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CORSO OPERATORI CSEN 2014 Dr. Antonio Ciampelli Medico Veterinario

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CORSO OPERATORICSEN 2014

Dr. Antonio Ciampelli

Medico Veterinario

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INTRODUZIONEE

DOMESTICAZIONE

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Perché un corso per operatori cinofili?

• Lo stile di vita delle persone negli ultimi decenni si è modificato in maniera radicale

• Una corretta informazione può servire a evitare errori comuni e a migliorare la convivenza tra cani e persone

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• I nuclei familiari poco numerosi costituiscono oggi la maggioranza ei ritmi della vita quotidiana sono sempre più pressanti

• Le abitazioni sono di dimensioni contenute, le donne lavorano, iparenti sono lontani e i cani restano spesso soli e questa non è unacondizione naturale per una specie sociale.

• Inoltre, l’urbanizzazione si è diffusa e viviamo in spazi pubblicisempre più affollati e trafficati che impongono un maggiorecontrollo sui nostri cani, come sui nostri bambini!

• Un Titolare informato e un cane educato realizzano, in genere, unaconvivenza più serena e soddisfacente.

• Non dimentichiamo, inoltre, che la normativa vigente investe iltitolare di responsabilità civili e penali con ripercussioni anchepesanti se non vengono rispettate certe normative (legge 59).

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ORIGINI ED EVOLUZIONE DEL

CANE: LA DOMESTICAZIONE

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ZOOLOGIA CANIDI

I Canidi fanno parte della classe dei Mammiferi edell’ordine dei Carnivori. Hanno lacaratteristica nell’avere canini appuntiti e unadentizione adatta ad una dieta onnivora e unoscheletro adatto ad una locomozionedigitigrada.

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TEORIE SULL’ORIGINE DEL CANE

• Il cane domesticoappartiene alla famiglia deiCanidi, un gruppo dicarnivori che comprende 36specie viventi, fra cui adesempio lupi, sciacalli,volpi, coyote, criscioni ecani-procione.

• All’interno di questafamiglia il cane domestico èmaggiormente imparentatocon lupi, sciacalli e coyote, iquali condividono lo stessonumero di cromosomi, sonopotenzialmente interfecondie producono prole fertile seincrociati fra loro.

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TEORIE SULL’ORIGINE DEL CANEGià nel diciannovesimo secolo Darwin suggerì

come i diversi membri della famiglia deiCanidi e del genere Canis, (lupi, coyote esciacalli), potessero tutti aver giocato unruolo nell’evoluzione dei cani domestici.Negli anni ’50 il premio Nobel Konrad Lorenzipotizzò che alcune razze discendesseroprincipalmente dai lupi ed altre dagli sciacallie in particolare dallo sciacallo dorato C.

aureus.La teoria era supportata sia dall’aspettoesteriore, sia dal comportamento diverso deicani di tipo lupus, rispetto a quelli di tipoaureus.

La differenza comportamentale era soprattutto riscontrabile nel rapporto di dipendenza dall’uomo delcane adulto, maggiore per i cani di tipo aureus, e nel periodo sensibile per l’attaccamento al padrone, cheera molto più breve e precoce nei cani di tipo lupino.I cani di tipo aureus non avrebbero avuto nessuna difficoltà ad identificare nel padrone il ruolo delgenitore-guida per tutta la vita, mentre i cani di tipo lupino avrebbero (come succede per i lupi e i dingoaddomesticati) messo in discussione la posizione gerarchica del padrone una volta diventati adulti, perriconoscerla solo se il padrone si fosse rivelato all’altezza di un vero capobranco.

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Discendenze / stirpi / inizio delle razzelinee di sangue

Comportamento vincolaredel cucciolo selvatico

Manifestazione diinfantilismo

Manifestazioneparzialepermanente

Fedeltà al capobranco

Coesione fra appartenenti

Indipendenza con la pienamaturità

SCIACALLESCHE LUPINE

DIPENDENZE ALIMENTARI

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IL VERO ANTENATO DEL CANE

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IL VERO ANTENATO DEL CANE

Sulla base di studi anatomici, fisiologici e comportamentali, la maggior partedei biologi considerava il lupo come l’antenato più probabile dei canidomestici (e.g. Zimen 1981), ma solo nel 1997 la questione fu risolta daun gruppo di scienziati guidato da Robert Wayne presso l’Università dellaCalifornia (Los Angeles), comparando i geni di cani domestici con quelli dilupi, coyote e sciacalli, con tecniche di biologia molecolare (Vila et al.1997).

Il gruppo guidato da Wayne raccolse campioni di sangue, tessuti e peli di140 cani di 67 diverse razze, 162 lupi provenienti da 27 diversepopolazioni dal Nord America, Asia e medio Oriente, 5 coyote, 2 sciacallidorati, 2 sciacalli dalla gualdrappa e 8 sciacalli dell’Abissinia (Canissimensis, conosciuto anche come lupo dell’Etiopia).

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IL VERO ANTENATO DEL CANE

Quando Wayne esaminò i campioni di DNA mitocondriale, trovò che lupi ecoyote differivano per circa il 6%, mentre cani domestici e lupi differivanosolo per l’1%, cosa che già faceva propendere per attribuire al lupo lapaternità dei cani domestici.

Il gruppo di Wayne focalizzò quindi l’attenzione su una piccola porzione delDNA mitocondriale chiamata ‘regione di controllo’, che varia ampiamentefra le diverse specie di mammiferi.Fra le 67 razze di cani trovarono 26 diverse sequenze nella regione dicontrollo, che risultò quindi essere altamente polimorfica.Nessuna razza aveva una propria sequenza caratteristica, ma piuttosto lerazze condividevano un comune pool di diversità genetica.Coyote e sciacalli erano geneticamente molto diversi dai cani domesticirispetto ai lupi, infatti ciascuna sequenza di coyote o sciacallo differiva daciascuna sequenza di cane domestico per almeno 20 loci e spesso per unnumero molto maggiore. Questo fu risolutivo nello stabilire che i cani sonolupi addomesticati.

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L’ETÀ DEL CANE

Lo studio del gruppo di ricerca guidato da Wayne permise anche di stimarel’età del cane domestico dalle sequenze generate per mezzo delcosiddetto “orologio molecolare”.La più antica testimonianza fossile di cane domestico è datata 12.000-14.000 anni, più o meno quando sorse l’agricoltura.Ma questo non è un tempo sufficiente per giustificare una taledifferenza nel DNA mitocondriale di lupo e cane.Forse, prima di allora, i cani non erano molto diversi esteriormente dailupi, e quindi non hanno lasciato fossili riconoscibili come di ‘tipo

canino’.La divergenza genetica tra lupo e cane domestico suggerisce che le duespecie si siano separate da almeno 135.000 anni.

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La domesticazione del lupo

La scoperta di impronte e di resti ossei di lupi nei territori occupati dall'uomo inEuropa risale a 40.000 anni fa benché il loro reale utilizzo da parte dell'Homosapiens non sia ancora riscontrato su affreschi preistorici.

In quest'epoca, l'uomo non era ancora sedentario e si nutriva dei prodotti dellasua caccia, quindi seguiva le migrazioni delle sue prede. I cambiamenti climatici -fine di un periodo glaciale e riscaldamento brusco dell'atmosfera - che si sonoverificati circa 10.000 anni fa, nel passaggio dal pleistocene all'olocene, hannoportato alla sostituzione delle tundre con le foreste e, di conseguenza, allararefazione dei mammut e dei bisonti a vantaggio dei cervi e dei cinghiali. Questadiminuzione delle prede tradizionali ha spinto gli uomini ad inventare nuove armi ead adattare le loro tecniche di caccia. Si trovarono allora in concorrenza con i lupiche si nutrivano delle stesse prede e utilizzavano gli stessi metodi di caccia inbranco facendo ricorso a "battitori".

L'uomo ha dovuto allora, in modo del tutto naturale, tentare di rendere il lupo suoalleato nella caccia cercando, per la prima volta, di addomesticare un animalemolto prima di diventare sedentario e di allevare il suo bestiame. In questo modo,il cane primitivo era indiscutibilmente un cane da caccia e non un cane da pastore.

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DALL'ADDOMESTICAMENTO DEL LUPO ALLA SUA DOMESTICAZIONE

La domesticazione del lupo accompagna dunque il passaggio dell'uomo dal periodo di "predazione" al periodo di "produzione". È certamente iniziato con l'addomesticamento di alcuni individui.

La domesticazione del lupo è iniziata senza dubbio in Oriente, ma non è stata realizzata in un solo luogo, né dall'oggi al domani, se si fa riferimento ai numerosi centri di domesticazione scoperti nei siti archeologici.

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Ci sono varie ipotesi a riguardo.

In generale si può dire che l'addomesticamento del cane avvenne per un concorsodi fattori casuali, emotivi e opportunistici. L'uomo e il cane selvatico vivevanonello stesso habitat, entrambi andavano a caccia per procacciarsi il cibo, per cuisi incontravano e scontravano molto spesso.

Facile che in uno dei tanti scontri il cacciatore uccidesse mamma cagna e che difronte ai cuccioli rimasti orfani si intenerisse, fino ad adottarli. I segnaliinfantili dei cuccioli hanno sempre esercitato un forte ascendente sull'uomo,stimolando la sua componente emotiva e lo spirito di protezione e bloccandol'eventuale aggressività interspecifica.

Sappiamo che il possesso di lupi-cani poteva essere segno di prestigio per icacciatori preistorici.

Teoria della giumenta

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LE MA PERCHÉ PROPRIO IL CANE? PERCHÉ

L’UOMO SI UNÌ A UN ALTRO ESSERE

VIVENTE? ORIGINI

Nel corso di millenni si è consolidata

quindi una sorta di simbiosi, di

convivenza con vantaggi reciproci, tra

lupi e uomini. Sembra così possibile

che i nostri antenati abbiano

cominciato ad offrire attivamente cibo

ai lupi, mostrando loro in questo

modo una fondamentale prerogativa

del lupo capobranco, la capacità di

procurare cibo, e iniziando così a

costruire una “relazione”.

Tomba di Beni Hasan, Egitto, 1900 a.c.

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MA PERCHÉ PROPRIO IL CANE? PERCHÉ

L’UOMO SI UNÌ A UN ALTRO ESSERE

VIVENTE?

Associate all'elemento affettivo c'erano poi quelle caratteristiche tipiche che

rendono alcune specie animali più addomesticabili di altre (preadattate):

l'alimentazione molto varia; la scarsa paura dell'uomo; la grande capacità di

adattamento a stili ed ambienti diversi di vita; la tendenza alla vita

collettiva ed all'organizzazione gerarchica dei gruppi sociali al cui vertice

l'uomo poteva subentrare come sostituto del capo branco; la tendenza a

sviluppare forti legami sociali in una fase ben precisa della crescita

(imprinting) che l'uomo poteva sfruttare per consolidare definitivamente il

legame con l'animale.

Infatti i cuccioli che in questa fase si trovavano a vivere tra gli uomini, a loro si

affezionavano per sempre come al proprio capo branco.

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MA PERCHÉ PROPRIO IL CANE? PERCHÉ

L’UOMO SI UNÌ A UN ALTRO ESSERE

VIVENTE?

Uomo e lupo sono due specie molto diverse, ma presentano alcuni

comportamenti sorprendentemente simili: sono infatti specie molto sociali,

fortemente collaborative e relazionali. Hanno sofisticati moduli di

comportamento che consentono loro di creare interazioni positive e utili coi

compagni. In entrambe gli individui sanno riferirsi ad un capo intelligente e

protettivo, in grado di assicurare cibo e sicurezza, e di controllare le tensioni

nel gruppo senza dover usare violenza.

A questo proposito va sottolineato che la domesticazione del cane non è

avvenuta su basi di coercizione ma, come scherzano alcuni ricercatori, in

seguito ad una sorta di “ grande abbaglio” preso dai lupi: da alcuni lupi che

hanno cominciato a far riferimento a un altro mammifero, un bipede molto

intelligente e capace di nutrire e di proteggere efficacemente il suo clan.

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I DATI ARCHEOLOGICI

L'antichissima relazione, ancora così diffusa e

soddisfacente, tra uomini e cani, è iniziata

probabilmente tra 25.000 e 15.000 anni fa,

durante la fase terminale dell’ultima glaciazione.

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I DATI ARCHEOLOGICI

Reperti fossili di cani già

addomesticati, per quanto ancora

molto simili ai lupi, sono stati

trovati in Bielorussia e Germania

(16.000-13.000 anni fa), in

Palestina e Irak (12.000 anni fa),

mentre le prime raffigurazioni che

ritraggono cani si trovano nell’arte

rupestre della Spagna orientale e

del Sahara libico (11.000-10.000

anni fa).

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I DATI ARCHEOLOGICI

La prima testimonianza di un legame anche

affettivo tra uomo e cane viene da Israele (sito di

Ein Mallah, circa 12.000 anni fa): è la sepoltura di

un uomo anziano che appoggia la testa e una mano

sul corpo di un cucciolo.

Studi recenti collocano la domesticazione del cane

nell’area geografica corrispondente a Europa

centromeridionale, Asia centrale, Medio Oriente e

Africa settentrionale ( il cosiddetto “Paleoartico”).

Sappiamo che sicuramente il cane era già

addomesticato nei più antichi livelli mesolitici

(10.000 anni fa) in Europa, in popolazioni che non

avevano ancora addomesticato alcun animale.

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I DATI ARCHEOLOGICI

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La domesticazione e la selezione da parte dell’uomo hanno portato il Lupo, ingenerazioni successive, ad assumere quelle sembianze che oggi vediamosempre sotto i nostri occhi, a volte portando anche a chiederci: ma come faQUELLO ad essere venuto dal Lupo??

In effetti, guardando razze come il Bulldog, il Carlino, il Chihuahua, lo Sharpei oaltri cani molto particolari, non è proprio semplice accettare per buono il fattoche TUTTI i cani derivano da quel maestoso animale che è il Lupo!!

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Eppure è così.

Gli studi della moderna genetica molecolare hanno confermato la

teoria a lungo discussa del Lupo come UNICO e SOLO antenato del

cane!

L’uomo, inizialmente, non operava una selezione mirata, non sapeva

ciò che poteva ottenere controllando gli accoppiamenti, ma la

selezione avvenne permettendo l’accoppiamento e quindi la

riproduzione solo dei soggetti più docili.

La prima caratteristica selezionata fu quindi la docilità.

Infatti i nuovi cani presentavano queste caratteristiche

comportamentali:

Aumentate le caratteristiche di docilità, tolleranza e giocosità, e

diminuite aggressività, combattività e reattività.

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Con il passare del tempo i primi cani hanno subito unaltro cambiamento fondamentale: hanno imparato acondividere con l’uomo emozioni, a decodificare alcu-ni segnali della comunicazione verbale e non verbale, arendersi utili nelle varie attività umane. Sono diventaticollaborativi e socievoli verso le persone, perdendoquella diffidenza tipica dell’animale selvatico. Tutti icuccioli nascono perciò adattati ad inserirsi in modonaturale nel gruppo familiare umano e con abilitàcomplesse orientate verso i nostri sistemi comuni-cativi: i cani guardano, ascoltano, seguono i loro titolarie creano con loro legami affettivi profondi e duraturi.

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E’ interessante analizzare l’esperimento del genetista russo Dmitri

Belyaev, che studiò il processo di addomesticamento delle volpi da

pelliccia negli anni Quaranta.

Le volpi campione erano difficili da trattare, si comportavano cioè come

un qualsiasi animale selvatico non abituato alla presenza umana. Decisero

quindi di operare la selezione in base ad un’unica caratteristica

caratteriale: la docilità verso l’uomo.

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ESECUZIONE:

- All’età di un mese veniva offerto ai cuccioli del cibo

cercando al contempo di carezzare e manipolarle. Questo

esperimento veniva eseguito in due circostanze: in presenza

degli altri cuccioli e in loro assenza, routine che veniva

ripetuta una volta al mese per otto mesi.

- A questo punto venivano classificate le volpi in base alla

docilità dimostrata: classe I, se tentavano di mordere lo

sperimentatore; classe II, se si lasciavano accarezzare senza

però essere amichevoli; classe III, se si lasciavano

accarezzare e si dimostravano amichevoli.

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Dopo sole 6 generazioni in cui vennero fatte accoppiare solo volpi di classe

III, dovettero aggiungerne una nuova, la classe IE (domesticated élite).

Le volpi di questa nuova classe si comportavano come i cani, cercavano

attivamente l’attenzione umana, leccavano gli sperimentatori e agitavano la

coda.

Dopo venti generazioni 35 % delle volpi erano classificate come IE e oggi

lo sono il 70 - 80%.

COME E’ POSSIBILE???

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I ricercatori ipotizzarono che vi fossero dei cambiamenti a livello ormonale e

dei neurotrasmettitori. Il comportamento degli animali, uomo compreso, è

mediato infatti da queste sostanze chimiche.

Dall’inizio dell’esperimento venne misurato, infatti, un calo costante

nell’attività ormonale delle ghiandole adrenaliniche delle volpi ed un

innalzamento dei livelli di serotonina nel cervello rispetto alle volpi

selvatiche di controllo.

Oltre a questo anche a livello fisico si cominciarono a notare, dopo alcune

generazioni, delle caratteristiche che non si ritrovavano nelle volpi allo stato

selvatico, come ad esempio: macchie nel mantello, orecchie pendenti, code

corte o arricciate.

Misurazioni del cranio dimostrarono anche che l’altezza e l’ampiezza dello

stesso erano inferiori nelle volpi domesticate rispetto a quelle selvatiche.

Oltre a questo le volpi domestiche avevano anche un muso più corto e tozzo.

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Tutti questi cambiamenti sembravano il risultato di modificazioni del loro

sviluppo precoce, come se gli adulti avessero mantenuto delle

caratteristiche degli stadi infantili.

Questo succede anche per il lupo e il cane; in quest’ultimo si ritrovano

infatti caratteristiche, come ad esempio l’abbaio, che possiedono i lupi di

4 mesi, ma che da adulti spariscono.

Si verificarono anche modificazioni dello sviluppo: le volpi domestiche

aprivano prima gli occhi, reagivano agli stimoli più precocemente di

quelle selvatiche e mostravano invece più tardivamente la paura degli

stimoli ignoti. Avevano quindi una «finestra» di socializzazione maggiore

rispetto alle selvatiche.

Inoltre le femmine cominciarono ad andare in calore 2 volte all’anno

invece che una come in natura.

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In base a queste informazioni possiamo sostenere la tesi

NEOTENICA, che si basa cioè sulla teoria NEOTENICA.

In base a questa teoria si ritiene che la selezione operata

dall’uomo ha favorito quei cani che diventavano capaci di

riprodursi in quello che sarebbe stato il periodo adolescente

dell’ancestrale lupo (Barbara Gallicchio, 2001).

Con il termine «neotenia» si intende, infatti, il mantenimento di

caratteristiche giovanili nell’età adulta.

A diversi gradi di neotenia, corrisponderebbero anche diverse

morfologie e attitudini comportamentali.

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Da non confondersi la NEOTENIA con il «PEDOMORFOSI»

(con l’aspetto di un giovane).

A seconda del grado di pedomorfismo, le razze avrebbero diverse

capacità di espressione dei comportamenti di sottomissione e

dominanza. Ad un aspetto pedomorfico corrisponderebbe quindi

anche un comportamento pedomorfico.

La differenza tra neotenia e pedomorfismo è che un soggetto

pedomorfico ha sempre e comunque un aspetto giovanile, mentre

un soggetto neotenico può avere un aspetto da adulto, ma mantiene

un comportamento giovanile.

Quindi un animale potrebbe essere neotenico, ma non pedomorfico.

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Possiamo affermare che la neotenia è stata sì un

fatto evolutivo spontaneo, ma è stato anche un

tentativo volontario da parte dell’uomo di

mantenere il cane più «bambino» possibile. Il

cucciolo è, infatti, più gestibile, facilmente

educabile, più malleabile e più dipendente

dall’uomo.

Quindi i primi «selezionatori» umani cercarono di

far accoppiare quei soggetti che mantenevano, al

livello psicologico, caratteristiche infantili.

Così facendo solo in seguito si resero conto che

stavano selezionando anche caratteristiche

morfologiche diverse.

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Nel 1983 Raymond Coppinger, un biologo americano,

pubblicò questa tabella che riassume i diversi gradi di

sviluppo neotenico.

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Si può dividere lo sviluppo in 5 stadi:

1° STADIO , o stadio del neonato

I cani al primo stadio neotenico hanno caratteristiche fisiche prepotentementeinfantili, tipiche dei cuccioli di lupo nel primo e secondo mese di vita. Il muso è corto,le orecchie piccole e pendenti, il cranio tondeggiante, il corpo tozzo e l'andaturagoffa.Psicologicamente il cucciolo è legato esclusivamente alla madre e ai fratelli, eallontanarsi da loro gli provoca paura e stress. Il mondo esterno gli interessapochissimo, e ha paura di tutto ciò che non conosce: quindi tende a reagireaggressivamente a qualsiasi stimolo estraneo.Razze-esempio: tutti i molossoidi.Questi cani sono lottatori senza inibizioni rituali (che compaiono infatti solo nel lupoadulto), ottimi guardiani perché estremamente territoriali (in loro "tana" e"territorio“ sono addirittura sinonimi), non molto adatti alle attività che richiedanoun alto temperamento (ovvero velocità di reazione agli stimoli) e spirito di iniziativa.Non sono gerarchici, perché l'ordinamento gerarchico inizia solo a tre mesi: per loroil concetto di "padrone-capobranco" non esiste. Esiste invece il concetto di"padrone- mamma", perché è questa che amano e rispettano…e a cui, quindi,obbediscono.

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2° STADIO, o stadio del gioco

I cani al secondo stadio neotenico si avvicinano al cucciolo di lupo dal terzo

al quarto mese di vita. Manifestano curiosità e vivacità verso gli stimoli

esterni, giocano spontaneamente con i fratelli e con i genitori, cominciano ad

uscire dalla tana e a interagire (sempre in modo ludico) con altri membri del

branco, ma diffidano ancora di ciò che conoscono. Provano grande piacere

nel prendere tutto in bocca.

L'aspetto fisico presenta: orecchie più lunghe, ma in posizione ancora

pendente o semieretta, muso allungato e corpo più agile e proporzionato.

Razze-esempio: la maggior parte dei braccoidi e soprattutto i retrievers.

Sono poco adatti a compiti di guardia e difesa, perché ancora carenti dal

punto di vista del coraggio: inoltre hanno ormai abbandonato il legame con

la tana, ma non hanno ancora sviluppato una sufficiente territorialità di tipo

alimentare/sessuale (tipica dell'adulto). Di indole giocosa e affettuosissima,

hanno una vera "passionaccia" per il riporto. Cominciano ad intuire il

concetto di gerarchia, ma sono ancora legati anche alla madre: il padrone

ideale è quello che sa tenere un comportamento intermedio tra "mamma" e

capobranco.

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3° STADIO, o stadio del paratore

Corrisponde al lupacchiotto di 4-6 mesi.

Le orecchie sono ormai erette o quasi erette, il muso si è ulteriormente allungato,

l'andatura è agile e sciolta. In questo stadio il cane non è più in "fase orale" e

quindi è meno appassionato al riporto: manifesta invece la tendenza a sorpassare

qualsiasi oggetto (o animale) in movimento, "intercettandolo" e tagliandogli la

strada. Questo comportamento viene detto appunto "parata" e rappresenta una

sorta di preparazione al comportamento predatorio, che si manifesterà poco tempo

dopo e che si tradurrà nell'inseguimento della preda e nel tentativo di afferrarla ai

talloni. In natura, dai 3 ai 6 mesi, avvengono le fase di ordinamento gerarchico e

di ordinamento del branco: quindi questi cani sono già molto gerarchici e

collaborativi.

Razze-esempio: la maggior parte dei lupoidi, specialmente quelli da pastore.

Questi cani sono adatti a compiti di guardia, perché già territoriali; di difesa,

perché sono pronti a tutto per il padrone-capobranco; di pista, perché conoscono

già le tecniche di caccia che li spingono a usare l'olfatto; di conduzione del gregge,

perché tendono a "raggruppare" gli animali che vengono loro affidati. Le razze che

appartengono al terzo stadio sono quelle più duttili ed eclettiche, perché mostrano

una maturità psichica "quasi" adulta ma restano assai dipendenti dai superiori

gerarchici.

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4° STADIO, o stadio del tallonatore

La prima teoria neotenica si fermava a questo stadio, raggruppando tutto il

periodo che va dall'adolescenza all'età adulta: oggi si tende ad ggiungere un

quinto stadio per rappresentare il cane completamente adulto.

Nello stadio del tallonatore il cane presenta un fisico simile a quello del lupo

adulto: orecchie dritte, muso lungo, muscolatura ben sviluppata, corpo agile. I

tallonatori sono indipendenti, capaci di prendere iniziative in proprio e

fortemente predatori (sono già nello stadio in cui devono collaborare con gli

adulti nella caccia). Tendono a inseguire la preda e di bloccarla addentandola

nei quarti posteriori. Sono fortemente gerarchici ma rispettano solo il

capobranco, mentre non sanno più farsene di una "mamma". Con loro è più

efficace una dominanza "seriosa" di una sdolcinata e ricca di coccole.

Razze-esempio: appartengono a questo stadio alcuni levrieri, tutti i cani

nordici da caccia e due da slitta, il Samoiedo e l'Alaskan Malamute.

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5° STADIO, o stadio dell'adulto.

Il cane somiglia fisicamente e caratterialmente a un lupo adulto. Non abbaia

quasi più (come abbiamo già detto, l'abbaio è una manifestazione infantile),

ma può ululare per motivi sociali. Molto indipendente e predatore, può avere

un legame molto forte solo con i membri di rango superiore che sappiano

conquistarsi la sua stima (è anche prodigo di affetto, ma questo non basta per

farsi obbedire).

Razze-esempio: i levrieri più primitivi (per es. l'azawakh) e le rimanenti

due razze nordiche da slitta, siberian husky e groenlandese.

Tra i due, il groenlandese è ancora più "adulto" dell'husky e la sua

"gestione" è riservata a veri conoscitori della psiche canina.

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VI RINGRAZIO PER LA CORDIALE ATTENZIONE

DR. ANTONIO CIAMPELLI