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Corso di Sociologia della comunicazione Prof. Giovanni Ciofalo a.a. 2017-2018

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Corso di Sociologia della comunicazione

Prof. Giovanni Ciofalo

a.a. 2017-2018

I modelli della comunicazione

Modello semiotico-informazionale

Eco, Fabbri 1965 U. Eco, 1965

Il modello si basa sulla struttura del precedente MODELLO MATEMATICO-INFORMAZIONALE,

cui viene aggiunto il problema della significazione

Centrali in tale modello sono i fattori relativi a:

Modello semiotico-informazionale

Codice

Significante

Sottocodice

Significato

Decodifica

Decodifica aberrante

La comunicazione è concepita non come

trasferimento di informazione ma come

trasformazione da un sistema ad un altro.

La linearità è vincolata al

funzionamento dei fattori

semantici introdotti dal

concetto di codice.

Il codice garantisce la

possibilità di tale

trasformazione.

Eco, 1965

Modello semiotico-informazionale

Il destinatario del messaggio

non si limita a tradurlo in base

ad un codice in comune con la

fonte ma gli attribuisce un

senso, associandolo ad altri

codici che gli derivano dalla

cultura o subcultura di

appartenenza e che sono a loro

volta mediati da aspetti

psicologici e dalla sua

personalità.

Modello semiotico-informazionale

L’informazione non è più definibile come ciò che

rimane costante attraverso le operazioni reversibili

di codifica e di traduzione.

L’informazione non si propaga secondo un codice

uniforme, comune a emittente e ricevente.

Si innesta nel processo comunicativo il problema

della significazione.

La comunicazione rivela la sua intrinseca natura di

processo negoziale.

Eco, 1965

Modello semiotico-informazionale

Modello semiotico-informazionale

Eco, Fabbri 1965

Il modello mette in evidenza come tra il messaggio codificato alla fonte e il messaggio ricevuto come significato dal

destinatario, possano intercorrere elementi di difformità legati alle:

competenze linguistiche

competenze enciclopediche

competenze comunicative

In questo modo è definitivamente accantonata

l’idea del ricevente come soggetto passivo.

La comprensione è strutturalmente problematica.

Il feedback è rappresentato dal tentativo di

controllo dell’emittente sul livello di decodifica del

messaggio, che permette alla fonte una “decodifica

anticipatoria”.

Eco, 1965

Modello semiotico-informazionale

L’identificazione del segnale emanato dall’emittente non implica automaticamente la corretta interpretazione del messaggio da parte

del ricevente

Decodifica aberrante

Modello semiotico-informazionale

derailment of

understanding:

l’uscita dai binari

La decodifica aberrante

Incomprensione o

rifiuto del messaggio

per assenza di codice

(il messaggio è segnale

fisico non decodificato o

“rumore”)

Incomprensione per disparità dei codici

(il codice dell’emittente non è ben compreso dal destinatario)

??

La decodifica aberrante

Incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali

Il codice dell’emittente è compreso dal

destinatario ma è modellato sul

proprio “orizzonte di attesa”

La decodifica aberrante

Rifiuto del messaggio per delegittimazione

dell’emittente (il codice dell’emittente è compreso dal

destinatario ma il senso viene stravolto per motivi ideologici)

Guerriglia semiologica decodifica

intenzionalmente

divergente

La decodifica aberrante

Stuart Hall

Direttore del Center of Contemporary Cultural Studies (CCCS) famoso come “Scuola di Birmingham” Lancia la rivista Working Papers in Cultural Studies (1972)

Encoding/Decoding Model

Teorico del modello Encoding/Decoding

(1973) in cui si ribadisce il concetto di

negoziazione del significato e si inaugura

la ricerca sulle dinamiche di fruizione

mediatica da parte del pubblico

Tre ipotetiche posizioni di lettura che determinano tre differenti modalità di decodifica:

1. la posizione dominante egemonica (lettura preferita)

Si attua una lettura “preferita” quando il telespettatore “prende il significato connotato da, diciamo, un

telegiornale o una rubrica di attualità direttamente e nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini

del codice attraverso il quale è stato codificato”

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

2. La posizione negoziata

(lettura negoziata: il destinatario accetta il codice

dominante ma elabora proprie definizioni)

L’uso del codice negoziato sottende un atteggiamento duplice:

“accordare la posizione privilegiata alle definizioni dominanti degli eventi, pur riservando il

diritto di attuarne un uso più negoziato legato a condizioni locali”

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

3. La posizione “di opposizione” (lettura oppositiva)

Nella posizione di opposizione, il telespettatore comprende la lettura preferita costruita e proposta, ma

ridefinisce “il messaggio all’interno di una qualche cornice di riferimento alternativa”.

Nel caso precedente avevamo fenomeni di distorsione della comunicazione, mentre qui non si crea

distorsione, ma si attiva la volontà di porre in rilievo le contraddizioni che una lettura contro le regole del

codice egemonico comporta.

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

I modelli della comunicazione di Schramm

W. Schramm, 1954

La formulazione iniziale ricalca lo schema comunicativo-informazionale di Shannon e Weaver

mantenendo per lo più inalterate le caratteristiche di linearità e unidirezionalità del processo.

I modelli della comunicazione di Schramm

W. Schramm, 1954

Il segnale si trova nel punto di intersezione dei campi di esperienza che il codificatore e il decodificatore mettono

in gioco nella situazione comunicativa.

Si assiste in questo modo ad una parziale sovrapposizione della fonte e del destinatario.

I modelli della comunicazione di Schramm

W. Schramm, 1954

La comprensione tra fonte e destinatario ha luogo solo se i due soggetti condividono “qualcosa”.

Il campo di esperienza

Tipo di orientamento, attitudini, esperienze personali degli attori protagonisti dell’interazione.

I modelli della comunicazione di Schramm

W. Schramm, 1954

Si comincia a delineare una struttura già chiaramente semi-circolare del processo comunicativo.

Il feedback è tuttavia introdotto soltanto mediante la

duplicazione del messaggio.

I modelli della comunicazione di Schramm

W. Schramm, 1954

Centralità dell’interpretazione, oltre che della decodifica

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

G. Gerbner, Towards a general model of communication, in “Audio Visual Communication Review”, 4, 1956

E rappresenta l’evento percepito

M è il soggetto che percepisce l’evento, un uomo o una

macchina, che di fatto “vede” E1

Ciò che E1 rappresenta dipende da variabili

di selezione, di contesto, di disponibilità

di informazioni che riguardano

M

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Il passo successivo è che M voglia

comunicare E1 a qualcun altro.

M produce il messaggio SE (statement

about event), dove S è la forma ed E il

contenuto del nuovo messaggio.

Per trasmettere SE, M si affida a canali –

media sui quali ha un limitato potere di

controllo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Infine, il messaggio SE dovrà essere percepito da un

secondo attore comunicativo, M2

Così come E era percepito da M come E1, SE sarà

percepito da M2 come qualcosa di differente, chiamato

SE1

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Evento E

Concerto

Il processo comunicativo comincia con un evento E (qualcosa della realtà esterna)

percepito da M (un uomo o una macchina)

Selezione Contesto Disponibilità

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Evento E

Concerto

La percezione, messa in atto da M, di E si chiama E1:il rapporto fra E e E1 è frutto di

una selezione operata da M

= Evento E1 percepito

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

G. Gerbner, Towards a general model of communication, in “Audio Visual Communication Review”

Evento E1 percepito

Dopo la selezione tra evento e percezione dell’evento, si attua

un’altra selezione che riguarda la scelta dei media attraverso cui

trasmettere il messaggio

controllo dei media

accesso ai canali

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Dopo la selezione e l’attribuzione di significato, la percezione viene convertita in un messaggio, cioè

in un segnale che ha un contenuto

(E) e una forma (S)

Evento E1 percepito

Backstage

Commento

S Forma

E Contenuto

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Lo stesso episodio può contemporaneamente divenire l‘obiettivo della telecamera di un amatore o di un

cameramen inviato sul luogo da un’emittente televisiva e dunque

trasformarsi nel contenuto di un video trasmesso come format di real tv piuttosto che in quello di un servizio di telegiornale

locale o nazionale

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Dopo che l’evento è stato percepito e ritrasmesso attraverso la scelta dei

canali e il controllo dei media con una forma ed un contenuto, si verifica

un’interazione fra il ricevente M2 ed il messaggio

Selezione Contesto Disponibilità

L’interazione produce il significato SE1, che è uno dei tanti possibili significati portati dal messaggio. M2

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

1. qualcuno 2. percepisce un evento 3. e reagisce 4. all’interno di una particolare situazione 5. ricorrendo a un canale 6. per trasformare le informazioni disponibili

7. in forma di messaggio

8. prodotto all’interno di un particolare contesto 9. che veicola un contenuto 10.e provoca alcune conseguenze

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Il modello di Gerbner si focalizza sul rapporto tra processi di percezione e trasmissione,

personale e mediale della realtà.

A partire dagli scambi relazionali interpersonali si estende ai mezzi di comunicazione di massa.

Il verificarsi di qualsiasi fenomeno può costituire l’oggetto di una comunicazione tra

l’osservatore/artefice di quel medesimo fenomeno e uno o più riceventi.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Rispetto ai modelli lineari, si interpongono, tra fonte

e ricevente, una serie di nodi problematici legati alla

ricezione e alla decodifica.

Si pone l’accento sulla

grande variabilità della

percezione rispetto

all’evento (E), sia da parte

degli operatori (E1), sia da

parte del ricevente (SE1).

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Si mette in luce:

il carattere creativo ed interattivo del processo

percettivo;

il valore del “contesto”

nella lettura dei messaggi;

la natura “aperta” della

comunicazione umana: si

sottolinea un rapporto

dinamico e interattivo tra

forma (S=segnale) e contenuto (E=evento) nel processo

comunicativo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

La natura creativa e interattiva di ogni processo

percettivo riguarda tanto le nostre pratiche

quotidiane, basate sull’esperienze immediata,

quanto le attività in cui facciamo ricorso ai mezzi

di comunicazione.

L’ipotesi di una distorsione non è una prerogativa

esclusiva degli strumenti mediali, ma una variabile

ricorrente in qualsiasi operazione che mira a

fornire un resoconto e, dunque, a produrre un

potenziale dato comunicativo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

Modello della comunicazione di Berlo (1960)

D. K. Berlo, The Process of Communication: An Introduction to Theory and Practice, Holt, Rinehart & Winston, London 1960

abilità

attitudini

conoscenza

sistema sociale

cultura

vista

udito

tatto

odorato

gusto

abilità

attitudini

riconoscimento

sistema sociale

cultura

SSORGENTE

elementi struttura

contenuto

codice

trattamento

MMESSAGGIO

CCANALE

RRICEVENTE

Prende le mosse dalla teoria matematica

dell’informazione: la sigla SMCR (Source, Message,

Channel, Receiver) riprende gli elementi dello schema di

Shannon e Weaver

Ma in più…

sottolinea l’importanza della cultura e del sistema sociale in cui la comunicazione si svolge

Il flusso comunicativo è concepito linearmente

Modello della comunicazione di Berlo (1960)

L’esistenza del feedback è

soltanto ipotizzata.

Il modello suggerisce che alla

base di un atto comunicativo

riuscito si debba porre l’accordo

fra le abilità della fonte e quelle

del ricevente.

Si assiste ad una valorizzazione

del contesto.

Modello della comunicazione di Berlo (1960)

Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)

T. Slama-Cazacu, Introduzione alla psicolinguistica, Patron, Bologna, 1973

La dimensione sociale del contesto include le relazioni di status e il ruolo dei partecipanti, le norme e le tradizioni culturali operanti nell’ambiente in cui avviene la comunicazione. E’ il contesto stesso a generare la comunicazione.

Il modello sottolinea l’influenza dei contesti come sistemi di riferimento per i componenti dell’azione comunicativa.

Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)

Contesto implicito

Contesto totale

Contesto esplicito

Contesto verbale

(linguistico)

Contesto extralinguistico

(componenti ausiliari, gesti,

mimica)

Modello di Newcomb (1953)

T. M. Newcomb, An Approach to the Study of Communicative Acts, in “Psychological Review”, 60

Introduzione della situazione o contesto sociale entro cui avviene lo scambio comunicativo (X).

Il rapporto fra A e B è concepito come scambio ed

è dunque bi-direzionale.

Modello di Newcomb (1953)

Secondo Newcomb la comunicazione ha il compito di mantenere l’equilibrio del sistema sociale. In questo modello le relazioni sono interdipendenti: se cambia A, dovranno cambiare anche B e X e viceversa. E’ lo scambio bidirezionale tra A e B a garantire l’equilibrio e la simmetria del sistema.

Modello di Newcomb (1953)

B A

Modello di Newcomb (1953)

Modello della comunicazione di Westley e MacLean (1957)

Agli elementi già presenti nel modello di Newcomb, si aggiunge la funzione comunicativa redazionale (elemento C) ossia il processo decisionale su cosa e

come comunicare.

Le caratteristiche della comunicazione di massa avvicinano A e C, cioè la fonte e le organizzazioni

comunicative.

C svolge un forte ruolo di intermediazione.

Viene introdotto l’elemento del feedback negativo.

Modello della comunicazione di Westley e MacLean (1957)

Il rapporto tra A (fonte) e C, (struttura redazionale dei media) che organizza e trasmette il messaggio, annulla la possibilità che B (ricevente) possa fare esperienza diretta di X (la realtà sociale, il contesto).

Nella società di massa l’unico mediatore tra A e B sono i media.

I media espandono l’orizzonte percettivo di B, ma ne condizionano al contempo le modalità percettive e l’orientamento.

Modello della comunicazione di Westley e MacLean (1957)

Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

J.W. Riley Jr., M. White Riley, Mass Communication and the Social System, in R.K. Merton, L. Broom, L.S. Cottrell Jr., Sociologiy Today: Problems and Prospects, Basic

Books, New York, 1959

Il processo di comunicazione viene inserito all’interno del sistema sociale, che influenza sia l’emittente (E) che il ricevente (R).

Tutti i gruppi condividono un’interazione dinamica nella quale circolano messaggi pluridirezionali.

Il pubblico non è impassibile o isolato, ma è composto di riceventi in relazione fra loro.

Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

Emittente e ricevente sono influenzati nel processo di invio, ricevimento e scambio del

messaggio da tre ordini sociali:

il gruppo primario di cui E e R sono membri;

la comunità immediata, sociale, culturale e industriale a cui appartengono;

il sistema sociale nel suo insieme

Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

F. E. X. Dance, A Helical Model of Communication, in “Human Communication Theory”, Holt, Rinehart & Winston, London, 1967

Dance nota che il modello circolare, sebbene sia il più adatto a descrivere il processo comunicativo attuale, “suggerisce che la comunicazione torni indietro, formando un circolo completo, esattamente al punto in cui ha avuto origine. Questa parte dell’analogia circolare è evidentemente sbagliata”

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

F. E. X. Dance, “A helical model of communication”, in Human Communication Theory, 1967

Il concetto di elica

(o spirale) conserva i

vantaggi della retta e del

cerchio ma elimina gli

svantaggi:

la comunicazione ritorna su

se stessa subendo l’influenza

delle sue fasi antecedenti

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

La spirale è funzionale a sottolineare il fatto che il processo comunicativo procede, e ciò che viene comunicato in un dato momento influisce sulla struttura

e sul contenuto di ciò che verrà comunicato in seguito.

Dance sottolinea quindi la natura dinamica del processo comunicativo.

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975

Noto a sé

Noto agli altriArea aperta

Area ignota Ignoto agli altri

Area cieca

Area nascosta

Ignoto a sé

1

2

3

4

Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975

Il modello ha una chiara matrice psicologica.

Il suo impiego riguarda, in genere, l’atteggiamento e il comportamento individuale e può essere esteso a qualunque situazione in cui

sia presente l’interazione umana.

Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975

1. Area aperta (noto a sé, noto agli altri)

Sfera pubblica della personalità atteggiamenti e comportamenti che il soggetto assume consapevolmente e di cui gli altri sono a conoscenza

2. Area nascosta (noto a sé, ignoto agli altri)

Sfera privata della personalità Consapevolezza del soggetto su aspetti che non desidera condividere con gli altri o che gli altri non recepiscono

Finestra di Johary (John Luft e Harry Lungham) - 1975

3. Area cieca (ignoto a sé, noto agli altri)

Retroazioni dell’ambiente che il soggetto non percepisce

oppure l’impressione data all’esterno e non esplicitata dagli interlocutori

4. Area ignota (ignoto a sé, ignoto agli altri)

Sfera dell’inconscio