CORIANDOLI di Gianpaolo Trevisi

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poesie vere presentazione di Vittorino Andreoli

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Gianpaolo Trevisi

CORIANDOLIpoesie

Presentazione di Vittorino Andreoli

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© Il Segno dei Gabrielli editori 2012Via Cengia, 67 – 37029 S. Pietro in Cariano (Verona)Tel. 045 7725543 – fax 045 6858595mail: [email protected] www.gabriellieditori.it

ISBN 978-88-6099-162-1

StampaLitografia de “Il Segno dei Gabrielli editori’’San Pietro in Cariano (VR) Giugno 2012

Illustrazione di copertina:Annalisa Gatto

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A Dalia,

perché il tuo primo pianto

sarà il mio primo sorriso da Peter Pan,

senza cappello

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INDICe

I coriandoli di Gianpaolo Trevisidi Vittorino Andreoli 5

Nota dell’Autore 13

C’è una grande differenza 15Non voglio 16Con te... 17Fuori dal finestrino 18A otto scalini dal cielo 19Il cuore in tasca 21Non è stato facile 22Che film possiamo vedere stasera? 24Con tutta Roma sotto i nostri piedi 25Un comune mortale 26Conosco 27Sono frocio 28Hagid 29Adeos 30Il bullo 31La signorina Fatina 3219 ottobre 1994 35Imparare 37Un pezzo di carta 38A mio padre 39

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Suor Imprigionata 40e lei continua a suonare il piano 42In un solo attimo 44A Lalla 46Vent’anni dopo 47La morte della morte 48Il paese 49Sotto un altro cielo 52Io sto con gli Indiani 54Auschwitz il silenzio 55Danilo 57Il tuo cuore 59Una A 60Ti amo T 61Amare è volare 63Io mare e tu scoglio 64La giovinezza 65Vorrei essere fatto di mare 67Sai quanto costa il pane? 69Ho un sogno 70Una storia 72Ricetta d’amore 73Quando dici la vita 74elisir 76Con questa musica 77

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I CORIANDOLI DI GIANPAOLO TReVISIdi Vittorino Andreoli

Gianpaolo Trevisi non riesce più a sorprendermi. Dopo la pubblicazione dei suoi racconti, ma soprattutto dopo averlo conosciuto di persona, so che egli incarna la creatività. I suoi occhi vedono in luoghi reconditi, in cui abitualmen-te non si guarda mai.Osserva anche gli spazi banali con uno sguardo che li pe-netra e riesce a vedervi l’invisibile e a riempirli di senso umano.Il suo lavoro lo porta quotidianamente a contatto con l’uomo estremo, colui che compie gesti di rottura non solo nei confronti della Legge, ma persino contro la bio-logia, contro i suoi meccanismi di difesa, i suoi misteri. Si occupa di gente che uccide, che si scontra con la morte, sovente affrontando la morte che è dentro di loro.Trevisi è attualmente il capo della Mobile presso la Que-stura di Verona, e la sua esistenza è scandita da squilli di telefono che lo chiamano perché qualche cosa di estremo sta per accadere in una piazza della città, in un apparta-mento all’apparenza tranquillo, ma al cui interno si scate-na la violenza.Con Franz Kafka abbiamo imparato che si può fare l’im-piegato in una compagnia di assicurazioni del Dazio e di-ventare grandi narratori. Italo Svevo ha legato gli impie-gati di banca alla letteratura italiana.Ora Trevisi riporta la letteratura e la poesia dentro la Que-stura e nel lavoro del Dipartimento di Polizia. In Coriandoli non si esprime con il racconto, ma con i versi, e credo che sia la sua prima opera poetica, anche se

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deve essere antico il suo legame con il suono delle parole e il loro combinarsi armonico.Qui sparisce la punteggiatura, il periodare, ma le parole mantengono un significato, anzi uno stesso sema ne con-tiene molti fino a farsi la parola stessa mistero.I temi che questa raccolta di poesia riesce a suscitare sono essenziali, si radicano entro l’antropologia: il desiderio di libertà, la paura della morte, il bisogno dell’amore.È la morte che particolarmente mi ha colpito, perché Tre-visi non guarda alla percezione della morte dentro di sé, ma a quella che vede per le strade, negli incidenti d’auto, a quella che arriva inspiegabile con una pallottola sparata per rabbia, per gelosia, per il bisogno di sentirsi vivi.Si uccide, eppure si ha bisogno di amore. L’amore e la morte. Forse ignorando che si tratta di due termini tra loro colle-gati anche nel significato etimologico.Amore come a-morte (contratta in more), mancanza della morte, terapia della morte.Così si mostra la contrapposizione non tra morte e vita, ma tra morte e amore.L’amore come attaccamento a qualcuno che si fa neces-sario anche se si sente inutile e teme di non avere alcun significato.

Versi di morte.

“È terribilmente diversoimmaginare un uomoche muoree guardarne uno moriresdraiato per terrasu un marciapiedeparte finalmente di quel tuttoo forse solo parete di niente…”(da C’è una grande differenza)

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“Ha le mani freddesi chiama Hagide non distribuisce regalima lava i vetri con i sogni”(da Hagid)

“Sono arrivatoche eri appena andato viae forse avessi corso un po’ di piùsarei riuscitoad afferrare il tuo respiroe invece…”(da 19 Ottobre 1994)

Ma ecco l’amore:

“Io sto pensando a te che mi manchi immensamentee intanto non so neanche chi seie la musica è assordante”(da Con questa musica)

“L’hai mai sentita così dentro teda ridere quando lei si divertee da piangere quando lei sta male?e da non poter volare quando lei non c’è….Forse perché non credi ai sognio solo perché non conosci leie non ti perdi nei suoi capelli biondie non respiri i suoi occhi chiari”(da A otto scalini dal cielo)

Il tema riporta al dolore inevitabile, e l’esempio più dram-matico viene espresso nella poesia Auschwitz il silenzio in cui alla maniera di eli Wiesel (nel racconto La notte) ci si interroga su Dio e su dove egli sia.

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“Qui neanche il vento ha il coraggiodi fare rumore…Tutti hanno famee mangiano ricorditutti hanno setee bevono lacrime…ma ora sono il vento e il maree non hanno più murida dover scavalcare”(da Auschwitz il silenzio)

“Un paese che cadrebbe giùse a tenerlo su non ci fosse l’alito di Gesù…”(da Il paese)

La poesia è piena di significati e bisogna leggere i suoi versi molte volte, coniugandoli agli stati d’animo e ai sen-timenti, a quando si avverte la gioia oppure il dolore, la solitudine oppure si è stretti in un abbraccio d’amore.

Alcuni versi poi bisogna stamparli nella propria mente e recitarli quando qualcuno muore:

“Voglio essere solo un pezzo di cartaalzarmi piano da terrae non fermarmi più”(da Un pezzo di carta)

e questa è poesia.

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NOTA DeLL’AUTORe

I pensieri sono coriandoli, alle volte colorati, alle volte in bianco e nero, coriandoli che piccoli e leggeri si lanciano per aria e poi si fanno trasportare dal vento sino ad arriva-re giù, a terra, a coprire il grigio dell’asfalto.Per questo motivo le mie “quasi poesie” le chiamo corian-doli, perché spero possano far sorridere, quando sono co-lorati, e far piangere, quando sono in bianco e nero, o pos-sano far semplicemente emozionare. Alcune le ho scritte quando avevo ancora i capelli e pettinavo la mia fantasia con mani sporche di terra e un pallone; altre le ho scritte un po’ meno giovane, quando volevo essere spettinato e non avevo quasi più i capelli per poterlo fare... e le ultime le ho scritte ormai pelato, dopo aver conosciuto Tea la mia vigilia di Natale e dopo aver sentito il cuore della mia bimba, che ancora deve nascere.Le mie “quasi poesie” non hanno virgole e punti, proprio perché quando uno pensa, non come quando si parla o si scrive, non ha pause da rispettare e regole da osservare.Non so se piaceranno i miei pensieri, ma di sicuro su que-ste pagine bianche sono rimasto nudo, ricoperto solo di milioni di coriandoli...

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C’È UNA GRANDe DIFFeReNZA

C’è una grande differenza tra immaginare e guardaretra sognare e vedereMentre, però, è quasi uguale immaginare un tramontoe vederne unoè terribilmente diversoimmaginare un uomo che muore e guardarne uno moriresdraiato per terra su un marciapiedeparte finalmente di quel tuttoo forse solo parte di nienteCosì ti fermi un attimo entri nei suoi occhi e stai male insieme a luiPer questoimmaginare significa fregarsenee guardare significarespirare malee sentire un grande doloreL’ho guardato fino a quando ho chiuso gli occhi per paura di morirepensando cheche se tutti guardassimo un po’ di piùmoriremmo tutti un po’ di meno

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NON VOGLIO

Non voglio che mi rubiatenulla da dentroe che questa cravattasoffochi la mia libertà