Lui e l'aborto. Viaggio nel cuore maschile di Antonello Vanni - Estratto

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Come reagisce un uomo alla notizia della gravidanza della donna? Perché la spinge all’aborto o cerca in tutti i modi di convincerla a tenere il bambino arrivando a gesti estremi per salvarlo? Perché i maschi di oggi tacciono, o devono tacere, non riuscendo a esprimere una posizione forte sull’aborto? L’incapacità di accogliere la vita nascente è connaturata alla figura maschile o è espressione delle tendenze secolarizzate e abortiste del nostro modello culturale? A questi interrogativi Antonello Vanni risponde con chiarezza e lucidità, nel primo volume in Italia che affronta la questione dell’uomo di fronte all’aborto.

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Antonello Vanni

Lui e l’aborto

Viaggio nel cuore maschile

© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2013 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

ISBN 978-88-215-7862-5

Rivelando e rivivendo in terrala stessa paternità di Dio

l’uomo è chiamatoa garantire lo sviluppo unitariodi tutti i membri della famiglia:

assolverà a tale compitomediante una generosa responsabilità

per la vita concepitasotto il cuore della madre.

Giovanni Paolo II

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PREFAZIONE

Il libro che state per leggere ha un valore storico: in-frange per la prima volta il tabù che ha fi nora oscurato in Italia il rapporto tra i padri e i loro fi gli abortiti.

Che ne è di questa relazione iniziata con la fecon-dazione e poi interrotta con la violenza prima della nascita? Per il bambino possiamo solo pregare. Ma che accade a quel padre, che a volte ha dato il via a quell’azione mortifera? E che per solito, comunque, non ha osato opporsi? Cosa ne è di quegli altri padri che hanno cercato di dire no, sfi dando una sconfi tta già scritta nella legge dello Stato? E andando incon-tro all’inaudita umiliazione (scritta dalla legge anche quella) del non aver voce ascoltabile, come non l’ha potuta avere il fi glio? Cosa ne è infi ne del rapporto tra la madre e il padre, dopo questo lutto?

Il libro, il primo scritto su questo argomento in Ita-lia, non può naturalmente rispondere esaurientemen-te a tutte queste impegnative domande. Il tabù posto sulla relazione tra i padri e i fi gli abortiti, in omaggio al principio stabilito ideologicamente secondo il quale «l’aborto riguarda solo le donne», ha tra l’altro impedi-to addirittura la raccolta di gran parte dei dati necessari per rispondervi. È ciò che accade quando appunto si decide sulla base di ideologie, e poi si è obbligati a

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difendere le scelte adottate scoraggiando o impeden-do ogni ricerca che possa produrre risultati contrari all’assunto di partenza. In ogni caso il materiale rac-colto dall’autore col suo scavo pionieristico è di gran-de interesse per stimolare fi nalmente anche in Italia la partenza di studi e ricerche in questo campo, purtroppo ancora molto frequentato, e dolorosissimo.

Decisiva, e rilevante per tutta la società, è la tutto-ra diffusa sottomissione maschile all’idea che l’aborto non li riguardi. È questa una delle manifestazioni della crescente passività dell’uomo nell’occidentale “società senza padri”.

Un padre a cui nessun padre ha trasmesso il sape-re della responsabilità maschile nei confronti della fa-miglia non saprà (ma neppure spesso vorrà) difendere la vita del fi glio. Il tema dell’aborto interseca dunque subito quello dell’implosione del maschile e della sua cultura nella società tardo moderna. Le leggi sull’abor-to, che hanno tolto ai padri ogni diritto di parola (e per-sino ad essere ascoltati) sulla vita dei loro fi gli sono state votate da Parlamenti a grande prevalenza di uomi-ni. Si tratta di una scissione tra il potere maschile e la vita nascente, tra le istituzioni e la continuazione della vita, sulla quale occorrerà rifl ettere, a lungo. E lavora-re, e cambiare, molto.

Tuttavia la “dimissione” del padre dalla questione della vita del fi glio è di natura soprattutto ideologica, mentale, non affettiva. Il “cuore” maschile, che Anto-nello Vanni qui ci presenta, è profondamente ferito, e non per vanità. L’anima, la psiche si ribella alla soppres-sione della nuova vita (che rappresenta anche, sempre, le proprie possibilità di rinnovamento). La depressione

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o i diversi disturbi psichici che si impadroniscono del padre dopo la decisione di sopprimere il bambino, e poi dopo l’aborto, parlano proprio di questa ribellione profonda; il libro presenta questi materiali con preci-sione e partecipazione emotiva. Evitando dunque quel rischio di “neutralità sociologica” che, nelle questioni di vita o di morte, come questa, agisce come ulteriore diffusore delle patologie presenti nella società.

Questo libro è infi ne prezioso perché il suo autore si impegna a presentare gli elementi di speranza pur pre-senti nel campo dolente dell’aborto. Che certo è storia di lutti, ma è anche, per fortuna, storia d’amore. Come sempre accade nella storia umana infatti, anche qui la tragedia e la morte hanno generato amore, speranza, intervento vitale. L’ultima parte – “percorsi di guari-gione” – presenta appunto queste esperienze di con-divisione e cambiamento profondo, tuttavia già intuite e presenti fi n dall’inizio del libro con la loro azione di benedizione.

Un libro che ci impegna tutti. Il tempo del guardare altrove è ampiamente trascorso.

CLAUDIO RISÉ

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Capitolo I

E IL PADRE DEL BAMBINO?

Ho un ami co che è stato coinvolto due volte nel-l’aborto. La prima volta lui e la sua fi danzata avevano discusso su cosa avrebbero fatto se avessero conce-pito: al riguardo decisero che si sarebbero sposati o avrebbero dato il bambino in adozione. Quando però si scoprì la gravidanza, il mio amico non si sentì più in grado di sposarsi e diventare padre, così rifi utò di farlo e spinse la fi danzata ad abortire. Nei giorni successivi lei crollò, e il loro rapporto fi nì pochi mesi dopo. Non dimenticherò mai ciò che lui mi disse quel 14 di feb-braio, precisamente due mesi dopo: «L’aborto lo ha subìto lei, ma l’ho scelto io: non lo farei mai più».

Per alcuni anni non rividi questo amico fi nché, a un certo punto, ricevetti una sua chiamata. Mi confessò un’altra esperienza di aborto che gli stava capitando: la nuova fi danzata era rimasta incinta e voleva aborti-re. Il mio amico la pregò a lungo di non farlo, dicendo che lui, avendo molta fl essibilità nel lavoro e volendo far nascere questo suo fi glio, avrebbe tenuto volentieri il bambino. Nonostante la sua insistenza, lei proseguì da sola e abortì. Lui allora mi disse: «Questa volta ho lottato per la vita di mio fi glio ma...».

Sono rimasta profondamente colpita da quanto dolo-rose siano state per quest’uomo entrambe le esperienze.

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Ho capito che l’aborto non è solo una questione “di don-ne”, ma un’esperienza umana che coinvolge tutti coloro che la vivono, e può lasciare delle profonde tracce tanto nei padri che nelle madri del bambino mai nato1.

22 maggio 1978: in Italia entra in vigore la Legge n. 194 «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza» che ha legalizzato l’aborto procurato, atto con cui viene pro-vocata intenzionalmente la morte di un essere umano non ancora nato. Da allora nel nostro Paese sono stati praticati circa 5 milioni di aborti che sono costati la vita ad altrettanti bambini e che hanno coinvolto spesso dolorosamente le loro madri. Oggi però, in un momen-to culturale di attenzione crescente alla fi gura paterna, si pone una domanda per lungo tempo elusa nel dibat-tito sull’aborto: e il padre del bambino?

In realtà, negli ultimi decenni, su questo tema non sono mancate voci autorevoli, provenienti da tutto l’am-bito delle scienze umane, dalla sociologia alla bioeti-ca, così come non sono stati rari i casi di cronaca o le testimonianze personali che hanno richiamato i media su un aspetto dimenticato del dramma dell’interruzio-ne volontaria di gravidanza. Eppure, sia il legislatore che l’opinione pubblica non hanno saputo maturare una

1 Le testimonianze presenti in questo volume sono autentiche. Laddove non specifi cato sono state ricavate dalle lettere che mi sono state scritte e ho pubblicato nel mio sito www.antonello-vanni.it (Sezione Uomini che abbat-tono il muro del silenzio e chiamano i padri a dire sì alla vita). In altri casi le testimonianze provengono dai siti o dai testi indicati nella bibliografi a e nella sitografi a in fondo al volume. Per rispetto della privacy i nomi reali sono stati omessi o cambiati. La presente testimonianza è stata gentilmente fornita dal sito http://www.progettorachele.org/.

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suffi ciente sensibilità alle problematiche maschili in relazione all’aborto tanto che ancora oggi permangono slogan superati quali «il corpo è della donna, quindi de-cide lei del bambino» oppure «all’uomo interessa solo il sesso, e se la donna rimane incinta lui la obbliga ad abortire o se ne va».

Questa mancanza di sensibilità, causata da pressio-ni ideologiche e da scarsa informazione, non stupisce: basti pensare che anche gli studi sulle sofferenze psi-cologiche causate dall’aborto nella donna giungono in Italia in ritardo rispetto ad altri Paesi e solo grazie a studiosi ed editori coraggiosi intenzionati a tenere vivo il dibattito sul tema dell’interruzione volontaria di gra-vidanza.

Va detto però che tenere vivo questo dibattito, in tutta la sua ampiezza, e quindi anche con l’attenzione all’uo-mo padre, è decisivo perché la nostra società superi una ferita terribile al cuore della dignità umana e al primo dei suoi diritti: la vita. Infatti, interrogarsi sulla fi gura maschile e paterna nella relazione con la vita concepi-ta, nel suo silenzio o nel suo grido inascoltato di fronte all’aborto e nel riconoscimento dell’impatto psicologi-co che quest’ultimo ha sull’uomo, signifi ca chiamare in causa e valorizzare chi quel fi glio lo ha concepito con la madre, auspicando da lui un gesto in favore del-la vita. Ma forse la cultura abortista, che teme la forza sorprendente e vitale di ogni legame umano, ha messo in secondo piano l’uomo soprattutto per questo: perché il padre può, se devoto alla sua vocazione, salvare il suo bambino dalla morte e la sua donna dalla solitudine.

Questo libro intende delineare un primo quadro sul-l’argomento ed è dedicato in particolare a tutti i giovani

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maschi, affi nché possano confrontarsi con una realtà che non conoscono, l’aborto appunto, a cui forse loro stessi sono sopravvissuti. Nel desiderio che sappiano opporsi alla confusione tra bene e male in cui le prece-denti generazioni hanno vissuto e sofferto, trovando la strada per essere autenticamente uomini e sostenere i loro fi gli «dal rischio di cadere nel nulla»2.

Articolo 5: storia di un’esclusione

«Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, han-no il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di pro-muovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivol-ge al medico di sua fi ducia questi compie gli accerta-menti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e del-

2 Cfr. H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la società tec-nologica, Einaudi, 1993.

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la libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzio-ne della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricor-so, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie» (Art. 5 della Legge 194/78).

Quelle che avete letto sono le parole con cui, in po-che righe, la legge italiana sull’aborto ha liquidato, pri-ma nella legge e poi nel concreto, la fi gura maschile e paterna. Nonostante i buoni propositi espressi, infatti, il coinvolgimento del padre nella scelta abortiva è nul-lo: l’uomo non ha il diritto di essere informato, non è richiesto il suo consenso, non ha voce in capitolo sulla vita o sulla morte del bambino.

Negli anni immediatamente successivi al 1978 alcu-ni tribunali espressero molti dubbi sulla legittimità co-stituzionale di questa norma pregiudicante il diritto alla paternità del genitore e il principio di uguaglianza dei coniugi sancito dalla Costituzione. Nel frattempo al-cuni studiosi sottolinearono l’incomprensibilità di una legge che da un lato aspira a valorizzare ogni interven-to capace di favorire la maternità e la vita del bambino, mentre dall’altro esclude un contributo, come quello del padre, che può essere decisivo anche in senso po-sitivo. Tutte queste rifl essioni non servirono e ancora oggi l’uomo è completamente escluso dalla procedura abortiva.

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Padre: una parola cancellata

Se la fi gura paterna venne abrogata con la Legge 194, non diverso fu il destino della parola padre, gradual-mente erosa e poi cancellata insieme alla forza affetti-va, relazionale e antropologica che possiede.

Già ridotta a padre dello zigote dai promotori del-la campagna in favore dell’aborto, la parola comparve quattro volte sotto forma di padre del concepito nel te-sto della Legge 194 per poi scomparire del tutto insie-me alle altrettanto sfortunate parole marito, moglie e madre.

Esaminando infatti tutte le Relazioni ministeriali disponibili sull’attuazione della Legge 194, in genere redatte dal Ministero della salute, si nota come que-ste parole siano assenti così come mancante è un’at-tenta analisi delle dinamiche che sotto vari aspetti ri-guardano il coinvolgimento dell’uomo nella vicenda abortiva: dal 1999 ad oggi del padre non se ne parla più in questi documenti, privando peraltro l’opinione pubblica, i media e gli studiosi di importanti dati su cui rifl ettere.

Ma perché eliminare questa parola? Anche in questo caso l’obiettivo sembra essere stato quello di privare di dignità e pienezza le fi gure coinvolte nell’aborto: can-cellando le parole padre e madre è stato più semplice togliere di mezzo quella di fi glio sostituendola con la più tecnica, e quindi più facilmente aggredibile nella sua mancanza di umanità, concepito3.

3 Cfr. P.G. Liverani, La società multicaotica con Il dizionario dell’Anti-lingua, Ares, 2005.

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INDICE

Prefazione di Claudio Risé pag. 7

Capitolo IE IL PADRE DEL BAMBINO? » 11

Articolo 5: storia di un’esclusione » 14Padre: una parola cancellata » 16Lui e l’aborto: un problema complesso » 17Casi di cronaca: il sì e il no all’aborto » 18Francia, una novità: l’aborto riguarda

anche gli uomini » 19

Capitolo IILUI: DI FRONTE ALL’ABORTO » 21

La reazione maschile » 21USA: uomini per gli uomini, un sostegno

effi cace » 22Do’s & Don’ts: se è incinta e vuole abortire » 24Gli uomini sono fatti così? » 25Uomini lontani dal Padre... » 28...e lontani dai padri » 29Il silenzio maschile: da dove nasce? » 31Campagne mediatiche. Aborto? Guai a chi

dice no » 34La mamma è solo mia » 35Internet e la sessualità irresponsabile » 37

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Una ricerca sui giovani maschi:Cosa ha detto “lui”? pag. 40

Padri e fi gli: verso l’amore e la responsabilità » 41Chi lascia sole le donne... » 44...e chi vuole che abortiscano » 46La cultura delle generazioni senza dono » 49L’indifferenza è davvero “maschile”? » 51Il valore del dramma » 53La verità sul silenzio maschile » 55Casi di cronaca: la vita messa ai voti

su Facebook » 58

Capitolo IIILUI: PER RIPENSARE L’ABORTO » 60

Dall’interno del cuore maschile: nuovi percorsi » 60Il padre non conta... il bambino muore » 62Giovani per la vita: perché coinvolgere il padre » 67Il padre conta... il profi tto sale » 70Proposte in Italia: il Documento per il padre » 71Il diritto ai padri? Alcune voci femminili » 74Uomini che scrivono alle donne: la paternità

stroncata » 76La forza di San Cristoforo: bambini verso

la sponda della vita » 77Il padre che sconfi sse l’aborto e crebbe sua fi glia » 79«Chiedevo soltanto un fi glio»: dalla disperazione

alla felicità » 80I gesti semplici degli uomini: un numero

di telefono » 82La pillola del giorno dopo: e se lui avesse voluto

il bambino? » 84C’è la crisi, ma chi aiuta il padre salva i bambini » 87Il rito della benedizione dei fi gli » 89

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Inghilterra e Scozia: come avvicinare gli uominialla vita concepita pag. 93

Anche in Italia la sensibilità cambia... » 97

Capitolo IVLUI: DOPO L’ABORTO » 100

L’aborto e le sue vittime » 100Il trauma postabortivo maschile » 103Lui dopo l’aborto: le statistiche » 105La rabbia dentro » 106L’impotenza nello sguardo del padre » 108Tra la colpa e il rimorso » 110L’ansia che non se ne va » 113Memorie di una rockstar: «Gesù, che cosa

ho fatto?» » 114Relazioni interrotte » 116Il lutto dopo l’aborto » 119

Capitolo VTOCCATI DALL’ABORTO:PERCORSI DI GUARIGIONE » 122

Guarisci la tua anima: una guida per i padridopo l’aborto » 123

PACE: come costruire percorsi di mutuo aiuto » 126Uomini, aborto e sacerdoti » 128Uomini e riconciliazione: nella Vigna di Rachele » 132Il perdono: donarsi e donare la guarigione » 136USA 2007: la prima conferenza internazionale

sull’uomo e l’aborto » 139L’uomo dopo l’aborto: anche l’Europa si attiva » 143Italia: un opuscolo da diffondere.

«Uomini e aborto. La verità che nessunoti dice» » 144

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APPENDICE pag. 151

Proposte ai Consultori e al Ministero della Salute,ai Centri di aiuto alla vita e al Movimentoper la Vita, ai Comitati di bioeticae alla Pontifi cia Accademia per la Vita » 153

I giovani del MPV: coinvolgere il padre » 156Uomini anche per gli uomini nei Centri di aiuto

alla vita » 163Non lasciar sole le donne! » 167

BIBLIOGRAFIA SCELTA » 171

SITOGRAFIA:«LUI, LA VITA E L’ABORTO» NEL WEB » 179

Ringraziamenti » 185