Corte di Cassazione - copia non ufficiale · Marginone-Suvereto, sulla base del provvedimento del...
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Ud. 03/06/2015
SENTENZA
2015
1030
sul ricorso 3793-2010 proposto da:
TERNA - RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A. (c.f./p.i.
05779661007), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA F. DENZA 15, presso l'avvocato STEFANO
MASTROLILLI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati GIANCARLO BRUNO, ELENA
BUSON, FILOMENA PASSEGGIO, giusta procura a
margine del ricorso;
- ricorrente -
1
Civile Sent. Sez. 1 Num. 13095 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO
Data pubblicazione: 24/06/2015
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contro
ENEL S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA F. DENZA 15, presso l'avvocato FRANCESCO
MASTROLILLI, rappresentata e difesa dall'avvocato
STEFANO MASTROLILLI, giusta procura a margine del
controricorso;
- controricorrante -
contro
MARTELLI DAMASCO, BACHINI NADA, REMORINI MARIA
ROSA, PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL
GOVERNO DI PISA;
- intimati -
Nonché da:
MARTELLI DAMASCO (c.f. MRTDSC22L16I046R), BACHINI
NADA (c.f. BCHNDA21H55C113M), REMORINI MARIA ROSA
(c.f. RMRMRS39P45C113I), elettivamente domiciliati
in ROMA, VIALE TUPINI 133, presso l'avvocato
AGOSTINO DE ZORDO, che li rappresenta e difende
unitamente all'avvocato MAURIZIO NARDI, giusta
procura in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
TERNA - RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A. (c.f./p.i.
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05779661007), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA F. DENZA 15, presso l'avvocato STEFANO
MASTROLILLI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati GIANCARLO BRUNO, ELENA
BUSON, FILOMENA PASSEGGIO, giusta procura a
margine del controricorso al ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
contro
ENEL S.P.A., PREFETTURA - UFFICIO TERRITORIALE DEL
GOVERNO DI PISA;
- intimate -
avverso la sentenza n. 1463/2009 della CORTE
D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 03/06/2015 dal Consigliere
Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato PAGNOTTA
NICOLA, con delega, che si riporta;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti
incidentali, l'Avvocato BRAGAGLIA ROBERTO, con
delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO che ha
concluso per l'accoglimento dei primi due motivi
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del ricorso principale, rigetto dei restanti, assorbito il
ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I Signori Damasco Martelli, Nada Banchi e Rosa Maria
Remorini, hanno convenuto in giudizio Enel SpA, davanti
alla Corte d'Appello di Firenze, per contestare la
quantificazione dell'indennità di asservimento di un loro
terreno, posto in zona artigianale D3, secondo il vigente
PRG del Comune di Calcinaia, oggetto di servitù per
l'attraversamento aereo da parte dell'elettrodotto
Marginone-Suvereto, sulla base del provvedimento del
Ministero dei lavori pubblici (n. 1245/MA) del 27 ottobre
1988 che ne dichiarava la pubblica utilità, non
condividendo la quantificazione a cui era pervenuta la
competente Commissione provinciale per gli espropri di Pisa
2.A seguito dell'opposizione dei proprietari del bene
asservito, la Corte d'Appello di Firenze, nel
contraddittorio con Enel SpA e, quindi del successore a
titolo particolare Terna SpA, ha parzialmente accolto la
domanda e rideterminato l'indennità di asservimento,
condannando il successore al pagamento del 50% delle spese
del giudizio.
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2.1. La Corte territoriale, per quello che ancora preme in
. questa sede, ha stabilito che, per la liquidazione
dell'indennità di espropriazione («rectius di
asservimento»: sic), era da escludere l'applicabilità degli
artt. 29, 33, 34 e 123 del RD 1175 del 1933, abrogate
dall'art. 58 del D.P.R. n. 327 del 2001 (TU in materia di
Espropriazione per PU), e che l'art. 37 del detto TU aveva
perpetuato l'applicabilità dell'art. 5-bis del D.P.R. n.
333 del 1992, disposizione che la Corte costituzionale -
con la sentenza n. 348 del 2007 - ha dichiarato
illegittimo, stabilendo che l'unico parametro per la
liquidazione dell'indennità di espropriazione è il cd.
.
valore venale del bene, senza che sia possibile applicare i
nuovi criteri di calcolo dell'indennità introdotti, a 2
modifica dell'art. 37 del D.P.R. n. 327 del 2001, in
ragione dell'art. 57-bis del menzionato D.P.R. n. 327 cit.,
che li riserva alle sole fattispecie a cui si applica il
nuovo TU e l'art. 16 del D. Lgs. n. 504 del 1992.
2.2. In base alla stima operata dal CTU, spettava ai
proprietari del bene il ristoro per l'indennizzabilità
della fascia di terreno di forma trapezoidale interessata
(della superficie di mq 2.607, ossia lunga ml 74,50 e larga
ml 35), comprensiva della cd. «fascia di passaggio»
dell'elettrodotto (di ml 2), essendo assenti sostegni e p
manufatti ed esclusa l'indennizzabilità della cd. «fascia
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. di rispetto», determinata ai sensi dell'art. 5 del DCPM 3
. aprile 1992 (riguardante un vero e proprio vincolo
conformativo di carattere generale, efficace erga omnes).
3. Avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione Terna SpA
(alla cui impugnazione aderisce Enel SpA, con
controricorso), con ricorso affidato a quattro mezzi,
illustrati anche con memoria.
4. I proprietari dei beni asserviti, a loro volta,
resistono con controricorso e propongono ricorso
incidentale, contro cui resiste Terna Spa, con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo mezzo di ricorso principale (Violazione o
falsa applicazione dell'art. 123 RD n. 1775 del 1933, artt.
57, 57-bis e 58 DPR 327 del 2001, in relazione all'art. 360
nn. 3 e 5 c.p.c., per aver errato nel non ritenere
applicabile al caso l'art. 123 TU Acque, menzionato, nonché
omissione, insufficienza e contraddittorietà della
motivazione in ordine ad un punto decisivo della
controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.) si
lamenta la non corretta individuazione del diritto
applicabile al caso, considerato che la dichiarazione di
pubblica utilità dell'opera (del 27 ottobre 1988), che ha
imposto l'asservimento dei terreni, era anteriore alla data
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di entrata in vigore del nuovo TU in materia espropriativa
(ossia, al 30 giugno 2003).
1.1. Sostiene la società ricorrente che, la corretta
applicazione delle norme richiamate (artt. 57-bis e 58 DPR
n. 327 del 2001), avrebbe dovuto condurre la Corte
territoriale a far riferimento, nel caso di specie, non
solo all'art. 5 -bis, e quindi al criterio del valore venale
per effetto della sua dichiarata incostituzionalità, ma
anche alle norme abrogate dall'art. 58 DPR n. 327 cit., ivi
compreso l'art. 123 TU del 1933, che fissa(va)
l'indennizzabilità di tutte e tre le componenti,
costituite: a) dall'indennizzo delle aree occupate dagli
eventuali sostegni; b) da quello spettante per la cd.
fascia di transito; c) dall'eventuale svalutazione della
rimanente area asservita.
2.Con il secondo mezzo del ricorso principale (Violazione
e/o falsa applicazione dei principi in materia di servitù
di elettrodotto ed in particolare degli artt. 119, 121 e
122 TU n. 1775 del 1933, 32, 33 e 44 DPR 327 del 2001, in
relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., per avere errato
nell'aver equiparato l'indennità per la costituzione della
servitù di elettrodotto a quella di esproprio, anche con
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in
ordine ad un punto decisivo della controversia, in
relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., nonché violazione del
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principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c.) viene
censurata l'equiparazione dell'asservimento del bene alla
sua totale ablazione, in caso di espropriazione, atteso che
all'espropriato sarebbe stato corrisposto un'indennità pari
al valore totale del bene assoggettato a servitù, senza il
calcolo del differenziale di valore imposto dagli stessi
artt. 33 e 44 TU di cui al DPR n. 327 del 2001.
2.1. La ricorrente, infatti, censura la sentenza della
Corte distrettuale perché non avrebbe calcolato il valore
del bene prima e dopo l'imposizione della servitù,
procedendo a quantificare il differenziale di valore, come
avrebbe dovuto, ma limitandosi a ristorare il vincolo come
se si fosse trattato di una totale ablazione del bene.
» ,
3.Con il terzo mezzo di ricorso principale (Violazione e
falsa applicazione degli artt.39 L. n. 2359 del 1865 e 2056
c.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., nonché
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per
avere valutato il fondo secondo un metodo diverso da quello
sintetico-comparativo) la sentenza di appello viene
censurata nella parte in cui, facendo proprio il
ragionamento del CTU, avrebbe operato la stima con metodo
analitico (giungendo ad una valutazione abnorme dei beni),
anziché con metodo sintetico-comparativo, come
è richiederebbe la giurisprudenza della Cassazione.
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i 3.1. Secondo la ricorrente, la CTU, senza compiere alcuna
analisi di mercato, avrebbe formulato una valutazione del
terreno applicando una elevatissima percentuale (20%) di
incidenza del valore del terreno sul prodotto edilizio
finito.
4.Con il quarto mezzo di ricorso principale (Violazione e
falsa applicazione degli artt.16 D. Lgs.n. 504 del 1992,
57, 57 bis e 58 DPR n. 327 del 2001, in relazione all'art.
16 D. Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.,
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
per avere ritenuto inapplicabile il predetto art. 16 D.
Lgs. n. 504) la sentenza di appello viene censurata nella ;
parte in cui avrebbe escluso l'applicabilità dell'art. 16
D. Lgs. n. 504 del 1992.
4.1. Tale motivo, tuttavia, è stato indicato, dalla stessa
ricorrente, come rinunciato (nella memoria ex art. 378
c.p.c.).
*
5. Con l'unico mezzo di ricorso incidentale con il quale si
lamentano vizi motivazionali e la parziale compensazione
delle spese processuali.
5.1. A tal uopo, i ricorrenti incidentali, premesso che i
giudici di merito non avrebbero tenuto conto dell'intera
superficie (pari a mq 4.845), ma solo di quella «ritenuta
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asservita», in tal modo trascurando la perdita
• dell'edificabilità di tutta la superficie, la cui
valutazione sarebbe stata comunque inferiore ai valori
reali, assume l'esistenza di un conseguente vizio di omessa
e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un
punto decisivo per il giudizio, che si sarebbe ripercorso
nella statuizione di parziale compensazione delle spese.
Della quale assume anche la violazione di legge (art. 91
c.p.c.) che vieta di porre a carico della parte vittoriosa
anche solo di una parte delle spese processuali (tenendo
conto della richiesta, formulata nella fase di merito, di
pagamento di e 186.794,20 o di quella maggiore o minore che
' risultasse di giustizia).
* *
6. Il primo motivo del ricorso principale è infondato,
anche se - con riferimento ad esso -, giusta quanto
osservato dalla ricorrente, s'impone una correzione della
motivazione della sentenza, ai sensi dell'art. 384 c.p.c.,
con riferimento all'esatta individuazione del diritto
applicabile al caso in esame.
6.1. Infatti, la decisione (alle pp. 11-12) è nella
sostanza corretta nella parte in cui ha liquidato
l'indennizzo ai proprietari dell'area, per l'asservimento
di essa: a) individuando una fascia di terreno pari a
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quella di tesatura delle due terne di cavi e corrispondente
a mq. 2.607,00 (lunghezza media di ml 74,50 moltiplicato
per la larghezza di ml 35); b) rilevando l'assenza di
sostegni o manufatti, c) includendo nella fascia sub a)
anche quella di passaggio, pari a ml 2.
6.2. In tal modo la Corte territoriale, nella sostanza,
essa si è attenuta a quanto previsto dall'art. 123 TU
Acque, di cui al RD n. 1775 del 1933, che è la disciplina
applicabile al caso, ratione temporis, in considerazione
dell'epoca della dichiarazione di pubblica utilità
dell'opera (27 ottobre 1988), essendo l'asservimento dei
terreni anteriore alla data di entrata in vigore del nuovo
TU in materia espropriativa (ossia, al 30 giugno 2003), e
in corrispondenza di quanto più volte affermato da questa
Corte (da ultimo, con l'ordinanza n. 606 del 2014; ma cfr.
anche Cass. 11480/2008, 2774/2012, 3749/2012), la quale ha
enunciato il principio di diritto secondo cui, in casi
consimili, consegue l'inapplicabilità dell'intero T.U.
approvato con D.P.R. n. 327 del 2001, in quanto, nei
giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell'indennità
di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la
dichiarazione di pubblica utilità sia stata adottata prima
del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R.
327 del 2001, opera la disciplina transitoria prevista
dall'art. 57 D.P.R. stesso, secondo cui le disposizioni del
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testo unico non si applicano ai progetti di trasformazione
territoriale per i quali, alla data di entrata in vigore
del decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica
utilità, cui continuano invece ad applicarsi tutte le
normative vigenti a quella data, restando quindi esclusa in
radice la possibilità di dare incongrua applicazione
frammentata delle disposizioni processuali del Testo Unico
sopra richiamato.
6.3. Ma tanto rettificato in punto di diritto, si è visto
che, nella sostanza, la Corte territoriale ha fatto
concreta retta applicazione del principio enunciato da
Cass. 8989 del 1999, secondo cui la somministrazione dei
detti criteri [già riferibili all'art. 5 - bis della legge
n. 359 del 1992 e, non essendo ancora applicabile al caso
la nuova disciplina di cui al TU espropri del 2001, a
seguito dell'intervento della Corte costituzionale (sent.
n. 349 del 2007), qui da intendere come relativi al
parametro del valore venale del bene] deve aver luogo per
tutte e tre le componenti della indennità di asservimento,
come individuate dalla norma dell'art. 123 del R.D. n. 1775
del 1933, cioè: a) sia per la valutazione relativa alla
diminuzione di valore dell'immobile, a causa della
imposizione della servitù; b) sia per quella relativa al
quarto del valore concernente la parte strettamente
necessaria per il servizio delle condutture; c) sia pe
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quella concernente le aree occupate dai basamenti dei
sostegni delle condutture o da cabine o da costruzioni di
qualsiasi genere e relative eventuali zone di rispetto.
6.4. Sotto il profilo dei criteri applicabili, quindi, la
decisione impugnata, come sopra rettificata nella
motivazione riguardante il diritto applicabile, è immune da
vizi.
7. Il secondo motivo del ricorso principale, invece, è
fondato.
7.1. Infatti, la sentenza, a p. li, espressamente afferma
che «sulla base del valore venale al metro quadro
dovrà essere determinata l'indennità da corrispondere da
parte dell'espropriante ai proprietari espropriati, tenuti
presenti i parametri legali di calcolo sopra evidenziati».
7.2. In tal modo, come lamenta la ricorrente, il giudice
distrettuale ha finito per equiparare la costituzione di
servitù di elettrodotto all'ablazione della proprietà
dell'area asservita (secondo il «valore venale al metro
quadro»), identificando l'indennità di asservimento con
quella di espropriazione dell'intera area sottoposta alla
limitazione impressa dal ius in re aliena, che è un minus
rispetto all'intero, atteso che tendenzialmente il bene
sorvolato dalle linee aeree conserva pur sempre una
possibilità di utilizzazione, valutabile economicamente.
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5.3. Invece, è principio già affermato da questa Corte (si
veda: Sez. 1, Sentenza n. 3751 del 2012), quello secondo
cui, in tema di servitù di elettrodotto, ai fini della
determinazione dell'indennità di asservimento, a norma
dell'art. 123, primo comma, del r.d. n. 1775 del 1933, la
componente dell'indennizzo costituita dalla diminuzione di
valore di tutto o parte del fondo, inteso come complessiva
entità economica, non opera in modo indistinto ed
automatico, potendo essere attribuita solo quando sia
dimostrata l'attualità del deprezzamento e comunque il suo
documentato verificarsi in connessione alla natura del
fondo o all'oggettiva incidenza causale della costituzione
della predetta servitù.
5.4. In forza di tale principio, la sentenza avrebbe dovuto
motivare le ragioni della corresponsione del valore venale
integrale indicato dal CTU, con riferimento a tutta l'area
considerata sotto tutti i profili indicati dall'art. 123
menzionato, non limitandosi a recepire quella indicazione
in modo indistinto ed automatico.
6. Il terzo mezzo è, invece, infondato, consistendo in
critiche alla motivazione adottata con riferimento alla
parametrazione dei valori di mercato che fanno riferimento
alla CTU, senza che di questa siano riferiti i punti
ispiratori e le eventuali critiche ad essi, limitandosi a
muovere rilievi contro il metodo analitico-ricostruttivo
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utilizzato dal giudice distrettuale in luogo di quello,
doveroso, di tipo sintetico-comparativo.
6.1. Infatti, questa Corte (Sez. l, Sentenza n. 7288 del
2013) ha enunciato il principio di diritto secondo cui, la
determinazione del valore del fondo è rimessa al prudente
apprezzamento del giudice del merito che sceglie se
utilizzare il metodo analitico-ricostruttivo, teso ad
accertare il valore di trasferimento del fondo o il metodo
sintetico-comparativo, volto invece a desumere dall'analisi
del mercato il valore commerciale attraverso il riferimento
alle aree omogenee. Ne consegue che il giudice del rinvio,
ove venga utilizzato il criterio sintetico-comparativo,
dovrà tenere conto delle condizioni apprezzate dal mercato
immobiliare che, in base alla destinazione urbanistica
della zona in cui l'immobile è compreso, possano incidere
sulla sua edificabilità di fatto ed indurre alla
determinazione del suo effettivo valore venale, mentre, ove
venga prescelto il metodo analitico-ricostruttivo, diretto
ad accertare il valore di trasformazione del suolo
edificabile, dovrà considerare anzitutto la densità
volumetrica esprimibile in base agli indici di
fabbricabilità della zona omogenea in cui è incluso, al
netto degli spazi assegnabili a standards, nonché delle
spese di urbanizzazione relative alle opere che, poste in
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essere dall'amministrazione, assicurano l'immediata
utilizzazione edificatoria dell'area.
7. Il quarto mezzo non va esaminato, risultando
inammissibile anche per rinuncia espressa.
8. L'unico motivo del ricorso incidentale, invece, è del
pari inammissibile, risultando dalla commistione di censure
in diritto ed in fatto, spesso neppure chiaramente
intellegibili, in quanto coinvolgenti i profili delle spese
processuali con i contenuti della decisione di merito, tali
da costringere il giudice di legittimità ad operare la
selezione dei fatti rilevanti ai fini dello scrutinio del
vizio lamentato, in modo perplesso e ancipite.
8.1. Infatti, questa stessa sezione, con la sentenza n.
19443 del 2011, ha statuito che nel ricorso per cassazione
«è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di
mezzi d'impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle
diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo coma, nn.
3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la
prospettazione di una medesima questione sotto profili
incompatibili, quali quello della violazione di norme di
diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in
relazione al quale si deve decidere della violazione o
falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione,
che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere
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deve essere
e in discussione; o quale l'omessa motivazione, che richiede
l'assenza di motivazione su un punto decisivo della causa
rilevabile d'ufficio, e l'insufficienza della motivazione,
che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede
processuale nella quale il giudice d'appello sarebbe stato
sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della
motivazione, che richiede la precisa identificazione delle
affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si
porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti,
l'esposizione diretta e cumulativa delle questioni
concernenti l'apprezzamento delle risultanze acquisite al
processo e il merito della causa mira a rimettere al
giudice di legittimità il compito di isolare le singole
censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno
dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 cod. proc.
cív., per poi ricercare quale o quali disposizioni
sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo,
inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di
dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del
ricorrente, al fine di decidere successivamente su di
esse».
9. In conclusione, il ricorso principale si palesa fondato
in relazione al secondo mezzo, respinto il primo e
(assorbito - inammissibile) il terzo, dichiarato
inammissibile l'incidentale, e la sentenza
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cessata, con rinvio alla Corte d'appello di Firenze che, in
altra composizione, deciderà anche delle spese di questa
fase.
PQM
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara infondati
il primo e il terzo, inammissibile il quarto oltre che il
ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese di questa fase, alla Corte d'Appello di
Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l a
sezione civile della Corte di cassazione, il 3 giugno 2015,
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