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FACOLTA’ DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE Piazza d’Armi - 09123 Cagliari - tel. 070 67554025 CORSO DI ORGANIZZAZIONE DEL CANTIERE anno accademico 2006-2007 bozza del 23 MAGGIO 2007 GIAN PAOLO GAMBERINI MANUEL DEMONTIS ANTONELLA PERALTA i Ponteggi Metallici (Analisi dei Rischi) (Modulo 6h)

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FACOLTA’ DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE Piazza d’Armi - 09123 Cagliari - tel. 070 67554025

CORSO DI ORGANIZZAZIONE DEL CANTIERE

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OPERE PROVVISIONALI

Per opere provvisionali si intendono tutti quegli apprestamenti ausiliari alla

esecuzione dei lavori edili (costruzione, montaggio, riparazione, manutenzione, demolizione) contraddistinti dal carattere della non continuità in quanto destinati ad essere rimossi e smantellati non appena cessata la necessità per la quale sono stati eretti. E’ anche vero che sovente ci si trova di fronte ad opere importanti, di notevole entità, il cui apprestamento rientra a tutti gli effetti nella categoria dei lavori edili strettamente intesi, quindi non bisogna dimenticare la necessità di attuare, durante la loro messa in opera, una serie di cautele di prevenzione ed antinfortunistiche specifiche.

Tramite le opere provvisionali in cantiere, oltre all’opera da erigere, viene a

configurarsi, attorno all’edificio in corso di costruzione o rifacimento, un secondo ordine di opere e di attrezzature la presenza e l’utilizzo delle quali é condizione necessaria non solo per la realizzazione del progetto, ma per garantire la sicurezza dei lavoratori. Trattasi, pertanto, di opere di fondamentale e vitale importanza, da tenere nel giusto conto ad ogni livello: progettuale, di messa in opera e conservativo. Per questo il loro inserimento nella stesura dei “piani di sicurezza” é questione dalla quale non si può prescindere, costituendo anzi uno degli aspetti più significativi nella valutazione, sotto il profilo dell’antinfortunistica, del piano stesso.

Considerato l’uso a cui le opere provvisionali sono destinate, esse vengono distinte

in: ♦ opere di servizio per il transito, lo stazionamento ed il sostegno sicuro, durante

il lavoro, di persone, cose, attrezzi, materiali ed apparecchi di sollevamento. Tipico esempio il ponteggio.

♦ opere di servizio per impedire la precipitazione dall’alto di persone e materiali che possono cadere dalle opere stesse. Tipici esempi i piani di arresto a sbalzo e le mantovane.

♦ opere di servizio per trattenere in posizione sicura e inamovibile le parti di opera in costruzione fino a quando non siano pronte ad autosostenersi. Tipici esempi le casseforme, le armature e le centine.

Si tratta di una distinzione più formale che di sostanza, infatti non é infrequente il

caso in cui un medesimo apprestamento svolga più di una funzione nello stesso tempo.

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Volendo classificare le opere provvisionali in base ai materiali con cui sono

realizzate si possono individuare due categorie: ♦ opere in legno e ♦ opere in metallo. E’ ovvio che le opere provvisionali non debbono venir meno ad uno dei requisiti

fondamentali per cui sono realizzate, cioè la sicurezza. Non devono, quindi, loro stesse essere causa di infortuni. Purtroppo la realtà é lontana da questo risultato, infatti é proprio nel campo di utilizzo di queste opere che si registra un gran numero di incidenti in cantiere. Per questo motivo devono essere caratterizzate da alcuni criteri logici: • risultare efficaci per tutto il tempo della loro esistenza, • essere stabili, • essere realizzate in modo idoneo alle necessità e con materiale controllato,

resistente, adeguatamente dimensionato, • essere collegate intrinsecamente e, quando é il caso, reciprocamente fra loro in

modo certo, • essere montate e poste in uso da personale esperto, sotto la sorveglianza di un

preposto competente e responsabile, • venir conservate e mantenute in efficienza per l’intera durata del lavoro.

E’, infine, fondamentale ricordare un principio di grande importanza, secondo il

quale tutte le volte in cui venga a mancare il supporto della tradizione tecnica, della conoscenza e del proporzionamento dei materiali in uso oppure l’opera in questione costituisca qualcosa di nuovo e particolare, diventa assolutamente necessario affidarsi a calcoli di verifica e controllo, tanto per il legname che per i materiali metallici.

Ciò premesso, consideriamo ora quali sono le opere, gli apprestamenti e le

attrezzature provvisionali di maggiore e più frequente utilizzo in ambito cantieristico.

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I PONTEGGI METALLICI Nei lavori eseguiti ad un‘altezza superiore a m. 2 si devono adottare, seguendo lo

sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o, comunque, precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e cose.

(Art. 16 DPR 164)

Fra le opere provvisionali, da allestire a seconda dei casi e delle necessità, quella più comunemente usata è il ponteggio fisso in legno o metallo.

Oggi l’uso del ponteggio in legno è ormai quasi completamente abbandonato.

Vengono utilizzati soprattutto ponteggi metallici, il cui impiego è subordinato all’osservanza delle norme contenute nel DPR 164/56 e nelle istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio indicate dal Ministero del Lavoro.

I ponteggi metallici disponibili sul mercato sono di due tipi:

a tubi e giunti, a telai prefabbricati del tipo chiuso, a portale, ad acca.

Consistono in una serie di diversi elementi costitutivi da collegare fra loro al fine di

ottenere una struttura rigida in grado di crescere non solo in senso verticale ma anche orizzontalmente, adattandosi con grande facilità e modularmente alle caratteristiche geometriche e dimensionali dell’edificio da erigere.

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Figura 1. Esempio di ponteggio metallico

L’AUTORIZZAZIONE MINISTERIALE Mentre per i ponteggi in legno non esistono particolari restrizioni di messa in opera

o controlli strutturali, salvo quelli imposti dalla buona tecnica, dalla tradizione costruttiva e dai dettami della norma legislativa (art. 7 DPR 164 e artt. 16-29 DPR 164), i ponteggi metallici sono soggetti a rigorosi criteri costruttivi e di applicazione.

Possono essere commercializzati ed impiegati solo dopo che il fabbricante ne ha

ottenuto l’autorizzazione dal Ministero del Lavoro. Essa scaturisce come risultato finale di una serie di calcoli e prove sperimentali effettuate sia sulle singole componenti del ponteggio che sulle conformazioni tipo indicate dal costruttore.

L’autorizzazione ministeriale è un documento che fa parte integrante del ponteggio

e deve essere rilasciata, in copia conforme con i relativi allegati, dal venditore all’acquirente all’atto della cessione del ponteggio.

Trattasi, tra l’altro, di documentazione da tenere sempre in cantiere, unitamente al

disegno esecutivo firmato (per accertata conformità allo schema-tipo autorizzato dal responsabile del cantiere) e, quando il caso, alla eventuale relazione di calcolo.

(Artt. 30 e 33 DPR 164)

Questo anche perché all'interno della autorizzazione sono previsti:

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calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego, istruzioni per le prove di carico del ponteggio, istruzioni per montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio, schemi-tipo di ponteggio con l’indicazione dei massimi ammessi di

sovraccarico, altezza dei ponteggi e larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l’obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Ponteggi sprovvisti di autorizzazione non possono essere né prodotti né

commercializzati o concessi in uso. (Art. 7 DPR 164)

L’autorizzazione ministeriale garantisce comunque e soltanto situazioni

“assodate” in cui, per condizioni normali di impiego, è assicurata la stabilità della struttura. E cioè strutture:

alte fino a m. 20, misurati dal piano di appoggio delle basette all’estradosso del piano più alto di lavoro,

conformi agli schemi-tipo riportati nel libretto di autorizzazione, comprendenti un numero complessivo di impalcati non superiore a quello riportato negli schemi-tipo,

con gli ancoraggi conformi alle soluzioni proposte nella autorizzazione e posti in ragione di almeno uno ogni mq. 22,

con sovraccarico complessivo in proiezione verticale non superiore a quello preso in considerazione nella verifica di stabilità del ponteggio,

con superficie esposta all’azione del vento non superiore per ciascun modulo (m. 1.80 x 1.80 per i ponteggi a tubi e giunti e m. 1.80 x 2 oppure 2.50 x 2 per i ponteggi a telai prefabbricati) a quella prevista nella verifica di stabilità,

con i collegamenti (attacchi) bloccati mediante l’attivazione dei dispositivi di sicurezza.

I ponteggi che non rispondono anche ad una soltanto delle condizioni indicate non garantiscono il livello di sicurezza presupposto per ricevere l’autorizzazione ministeriale.

SCHEMI TIPO E RELAZIONE DI CALCOLO Ne consegue che in ponteggi superiori a m. 20, di notevole complessità o fuori dagli

schemi-tipo (come indicati nella autorizzazione) discende l’obbligo della stesura di una specifica verifica di calcolo e della redazione del disegno esecutivo, redatti e firmati da ingegnere o architetto abilitato all’esercizio della professione.

(Art. 32 DPR 164) Quando si è all’interno degli schemi-tipo la firma e le generalità possono essere

quelle del responsabile di cantiere.

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Figura 2. Schema di ponteggio metallico prefabbricato con telai ad "H"

Il calcolo va redatto attenendosi alle istruzioni approvate nella autorizzazione

ministeriale. Poiché nella valutazione delle ipotesi di carico la considerazione circa il

sovraccarico dovuto a neve ed a vento si fonda su schemi semplificativi, anche nel caso di ponteggio inferiore in altezza a m. 20 è necessario effettuare un apposito calcolo qualora, per l’esposizione e l’altitudine della località, debbano ricorrere condizioni particolarmente severe di vento e neve.

(Circ. Gennaio 1969)

Anche in caso di ponteggio misto (salvo che la cosa non sia esplicitamente prevista dalla autorizzazione ministeriale) è necessario dotarsi di specifico progetto. Si deve, infatti, tenere presente che non è consentito utilizzare elementi facenti parte di ponteggi di tipo diverso e/o misto, ancorché si tratti di elementi di ponteggi autorizzati, in quanto si tratterebbe di realizzazione difforme dagli schemi autorizzati.

(Circ. 149/85 e art. 30 DPR 164)

D’altro canto, dall’assemblaggio di parti di per sé giudicate idonee in sede di

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autorizzazione, non necessariamente deriva l’idoneità dell’opera presa nel suo complesso, a maggior ragione dove si considerino i problemi di incompatibilità dimensionale fra i vari elementi.

E’ vietato montare sul ponteggio tabelloni pubblicitari, graticciati, teloni, reti o

altre schermature, a meno che non si siano prese le necessarie cautele costruttive (aumento degli ancoraggi, diagonali), sulla base di un calcolo firmato, in relazione all’azione del vento presumibile per la zona dove il ponteggio è installato.

(Circ. 149/85 e Norme CNR-UNI 10012/67 p.3-4)

Le autorizzazioni ministeriali si limitano all’altezza di m. 20 perché gli elementi costitutivi ed il ponteggio nel suo insieme rappresentano strutture caratterizzate da notevole altezza ed elevata mobilità dei nodi dei telai che le costituiscono. L’insieme presenta, quindi, alcune incertezze che si risolvono a priori con ipotesi semplificative sulla base di prove pratiche. Questa indeterminatezza nel comportamento strutturale non esclude rischi di crollo improvviso difficilmente valutabili.

A seguito delle prove sperimentali, si fissano i limiti di impiego e, quindi, i carichi

(impalcati carichi e scarichi) che possono insistere sulla stessa verticale. Va da sé che l’aumento degli impalcati rispetto a quelli autorizzati comporta una progressiva riduzione del grado di sicurezza.

MARCHIO DI FABBRICA Il ponteggio metallico si compone di una serie di parti o elementi. Tra i molti ricordiamo: basetta, spinotto, montante, corrente, traverso, diagonale,

giunto, fermatavole, mensola, piano di calpestio metallico, telaio, attacco per il collegamento dei telai.

Su questi elementi deve comparire inciso o in rilievo il nome o il marchio del fabbricante.

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Figura 3. Ponteggio metallico

Sovente, soprattutto nel caso di elementi marchiati con punzonatura a freddo e in

presenza di una scarsa manutenzione, nome e marchio non risultano più identificabili come autorizzati. Volendo continuare ad utilizzarli lo si potrà fare a fronte di una relazione tecnica firmata, anche nel caso di ponteggio eretto secondo uno schema-tipo. In questo caso il ponteggio andrà considerato alla stregua di una normale struttura metallica (soggetta alle norme di calcolo CNR-UNI 10011).

Prima di partire con il cantiere diventa importante valutare quale tipo di ponteggio

sia meglio impiegare, in relazione ai luoghi, allo spazio disponibile e, in particolare, al contesto entro cui si deve operare.

La scelta del tipo di ponteggio fa parte, inoltre, delle considerazioni che fanno capo

al piano di sicurezza, quando è il caso debba essere redatto. MONTAGGIO E SMONTAGGIO Le operazioni di montaggio e smontaggio del ponteggio assumono particolare

importanza. (Artt. 17 e 36 DPR 164)

Possono, in linea di massima seguire questo andamento: 1. presenza continua di un preposto che sorvegli le operazioni di persona e dia

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le opportune indicazioni ai montatori, assicurandosi che il ponteggio venga assemblato conformemente al progetto ed a regola d’arte,

2. le operazioni devono essere eseguite da personale pratico ed idoneo che si trovi in condizioni fisiche soddisfacenti al momento dell’effettuazione dei lavori,

3. il personale deve essere dotato di attrezzi appropriati (chiavi a doppia stella/dinamometriche), da riporre in apposita custodia e dotati di eventuale dispositivo contro la caduta accidentale,

4. devono essere usati i mezzi personali di protezione: caschetto, scarpe (antiscivolo, flessibili, robuste), cintura di sicurezza. Non è da ritenersi idonea la cintura semplice di trattenuta. Deve essere con bretelle e cosciali (imbracatura) ed essere eventualmente integrata con sistemi pratici di aggancio (tipo “pinze”) le cui caratteristiche di resistenza allo strappo siano garantite da certificazione rilasciata da istituto riconosciuto.

(Art. 24 DPR 547 e Art.36 DPR 164 e Art. 10 DPR 164)

5. gli elementi del ponteggio da utilizzare devono essere controllati prima del

loro impiego allo scopo di eliminare quelli che presentino deformazioni, rotture e corrosioni pregiudizievoli per la resistenza del ponteggio. Gli elementi insufficientemente protetti contro gli agenti atmosferici non devono essere impiegati;

(Art. 7 DPR 164) 6. rispetto della successione delle fasi di montaggio così come indicato dal

costruttore al capo VI della autorizzazione ministeriale. Il tutto, quando necessario, coordinato con l’eventuale piano di sicurezza;

7. nel corso del montaggio si devono costantemente verificare: la distanza fra ponteggio ed edificio, la verticalità dei montanti, l’orizzontalità dei correnti e dei traversi, l’assetto operativo dei dispositivi di collegamento, la messa in opera degli ancoraggi e delle diagonali seguendo il normale

progredire del montaggio ed in conformità ai disegni esecutivi, che il traverso più alto del ponteggio in corso di montaggio non superi di

m. 4 l’ultimo ordine di ancoraggi, 8. movimentazione sicura dei carichi (elementi del ponteggio, tavole di legno),

con idonea imbracatura, per evitare lo svincolo e la caduta accidentale; (Art. 181 DPR 547)

9. per l’accesso ai vari piani del ponteggio e delle impalcature ci si deve servire di scale a mano o prefabbricate che, comunque, non devono essere poste l’una in prosecuzione dell’altra. Devono, inoltre, essere più lunghe di m. 1 rispetto al piano di arrivo anche ricorrendo al prolungamento di un solo

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montante ed essere vincolate contro gli sbandamenti. (Art. 8 DPR 164)

10. divieto di salire o scendere lungo i montanti, (Art. 38 DPR 164)

11. divieto di gettare dall’alto elementi del ponteggio, (Art. 38 DPR 164)

12. divieto di sostare sotto i carichi sospesi, (Art. 186 DPR 547)

13. delimitazione della zona di montaggio, per evitare danni a cose e persone estranee al cantiere.

In generale per un corretto e sicuro montaggio si deve, rispettando le istruzioni

riportate nei libretti, prima di tutto eseguire il tracciamento della struttura, dopo aver posizionato i montanti di base si attua il primo orizzontamento e si posizionano gli ancoraggi.

Si prosegue al montaggio degli elementi costituenti il ponteggio osservando le seguenti istruzioni.

Figura 4. Esempio di ponteggio metallico a telaio prefabbricato

Per ponteggi metallici a telaio prefabbricato:

• i telai portanti verticali devono avere i montanti collegati assialmente in modo che gli stessi siano atti a resistere agli sforzi di trazione alla spinta di

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collegamento; • i correnti, le diagonali, le travette per varchi e passi carrai, i parasassi devono

essere collegati almeno in due punti e il dispositivo di collegamento deve realizzare l’unione degli elementi in modo tale che la separazione degli stessi possa essere attuata solo con intervento volontario;

• il collegamento longitudinale dei telai va realizzato montando due correnti per modulo posto sulla facciata interna del ponteggio ed uno su quella esterna;

• la controventatura del piano orizzontale va realizzata con un semplice ordine di diagonali in pianta ogni due piani di ponteggio;

• la controventatura di facciata va realizzata con una diagonale per modulo; quando sia necessario utilizzare altri elementi di ponteggio a tubi e giunti per realizzare il livellamento dei piani di partenza per ponteggi a telaio oppure particolari partenze del ponteggio stesso o per ottenere aperture diverse, è necessario che gli elementi a tubi e giunti appartengano ad un unico tipo di ponteggio autorizzato e che sia possibile la normale giunzione tra elementi a tubi e giunti ed elementi a telaio senza ricorso a soluzioni di ripiego o all’uso di elementi di raccordo non previsti nell'autorizzazione.

Per ponteggi metallici a tubi e giunti:

• ogni tubo deve avere almeno due giunti e le giunzioni assiali devono essere dotate di spinotto;

• se le giunzioni assiali sono previste in mezzeria dei giunti ortogonali, occorre che vi sia uno sfalsamento delle stesse rispetto ai nodi strutturali;

• se invece le stesse giunzioni assiali sono previste fuori dei nodi strutturali esse devono distare almeno 60 centimetri da tali nodi;

• nel caso di installazione di mezzi di sollevamento che inducono trazione nei montanti è necessario utilizzare giunti resistenti a trazione che devono essere utilizzati anche nei nodi delle diagonali;

• i montanti devono superare di almeno 1,2 metri l’ultimo impalcato o il piano di gronda;

• le diagonali sul piano di facciata devono partire dal piede dei montanti e devono essere fissate a tutti i traversi e montanti che incontrano.

Per tutti i tipi di ponteggio gli ancoraggi devono essere disposti, per numero e

intervallo, seguendo le istruzioni delle autorizzazioni ministeriali salvo il caso di calcolo specifico.

Il montaggio degli impalcati deve essere realizzato dall’impalcato sottostante

curando che i dispositivi di blocco sui traversi siano attivati. Se non è prevista la

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presenza di impalcati a tutti i piani, il loro montaggio e smontaggio deve essere effettuato dal piano di ponteggio provvisorio realizzato immediatamente sotto. Tale impalcato provvisorio deve essere realizzato da un campo di ponteggio costituito dall’impalcato relativo al sistema di accesso definitivo provvisto di botola.

Nella zona interessata al montaggio o allo smontaggio si dovrà interdire, con idonei sbarramenti, l’avvicinamento, la sosta ed il transito alle persone non addette.

Lo smontaggio deve avvenire gradualmente dall’alto verso il basso senza pregiudicare la stabilità dell’opera; è consigliabile asportare le incrostazioni da calcinaccio o da malta presenti sugli elementi nonché ingrassare i bulloni dei morsetti di serraggio. Gli elementi del ponteggio devono essere calati con mezzi opportuni senza gettarli e gli addetti devono usare i mezzi di protezione individuale idonei.

Una volta eretto, in base a quanto indicato dalla autorizzazione ministeriale, secondo uno schema-tipo o attenendosi alle indicazioni di progetto, il ponteggio va conservato in buone condizioni. Ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche va revisionato sotto il diretto controllo del responsabile del cantiere.

(Art. 37 DPR 164)

Un aspetto non trascurabile ai fini della sicurezza durante le operazioni di montaggio e smontaggio di un ponteggio metallico è la facilità con la quale il personale addetto riesce a spostare e sollevare i singoli elementi. È evidente come la movimentazione di pezzi pesanti o ingombranti (in spazi ristretti ed a quote elevate) sia fonte di molteplici pericoli, tra i quali:

♦ il mancato trattenimento degli elementi, ♦ la caduta di pezzi di ponteggio dall’alto, ♦ l’affaticamento e lo sbilanciamento degli operai, ♦ l’ingombro della visuale durante il trasporto, ♦ l’urto accidentale di persone e oggetti circostanti.

Per questo motivo le ditte produttrici di ponteggi metallici hanno posto una certa attenzione allo studio ed alla fabbricazione di prodotti sufficientemente leggeri e maneggevoli.

La maggiore innovazione tecnica degli ultimi tempi sul fronte della leggerezza è dovuta all’introduzione di ponteggi in alluminio, utilizzati da tempo in altre Nazioni (segnatamente in Germania) e comparsi in Italia soltanto di recente. Questo ritardo è stato determinato dalla necessità di mettere a punto dei criteri di prova, verifica, controllo e collaudo inesistenti nel nostro Paese per questo tipo di prodotto.

Un ponteggio in alluminio pesa meno della metà di un ponteggio in acciaio di pari dimensioni, tuttavia i ponteggi tradizionali in acciaio zincato sono ad oggi (e sicuramente rimarranno a lungo) i più diffusi. Quelli a telai prefabbricati, sebbene si prestino ad un rapido montaggio, sono più direttamente investiti dal problema della

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maneggevolezza dei singoli componenti rispetto ai tipi a tubi e giunti. Nella tabella seguente sono riportate le masse dei principali componenti di un

ponteggio prefabbricato, laddove è stato reperito uno scarto significativo si sono evidenziati il valore minimo e quello massimo, altrimenti il valore tabellato deve intendersi come medio.

Componente Massa (kg) Componente Massa (kg)

Telaio a portale (larghezza 70 cm) 17,00 Tavola fermapiede (lunghezza 180 cm) 4,10-4,40

Telaio a portale (larghezza 105 cm) - 18,30 Tavola fermapiede (lunghezza 250 cm) 5,60 - 7,80

Telaio ad "H" (larghezza 105 cm) 12,70 - 18,50

Impalcato prefabbricato (lunghezza 180 cm) 14,00 - 14,50

Telaio parapetto (lunghezza 180 cm) 6,00-9,00 Impalcato prefabbricato (lunghezza 250

cm) 18,60 - 21,40

Telaio parapetto (lunghezza 250 cm) 11,30 Diagonale pianta (lunghezza 180 cm) 2,50 - 2,90

Parapetto testata (lunghezza 105 cm) 8,40 - 8,90 Diagonale pianta (lunghezza 250 cm) 3,70 - 5,90

Corrente (lunghezza 180 cm) 2,30 - 5,30 Diagonale facciata (per modulo da 180 cm) 2,50 - 7,50

Corrente (lunghezza 250 cm) 4,60 - 7,80 Diagonale facciata (per modulo da 250 cm) 4,80 - 8,70

Scala d’accesso (altezza 200 cm) 7,00-9,30 Trave passo carraio (lunghezza 2 x 180 cm) 29,00 - 33,50

Parasassi 10,20 -14,00 Trave passo carraio (lunghezza 2 x 250 cm) 41,00

Si può notare come ci siano delle differenze, talora non trascurabili, tra i pesi di

elementi quasi identici, a tal proposito sarebbe auspicabile che i produttori inserissero nei libretti di autorizzazione ministeriale, in modo chiaro e leggibile, i dati sulla massa dei vari pezzi, questi dati, non facendo parte del contenuto obbligatorio del libretto, sono spesso presentati in forma poco evidente o omessi del tutto.

Un discorso più approfondito meritano gli impalcati da ponteggio. Sono da tempo in uso le tavole in legno massiccio e gli elementi da impalcato in

acciaio e in alluminio, di recente introduzione sono invece gli impalcati a struttura

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metallica e piano di calpestio in legno multistrato (riconosciuti conformi alle vigenti norme con DM del 19/9/2000, ma, di fatto, non ancora commercializzabili ed utilizzabili in Italia a causa del protrarsi delle pratiche di rilascio delle necessarie autorizzazioni ministeriali).

Questi ultimi sono prodotti prevalentemente da ditte tedesche e si propongono di unire la resistenza meccanica dell’acciaio con la leggerezza del legno. La loro struttura è formata da telai metallici rigidi (solitamente di acciaio trattato contro la corrosione, più raramente di alluminio) recanti appositi ganci per il fissaggio allo scheletro del ponteggio ed eventualmente irrigidimenti che consentono l’eliminazione della diagonale in pianta. Il piano di calpestio è costituito da pannelli in legno multistrato (l’essenza migliore sarebbe la betulla, resistente e flessibile, ma per contenere i costi si utilizza prevalentemente l’abete) trattato in modo da migliorarne la resistenza all’usura ed agli attacchi atmosferici. Lo spessore minimo fissato dalla norma per i pannelli è di appena 9 millimetri, contro i 4 centimetri previsti dal DPR 164/1956 per le tavole in legno massiccio, questa riduzione è dovuta alla presenza della struttura di supporto metallico ed alla imposizione di regole precise sul confezionamento del multistrato; per esempio il legname deve avere un’umidità relativa compresa tra il 5% ed il 15% ed anche le colle devono rispondere a specifici requisiti stabiliti dal decreto.

Complessivamente il peso di un elemento a struttura metallica e legno multistrato non si discosta granché da quello di una tavola massiccia di pari dimensioni, è circa 2/3 di quello di un elemento di acciaio e 4/3 di quello di un elemento di alluminio, tuttavia questi ultimi non hanno avuto grande diffusione a causa del loro costo elevato.

Nella tabella seguente è proposta una classifica dei vari tipi di impalcato

attualmente in uso secondo due criteri: l’economicità e la leggerezza.

Posizione Economicità Leggerezza 1° Legno massiccio Alluminio

2° Acciaio Struttura metallica e legno multistrato

3° Struttura metallica e legno multistrato Legno massiccio

4° Alluminio Acciaio

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Pi.M.U.S.: PIANO DI MONTAGGIO, USO E SMONTAGGIO

L'art. 36-quater del D.Lgs. n. 626/94, così come introdotto dal D.Lgs. n. 235/03, prevede, tra l'altro, che "Il datore di lavoro provveda a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della complessità del ponteggio scelto. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati".

Al fine di consentire ai datori di lavoro di poter redigere un documento coerente

con i principi ispiratori del D.Lgs. n. 626/94 e del D.Lgs. n. 494/96, basati su elementi che siano concretamente finalizzati all'innalzamento del livello di sicurezza durante l'esecuzione di lavori temporanei in quota con l'impiego di ponteggi, è uscita la circolare n°26 del 13/09/06 che indica quelli che sono i contenuti minimi del Pi.M.U.S.

Le indicazione fornite da questa circolare sono finalizzate ad approfondire:

• descrizione delle regole da applicare durante le operazioni di montaggio, trasformazione e smontaggio del ponteggio che si sostanziano in indicazioni

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generali, ovvero "piano di applicazione generalizzata" • descrizione delle regole da applicare durante le operazioni di montaggio,

trasformazione e smontaggio del ponteggio che si sostanziano in indicazioni puntuali, ovvero "istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio";

• descrizione delle regole da applicare durante l'uso del ponteggio.

Contenuti minimi del Pi.M.U.S.

1. Dati identificativi del luogo di lavoro;

2. Identificazione del datore di lavoro che procederà alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;

3. Identificazione della squadra di lavoratori, compreso il preposto, addetti alle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio;

4. Identificazione del ponteggio;

5. Disegno esecutivo del ponteggio;

6. Progetto del ponteggio, quando previsto;

7. Indicazioni generali per le operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio ("piano di applicazione generalizzata"):

o planimetria delle zone destinate allo stoccaggio e al montaggio del ponteggio, evidenziando, inoltre: delimitazione, viabilità, segnaletica, ecc.,

o modalità di verifica e controllo del piano di appoggio del ponteggio (portata della superficie, omogeneità, ripartizione del carico, elementi di appoggio, ecc.),

o modalità di tracciamento del ponteggio, impostazione della prima campata, controllo della verticalità, livello/bolla del primo impalcato, distanza tra ponteggio (filo impalcato di servizio) e opera servita, ecc.,

o descrizione dei DPI utilizzati nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità di uso, con esplicito riferimento all'eventuale sistema di arresto caduta utilizzato ed ai relativi punti di ancoraggio,

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o descrizione delle attrezzature adoperate nelle operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio del ponteggio e loro modalità di installazione ed uso,

o misure di sicurezza da adottare in presenza, nelle vicinanze del ponteggio, di linee elettriche aeree nude in tensione, di cui all'art. 11 del DPR n. 164/56,

o tipo e modalità di realizzazione degli ancoraggi,

o misure di sicurezza da adottare in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche (neve, vento, ghiaccio, pioggia) pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio e dei lavoratori,

o misure di sicurezza da adottare contro la caduta di materiali e oggetti;

8. Illustrazione delle modalità di montaggio, trasformazione e smontaggio, riportando le necessarie sequenze "passo dopo passo", nonché descrizione delle regole puntuali/specifiche da applicare durante le suddette operazioni di montaggio e/o trasformazione e/o smontaggio ("istruzioni e progetti particolareggiati"), con l'ausilio di elaborati esplicativi contenenti le corrette istruzioni, privilegiando gli elaborati grafici costituiti da schemi, disegni e foto;

9. Descrizione delle regole da applicare durante l'uso del ponteggio;

10. Indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio prima del montaggio e durante l'uso.

LE COMPONENTI DI UN PONTEGGIO

La realizzazione di un ponteggio risulta, ovviamente, dall’assemblaggio delle sue diverse componenti e costituisce nel suo insieme una vera e propria costruzione complessa. Per questo deve avere un piano di appoggio di adeguata resistenza, mezzi di collegamento efficaci, ancoraggi sufficienti e possedere una piena e totale stabilità.

Nella autorizzazione ministeriale, laddove vengono proposti gli schemi-tipo per il

montaggio, sono indicate in modo chiaro, in relazione a quanto previsto dalle norme, le distanze e le disposizioni reciproche degli elementi metallici (basette, montanti, correnti, traversi, diagonali).

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Figura 5. Particolare della base di un ponteggio

Tubi, basette, spinotti Tutti gli elementi costituenti il ponteggio devono avere un carico di sicurezza non

inferiore a quello indicato nella autorizzazione ministeriale. (Art. 35 DPR 164)

Sono maggiormente impiegati tubi del diametro di mm. 48.25 con spessore di mm.

3.25. La resistenza del tubo è relativa alla qualità dell’acciaio, secondo quanto previsto e

riportato dalle norme CNR-UNI 10011.

Le aste possono essere in profilati o in tubi anche saldati con sistema continuo. Le loro estremità devono essere lisce e senza sbavature per evitare ferite al personale

che le maneggia e terminare con sezioni ad angolo retto con l’asse dell’asta. (Art. 35 DPR 164 e Art. 6 D.M.2.9.1968)

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Figura 6. Particolare dell'appoggio a terra di un ponteggio

L’appoggio di testa del tubo contro parti resistenti, come il terreno, va fatto interponendo le basette, costituite da piastre circolari o quadrate, di superficie minima non inferiore a 18 volte quella del poligono circoscritto alla sezione del montante stesso e con spessore sufficiente a resistere senza subire deformazioni. E’ concessa una superficie di appoggio minore, comunque mai inferiore a cmq. 150, purché le caratteristiche di resistenza della basetta siano attestate, da un laboratorio riconosciuto, a seguito di apposite prove e siano corredate da elementi di ripartizione (tavole in legno e non mattoni o blocchetti di cemento) con dimensioni e caratteristiche adeguate ai carichi da trasmettere ed alla consistenza dei piani di posa.

(Art. 35 DPR 164 e Art. 5 D.M.2.9.1968)

Le basette sono munite di un dispositivo (spinotto) di collegamento con il montante atto a centrare il carico e tale da non ingenerare momenti flettenti sul montante. Gli spinotti vengono utilizzati nei collegamenti “testa a testa” di due tubi. Non svolgono funzione resistente, ma solo quella di rendere il montaggio più facile e sicuro.

L’elemento di partenza, quello destinato all’appoggio sul terreno, in modo

particolare nel caso di ponteggio a telaio prefabbricato, può essere dotato di basette regolabili, che consentono di portare alla stessa quota tutte le estremità superiori dei

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telai di appoggio. Il sistema è di solito realizzato con vite e madrevite e dotato di un fermo che impedisca una riduzione della lunghezza di innesto al di sotto di mm. 75 ed, allo stesso tempo, consenta una unione certa e permanente delle varie parti componenti la basetta regolabile.

I montanti di una stessa fila sono posti da una distanza di m. 1.80 da asse ad asse. (Art. 36 DPR 164)

Sono consentite distanze superiori a condizione che i risultati delle prove pratiche garantiscano il mantenimento del grado di sicurezza e che sia fornita una relazione di calcolo che assicuri, sia per gli aspetti di resistenza che per quelli di stabilità, il predetto grado di sicurezza così come previsto dalle norme di buona tecnica.

(Art. 1 D.M. 115 del 3.3.1990) E’ bene evitare di applicare carichi sui tubi anziché nei nodi di giunzione. Ogni tubo deve essere fissato da almeno due giunti e deve essere posto in opera in

modo da interessare l’intera lunghezza del giunto stesso.

Figura 7. Particolare della base di un ponteggio

L’altezza dei montanti deve superare di almeno m. 1.20 l’ultimo impalcato o il

piano di gronda. Due montanti con i loro traversi di unione costituiscono una “stilata”, mentre per

“campo” si intende invece la parte di ponteggio compresa fra sue stilate consecutive.

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E’ importante adottare tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’investimento e

l’urto diretto dei montanti da parte di automezzi o altro. Correnti, traversi, controventature I correnti sono elementi disposti in orizzontale e servono a trasmettere i carichi ai

montanti oltre che a controventarli efficacemente. Essi uniscono in senso longitudinale i montanti e devono essere applicati in numero

di almeno 2 per ogni piano di ponte ed uno può far parte del parapetto. (Art. 36 DPR 164 )

Per quanto la loro distanza in verticale non debba superare i m. 2, di norma vengono montati a m. 1.80.

(Art. 21 DPR 164) E’ concesso applicarne uno soltanto a condizione che ve ne sia uno per piani

alternati di ponte e che gli ancoraggi siano previsti almeno ogni mq. 22. (Art. 4 D.M.2.9.1968)

Per quanto riguarda i traversi di sostegno dell’intavolato, la distanza massima fra

due consecutivi indicata dalla norma è di m. 1.20. Può derogarsi fino a m. 1.80, a condizione che per l’impalcato si ricorra a tavole di

cm. 4x30 o cm. 5x20 oppure lo si realizzi con altro adeguato materiale di non minore resistenza.

(Art. 22 DPR 164 e Art. 2 D.M.2.9.1968)

Le controventature vanno, di norma, realizzate sia in senso trasversale che longitudinale.

(Art. 35 DPR 164) La loro resistenza deve essere efficace sia a compressione che a trazione. Si può derogare ai soli controventi trasversali a condizione che i collegamenti siano

realizzati mediante l’impiego di giunti ortogonali con elevata rigidezza angolare attestata con certificato ufficiale di prova rilasciato da un istituto riconosciuto.

(Art. 3 D.M.2.9.1968)

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Figura 8. Ponteggio con montanti e correnti

Giunti e ancoraggi Per collegare le aste fra di loro si ricorre ai giunti di unione. Sono

fondamentalmente di due tipi: ortogonali ed assiali. I primi servono, in pratica, per tutti gli usi, tranne che per i collegamenti di tubi soggetti ad uno sforzo di trazione. In questo caso va utilizzato il giunto assiale, munito di particolari intagli che agganciano i tubi da collegare.

E’ importante che i bulloni dei giunti siano serrati in modo

corretto. Troppo provocherebbe sollecitazioni anomale nelle aste ed usura, troppo poco consentirebbe

movimenti e sfilamenti sotto carico. Il serraggio con chiave

dinamometrica è un utile controllo di sicurezza.

Le caratteristiche di resistenza dei giunti

non devono essere minori di quelle delle aste che collegano. Ad elementi non verniciati

devono assicurare resistenza allo scorrimento con largo margine di sicurezza. A giunto

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serrato, due ganasce non devono essere a contatto dalla parte del bullone. Le parti che costituiscono il giunto di collegamento devono essere unite fra loro in modo

permanente e solidale per evitare l’accidentale distacco di qualcuna di esse. (Art. 35 DPR 164)

Nel serraggio di più aste che concorrono in

un nodo i giunti devono essere sistemati assai strettamente l’uno in prossimità dell’altro.

(Art. 36 DPR 164) Gli ancoraggi sono quei dispositivi o

sistemi utilizzati per vincolare il ponteggio all’edificio che si va erigendo o già esistente. Contribuiscono in modo determinante con la

loro azione alla rigidità intrinseca dell’insieme, in parte già ottenuta con gli irrigidimenti orizzontali, trasversali ed i controventi, mantenendo in condizioni di sicura stabilità il ponteggio. Esso deve essere ancorato in modo efficace alla costruzione in corrispondenza di ogni due piani di ponteggio ed ogni due montanti, seguendo in tal modo una disposizione del tipo “a rombo”.

(Art. 20 DPR 164) Se gli ancoraggi vengono disposti uno per ogni mq. 22 è ammessa deroga alla

disposizione dei 2 correnti per ogni piano di ponte previsti dall’art. 36 DPR 164. (Art. 4 D.M. 2.9.1968)

Soluzione normalmente adottata dai costruttori, anche perché trattasi di una delle condizioni che consentono di adottare nel calcolo del ponteggio il metodo semplificato.

(Nota ministeriale 17.3.1969) Gli ancoraggi possono essere realizzati in modi diversi. Di norma sono del tipo:

a. a cravatta, b. a sbadacchio con anello, c. a vitone.

La loro azione è sempre prevista come “normale” alla parete. Nei casi a. e b. la validità è affidata alla resistenza allo scorrimento del giunto. La forza di sollecitazione cui si prevede un ancoraggio debba essere sollecitato va

valutata a +/- 500 kg. E, poiché dalle certificazioni di laboratorio ottenute dai costruttori si ricava che la resistenza allo scorrimento di un giunto è sempre superiore a questo valore, l’ammaraggio risulta verificato. Mentre, nel caso c., l’ancoraggio è assodato una volta verificato a flessione, con carico concentrato di kg. 500, il tubo che si rende solidale al vano dell’edificio per forzamento del vitone.

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Nella pratica, il fare corrente demanda sovente l’ancoraggio all’uso di tasselli ad espansione ad occhiello collegati con filo di ferro intrecciato a più tratti. Anche questa soluzione, ereditata dalla pratica realizzativa dei ponteggi in legno, diventa accettabile, pure se non prevista nella autorizzazione ministeriale. Quel che conta, sotto il profilo della sicurezza, è che non solo risulti di pari efficacia a quelle riconosciute, ma sia attestata da una relazione di calcolo firmata.

Intavolati e impiego del ponteggio Gli intavolati che costituiscono il piano di calpestio dei ponti possono essere del

tipo prefabbricato (in resina, metallo, composti) o in legno. Mentre i primi rientrano per caratteristiche strutturali e di resistenza nel quadro degli elementi riconosciuti dalla autorizzazione ministeriale concessa al costruttore, i secondi debbono rispondere a precisi criteri dimensionali e di tenuta.

La resistenza del materiale legnoso è la prima cosa da valutare al fine di escludere

ogni impiego a rischio. La resistenza del legname varia sia con la tipologia delle essenze, sia con lo stato di conservazione.

Mediante l’esame a vista si dovrà subito verificare che il legname sia asciutto, a fibra lunga e poco nodosa; in presenza di nodi questi non dovranno mai attraversare tutto lo spessore del legname.

Le tavole impiegate nei ponteggi dovranno presentarsi con larghezza uniforme ed è buona norma che esse vengano collaudate prima di essere impiegate. Il collaudo potrà essere effettuato ponendo ogni tavola su due appoggi rigidi a terra, ad una distanza pari a quella che dovranno avere in opera, e caricandola con un carico triplo di quello di servizio, realizzato con materiali di cantiere di peso noto che possono essere aggiunti o tolti in modo graduale.

Il legname da ponteggio maggiormente utilizzato è l’abete (bianco o rosso) leggero, e resinoso, che presenta il vantaggio di essere facilmente lavorabile, economico, ma poco durevole.

Le tavole che compongono il piano di calpestio di ponti di servizio, passerelle, andatoie, devono presentare fibre resistenti e con andamento parallelo all’asse. La loro larghezza non deve essere inferiore a 20 centimetri, mentre il loro spessore deve essere tale da riuscire a sopportare i carichi verticali, comunque non inferiore a 4 centimetri.

I carichi che nella norma si considerano accettabili su un impalcato sono pari a: • 2,5 kN/m2 per ponteggi medi, • 3,5-4,0 kN/m2 per ponteggi pesanti, • 5,0 kN/m2, per ponteggi pesantissimi.

Detti carichi massimi tengono conto anche degli effetti dinamici di sollecitazioni orizzontali o verticali che si possono avere sull’impalcato, nonostante il divieto di correre o saltare o accumulare o lasciar cadere materiale su di loro.

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La resistenza dell’intavolato viene ridotta anche dalla sua eventuale eccessiva nodosità, quindi: le tavole che li compongono devono essere asciutte, avere fibre con andamento parallelo all’asse, non presentare nodi passanti che riducano per più del 10% la sezione di resistenza e che incidano in modo pericoloso soprattutto sulla resistenza a flessione.

(Art. 23 DPR 164) Se dalla previsione di calcolo dovesse risultare l’incapacità dell’intavolato a

sostenere i carichi previsti, si potrà disporre il raddoppio delle tavole, che però non realizzerà un sistema con resistenza doppia rispetto all’impalcato a tavola singola.

Gli impalcati devono essere provvisti di una indicazione, chiara e visibile, delle

condizioni di carico massimo ammissibile. La cosa può essere realizzata con un cartello su cui siano riportate le caratteristiche essenziali del ponteggio, più precisamente:

la natura del ponteggio (manutenzione/costruzione), il numero complessivo degli impalcati, il numero degli impalcati su cui è consentita l’attività lavorativa ed i carichi

ammissibili, la protezione contro la caduta dei materiali dall’alto.

(Circ. 149/85) Ottemperando, tra l’altro così facendo, ad uno dei criteri di base della prevenzione

infortuni, vale a dire l’obbligo per i datori di lavoro di rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti, mediante affissione negli ambienti di lavoro di una adeguata cartellonistica di puntuale informazione.

(Art. 4 DPR 547) Le tavole non devono presentare parti a sbalzo e poggiare sempre su 4 traversi.

(Art. 23 DPR 164)

Nelle operazioni di messa in opera o di rimozione non vanno mai lasciate tavole

con parti a sbalzo superiori a cm. 20. Possono essere utilizzate solo quando non distino più di m. 2 dall’ordine più alto di

ancoraggi. Le tavole devono essere assicurate contro gli spostamenti sia trasversali che

longitudinali ed essere fissate in modo che non possano scostarsi dalla posizione in cui sono state collocate o scivolare sui traversi metallici. Ciò si ottiene predisponendo un piano di calpestio completo, vale a dire con le tavole esterne a contatto dei montanti (spostamento trasversale) e con la sovrapposizione, in sequenza e sempre in corrispondenza di un traverso, per un tratto di almeno cm. 40 (spostamento longitudinale). Fermo restando che le tavole di testata siano assicurate autonomamente.

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(Art. 23 DPR 164) Nel caso di tavole collocate nella parte esterna del ponteggio, di norma fuori dal

montante più vicino alla costruzione, la stabilità contro gli spostamenti può essere ottenuta semplicemente inchiodandole fra loro nel tratto della sovrapposizione.

Quando il piano è costituito da tavole metalliche, l’assicurazione contro il ribaltamento e lo sganciamento accidentale dai traversi è garantita dall’attivazione degli appositi dispositivi previsti dal costruttore del ponteggio e riconosciuti dalla autorizzazione ministeriale.

Le tavole devono risultare anche ben accostate all’opera in costruzione. E’ tuttavia consentito un distacco dalla muratura non superiore a cm. 20 soltanto per l’esecuzione di lavori di finitura.

(Art. 23 DPR 164) Quando tale distacco risulti superiore, diventa preferibile la realizzazione di un

piano di calpestio esterno, poggiante sui traversi a sbalzo, verso l’opera in fase di realizzo. Soluzione contemplata anche nelle autorizzazioni ministeriali. Se questa soluzione non è prevista o esula dagli schemi tipo approvati, la si potrà attuare solo a fronte di apposito calcolo. Nel caso in cui il piano di calpestio esterno non sia realizzabile, per evitare il pericolo di caduta dall’impalcato, si deve applicare un parapetto anche verso l’interno.

Gli impalcati, i ponti di servizio, le passerelle, le andatoie devono essere provvisti

sui lati verso il vuoto di un robusto parapetto. Esso deve risultare costituito da uno o più correnti paralleli all’intavolato, il cui margine superiore sia posto a non meno di m. 1 dal piano di calpestio, e di una tavola fermapiede alta non meno di cm. 20, messa di taglio ed aderente al tavolato. E’ ammesso l’utilizzo di un elemento che svolga insieme la funzione di tavola fermapiede e di corrente intermedio. Correnti e tavola fermapiede non devono lasciare una luce, in senso verticale, maggiore di cm. 60 e devono essere applicati dalla parte interna dei montanti. Il parapetto con fermapiede va applicato anche sul lato corto, terminale, dell’impalcato.

(Art. 24 DPR 164)

Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere è vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed attrezzi necessari ai lavori. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a quello consentito dal grado di resistenza del ponteggio e lo spazio occupato dai materiali deve permettere i movimenti e le manovre necessarie per lo svolgimento del lavoro.

(Art. 18 DPR 164)

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Figura 10. Particolare del parapetto di un ponteggio

Gli impalcati ed i ponti di servizio devono avere un sottoponte di sicurezza,

costruito come il ponte, a distanza non superiore a m. 2.50. (Art. 27 DPR 164)

Esso ha la funzione di trattenere persone o materiali che possono cadere dal ponte soprastante in caso di rottura di una tavola. Per questo il sottoponte non può trovarsi troppo distante dal ponte. In genere, viene collocato a metà distanza fra un piano e l’altro.

Può derogarsi all’altezza di m. 2.50 nel caso di costruzioni in conglomerato cementizio, poiché possono ritenersi idonei ad assolvere la funzione di sottoponte gli impalcati che hanno queste caratteristiche: sono realizzati in corrispondenza delle solette, presenti a tutti i piani, distanti fra loro non oltre m. 3 e sono regolamentari, con piano di calpestio e parapetto su tutti i lati verso il vuoto.

(Art. 28 DPR 164) La distanza massima di m. 2.50 deve essere rigidamente rispettata qualora nel

ponteggio vengano installati esclusivamente il ponte di lavoro ed il sottoponte di sicurezza, oppure quando al di sotto del sottoponte siano mantenuti in esercizio impalcati non regolamentari (ovviamente resi non accessibili dai piani del fabbricato).

(Si veda Regione Piemonte: “Istruzioni tecniche per la vigilanza nei cantieri edili I direttiva” 11.2.1994)

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La costruzione del sottoponte può essere omessa per i lavori di manutenzione e riparazione di durata non superiore a cinque giorni.

Ponti a sbalzo I ponti a sbalzo sono ammessi quando per circostanze di diversa origine,

soprattutto in ricostruzioni e ripristini, non è possibile montare ponteggi ad antenne. In base al DPR 164/56 articolo 25: il loro allestimento deve essere affidato a personale competente, che applichi criteri tecnici precisi tali da garantire la stabilità e la solidità dei ponti stessi.

In ogni caso per il ponte a sbalzo devono essere osservate le seguenti norme:

• l’intavolato deve essere composto con tavole a stretto contatto, senza interstizi che lascino passare materiali minuti e

• il parapetto del ponte deve essere pieno; quest’ultimo può essere limitato al solo ponte inferiore nel caso di più ponti sovrapposti,

• l’intavolato non deve avere larghezza utile maggiore di 1,20 metri.

I traversi di sostegno dell’impalcato devono essere solidamente ancorati all’interno a parte stabile dell’edificio, ricorrendo eventualmente all’impiego di saettoni; non è consentito l’uso di contrappesi come ancoraggio dei traversi, salvo che non sia possibile provvedere altrimenti.

I traversi devono poggiare su strutture e materiali resistenti. Le parti interne dei traversi devono essere collegate rigidamente fra di loro con due

robusti correnti, di cui uno applicato contro il lato interno del muro o dei pilastri e l’altro alle estremità dei traversi, in modo da impedire qualsiasi spostamento.

Mantovana e protezioni A protezione della caduta dall’alto di cose ed oggetti, il piano di calpestio di un

ponteggio deve essere corredato di parapetto completo, munito cioè di tavola fermapiede alta non meno di cm. 20.

(Art. 24 DPR 164) Ciò non è comunque sufficiente a proteggere i luoghi di transito o stazionamento

nelle immediate vicinanze, infatti la norma prevede una sicurezza aggiuntiva. All’altezza del solaio di copertura del piano terreno deve essere sistemato un

impalcato, detto mantovana parasassi, contro la caduta di materiale dall’alto. Essa è costituita da un robusto intavolato inclinato - spessore minimo delle tavole cm. 4 - avente l’estremità superiore verso l’esterno. E’ utile non solo verso gli spazi pubblici esterni, ma anche all’interno del cantiere compatibilmente con le esigenze delle lavorazioni.

La si può sostituire con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, ma solo a condizione che presenti le stesse garanzie di sicurezza operando la completa

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segregazione dell’area sottostante. (Art. 28 DPR 164)

La chiusura in graticciato non va confusa con quella ottenuta con reti o teloni, non previsti né indicati dalla norma. A questo merito è opportuno riportare quanto indicato nella circolare 149/85:

“Le istruzioni per il montaggio, l’impiego e lo smontaggio dei ponteggi contenute nelle autorizzazioni ministeriali prevedono la messa in opera di uno o più parasassi, capaci di intercettare la caduta di materiali fissandone altresì le caratteristiche costruttive.

La chiusura frontale del ponteggio mediante teloni, recentemente diffusasi nei cantieri, non realizza le stesse garanzie di sicurezza del parasassi e, conseguentemente, non può essere ritenuta sostitutiva delle anzidette protezioni. Trattasi, comunque, di una misura di sicurezza aggiuntiva, peraltro non prevista specificatamente da alcuna norma, che può essere adottata, a condizione che non venga modificata la funzione protettiva del parasassi. Inoltre la presenza di teli, così come di affissi pubblicitari, sul fronte del ponteggio aumenta la superficie esposta al vento, il carico dovuto al peso proprio e, di conseguenza, la sollecitazione indotta da questo fattore sulla struttura rispetto ai valori presi in considerazione nei calcoli ai fini delle autorizzazioni. Pertanto, non essendo accettabile una valutazione in astratto delle condizioni di sicurezza senza una apposita verifica di calcolo che tenga conto delle maggiori sollecitazioni, incombe all’utilizzatore l’obbligo di fare predisporre la predetta verifica a cura di un professionista abilitato e di tenerne copia presso il cantiere”.

Per evitare che i materiali del cantiere, di dimensioni più o meno consistenti, possano cadere i ponteggi vanno protetti con teli, reti a maglie strette o pannelli, lungo tutta la loro estensione in affaccio sull’area pubblica.

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Figura 9. Particolare di un ponteggio

Tali dispositivi, se è vero che risolvono i problemi legati alla sicurezza delle persone

a terra, possono crearne degli altri, di portata potenzialmente maggiore, infatti, per via del vento, i teli (ed allo stesso modo le reti o i pannelli) possono fungere da vele, facendo si che agiscano delle forze trasversali, capaci di provocare, nelle ipotesi peggiori, addirittura il ribaltamento del ponteggio. È opportuno, quindi, svolgere dei calcoli relativamente alla statica della struttura, tenendo conto di queste possibilità.

Si rileva a tal proposito che i punti di ancoraggio che si possono considerare standard (ossia quelli che si sfruttano in condizioni di esercizio ordinarie), per i ponteggi di altezza inferiore ai 20 metri sono in numero di almeno uno ogni 22 mq di facciata.

Le aziende produttrici, con l’intento di migliorare la sicurezza dei loro prodotti, sviluppano dei calcoli dettagliati, anche in relazione agli ancoraggi supplementari alla struttura muraria.

Un accorgimento di recente adozione è quello che riguarda i sistemi di aggrappo del telo alla struttura metallica con collegamenti a strappo. Questa soluzione è piuttosto felice perché consente di intervenire sul problema in maniera radicale, infatti, superata una certa forza del vento, il rivestimento si sgancia automaticamente dal ponteggio e, quindi, “l’effetto vela” di cui sopra non può che cessare.

Il parasassi, capace di intercettare la caduta di materiale, deve essere previsto per

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tutta l’estensione dell’impalcato di lavoro, escluso lo spazio necessario al passaggio di materiali movimentati con apparecchi di sollevamento montati sul ponteggio e le zone interdette al transito delle persone.

Il primo parasassi, da raccordarsi con un impalcato regolamentare, deve essere montato ad una altezza da terra pari a quella prevista negli schemi allegati alla autorizzazione ministeriale. Ulteriori parasassi, oltre al primo, devono essere previsti ogni qualvolta si superi la distanza di m. 12 fra il piano di calpestio cui è raccordato il primo ed un qualsiasi altro impalcato utile.

L’estensione in proiezione, sia in senso orizzontale che verticale, dell’impalcato

della mantovana varia a seconda delle autorizzazioni e del tipo di ponteggio e va da m. 1.10 a m. 1.50.

Sovente nei ponteggi di tipo prefabbricato la realizzazione del parasassi è una di

quelle eventualità in cui diventa necessario ricorrere ad elementi in tubo e giunto, appartenenti ad altro tipo di ponteggio, si tratta, però, di una soluzione contemplata nell’autorizzazione.

Ponteggi misti Se nei ponteggi a tubi e giunti non capita mai, può succedere di dover adattare un

ponteggio prefabbricato. Per ottenere l’interruzione di una campata per apertura di passi carrai, per conformarlo al piano di partenza non sempre uniformemente livellato, oppure per allinearlo alla configurazione della costruzione secondo misure e dimensioni fuori da quelle standardizzate tipiche dei prefabbricati.

In linea di principio non è consentito utilizzare elementi facenti parte di ponteggi di tipo diverso e/o misto, anche se si tratta di elementi autorizzati, a meno che ciò non sia previsto da uno specifico progetto e disegno firmati.

(Art. 32 DPR 164) Fanno eccezione quelle situazioni contemplate dalle autorizzazioni ministeriali dei

diversi ponteggi, al di fuori di tali particolari circostanze si configurerebbe infatti una realizzazione non conforme.

(Circ. 149/85 e Art. 30 DPR 164)

Quando diventa necessario “combinare” ad una struttura del tipo prefabbricato parti di un ponteggio diverso a tubi e giunti, occorre siano senz’altro garantiti questi accorgimenti:

che gli elementi complementari appartengano ad un unico tipo di ponteggio autorizzato;

che nell’assemblaggio delle parti aggiuntive ci si attenga in modo scrupoloso alle indicazioni di montaggio per gli schemi tipo dichiarate nella autorizzazione, tenendo in conto anche i sistemi di ancoraggio;

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che l’unione fra le diverse componenti di ponteggio risulti possibile senza l’impiego di ulteriori elementi di raccordo non previsti nelle autorizzazioni ministeriali dei due tipi di ponteggio che si vanno ad assiemare;

che in prossimità dell’innesto, i telai del ponteggio prefabbricato vengano chiusi mediante tubi e giunti.

Un altro caso tipico in cui il telaio a tubi e giunti soccorre quello prefabbricato è

all’atto dell’installazione sul ponteggio di un apparecchio di sollevamento. Premesso che il paranco non può superare la portata massima di kg. 200 per uno sbraccio non superiore a m. 1.20, occorre rinforzare il montante del ponteggio raddoppiandolo.

(Art. 57 DPR 164) Il raddoppio va eseguito affiancando al montante interessato per tutta la sua

lunghezza un tubo collegato assialmente mediante giunti a trazione e spinotti ed unito al traverso del telaio in corrispondenza del piede dei telai stessi.

Piani, piazzole e castelli di carico Quando il carico viene condotto direttamente all’impalcato da un apparecchio di

sollevamento reso solidale al ponteggio, sotto il profilo della sicurezza, vanno osservate altre precauzioni che comportano soprattutto la modifica del parapetto nel tratto di impalcato interessato:

l’altezza della tavola fermapiede va portata a cm. 30, il corrente superiore va interrotto per creare un varco, di larghezza

ridotta allo stretto necessario, per il passaggio dei carichi (secchione, carriola, benna),

ai lati del vano si devono applicare due robusti e rigidi sostegni. Quello opposto all’argano va prolungato in alto fino ad ancorarsi alla struttura superiore del ponteggio, l’altro va prolungato almeno fino a m. 1.25-1.30 dall’impalcato,

nel lato interno dei due sostegni di cui al punto precedente, all’altezza di m. 1.20 e nel senso perpendicolare all’apertura, vanno applicati due staffoni in ferro, sporgenti non meno di cm. 20, che servono da appoggio e protezione all’addetto alle manovre.

E’ scontato che nei casi in cui tutti questi accorgimenti non si possano attuare per

indiscutibili motivi tecnici, il manovratore può operare solo se munito di cintura di sicurezza omologata, fissata ad un solo elemento di adeguata resistenza ed opportunamente disposto.

I bracci girevoli portanti carrucole o elevatori devono essere assicurati ai montanti

che li sostengono mediante staffe con bulloni a vite muniti di dado e controdado.

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Quando i carichi da trasferire ai piani del ponteggio sono consistenti, quindi non

tanto nei ponteggi di manutenzione, ma in quelli da costruzione, può essere necessario disporre di piazzole o balconcini di carico, se non addirittura di veri e propri castelli di tiro. Questi spazi aggiuntivi, aggettanti verso l’esterno dal filo del ponteggio, servono per raccogliere dagli apparecchi di sollevamento in servizio al cantiere il materiale da utilizzare nei vari lavori, materiale che in tal modo viene distribuito direttamente al piano di utilizzo. Trattasi di intavolati la cui realizzazione va eseguita con particolare cura ed attenzione.

I castelli di tiro sono le opere provvisionali allestite in cantiere per permettere il

sollevamento o la discesa di materiali attraverso mezzi meccanici (elevatori). Si tratta in particolare di strutture del tipo castelli o torri di servizio, in genere con pianta quadrata e realizzati sia in legno che in tubolari metallici, per formare una struttura a montanti e traversi, opportunamente controventata ogni due piani del ponteggio fisso ed ancorata saldamente allo stesso in ogni piano.

I castelli di tiro vanno opportunamente dimensionati affinché siano in grado di resistere a compressione, a torsione ed ai carichi connessi a situazioni quali, ad esempio, l’impigliamento di un gancio sulle parti fisse di un ponte.

I castelli in elementi metallici di altezza superiore a 20 metri o con una geometria complessa e sovraccaricata devono essere costruiti sulla base di un progetto specifico, firmato da un tecnico abilitato e sulla base del calcolo strutturale.

Nel caso di castelli in acciaio i giunti impiegati sui montanti devono essere in grado di resistere a torsione, gli argani ed i rinvii non devono provocare inflessioni sui montanti, le azioni risultanti, invece, vanno trasmesse alle legature orizzontali, che non vanno mai caricate direttamente con le tavole dei ripiani, ma solo mediante traversi di legno posti vicino ai nodi, e non devono presentare giunzioni.

Il sistema dell’incastellatura viene poi irrigidito attraverso l’inserimento di elementi controventanti (diagonali). Le controventature vanno realizzate sia sui piani orizzontali sia su quelli verticali ed in modo tale che gli elementi che individuano le pareti o i piani convergano il più possibile in un unico punto, in modo da non generare stati flessionali aggiuntivi. Poiché i castelli sono utilizzati per il sollevamento di carichi, alle loro basi si hanno elevati sforzi normali per cui è necessario ampliare la superficie di base per la ripartizione del carico sul terreno, a tal fine vengono usati tavoloni opportunamente dimensionati a sopportare tali sforzi.

Premesso che sulla stessa verticale non può essere installata più di una piazzola di

carico, le autorizzazioni ministeriali prevedono piazzole di dimensioni standardizzate, che possono andare da m. 1.80 a 3.60 di larghezza per m. 1.50 di profondità, ossia di sbalzo verso l’esterno.

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E’ bene che un cartello indichi la portata massima della piazzola. Per spazi più complessi ed articolati, non previsti negli schemi tipo, è necessario

procedere alla loro realizzazione solo a fronte di una relazione di calcolo firmata. Tra le attenzioni costruttive richieste dalla norma per i castelli di tiro, non si deve

dimenticare: gli impalcati devono risultare sufficientemente ampi ed essere costituiti

da tavole con spessore non inferiore a cm. 5; (Art. 56 DPR 164)

controventatura dei montanti ogni due piani di ponteggio; (Art. 55 DPR 164)

ancoraggio del castello alla costruzione ad ogni piano del ponteggio; (Art. 55 DPR 164)

parapetto normale con fermapiede da cm. 30 su tutti i lati verso il vuoto. Sul fronte di arrivo del carico il parapetto può essere modificato secondo quanto indicato in precedenza per le piazzole di carico.

(Art. 56 DPR 164) Nel caso del castello di tiro, però, la buona tecnica suggerisce di non ricorrere a questa soluzione, ma di adottare un parapetto intero a parete piena.

essendo a tutti gli effetti un ponte di servizio, il castello va corredato con un sottoponte;

(Art. 27 DPR 164) presenza di un cartello con la chiara indicazione della portata massima

del castello.

Poiché la presenza del castello di tiro, specie quando a pieno carico, ingenera una pressione assai elevata sulle basette, è buona norma ripartirla sul terreno mediante opportuni accorgimenti (tavoloni) ben robusti e dimensionati.

Non si deve inoltre dimenticare che il posto di carico e di manovra di un paranco a

terra deve essere protetto e segnalato, ovvero delimitato con barriera, anche provvisoria, per impedire la permanenza ed il transito sotto i carichi.

(Art. 9 DPR 164) Le andatoie Per consentire il passaggio di operai ed il trasporto a mano dei materiali da un piano

all’altro del ponteggio, si usa costruire le cosiddette andatoie, cioè piani inclinati allestiti con tavole di larghezza non inferiore a 60 centimetri, se destinati solo al passaggio degli operai, e non minore di 1,20 metri se destinati al passaggio anche dei materiali.

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Convogliamento del materiale di demolizione

Figura 10. Particolare della zona di convogliamento dei materiali

A norma dell’articolo 74 DPR 164/1956, il materiale di demolizione non deve essere gettato dall’alto ma trasportato o convogliato in appositi canali con sbocco ad altezza non maggiore di 2 metri dal piano di raccolta. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco imbocchi nel successivo con raccordo adeguatamente rinforzato.

L’imboccatura superiore del canale deve essere sistemata in modo che non possano cadervi accidentalmente persone. Lo scarico dovrà essere sospeso durante la fase di sgombero dell’area di raccolta dei detriti.

PRECAUZIONI IN FASE DI ESERCIZIO Affollamento In uno stesso impalcato di ponteggio non dovranno operare contemporaneamente

troppi lavoratori, sia per evitare un eccessivo sovraccarico in aree ristrette, che per minimizzare il reciproco intralcio.

A maggior ragione l’affollamento dovrà essere evitato durante la movimentazione di materiali mediante argani, gru e simili.

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Modalità di spostamento degli operai LE SCALE L’accesso ai vari piani del ponteggio deve risultare comodo e si utilizzano

comunemente delle scale a mano. Esse non devono essere disposte l’una in prosecuzione dell’altra, ma sfalsate e risultare più lunghe di m. 1 rispetto al piano di arrivo. Quando servono a collegare stabilmente due ponti, se sistemate verso la parte esterna, devono essere provviste sul lato verso il vuoto di corrimano-parapetto.

(Art. 8 DPR 164) Le scale portatili a pioli, dette anche scale a mano, possono essere in legno, in

metallo o a composizione mista, in ogni caso devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, essere sufficientemente resistenti nell’insieme e nei singoli elementi ed avere dimensioni appropriate all’uso.

SCALE IN LEGNO E IN METALLO Nella costruzione delle scale in legno a pioli si preferisce usare abete, frassino,

rovere, acacia, larice, pino per i montanti, mentre per i pioli le essenze comunemente usate sono la robinia, il rovere, il frassino, l’olmo e il faggio. In ogni caso il materiale deve essere di ottima qualità e ben stagionato con fibre dritte e lunghe prive di screpolature e grossi nodi.

La struttura delle scale deve essere rigida ed indeformabile con sezioni adeguatamente proporzionate e pioli opportunamente incastrati ai montanti, è vietato l’uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto di pioli.

La rigidezza delle scale viene assicurata anche mediante tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi e, nelle scale lunghe più di 4 metri, anche sotto un piolo intermedio. La stabilità della scala appoggiata viene garantita diminuendo la sua larghezza (misurata tra le facce interne dei montanti) a mano a mano che si procede in altezza.

Lo sbandamento o slittamento viene impedito dotando le estremità di dispositivi antisdrucciolevoli, superiormente sono usati anche ganci di trattenuta.

Le scale in metallo vengono realizzate in acciaio o in leghe leggere e sono protette

dalla ossidazione con vernici speciali, specialmente vicino agli attacchi dei pioli. I loro montanti possono essere semplici o doppi a sezione piena o profilata. Anche i

pioli possono essere alternativamente piani o tubolari e con superficie liscia o nervata. I pioli più sicuri sono quelli con superficie piana e nervata. Come nelle scale in legno va curato in modo particolare il collegamento dei pioli ai

montanti, esso va fatto preferibilmente ad incastro completato da saldatura o ribattitura.

I dispositivi antisdrucciolevoli inferiori e quelli di appoggio o trattenuta superiori sono simili a quelli delle scale in legno, salvo qualche adattamento.

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CRITERI DI SICUREZZA NELLA SCELTA, IMPIEGO, MANUTENZIONE E’ bene evitare l’impiego di scale metalliche in vicinanza di apparecchiature o linee

elettriche scoperte e sotto tensione. Verificare, prima dell’uso, la conservazione della scala nonché dei vari dispositivi di

trattenuta o antisdrucciolevoli. Nei lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione i montanti

devono sporgere di almeno 1 metro oltre il piano di accesso, anche ricorrendo al prolungamento di un solo montante, purché saldamente fissato.

Verificare che l’inclinazione sia tale da non indurre sollecitazioni flessionali aggiuntive, tenendo conto del prolungamento del montante, la lunghezza più indicata per un dislivello h risulta

L = 1.03 (h + 1 m). Accertarsi che l’estremo superiore di un piolo della scala sia allo stesso livello del

bordo del piano di servizio. Verificare che le scale siano sistemate e vincolate. Nel caso di utilizzo di scale di lunghezza superiore agli 8 metri è necessaria

l’applicazione di saettoni e tiranti formanti rompitratta di irrigidimento e tenuta verso la metà della scala.

Le scale portatili impiegate per collegare stabilmente i vari piani dei ponti vanno disposte in modo che non risultino l’una in prosecuzione dell’altra, sul lato esterno vanno provviste di un corrimano-parapetto.

La base d’appoggio della scala deve essere ben stabile e piana, se vi è una tavola o un altro elemento di ripartizione (come su terreni cedevoli) essa deve essere unica per i due montanti.

Sugli impalcati occorre evitare di concentrare il carico su una tavola, lo si deve distribuire su più di una tavola e su più di un traverso.

Non vanno installate scale contro o vicino a porte che si aprono verso di esse né su luoghi di passaggio di veicoli, a meno che non vengano praticati sbarramenti o prese altre efficaci precauzioni.

Le scale non devono mai servire ad usi diversi da quelli per cui sono state costruite e tanto meno essere adoperate in posizione orizzontale perché ciò (oltre ad altri eventuali pericoli) darebbe facilmente luogo a sforzi eccessivi, tali da ridurre la loro resistenza al momento del normale reimpiego.

Nel consegnare le scale a chi deve usarle è necessario ricordare le principali norme d’uso (ENPI scheda tecnica 91-1), fra cui:

• sulla scala deve trovarsi una sola persona per volta, la quale non deve trasportare carichi eccessivi (la maggior parte delle scale è calcolata per una massa di 100 kg complessiva di uomo e materiale),

• almeno una mano deve restare libera di tenersi ai pioli, • tanto nella salita quanto nella discesa occorre tenersi sulla linea mediana, con

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il viso rivolto verso la scala e le mani posate sui pioli o sui montanti, • occorre tenersi con il volto verso la scala stessa, senza spostarsi

eccessivamente ai lati o all’interno né fare movimenti bruschi, • gli attrezzi e utensili vanno tenuti entro borse portate a tracolla o fissati alla

cintura per evitarne la caduta e per avere libere le mani, • non si deve saltare a terra dalla scala, • vanno tenuti sgombri da qualsiasi materiale i posti di accesso alla scala in alto

e in basso, • ogni spostamento della scala, anche piccolo, va eseguito a scala scarica di

persone, • nel trasporto di scale a spalla, occorre tenerle inclinate, mai orizzontali,

specie quando la visuale è limitata, come per esempio nelle svolte, • nel maneggio di scale metalliche va evitata ogni possibilità di contatto con

apparecchiature e linee elettriche, • non si devono usare le normali scale per sostenere ponteggi di nessun genere, • alla fine dell’uso ogni scala va riportata al deposito, • le scale vanno conservate in luoghi asciutti ed arieggiati, ben riparate dalle

intemperie e lontane da sorgenti di calore eccessivo (non vanno ammucchiate, ma riposte separatamente sia in posizione verticale sia in posizione orizzontale e sospese da terra ad appositi ganci).

INTERFERENZE

Transito e sosta di persone e mezzi nelle zone sottostanti

Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo e simili deve essere impedito con barriere o protetto con l’adozione di misure o cautele adeguate (articolo 5 DPR 164/1956).

Inoltre, occorre provvedere alla predisposizione di un’idonea segnaletica, conforme al D.Lgs. 494/1996, sia per il periodo diurno che notturno che evidenzi i rischi presenti nelle singole aree di intervento. Urto accidentale di veicoli

E’ importante adottare tutti gli accorgimenti necessari ad evitare l’investimento e l’urto diretto dei montanti da parte di automezzi o altro (articolo 1 DM 115 del 3/3/1990).

In particolare, soprattutto se il ponteggio è sistemato in un centro abitato, è necessario collocare lampade di segnalazione sui montanti agli angoli del ponte e nelle sporgenze sulla strada.

Protezione delle zone sottostanti ove si svolgano altre lavorazioni

A protezione delle zone sottostanti dalla caduta dall’alto di materiali e oggetti il

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piano di calpestio di un ponteggio deve essere provvisto di parapetto, tavola fermapiede, mantovana ed eventuali teli per materiali volatili, come già ampiamente discusso.

Tuttavia, nelle immediate vicinanze dei ponteggi, qualora si svolgano operazioni a carattere continuato (preparazione di conglomerati e piegatura dei ferri), si deve costruire una solida tettoia ad altezza non maggiore di 3 metri da terra.

Nelle zone di transito è consigliabile provvedere alla fasciatura dei morsetti, per evitare lesioni ai passanti.

Lavori in prossimità delle linee elettriche

L’articolo 11 del DPR 164/1956 (è valido per qualunque tipo di lavoro a prescindere dalla presenza di un ponteggio) fissa le regole da osservarsi quando si eseguono lavori in prossimità di elettrodotti con cavi sospesi, esse possono essere riassunte come segue.

Normalmente, non possono eseguirsi lavori a distanza minore di 5 metri da linee elettriche aeree. È possibile derogare a tale divieto a due condizioni:

• deve essere data segnalazione all’esercente delle linee, • deve essere adottata da parte di chi dirige i lavori un’adeguata protezione atta

ad evitare accidentali contatti o pericolosi avvicinamenti ai conduttori.

CONDIZIONI METEREOLOGICHE AVVERSE

Forte vento

In caso di forte vento o temporale è buona norma abbandonare il ponteggio. Nelle località che per esposizione o altitudine comporti condizioni severe di vento e

neve, anche per ponteggi di altezza inferiore a 20 metri, è necessario effettuare apposito calcolo mediante ipotesi di carico semplificative. (Circolare gennaio 1969).

E’ vietato montare sul ponteggio tabelloni pubblicitari, graticciati, teloni o altre schermature, se non siano prese le necessarie cautele costruttive, come l’aumento degli ancoraggi diagonali, in conformità ad un calcolo firmato, in relazione all’azione del vento nella zona dove il ponteggio è installato e tenendo conto del grado di permeabilità delle strutture servite.

Pioggia e sdrucciolevolezza dell’impalcato

In caso di pioggia, o comunque quando l’impalcato sia bagnato, si acuisce il rischio di scivolare o cadere, evento pericoloso specie quando coinvolge persone che trasportano materiali o attrezzi, nei ponteggi può avere esiti ancora più gravi,

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nonostante la presenza di parapetti e tavole fermapiede. Un impalcato ben conservato, con la superficie sufficientemente piana, scevra da

ammaccature o asperità e poco sdrucciolevole è importante per garantire un piano di calpestio sul quale i percorsi e gli stazionamenti degli operai possano avvenire in sicurezza.

L’assito in tavole di legno massiccio è in grado di assorbire una certa quantità di acqua senza diventare eccessivamente scivoloso, ma il legno è materiale che teme le variazioni di umidità e finisce, alla lunga, per deteriorarsi. Probabilmente il suo pregio maggiore è quello di conservarsi indeformato a seguito di urti, molto frequenti in fase di montaggio e smontaggio del ponteggio, ma anche in fase di esercizio, a causa della caduta di utensili più o meno pesanti.

Tale vantaggio si ritrova nei pannelli in legno multistrato, unito a quello derivante da specifici trattamenti antisdrucciolo, infatti i pannelli vengono rivestiti da un film di resina fenolica. Tuttavia, non ci sono certezze sulla durabilità di questi trattamenti, nei confronti dell’esposizione agli agenti atmosferici ed alle abrasioni da parte di attrezzi e materiali poggiati o rovesciati sulla loro superficie; dato che gli impalcati a struttura metallica e legno multistrato sono stati introdotti di recente (ed in Italia non sono ancora utilizzati), un giudizio sulle loro prestazioni antisdrucciolo, potrà essere formulato con cognizione di causa solo tra qualche tempo.

Probabilmente il comportamento migliore è quello degli elementi da impalcato in alluminio goffrato (cioè impressione a rilievo) e forato, essi sono molto resistenti agli attacchi chimici, non temono (neanche sul lungo periodo) gli sbalzi di umidità e le loro proprietà antisdrucciolo sono ottenute con un trattamento di tipo fisico-meccanico di sicura durata, questa lavorazione previene anche il ristagno dell’acqua.

Al di là delle proprietà intrinseche degli elementi utilizzati, è importante rimuovere prontamente dagli impalcati i detriti e le incrostazioni che alterano la qualità delle superfici di calpestio.

Protezione contro le scariche atmosferiche

Il DPR 547 del 27/4/1955 articolo 39 impone che le strutture metalliche installate all’aperto, quali per esempio ponteggi e gru, di notevole dimensione devono essere sempre protette contro le scariche atmosferiche. Poiché la protezione contro le scariche atmosferiche è necessaria solo se la struttura è di notevole dimensione, per stabilire tale caratteristica si deve ricorrere alle norme CEI 81.1. La norma, stabilisce la necessità di introdurre tale protezione, in funzione delle caratteristiche della struttura e della sua ubicazione, mediante un procedimento analitico di calcolo.

MANUTENZIONE E PRECAUZIONI D’USO Un aspetto centrale ai fini della sicurezza di un ponteggio metallico è rappresentato

dalla sua corretta manutenzione. Gran parte delle attrezzature in circolazione nel nostro Paese erano in origine di

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ottima qualità, ma con il tempo e l’incuria dei proprietari si sono deteriorate, così un certo numero degli infortuni in cantiere è dovuto all’impiego di ponteggi non più idonei ad essere utilizzati.

Già nel DPR 164/1956 si legge (all’articolo 37) che: “i vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con

verniciatura, catramatura o protezioni equivalenti”; è chiaro che tale protezione dovrà essere estesa anche alle scale che collegano i vari

impalcati del ponteggio ed, in definitiva, a tutte le opere provvisionali metalliche (puntelli, cavalletti e via dicendo).

Attualmente un ponteggio esce dalla fabbrica protetto contro la corrosione e l’abrasione o da una verniciatura o da una zincatura (talvolta vengono applicati entrambi i procedimenti). La verniciatura viene realizzata a spruzzo oppure attraverso pennello. Il primo metodo è efficace su superfici di una certa estensione, il secondo è, di solito, applicato ai tubi. La zincatura può essere fissata a freddo o più efficacemente (ma anche meno economicamente) a caldo. Quasi tutti i produttori dispongono di impianti sufficientemente moderni ed attrezzati per conseguire buoni risultati, ma la durata dello strato protettivo, vernice o zinco che sia, dipende molto dal suo spessore (variabile tra gli 8 ed i 20 millesimi di millimetro).

Il discorso sulla conservazione degli elementi non può, però, essere limitato alla loro protezione superficiale ed al suo periodico ripristino. Essi possono, ad esempio, subire deformazioni permanenti o rotture di vario tipo e non è certamente ammissibile una loro riparazione con metodi artigianali (ad esempio la saldatura eseguita da un fabbro).

La circolare n. 46 dell’11/7/2000, emanata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, contiene una serie di verifiche che l’utilizzatore deve eseguire prima di ogni montaggio del ponteggio. In sostanza è necessario controllare visivamente o con strumenti semplici (quali fili a piombo e piani di riscontro), tanto lo stato di conservazione della protezione contro la corrosione, quanto gli spessori, l’integrità dell’elemento e l’assenza di deformazioni; per dispositivi comunque esposti ai guasti (basette regolabili, giunti, perni, etc.) è necessaria anche una semplice verifica funzionale (regolare avvitamento, ad esempio).

I provvedimenti da prendere nel caso di esito negativo dei riscontri possono consistere nel ripristino della protezione superficiale o nella pulizia ed ingrassaggio di parti filettate, ma non possono spingersi molto oltre (salvo la possibilità di qualche intervento da parte del fabbricante), i pezzi presentanti riduzioni di spessore fuori tolleranza, cricche, rotture o altri ammaloramenti dovranno essere scartati, così pure quelli sui quali il marchio non venga rinvenuto o sia difforme da quello previsto nel libretto di autorizzazione ministeriale.

Come ogni opera provvisionale, il ponteggio va conservato in buone condizioni di

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manutenzione per continuare ad essere sicuro e stabile, tenute anche nel debito conto le continue sollecitazioni cui è sottoposto, quelle atmosferiche-ambientali oltre a quelle d’uso.

(Art. 7 DPR 164 e Art. 374 DPR 547) E’ opportuno, dunque, che non solo gli addetti che lo usano controllino il

ponteggio, ma anche che tale preoccupazione faccia parte dei continui compiti del capo cantiere. Questi deve provvedere, ad intervalli periodici o dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungate interruzioni di lavoro, alla verifica delle condizioni di conservazione dell’insieme e dei particolari.

Periodicamente si controllerà:

♦ lo stato degli ancoraggi, ♦ la verticalità dei montanti., ♦ l’efficienza dei collegamenti, degli ancoraggi e degli elementi di

controventatura curando l’eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti. Particolare attenzione va inoltre posta ai parapetti, agli accessi, alla completezza

degli intavolati, assicurando che i piani di calpestio non manchino di tavole. (Art. 37 DPR 164)

Giornalmente è opportuno controllare: ♦ la regolarità degli impalcati e dei sistemi di protezione contro le cadute di

materiali e persone, ♦ il rispetto dei limiti di sovraccarico e del numero di impalcati scarichi e ♦ l’efficienza delle protezioni elettriche.

Un controllo più accurato deve essere eseguito quando si prende in carico

un cantiere avviato con opere provvisionali e ponteggi già installati o in fase di completamento.

Qualsiasi elemento di ponteggio ritenuto idoneo al reimpiego va tenuto separato

dal materiale non più utilizzabile. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi esterni con verniciatura, catramatura o protezioni equivalenti, badando a mantenere decifrabile il marchio del costruttore.

(Art. 37 DPR 164)

Il legname non in perfette condizioni va immediatamente alienato. Le tavole, liberate subito dai chiodi per evitare graffiature e punture pericolose, devono essere pulite e conservate in luoghi asciutti e ventilati, senza contatto con il terreno.

FORMAZIONE DEL PERSONALE Come stabilito dalle vigenti norme in materia di sicurezza sul lavoro, gli operai che

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accedono al ponteggio, specialmente gli addetti al suo montaggio e smontaggio, devono ricevere un’adeguata formazione ed essere correttamente informati dei rischi cui vanno incontro.

Anche per l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) messi a loro disposizione i lavoratori devono ricevere specifico addestramento, questo è particolarmente importante per l’utilizzo della cintura di sicurezza.

Il coordinatore della sicurezza, o, in alternativa, il responsabile di cantiere, deve predisporre strategie di controllo efficaci per evitare che possano verificarsi interventi di rimozione delle cautele antinfortunistiche (per esempio l’estrazione di parapetti con l’intenzione di facilitare il trasporto di oggetti ingombranti).

Va controllato non solo l’operaio del personale di cantiere, ma anche quello delle ditte subappaltanti lavori speciali. Il coordinatore per la sicurezza, deve peraltro accertare personalmente che i ponteggi e le strutture concesse o date in uso a tali imprese siano in perfette condizioni di sicurezza.

Per la fase di montaggio e smontaggio è fondamentale procedere alla preliminare individuazione dei preposti cui devono essere comunicati per iscritto i compiti loro affidati.

SISTEMI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE E COLLETTIVA Sistemi di protezione individuale

Il riconoscimento di efficacia di un sistema individuale anticaduta per gli addetti al montaggio e allo smontaggio dei ponteggi metallici è stata effettuata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con DM 25 maggio 1992, n. 466.

Le attrezzature che il decreto reputa capaci di contenere l’altezza di caduta libera entro il limite massimo di 1,50 metri, senza pregiudizio per la mobilità del lavoratore richiesta dalle operazioni di montaggio e smontaggio dei ponteggi, sono costituite da:

• una cintura di sicurezza di tipo speciale comprendente, oltre l’imbracatura, l’argano di trattenuta provvisto di freno a dissipazione di energia,

• una guida rigida da applicare orizzontalmente ai montanti interni del ponteggio, immediatamente al di sopra o al di sotto dei traversi di sostegno dell’impalcato,

• un argano d’ancoraggio scorrevole lungo la suddetta guida, provvista di attacco per la cintura di sicurezza.

I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti devono disporre ed esigere che i

lavoratori, durante l’uso di tali attrezzature, indossino, quali ulteriori mezzi di protezione individuale idoneo casco con sottogola, calzature con suola flessibile antisdrucciolevole e guanti. I lavoratori sono obbligati ad utilizzare i mezzi di protezione.

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L’imbracatura è un dispositivo di presa a nastri con cui viene inviluppato il corpo ed essa ha la possibilità di registrazione e di adattamento a varie taglie dei lavoratori. Essa è provvista di un anellone (organo d’attacco conformato ad anello) posizionato in modo da risultare sul dorso dell’utente e capace di vincolare l’imbracatura all’estremità libera dell’organo di trattenuta.

L’imbracatura non deve costituire intralcio all’attività lavorativa e, nello svolgimento di questa, deve essere utilizzabile senza apprezzabile fastidio.

In caso di caduta del lavoratore deve trasmettere e ripartire sulle parti fisiologicamente più idonee a resistervi, le sollecitazioni dinamiche (indotte nella fase d’arresto della caduta) ed infine fornire una conveniente posizione d’attesa al lavoratore trattenuto in sospensione.

I nastri ed i fili di cucitura devono essere realizzati con fibre tessili sintetiche resistenti alle muffe ed alle sollecitazioni dinamiche, poco sensibili ai fenomeni d’invecchiamento: fibre utilizzabili sono quelle ricavate da poliammidi e poliesteri. I fili di cucitura devono essere di colore diverso da quello dei nastri in modo da agevolare il controllo a vista delle cuciture.

L’imbracatura deve essere accuratamente rifinita in ogni sua parte e gli accessori metallici devono essere conformati, disposti e, se necessario, protetti in modo da evitare che la loro presenza possa risultare mal tollerata o ferire il corpo dell’utilizzatore.

Sul certificato di prova vanno riportate tutte le prove effettuate, precisando per ognuna le condizioni sperimentali realizzate ed il risultato.

L’argano di trattenuta è la parte flessibile mediante la quale l’imbracatura viene

collegata all’argano d’ancoraggio scorrevole dell’attrezzatura. E’ fornito di freno incorporato ed, alle due estremità, di dispositivo di collegamento (moschettone e gancio). Il freno ha lo scopo di assorbire e dissipare parte dell’energia cinetica acquistata dal corpo in caduta libera, in modo da contenere entro limiti prefissati la sollecitazione trasmessa nella fase d’arresto della caduta.

Il freno può essere realizzato sfruttando soluzioni diverse quali:

• la scucitura progressiva di un nastro, • l’allungamento elastoplastico di un elemento, • la frenatura meccanica di una corda (per esempio forzandone il passaggio in

un foro calibrato).

In ogni caso l’intervento del freno per l’arresto di una caduta comporta un allungamento dell’argano di trattenuta, interpretabile come spazio di frenata.

Il freno, quale che sia la sua realizzazione, deve superare le prove di qualità. Le parti terminali delle corde e dei nastri devono essere trattate in modo da evitare

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aperture e sfilacciamenti. La lunghezza complessiva dell’argano di trattenuta con freno incorporato non deve

superare 2 metri. L’argano di trattenuta è giudicato idoneo all’impiego se tutti gli accertamenti ed i

risultati delle prove di qualità sono positivi. Gli addetti al montaggio e allo smontaggio dei ponteggi metallici godono della

mobilità necessaria allo svolgimento del lavoro mediante la guida rigida con argano d’ancoraggio scorrevole che è un dispositivo, vincolato ai montanti del ponteggio, capace di fornire all’argano di trattenuta dell’attrezzatura protettiva l’ancoraggio mobile. E’ costituita dai seguenti elementi:

• guida rigida ad asse rettilineo, • organi d’attacco con i quali la guida viene vincolata ai montanti del

ponteggio, • organo scorrevole lungo la guida provvisto di attacco anulare per l’aggancio

del dispositivo di trattenuta, • arresti fissi che, applicati alla guida, consentono di limitare la corsa

dell’organo scorrevole entro prefissati limiti. I costituenti metallici devono essere realizzati impiegando materiali qualificati e

tecnologie costruttive che garantiscono ai prodotti finiti un’adeguata resistenza alle sollecitazioni d’urto. Devono, inoltre, risultare resistenti o protetti contro la corrosione. Gli organi d’attacco delle guide ai montanti e gli arresti fissi devono essere posizionati o posizionabili sulle guide con passo uguale all’interasse di stilata del ponteggio. Gli attacchi assiali dei tronchi di guida devono, oltre a stabilire la continuità della guida, essere concepiti in modo da non creare lungo questa punti di minor resistenza. Il sistema comprendente la guida, l’argano o l’ancoraggio scorrevole, gli attacchi e gli arresti fissi è giudicato idoneo all’impiego se tutti gli accertamenti e tutti i risultati delle prove di qualità sono positivi.

Sistemi di protezione collettivi

Il principale sistema di protezione è il rispetto della relazione tecnica in cui sono descritte le funzioni degli elementi impiegati. Quando si usano gli schemi diversi da quelli delle autorizzazioni è opportuno che i piani di ponteggio abbiano:

• altezza minima di transito, misurata dal piano dell’impalcato, non inferiore a 1,65 metri,

• larghezza minima utile di transito non inferiore a 0,60 metri. Gli altri sistemi di protezione collettiva sono, come già osservato: • il piano di calpestio costituito da tavole assicurate contro gli spostamenti e tra

loro accostate,

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• il ponte di sicurezza, • le tavole parasassi, • la recinzione sulle vie di transito sottostanti il ponteggio, • la protezione contro le scariche atmosferiche.

DOCUMENTAZIONE A disposizione degli ispettori della prevenzione infortuni (Ispettorato del Lavoro ed

USSL) chi utilizza un ponteggio metallico deve conservare in cantiere una serie di documenti:

a. copia della autorizzazione ministeriale per il tipo di ponteggio utilizzato, nonché la relazione tecnica prodotta dal costruttore, nella quale sono contenute tra l’altro le dettagliate istruzioni per il montaggio, l’impiego e lo smontaggio;

b. disegno esecutivo del ponteggio, che deve essere conforme ad uno degli schemi tipo fornito dal fabbricante (nel caso di ponteggio inferiore a m. 20). Qualsiasi modifica al ponteggio nell’ambito dello schema tipo può essere effettuata soltanto se compatibile con la stabilità e deve essere prontamente riportata sul disegno esecutivo da tenere continuamente aggiornato. Questo documento va firmato dal responsabile del cantiere che attesta la rispondenza allo schema tipo di quanto messo in opera. Sul disegno va riportata l’indicazione del tipo di ponteggio usato, degli appoggi, degli ancoraggi e dei sovraccarichi massimi per metro quadrato;

(Art. 33 DPR 164) c. il documento di cui al punto b. viene sostituito da progetto e disegno esecutivi

firmati da ingegnere o architetto abilitato all’esercizio della professione ed iscritto all’albo professionale, nel caso di:

ponteggio superiore a m. 20, ponteggio non conforme agli schemi tipo della autorizzazione

ministeriale, ponteggio destinato ad opere speciali o di notevole importanza e

complessità. d. calcolo firmato da ingegnere o architetto abilitato dei nuovi aggiuntivi ancoraggi

e delle ulteriori controventature in relazione all’azione del vento presumibile per

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la zona ove è montato il ponteggio nel caso in cui sulla struttura vengano installati tabelloni pubblicitari, graticciati o altri tipi di schermature. Questo indipendentemente dal fatto che il ponteggio sia stato montato secondo uno schema tipo;

e. relazione di calcolo e disegno esecutivo, con la chiara indicazione di controventi, irrigidimenti e ancoraggi, per eventuali castelli di tiro o piazzole di carico non contemplati nella autorizzazione ministeriale;

f. relazione di calcolo e disegno esecutivo quando si tratti di ponteggio misto, vale a dire formato con l’impiego di elementi di ponteggi di tipo diverso e/o misto, ancorché trattasi di ponteggi autorizzati. In mancanza di apposita progettazione, infatti, ci si troverebbe di fronte ad un assemblaggio non conforme a quanto indicato sulla autorizzazione ministeriale.

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ALTRE OPERE ED ATTREZZA TURE PROVVISIONALI In tutti i lavori eseguiti ad una altezza superiore a m. 2 per evitare il pericolo di

caduta di persone e cose é obbligatorio ricorrere ad opere provvisionali. Il ponteggio non rappresenta l’unica opera provvisionale. Tempo, esperienza,

necessità e tecnica hanno consentito di mettere a punto altre soluzioni e possibilità, la cui scelta é ovviamente legata all’attività da svolgere e da portare a compimento, al tipo di lavoro e di cantiere, alla loro durata, alla disponibilità dell’impresa realizzatrice ed a tanti altri fattori, variabili di caso in caso. Non é detto, poi, che una opera provvisionale escluda l’altra, anzi, sovente, la loro integrazione efficace può risultare fondamentale nell’economia di un cantiere ben gestito.

Non dimenticando mai che il ponteggio realizzato a regola d’arte costituisce

comunque sempre una soluzione ottimale, in quanto completa ma anche adattabile e sicura, si vedano ora le principali opere ed attrezzature grazie alle quali si può operare in sicurezza a quote diverse.

PARAPETTO

Premessa fondamentale é la chiarificazione a livello strutturale e dimensionale del parapetto, sempre presente, in forme e modi diversi, come protezione verso il vuoto a impedire la precipitazione dall’alto.

In senso generale, per parapetto si intende

una barriera verticale eretta lungo i bordi esposti di una apertura nel suolo o nelle pareti, di un ripiano o di una piattaforma, avente lo scopo di impedire la caduta di persone. Si dice parapetto normale quello che soddisfa alle seguenti caratteristiche:

sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione,

abbia una altezza utile di almeno m. 1,

sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed inferiore,

sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell’insieme ed in

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ogni sua parte, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione

(Art. 26 DPR 547) E’ considerato parapetto normale con arresto al piede quello appena definito,

ma dotato di fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno cm. 20. Scopo di questa fascia é quello di impedire la caduta di oggetti nel piano sottostante, nonché di evitare le conseguenze derivanti dall’eventuale slittamento del piede delle persone che transitano nel tratto delimitato dal parapetto. In edilizia i parapetti devono essere del tipo con arresto al piede e non deve rimanere mai uno spazio vuoto in senso verticale superiore a cm. 60 tra il mancorrente e la tavola fermapiede.

Correnti e tavola fermapiede vanno sempre applicati dalla parte interna

dei montanti o degli appoggi sia quando fanno parte dell’impalcato di un ponteggio che in qualunque altro caso.

Va da sé che è considerata. equivalente al parapetto appena sopra definito

qualsiasi altra protezione, quale muro, parete piena di altro materiale, ringhiera, lastra, grigliato, balaustrata e simili, capace di realizzare condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti non inferiori a quelle richieste ed indicate.

La misura della tavola fermapiede nei castelli di tiro e nei piani di carico in

genere, sale da cm. 20 a cm. 30. (Art. 56 DPR 164)

Il parapetto del ponte sospeso è così composto: corrente superiore tubo da cm 4 di diametro, correnti intermedi, arresto al piede di cm. 20, distanze verticali fra i vari elementi non maggiori di cm 30.

(Art. 41 DPR 164)

PROTEZIONI VARIE Nel corso dei lavori edili in genere, prima di giungere alla loro conclusione

possono venire a crearsi delle aperture verso il vuoto, le quali costituiscono un gravissimo pericolo. E’ assolutamente tassativo proteggerle tutte, indipendentemente dalla grandezza e dalla profondità.

Concetto ben ribadito

dall’art. 10 DPR 547 che dice: “Le aperture esistenti nel suolo

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o nel pavimento dei luoghi o degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone.”

(Art. 10 DPR 547) Ciò è ulteriormente confermato dall’ancora più specifico e puntuale art. 68

DPR 164, che suona così: “Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate

da normale parapetto e da tavole fermapiede oppure devono essere coperte da tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio... Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m. 0.50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone".

(Art. 68 DPR 164) A seconda della natura e delle funzioni delle aperture stesse nei solai o nelle

pareti, i sistemi che di norma si adottano sono del tipo a copertura o a parapetto.

Aperture nei solai Per quelle meno importanti è sovente sufficiente predisporre un tavolato

robusto, fissato in modo solido affinché si mantenga in posizione giusta e non scivoli via. La resistenza deve altresì essere assicurata ed essere almeno pari a quella di un ponte di servizio.

Per aperture più grandi è senz’altro meglio fare uso di un parapetto normale, in

legno o metallo, solidamente strutturato ed ancorato lungo tutto il perimetro del vano.

Aperture nelle pareti

Aperture come quelle per balconi, porte, finestre, vani di ascensore, scale e così via devono essere protette. Lo si può fare nei modi ritenuti più opportuni, ad esempio, con sbarramenti, parapetti fissi. Tipico il caso dei pianerottoli e delle rampe di scale in costruzione. Fino a che il parapetto o la ringhiera di progetto, quindi definitivi, non sono montati questi luoghi di transito vanno assolutamente protetti.

A proposito di vani scala è bene

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ricordare, nel caso in cui la scala abbia un vuoto centrale, la necessità di sistemare un robusto impalcato all’altezza del primo solaio per evitare che persone in sosta o passaggio al piano terra possano essere investite da materiale in caduta dai piani superiori.

(Art. 69 DPR 164) Un caso particolare riguarda le aperture per il passaggio di materiali nei solai o

nelle pareti da un piano all’altro, di solito con l’uso di un apparecchio di sollevamento. E’ sempre indispensabile la dovuta protezione garantita dal parapetto con arresto al piede lungo tutto il perimetro. Tale precauzione riguarda anche l’area di arrivo/partenza o aggancio/sgancio del carico, collocata al piano terra, con la sola eccezione della tavola di arresto al piede, a questo piano inutile.

(Art. 193 DPR 547) Il parapetto deve essere completo, vale a dire posto anche sui lati delle aperture

dove si effettua il carico e lo scarico. Quando la cosa, per le caratteristiche dei materiali in manovra, sia difficile da

attuare e mantenere in opera, ma solo in questo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera va tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.

(Art. 193 DPR 547) Questa protezione serve, fra l’altro, non solo a garantire i lavoratori dalla

caduta nel vuoto ma anche da eventuali urti o dalla precipitazione del carico manovrato.

ANDATOIE E PASSERELLE

Servono per accedere ai luoghi più diversi del cantiere, per superare dislivelli o vuoti, per approdare a piani di lavoro posti a quote diverse. Come sempre nel caso di opere provvisionali, vanno dimensionate, realizzate e mantenute a regola d’arte.

La norma impone una larghezza non minore a cm. 60 quando sono

destinate solo al transito dei lavoratori, per passare a m. 1.20 nel caso di trasporto materiali.

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La pendenza non deve superare il 50% (altezza pari a non più della metà della

lunghezza) anche se il rapporto del 25% è assai più raccomandabile ai fini della sicurezza.

Se la lunghezza supera i m. 6-8 debbono essere interrotte da pianerottoli di

riposo. Per impedire scivolamenti sulle tavole che compongono il piano di calpestio

vanno fissati listelli trasversali a distanza di passo d’uomo carico, vale a dire cm. 40 circa.

Andatoie e passerelle vanno sempre munite verso il vuoto di parapetto normale con tavola fermapiede.

(Art. 29 DPR 164) PONTI SU CAVALLETTI

I ponti su cavalletti, assai in uso, costituiscono un’opera provvisionale da realizzare con cura. Sono costituiti da 2 o 3 cavalletti che sostengono un piano di calpestio, formato, di norma, da tavole in legno di cm 30 x 5 e lunghezza m. 4. Quando si usano tavole di dimensioni trasversali minori le precauzioni devono aumentare e, senz’altro, i cavalletti debbono essere almeno tre. La larghezza di tale impalcato non deve essere mai inferiore a cm. 90.

Possono trovare impiego solo per lavori da eseguirsi al suolo all’interno degli

edifici, specie per opere di muratura, intonacatura e simili. Se di altezza inferiore a m. 2 é consentito adoperarli senza parapetto. A questo proposito é bene precisare che per altezza deve intendersi quella di

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possibile caduta, non soltanto quella del cavalletto. Ciò significa che diventa necessario chiudere con parapetto anche il ponte su cavalletti di altezza inferiore a m. 2 installato però in prossimità di un dislivello che renda l’altezza della possibile caduta superiore a questa misura.

E’ tassativamente proibito:

installarli sugli impalcati del ponteggio, realizzare un ponte con più ponti su cavalletti sovrapposti, far sostenere il peso delle tavole che compongono il piano di lavoro da

appoggi di fortuna, quali pile di mattoni, sacchi di materiale, scale a pioli. L’appoggio dei cavalletti deve sempre essere garantito da un pavimento o piano

solido, compatto e livellato. I piedi dei cavalletti, per conferire maggiore stabilità all’insieme, devono essere irrigiditi con tiranti e diagonali e quando è necessario livellarli si deve ricorrere a spessori in legno e non a mattoni o a blocchi di cemento.

(Art. 51 DPR 164) La traversa superiore dei cavalletti deve essere piana e tale da realizzare un

buon ed esteso appoggio all’intavolato. Per norma la massima distanza consentita fra due cavalletti con tavole da m. 4

di cm. 30 x 5 é di m. 3.60, anche se l’esperienza invita ad utilizzare in ogni modo un terzo elemento di sostegno centrale, d’obbligo con tavole a sezioni inferiori. Senza il terzo cavalletto, infatti, le tavole vengono sollecitate al limite della resistenza.

Altro accorgimento, non previsto dalla norma, da non trascurare per meglio

ripartire la distribuzione dei carichi é quello di collegare le tavole con listelli di unione. Esse devono, in tutti i modi, risultare ben accostate fra loro, non presentare parti a sbalzo superiori a cm. 20 ed essere fissate ai cavalletti.

E’ anche importante impedire il passaggio sotto il ponte per mezzo di un

opportuno sbarramento posto fra i cavalletti.

PONTI A SBALZO

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Può capitare, in casi in cui particolari esigenze di luogo, spazio e tipo di intervento non permettono l’impiego di un normale ponteggio con montanti che partano dal suolo, di dover ricorrere all’uso dei cosiddetti ponti a sbalzo.

Si tratta di impalcati, realizzati in legno o con mensole metalliche che, saldamente ancorati alla costruzione, aggettano al di fuori del suo filo, consentendo agli addetti, pur senza disporre di un ponteggio, di compiere operazioni ed attività.

Sono ammessi in casi

particolari e, comunque, solo a condizione che la loro costruzione

risponda a rigorosi criteri tecnici, garantendone la solidità, la stabilità e la sicurezza. (Art. 25 DPR 164)

Per quelli realizzati in legno valgono i criteri costruttivi che seguono: intavolato compatto con parapetto pieno, larghezza non maggiore di m. 1.20, traversi di sostegno efficacemente ancorati a parti sicure e stabili

dell’edificio, poggianti su strutture resistenti e rigidamente collegati fra loro per impedire qualsivoglia spostamento.

Per le mensole metalliche valgono gli stessi principi di assoluta sicurezza, con

l’aggiunta che gli elementi fissi portanti risultino applicati alla costruzione con bulloni passanti, trattenuti dalla parte interna da dadi e controdadi su piastra o da chiavella, oppure con altri dispositivi che offrano piena garanzia di resistenza.

(Art. 26 DPR 164) Per questo tipo di ponteggio a sbalzo ricorre la necessità di elaborare una

relazione di calcolo. Per i ponti a sbalzo non é obbligatorio predisporre il sottoponte di sicurezza

così come richiesto dalla norma per i ponteggi fissi. (Art. 27 DPR 164)

II transito o lo stazionamento sotto i ponti a sbalzo deve essere impedito

oppure protetto con l’adozione di misure o cautele adeguate come, ad esempio, una robusta mantovana aggettante verso l’esterno all’altezza del solaio di copertura del piano terreno.

(Art. 5 DPR 164)

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PONTEGGI MOBILI

Si tratta di strutture realizzate con elementi componibili metallici tipo ponteggio in un’unica campata e mobili su ruote.

Non si identificano con i ponti sviluppabili, perché manca la presenza di un elemento in qualche modo sviluppabile (ad azionamento manuale, elettrico, oleodinamico). Né possono rientrare nella disciplina relativa alla autorizzazione ministeriale per i ponteggi metallici, in quanto non si tratta di struttura fissa, bensì mobile.

(Art. 30 DPR 164 e Art. 25 DPR 547) In essi, infatti, la stabilità é assicurata

contemporaneamente alla mobilità, vale a dire senza che non sia necessario disattivare le ruote e gli eventuali stabilizzatori per garantirne l’equilibrio.

(Art. 52 DPR 164) Per questo non sono soggetti ad

alcuna autorizzazione se operano costantemente su ruote e se previsti dal costruttore per essere impiegati senza l’adozione di stabilizzatori fino all’altezza e per gli usi cui sono effettivamente adibiti. Non potranno essere previsti carichi inferiori a quelli indicati per i ponteggi metallici destinati ai lavori di costruzione o manutenzione.

(Circ. 24/82) Le caratteristiche costruttive che devono contraddistinguere queste attrezzature

sono: altezza massima di m. 15, dal piano di appoggio all’ultimo ripiano di lavoro.

I ponteggi con altezza superiore a m.6 devono essere muniti di piedi stabilizzatori;

ruote metalliche con diametro almeno pari a cm. 20 e larghezza della fascia non inferiore a cm. 5, dotate di un meccanismo di bloccaggio;

dispositivo (livella o pendolo) alla base del ponteggio per il controllo della orizzontalità della base;

blocco all’innesto verticale fra due elementi del ponteggio per impedirne lo sfilo. Il blocco di diagonali e correnti deve essere tale da impedire lo sfilo

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accidentale. piani di lavoro e passaggio continui,con coefficiente non minore di 4

rispetto alla rottura, ben ancorati ai correnti di appoggio, protetti con parapetti normali e fermapiede alto cm. 20. Sono ammesse botole di passaggio purché richiudibili con coperchio praticabile.

le scale di accesso con inclinazione superiore a 75° vanno protette con paraschiena di sicurezza, a meno che non si adotti un dispositivo anticaduta da collegare alla cintura di sicurezza. Le scale con inclinazione inferiore a 75° devono avere gradini piani ed essere protette verso il vuoto.

sull’elemento di base deve trovare applicazione una targa riportante i seguenti dati:

• altezza massima, • portata massima, • numero massimo di piani di lavoro, • portata unitaria dei piani di lavoro, • numero delle persone ammesse per ciascun piano di lavoro, • peso del ponteggio in ordine di lavoro, • anno di costruzione, • numero di fabbrica, • ditta costruttrice, • divieto di avvicinarsi a meno di m. 5 da linee elettriche sia in fase di

lavoro che di spostamento), • avvertenze d’uso, • montaggio e smontaggio.

Sotto il profilo delle norme d’uso dei ponteggi mobili è importante:

rispettare le prescrizioni fornite dal costruttore, verificare il buon stato degli elementi, degli incastri, dei collegamenti, di

eventuali snodi, livellare la base del ponteggio per ottenerne la perfetta verticalità, montare il ponte mobile in tutte le sue parti, con tutte le sue componenti, usare i ripiani in dotazione e non impalcati di fortuna, predisporre sotto il piano di lavoro, a non più di m. 2.50, un regolare

sottoponte, bloccare le ruote durante lo stazionamento, non effettuare spostamenti con persone sopra.

PONTI SOSPESI

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I ponti sospesi possono essere: a) manuali, b) motorizzati. Nel primo caso, ponti sospesi

manuali, si tratta di impianti non più diffusi come un tempo, le cui caratteristiche di sicurezza sono regolamentate dal capo VI del DPR 164, dall’articolo 39 al 50.

Sono costituiti da impalcati in grado di portare più persone, appesi a funi azionate da argani per il movimento di salita e discesa. Le funi possono terminare in alto con ancoraggi fissi (travature) oppure traslanti in senso orizzontale (carrello mobile). L’installazione può essere provvisoria oppure permanente.

A seconda della portata delle dimensioni queste attrezzature si distinguono in:

ponti leggeri (100 kg/mq, larghezza m. 1, 2 argani) e ponti pesanti (portata a seconda dell’omologazione richiesta, larghezza

m.1.50, 4 argani). (Art. 39 DPR 164)

Gli aspetti principali legati alla sicurezza di un ponte sospeso possono

identificarsi nei seguenti: struttura, argani, sostegni, utilizzo. La struttura, che é normalmente mista, cioè costituita da elementi metallici e in

legno, si articola in unità di ponte, non superiori a m. 3 di lunghezza, che possono essere collegate fra loro in modo diretto e contiguo, ossia senza inserzione di passerelle intermedie.

Il piano di calpestio, se in legno, deve essere composto da tavole con spessore

non inferiore a cm. 4, assicurate contro gli spostamenti. (Art. 40 DPR 164)

Per i ponti leggeri su tutti i lati verso il vuoto ci devono essere dei parapetti

normali, con distanze libere verticali fra gli elementi non maggiori di cm. 30. Per i ponti pesanti, a condizione che la distanza dal fabbricato non superi i cm.

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10 o l’eventuale maggiore vuoto risultante sia protetto sino a tale misura, il parapetto prospiciente la costruzione può omettersi salvo mantenere una sponda di arresto al piede di almeno cm. 5.

(Art. 41 DPR 164) Gli argani che comandano il movimento del ponte sospeso devono essere dello

stesso tipo e portata. (Art. 39 DPR 164)

Possono essere comandati mediante leva, manovella, volantino. Devono essere rigidamente connessi ai telai di sospensione, a discesa

autofrenante e muniti di dispositivo di arresto (arpionismo). Se sono a tamburo, il suo diametro non deve essere inferiore a 12 volte quello

della fune. Se a frizione, devono essere muniti di fune di guardia con blocco, per impedire scivolamenti, a sua volta protetta da un paracadute di fermo.

Gli argani debbono portare una targhetta, collocata in posizione visibile,

indicante: il carico massimo utile, il numero ammissibile delle persone riferite all’argano stesso, la casa costruttrice, l’anno di costruzione e il numero di matricola.

(Art. 42 DPR 164) Le funi dovranno essere certificate da una completa documentazione tecnica

prodotta dal costruttore. Da rammentare il coefficiente di sicurezza k che non deve risultare inferiore a 10.

(Art. 43 DPR 164) Particolare attenzione meritano le travi e le strutture di sostegno che

sorreggono le funi degli argani che movimentano il ponte sospeso e dalle quali dipende l’intera stabilità del sistema. Devono essere oggetto di apposito calcolo per ogni singola specifica installazione, tenendo in conto un coefficiente di sicurezza non inferiore a 6. Sono vietati ancoraggi con contrappesi.

(Art. 44 DPR 164) Nel caso in cui il sostegno superiore del ponte sospeso non sia fisso o

provvisorio, ma realizzato con struttura mobile, i sopra riportati criteri di sicurezza alla stabilità vanno confermati, unitamente ai rigorosi requisiti di sicurezza contro il

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ribaltamento. Si precisano, nel seguito, alcuni punti per l’utilizzo in sicurezza di un ponte

sospeso azionato manualmente: non sono ammessi sul ponte i minori di anni 18 e le donne,

(Art. 48 DPR 164) i lavoratori addetti devono essere edotti in merito al giusto uso

dell’impianto e salire muniti di cintura di sicurezza, (Art. 48 DPR 164)

ad ogni livello di lavoro il ponte deve essere ancorato a parte stabile della costruzione,

(Art. 46 DPR 164) il ponte sospeso non deve mai essere usato come apparecchio di

sollevamento né vi si devono installare apparecchi del genere, (Art. 46 DPR 164)

l’accesso e la discesa dal ponte devono avvenire, a seconda delle varie condizioni di impiego, da punti e con mezzi tali da rendere sicuri il passaggio e la manovra,

(Art. 45 DPR 164) prima di procedere al sollevamento o all’abbassamento del ponte, si deve

accertare che non esistano ostacoli al movimento e che il ponte non sia sovraccaricato. La manovra deve essere simultanea per tutti gli argani di manovra senza una pendenza superiore al 10%.

(Art. 47 DPR 164) Gli argani per ponti sospesi ed i ponti sospesi non motorizzati devono

essere sottoposti ad omologazione da parte dell’ISPESL, che rilascia libretto e targhetta, e, quindi, sottoposti a verifiche periodiche successive con scadenza biennale da parte della Sezione Fisico Impiantistica dei Laboratori di Sanità Pubblica delle ASL (art. 50 DPR 164 e D.M. del 12.9.1959 alle voci modelli F e G). La verifica trimestrale delle funi degli argani é a carico dell'utilizzatore che ne registra l’esito su libretto.

Per ponti sospesi motorizzati si intendono piattaforme o navicelle, di

qualunque forma geometrica, sollevate da argani a motore, a mezzo di organi flessibili, destinate al sollevamento di persone e materiali inerenti il lavoro da eseguire con esclusione di altri materiali.

II loro uso non é frequente e vengono soprattutto installati in modo

permanente sulle coperture di edifici con grandi superfici vetrate, al fine di poterne curare pulizia e manutenzione. Possono comunque trovare applicazione provvisoria durante il lavoro di cantiere come valida alternativa ad altri mezzi provvisionali

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destinati a lavori da eseguire in quote differenziate. La materia é regolamentata in modo approfondito dal D.M. del 4.3.1982

intitolato: “Riconoscimento di efficacia di nuovi mezzi e sistemi di sicurezza per i ponteggi sospesi motorizzati”.

Vengono collaudati da parte dell’Ispettorato del Lavoro prima della messa in

servizio e verificati ogni 2 anni, per accertarne lo stato di funzionalità e manutenzione ai fini della sicurezza.

Ogni apparecchio deve essere munito di una targhetta di identificazione e di un

libretto di immatricolazione, compilato in due copie: una conservata presso l’ufficio incaricato delle verifiche, l’altra presso l’impianto, da esibire a richiesta dell’ispettore pubblico.

Spetta all’utente, registrandone l’esito sul libretto, la verifica trimestrale delle funi degli argani.

Nel caso in cui l’Ispettorato del Lavoro non intervenga entro 40 giorni dalla

data della richiesta di collaudo, il ponte sospeso motorizzato può essere egualmente utilizzato previa effettuazione del collaudo da parte di un ingegnere o architetto abilitato, il quale dovrà inoltre provvedere alla compilazione del libretto in duplice copia.

Il numero delle persone che possono salire contemporaneamente non può

essere superiore ad l persona per ogni kg. 100 di portata utile ammissibile. I punti importanti relativi alla sicurezza di questo tipo di ponte, sono

riassumibili nei seguenti aspetti, affrontati nel decreto ministeriale in modo particolareggiato:

1. installazione, 2. macchinario, 3. impianti ed equipaggiamenti elettrici, 4. comandi, segnalazioni ed indicazioni, 5. manovre e principali cautele, 6. manutenzione, 7. norme di calcolo, 8. documentazioni tecniche, 9. impianti speciali. 1. Installazione: caratteristiche delle costruzioni, accessi all’impianto, guide,

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vie di corsa ed aree di circolazione, anemometro. 2. Macchinario: disposizioni generali; navicelle e piattaforme di lavoro;

organi di sospensione; organi di avvolgimento e di deviazione; argani di sollevamento; bracci e mensole di sostegno della piattaforma; carrelli di traslazione. A questo proposito vale ricordare l’indicazione di installare sulla piattaforma idonei attacchi per le cinture di sicurezza e per gli attrezzi di lavoro. Attacchi capaci di sopportare la caduta per un tratto di m. l di un carico di kg. 80.

3. Gli impianti ed equipaggiamenti elettrici: disposizioni generali, linee

elettriche, apparecchi e componenti, compiti delle apparecchiature elettriche di sicurezza, esigenze di sicurezza nei dispositivi elettrici, dispositivi elettrici di sicurezza.

4. Comandi, segnalazioni e indicazioni. 5. Manovre e principali cautele: manovre ordinarie e manovre di emergenza. 6. Manutenzione: obblighi del costruttore, obblighi dell’utente, obblighi del

manutentore. In proposito si sottolinea la necessità da parte di chi usa il ponte sospeso di affidarne la manutenzione a persona responsabile, resa edotta sulle caratteristiche della macchina.

7. Norme di calcolo: sono da adottare le CNR-UNI 10011-10012-10021 e

UNI 7670. 8. Documentazioni tecniche: documentazione tecnica da presentare al

collaudo. Fra quanto richiesto ci sono, tra le altre, le autocertificazioni dei costruttori per funi, attacchi per le cinture di sicurezza, attestazione di efficacia e pronto intervento del dispositivo di emergenza denominato paracadute.

9. Impianti speciali: si definiscono impianti speciali: piattaforme con portata

utile superiore a kg. 350, piattaforme a più piani di lavoro, piattaforme aventi lunghezza superiore a m. 4, apparecchi asserviti ad altro apparecchio di sollevamento, apparecchi con circuiti ausiliari e di azionamento di tipo fluodinamico, apparecchi con bracci telescopici motorizzati, apparecchi da installarsi in ambienti esposti a condizioni particolari di pericolo. Per questi apparecchi il decreto precisa che valgono, per quanto applicabili, le norme

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indicate, con la clausola che ai fini della approvazione preventiva dovranno essere precisate dal costruttore le misure integrative del caso.

PONTEGGI METALLICI AUTOSOLLEVANTI

Si tratta di un’opera provvisionale fra le più recenti, ad ampia diffusione. Il ponte autosollevante è costituito da tralicci verticali componibili lungo i quali scorre verticalmente il piano o ponte di lavoro sul quale operano gli addetti. Viene generalmente impiegato per lavori di rifinitura, intonacatura e ristrutturazione di facciate di edifici ed ambienti ordinari.

Le caratteristiche costruttive, il funzionamento e l’impiego indurrebbero a

classificare tali strutture fra i cosiddetti ponti sviluppabili, indicati all’art. 25 del DPR 547, che, ai sensi del D.M. del 12.9.1959, dovrebbero essere sottoposti ad omologazione da parte dell’ISPESL per il rilascio di libretto e targhetta, e, successivamente, alle verifiche periodiche da parte della Sezione Fisico Impiantistica delle ASL sede di Presidio Multizonale.

In realtà, la Normativa vigente non abbraccia questa ipotesi ed assimila i ponteggi autosollevanti ai ponteggi metallici fissi, disciplinandoli con il capo V del DPR 164, così trascurando omologazione e verifiche successive.

Come conseguenza, per costruttori ed utenti diventa necessaria la prassi in vigore per i ponteggi metallici e, quindi, l’ottenimento dell’autorizzazione ministeriale, da richiedere per ciascun tipo di ponteggio.

(Art. 30 DPR 164)

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Documentazione che, corredata da istruzioni, schemi e disegni esecutivi, deve essere tenuta in cantiere a disposizione degli organi di vigilanza.

(Art. 34 DPR 164) L’assimilazione dei ponteggi

metallici autosollevanti alla disciplina dei ponteggi metallici fissi scaturisce da quanto esposto in due circolari del Ministero del Lavoro:

la 39/80 del 15.5.1980 e la 97/87 del 1.9.1987.

La prima, intitolata “Attrezzature di cui al capo V del DPR 164/56” rivolgendosi a costruttori ed utenti, sancisce il concetto; la seconda, dal titolo “Relazioni tecniche per i ponteggi a piani di lavoro autosollevanti. Istruzioni per la compilazione” è più che altro rivolta a costruttori e progettisti.

Per la costruzione e l’impiego di dette attrezzature, consistenti in uno o più

telai di base sui quali insistono strutture verticali costituite da tronconi reticolari collegati solidamente aventi funzioni di sostegno e guida nei movimenti di salita e discesa, movimenti realizzati attraverso accoppiamenti pignone-cremagliera, dell’impalcato costituente il piano di lavoro, é fatto obbligo ai fabbricanti, ai sensi dell’art. 30 del citato DPR, di munirsi di autorizzazione rilasciata in via esclusiva dal Ministero del Lavoro, previo esame delle relazioni tecniche allegate alla richiesta di autorizzazione.

Conseguentemente, qualsiasi altra procedura di controllo, ancorché espletata da amministrazioni o istituti pubblici, deve ritenersi illegittima.

Assodata l’acquisizione della documentazione di cui sopra, sotto il profilo della

sicurezza, questo tipo di attrezzatura rientra nel normale insieme di controlli legati alla vigilanza antinfortunistica da parte dei tecnici degli organi preposti, ASL e Ispettorato del Lavoro.

Le principali misure di sicurezza cui riferirsi per i ponteggi metallici

autosollevanti fanno pertanto capo al DPR 164 in riguardo alle circolari 39/80 e 97/87 e al DPR 547, in riguardo, per la parte elettrica, alle Norme C.E.I..

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In sintesi, pur

rimandando a quanto detto sui ponteggi metallici, i punti nodali in merito alla prevenzione di queste attrezzature possono individuarsi in:

obblighi del datore di lavoro, dirigenti e preposti,

montaggio/smontaggio, idoneità dell’opera provvisionale, ancoraggi, manutenzione e revisione, lavori in prossimità di linee

elettriche, controllo della verticalità, controlli periodici, luoghi di transito, piattaforma di lavoro, cinture di sicurezza, deposito di materiale sulla

piattaforma, divieto di installazione di apparecchi di sollevamento, impianto elettrico, protezioni, collegamento a terra, protezione contro le

scariche atmosferiche, verifica e denuncia dell’impianto di terra, dispositivi elettrici e meccanici di sicurezza, dispositivo di blocco elettronico

e meccanico, preavviso di avviamento, controllo della orizzontalità, arresti di fine corsa, dispositivi di anticollisione,

organi di comando e manovra, protezioni varie.

PONTI MOBILI SVILUPPABILI E CESTELLI SU CARRO

Questo tipo di apparecchiature assai diffuso raggruppa una ricca tipologia che va dal ponte alla piattaforma sviluppabile, al cestello su braccio idraulico a bordo di autocarro.

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Una generica definizione potrebbe essere questa:

qualsiasi ripiano o piattaforma di lavoro, fissa o girevole, atto a ricevere persone o cose, installato su proprio carro di base, avente la possibilità di essere variato di quota rispetto a quello di riposo per l’intervento.

Lo sviluppo può essere a forbice, a telescopio, a

braccio articolato. Il comando manuale, come nei classici ponti

sviluppabili a telescopio mediante rinvii di funi, oppure elettrico o idraulico.

Le portate variano e sono comprensive del peso

del o degli addetti, secondo il criterio standard, di kg. 80 a persona e kg. 20, a persona, per gli utensili necessari al lavoro da svolgere.

Ai sensi dell’art. 25 DPR 547 e di quanto indicato nel D.M. del 12.9.1959,

questi apparecchi devono essere sottoposti ad omologazione da parte dell’ISPESL già presso il costruttore, per il rilascio di targhetta e libretto. Successivamente vanno sottoposti alle verifiche periodiche, con scadenza annuale, da parte della Sezione Fisico Impiantistica delle ASL sedi di Presidio Multizonale di Prevenzione.

Le apparecchiature polivalenti, tipiche quelle idrauliche a braccio, che possono

essere utilizzate sia come mezzo di sollevamento (gru) che come ponte sviluppabile devono essere omologate per la doppia funzione che dovrà avvenire ad esclusione.

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Nei cantieri l’uso dei ponti e dei bracci sviluppabili contribuisce in larga misura alla sostituzione, temporanea o parziale, dell’installazione di un ponteggio in forma stabile. E’ importante, pertanto, tenere a mente quelli che sono i criteri di prevenzione fondamentali legati a questo genere di macchine. Non entrando nel merito specifico delle diverse tipologie basti puntualizzare i principi generali cui attenersi:

rispetto della portata: e, quando il caso, del diagramma delle portate previsto dal costruttore per le diverse situazioni,

(Art. 171 DPR 547) accesso alla piattaforma: è possibile sviluppare il ponte con operatore a

bordo. Per gli apparecchi tipo a braccio con cestello é addirittura imprescindibile all’uso. Per gli altri tipi, specie quelli telescopici a fune, é pure possibile farlo a condizione che il ponte, nel corso di una verifica periodica da parte dell’ente pubblico di controllo (ASL), sia stato sottoposto ad una prova integrativa di carico pari a 1.5 volte la portata massima ammissibile. Viceversa, l’accesso deve avvenire a ponte sviluppato e vanno adottate tutte le necessarie cautele di sicurezza, tra cui la cintura di sicurezza

con aggancio a fune di trattenuta applicata. alla struttura del ponte.

(Artt. 182 e 376 DPR 547) posizionamento in piano della

macchina e stabilizzatori: per un uso sicuro del ponte é fondamentale disporre il complesso degli stabilizzatori, che determinano, quando é il caso, lo scarico delle ruote del carro in modo corretto. Il piano di appoggio deve risultare livellato; per ridurre la pressione degli stabilizzatori sul terreno e distribuirla su di una superficie maggiore é utile ricorrere a piastre di appoggio, cioè a tavole di legno. La predisposizione degli stabilizzatori,

oltre a garantire un quadrilatero di base maggiore per una migliore stabilità, deve consentire la perfetta messa in piano del carro. Essa va verificata mediante le tradizionali bolle e livelle installate sul carro di base. Negli apparecchi più semplici, una volta stabilizzato il ponte, occorre procedere al blocco delle ruote, che può farsi mediante vitoni a pressione, calzatoie doppie od altri dispositivi. Si ricorda il divieto di operare con la piattaforma inclinata. Nei cestelli su

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braccio la planarità é garantita da un apposito sistema idraulico o meccanico di leveraggi articolati. La buona tecnica concede al massimo una lieve inclinazione, non superiore a 5° pari cioè all’8%. Nei modelli meccanizzati é presente un sensore con segnalatore acustico. Esistono anche indicatori di verticalità, quali i pendolini.

(Art. 22 DPR 547 e Art.52 DPR 164) blocco in posizione di lavoro: assodata la perfetta messa in piano di carro e

piattaforma, va garantita la posizione di blocco per lo svolgimento del lavoro previsto.

(Art. 22 DPR 164) Qualora ciò non sia possibile, deve essere garantito un coefficiente k di sicurezza per le funi almeno pari a 10.

piattaforma e cestello: la piattaforma di lavoro deve essere munita tutto

attorno al perimetro di parapetto normale con arresto al piede, rigido, resistente e ben mantenuto. Nel piano di calpestio possono aprirsi botole per l’accesso dalla parte interna del ponte, a condizione che risultino apribili verso l’alto. Per i cestelli valgono queste indicazioni: ♦ chiusura su tutti i lati con parapetto fisso ed arresto al piede, ♦ vincolo rigido di collegamento alla struttura portante, ♦ sistema di autolivellamento, ♦ blocco in posizione di lavoro, ♦ aggancio per la cintura di sicurezza, ♦ comandi di manovra a bordo.

comandi: nei ponti motorizzati i comandi devono essere duplicati e

azionabili dal carro base o dalla piattaforma di lavoro mediante commutatore. Le indicazioni delle manovre devono essere in italiano, chiare e ben comprensibili. I comandi (levette, pulsanti) vanno protetti contro l’azionamento accidentale e devono essere del tipo a uomo presente. E’ bene poter intervenire in caso di necessità azionando lo stop costituito da un fungo di emergenza. Inoltre, nei ponti idraulici, é necessario poter comandare dalla base una valvola di scarico del circuito per il rientro controllato della navicella nei casi di emergenza.

utilizzo: occorre porre attenzione al giusto modo di usare i ponti

sviluppabili. Ricordiamo, qui di seguito, alcuni aspetti da non trascurare: ♦ conservare e consultare il manuale di istruzione manutenzione della ditta

costruttrice. Deve essere in lingua italiana ed é diritto dell’acquirente richiederlo, unitamente alla targa ed al libretto di omologazione ed alla

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targa matricolare del costruttore; ♦ affidare l’uso del ponte a personale istruito e che lavori sempre almeno

in coppia. E’, infatti, raccomandabile la presenza a terra di un operatore, non solo per eventuali interventi di emergenza, ma anche per il controllo della zona limitrofa, interessata dalla presenza del ponte sviluppabile;

♦ non eseguire lavori sulla piattaforma che abbiano per risultato degli sforzi pericolosi per la stabilità del ponte, per l’intensità eccessiva o per la direzione obliqua. Né aggiungere sovrastrutture al piano di lavoro, alzandolo con sgabelli, predelle o altri piani di calpestio rialzati. I ponti vanno utilizzati in modo esclusivo per l’altezza al piano lavoro per cui sono costruiti ed omologati. E’ vietato lavorare usando il parapetto della pedana come piano di appoggio;

(Art. 52 DPR 164) ♦ il ponte non va spostato quando su di esso si trovano dei lavoratori o

dei sovraccarichi. L’unica eccezione é per quelli usati per la manutenzione ed il controllo delle linee elettriche di contatto come i tram ed i treni;

(Art. 52 DPR 164) ♦ fare attenzione a tenere le giuste distanze dalle linee elettriche aeree. Non

é concesso eseguire lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza minore di m. 5, badando comunque ad assumere, anche in accordo con l’esercente della linea, tutte le necessarie ed adeguate precauzioni;

(Art. 11 DPR 164) ♦ non fare uso del ponte in presenza di forte vento. La massima velocità

deve essere indicata sul libretto del costruttore (sempre comunque inferiore a km/h 50);

♦ una volta a bordo del ponte sviluppabile, utilizzare gli attacchi delle cinture di sicurezza appositamente predisposti su piattaforme e cestelli;

♦ in casi particolari, il collegamento fra l’operatore a bordo ed il compagno a terra può avvenire anche con l’uso di dispositivi di radiocomunicazione;

♦ all’atto della presa in carico di un ponte sviluppabile di qualunque tipo, rammentare la consegna di targhetta e libretto omologativi da esibire su richiesta degli enti pubblici incaricati del controllo.

CESTE E CESTELLI PORTAPERSONE

Il sollevamento di persone, se non avviene tramite i mezzi appositi, quali, ad esempio, l’ascensore di cantiere, non é operazione concessa dalle norme di sicurezza. E' senz’altro da evitare, perché sempre pericolosa.

E’, però, possibile fare una eccezione in casi particolarissimi. A questo

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proposito si esprime in modo chiaro l’art.184 del DPR 547, che recita: “I mezzi di sollevamento e trasporto non soggetti a disposizioni speciali, qualora

vengano adibiti anche saltuariamente o per sole operazioni di riparazione e manutenzione al sollevamento od al trasporto di persone, devono essere provvisti di efficaci dispositivi di sicurezza o, qualora questi non siano applicabili, devono essere usati previa adozione di idonee misure precauzionali”.

Almeno tre i punti nodali dell’art.184:

1. si fa esplicita menzione a mezzi di sollevamento e trasporto che non siano soggetti a disposizioni speciali. E’ evidente che un ponte sviluppabile, un ponte sospeso, un ponteggio autosollevante, un ascensore, in quanto già oggetto di norma speciale non rientrano nella considerazione. L’esperienza insegna che sono soprattutto gli apparecchi di sollevamento del tipo autogru, gru a torre e carrello elevatore ad essere più frequentemente interessati.

2. si precisa che, proprio per la eccezionalità del caso, le operazioni concesse

non contemplano una attività lavorativa, né, tanto meno, prevedono della continuità. Si parla solo e soltanto di un intervento speciale di riparazione o manutenzione, il quale è, per sua stessa natura, contraddistinto dal fatto di essere eccezionale e di breve durata. Fuori da queste connotazioni, vengono a mancare i presupposti che consentono la applicabilità dei dettami dell’art.184 e, quindi, l’uso del mezzo di sollevamento per sollevare e muovere persone ritorna ad essere tassativamente proibito.

3. si impone di provvedere a munire i mezzi con

efficaci dispositivi di sicurezza o, nella impossibilità, assicurare idonee misure precauzionali. Vediamole brevemente:

♦ Ceste: da appendere al gancio di una gru.

Devono essere realizzate in modo robusto e sicuro.

Portare un cartello con l’indicazione della portata massima ammissibile (kg. 80 a persona + kg. 20 a testa per arnesi e materiali). E’ norma consolidata prevedere capacità non

superiori a due persone. Essere munite di tettuccio ben intelaiato e chiuse su tutto il perimetro con parapetto,

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meglio se a parete piena, alto non meno di m. 1.10 e, se non cieco, dotato di arresto al piede di almeno cm. 15. Il passaggio per l’accesso (cancelletto) alla cesta non deve aprirsi verso l’esterno e deve essere garantita la ferma chiusura. Per la sospensione della cesta é meglio utilizzare dei bilancieri a 4 tratti di fune o catena riuniti superiormente in un anello da infilare nel gancio dell’apparecchio di sollevamento. Il loro coefficiente di sicurezza deve risultare almeno doppio di quando servono ad imbracare i carichi. In aggiunta é opportuno munire la sospensione di un secondo attacco di sicurezza.

♦ Cestelli: da agganciare alle forche di un carrello elevatore.

Garantita la robustezza, le necessarie protezioni, l’accesso, il parapetto perimetrale di cui già si é detto a proposito delle ceste, è fondamentale che il cestello sia vincolato in modo rigido alla struttura portante del carrello e ne venga senz’altro assicurato il bloccaggio nella posizione di lavoro. Non dimenticare di indicare la potata massima. A proposito di carrelli porta piattaforma é importante sottolineare che esistono apparecchiature appositamente approntate. E’ chiaro che non trattandosi più di una situazione eccezionale ma continua, l’apparecchio rientra a pieno titolo nel novero dei ponti sviluppabili su carro e deve quindi uniformarsi a tutte le prescrizioni di sicurezza del caso. Non da ultimo essere sottoposto alla omologazione ed alle verifiche periodiche di legge. Nell’uso di ceste e cestelli da appendere ad apparecchi di sollevamento per sollevare delle persone in casi eccezionali, si tengano a mente, infine, queste regole di base: • chi vi sale sia non soltanto persona fisicamente idonea ma istruita in

merito all’uso ed alle operazioni da compiere, • le operazioni e le manovre avvengano sotto la diretta sorveglianza

di un supervisore responsabile, • gli apparecchi di sollevamento utilizzati risultino in perfette

condizioni: motori, freni, comandi, stato delle funi e delle catene e siano utilizzati per meno della metà della loro portata massima, al fine di mantenere per funi e catene un coefficiente di sicurezza almeno pari al doppio di quello del normale esercizio (quindi da 5 a 10 per le catene e da 6 a 12 per le funi,

• le manovre di salita e di discesa avvengano utilizzando velocità

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ridotte, • ceste e cestelli siano muniti di attacco per l’aggancio della cintura di

sicurezza, • gli apparecchi di sollevamento non vengano mai spostati durante le

operazioni, • se l’altezza da raggiungere é considerevole, e, in relazione

all’ambiente in cui si opera, diventa d’obbligo l’installazione di un impianto interfonico o radiofonico fra l’operatore a bordo della navicella ed il manovratore dell’apparecchio di sollevamento.

RETI DI SICUREZZA

In questo ultimo decennio, specie nell’ambito della prefabbricazione, nella costruzione, nel montaggio di capannoni industriali e nelle opere di ristrutturazione, si è diffuso l’utilizzo delle reti di sicurezza. Un sistema che, solo in alcuni specifici casi, può ritenersi sostitutivo di quelli tradizionali quali i ponteggi e le impalcature in genere, così come previsto dai dettami congiunti degli articoli 10 e 16 del DPR 164 che ammettono anche mezzi o precauzioni diversi atti ad eliminare i rischi di caduta dall’alto dei lavoratori.

Per reti di sicurezza possono intendersi quelle costruzioni portanti, composte

da funi (cordoncini) in fibre sintetiche (poliamminiche) atte ad ammortizzare solo forze di trazione e che soddisfano ad un certo numero di esigenze minime relative a costituzione, composizione e messa in opera.

Per le norme di sicurezza cui attenersi, al di là del generico riferimento dei due

articoli citati, il testo fondamentale è costituito dalla Parte II dell’Allegato alla Circolare n. 13/82 del Ministero del Lavoro dal titolo “Istruzioni per la costruzione e l’impiego di reti di sicurezza nei lavori di montaggio di costruzioni prefabbricate, di carpenteria metallica e coperture in genere”.

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La Norma riguarda anche i costruttori, che hanno l’obbligo non solo di

corredare il prodotto messo in commercio di marchiatura di riferimento e di certificazioni omologative rilasciate da un organismo ufficiale sui singoli componenti la rete e sul suo comportamento complessivo una volta assemblata nelle sue diverse parti costituenti, ma anche di fornire tutte le istruzioni scritte e, se il caso, disegnate, necessarie al suo montaggio ed uso corretto, con particolare attenzione alle condizioni di sicurezza relative anche a piegatura, stoccaggio e conservazione.

Per quanto concerne invece l’utilizzatore, la circolare offre non pochi

chiarimenti a proposito delle questioni di prevenzione, esprimendosi su: caratteristiche generali, messa in opera, esempi di utilizzazione, attrezzature di sollevamento e trasporto.

Mettiamo in risalto gli aspetti antinfortunistici più evidenti:

la messa in opera delle reti deve risultare relativamente facile e permettere una protezione efficace,

i dispositivi di ancoraggio alla carpenteria, compresi quelli a cui gli addetti possano fissare le loro cinture di sicurezza, devono essere predisposti già in fase di progetto,

nel calcolo della carpenteria non si deve dimenticare di tenere in conto gli sforzi generati dalla applicazione delle reti e degli eventuali apparecchi o attrezzature di sollevamento (sforzi di tesatura, traslazione/movimentazione, caduta di persone),

se la costruzione non dispone di dispositivi di ancoraggio, le funi di sospensione delle reti sono da legare ed assicurare solo e soltanto ad elementi portanti, evitando il contatto con spigoli vivi. Gli ancoraggi di fortuna sono tassativamente da evitare.

le reti vanno collocate il più vicino possibile al piano di lavoro per ridurre

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l’altezza di caduta ed essere sufficientemente elastiche da raccogliere la persona senza troppo allentarsi o provocare rimbalzi pericolosi (l’altezza massima deve essere limitata a m. 6, ma, per principio, è bene che risulti la minore possibile). Quando è comunque superiore a m. 4 è meglio utilizzare reti che non abbiano più di un anno.

nell’installazione mantenere un’altezza libera sufficiente al di sopra del suolo (o di qualsiasi ostacolo), da valutare in funzione dell’elasticità della rete,

evitare la caduta di materiale incandescente sulla rete qualora vengano eseguiti dei lavori di saldatura e molatura,

adottare reti costituite da maglie di dimensioni ridotte (consigliato mm. 40x40), perché offrono una. maggiore resistenza,

lungo tutto il perimetro di applicazione della rete si deve badare a non lasciare spazi vuoti pericolosi entro i quali si possa infilare il corpo di una persona,

i mezzi di ancoraggio (moschettoni, ralinghe, agganci, maniglie, cappi, nodi) devono essere efficaci e controllati periodicamente,

dove esista la necessità di evitare che del materiale minuto, come utensili, viti, bulloneria, abbia a cadere sui lavoratori sottostanti, comunque muniti di casco, le reti di sicurezza per l’arresto di persone vanno completate sovrapponendo una seconda rete a maglie fittissime, non superiori a mm. 2. Gli oggetti caduti accidentalmente nel telo protettivo vanno rimossi di volta in volta. In mancanza della seconda rete, l’accesso alla zona sottostante deve essere interdetto impedendo così a chiunque il transito e la sosta.

prima di ogni messa in opera controllare a vista i singoli teli di rete. Le parti danneggiate non devono più essere usate.

trasporto, movimento e stoccaggio delle reti e di tutti i loro accessori vanno fatti con cura per evitare il degrado,

è sottinteso che la rete o il gruppo di reti di sicurezza devono essere installati prima dell’inizio dei lavori da proteggere. In tali operazioni gli addetti, a loro volta, non devono correre il rischio di infortuni o di cadute, quando il caso, ricorrendo all’uso delle cinture di sicurezza,

quando, non trattandosi di reti fisse ma spostabili a seconda dell’avanzamento dei lavori, la loro applicazione preveda attrezzature di sollevamento e spostamento, le varie e successive operazioni vanno eseguite nel completo rispetto di quanto indicato dal produttore, secondo un preciso e apposito piano di sicurezza,

dopo ogni impiego le reti devono essere liberate dai materiali estranei, lavate e lasciate asciugare senza esporle direttamente ai raggi solari. Vanno conservate in locali asciutti e protette dal contatto con liquidi corrosivi, oli e

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detersivi. Va ricordato che i cordoncini di poliammide che costituiscono le reti nel giro di non più di due anni perdono resistenza anche in ragione del 50%. La loro tenuta, che è a trazione e mai inferiore a kg. 200, va pertanto verificata con controlli periodici sui fili di prova di cui ciascuna rete deve essere corredata sin dal momento della costruzione,

qualsiasi riparazione va fatta eseguire solo dal produttore e a condizione che la rete, nel suo complesso, non presenti usura e deformazioni evidenti.