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Cmri Gioqprlin*, Ricordo con una certa nostalgia quando, da inesperta

primina, guardavo le facce stanche e dominate dalle oc-

chiaie dei ragazzi di quarta e quinta e pensavo:” Man-

naggia! Io spero di mantenere un po' di vitalità!”. E in-

vece no, eccomi qua a fare i conti con il correttore e con

le ore di sonno che non bastano mai. Si sa, non abbiamo

scelto il liceo più semplice di Torino, ma allo stesso

tempo mi sento una vecchietta quando, alle nove e mez-

za, se non devo studiare, dico a mia madre che sto an-

dando a dormire. Mi ricordo quando, in seconda media,

il mio professore ci fece un'intera lezione di scienze sul

sonno, cercando di farci capire quanto fosse importante.

Ora vorrei dirle, caro professor B*******n, che il suo

fantastico discorso è servito a ben poco: la media delle

mie ore di sonno in una settimana è di 5, se tutto fila re-

lativamente liscio. E poi ve li ricordate i splendidi sogni

che si facevano? Le interrogazioni in classe, le avventu-

re con la migliore amica o il possedere una quantità as-

surda di animali. Ecco, ora solo più cadute da mongol-

fiere, aerei e trampolini: ce n'è per tutti i gusti!

Insomma ragazzi, il punto di questo editoriale è che le

cose cambiano e che, anche se all'inizio spaventano, poi

impariamo ad affrontarle. E mi riferisco anche ai tomi

che vedo sfogliare agli studenti universitari in bibliote-

ca: ne ho già il terrore.

Il secondo scopo di questo mio piccolo angolino era di

non far venire nostalgia di fidanzati ormai ex, visto che

oggi che vi scrivo è San Valentino, ma nostalgia “sana”

dei bei tempi prima del Gioberti ;).

Buon marzo e buone gite!

La caporedattrice, Giulia Scarpante

Il vice caporedattore, Gabriele Manzi

INDICE

3 Rassegna internazionale

4 TORINO CATTIva

5 Poesia

6 Anime

7 Serie tv e musica

8-9 Cronache giobertine

10 Cucina

11 Un piccolo faro

12-13 Falling in the black

13 Somewhere over the rainbow

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RASSEGNA

INTERNAZIONALE

Le ingerenze straniere aggravano la

situazione in Siria

Tra il 7 e l'8 febbraio si è verificato

sul territorio siriano, a Deir el-Zor,

un raid statunitense, a seguito del

quale hanno perso la vita cinque rus-

si non arruolati nell'esercito naziona-

le. È stato il governo russo a rilascia-

re queste informazioni, smentendo la

voce che i morti fossero diverse cen-

tinaia. Secondo le fonti governative,

le vittime non sono militari, ma mer-

cenari della compagnia Wagner, dei

quali tremila hanno combattuto in

Siria tra il 2015 e il 2017 (stima del

Conflict Intelligence Team), sebbene

l'uso di forze mercenarie sia vietato

dalla legge russa.

Secondo alcune previsioni, la Siria

potrebbe assumere sempre di più il

critico ruolo di “campo di battaglia”

non solo tra le due superpotenze rus-

sa e statunitense, ma anche altri paesi

in conflitto; lo testimonia lo scontro

tra Siria, Iran e Israele del 10 feb-

braio, iniziato da Israele nel tentativo

di osteggiare la costruzione in Siria

di strutture militari iraniane, e duran-

te il quale è anche stato abbattuto un

bombardiere israeliano.

Il 20 gennaio il governo turco ha lan-

ciato un'operazione aerea e di terra a

sostegno dei ribelli siriani nella re-

gione nel nord del paese, contro le

Unità di difesa del popolo curdo

(Ypg), considerate dalla Turchia al

pari del Partito dei lavoratori del

Kurdistan (Pkk), dichiarato fuorileg-

ge nel 1984. Il presidente Erdogan,

davanti al Parlamento, ha mostrato

ottimismo e ha dichiarato che

"Ramoscello d'ulivo", ovvero il no-

me in codice dell'operazione, va

"come previsto", avendo occupato

"300 chilometri quadri nella regio-

ne", giustificando la lentezza dell'a-

vanzata con la necessità di non met-

tere i civili in pericolo.

Il 21 febbraio, dopo gli avvertimenti

lanciati nei giorni scorsi, le forze filo

-governative siriane sono entrate ad

Afrin per contrastare l'offensiva tur-

ca. La Turchia ha risposto con alcuni

bombardamenti lungo la strada per-

corsa dal convoglio giunto da Dama-

sco.

Le controversie relative alle elezioni

in Egitto

In Egitto una coalizione di gruppi

politici di opposizione ha firmato

una petizione per esortare i cittadini

egiziani a boicottare le elezioni pre-

viste a marzo, definendole

“un’assurdità che rasenta la follia”.

Le cause della protesta risiedono ne-

gli arresti ingiustificati e nelle mi-

nacce intimidatorie rivolte alla mag-

gior parte dei candidati. Il responsa-

bile di queste azioni sarebbe il presi-

dente Abd al-Fattah al-Sisi, che mi-

rerebbe a eliminare i rivali che pos-

sano minare la sua seconda elezione.

Sotto il suo governo, iniziato nel

2013 in seguito al cosiddetto “golpe

egiziano”, si ritiene che siano state

imprigionate più di 60.000 persone,

segno di un attestato peggioramento

della situazione sociale e umanitaria

in Egitto.

L'aborto sarà oggetto di un referen-

dum in Irlanda

Il governo irlandese ha indetto un

referendum popolare previsto a mag-

gio sul tema dell'aborto. Al momento

l'aborto è quasi completamente ille-

gale, come dichiara l'ottavo emenda-

mento della costituzione irlandese,

che risale al 1983, e che mette sullo

stesso piano la vita della madre e

quella del feto. Pochi anni fa, in se-

guito alla morte di una studentessa a

cui era stata negata l'interruzione di

gravidanza a causa di un problema

medico, un decreto ha sancito la le-

gittimità dell'aborto nel caso in cui la

paziente rischi la morte. Ma in ogni

altra situazione, le donne irlandesi

devono recarsi in Inghilterra per

abortire, una via d'uscita che, per un

breve periodo, nel 1992, diventò im-

praticabile a causa di un “divieto di

viaggio”. Dopo pochi mesi, tuttavia,

la Corte Suprema rimosse il divieto,

riconoscendone l'illegittimità.

La speranza di parte degli irlandesi è

che grazie al referendum si interrom-

pa la pratica dell'aborto illegale, defi-

nito dall'ex ministro della salute Leo

Varadkar “insicuro, senza regolazio-

ne e illegale”.

Mafalda Dantonio

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TORINO

CATTIva

Siamo nella seconda metà degli anni

Ottanta a Torino. La città si sta pre-

parando a un'evoluzione che la porte-

rà a poco a poco tra le braccia del

nuovo secolo e a immortalare questa

metamorfosi troviamo Vittorio Catti.

Fotografo per caso, nelle sue foto

cattura gli ultimi istanti di vita di una

Torino sempre meno industriale e

sempre più caotica e sgangherata.

Il Progetto prende il nome di

“TORINO CATTIva” e le ragioni

sono molteplici: i comportamenti

e gli orari non sono più in linea

con i ritmi della fabbrica, Torino

diventa una città notturna, lo sce-

nario perfetto di notti all’insegna

della musica,

dell’alcool e del di-

vertimento, i locali

si popolano, molto fre-

quentati sono anche gli

spazi occupati come El

Paso e Barocchio. Catti

cattura le sfumature dei

bassifondi e delle peri-

ferie, lasciando da parte

i luoghi storicamente

simbolici. Si fa portavo-

ce della scena under-

ground torinese animata

da artisti emergenti, nebbie visiona-

rie, alcool, dalle espressioni artisti-

che più stravaganti; la sua passione

nata per caso lo porta ad approfondi-

re le realtà più sconosciute ai tempi,

momenti di vita trascorsi al riparo

dall’occhio inquisitorio dell’autore-

vole città. L’attrezzatura è scarsa, e i

soldi gli mancano perciò

deve arrangiarsi come può,

ovvero “tirando” le pellico-

le contro ogni limite, con

sviluppi impossibili: ne

conseguono foto sfocate,

sfuggenti, scenari indeci-

frabili, immagini dure,

sgranate e rigorosamente in

bianco e nero. Sono imma-

gini più grafiche che foto-

grafiche, simboliche,

espressioni verosimili di

una realtà cruda. Le riviste

con cui collabora non apprezzano

molto i risultati, il suo stile anticon-

formista colpisce però i CCCP Fedeli

alla Linea, gruppo musicale punk

rock italiano, che lo invitano a se-

guirli per fotografarli durante i loro

concerti. Dopo pubblica su Rockeril-

la, Mucchio Selvaggio, Fare Musica,

Rockstar e Virgin Italia. Immortala

artisti come i Police, Ramones,

Cramps, Björk, Iggy Pop, Sonic

Youth e Nick Cave durante i loro

concerti torinesi in locali come il Big

Club e l'Hiroshima Mon Amour.

Si arriva così alla Torino dei giorni

nostri: ricca, eccentrica, originale,

elegante ma anche sgangherata, vio-

lenta, maleducata. Una città multiet-

nica, calderone di lingue e culture

diverse, espressioni artistiche inno-

vative e volte a rompere gli schemi.

Alessia Qorri

Chiara Tirello, via San Domenico, 1985

Franca, via Marco Polo, 1987

Piazza Vittorio Veneto, 1986

Chiesa della Gran Madre di Dio, 1986

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PO

ESIA

PO

ESIA

Guardati attorno

Solo facce costruite

Solo finzione

Solo buio

Chi sta al tuo fianco ora?

Guardati dentro

Non ti riconosci

Non sai chi sei

Un’identità non ce l’hai

Ragazzo, chi vuoi essere ora?

Guarda me

Sono lo specchio che vorresti avere

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-Benvenuti al Quin Decim, signori.

Sono Decim, il barman.-

Questo anime nasce dal cortometraggio “Death Billiards”, considerabile una normale puntata della serie – nel caso

suggerisco di vederlo tra l’episodio 9 e l’episodio10-. Dato il successo riscosso il creatore, Yuzuru Tachikawa, ha

poi costruito la serie, rilasciata nel 2015, che conta un totale di 12 episodi. L’insieme è tranquillamente visibile in

poco più di quattro ore, se si guardano anche i titoli di coda e la sigla iniziale.

Immaginate di essere in un ascensore, le porte si aprono e vi trovate con un’altra persona in uno strano locale con

un inquietante barman. Non ricordate nulla. Vi vengono spiegate alcune cose: dovrete partecipare a un gioco scelto

casualmente; finché non sarà concluso il gioco non potrete abbandonare il locale; vi giocherete la vita. Questa è la

situazione dei clienti del Quin Decim.

Apparentemente potrebbe sembrare un anime ansiogeno, ma vi dirò, può essere anche di più. Personalmente non

mi ha fatto alcun effetto in quel senso, ma questa è un’altra questione. In realtà i clienti del locale sono già morti,

si trovano in quel luogo per essere giudicati dal barman del piano, che ha il compito di analizzarli durante il gioco

e stabilire se le loro anime debbano andare nel vuoto o reincarnarsi. La trama della serie però non è questa. Si pos-

sono individuare due possibili intrecci: quello del giudizio sospeso della ragazza dei capelli neri, di cui non dico il

nome per evitare eccessivi spoiler, e quello dell’esperimento di Nona, responsabile della torre dove avvengono i

giudizi.

Malgrado l’apparenza ho detto già fin troppo. Non è possibile creare una trama particolarmente fitta e dettagliata

da far sviluppare in 20 minuti di puntata, quindi non posso dire altro per evitare di raccontarvela tutta.

Il primo episodio la fa sembrare una serie cruda, fatto non del tutto errato in alcuni frangenti, ma necessario per i

giudizi. Non si assiste a nulla di violento, compare a volte del sangue, ma non in quantità eccessive. A favore van-

no sicuramente i disegni, estremamente espressivi, e il doppiaggio italiano.

Lo consiglio in quanto ha una trama leggera ma non manca di scene comunque toccanti o talvolta più profonde di

quanto non sembri.

Alla prossima recensione.

Gabriele Manzi

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Ciao a tutti e a tutte, questo mese ho deciso di parlarvi di

una serie tv che mi ha lasciata abbastanza perplessa. Si

tratta di una serie britannica uscita per la prima volta ad

ottobre 2017 nel Regno Unito e a gennaio 2018 su

Netflix. Per ora è stata girata solo la prima stagione, ma

è prevista una continuazione, anche perché il finale di

quella appena uscita non va decisamente bene.

Parla di due diciassettenni, James e Alyssa, che decido-

no di scappare dalla madre di lei e dal padre di lui. Detto

così sembra tutto normale. Il punto è che lui all'inizio la

vuole uccidere perché si definisce uno psicopatico e in

passato aveva ucciso animali di diversa taglia. Già qua

la storia inizia ad essere strana. Lei, ovviamente, è all'o-

scuro di tutti i pensieri che frullano nella testa del ragaz-

zo e decide di essergli amica credendo che presto se ne

sarebbe anche potuta innamorare. Le avventure che vi-

vono possono essere considerate assurde, dal momento

che passano dall'aver rubato la macchina del padre di lui

ad aver commesso crimini ben peggiori e ad avere quin-

di la polizia alle calcagna.

James all'apparenza è freddo e violento. Come detto pri-

ma, si definisce psicopatico forse per evitare la sua con-

sapevolezza dell'essere triste. Ha perso la madre quando

era piccolo: si è buttata in un lago con la macchina men-

tre in figlio era proprio lì accanto. Verso la metà della

stagione capisce di essere fragile e si innamora della sua

compagna d'avventura.

Alyssa è rabbiosa e oserei dire anche un po' lunatica. È

arrabbiata con la madre per essersi risposata con un uo-

mo che non ha neanche un po' di rispetto per la ragazza

e spera di poter finalmente incontrare suo padre, che non

vede da anni.

La parte che più mi ha colpito è senza dubbio rappresen-

tata dal contrasto tra i loro monologhi interiori e ciò che

dicono: non si capiscono neanche loro, è come se non si

conoscessero per quello che sono ma solo per come si

mostrano agli altri. In fin dei conti anche loro sono dei

ragazzi che cercano di capire il mondo degli adulti, par-

tendo dall'umorismo terribile del padre di James e dal

comportamento tremendo della madre di Alyssa nei con-

fronti della figlia.

Bisogna però ammettere che è una serie carina e in fin

dei conti ne vale la pena, in primo luogo per il rapporto

dei due protagonisti sia tra di loro sia con loro stessi, per

come affrontano il sentimento di abbandono e di solitu-

dine che entrambi provano e infine per lo stato confusio-

nale che lascia.

Giorgia Dininno

Febbraio: cinque album che vi consiglio

Questo mese voglio consigliarvi cinque album del 2017.

Il primo è “Pure Comedy” di Father John Misty. Nel suo

capolavoro, Father John Misty, cantautore americano da

Los Angeles, racconta il suo mondo con ironia e sarca-

smo in un disco scritto e arrangiato in maniera superba,

uno dei migliori dell'anno.

Altro pezzo da novanta è “1992” della rapper newyor-

chese Princess Nokia che con sedici tracce ha rivoluzio-

nato il panorama rap femminile, unendo le sonorità della

vecchia scuola a quelle recenti.

Il terzo album è “The Never Story” di J.I.D, rapper di

punta del roster Dremaville insieme a J Cole. L'album si

sviluppa in modo progressivo, cambia spesso sound, ri-

sulta innovativo per chi preferisce la nuova scuola, ma

non abbandona uno stile e l'attitudine tipica dei novanta.

Quarto progetto di questa lista è “Por Vida”, il primo per

la cantante R&B Kali Uchis. Si fondono in questo disco

ritmi cubani e l'anima black degli Usa, con un'atmosfera

sud americana che ci trasporta a quei colori e a quei pro-

fumi.

Quinto lavoro da citare è l'ultimo studio album degli Ar-

cade Fire : “Everything Now”.

Il gruppo, che ha scombussolato l'underground, ha com-

posto uno degli album più completi degli ultimi anni.

Capolavoro di tecnica e composizione, “Everything

Now” ricorda Bowie come ricorda le colonne sonore dei

film anni ottanta. Uno dei migliori del gruppo.

Tommaso Fanteguzzi

MUSICAMUSICA

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CRONACHE

GIOBERTINE GIOBERTI: AGITA-

RE BENE PRIMA

DELL’USO

Ore 7:00

La sveglia spezza la terza fase REM.

Abbandono il tiepido abbraccio del

piumone, mi butto addosso la felpa

Gucci-Vuitton-Magritte, trangugio il

primo caffè del giorno, mi fiondo

alla fermata e aspetto, vista la discu-

tibile attendibilità della GTT. Arriva

un ruggente 55 in tutta la sua moder-

nità. Qualche gomitata per entrare e

comincia l’avventura alla volta del

Giobo. Ovviamente non bippo. L’o-

bliteratore dista anni luce e la quanti-

tà di gente che mi ruba arrogante-

mente quel poco ossigeno che so-

pravvive a stento misto a sonnolenza

perpetua mi fanno già salire lo scon-

forto. E non sono che le 7:30.

"Next stop Sant’Ottavio-University"

sentenzia la voce metallica dalla pro-

nuncia accademica, con una leggera

sfumatura piemontese. Scendo cer-

cando una sottile striscia di banchi-

na. Anche oggi mi faccio trascinare

via dal pullman domani.

Dopo un’attesa di considerevole du-

rata scatta il verde e finalmente ho lo

spazio per riempirmi i polmoni di

una fresca esalazione di benzina.

Superati i portici, nella polverosa

foschia di febbraio si staglia la splen-

dida e maestosa dimora della cultura

in tutta la sua imponenza. Ah sì e

dall’altra parte della strada c’è il

Gioberti.

Percorro pigramente quella che so-

miglia tanto ad una passerella. Ai

suoi lati si ammassa la moltitudine di

studenti alla stessa maniera della

sabbia che scivola nel collo della

clessidra: non può evaderne quindi

non le resta che lasciarsi trascinare

dall’inerzia che la spinge verso l’ine-

sorabile squillo della campana.

Sono le 8:06 e il Gioberti, oltre ad

avere una succursale, ha anche una

dépandance che da anni ormai è

l’ancora di salvezza per chi è in anti-

cipo, chi ha lasciato l’ombrello sul

pullman, chi studia, chi è alla vana

ricerca delle facoltà psicofisiche sul

fondo di una tazzina.

Genesi come il Caffè Michelangelo.

La campanella stride alle 8:17, un

banale ritardo che ha salvato tanti

libretti dalla vicepresidenza. Anche

chi imposta il risparmio energetico

fino all’ultimo istante è costretto a

risvegliarsi dal torpore.

Circumnavigo la statua e mi fermo a

guardarla un istante. Il suo urlo sof-

focato si lascia sfuggire solo un fle-

bile gorgoglio di acqua che scorre.

Quell’immagine pixellata sembra

lanciarmi un ultimo monito.

Accuso quel minuto perso a osserva-

re quella statua che, forse più per

esasperazione che per gusto, trovo

particolarmente brutta.

Arrivo alla rampa di scale già con il

fiato corto. Alzo lo sguardo. Cari 89

scalini giornalieri, sono di nuovo

qui. Forza e coraggio che il terzo pia-

no non è lontano. Me lo dico tutti i

giorni da due anni, chissà che un

giorno non me ne convinca.

L’ultimo piano è carino, quasi acco-

gliente se impari a conoscerlo. Con

le sue quattro aule e altrettanti bagni

è il luogo più esclusivo dell’istituto,

tanto che non credo di essere l’unica

ad averne ignorato l’esistenza per un

tempo quasi imbarazzante.

Non avremo segreterie o fotocopia-

trici, ma abbiamo la miglior vista

sulla Mole. Compatisco gli altri piani

che possono vantare solo macchinet-

te, fontanelle e anime umane.

Bando alle ciance: le lezioni comin-

ciano e io sono ancora al gradino 57.

Scalata l’ultima rampa: un polmone

abbandonato sulle scale e il sonno

che pesa più di uno zaino che deve

affrontare sei ore. Entro in classe

sperando che la prof non segni il mio

ritardo di 1 minuto e 29 secondi

(dannata statua).

Mi avvio al fondo della classe, fiera

dell’ultimo banco guadagnato col

sudore quell’ormai lontano settem-

bre.

Il Gioberti è competitivo. Non per-

metteremo che la tragedia del declas-

samento subito per colpa del Cavour

si ripeta un’altra volta. Un esempio?

Il clima. Fuori fa freddo? Noi sappia-

mo farlo meglio. Ma questa è un’al-

tra storia.

Tutti i giorni un giobertino si sveglia.

Sa che dovrà correre più veloce degli

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altri o rimarrà senza caffè. Per quan-

to la sua commestibilità sia opinabile

è l’unica possibilità che abbiamo per

arrivare alle 14 anche solo coscienti.

Le ore passano, ma le lancette di

piombo sembrano beffarsi di noi,

lusingate da tutti quegli sguardi che

non fanno altro che ammirare loro.

Ma arriva il momento in cui capitola-

re è inevitabile: scoccano le due e

quella dittatura imposta dall’orologio

si sfalda davanti a fiumane di giovani

che puntano l’uscita come cani da

tartufo.

Cosa ne sarà, a questo punto, del gio-

bertino? Non ci riguarda più, almeno

fino alle 7:00 di domani.

Anche se non è difficile immaginar-

ne il resto della giornata: poorman-

ger, casa, studio, abbiocco, studio,

valutazione della possibilità di trasfe-

rirsi in una landa dal nome impro-

nunciabile per coltivare barbabietole

da zucchero che, a quanto pare, cre-

scono ovunque, rimprovero per aver

perso tempo, "magari non interroga

proprio me".

Potrei sprecare carta e inchiostro per

parafrasare anche il tipico sabato

mattina che, dal punto di vista dei

giobertini emergenti, rimane un lusso

riservato ai tre quinti dei commilito-

ni, ma in fondo non è molto diverso

dal resto della settimana. L’unica

differenza è che, invece di correre,

per il caffè basta camminare a passo

spedito.

Matilde Penta

IL VOTO:

GIOVANI E

DISINFORMAZIONE

Care giobertine e giobertini, come

tutti sapete il 4 marzo si terranno le

elezioni parlamentari per il nuovo

governo. Non sono abbastanza infor-

mata per poter spiegare con esattezza

come funzionino le elezioni. Ciò su

cui mi vorrei soffermare però è la

domanda “Ma i giovani votano?”.

Negli ultimi mesi mi sono sempre

più frequentemente chiesta cosa do-

vessi votare, ma soprattutto come

informarmi. Viviamo in una genera-

zione nella quale l’informazione è

cambiata parecchio ed è molto più

facile informarsi. Una volta si usava

il passaparola, poi le manifestazioni,

i comizi, i giornali, la radio, le televi-

sioni e oggi internet. Internet è il

mass media più utilizzato in assoluto,

ma è usato in modo corretto? Oggi-

giorno abbiamo “tutta” l’informazio-

ne a portata di mano, in ogni mo-

mento possiamo cercare su Google

tutto ciò che vogliamo, da un certo

punto di vista è sicuramente un van-

taggio, ma forse ancora di più uno

svantaggio.

Presa dalla voglia di voler votare ho

iniziato a cercare su internet i partiti

e i loro programmi elettorali. Ho pro-

vato a capirci qualcosa, ma sincera-

mente non ci ho capito niente. I pro-

grammi mi risultavano delle insalate

miste, un po’ scopiazzate l’una

dall’altra e soprattutto parlavano di

tutto e di niente. Poi mi sono accorta

che il problema stava alla base, che

eravamo tutti semplicemente disin-

formati, che non avevo mai parlato

con nessuno e che non potevo farmi

un idea senza discuterne con qualcu-

no. Mi sono accorta che ormai anche

gli adulti non ne parlano più. Nessu-

no parla più del voto, come se fosse

un diritto ormai passato di moda. Poi

ho pensato a mia nonna, che il 2 giu-

gno del 1946 votò per la prima volta,

e votò per la repubblica. Allora ho

pensato a quanto fosse importante il

voto, a quanto a lungo tantissime ge-

nerazioni prima di noi hanno com-

battuto per averlo e a quanti popoli

lottano tutt’oggi per il diritto al voto.

Ho continuato a informarmi, sempre

di più, ma non solo su internet e so-

prattutto non sui profili Facebook dei

politici. Non è stato per niente facile

decidere e tanto meno capirci qual-

cosa. Perdonate veramente l’ignoran-

za, ma a 18 anni dover capire come

funziona il parlamento non è così

facile.

Dopo tutto ciò la domanda che mi

sorge spontanea è “Ma perché non si

parla mai di politica con i giovani?”.

Questo è sostanzialmente il proble-

ma; se sempre meno giovani votano

è semplicemente perché non se ne

parla abbastanza.

Agnese D’Angelo

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Torta salata con spinaci, ricotta e speck

Siccome le temperature non ancora glaciali lo hanno permesso, i miei amici ed io abbiamo deciso di fare un picnic

durane il ponte di Carnevale. E quale occasione migliore per testare la ricetta che vi propongo questo mese? Facile

e veloce da preparare vi presento la torta salata con spinaci, ricotta e speck.

Ingredienti:

500g di spinaci freschi

450g di ricotta

100g di speck (o pancetta) a striscioline o a dadini

2 cucchiai di parmigiano

1 uovo

Pasta sfoglia rotonda

Sale e noce moscata q.b.

Iniziamo preparando gli spinaci, che devono essere immersi totalmente in acqua e messi sul fuoco. Nel momento

in cui iniziano a bollire contate 10 minuti e poi scolateli. Io ho dovuto fare questa operazione due volte poiché

mezzo chilo di spinaci è alquanto ingombrante e ho dovuto dividere la busta in due. Fateli raffreddare sotto il getto

dell’acqua e poi strizzateli. Questa operazione è molto importante e va fatta con particolare premura: questa verdu-

ra assorbe moltissima acqua e, se non ne toglierete la maggior parte, la ritroverete dopo la cottura della torta. Ag-

giungete quindi in una ciotola tutti gli ingredienti: spinaci scolati, ricotta, uovo, speck, parmigiano e condite. Usan-

do la carta forno in cui era arrotolata la sfoglia, adagiatela in una teglia e fatela aderire ai bordi. Dopodiché buche-

rellate leggermente il fondo e versate il ripieno. Ripiegate infine il bordo e, se volete, spennellate con del tuorlo

d’uovo per conferire un po’ di colore alla pasta. Infornate a 180° a forno statico per 30 minuti circa.

Nel caso in cui non abbiate questi ingredienti per il ripieno vi consiglio di sperimentare: molte ricette favolose na-

scono da quello che si ha in casa quando si pensa di non avere niente o dagli avanzi.

Un ringraziamento speciale alle mie cavie da laboratorio: Ele, Edo e Paolo.

Giulia Scarpante

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giorno: unm ruqriom oujinmrim

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Un piooojo fmro Cara Hope,

sai che non sono mai stata brava a scrivere oppure a dire come mi sen-

to, sono sempre molto austera. Lo sai meglio di me che non ho mai vis-

suto bene il rapporto madre-figlia; ti ho raccontato mille volte di come

tua nonna mi abbandonò appena mossi il primo passo.

Suppongo di essere io a far scappare la gente, è una cosa che ho nel

sangue, infatti tuo padre non ha neanche aspettato la tua nascita per

darsela a gambe. Non sa cosa si è perso: la creatura più dolce e lumi-

nosa di questo mondo.

Ricordo ancora il giorno in cui sei nata, avevo patito nove mesi di “Sei

un soldato non puoi avere una figlia” oppure “Come farai a occuparte-

ne? Dovresti lasciar perdere e pensarci fra qualche anno”. Lasciar per-

dere. Come avrei potuto? Quando vidi il tuo visino per la prima volta il

cuore mi si riempì di gioia, una gioia che tutt’ora mi abbraccia ogni

giorno, nonostante la lontananza. Il mio piccolo angelo sceso dal cielo.

Mi si spezzò il cuore quando diedero la notizia ufficiale dello scoppio della guerra, siamo nel 2056 e il genere

umano litiga ancora. È per questo che dovetti andare a combattere in Russia, la gelida Russia. Per fortuna Mary-

Jane ti ha presa con sé, lei è l’unica persona della quale ci possiamo fidare, ricordalo sempre Hope.

È ancora fresca nella mia memoria l’immagine della sua nuvola di capelli rossi all’irlandese che si fa strada nella

mia stanzetta d’ospedale, tu avevi solo un giorno. Sono passati quattro anni ormai, come vola il tempo. Devi sape-

re che lei è come una sorella per me, sin da quando avevo circa 10 anni. L’ho conosciuta a scuola e da lì siamo

diventate inseparabili, lei mi ha accudito quasi come se fossi la sua sorellina minore, e le sono grata.

Spero che a Blacksburg sia tutto tranquillo, sono sicura che non è esattamente la principale città americana sul

mirino russo, però so che la vita non è comunque facile. Come va l’orto che avevamo iniziato prima che io partis-

si? Dovete curarlo, perché non sopporto l’idea che la mia bambina, la mia preziosa bambina conosca la fame.

Conservo ancora la foto che scattai durante il nostro ultimo pic-nic insieme, ricordo che adori stare all’aria aper-

ta. Quel giorno il Sole era alto nel cielo, ma non scottava. Tu avevi un vestitino delizioso con motivi vagamente

floreali, così ti feci una corona di gerani rossi; ti piacque così tanto che non la togliesti più per tutto il giorno.

Nella foto che conservo stai rincorrendo una farfalla, il tuo visino esprime tutta la gioia esistente, una gioia che

mi aiuta a superare le giornate nella gelida Russia, avendo la consapevolezza di tornare a casa e rivedere la mia

bambina.

Non so quando questa lettera arriverà o quando la leggerai, ma spero di essere già ritornata per quel momento.

Che strano scrivere lettere nell’epoca degli ologrammi e della super tecnologia, eppure è qualcosa di così vero,

così stabile, qualcosa che rimane.

Spero di rivederti presto amore mio, spero che questa stupida faida tra le nazioni si concluda velocemente. Rendi-

mi fiera come hai fatto finora.

Con tutto l’amore del mondo,

la tua mamma Diana

Lucy

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Falling in

the Black "So this is what you really want? Sometimes there's a

reason why people lose their memory, maybe you wan-

ted to forget."

"Please master. All I want is to have my old me back.

Whoever I was, whatever I did."

The old man nodded silently. In almost one year she had

never understood how he could be so peaceful even

when his students didn't listen to his advice. Not even

his blindness created him problems in any occasion.

"Sit there, we'll see what we can do." He said pointing to

a pillow in front of him "We'll begin when you are rea-

dy."

"I am."

"No, you are not. Relax. When you want close your eyes

and find balance within yourself, like I've been teaching

you for the last year."

She closed her eyes and started controlling her breath,

making it slower and regular. After a bit she heard her

master's voice, who seemed to be far away from her.

"Look within yourself. What do you see?"

She couldn't find anything but darkness for a while, until

finally something appeared.

"I see a crystal globe. There's light in it."

"Where are you?"

"It's cloudy, there's dust flying, fire's everywhere. The

globe is on fire too now, its light is growing. I feel it

burn strengthened by some kind of fury."

"Is there anyone near you?"

"I sense something, but it's not human. It seems hostile."

"Search deeper now. What do you see?"

"Everything is getting darker. The fire is going away

with the dust. The globe is falling in a black fluid, its

light is fading." She started twitching "It's falling deeper,

I see just a glittering spark in it. It's... it's cracking."

"Open your eyes now."

Her breathing was fast, she was sweating too, even

though she didn't understand why.

"You are not prepared for this level of concentration, I

hope you understand it."

She nodded shyly, without thinking that he couldn't see

her.

"But still you did a pretty good job." He said giving her

a cup of tea.

"I don't understand. What does this vision mean?"

The man drank his tea quietly for a moment.

"We don't use or see our body when we do this kind of

travels. There's nothing specific instead of it, everyone

sees something different, also not everything that hap-

pens is immediately clear. Signs must be interpreted,

images must be decomposed. In your case you saw a

crystal globe sparkling, I think that was your old per-

son."

"You mean someone tried to burn me alive?"

"No, that's exactly the problem I was telling you about.

Things you see have a different meaning from the one

apparently suggested. Fire is not normal fire like water

is not normal water."

"Oh... What have I seen then?"

"I believe you saw the last moment before losing your

memory. You couldn't hear your voice, but it was diffe-

rent: I heard anger, sadness, hate. Something happened

before we found you, probably that's the cause of your

loss of memory. You were the fading light in the globe,

strengthened by fury, hardened by hate, but still not

strong enough to resist when darkness came. You were

scared of darkness when you arrived here, you used to

rave in your sleep, talking about something coming for

you from the darkness."

"You think something is looking for me?"

"Maybe, maybe not. Maybe your mind was too weak to

separate reality from dreams, or maybe the thing you

talked about is the cause of your actual condition."

Silence fell heavy. Her mind was filled with too many

thoughts she had no idea how to put together.

"Now go, you need to rest."

Again she nodded silently. She was about to leave when

he spoke again.

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"One more thing, Lux: I'll be here if you want to try

again, it's all right. But don't try to do it alone."

"Yes, master."

He smiled a bit.

"Good. Now go. Good night Lux."

"Good night master. Thank you, for everything."

She closed the door, leaving the man alone. He put off

the candles around him in the room and finished his tea

in the dark, since he didn't need any. He immediately

noticed the presence in the room despite the complete

silence.

"You can't have her."

"I will."

"Not as long as I'll be the master of this sanctuary."

"She's not one of your students, you don't have power on

her."

"Go and try then. Why do you think I let you in? I’m not

afraid of you."

"Oh, trust me old man," The presence said before disap-

pearing "you will."

Gabriele Manzi

Sokpwhprp ovpr lhp rminqow

I was still studying in high school when I met a girl with

red hair and a wide, white smile, and I remember she

was always happy with everything that happened in her

life, whether it was actually good or really bad. Her

name was Sheila. She had moved in Montana from a

little town in Poland that no one could spell the name of,

and her parents had bought the house right next to mine.

At the time my mum, who was a psychologist, decided

that I was supposed to check on her to make sure she

was fine with the change of friends, environment and

life style. Sheila also happened to be in my French class,

which had been assigned to high level speakers. Howev-

er, I remember she could not even translate such things

as “bonjour élèves”. She was so terrible that one day our

teacher started screaming against her, saying she was a

fool and a dreamer: I later found out he was right about

the second guess. She didn’t have any reactions about it

and as soon as she got out of the classroom she started

laughing at the scene that had just happened because of

her. That is when I invited her to come to study at my

place that very same evening. She came over, we tried to

study something, then we decided to get out. We were

walking around the block in that embarrassing silence

there always is when to strangers don’t know what to

talk about, when clouds covered the sun, making every-

thing look dark and desolated. In that moment she said

the thing that changed her before my eyes: she said she

had always wished to wake up in a place where clouds

are far behind, where troubles melt like lemon drops,

way about the chimney tops. She had just put in words

the same desire that I had felt to have during all my life.

I fell in love with her as soon as I understood what type

of person she was. Sheila was the first love of my life

and as time passes by I’m starting to think that she might

be the only one. Nine years after I had met her for the

first time, she turned out to be sick. Cancer took her

away from me faster than the time I needed to realize

she was gone. But the truth is that, when I think about

her, I like to believe that she is somewhere over the rain-

bow, way up high, in a land I heard of once in a lullaby.

Bianca Zancan

Inspired by “Somewhere over the rainbow”

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La

no

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Docente responsabile: Emilia De Maria

Caporedattrice: Giulia Scarpante (4^I)

Vice caporedattore: Gabriele Manzi (II^B)

Copertina: Jacopo Margaglia (III^C)

Attualità: Mafalda Dantonio (II^B)

TORINO CATTIva: Alessia Qorri (II^A)

Poesia: Marco Curiazzi (5^F)

Anime: Gabriele Manzi (II^B)

Serie TV: Giorgia Dininno (3^L)

Musica: Toammso Fanteguzzi (II^C)

Gioberti: agitare bene prima dell’uso: Matilde Penta (5^H)

Voto e disinformazione: Agnese D’Angelo (5^M)

Somewhere over the rainbow: Bianca Zancan

Cucina: Giulia Scarpante (4^I)

Un piccolo faro: Lucy

Disegno: Eleonora Ferrera (II^C)

Falling in the black: Gabriele Manzi (II^B)