ha fin da subito
difficoltà ad adattarsi al nuovo ambiente fatto di nuovi rumori, luci, odori,
temperature ben diversi dall’accogliente utero materno. Il neonato è un
essere competente fin dalla nascita, è dotato di una complessa
organizzazione che però va sostenuta perché inizialmente molto precaria;
purtroppo non è dotato di competenza verbale, non è in grado di dirci quanto
sente male, quando lo stiamo disturbando, quanto gli manca la sua mamma
e soprattutto cosa lo fa star meglio. Non può di certo lamentarsi per
l’assistenza a lui fornita perché non è naturalmente in grado di compilare un
questionario!
Infatti nella TIN esistono facilitazioni e tecniche anche non farmacologiche
che permettono di alleviare gli stati dolorosi legati alle procedure
assistenziali. Gli studi confermano quanto la “sola presenza” del genitore o
del caregiver, intesa come vicinanza emotiva e fisica, possa essere utile a
distrarre e consolare il neonato durante la manovra dolorosa. Purtroppo
questa presenza a volte risulta essere molto difficile da somministrare
rispetto ad una terapia farmacologica!
Lavorare in quest’ottica non è certamente facile, il caregiver che si occupa
del neonato va incontro ad un grosso impegno fatto di capacità, di empatia,
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immedesimazione, pazienza e collaborazione, facilitando l’organizzazione e
l’interazione del neonato con i suoi genitori.
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Allegato 1: Le prime certificazioni NIDCAP “Laura e Federica infermiere
della TIN del Policlinico di Modena”
Nel nostro reparto di terapia intensiva neonatale di Modena, un membro del team che si occupa dei
piccoli prematuri (fisioterapista) ha completato il 26 maggio 2005 la formazione nel metodo NIDCAP
ottenendo la certificazione. Il percorso formativo, piuttosto complesso ed articolato era iniziato nel 2002
quando la nostra fisioterapista Natascia Bertoncelli ha frequentato a Londra presso il St. Mary Hospital
il corso di formazione tenuto dalla trainer svedese Agneta Kleberg; lo scorso 27 maggio la stessa
trainer ha tenuto un workshop presso il nuovo Centro Servizi Universitario dell’Azienda Policlinico di
Modena, organizzato dal Prof. Fabrizio Ferrari, Direttore della Neonatologia del nostro ospedale.
L’importanza dei temi trattati, e le competenze della trainer Agneta Kleberg hanno fatto di questa
giornata un evento straordinario, sottolineato dalla ricchissima partecipazione di personale
infermieristico, fisioterapisti e medici provenienti da diversi regioni italiane. La collaborazione con il
centro svedese del Karolinska Institute di Stoccolma e dell’ Harvard Medical School del Children
Hospital di Boston prevede lo sviluppo di un progetto assistenziale di eccellenza volto alla formazione
di tre operatori NIDCAP, la fisioterapista a cui si affiancano 2 infermiere che hanno appena iniziato il
loro percorso formativo, nell’ottica di applicare nel prossimo quinquennio i concetti guida del metodo
NIDCAP nella realtà di Modena. Tale processo formativo è di straordinaria importanza in quanto
affronta il tema dell’abbattimento del dolore e dello stress come strumento per migliorare il benessere e
lo sviluppo fisico e neurologico del neonato prematuro.La lotta al dolore e allo stress rappresenta una
delle frontiere dello sviluppo della neonatologia attuale.
Natascia Bertoncelli, fisioterapista
Giovanna Cuomo, caposala
DA POLLICINO “IL GIORNALINO DELLA NEONATOLOGIA E DI POLLICINO”
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64
ALLEGATO 2: Esperienza di Laura e Francesca in Scozia
Federica (35 anni) e Laura (46 anni) lavorano nel reparto di Neonatologia
dell’Azienda Policlinico di Modena già da diverso tempo. Nell’anno 2005 è
stata data loro l’opportunità di intraprendere un percorso formativo, in
collaborazione con l’Università di Lund in Svezia, denominato NIDCAP
acronimo di Neonatal Individualized Developmental Care and Assessment
Program.
Di cosa si tratta? Abbiamo sentito dalle dirette interessate la loro esperienza.
“Innanzi tutto appena abbiamo avuto a che fare con questo progetto non
avevamo ben chiaro quale fosse il suo intento. Dobbiamo subito dire che
l’immediata curiosità ci ha portato a guardare sulla cartina geografica dove si
trova Lund. È situata nella Svezia meridionale vicino a Malmoe. Nel nostro
immaginario doveva essere una graziosa cittadina… NIDCAP e quel
susseguirsi di nomi in inglese…, una lingua che francamente ahinoi non
conosciamo, non era un inizio promettente.
Solo adesso al termine della prima fase del progetto, culminato con questo
viaggio, cominciamo ad aver ben chiaro cosa significhi e tenteremo di
spiegarlo. Il metodo NIDCAP permette la messa a punto di un programma
assistenziale personalizzato volto a favorire il benessere globale del neonato
e della sua famiglia. All’inizio del programma, abbiamo ricevuto in reparto la
visita della dott.ssa Agneta Kleberg infermiera, nostra Trainer svedese, la
quale ci ha indicato la prima fase del percorso (della durata di un anno e
mezzo) costituito da una ventina di osservazioni ai neonati del nostro reparto,
effettuate durante le più diverse manovre assistenziali: dal cambio di un
pannolino alla sostituzione del tubo endotracheale. Il tutto sarebbe stato
relazionato da noi su carta stampata seguendo “il protocollo NIDCAP” che, a
livello europeo, prevede una serie di domande guidate e da indicazioni sulle
possibili risposte. Importante è poi lo spazio destinato ai suggerimenti e alle
considerazioni personali che vengono a maturarsi al termine
dell’osservazione. Nelle intenzioni della dott.ssa Kleberg, questo modo di
rapportarci in maniera organica alle reali necessità dei neonati sarà, per il
futuro, di grande aiuto a tutto il Federica, Dott.ssa Agneta Kleberg e Laura
65
personale del reparto, medici e fisioterapisti compresi, in tutte le occasione di
interazione con il bambino.
Un particolare aiuto è stato fornito dalla fisioterapista Natascia Bertoncelli,
già stata in precedenza a Lund, la quale, oltre ad essere nostra tutor
NIDCAP in Italia per questo progetto, unica del gruppo a conoscere molto
bene la lingua inglese, ci ha supportato e “sopportato” nelle nostre interazioni
con la dott.ssa Kleberg. Dopo questa doverosa premessa, eccoci al
coronamento di questa prima fase e cioè il viaggio “premio e di istruzione”
nell’omonimo reparto della clinica universitaria di Lund nella quale da anni è
stato iniziato il percorso NIDCAP e dove risiede la dott.ssa Kleberg. È stata
un esperienza molto positiva e stimolante.
Il viaggio, impreziosito dalla presenza di Natascia che oltre alle competenze
professionali NIDCAP univa l’incarico di addetta alle “pubbliche relazioni”, è
iniziato all’alba di venerdì 24 novembre: partenza in treno da Modena per
Roma, in aeroplano fino a Copenaghen ed infine in automobile fino a Lund. Il
ritorno era previsto per domenica 26 novembre a tappe invertite. Alle 7,30 del
giorno dopo ecco finalmente l’incontro con la dott.ssa Kleberg, pronta ad
accoglierci.
Quando siamo arrivate all’ospedale era molto buio e ancor più buio quando
siamo uscite poiché, in Svezia le ore di luce in questa stagione sono
veramente poche. Entrate al secondo piano di una moderna palazzina, un
largo corridoio bianco con stanze a destra e sinistra definiva il reparto. Ci ha
subito stupito il silenzio che vi regnava: non un suono, non un rumore, non
uno squillo di telefono, non un pianto di un neonato. Le persone presenti
sembrava si sussurrassero le parole. Un reparto per noi irreale, ma che allo
stesso tempo infondeva tranquillità a chiunque entrasse; la nostra agitazione
e preoccupazione per la giornata da affrontare andavano scemando.
Dopo aver preso tutto l’occorrente, ci siamo apprestate con la dott.ssa
Kleberg a fare la nostra osservazione. In una stanza di terapia intensiva era
presente il bambino soggetto del nostro esame: qui la luce era soffusa, gli
allarmi dei monitor bassissimi. La nostra osservazione è durata più di un’ora,
66
peraltro trascorsa velocemente. Nonostante il neonato fosse piccolissimo, ci
è sembrato tranquillo anche quando, sollecitato dalle manovre assistenziali,
tendeva naturalmente ad agitarsi: l’infermiera infatti era pronta a coccolarlo e
contenerlo in maniera che si tornasse a stabilizzare il prima possibile.
Successivamente abbiamo dedicato la rimanente parte della giornata alla
stesura della nostra osservazione sotto la guida della nostra Tutor la quale ci
ha sollecitato ad annotare ogni seppur minima problematica riscontrata al
neonato.
Tutto questo ci ha portato ad un immediato confronto con il lavoro svolto a
Modena e con quanto si dovrà in seguito affrontare. L’occasione è stata
inoltre propizia per lo scambio di utili consigli operativi da portare, tramite le
nostre esperienze, nel nostro reparto di provenienza. Trascorsa questa
giornata di lavoro la dott.ssa Kleberg, molto professionale per tutta la
giornata, dopo essersi complimentata con noi per i risultati raggiunti, ci ha
formalmente comunicato il passaggio alla fase successiva del percorso
NIDCAP. Ci ha inoltre esposto l’impegno ed il lavoro da eseguire per i mesi
successivi; probabilmente fra un anno, mediante un ulteriore esame finale
potremo essere accreditate infermiere NIDCAP per il nostro reparto. In
concreto: cosa ci rimane di questa prima fase NIDCAP e di questo viaggio?
Innanzitutto la tranquillità e la naturalezza, la calma e la dedizione con la
quale il personale di servizio del reparto neonatale (evidentemente non in
carenza di organico) espleta la propria attività. L’importanza che hanno i
genitori nell’assistenza al neonato è evidenziata dagli spazi a loro dedicati.
Ad esempio: vicino ad ogni culla vi è un’area dove sono collocate delle
poltroncine, la mamma può restare all’interno del reparto tutto il tempo che
desidera ed esistono addirittura alcune stanze dedicate alla famiglia nelle
quali, per tutta la durata della degenza del neonato, è possibile soggiornare e
pernottare. Ovviamente, nel poco tempo di permanenza nella struttura è
stato possibile apprezzare solo i lati positivi del servizio nella sua globalità,
pur immaginando, come espostoci in maniera molto velata, che permangono
anche per loro aree soggette ad ulteriori miglioramenti. Un impegno assunto,
67
almeno con noi stesse: se vogliamo professionalizzarci appieno, dobbiamo
obbligatoriamente meglio conoscere la lingua inglese.
Il nostro viaggio, brevissimo ma veramente intenso ed interessante, è stato
importante per calarsi e confrontarsi con un’altra realtà, forse l’opposto della
nostra e anche se quotidianamente si compiono piccoli passi “nel” nostro
reparto, “per” il nostro reparto auspichiamo modi di lavorare meno stressanti,
con un senso di concreta elevazione che ci consenta di paragonarci a quello
di Lund. In tal senso siamo disposte ad impegnarci. Sentiti ringraziamenti al
Direttore Prof. Fabrizio Ferrari, alla caposala Giovanna Cuomo i quali si sono
dimostrati convinti fautori del protocollo NIDCAP”.
Federica e Laura
Infermiere della Neonatologia
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ALLEGATO 3: LA TESTIMONIANZA DEI GENITORI DI ANNA
LA MARSUPIOTERAPIA DI ANNA
Abbiamo cominciato a fare la “marsupioterapia”, con grande
sorpresa,commozione e senza preavviso, il 28 febbraio 2006 (38 giorni dopo
la nascita). Con grande sorpresa perché ci avevano detto che avremmo
potuto iniziarla solo quando Anna fosse stata stubata.
Invece eccoci finalmente insieme: Anna pesa solo 1.027 gr.
Appena mi è stata messa in braccio, si è raggomitolata come se fosse stata
ancora nell’utero materno e ha dormito tranquilla per la prima emozionante
ora di marsupioterapia. Da allora ogni giorno, salvo alcuni per cause di forza
maggiore (avevo la febbre), abbiamo fatto questo stupefacente esercizio di
riconoscenza e di riavvicinamento. Ogni giorno aumentava la speranza che
Anna ce l’avrebbe fatta…
10 marzo 2006 Peso 1.210 gr.
Anna fa la marsupioterapia con il papà! E' in modalità CPAP con fabbisogno
di ossigeno del 40%.
Peso 1.242 gr.
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Respira da sola e succhia il ciuccio! 11 marzo 2006!!
12 marzo 2006 Peso 1.249 gr.
Sta così bene in braccio che il saturimetro segna 100!!!
17 marzo 2006 Peso 1.337 gr.
Sono proprio carina con questo cappellino!!!
Concludendo possiamo dire che il neonato prematuro non è un’entità
individuale,ma è parte di una ed il suo benessere è strettamente legato al
benessere dei genitori. I genitori hanno un ruolo importante, così come la
mamma. Seppur ancora fisicamente e moralmente provata dalle vicende che
hanno portato alla nascita pretermine, titubante e incerta di fronte alla realtà
sconosciuta della TIN, turbata dalla fragilità del suo piccolo bambino, la
madre può trovare sollievo alle sue ansie e preoccupazioni se viene coinvolta
immediatamente nelle cure del neonato. Il compito dell’infermiere è
70
coinvolgere la madre perché la sua sola presenza, il calore della sua mano,
le carezze, le coccole e l’affetto che ella è in grado di trasmettere al figlio fin
dai primi istanti di vita, hanno un effetto benefico e rassicurante sul suo
piccolo. Il metodo Canguro o la marsupioterapia, viene proposta ai genitori
una volta stabilizzato il neonato, è un metodo dove il neonato viene
appoggiato con il solo pannolino in posizione verticale, a contatto pelle a
pelle con la mamma o anche con il papà.
71
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