Correzione delle deformità di femore con TAYLOR SPATIAL ......semplice della deformità nelle due...

60
Correzione delle deformità di femore con TAYLOR SPATIAL FRAME TSF

Transcript of Correzione delle deformità di femore con TAYLOR SPATIAL ......semplice della deformità nelle due...

  • Correzione delle deformità di femorecon TAYLOR SPATIAL FRAME

    TSF

  • Autori Smith & Nephew ringrazia i seguenti chirurghi per la realizzazione del manuale Correzione delle deformità di femore con TAYLOR SPATIAL FRAME™. Prof. Redento Mora Direttore Clinica Ortopedica e Traumatologica Università di Pavia, Polo Universitario “Città di Pavia” Pavia Dr. Domenico Aloj Referente Gruppo Fissazione Esterna Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia CTO Torino Dr.ssa Barbara Bertani Assistente Clinica Ortopedica e Traumatologica Università di Pavia, Polo Universitario “Città di Pavia” Pavia Dr. Giovanni Lovisetti Direttore Divisione di Ortopedia e Traumatologia Presidio di Menaggio, Azienda Ospedaliera S. Anna Como Dr. Antonio Memeo Direttore Struttura Complessa di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano Dr. Francesco Sala Dirigente medico, Divisione di Ortopedia e Traumatologia Ospedale Niguarda Milano Dr. Fabio Verdoni Responsabile Struttura Dipartimentale per la fissazione esterna Istituto Ortopedico Gaetano Pini Milano Illustrazioni: Massimiliano Crespi Coordinamento: Alessio Migliavacca, Paola Menegat

  • Nota bene: la descrizione della tecnica qui contenuta viene messa a disposizione del medico per illustrare il trattamento suggerito dagli autori per una procedura senza complicanze. In ultima analisi il trattamento preferenziale è quello che tiene conto delle esigenze del paziente.

    Indice

    Introduzione ........................................................................................... 1

    Pianifi cazione pre-operatoriaStudio della deformità - Accertamenti clinici e strumentali ................... 3Calcolo della deformità ........................................................................... 3Concetti base ....................................................................................... 11Planning methods ................................................................................ 12

    Tecnica chirurgicaPreparazione del paziente ................................................................... 25Applicazione del TAYLOR SPATIAL FRAME™ .......................................... 28Osteotomia femorale ............................................................................ 32

    Gestione post-operatoriaCompletamento dei dati e loro inserimento nel software.................... 34Gestione del paziente nel post-operatorio .......................................... 48

    Follow-upMedicazioni .......................................................................................... 49Valutazione clinica e radiografia .......................................................... 50Complicanze ......................................................................................... 50Programma riabilitativo......................................................................... 51

    Rimozione del TAYLOR SPATIAL FRAME ............................................52

  • 1

    Introduzione I vantaggi della fissazione esterna in traumatologia e ortopedia possono riassumersi in applicazione quasi atraumatica e facilità di rimozione al termine del trattamento. La fissazione circolare presenta ulteriori importanti vantaggi rispetto alla fissazione assiale: stabilità del montaggio, concessione precoce del carico funzionale, possibilità di correggere gli spostamenti dei frammenti ossei (in traumatologia) e di eseguire le correzioni delle deformità (in ortopedia) su ogni punto della circonferenza dell’osso e in ogni fase del trattamento. Nella riduzione delle fratture e nella correzione delle deformità degli arti con i sistemi di fissazione esterna circolare tradizionali, deve essere seguito un preciso ordine di precedenza, che prevede la correzione innanzitutto degli spostamenti angolari, e successivamente le correzioni di spostamento in lunghezza, rotazione e da ultimo traslazione. Uno dei principali problemi di tali sistemi, pertanto, è la difficoltà nella correzione delle deformità complesse, specialmente multidirezionali, multiplanari e a più livelli, con conseguente necessità di una lunga curva di apprendimento. Allo scopo di ovviare a questi inconvenienti, sono stati studiati sistemi di fissazione circolare di nuova generazione (sistemi “hexapod” o a sei assi) a controllo computerizzato, che permettono la più ampia possibilità di azione sui segmenti scheletrici, con correzione simultanea degli spostamenti grazie a un software dedicato che elabora informazioni fornite dagli esami strumentali. La correzione graduale avviene nei piani frontale, sagittale e assiale, da cui la definizione “six axis deformity analysis and correction”. Questi sistemi si basano sul meccanismo a sei gradi di libertà noto come “piattaforma di Stewart”, ideato nel 1965 per l’utilizzo nei simulatori di volo. I fratelli Taylor di Memphis presentarono nel 1995 il primo fissatore circolare hexapod (TAYLOR SPATIAL FRAME™, TSF). L’ unità-base del TSF è costituita da: a) una coppia di anelli, ciascuno dei quali presenta una serie regolare di fori per il collegamento dei vari accessori e, a intervalli regolari lungo la circonferenza, sei parti sporgenti (tabs) con fori che permettono la connessione con le aste di collegamento; una di queste sei sporgenze, di dimensioni maggiori delle altre, viene denominata master tab; b) 6 aste telescopiche regolabili millimetricamente e collegate in posizione obliqua a ciascun anello (a livello delle tabs) da giunti cardanici. Gli elementi di presa sono fili transossei, viti o combinazioni fra essi, come nei fissatori circolari tradizionali. La precisione nelle correzioni si basa sull’analisi dei radiogrammi, che forniscono 6 parametri sul tipo ed entità della deformità e 4 sul reciproco rapporto tra fissatore e osso; a tali parametri ne vanno aggiunti 3 relativi alle misure del fissatore stesso. Utilizzando tali parametri un software online calcola le modifiche da applicare alle 6 aste telescopiche per ottenere la correzione in 6 gradi di libertà e fornisce una scheda che indica le regolazioni graduali da apportare quotidianamente.

  • 2

    Tre programmi di correzione sono disponibili: Chronic deformity, Residual deformity e Total residual deformity: i primi due hanno ormai solo un interesse storico e attualmente viene utilizzato solo il Total residual deformity program. Ciascuno dei 6 assi di deformità può essere corretto sequenzialmente o simultaneamente. L’impiego del TAYLOR SPATIAL FRAME™ si è gradualmente diffuso in vari Paesi ed è attualmente il sistema hexapod più utilizzato nel mondo. Il TSF è in definitiva un potente strumento di correzione delle deformità di femore, i cui punti di forza sono:

    � snodo virtuale, che permette la correzione graduale e simultanea di deformità multiplanari; � stabilità, che consente il carico precoce e fornisce un ambiente favorevole alla formazione di

    callo o rigenerato osseo e alla guarigione dei tessuti molli; � software, che semplifica la pianificazione della correzione su un piano obliquo utilizzando

    misurazioni basate sugli esami RX standard. Le controindicazioni sono rare e possono essere riassunte in: deformità in pazienti anziani o con disturbi mentali, che possono avere difficoltà a seguire le pur chiare indicazioni fornite dalla scheda. La programmazione della correzione delle deformità delle ossa lunghe richiede la scelta dell’asse al quale riferirsi: l’utilizzo dell’asse anatomico è in genere preferibile, poichè consente uno studio più semplice della deformità nelle due proiezioni radiografiche standard. Nell’applicazione del fissatore inoltre occorre tener conto del fatto che i fissatori circolari sono tanto meno tollerati quanto più il montaggio si avvicina alla radice dell’arto. Pertanto (come sarà spiegato nel testo), per minimizzare l’ingombro dell’apparecchio, a livello della parte prossimale del femore conviene utilizzare l’apposito anello 2/3, avendo cura di posizionare il master tab non anteriormente, ma ruotato lateralmente di 90°.

  • 3

    Pianificazione pre-operatoria

    Studio della deformità Accertamenti clinici e strumentali Dopo un’attenta anamnesi e un accurato esame clinico generale, la valutazione della deformità inizia con l’esame clinico in clinostatismo e in ortostatismo. La valutazione in posizione supina consente di verificare l’escursione articolare e la stabilità capsulolegamentosa dell’anca e del ginocchio e l’identificazione della sede e del tipo di deformità. La misurazione della lunghezza degli arti inferiori (distanza SIAS - malleolo mediale) definisce la eumetria o dismetria degli stessi. La valutazione in ortostatismo si rende necessaria per confermare le deformità e verificare come l’eventuale instabilità articolare modifichi l’entità delle deformità iuxta-articolari. La diagnostica strumentale si basa esclusivamente sugli esami radiografici. Viene sempre eseguita una radiografia di femore nelle due proiezioni standard che comprenda le interlinee articolari. Lo studio delle deformità iuxta-articolari dell’anca viene completato eseguendo una radiografia della anca nelle due proiezioni. Lo studio delle deformità iuxta-articolari del ginocchio viene completato eseguendo una radiografia del ginocchio nelle due proiezioni, dove la proiezione laterale viene eseguita con il ginocchio in completa estensione. La teleradiografia degli arti inferiori in carico con rotule allo zenit è necessaria per la valutazione e comparazione degli assi meccanici dei due arti e della rotazione dei segmenti scheletrici. In presenza di ipometria è necessario eseguire l’esame correggendo l’accorciamento con un rialzo di compenso fino ad ottenere il corretto livellamento del bacino, per annullare l’atteggiamento in flessione del ginocchio dell’arto più lungo. L’entità del rialzo stabilisce la differenza di lunghezza degli arti inferiori. In presenza di deformità rotazionali, la TAC per lo studio rotazionale degli arti inferiori può definire con precisione la sede e l’entità dell’extra- o intra-rotazione.

    Calcolo della deformità L’allineamento degli arti inferiori La linea virtuale che unisce il centro della testa femorale con il centro del pilone tibiale definisce l'asse meccanico dell' arto inferiore. Tale asse non passa per il centro del ginocchio, ma decorre leggermente mediale ad esso. La distanza tra l'asse meccanico e il centro del ginocchio misurata sull’interlinea articolare viene definita “deviazione dall'asse meccanico” (“mechanical axis deviation” o MAD): il MAD fisiologico è traslato medialmente di 8 millimetri (Fig. 1). Qualsiasi variazione del valore fisiologico identifica un malallineamento dell’asse meccanico (“malalignment test” di Paley).

  • 4

    Se il MAD è spostato medialmente per oltre 8 mm, si avrà un malallineamento in varo; se il MAD è spostato lateralmente, si avrà un malallineamento in valgo. La teleradiografia degli arti inferiori consente di tracciare l’asse meccanico dell’arto normale e l’asse meccanico dell’arto patologico.

    Fig. 1. L’allineamento degli arti inferiori Gli assi femorali Sul piano frontale l’asse meccanico del femore è identificato da una linea retta che congiunge il centro della testa del femore con il centro del ginocchio (centro della gola intercondilica). L’asse anatomico è identificato invece dalla linea mediodiafisaria femorale: tale linea attraversa prossimalmente la fossa del piriforme (medialmente alla corticale interna del grande trocantere) e distalmente un punto mediale di 1 cm rispetto al centro della gola intercondilica. Ne consegue che, sul piano frontale, l'asse anatomico e l'asse meccanico non sono paralleli: formano un angolo di 7° (± 2°) convergente distalmente (Fig. 2a).

  • 5

    Sul piano sagittale l’asse meccanico è identificato da una linea retta che congiunge il centro della testa del femore con il centro del ginocchio, mentre l’asse anatomico è identificato da una linea mediodiafisaria curva a convessità anteriore, che segue la procurvazione della diafisi femorale. In pratica l’asse anatomico può essere schematizzato in due linee rette (medio-diafisaria prossimale e medio-diafisaria distale), che si incontrano a livello del terzo medio della diafisi femorale formando tra loro un angolo di circa 10° (Fig. 2b). Nelle deformità iuxta-articolari, dove il segmento adiacente è di lunghezza insufficiente per identificare la linea mediodiafisaria, l’asse iuxta-articolare viene tracciato a partire dall’angolo di orientamento articolare (Fig. 2c).

    Fig. 2a. Gli assi femorali in proiezione AP

  • 6

    Fig. 2b. Gli assi femorali in proiezione laterale

    Fig. 2c. Assi femorali iuxta-articolari di anca e ginocchio L’orientamento articolare Si riferisce alla posizione di ciascuna superficie articolare rispetto all’asse del relativo segmento osseo, che identifica quindi l’angolo di orientamento articolare nei piani frontale e sagittale. Per convenzione, ciascun angolo viene denominato da un acronimo che specifica: 1. asse di riferimento: anatomico (a) o meccanico (m) 2. posizione rispetto all'asse: mediale (M) o laterale (L) nel piano frontale; anteriore (A) o posteriore (P) nel piano sagittale 3. posizione nel segmento osseo: prossimale (P) o distale (D) 4. segmento osseo: femore (F).

  • 7

    Nel femore prossimale, gli angoli necessari per analizzare la deformità sono costituiti da: � “Neck Shaft Angle”: aNSA � “Lateral Proximal Femoral Angle”: mLPFA

    Nel femore distale, gli angoli necessari per analizzare la deformità sono costituiti da:

    � “Lateral Distal Femoral Angle”: LDFA � “Posterior Distal Femoral Angle”: PDFA

    e possono essere sia anatomici che meccanici. Di ciascun angolo è noto il valore fisiologico, ricavabile dall’angolo corrispondente del lato sano o dall’angolo medio della popolazione di riferimento. Tracciata pertanto la retta tangente alla superficie articolare (che rappresenta un lato dell’angolo), si calcola l’angolo di orientamento articolare con vertice fissato sul punto articolare in cui normalmente giunge l’asse tibiale. Il secondo lato dell’angolo rappresenta quindi l’asse iuxta-articolare corretto (Fig. 3).

    Fig. 3. L’orientamento articolare Il CORA e la deformità angolare Qualsiasi deformità divide il femore in due o più segmenti, di cui è possibile tracciare gli assi. L’utilizzo dell’asse anatomico consente uno studio più semplice della deformità nelle due proiezioni radiografiche standard, a partire dall’identificazione delle linee mediodiafisarie di ciascun segmento. Il punto di intersezione degli assi identifica l’apice della deformità angolare (“centro di rotazione dell’angolazione” o CORA), nei piani frontale e/o sagittale. L’ampiezza dell’angolo risultante dall’intersezione degli assi dei frammenti definisce l’entità della deformità angolare (Fig. 4).

  • 8

    Nel caso in cui la deformità sia iuxta-articolare, non è possibile tracciare con precisione la linea mediodiafisaria per brevità del segmento osseo. In questo caso. per identificare il CORA è necessario identificare l’asse partendo dall’angolo di orientamento articolare. Tracciata pertanto la retta tangente alla superficie articolare (che rappresenta un lato dell’angolo) e segnato il vertice dell’angolo in corrispondenza del punto articolare in cui normalmente giunge l’asse femorale, si traccia il secondo lato dell’angolo partendo dal valore angolare relativo noto (il valore fisiologico è ricavabile dall’angolo corrispondente del lato sano o dall’angolo medio della popolazione di riferimento). Il secondo lato dell’angolo rappresenta quindi l’asse iuxta-articolare corretto. E’ comunque sempre utile verificare gli angoli articolari per riconoscere deformità articolari, che potrebbero altrimenti rimanere misconosciute. In questo caso il CORA sarà localizzato a livello articolare. Il CORA è il punto attorno al quale deve avvenire la correzione della deformità, per ottenere il ripristino degli assi del femore e di tutto l’arto inferiore, ed è quindi il punto su cui devono essere posizionati gli “snodi”. Se l’osteotomia femorale viene eseguita a livello del CORA, si otterrà sempre la correzione della deformità con ripristino degli assi del femore e di tutto l’arto inferiore. Se l’osteotomia viene eseguita a distanza dal CORA, si otterrà una correzione della deformità angolare associata ad una traslazione in senso opposto, con recupero dell’asse del femore e dell’arto inferiore. In caso di errato posizionamento degli snodi, pur ottenendo la correzione della deformità angolare, si verificherà sempre una traslazione patologica con alterazione dell’asse meccanico del femore e dell’arto inferiore. La deformità in traslazione La distanza tra l’asse del segmento prossimale e quello del segmento distale definisce la misura della traslazione del segmento distale nei piani frontale e/o sagittale (Fig. 5). In presenza di deformità angolare e/o dismetria associate, la traslazione viene misurata sulla linea perpendicolare all’asse prossimale che congiunge i due assi all’altezza dell’apice del frammento traslato. La deformità in lunghezza In assenza di deformità associate, la comparazione della misura della lunghezza degli assi del femore normale e del femore patologico definisce l’esatta ipometria (Fig. 6). In presenza di deformità angolare associata, la lunghezza del femore è data dalla somma delle lunghezze dei segmenti in cui è diviso. Se tale lunghezza corrisponde a quella del lato sano, la deformità angolare è l’unica componente determinante l’ipometria. In caso contrario la differenza tra le due lunghezze definirà la misura dell’ipometria presente. In presenza di deformità complesse, il calcolo della dismetria deve essere effettuato una volta corrette tutte le altre deformità.

  • 9

    La deformità in rotazione Le deformità in rotazione o torsionali sono presenti intorno all’asse longitudinale del femore. Un accurato esame clinico e una teleradiografia correttamente eseguita sono generalmente sufficienti per una valutazione soddisfacente. La TC per lo studio della rotazione degli arti inferiori è utile per un calcolo preciso, ma deve sempre essere eseguita comparativamente con il lato sano.

    Fig. 4. La deformità angolare ed il CORA Fig. 5. La deformità in traslazione

  • 10

    Fig. 6. La deformità in lunghezza

  • 11

    Concetti base di pianificazione preoperatoria Due concetti base devono essere ben compresi riguardo al funzionamento del software del TAYLOR SPATIAL FRAME™: 1° Concetto: identificazione del “reference fragment”. Per tradizione in ortopedia nell’analisi della deformità di un osso lungo si descrive la posizione del frammento distale rispetto a quella del frammento prossimale Nell’impiego del TSF, tuttavia, la prima decisione da prendere è la scelta del “reference fragment” (prossimale o distale), poiché tutte le misurazioni sono effettuate in base alla posizione, rispetto ad esso, del secondo frammento (“corresponding fragment” o “moving fragment”). Per convenzione, il più piccolo fra i due frammenti è scelto in genere come “reference fragment”, poiché la minor lunghezza crea minori rischi di errori di misurazione. 2° Concetto: identificazione del punto di origine (“origin”) e del punto corrispondente (“corresponding point”). Deve essere scelto un punto nello spazio sul reference fragment (in genere lungo l’asse del frammento stesso): su tale punto (“origin”) agirà ogni futura correzione. In genere l’”origin” è fissato in un punto ben identificabile in entrambe le proiezioni radiografiche AP e laterale, come una sporgenza (in una frattura) o lo stesso CORA (in una deformità). Sul corresponding fragment si determina un secondo punto (“corresponding point”), cioè un punto nello spazio che coincideva con l’”origin” prima dello sviluppo della deformità. Il software genererà un piano di correzione che riporterà gradualmente il “corresponding point” all’”origin”, correggendo lo spostamento (in una frattura) o la deformità (congenita o acquisita).

  • 12

    Planning methods

    Per la correzione di deformità femorali esistono 6 metodi di pianificazione (ciascuno dei quali ha indicazioni preferenziali), che permettono di identificare i 6 parametri riferiti alla deformità da trattare (“bone deformity parameters”).

    Se si utilizza il Fracture method per la pianificazione del trattamento di una frattura, le misurazioni si eseguono dopo l’applicazione del fissatore, mentre con gli atri metodi di planning le misurazioni sono eseguite prima dell’applicazione.

    Fracture method (Taylor): si individuano 2 punti corrispondenti (“origin” e “corresponding point”) sui due frammenti di frattura.

    CORAgin method (Paley e Herzenberg): l’ ”origin” è sul CORA, il “corresponding point” è da individuare.

    CORAsponding point method (Paley e Herzenberg): il “corresponding point” è sul CORA, l’ “origin” è da individuare.

    Virtual hinge method (Standard): “origin” e “corresponding point” coincidono sullo stesso punto, sulla superficie convessa del femore.

    LOCA (line of closest approach) method (Taylor): individua la sede dell’osteotomia che minimizza la traslazione durante la correzione della deformità.

    Intentional placement of the apex of deformity (Rozbruch e Coll.): consente di scegliere la sede dell’osteotomia senza tenere conto del CORA e senza necessità di correggere una conseguente traslazione o di eseguire osteotomie multiple.

    Si ricorda che per i vari metodi di pianificazione della correzione delle deformità femorali occorre riferirsi a uno degli assi (meccanico o anatomico). La scelta a nostro parere dovrebbe cadere sull’asse anatomico, generalmente più semplice da identificare.

    Fracture method

    E’ il metodo inizialmente sviluppato e proposto da C. Taylor, ed il più semplice da apprendere. E’ utilizzato nel planning del trattamento delle fratture, in cui le estremità dei frammenti di frattura sono ben identificabili.

    Con questo metodo, in base agli esami RX eseguiti nelle proiezioni AP e laterale, si scelgono sulle estremità opposte della frattura l’“origin” e il “corresponding point” (Fig. 7).

  • 13

    Fig. 7. Origin e corresponding point

    Si definisce quindi la deformità nei 6 possibili piani di deformità con i 6 “bone deformity parameters”: 3 in valori angolari (gradi), 3 in misure di lunghezza (mm) (Fig. 8).

    Fig. 8. I “Bone deformity parameters”

  • 14

    AP view angulation (varus or valgus) e lateral view angulation (apex anterior or apex posterior) sono misurate basandosi sugli assi del reference fragment e del corresponding fragment;

    AP view translation (medial or lateral) e lateral view translation (anterior or posterior) sono misurate basandosi sull’asse del reference fragment;

    Axial view angulation o rotazione (external or internal) è misurata con valutazione clinica o talvolta strumentale.

    La rotazione può essere misurata clinicamente con l’aiuto di un goniometro sul paziente in posizione supina ad anche e ginocchia flesse di 90° o in posizione prona a ginocchia flesse a 90°. Ruotando passivamente le anche verso l’esterno o verso l’interno si valuta rispettivamente la rotazione interna o interna. Si diagnostica una deformità in rotazione esterna se è presente un eccessivo grado di rotazione esterna e un corrispondente ridotto grado di rotazione interna rispetto alla misurazione sul lato opposto. Si considerano valori normali nell’adulto 45° di rotazione esterna e 40° di rotazione interna.

    Axial view translation o deformità in lunghezza (short or long) è misurata basandosi su linee perpendicolari all’asse del reference fragment (Fig. 9).

    Fig. 9 Valutazione della “Axial view translation”

  • 15

    CORAgin method

    E’ il metodo utilizzato nel planning del trattamento delle cosiddette “chronic deformities”, che includono deformità congenite, acquisite e “residue” (pseudoartrosi e viziose consolidazioni).

    Nel CORAgin method l’”origin” coincide con il CORA; il “corresponding point” viene individuato seguendo alcuni steps.

    Misurazioni radiografiche in proiezione AP:

    1- Si individua il CORA e lo si indica come “origin” (“CORAgin”). Si misura altresì la deformità angolare (AP view angulation, varus or valgus) (Fig. 10).

    2- Si traccia quindi una linea (W) (perpendicolare all’asse del reference fragment) dal CORA alla superficie convessa di femore.

    3- Si traccia una seconda linea, della stessa lunghezza di W, perpendicolare all’asse del corresponding fragment e la si trasferisce lungo tale asse sino ad incontrare la linea W (o il suo prolungamento). Il punto di intersezione di L1 con l’asse del corresponding fragment è il “corresponding point”.

    4- Si applica una “griglia virtuale” (formata da linee parallele e perpendicolari all’asse del “reference fragment”) per misurare l’entità della traslazione in senso laterale o mediale della proiezione del “corresponding point” rispetto all’ ”origin”e si indica tale valore come AP view translation, medial or lateral.

    5- Sulla stessa griglia si misura di quanto il “corresponding point è traslato prossimalmente o distalmente rispetto all’”origin” e si indica tale valore come Axial view translation (short or long).

  • 16

    Fig. 10. Il “CORAgin”

    Misurazioni radiografiche in proiezione laterale: 1- Si individua il CORA (che può essere localizzato a livello diverso da quello individuato in

    proiezione AP). Si misura la deformità angolare (Lateral view angulation, apex anterior or apex posterior)

    2- Si trasferiscono sull’immagine RX in laterale “origin” e corresponding point” già definiti sull’immagine RX in AP.

    3- Si traccia una linea passante per il “corresponding point” e parallela all’asse del reference fragment, e si indica la distanza fra queste due linee come Lateral view translation (anterior or posterior)

    4- L’eventuale rotazione viene misurata clinicamente (o talvolta con un esame TAC) e indicata come Axial view angulation (in gradi: external or internal). Si sono così ottenuti i 6 “bone deformity parameters” del CORAgin method (Fig. 11).

  • 17

    Fig. 11. CORAgin method

    CORAsponding point method

    Nel CORAsponding point method è il “corresponding point” a coincidere con il CORA, e l’ “origin” viene individuato seguendo alcuni steps.

    Questo metodo permette di posizionare “CORAsponding point” e “origin” lungo l’asse del reference fragment (ha quindi il vantaggio di eliminare la misurazione di AP view translation e Lateral view translation).

  • 18

    Si tratta di un metodo particolarmente indicato nel planning del trattamento delle deformità quando deve essere aggiunta una “extrinsic length” (cioè quando il trattamento richiede una correzione accompagnata da un allungamento, ad es. in caso di ipometria del segmento da trattare) (Fig. 12).

    1- Si individua il CORA e lo si indica come “corresponding point” (CORAsponding point). Si misura altresì la deformità angolare (AP view angulation, varus or valgus e Lateral view angulation, apex anterior or apex posterior).

    2- Si indica un punto sull’asse del reference fragment, spostato in direzione del moving fragment di una misura pari all’allungamento programmato. Tale punto è l’ ”extrinsic origin” (EO). E’ questo punto che diventerà il riferimento per il calcolo dell’offset del montaggio e delle SAR.

    3- Si indica la Axial view translation (short), che corrisponde all’allungamento programmato. 4- Si indica l’eventuale Axial view angulation (in gradi).

    Fig. 12. CORAsponding method

  • 19

    Virtual Hinge method

    Il Virtual hinge method è indicato in caso di deformità angolari semplici (non su piano obliquo e non accompagnate da altri tipi di deformità (in lunghezza, traslazionali, rotazionali) che necessitano di correzione con osteotomia in sola apertura. “Origin” e “corresponding point” sono entrambi localizzati sul CORA, sulla superficie convessa dell’osso: con tale metodo viene creato uno snodo virtuale (o asse virtuale di correzione rotazionale).

    La posizione ideale di uno snodo virtuale è a livello del CORA. Può essere scelto il punto CORA all’intersezione degli assi del reference fragment e del moving fragment, oppure può essere scelto come snodo virtuale ogni altro punto CORA situato sulla bisettrice dell’angolo formato dagli assi del frammento prossimale e del frammento distale.

    I vantaggi consistono in eliminazione delle deformità traslazionali, possibilità di creare facilmente una osteotomia in apertura localizzando lo snodo virtuale sulla bisettrice a livello della superficie convessa del femore. La metodica richiede alcuni semplici steps (sia in caso di deformità angolare sul piano frontale che in caso di deformità angolare sul piano sagittale) (Fig. 13).

    1- Si individua il CORA e si misura la deformità angolare (AP view angulation, varus or valgus). 2- Si traccia la bisettrice dell’angolo di deformità angolare rilevato. 3- Si individua come “corresponding point” e come “origin” il punto alla intersezione fra la bisettrice

    tracciata e la superficie convessa del femore. 4- Si riportano come 0 le misure degli altri 5 parametri di deformità.

    Fig. 13. Virtual Hinge Method

  • 20

    LOCA method

    Questo metodo, recentemente proposto da Taylor, si rivela utile nei casi in cui deve essere eseguita una osteotomia correttiva di deformità post-traumatiche (pseudoartrosi, viziose consolidazioni), poiché permette con semplici calcoli di individuare il livello ideale per l’osteotomia di correzione, ovvero il livello che minimizza la traslazione durante la correzione della deformità stessa.

    In tali tipi di deformità, angolazione e traslazione non necessariamente si trovano sullo stesso piano: in questo caso il CORA in proiezione AP non corrisponde al CORA in proiezione laterale. Occorre quindi decidere quale è il livello ideale per l’osteotomia correttiva: Il LOCA è il livello (al quale eseguire la correzione) ove la traslazione tra i frammenti è minore, e può essere determinato con metodo grafico.

    Nel caso di deformità tibiale, si definisce in genere “reference fragment” il frammento prossimale; per il femore appare più semplice per scopi pratici scegliere il frammento distale come “reference fragment”.

    La descrizione del Loca Method per deformità femorali si baserà quindi sul frammento femorale distale come “reference fragment”. Per comodità dell’utilizzatore, nelle figure il frammento femorale distale (reference fragment) appare “verticale” e il frammento prossimale (correspondent o moving fragment) appare “obliquo”, cosicchè la griglia di linee perpendicolari e parallele all’asse del “reference fragment” è formata da linee orizzontali e verticali.

    1 – Sugli esami RX del femore in proiezione AP e in proiezione laterale si stabiliscono 2 livelli in maniera arbitraria ma riproducibile (ad esempio, per comodità, al punto di incontro fra l’asse del reference fragment e l’estremità distale dell’osso – Level 1 - e al punto d’incontro fra l’asse del moving (o deformed) fragment e l’estremità prossimale del gran trocantere – Level 2 -)

    2 – In proiezione AP e laterale si determinano i parametri di deformità angolare e l’eventuale dismetria, e si misura l’entità della traslazione dell’asse del deformed fragment rispetto all’asse del reference fragment al level 1 e al level 2, indicando tale traslazione come Point 1 e Point 2 rispettivamente (Fig. 14).

    3 - Si costruisce un diagramma (LOCA diagram) che rappresenta la Axial view, ove sono indicati l’asse anteriore-posteriore, l’asse mediale-laterale e il punto di incontro di tali assi, che indica il reference fragment e rappresenta l’Origin. Le posizioni del point 1 e del point 2 sono trasferite sul diagramma e sono unite con una linea retta, che rappresenta il deformed fragment sul piano assiale in rapporto al reference fragment (Fig. 15) .

    4 – Sul diagramma si traccia dal punto che indica il reference fragment una linea perpendicolare alla linea del deformed fragment. La linea è il LOCA (line of closest approach). Il punto di intersezione con il reference fragment è, come detto, l’Origin, e il punto di intersezione con il deformed fragment (Point 3) è il LOCA point, che rappresenta anche il Corresponding point (Fig. 16).

    Si misurano le entità delle traslazioni del LOCA point dal reference fragment (o Origin). Esse rappresentano i “parametri di deformità traslazionale”. Questi parametri sono utilizzati per determinare il livello dell’osteotomia

  • 21

    5 – Si indica sulla proiezione AP il livello al quale il deformed fragment ha la stessa traslazione del Point 3 in senso mediale-laterale, e sulla proiezione laterale il livello al quale il deformed fragment ha la stessa traslazione del Point 3 in senso anteriore-posteriore. Si noterà che il livello è il medesimo. Questo è il livello dell’osteotomia (Fig. 17).

    I parametri di deformità traslazionale sono ora completi, e possono essere immessi nel software insieme agli altri parametri di deformità (angolare e assiale).

    6 – Nel caso sia necessario un allungamento, conviene utilizzare il CORAgin method. Il Corresponding point viene traslato lungo il deformed fragment dal LOCA level sino al punto dell’allungamento desiderato.

    Fig. 14. Individuazione di Level 1 e Level 2

  • 22

    Fig. 15. Individuazione di Point 1 e Point 2 e costruzione del diagramma

    Fig. 16. Individuazione di LOCA e LOCA point

  • 23

    Fig 17. Determinazione del livello di osteotomia

    Intentional placement of the apex of deformity

    Questo metodo consente di scegliere, per correggere deformità semplici, complesse e multiapicali di femore sul piano frontale, il livello di osteotomia correttiva indipendentemente dal livello del CORA. Talvolta infatti la scelta del CORA come livello di osteotomia non è conveniente, in rapporto alla sede, alla qualità dell’osso o alla qualità dei tessuti molli.

    La metodica è semplice poiché si basa su normali radiografie, senza ricorso al confronto con l’arto controlaterale, ed elimina la necessitò di assistenza da parte del computer. Inoltre essa permette di correggere una deformità (situata a qualsiasi livello) con un’osteotomia eseguita al livello considerato più conveniente, senza tener conto del CORA e senza necessità di correggere traslazioni o di eseguire osteotomie multiple.

    1 – Si traccia una linea retta (nella figura indicata in blu) che dal centro del plafond tibiale passa per la spina tibiale mediale, per creare il nuovo asse meccanico, e si individua un punto allo stesso livello del centro della testa femorale. Questo punto rappresenta il punto “target”, cioè ove il centro della testa femorale dovrà trovarsi a fine correzione (Fig. 18a).

  • 24

    2 – Si traccia una linea (nelle figura in rosso) per indicare l’asse meccanico attuale del femore. Nei pazienti con deformità femorale distale ci si basa sul femore prossimale, e la linea dell’asse meccanico è tracciata partendo dal centro della testa femorale, con angolazione di 6° rispetto all’asse anatomico. L’intersezione delle due linee (blu e rossa) è il CORA (Fig. 18b).

    3 – Si sceglie il livello più conveniente per l’osteotomia e a tale livello si traccia una linea trasversale, che incontra l’asse meccanico in un punto (nella figura indicato con O) (Fig. 18c).

    4 – L’angolo formato dall’asse meccanico e dalla linea che unisce il punto “target” e il punto “O” indica l’angolo esatto di osteotomia (Fig. 18d).

    Fig. 18 a,b,c,d Posizionamento intenzionale del punto di deformità

  • 25

    Tecnica chirurgica

    Preparazione del paziente all’intervento

    a) si identificano e si trattano tutte le infezioni prima degli interventi elettivi, e si posticipa l’intervento fino alla risoluzione dell’infezione;

    b) Si controlla la glicemia in tutti i pazienti diabetici, e deve essere evitata l’iperglicemia nel periodo perioperatorio;

    c) Deve essere incoraggiata la cessazione del fumo o almeno l’astinenza nei 30 giorni

    precedenti l’intervento;

    d) il paziente deve eseguire una doccia o un bagno con antisettico almeno la notte prima dell’intervento;

    e) la tricotomia deve essere preferibilmente eseguita immediatamente prima dell’intervento;

    f) l’area dell’incisione deve essere lavata e pulita accuratamente per rimuovere le macrocontaminazioni prima della disinfezione del campo operatorio;

    g) deve essere utilizzata un appropriata preparazione antisettica per la cute.

    Profilassi antitromboembolica Considerando l’elevato rischio di sviluppare trombosi venosa profonda (TVP) degli arti inferiori, è

    fondamentale impostare una corretta prevenzione.

    Le eparine a basso peso molecolare (EBPM) hanno largamente soppiantato l’eparina non frazionata a basse dosi, in virtù della loro maggiore efficacia, della più lunga emivita e della minore incidenza di effetti collaterali dovuta alla minore interazione con le piastrine. La prima iniezione verrà praticata 12 ore prima dell’intervento. La durata del trattamento coinciderà con quella della persistenza del rischio tromboembolico, e in generale per la durata del trattamento con il fissatore esterno. Profilassi antibiotica La profilassi antibiotica deve essere eseguita non più di 30 minuti prima dell’incisione cutanea. L’antibiotico deve essere somministrato a dosaggio pieno; la somministrazione per via endovenosa risulta essere il metodo più affidabile ai fini del raggiungimento e mantenimento di una concentrazione efficace del farmaco sia a livello ematico sia a livello dei tessuti sede di intervento. La profilassi antibiotica deve essere limitata al periodo peri-operatorio. Riguardo alla scelta del farmaco, l’antibiotico deve essere attivo contro i più probabili microrganismi causa di infezione postoperatoria, e deve assicurare adeguate concentrazioni seriche e tissutali. Le cefalosporine di I e II generazione, sono gli antibiotici che maggiormente rispondono a questi requisiti, e pertanto il loro impiego è fortemente raccomandato in tutti gli studi clinici controllati condotti nel settore.

  • 26

    Posizionamento del paziente sul tavolo operatorio Il paziente viene posizionato in posizione supina su un tavolo operatorio radiotrasparente che consenta l’uso dell’amplificatore di brillanza. I vari tipi di sostegni per l’arto inferiore da trattare proposti durante gli anni si sono dimostrati di scarsa utilità pratica. Sono invece importanti due tipi di accorgimenti: la sistemazione di un sostegno morbido sotto la regione glutea del lato da trattare per contrastare la tendenza alla extrarotazione e il sollevamento di alcuni centimetri dell’arto dal piano operatorio per mezzo di semplici teli piegati opportunamente e facilmente spostabili durante l’intervento; a giudizio del chirurgo operatore è possibile l’utilizzo del letto traumatologico con trazione a scarpetta e supporto della gamba, con arto controlaterale in posizione ginecologica. Uso del “tourniquet” chirurgico Il “tourniquet” posizionato alla radice della coscia non viene utilizzato; anche non gonfiato, può interferire con il coretto posizionamento degli elementi di presa ossea femorale e con la applicazione del fissatore circolare. Anestesia La scelta dell’anestesia e la tecnica anestesiologica devono tenere in considerazione alcuni aspetti tipici di questa particolare chirurgia ortopedica: la componente algogena e reflessogena, la stabilità della narcosi, il controllo del sanguinamento, la fase del risveglio (che deve essere caratterizzata da un rapido recupero della coscienza al fine di consentire un tempestivo controllo della motilità), la analgesia postoperatoria. La scelta tra anestesia generale e loco-regionale deve scaturire da una corretta analisi delle

    condizione dell’operando, del tipo e della sede dell’intervento, della posizione intraoperatoria e, entro certi limiti, delle preferenze dell’operatore e del paziente. Si ritiene oggi utile l’uso di tecniche combinate (anestesia integrata o “blended”) che consentono di sfruttare il meglio di ambedue i procedimenti anestesiologici. Il posizionamento di catetere peridurale o perinervoso permette dopo l’intervento di somministrare ancora farmaci per eliminare o ridurre al minimo il dolore dovuto all'intervento chirurgico, provvedendo a un miglior comfort per il paziente ed a una precoce riabilitazione motoria. Uso dell’intensificatore d’immagine L’intensificatore di brillanza consente di valutare il posizionamento delle viti e dei fili transossei, il livello di osteotomia femorale e la loro corretta esecuzione.

  • 27

    Preparazione dei chirurghi La preparazione dei chirurghi deve essere evidentemente accurata come in ogni altro intervento, con una ulteriore precauzione, legata alla pericolosità della punta dei fili transossei: devono essere obbligatoriamente indossate almeno 2 paia di guanti (che dovrebbero essere cambiati almeno ogni

    25 minuti) per ridurre drasticamente il rischio di traumi accidentali alle mani e di contaminazione durante l’applicazione dell’apparecchio. Campo operatorio Il campo operatorio deve essere ampio e comprendere tutto l’arto inferiore, soprattutto per avere sempre sotto il controllo della vista l’asse dell’arto e le sue deviazioni. Inoltre il campo deve essere preparato nella maniera più semplice possibile, per consentire al chirurgo il più comodo accesso da ogni posizione all’arto: non si deve dimenticare infatti che durante le varie fasi del montaggio il chirurgo deve spostarsi frequentemente sui due lati dell’arto, per avere a disposizione sempre il punto di accesso più comodo e più sicuro. Reperi I punti e le linee di repere tracciati con precisione sulla cute con la matita dermografica prima dell’inizio dell’intervento, con l’aiuto dell’amplificatore di brillanza, permettono di ridurre notevolmente la durata totale dell’esposizione alle radiazioni. I punti e linee di repere devono essere tracciati dopo la preparazione del campo e la definitiva

    sistemazione dell’arto, per essere sicuri di indicare con precisione i livelli del ginocchio e della regione trocanterica e il livello della deformità. Intervento propriamente detto Non sempre il montaggio che impiega il minor numero di fili o viti è il migliore: una attenzione particolare va riservata infatti alla stabilità, che, se insufficiente, si traduce in notevole disagio per il paziente oltre che in rischio di fallimento del trattamento. Il ricorso al controllo radioscopico può essere notevolmente ridotto grazie ad una accurata preparazione e a una buona padronanza delle tecniche di correzione delle deformità. In alcuni casi l’impiego della radiologia può essere limitato al controllo finale dopo l’intervento. I fissatori esterni esercitano la loro azione sull’osso, tuttavia un aspetto dell’impiego della fissazione esterna spesso ingiustamente trascurato, ma di importanza fondamentale, è costituito dal problema del rispetto, durante l’applicazione dell’apparecchio, delle parti molli. Non ci si riferisce qui alle parti molli cosiddette nobili (vasi e nervi), che devono essere evidentemente rispettate, ma alla cute, al sottocute, alle fasce, ai muscoli e ai tendini, ai quali si deve riservare la massima cura, sotto pena di continui fastidi per il paziente e conseguente necessità di aumentare la frequenza dei controlli.

  • 28

    In particolare deve essere evitata la tensione dei tessuti molli, provocata dagli elementi di presa, sia in senso longitudinale che in senso trasversale. Nel primo caso, oltre al dolore sia a riposo che ai movimenti, può essere favorita la formazione di un’area di infiammazione o di necrosi (che aumenta i disturbi per il paziente) e viene notevolmente ostacolata la normale funzione muscolare. Nella seconda eventualità (che si verifica più spesso con l’uso dei fili, quando non viene prestata la necessaria attenzione a evitare forzature e torsioni nella fissazione dei fili stessi sugli anelli) ai disturbi precedenti si aggiungono quelli causati da una più o meno grave alterazione del normale ritorno venoso o linfatico, con conseguente edema e infiammazione locale. E’ evidente che possono verificarsi anche tutte le forme intermedie e combinate fra la tensione in senso longitudinale e trasversale, con ogni possibile associazione fra le conseguenti lesioni. L’abbandono nella fissazione prossimale del femore dell’uso dei fili trans ossei e l’utilizzo moderno delle viti a livello trocanterico e sottotrocanterico inserirete rispettivamente da anterolaterale a posteromediale e da posterolaterale ad anteromediale (configurazione a “delta” con viti angolate di 60 gradi, perpendicolari all’osso) nel primo caso, mentre nel secondo caso da posterolaterale ad anteromediale attraverso il vasto laterale, ha permesso il posizionamento più distale dell’arco prossimale del fissatore, aumentando la stabilità del montaggio e la tollerabilità da parte del paziente, e riducendo la transfissione delle grandi masse muscolari quadricipitali e le infezioni delle parti molli. Un altro aspetto particolarmente importante è quello della prevenzione della rigidità articolare post- operatoria. La regola fondamentale da seguire per la prevenzione è il mantenimento del corretto atteggiamento dell’articolazione durante l’infissione degli elementi di presa (in particolare i fili transossei) in prossimità dell’.articolazione stessa. E’ necessario infatti che essi attraversino i muscoli flessori ad articolazione estesa e gli estensori ad articolazione flessa. In sostituzione dei fili transossei al livello distale femorale sono impiegate due viti angolate di circa 140 gradi in configurazione a “delta” inserite sulla superficie mediale e laterale del femore con direzione rispettivamente da posteromediale ad anterolaterale e da posterolaterale ad anteromediale.

    Applicazione del TAYLOR SPATIAL FRAME™

    La peculiarità anatomica del femore, con la non coincidenza dell’asse meccanico con l’asse anatomico, la fisiologica procurvatura , nonché il frequente uso dell’anello distale come “reference” rendono il posizionamento del TSF a livello della coscia più impegnativo del posizionamento a livello della gamba.

    Utilizzo dell’asse meccanico.

    L’asse meccanico dell’arto inferiore può essere individuato al tavolo operatorio con accorgimenti diversi.

  • 29

    E’ possibile , sfruttando la radioopacità del filo del bisturi elettrico, porre lo stesso sull’asse meccanico dell’arto inferiore congiungendo, ad anca in posizione neutra e ginocchio esteso, il centro della testa femorale con il centro della tibiotarsica, nella proiezione anteroposteriore.

    Deve essere precisato tuttavia che tale procedura identifica l’asse meccanico “attuale” dell’arto e non può essere utilizzato per allineare il fissatore , specie con un riferimento prossimale, o se la deviazione dell’asse meccanico riconosce una componente tibiale.

    L’allineamento dell’anello di riferimento del TAYLOR SPATIAL FRAME™ va viceversa effettuato su un asse meccanico “ ideale”, che va dedotto dal confronto tra l’attuale anatomia del femore e quella del femore controlaterale (se normale) o dalla deduzione di tale asse da valori standard desunti dall’analisi radiologica di soggetti normali.

    Sul piano frontale, se si sceglie il “reference fragment” distale, dovrà essere tracciata sul radiogramma una linea tangente ai condili femorali sul piano anteroposteriore: da questa linea andrà tracciato un angolo di circa 2° (identificato con tale standard o con l’analisi del femore controlaterale se normale) aperto lateralmente e verso il basso, identificando quindi una secondo lato (inferiore) dell’angolo, su cui tracciare la perpendicolare alla quale l’anello di riferimento distale del TSF dovrà essere ortogonale.

    Nel caso si voglia utilizzare come “reference fragment” il prossimale, l’asse meccanico sarà dato identificando l’asse anatomico e costruendo un angolo di circa 7° (± 2°) con vertice a livello del versante mediale della spina intercondiloidea tibiale, angolo aperto verso l’alto, il cui lato mediale identificherà l’asse meccanico ideale cui l’anello di riferimento dovrà essere ortogonale.

    Sul piano sagittale, l’identificazione dell’asse meccanico è resa più difficile dal procurvato femorale. Tuttavia potrà essere utilizzato, in una precisa proiezione laterale, l’asse maggiore dei condili femorali sul piano sagittale, costruendo un angolo aperto posteriormente e prossimalmente con vertice a livello epicondilare, del valore di 83° ( valore standard) o del valore desunto da analoga misurazione del femore controlaterale: il lato desunto da tale misurazione identificherà l’asse meccanico. Una verifica di tale misurazione potrà essere fatta con la coincidenza di tale asse con il prolungamento dell’asse anatomico tibiale, a ginocchio esteso.

    L’impiego di aghi da spinale o fili di K. sul campo operatorio e di un goniometro sull’immagine ampliscopica (o di una misurazione digitale dell’angolo sulla stessa, ove possibile), permetterà di stabilire con sufficiente precisione la posizione degli assi e conseguentemente degli anelli.

    Utilizzo dell’asse anatomico.

    L’asse anatomico femorale è identificato sul piano frontale dalla linea mediodiafisaria, mentre sul piano sagittale è identificato da una linea curva a convessità in senso anteriore.

    In pratica l’asse anatomico sul piano sagittale può essere schematizzato in due linee rette (medio-diafisaria prossimale e medio-diafisaria distale), che si incontrano a livello del terzo medio della diafisi femorale formando un angolo di circa 10°.

  • 30

    Montaggio del TAYLOR SPATIAL FRAME™

    Sono stati descritti vari metodi di applicazione del TSF: il più consigliabile è il cosiddetto “Rings First Method of Deformity Correction”, che prevede dapprima l’applicazione dei due anelli a ciascuno dei due frammenti, e successivamente il collegamento delle aste oblique agli anelli stessi.

    Tale metodo ha il vantaggio di presentare una notevole semplicità e di consentire un’applicazione degli anelli con maggiore rispetto dei tessuti molli.

    a) Scelta degli anelli La scelta degli anelli segue i criteri generali della fissazione circolare: il diametro interno dell’anello dovrà mantenersi ad almeno 2 cm dalla superficie cutanea. Gli anelli del sistema TSF hanno disponibilità di misure più limitata rispetto al sistema Ilizarov e quindi, in genere, a livello della coscia la distanza di sicurezza dal piano cutaneo sarà modestamente superiore rispetto alla applicazione a livello della gamba, essendo preferibile l’approssimazione per eccesso.

    Non necessariamente gli anelli TSF devono avere identico diametro, essendo il software predisposto a calcolare accoppiamenti di anelli di diametro differente. Tuttavia, in genere, le condizioni che richiedono l’accoppiamento di anelli diversi sono infrequenti.

    Il montaggio può essere esteso distalmente e prossimalmente connettendolo ad anelli TSF, o ad anelli o archi Ilizarov, acquisendo così una migliore stabilità.

    L’anello TSF 2/3, ruotato di 90° all’esterno, può essere utilizzato al posto di una anello chiuso a livello del terzo medio di femore, per maggiore comodità del paziente. In questo caso il master tab si troverà posizionato lateralmente. Va ricordato che il numero di tabs presenti su tale tipo di anello aperto è solo di 3.

    b) Regole generali Nell’esecuzione dell’intervento, alcune regole generali della fissazione circolare devono essere sempre tenute in conto per ottenere i migliori risultati possibili.

    Gli elementi di presa dovrebbero essere infissi ad adeguata distanza dall’articolazione del ginocchio, per avere la sicurezza di una infissione extracapsulare.

    Deve essere evitata la tensione dei tessuti molli, provocata dagli elementi di presa, sia in senso longitudinale che in senso trasversale.

    Nel primo caso, oltre al dolore sia a riposo che ai movimenti, può essere favorita la formazione di un’area di infiammazione o di necrosi (che aumenta i disturbi per il paziente) e viene notevolmente ostacolata la normale funzione muscolare. Nella seconda eventualità (che si verifica più spesso con l’uso dei fili, quando non viene prestata la necessaria attenzione a evitare forzature e torsioni nella fissazione dei fili stessi sugli anelli) ai disturbi precedenti si aggiungono quelli causati da una più o meno grave alterazione del normale ritorno venoso o linfatico, con conseguente edema e infiammazione locale.

  • 31

    Se è previsto anche un allungamento, è sempre buona norma creare una “riserva” di tessuti molli tra i due anelli del fissatore, allo scopo di ridurre, per quanto possibile, fastidiose o pericolose tensioni a livello dei tessuti molli stessi.

    c) Allineamento metafisi e diafisi: reperi clinici e radiografici Si decide innanzitutto quale fra i due frammenti è designato “reference fragment”, cosicchè l’anello fissato ad esso viene indicato come “reference ring”.

    L’applicazione del TAYLOR SPATIAL FRAME™ inizia con il posizionamento del solo “reference ring”, ortogonalmente sui piani coronale e sagittale all’asse anatomico o meccanico prescelto.

    Si può procedere posizionando una vite, che viene connessa all’anello con un sistema di bloccaggio che permetta l’angolazione della stessa rispetto all’anello: a questo punto sotto controllo ampliscopico si può posizionare l’anello ortogonalmente alla diafisi.

    Poiché tuttavia tali sistemi di connessione angolare della vite agiscono generalmente su un solo piano, è necessario, utilizzando questo metodo, che la vite si trovi su di un piano rigorosamente coronale o sagittale e che l’ortogonalità dell’anello nel piano di riferimento che si trova a 90° rispetto a quello della vite sia altrettanto certa, altrimenti l’anello verrebbe necessariamente a trovarsi su un piano obliquo.

    d) Scelta e posizionamento degli elementi di presa Gli elementi di presa del TSF, come nella fissazione circolare in genere, sono viti e fili. E’ possibile configurare il sistema utilizzando le sole viti, mentre un impiego esclusivo di fili, specie a livello prossimale, comporterebbe un rischio di aumentata elasticità del sistema, ancor più accentuata nel caso il montaggio comporti l’impiego di soli 2 anelli TSF.

    Il montaggio con 2 soli anelli, anche nella fissazione con viti, va tuttavia considerato potenzialmente instabile se le viti giacciono su piani contigui agli anelli medesimi: è preferibile, volendo utilizzare tale configurazione, estendere la fissazione prossimalmente e distalmente per quanto è possibile con l’ausilio di viti supplementari fissate su Rancho cubes. In tal modo si neutralizzano efficacemente le forze che agiscono sull’anello TSF.

    Nel caso in cui le viti vengano poste all’interno del sistema TSF, va sempre considerata l’evoluzione temporale della collocazione spaziale delle aste oblique durante il periodo di correzione, al fine di evitare il venire a collidere delle aste stesse con gli elementi di presa.

    Nell’arto inferiore è consigliabile utilizzare viti non inferiori a 5 mm di diametro, preferibilmente di 6 mm. Un rivestimento in Idrossiapatite (HA) garantisce solitamente l’intima adesione all’osso dell’elemento di presa, prevenendo efficacemente la mobilizzazione.

    e) Scelta e posizionamento delle aste telescopiche Scelte le aste di opportuna misura, in previsione anche delle graduali modifiche che dovranno essere eseguite successivamente, le aste vengono fissate a livello delle tabs.

    Le 6 aste sono applicate in senso antiorario partendo dal master tab dell’anello di riferimento a cui vengono collegate la n. 1 e la n. 2. La regola va osservata per entrambi gli arti destro e sinistro.

  • 32

    f) Premontaggio A scelta del chirurgo, può essere utilizzato il premontaggio. L’utilizzo del premontaggio consente al paziente di comprendere meglio ciò che significa portare un fissatore esterno circolare e di accettare il programma di trattamento.

    Il premontaggio può essere utile, inoltre, per valutare la gravità della deformità, valutare l’ingombro effettivo dell’apparecchio posizionandolo sull’arto, valutare le posizioni più idonee per gli elementi di presa (fili e viti) evitando così interferenze con la successiva correzione, utilizzare le aste oblique di misura più idonea, in modo da ridurre al minimo i cambi durante la correzione, ridurre i tempi chirurgici.

    Nei casi più semplici, dopo aver provato l’esoscheletro sul paziente, esso viene smontato per la sterilizzazione, riportando sul foglio di planning le misure dei componenti utilizzati. L’apparato viene rimontato nel tempo che intercorre tra l’anestesia, il corretto posizionamento del paziente sul campo e la preparazione del campo operatorio.

    Nei casi più complessi, al contrario, il premontaggio viene mantenuto ed avviato alla sterilizzazione così assemblato.

    Il fissatore esterno viene assemblato in “pre-deformità”, considerando quindi la morfologia della specifica deformità (varo-valgo, procurato-recurvato, intrarotazione-extrarotazione). Tali parametri sono valutati in sede di studio della deformità con gli accertamenti clinici e con eventuale esame TAC per studio di deformità rotazionali.

    Si utilizza in genere un montaggio a 4 livelli di fissazione, con i due anelli TAYLOR SPATIAL FRAME™ intermedi centrati sulla deformità e connessi tra di loro attraverso le sei aste oblique del TSF. L’anello prossimale e quello distale vengono connessi agli anelli intermedi con aste filettate dritte.

    Osteotomia femorale

    I – Sede

    Indipendentemente dal mezzo di sintesi utilizzato nella correzione della deformità, da un punto di vista biomeccanico la sede ideale per l’osteotomia è il piano sulla linea dei CORA.

    La scelta del livello e del tipo di osteotomia è determinata tuttavia non solo dalla geometria della deformità, ma anche dall’anatomia (vicinanza alle epifisi o alle inserzioni di legamenti e tendini) e dalle condizioni locali nelle deformità post-traumatiche. In questi ultimi casi oltre al quadro cutaneo ed ai pregressi accessi chirurgici occorre valutare con attenzione la qualità dell’osso in sede di deformità ed il tipo anatomo-patologico della deformità (esito di infezione o pseudoartrosi più o meno serrata).

    Se si decide di eseguire l’osteotomia a un livello diverso da quello del CORA, bisogna calcolare che sempre risulterà, a fine correzione, una deformità secondaria. Nella maggior parte dei casi questa deformità non è clinicamente rilevante, ma deve essere prevista e considerata nella pianificazione della correzione.

  • 33

    II – Metodo

    La sezione dell’osso può essere eseguita con sega di Gigli o con osteotomi. In base alla tecnica utilizzata dovrà essere eseguita un’incisione mirata a livello della sede scelta per l’osteotomia.

    La tecnica con la sega di Gigli permette di avere normalmente una linea osteotomica più netta a scapito di un maggiore scollamento periostale, oltre ad un maggior rischio di danni vascolari.

    La tecnica con osteotomi prevede:

    � prendere nota della lunghezza di ogni singola asta telescopica (per poter ripristinare al termine dell’osteotomia la precedente deformità)

    � derigidificazione dell’impianto agendo sulle aste telescopiche � incisione cutanea e accesso mirato previo repere ampliscopico, incisione del periostio e

    scollamento mirato � perforazione con punta di trapano 3.2mm - 3.8mm, perpendicolarmente all’asse diafisario � utilizzo di osteotomo di 10mm per indebolire ulteriormente la corticale diafisaria � rotazione manuale dei moduli prossimali e distali in direzione opposta per completare

    l’osteotomia � ribloccaggio delle aste telescopiche nella posizione iniziale o in lieve compressione � sutura cutanea dopo aver valutato il sanguinamento, che normalmente è modesto.

  • 34

    Gestione post-operatoria

    Completamento dei dati e loro inserimento nel software

    Frame parameters Si registrano i 3 tipi di dati riguardanti il fissatore TAYLOR SPATIAL FRAME™ da immettere nel software: tipo e diametro interno dell’anello prossimale, tipo e diametro interno dell’anello distale, tipo e lunghezza delle aste oblique. Mounting parameters L’esame radiografico, eseguito con opportuni accorgimenti dopo l’applicazione del fissatore, consente di eseguire le 4 misurazioni relative al rapporto fissatore-osso (cosiddetti “Mounting parameters”). Tali misurazioni possono essere eseguite anche su radiogrammi eseguiti intraoperatoriamente, ma

    è sicuramente più agevole basarsi su un accurato esame RX post-operatorio in scala 1:1. Queste misurazioni informano il computer della posizione dell’anello di riferimento (reference ring) rispetto all’origine. Al momento dell’esame RX, per un perfetto orientamento dell’arto da valutare è utile avvalersi di semplici accorgimenti che consentano con sicurezza l’esecuzione di esami RX in proiezione perfettamente anteroposteriore e perfettamente laterale. Per questo scopo, un tipo di accorgimento molto semplice consiste nell’applicare componenti del sistema (ad esempio i Rancho cubes a 2 o 3 fori) in posizione esattamente anteriore e posteriore ed esattamente laterale e mediale sull’anello di riferimento. L’esame RX in proiezione AP sarà perfetto se si osservano i due cubes anteriore e posteriore sovrapposti; l’esame RX in proiezione laterale sarà perfetto se si osservano i due cubes laterale e mediale sovrapposti. In sintesi, sui due esami RX perfettamente eseguiti si misura accuratamente in mm la posizione del centro dell’anello di riferimento rispetto all’ “origin” in proiezione frontale, in proiezione laterale, in proiezione assiale. Infine si valuta clinicamente la rotazione del piano sagittale del “reference ring” rispetto al piano sagittale del “reference fragment” (Fig. 19, Fig. 20, Fig. 21). I 4 valori che devono essere forniti al software sono definiti come: AP view frame offset, Lateral view frame offset, Axial frame offset, Rotary frame angle.

  • 35

    Fig. 19. Axial frame offset

    Fig. 20. AP view e lateral view frame offset

  • 36

    Fig. 21. Rotary Frame offset

  • 37

    Strutture a rischio Il “ritmo” di correzione può essere stabilito arbitrariamente o tenendo presente un ulteriore elemento (“struttura a rischio”, structure at risk, S.A.R.), che viene indicato al programma in termini di distanza dall’origine sul piano anteroposteriore e sul piano laterale. L’indicazione della posizione della struttura a rischio ha lo scopo di proteggere i tessuti molli durante la correzione graduale. Può trattarsi ad esempio di una struttura “nobile” come un vaso o un nervo, oppure più in generale dei tessuti molli che non devono essere sottoposti a trazione eccessiva o troppo rapida. Inserimento dei dati Si immettono nel software online i tredici dati che definiscono il fissatore, la deformità tra i due frammenti ossei e la posizione del fissatore rispetto al segmento scheletrico di riferimento (reference fragment). Usando complesse formule matematiche il software calcola la lunghezza alla quale deve essere portata ognuna delle 6 aste per ottenere la correzione desiderata. Come già sottolineato nella parte introduttiva, per ottenere la correzione della deformità viene attualmente utilizzato il Total residual deformity program. Nella prima delle sette schermate del software (CASE INFO – Fig. 22) vengono inserite le informazioni riguardanti il caso clinico ed il segmento scheletrico interessato. Nella seconda schermata (DEFORMITY – Fig. 23) vengono inseriti i 6 parametri relativi allo studio della deformità. Inoltre in questa pagina è possibile richiedere al software di eseguire inizialmente la correzione assiale della deformità. Caso clinico (Fig. 23a). Nella terza schermata (FRAME – Fig. 24) sono inseriti i 3 tipi di dati riguardanti lo “scheletro” del fissatore usato: tipologia di anelli e di aste telescopiche. In una quarta schermata (MOUNT – Fig. 25) vengono inseriti i 4 tipi di dati relativi ai rapporti fra il fissatore e l’osso. Nella quinta schermata (STRUT SETTINGS – Fig. 26) vengono inseriti i valori iniziali, e calcolati quelli finali, della lunghezza delle sei aste telescopiche. Paziente con TSF applicato al femore sinistro (Fig. 26a). Una sesta schermata (DURATION/SAR – Fig. 27) è usata per decidere la durata del tempo di correzione in rapporto ad eventuali strutture (nervi, vasi, cute ed osso) da proteggere durante la fase di correzione della deformità.

  • 38

    Nella settima ed ultima schermata (PRESCRIPTION – Fig. 28), sulla base di questo complesso di informazioni, il software genera una scheda di correzione graduale della deformità indicando anche, sulla base delle istruzioni ricevute, il numero di giorni necessari per completare la correzione, e, di conseguenza, l’entità della modifica da apportare quotidianamente a ciascuna delle 6 aste oblique. Caso clinico: la situazione finale (Fig. 28a). La funzione “NEW TOTAL RESIDUAL”, riportata nella settima schermata, consente di eseguire agevolmente in qualsiasi giorno del programma di correzione di una deformità un nuovo calcolo

    per la correzione di deformità residue. Con questa procedura vengono salvati tutti i dati precedentemente inseriti e viene richiesto solo l’inserimento dei valori della nuova deformità e della durata desiderata della correzione.

    Fig. 22. Schermata software CASE INFO

  • 39

    Fig. 23. Schermata software DEFORMITY

  • 40

    Fig. 23a. Paziente, maschio di 17 anni con esiti di politrauma. Quadro RX di esiti di deformità distale femorale sinistra trattata originariamente con osteosintesi interna con placca LCP e viti. Ipsilaterale frattura di tibia trattata con fe monolaterale con successiva conversione con placca LCP e viti. L’esame RX mostra consolidazione femorale con deformità in valgismo di 18 gradi, intrarotazione di 4 gradi, ed ipometria di 1,5 cm.

  • 41

    Fig. 24. Schermata software FRAME

  • 42

    Fig. 25. Schermata software MOUNT

  • 43

    Fig. 26. Schermata software STRUT SETTINGS

  • 44

    Fig. 26a. Esame RX post-operatorio: applicazione di TAYLOR SPATIAL FRAME™ al femore sinistro

  • 45

    Fig. 27. Schermata software DURATION/SAR

  • 46

    Fig. 28. Schermata software PRESCRIPTION

  • 47

    Fig. 28a. Controllo radiografico a distanza: guarigione ossea con totale recupero funzionale. Tempo di trattamento con il fissatore [Durata del trattamento = 150 giorni]

  • 48

    Timing (inizio e durata della correzione) Il periodo di attesa prima di iniziare la correzione della deformità è generalmente di sette - dieci giorni e dipende dalle variabili individuali del paziente e dalla tecnica usata per la osteotomia. La velocita di distrazione varia da 0.5 ad 1 mm per giorno e dipende: dall’entità della correzione da eseguire, dalle condizioni anatomico-funzionali del segmento osseo, dall’ età del paziente.

    Gestione del paziente nel periodo post-operatorio

    Prima dello spostamento del paziente dal tavolo operatorio deve essere eseguita una medicazione leggera a livello dei punti di passaggio degli elementi di presa e della o delle ferite operatorie. Solo nei casi in cui è necessaria una compressione a livello della ferita operatoria, si applica un bendaggio compressivo, preferibilmente nella forma “ad amaca”, prendendo appoggio su componenti del montaggio. La registrazione dell’intervento in cartella clinica non deve essere troppo succinta, soprattutto in caso di montaggi complessi, e tutti i dati relativi agli elementi di presa utilizzati (tipo, numero, sede, direzione) devono essere indicati. E’ consigliabile riservare una parte della scheda di registrazione a un disegno, anche schematico, della configurazione utilizzata. Il programma postoperatorio vero e proprio inizia già con la sistemazione del paziente nel letto di reparto. La sistemazione deve essere comoda e funzionale: si utilizzano cuscini morbidi per sopraelevare leggermente l’arto e proteggere ed evitare disturbi alle altre parti del corpo. Con altri cuscini opportunamente modellati o con semplici tutori a soletta si mantengono il piede e la caviglia in atteggiamento corretto e si crea un appoggio confortevole per la pianta del piede, evitando atteggiamenti in equinismo che diventano rapidamente difficili da correggere.

  • 49

    Follow-up

    Medicazioni

    La medicazione va eseguita nel post-operatorio, salvo esigenze particolari, a due giorni dall’intervento chirurgico e viene successivamente ripetuta a frequenza settimanale

    In particolare la cute che circonda il punto d’uscita dei fili di Kirschner e delle viti deve essere mantenuta pulita al fine di evitare la crescita di batteri.

    A livello femorale, per la presenza di una maggiore massa muscolare e per la tensione della fascia lata, si formano spesso attorno ai tramiti delle fiches e dei fili, delle “asole” cutanee, punto di ingresso di materiale contaminante.

    L’apparato deve essere pulito con soluzione fisiologica al fine di eliminare coaguli di sangue e polvere. A tale proposito una volta che le ferite chirurgiche si sono completamente cicatrizzate e in ogni modo a distanza di un mese dall’intervento, è possibile fare la doccia.

    La procedura di medicazione comprende i seguenti passaggi:

    � rimozione delle garze sporche attorno ai fili e alle viti, se necessario imbibirle con soluzione fisiologica . Se presenti , allontanare, i gommini di fissaggio.

    � con pinze sterili si afferrano le garze sterili che vengono imbibite sempre con soluzione fisiologica, al fine di rimuovere secrezioni adese ai fili e alle viti usando preferibilmente una o due garze per ogni livello. I tramiti cutanei con segni di infiammazione o secrezione devono essere puliti per ultimi.

    � la seconda fase prevede la disinfezione dei tramiti con Iodopovidone che può essere anche iniettato nei punti secernenti siero o materiale corpuscolato flogistico. In presenza di abbondante secrezione, prima di usare il disinfettante è consigliabile eseguire un tampone per la ricerca di germi aerobi e anaerobi.

    L’uso di antibiotico locale è indicato nei casi resistenti ai trattamenti locali sopradescritti.

    � successivamente con strisce di altezza di circa 1 cm. si medicano a pressione i punti di uscita dalla cute degli elementi di presa, ricoprendoli con garze arrotolate e fissate con cerotto a nastro. Si usano garze sterili in cui si esegue un taglio che rende agile il loro posizionamento anche sui fili di Kirschner che vengono appunto bloccati con i gommini o con cerotto a nastro.

    Nei punti di uscita dei fili di Kirschner non secernenti la protezione con garza sterile può anche essere non necessaria.

    Sono da monitorare eventuali sofferenze cutanee e decubiti, dovuti ad un eccessivo contatto della coscia con gli anelli dell’apparato.

  • 50

    Valutazione clinica e radiografica

    La valutazione clinica è strettamente dipendente dal software mediante il quale si sono programmate le correzioni.

    La tempistica delle valutazioni è innanzitutto condizionata dal tabulato che indica con precisione i momenti di sostituzione delle barre allungabili, quando queste raggiungono il limite massimo di estensione e di compressione.

    Il monitoraggio clinico a tempi ravvicinati (anche settimanale) è utile durante il periodo di progressione delle modifiche. Una volta terminata la correzione, il monitoraggio mensile è sufficiente.

    I controlli radiografici post-intervento si rendono necessari per verificare le modifiche impostate secondo modalità di esecuzione già illustrate.

    Complicanze

    Rare ma possibili le complicazioni intraoperatorie, sono invece frequenti quelle postoperatorie. Le complicazioni intraoperatorie consistono in lesioni vascolari o nervose, per trauma diretto durante l'inserimento dei fili metallici o delle viti o durante l’osteotomia; la frequenza di tali complicanze è inversamente proporzionale alla esperienza del chirurgo, tuttavia esse possono essere anche conseguenza di particolari situazioni anatomiche locali.

    Una non perfetta applicazione dell’anello di riferimento, non ortogonale al segmento osseo nelle due proiezioni radiografiche, condiziona la scorretta rilevazione dei dati necessari alle procedure computerizzate e al risultato di correzione.

    Dopo l’intervento, ma in particolare durante le correzioni, si può verificare la rottura dei fili di Kirschner o delle viti nonché, raramente, il mancato funzionamento delle aste di correzione.

    Complicanza legata alla procedura meccanica è l’instaurarsi di scomposizioni secondarie dovute a fattori intrinseci quali anomale resistenze dei monconi ossei, all’elevata tensione delle formazioni muscolo-scheletriche e a fattori estrinseci per errori nell’inserimento dei dati inseriti nel software del sistema.

    Durante l'allungamento e le correzioni assiali, la complicanza di infezioni cutanee è ricorrente.

    Si tratta nella maggior parte dei casi di situazioni di flogosi locale tenute sotto controllo da medicazioni locali o, quando si manifestano segni di infezione più profonda, da terapia antibiotica locale e generale.

    Rara ma possibile è la mobilizzazione delle viti per fenomeni di osteolisi.

  • 51

    Programma riabilitativo

    Il paziente che si approccia ad un intervento di allungamento e correzione assiale degli arti inferiori dovrebbe seguire un preciso programma riabilitativo e rieducativo. Esso può essere diviso in due fasi: fase pre-operatoria e post operatoria.

    In fase pre-operatoria la riabilitazione serve per predisporre al meglio lo stato articolare e muscolare, agendo sul tonotrofismo e preparando gli elementi dell’apparato locomotore che sono direttamente interessati dal trattamento stesso. Ulteriore scopo della riabilitazione negli allungamenti è di migliorare eventuali atteggiamenti viziati originati dalle differenti tensioni muscolari. In questa prima fase si insisterà particolarmente sullo stretching muscolare, tecnica che permette di preparare i muscoli alle modificazioni anatomiche conseguenti all’allungamento degli arti.

    Nella fase pre-operatoria bisognerà valutare la postura del paziente, pianificare un adeguato protocollo riabilitativo individuale anche in relazione, nel caso di soggetto in accrescimento, alla conformazione dell’apparato locomotore e alle modificazioni che esso subirà in corso di correzione. In questa fase si ricerca inoltre il rinforzo muscolare isocinetico, ovvero la contrazione a velocità costante per tutto l’arco del movimento così da avere è una contrazione massimale per tutta l’escursione articolare.

    In fase post-operatoria immediata è importante la ginnastica circolatoria, favorente sia il circolo ematico che quello linfatico, deve essere particolarmente accurata per prevenire eventuali flebotrombosi; sono inoltre indicati una postura sollevata degli arti operati nei periodi di riposo a letto e i massaggi di svuotamento che aiutano la detumefazione completa. Se le condizioni lo permettono, si eseguono anche esercizi di stretching, di minore intensità rispetto alla fase preoperatoria, che favoriscono lo scorrimento dei piani articolari e degli elementi aponeurotici e tendinei.

    Per permettere un corretto ed efficace allungamento dei tessuti molli nei primi giorni post-intervento è necessario controllare il dolore attraverso una adeguata terapia farmacologica analgesica da assumere prima della seduta di fisioterapia. Ciò assicura una adeguata mobilizzazione del paziente e diminuisce il rischio di contratture e posture antalgiche scorrette.

    Dopo aver acquisito una certa sicurezza nei movimenti si passa agli esercizi deambulatori con girello, bastoni canadesi, un solo bastone e infine andatura libera.

    Il carico, dapprima parziale e successivamente totale, ha un effetto certamente positivo sulla capacità delle parti molli di adeguarsi all’osso in allungamento, oltre ad incentivare l’osteogenesi e la circolazione venosa e linfatica. Vengono così diminuiti gli edemi e le complicanze a carico del circolo, le ipotrofie muscolari.

    Durante la fase di distrazione e, a maggior ragione dopo la rimozione del fissatore, devono essere eseguiti costantemente e in modo progressivo esercizi di stretching.

    Alla rimozione del fissatore è necessario valutare eventuali limitazioni articolari residue e ricercare il ripristino totale dell’articolarità e, per quanto possibile, del tono-trofismo muscolare.

  • 52

    Il perfezionamento del passo avverrà attraverso il ricorso a tecniche di stretching muscolare con recupero totale della sicurezza al passo.

    Successivamente si cercherà di promuovere il totale inserimento alle normali attività della vita quotidiana, incluse le attività sportive non agonistiche consone all’età.

    Rimozione del TAYLOR SPATIAL FRAME™

    La rimozione dell’apparato viene effettuata al termine dei processi di consolidazione del rigenerato osseo e dei punti di osteotomia sede di correzione del segmento osseo.

    La decisione riguardo a tale procedura è conseguente ad un’analisi radiografica con proiezioni standard e, quando necessario, con quelle oblique.

    È possibili avvalersi inoltre di una valutazione clinica sboccando completamente le aste oblique in modo di provocare un carico diretto dell’osso.

    La rimozione richiede un supporto anestesiologico con semplice sedazione, o con anestesia loco-regionale. Si tratta di una pratica chirurgica non difficoltosa che tuttavia deve rispettare dei passaggi precisi.

    � si procede innanzitutto alla pulizia dell’apparato con soluzione saponosa prima dell’ingresso in sala operatoria.

    � si esegue accurata disinfezione nei punti di uscita dei fili e delle viti � con chiave del 10 e con chiave a brugola del 4 si allentano i morsetti. � con tronchese si recidono i fili che vengono sfilati con pinza da meccanico facendo attenzione

    alla eventuale presenza di “olive” . � la viti vengono svitate con mandrino

    Si esegue successivamente la medicazione dei tramiti cutanei, la medicazione compressiva e il bendaggio con cotone e benda elastica. Non è necessario ricorrere a punti di sutura.

    La terapia antibiotica intraoperatoria è sufficiente, prolungata nei casi di evidente flogosi cutanea con secrezioni siero-purulente.

    Il carico inizialmente sarà parziale, l’uso dei bastoni canadesi è la regola almeno nei 15-20 giorni successivi alla rimozione del TSF.

    E’ opportuno prescrivere l’uso di calze antitromboemboliche per circa 30 giorni.

  • 53

    Bibliografia Paley D: Principles of deformity correction. Springer, Berlin, ed 2002.

    Paley D: Principles of deformity correction. Springer, Berlin, ed 2005.

    Taylor JC: Correction of general deformity with the Taylor Spatial Frame Fixator. www.jcharlestaylor.com, 2002.

    Fabricant PD, Camara JM, Rozbruch SR: Femoral deformity planning: intentional placement of the apex of deformity. Orthopedics, 36, 533-537, 2013.

  • 54

    Note

  • Smith & Nephew S.r.l.

    Via De Capitani 2A

    20864 Agrate Brianza (MB)

    Italia

    T +39 039 60941

    F +39 039 651535

    www.smith-nephew.it

    Riservato al personale medico™Marchio di Smith & Nephew 7118-0004-i V1 10/2014