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Dal Corano alla Poesia L’Archetipo dell’Intraducibile L’Archetipo dell’Intraducibile

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Dal Corano alla Poesia

L’Archetipo dell’IntraducibileL’Archetipo dell’Intraducibile

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Oggi comunemente il Corano ci rievoca la presenza di una fede aggressiva e

militante.

Così come in passato, dal punto di vista occidentale, era associato alla spada della conquista islamica, oggi lo percepiamo come alveo del radicalismo islamico.

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Eppure, i testi sacri sono sempre stati il motore di una profondissima spiritualità, capace di accordare i cuori degli

esseri umani con i segreti delle energie creatrici presenti nella sostanza di realtà manifeste o nascoste.

La creazione letteraria è uno dei principali prodotti delle tradizioni sacre.

Questo è ancora più evidente nella poesia, dove nel lavoro sulla parola (primigenia qualità dell’umani) si gioca

costantemente una dialettica tra il visibile e l’invisibile,

l’urgentemente esprimibile e l’indicibile.

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Nella nostra epoca pare che le religioni rivelate e istituzionalizzate tentino in

ogni modo di annerire il proprio fondo di verità sacra e ridurlo a una retorica muta

e aderente alla superficie del discorso confessionale.

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Di fronte all’atrofizzazione del sacro sono due le reazioni alle quali, oggi, assistiamo:

1. Primato dell’immanente sul trascendente (deviazioni politiche e catechistiche delle

religioni)

2. Neo-spiritualità varie, che emergono per restituire una superficiale sacralità di fondo

alla religiosità muta delle chiese istituzionalizzate. (New-Age, Goa, Paulo

Coelho, etc.)

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Risulta quindi facile per noi, per di più in un contesto accademico, professare un distaccato

laicismo soprattutto quando leggiamo (male) la storia dell’illuminismo e del progresso scientifico.

Il testo sacro, così come la poesia, è legato al lavoro su un piano sottile della realtà, verificarne la portata, più che la veridicità storica, è il compito di chi studia

questo materiale con un vero afflato umanistico.

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Credere o meno che i testi sacri siano stati rivelati da un’ispirazione divina non

deve essere per noi importante. Ciò che importa è verificare la portata

della loro efficacia simbolica nei tempi e nei luoghi.

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L’accanimento filologico nei confronti delle verità presenti nel Corano non ci ha portato a nulla, nell’arco degli ultimi due

secoli non è stato dimostrato nulla di significativo rispetto alla sua ispirazione

divina.

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Il Corano, rivelato al Profeta Muhammad nel VII sec. d.C., è stato inizialmente

tradotto molto poco sia in occidente che nei paesi islamici.

La sua traduzione non è mai stata problematica come la traduzione nella

Bibbia.

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In genere associamo ontologicamente e funzionalmente la Bibbia al Corano, ma

non è tanto la storia della loro ricezione a marcare una profonda differenza tra

questi due testi sacri.

E’ piuttosto la loro essenza a differire radicalmente

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Secondo questo luogo comune la Bibbia sta al Corano così come Gesù sta a

Muhammad (volgarmente “Maometto”)

Libro Sacro:Bibbia = Corano

Profeta:Gesù = Muhammad

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Potrà sembrarci strano, ma la seguente proporzione potrebbe essere un modo più efficace per descrivere

un’ipotetica associazione funzionale tra Cristianesimo e Islam:

Maria : Muhammad = Gesù : Corano

Maria era vergine così come Muhammad era ignorante (ummi), il medium della rivelazione in

entrambi i casi è stato Gabriele.

Come spiegare la corrispondenza proposta tra Gesù e

Corano?

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Per comprendere questa associazione è necessario analizzare il rapporto

che sia Gesù che il Corano intrattengono con la Parola, il Logos.

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Prologo al Vangelo di Giovanni

1. In principio era il Verbo,il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2. Egli era in principio presso Dio:

3.tutto è stato fatto per mezzo di lui,e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che

esiste.

[…]

14. E il Verbo si fece carnee venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi vedemmo la sua gloria,gloria come di unigenito dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

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Nel Cristianesimo la Parola Sacra non corrisponde al Testo Sacro così come noi

intendiamo la Bibbia. Piuttosto, la Bibbia è una cornice

narrativo-descrittiva in cui è presentata la discesa del Logos, il Verbo.

Per questo motivo è doveroso sottolineare una differenza tra i due testi:

1. Testo Primigenio : Logos, Verbo.

2. Narrazione : Bibbia

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Se per Logos intendiamo la Parola di Dio, descritta nella sua essenza primigenia, non

possiamo trovare alcuna corrispondenza con la struttura ontologica della Bibbia.

Caratteristiche del Logos:

1. E’ situato “nel principio”

2. E’ presso Dio, e corrisponde a Dio non per essenza, bensì per “prossimità”

3. “Si fece carne”, ovvero corrisponde pienamente con il “corpo di Cristo”

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Nella tradizione Cristiana quindi l’archetipo della Parola Divina (il Logos) gode di una

natura pre-eterna, il cui ingresso nella storia è segnato da una sua traduzione in carne: la

nascita di Cristo, per mezzo di una vergine, annunciata da Gabriele.

E’ Cristo la Parola di Dio, non la Bibbia.

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Anche nel Corano si Parla di un Archetipo Celeste della Parola:

“Dio cancella quel che vuole, e quel che vuole conferma: presso di Lui è la Madre del

Libro.”(13;39)

“Per il Libro Chiarissimo! Noi ne facemmo un Corano arabo perché voi intendiate, ed

esso sta scritto presso di Noi nella Madre del Libro, ed è Alto e Sapiente.”

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L’espressione Madre del Libro (Umm al-Kitab) sottintende l’idea di un archetipo, una

matrice divina della scrittura.Essa designa il prototipo celeste del Corano,

che sarebbe la sua traduzione tangibile “discesa” sulla terra, e il cui originale, come il

Logos giovanneo, si trova “presso Dio”.

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Se quindi, nella tradizione cristiana, il Logos si fa carne (Gesù), nell’Islam l’archetipo verbale è tradotto nella forma di un libro,

rivelato in arabo (il Corano).

Il Corano è la realizzazione materiale (voce/scrittura) di una Verità Verbale eterna

che si trova “presso Dio” proprio come il Logos giovanneo. Il Libro quindi, a differenza

della Bibbia, è già in sé, fisicamente, un’ipostasi dell’essere, in termini

neoplatonici: L’Emanazione Prima, o Intelletto Primo.

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Quali sono quindi le caratteristiche di questo Logos tradotto in parola coranica?

Esso è scritto “in lingua araba chiarissima”, e il suo stile è molto vicino a quello che oggi,

così come ieri, può essere definito “poetico”:

“Fin dall’epoca della sua redazione, il Corano stesso s’è giustificato con la propria qualità letteraria. Nella società

araba arcaica la poesia svolgeva un ruolo importante, e se il Profeta è severo verso i poeti, che tratta come bugiardi, egli

non può prescindere dalla mentalità del suo uditorio. La stessa radice “sh’r” che designa l’attività poetica, significa anche “conoscere”, “sentire qualcosa”, (donde il termine

shu’ur, “intelligenza”, “conoscenza”).”M.T. Urvoy - “Inimitabilità del Corano”, in Dizionario del Corano.

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La tradizione islamica afferma “di sintetizzare e sigillare i messaggi profetici anteriori, [essa]

individua nella Umm al-Kitab la “matrice” celeste non solo del Corano ma anche di tutti i

libri rivelati. Da questa matrice sarebbero state estratte le Tavole della Legge per essere

consegnate a Mosé sul monte Sinai. Accezione che alcuni mistici chiamano

“l’unità trascendente delle religioni” (wahdat al-adyan)”

Ida Zilio Grandi - “Archetipo della Scrittura”, in Dizionario del Corano.

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Il Corano propone la missione profetica di Muhammad come “sigillo” di un’unica

rivelazione che ha inizio prima del tempo, con il “Patto Primigenio”, confermata da Adamo

(primo profeta) e da tutti gli inviati riconosciuti dalle altre fedi monoteistiche.

La Verità presente nella Madre del Libro è quindi unica, comune anche a cristiani ed ebrei,

eppure:

“Ma poiché essi [i figli di Israele] ruppero il loro patto, li abbiamo maledetti e indurimmo i loro cuori, sì che essi hanno

stravolto il retto senso della Parola e hanno obliato parte di quello che fu loro insegnato. Tu t’accorgerai continuamente

di qualche perfidia da parte loro, salvo pochi; ma tu perdonali e sii indulgente, ché Dio ama i buoni” Corano 5;13.

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Stravolgere il senso della parola: tahrifinterpolazione, corruzione, indica

l’alterazione volontaria delle parole e delle lettere, associato alla parola harf, lettera,

parola, discorso.

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In virtù della sostanziale unità della profezia divina, Dio, secondo una tradizione (hadith) avrebbe mostrato i segni del Suo Logos per mezzo dei miracoli di tre Inviati. Miracoli la

cui natura, nel tempo, è proporzionata alle arti in cui gli uomini eccellono:

1. Mosè - Al suo tempo gli uomini erano maestri nell’arte della magia. Il bastone di Mosé si tramuta in serpente che

divora i serpenti creati dai maghi del Faraone.

2. Gesù - E’ concepito in un’epoca in cui gli uomini sono impareggiabili nell’arte medica, il suo miracolo consiste nel

portare in vita i morti (Gesù-taumaturgo).

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3. Muhammad - Fu inviato da Dio in un’epoca in cui gli uomini erano maestri nell’arte della parola

poetica.

E’ per questo motivo che il Corano si presenta, in primo luogo, come prova di un’inimitabilità

linguistica e letteraria. Inimitabilità, miracolo, in arabo: i’jaz, che significa il “fatto di rendere

incapace, impotente”. Gli uomini sono invitati a produrre un discorso che sia più eloquente ed

evocativo del Corano stesso: “persino l’unione di umani e jinn non saprebbe produrre nulla di simile a

questa predicazione (Qur’an)” (17,88).

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L’inimitabilità linguistica e letteraria del Corano quindi implica necessariamente due questioni:

1. Condanna della poesia (su cui ritorneremo in seguito)

2. Fondamentalismo linguistico. La parola coranica si presenta come principale ed essenziale fonte

scientifica al cui dettato la comunità islamica deve attenersi strettamente.

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Nella tradizione cristiana il Logos è incarnato nel corpo di Cristo, ed è proprio quel corpo (nonché il sangue) che il

fedele deve ingerire per essere partecipe della Parola Sacra.

Se nell’Islam il Logos appare in forma di libro, sarà la sua recitazione a rendere partecipe il fedele della verità rivelata.

La Parola tradotta in parola, per via della sua natura linguistica, si presenta automaticamente al vaglio

interpretativo della comunità, visto che ogni suo significato (chiarissimo) deve essere sviscerato in modo da far

coincidere la legge degli uomini con la Legge sacra: Islam din wa dawla, Islam è religione e stato.

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La verità del Corano si presenta quindi prima di ogni cosa nella veste di una forma linguistica, è nella sua

stessa struttura formale che alberga il Logos primigenio tradotto in parola.

Pertanto, questa traduzione coranica del Logos è inscindibile dalla lingua araba in cui esso è stato

rivelato.

Paradosso: come si accorda il carattere linguistico “arabo” del Corano con la sua aspirazione universalistica e quindi plurilinguistica?

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E’ possibile tradurre il Corano in altre lingue?

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A rigor di logica un testo come il Corano, direttamente “estratto” dall’archetipo eterno del

Logos divino, dovrebbe essere soggetto alla proibizione assoluta di ogni tipo di trasporto in altra

lingua, visto che è nella sua forma araba che il miracolo linguistico ha avuto luogo.

Ma già Abu Hanifa, il capostipite di una delle principali scuole giuridiche islamiche, a poco meno di un secolo dalla rivelazione, propone l’utilizzo di traduzioni pubbliche del testo da usare durante la

preghiera.

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E alcune traduzioni sono infatti attestate già dai primi secoli dell’epoca islamica, soprattutto in persiano e in berbero, le lingue delle due prime

grandi civiltà toccate dall’islamizzazione arabofona.

Eppure il fenomeno delle traduzioni non ha mai assunto un carattere universalmente diffuso, nonostante l’aspirazione universalistica che contraddistingueva il nuovo credo religioso.

Se la sostanza vera della verità coranica è affermata dalla forma del Logos, è secondo una prospettiva formale che bisogna tentare di sciogliere questo

paradosso.

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Se pensiamo alla Bibbia secondo l’opposizione forma/contenuto, potremmo ipotizzare la priorità del contenuto (il messaggio) sulla forma del testo per via

di due principali fattori:

1. L’effettivo plurilinguismo presente nel testo biblico (ebraico, aramaico, greco, latino).

2. Il testo non è strutturalmente partecipe del Logos, bensì né è il vettore, la narrazione di una rivelazione

che è rinnovata ogni volta, durante l’eucarestia.

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Proprio in ragione della forma extra-linguistica dell’incarnazione del Logos (eucarestia) che il testo-arca non può essere interpretato da chiunque, bensì

da una gerarchia ecclesiastica che assicura nel tempo la retta lettura della narrazione relativa al processo di

transustanziazione.

Allo stesso tempo il messaggio deve raggiungere ogni cultura, l’atto eucaristico è indipendente dalle lingue, quindi evangelizzare significa introdurre il libro nell’altrove. Istituto Universitario Orientale =

Collegio dei Cinesi

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Il Corano, invece, contenendo il Logos nella propria forma, per sua stessa natura non può essere tradotto,

assistiamo a un movimento opposto rispetto al Cristianesimo: l’Islam ri-porta al Corano i popoli

conquistati. Non esiste alcuna forma di proselitismo, il testo viene letto, oppure imposto con la spada,

oppure in ogni insediamento i musulmani sono solo un’elite che non ha alcun interesse nella conversione

delle altre comunità.

Prima ancora che a una islamizzazione assistiamo a una “coranizzazione”, o meglio a una

“arabizzazione”, e non si tratta di un semplice processo unidirezionale.

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Il Logos, in qualità di testo tangibile, si offre automaticamente al vaglio interpretativo.

Per quale motivo?

La verità del Logos giovanneo è attualizzata ogni volta nel consumo del corpo e sangue di Cristo da

parte dei fedeli cristiani. Attualizzazione e comprensione extra-linguistica, l’interpretazione in

realtà è una ingestione.

Il Logos coranico invece ritorna alla Madre del Libro ogni volta che viene recitato ad alta voce (etim.

Qur’an) o semplicemente letto. E’ il testo stesso che chiede di essere interpretato, a più riprese, tanto nei

suoi versetti chiari quanto nei versetti oscuri.

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Il Corano diventa archetipo di una “società del libro”, la sua interpretazione implica la nascita di

svariate scienze che muovono tutte dall’interpretazione della parola sacra:

1. Diritto2. Teologia

3. Grammatica4 Retorica

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Categorie esegetiche:

1. Esegesi linguistica, basata sull’analisi grammaticale, sintattica e retorica del discorso coranico, prendendo esempi dalla poesia classica araba.

2. Esegesi filosofica e razionalistica.

3. Esegesi storica, concerne i racconti geograficamente e cronologicamente situati presenti nel Corano.

4. Esegesi intertestuale, il Corano è interpretato tramite lo stesso Corano o per mezzo dei detti del Profeta.

5. Esegesi giuridica.

6. Esegesi basata sul giudizio indipendente.

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Tradurre il Corano, quindi, è un falso problema,visto che da un lato la sua interpretazione è essenzialmente libera (a patto che si scelga una “via media”) e dall’altro la

sua essenza logo-centrica è legata alla forma araba.

Il Corano è la fonte principale della retorica e della poetica sviluppate in ambito islamico, espresse in decine di lingue per

più di un millennio dalla Andalusia all’Indonesia.

Non è solo un testo-mondo, è un testo-civiltà molto più di quanto lo sia stata la Bibbia.

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“E Questo ancora è rivelazione del Signore del Creato, - e lo portò lo Spirito Fedele - sul tuo cuore, perché fossi Mònito agli uomini in lingua araba chiara. E già si trovava nei Libri

Sacri antichi. Non è forse un Segno per loro, che già lo conoscano i Figli di Israele? E se noi l’avessimo rivelato a qualche straniero, e questi lo avesse recitato loro, non gli

avrebber creduto. […]No, non l’abbiamo rivelato per bocca di demoni, (né

s’addiceva loro, né sarebbero stati capaci di farlo, perché sono estraniati dall’udire la Parola di Dio). Non invocare

dunque insieme con Dio un altro dio, ché ne saresti duramente punito. E ammonisci i più vicini a te della tua

tribù. E abbassa l’ala clemente su chi fra i credenti ti segue. […]

Vi dovrò io annunciare su chi scendono i demoni? Scendono su ogni mentitore malvagio, e gli insegnano discorsi ch’essi

hanno captato furtivi, e i più di essi sono falsi…

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E i poeti poi, che i traviati seguono, non vedi come vagano per ogni vallata e dicono quello che non fanno? Eccetto

coloro che credono ed operano il bene, e molto menzionano Dio e si difendono, con l’aiuto divino, quando sono

ingiustamente oppressi: ma gli oppressori sapranno quale sorte li attenda”

“Sura dei Poeti”, Corano, 26, vv.192-226.

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In seguito alla Rivelazione coranica la poesia acquisisce un carattere particolare nell’alveo della cultura islamica:

1. Discorso necessariamente fittizio (vs. la mimesis classica)(poeta = sha’ir: colui che sente, che conosce l’invisibile)

2. Principale veicolo del messaggio coranico, estrinsecato però dal contesto arabo e aperto alla commistione culturale con visioni del mondo altre rispetto al contesto originario.

3. La parola poetica è la Parola per eccellenza, associata al Logos-primigenio creatore del mondo. Mimetica quindi è la

sua genealogia rispetto alla Rivelazione logocentrica, ma allo stesso tempo fittizio è il suo ambito d’applicazione.

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I persiani, eredi di un millenario retaggio culturale, accoglieranno sincreticamente, accanto alla rivelazione

coranica, la poesia e parte della lingua degli arabi, producendo una realtà linguistica mista semitica/indoeuropea

e riadattando alla propria storia un nuovo impeto creativo basato principalmente su un sistema di contrapposizioni.

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“Teniamo una mano sul Coranoe l’altra sulla coppa del vino,

Ora siamo nel lecito ed ora nell’illecito.Sotto questa volta turchese

Non siamo né del tutto musulmani,né del tutto miscredenti”

‘Omar Khayyām (XII sec., Iran)

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Nezami di Ganjé - Le Sette Principesse - XII sec. Iran

“O Tu dal quale il mondo ha trovato l’essere suo, ché nessun essere era prima di Te! Nel Tuo atto iniziante è il principio di

tutte le cose, nel Tuo atto terminante è di tutte le cose il termine! O Tu che hai innalzato il firmamento eccelso,

illuminatore di stelle, raccoglitore di folle. […] O donatore di luce ai veggenti, non nella forma, ma nell’adornar Tuo tutte

le forme. O Tu che hai creato il mondo dal nulla, suonatore di melodie, il nome Tuo, che è il principio di ogni nome, è il

primo principio e l’ultima fine: primo dei primi all’inizio del conto, ultimo degli ultimi alla fine di tutto. […] Tu hai acceso dentro il cervello dell’uomo un intelletto più luminoso della lampada, […] L’Anima, che è divenuta sostanza, e sta nel

nostro corpo, nessuno sa quale sia il suo luogo: Tu, che non sei sostanza, non hai luogo, come quindi potrebbe

raggiungerTi l’immaginazione impazzita?

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Tu sei colui che muta i nostri stati, nessuno come Te può trasmutarci, finché Tu non lo voglia, non avviene nulla, né in

bene né in male, e l’essenza di nessuno esiste. Tu dai e Tu apporti, dall’argilla e dalla pietra, il fuoco del rubino e il rubino del fuoco. Il mondo, e il cielo viandante attorno al

mondo, fanno da guardiani accanto alla Tua porta. Ognuno è pittore della Tua cortina, tutti son nulla, quel che si fa Tu lo fai. Come potrebbero il male e il bene venire dall’astro, se

esso stesso è vinto dal male e dal bene? […]Tutte le sottigliezze degli astri, insieme con le scienze

occulte, ad una ad una le ho studiate tutte, e ho cercato in ogni carta il loro segreto; ma quando ho trovato Te, tutte le ho

cancellate le mie carte!”Nezami Ganjevi, Le sette principesse, trad. A. Bausani, pp.

25-7.

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Causa della composizione del libro

“Il messaggero portandomi il Suo ordine, così mi disse: - trai giù dalla notte di festa una falce di luna, tanto sottile che nessuno attraverso il velo della tenebra possa scorgerla, e

affinché il tuo gioco di fantasia renda i maghi preda della tua magica arte, versa un po’ di pepe sul fuoco e mormora

scongiuri nella fiamma ardente e la vecchia cera secca in questo calore, ammollisci, per intenerire i cuori. Spargi

profumo dalla tua penna, perché la brezza dell’alba acquisti aromi odorosi, fa che danzi il vento sull’ambra e deponga muschio profumato sulla seta delle valli. Alza il sipario e mostra la tua abilità, svela il volto alle vergini velate! -

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Quando il regale messaggero m’ebbe fatto questa richiesta si posò su di me la gioia e scomparve il dolore. Nei libri

finalmente composti cercai quello che potesse deliziare il cuore. Era tuttavia rimasta, di quei frammenti di rubino, un

po’ di polvere e ognuno aveva fatto qualcosa con quei frammenti, ma io, come un gioielliere, da quegli scarti ho

costruito un simile tesoro. Cercai nei libri nascosti che erano sparsi intorno al mondo, testi arabi e persiani, ogni perla che fosse stata gettata in qualche sotterraneo tesoro, tutti i fogli

che mi caddero nelle mani li rilegai assieme in un quaderno e quando, da tutto ciò che la penna annerì, le cose migliori

furono da me scelte e adornai questo libro simile al Commento dei magi con Sette Spose, affinché le Sette Spose degli astri, se mai riguarderanno alle mie spose, possano, in

virtù della loro concorde operazione e del loro parallelo ornamento, favorirle dell’aiuto loro, una a una.

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Alla fine, se sette linee si riuniscono concordi, ne nasce un punto che predice i felici esiti delle opere. Il pittore, anche se

dipinge dieci immagini, deve pur restare attento a un solo filo, dal quale anche se si discosta d’un pelo, sbaglia tutte le

altre disposizioni. […]Che dico dunque? Che queste parole sono mie? La mia acqua viene da una Nuvola di Grazia, le mie perle da un Eden. Se la conchiglia sperimenta generosità dalla nuvola, la nuvola, in

cambio, sperimenterà fedeltà dalla conchiglia, perché ciò che la nuvola sparge dall’aria la conchiglia trasforma in perle regali. Non sono un Gabriele, è un genio che mi spinge a

muovere la penna sulla pagina in questo modo; dunque, per questa magia, appresa da un genio, procura tu nuova veste,

ché è stagione di Primavera.

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Mio compito è quello di fondere nella zecca della poesia oro purissimo, non oro scadente; se nessuno comprerà la mia ambra, basta per la mia seta il valore del mio muschio. I

sottili poeti, cantati i loro versi, alla fine si stancarono e si addormentarono, ma noi abbiamo costruito le tombe a quegli

scomparsi e abbiamo sciolto i calzari ai veggenti del villaggio. Da quegli stili che furono prima di noi nessuno prima d’ora ha tratto frutto così nuovo, e, se anche nella

forma abbiamo qualche difetto, nell’arte retorica abbiamo perfetto dominio: diamo midollo puro senza inutili pelli; ma, malgrado l’originalità dell’arte nostra, non ci distogliamo da

quella antica forma.”

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In Lode della Parola

Ciò che è nuovo e nel contempo vecchio è la Parola, e, su questo, molto si potrebbe dire. La Madre del Libro, creatrice, fin dall’inizio della creazione, non generò figlio più bello che

la Parola. La parola, immacolata come lo Spirito, è la tesoriera dello scrigno del mondo invisibile; essa conosce storie mai udite, essa legge libri mai scritti; guarda bene e

vedrai che di tutto ciò che Dio ha creato nulla resta saldo se non la Parola, il resto non è che vento.

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Hafez di Sciraz (XIV sec.) - Iran

Non sarà elegante vantarsi dell’arte poetica al cospetto dell’amato,

silenziosa allora è la lingua, eppure, d’arabo si riempie la bocca

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L’angelo dallo splendido corpo nascose il volto, mentre il demone apparve in tutto il suo

fulgore,sconvolta, stupita prese fuoco la ragione,

quale prodigio è mai questo?

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Mai nessuno per queste vallicolse rose senza le spine,

sìè con le Fiamme del Maledetto che la Fiaccola del Prescelto s’accompagna

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Non chiederci per quale motivola volta degli astri cosparse d’affetto

e carezze i miserabili,perché velate e senza ragione

sono le ragioni delle stelle

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Non hanno alcun fascino per mela volta del monastero e la confraternita,

io, per me,un palazzo mi costruisco nella casa del vino,

mio trono saranno le anfore di vino

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E’ luce per i nostri occhiil fulgore della figlia della vite,

il vino io guardoche come cristallo è avvolto nel velo

dell’iride,buccia d’uva, nel manto della cornea.

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D’eleganza e mille arti m’ornavoprima d’ora, o Sovrano,

ma adesso inebriato e rapito dal vinocome sono,

regola stringente sarà per me l’indecenza

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Nella coppa d’Aleppo, e nella broccadi Cina

troverò quell’acqua di vitache mi porta adesso via le disperazioni

dal cuore

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Innalza adesso la coppa del vino,perché, come Hafez,

di mille speranze m’alimentanole suppliche di mezzanotte,

le lacrime dell’alba.

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Segno di Bellezza non e' chi lucenti ha i capelli e stretta la cintura,

inginocchiati ai piedi di chi nel volto ha il Segno più ineffabile

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Carezzevoli e delicati sono i modi di quelli splendidi nel corpo,

ma la Bellezza e' altra cosa, e la grazia altro, d'Altro ancora

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Trova infine la fonte dei miei occhi, tu, rosa sorridente,

nel desiderio d'averti, qui rapida scorre l'acqua corrente

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Nell'arte della freccia gli occhi tuoi e il tuo sopracciglio

han portato via di mano il vigore ad ogni maestro d'archi

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Chi mai potrà sottrarti la sfera di bellezza, quando il sole

non è in questo un cavaliere capace di stringere le briglie sino a oriente?

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Un segno del cuore è la mia Parola, perche tu l'accolga,

sì, sì! La Parola d‘Amore è intrisa del Suo Segno

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Non vantarti di prodigi e inganni con chi siede inebriato tra rovine,

ogni parola ha il suo tempo, e ogni Punto è nel suo luogo

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Sulla via d'amore nessuno sfolgora nella certezza di custodire il segreto,

ad ognuno il suo certo, e si conforma a quanto sa cogliere

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L'uccello sapiente non prende a cantare per giardini, quando sa

che questa primavera è seguita da un più nero autunno

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Dillo al negatore, che non venda ad Hafez le finezze dei suoi incanti,

perché anche il nostro calamo è ornato dalla lingua, e dall’arte del bel parlare.

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Introduzione al Canzoniere di Hafez (XIV sec.):

Infinite lodi e grazie senza pari al Signore che affidò agli Angeli la memoria degli effetti della Sua potenza,

l’Ineguagliabile che, innalzando i sette cieli, ha dato un segno inimitabile della Sua conoscenza e della Saggezza senza pari.

Il Sapiente che ha donato parola a quel pappagallo che mastica zucchero, ovvero l’essere umano, il quale dinanzi

allo specchio della comprensione delle spose dei significati ha appreso il verso che allieta il cuore “Così bella è la parola,

quasi da farsi incantesimo”. Lode al Maestro che per la lingua, usignolo cantastorie dalla voce melodiosa, tradusse in

parole la potenza del pensiero nell’angusta gabbia della bocca: “E’ di profonda scienza che si ornano alcune poesie”.

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Quel sovrano che i servi accarezza, pose la lingua nella bocca,

ripose la perla della Parola nella conchiglia di ogni lingua.

Diede all’anima un cibo raffinato dalla mensa del linguaggio,ripose nel cuore la felicità d’accogliere l’infinita gioia della

Parola.

Coltivò la perla dei significati nel mare del petto,Sconfinata la miniera del talento dove ripose innumeri rubini

di parole.

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lode a quel petto aperto all’eloquenza che recò alle orecchie degli umani e dei viaggiatori angelici della volta celeste

l’appello vivificante: tra gli arabi e tra i non arabi nessuno mi supererà per raffinatezza dell’eloquenza. Lui, che con il

profumo della brezza che nutre l’anima con l’appello: sgorgò nel mio cuore lo Spirito Santo, rese piacevolmente odoroso

l’animo dei cuori vividi dei due mondi, e decorò con la bellezza del suo discorso i capelli delle spose della parola nell’annunciare che: mi hanno consegnato la Madre del Libro, e con Essa la Sua traduzione, e adornò i tesori dei

cuori con le perle prescelte che mostrano il miracolo del mi hanno concesso la perfezione dei discorsi, ovvero il Profeta

Prescelto, Signore dei paesi della conoscenza, colui che inaugurò il libro dove s’illumina la Parola, portatore del sacro

sigillo del Lo giuriamo sul Corano contenente il Monito, inviato al quale non insegnammo la poesia, e non è cosa che a lui si addice, Sigillo della Profezia, sovrano dei prescelti,

Mohammad, rivolto sia a lui il migliore e perfetto e purissimo e felicissimo saluto:

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Saluti senza fine agli spiriti puri e ai corpi onesti degli amici e dei parenti della sua Casa, rendiamo grazie a Lui, che il

cavallo della Parola, dall’agile ed elegante andatura, dal passo svelto dell’immaginazione e della metafora, ha adornato con

tali ornamenti, e nel mercato delle parole si è messo al galoppo, e nell’arena della raffinatezza e dell’eloquenza ha superato con arte tutti i retori e i recitatori e i maestri d’ogni

luogo, affinché facesse pervenire la voce gloriosa del Messaggio e proclamasse il canto splendente alle orecchie dello spirito degli elevati in raffinatezza in tutti gli angoli della terra e agli eloquenti di ogni popolo: Mohammad è

l’inviato di Dio e con i suoi compagni sconfiggerà i miscredenti, affinché i colpi della lingua e la spada del

discorso del E i poeti sono tali che i traviati li seguono, non permettano che la maestà splendente della profezia si lanci al

sacrificio guerriero.

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Nell’ora della lotta e della polemica con questi unica arma fu lo scudo del Miracolo, l’Inimitabile Parola: non potranno

produrre qualcosa di simile al Corano, anche se si aiutassero vicendevolmente.

Eppure, lo sanno bene i mercanti nel bazar dell’eloquio, gli orefici del negozio della finezza, i famosi nella contrada della

parola, i cittadini del quartiere dell’intelligenza e della sapienza, coloro che percorrono il sentiero di prosa e poesia, lo sanno bene i sovrani del regno della raffinatezza poetica

che la Poesia è la perla della Parola, e nella sua essenza sono racchiusi valore e purezza senza fine, nel negozio del mondo nessuna mercanzia più preziosa può essere comprata, e nel

bazar dei tempi non si può vedere alcuna merce più costosa di quella, moneta più preziosa di quella non raggiungerà il cuore

del cambiavalute della sapienza,

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e per il pittore del pensiero nei veli dell’immaginario non si mostrerà un’immagine più bella di quella. Il peso e il valore di quella perla non lo possiede la perla delle corti regali, se

non i sapienti perfetti, e la potenza e il valore di questa moneta perfetta non la conoscono i briganti di strada, eccetto

i fini conoscitori di perle dell’intelletto:

Se esistesse un’essenza preziosa oltre la Parolaessa discenderebbe al posto della Parola.

E questo è un terreno che soltanto gli intelletti fini sono capaci di percorrere, ed è una bilancia che soltanto la

lungimiranza dei conoscitori della parola ne soppesa il piatto, ma numerosi sono gli stili del discorso e le varietà delle

composizioni in prosa e in poesia.

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E la diversità tra le posizioni degli oratori e la divergenza tra i gradi degli artisti è conforme alle disparità tra le popolazioni

e i loro temperamenti e costumi. Hanno detto che non è eloquenza quella le cui briglie del calamo siano sciolte,

eloquenza significa invece espressione del proprio discorso nella cornice di una forma raffinata e di un significato senza eguali, ogni poeta ingegnoso che raggiunga questo risultato e

che sia al corrente della regola di questo assioma, il volto della sua espressione acquisirà freschezza e la bellezza della sua parola guadagnerà rigoglio, affinché arrivi a un punto in cui un solo suo verso raggiunga lo stesso grado di un intero panegirico, e affinché una sua unica canzone raggiunga il

valore di un intero canzoniere, e che da un frammento costruisca il regno di un intero fondo terriero, e che con una

sola quartina conquisti i tre quarti della terra.

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Infine la persona cui è rivolta questa introduzione è lo spirito angelica del Mowlana alA’zam As-sayd, il defunto martire,

orgoglio dei sapienti, maestro dei letterati, la cui vita traboccava di grazia per la conoscenza dei misteri

dell’altrove, tesoro della conoscenza divina, luce del regno e della fede Mohammad Hafez di Sciraz, che Iddio purifichi le sue lastre e innalzi la sua posizione al regno degli angeli, le

cui brillanti poesie fanno invidia alla fonte di vita eterna, e le figlie del suo pensiero fanno invidia ai corpi sottili delle

fanciulle e dei ragazzi del paradiso, i versi suoi seducenti e colmi di grazia abrogano e gettano nell’oblio i versi composti

dai poeti preferiti dal Profeta.

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Ha addolcito la bocca dei popoli con solide parole, e ha sedotto le bocche dei nobili con significati luminosi, sia i

maestri del manifesto hanno aperto a lui le porte della conoscenza, sia le genti dell’occulto hanno attinto da lui lo scrigno dei segreti, ora ha indotto al gioco di sguardi e al

sentiero di passione gli inebriati del vicolo dell’amore, e ha infranto lo specchio della loro sopportazione sulla pietra

dell’instabilità, ora ha trascinato i bevitori del vino nero nella taverna della devozione al servizio del vecchio del convento

dei magi e alla frequentazione dei bordelli.

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La grazia della sua poesia dolce come acqua corrente, un mare che può essere bevuto, dolce, dalle acque meravigliose, abbraccia sia i nobili che la gente comune, e la benedizione delle sue opere raffinate come una nicchia al cui interno è

una lampada, illumina le cose vicine e lontane. Il lecito incantesimo della sua arte ha ridotto al silenzio le facoltà

della parola, e il laccio di versi dei suoi pensieri ha sottratto valore alla merce del mare (la perla) e delle miniere (la gemma), le gocce delle fonti della sua mente illuminata

hanno concesso al giardino del convivio dell’affetto all’acqua corrente dell’ ogni cosa dall’acqua trae la propria

vita, e i profumi del roseto dei suoi pensieri hanno svelato nei giardini delle anime il senso del versetto coranico Osserva i segni della grazia di Dio e guarda come egli concede anima alla terra morta, come l’alito di Cristo le sue eleganti parole hanno ridato vita ai cuori morti, e le gocce dei calami suoi

eterni hanno mostrato i miracoli sul trono della parola.

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Diresti che il profumo della primavera ha tratto la sua grazia dalla brezza del suo carattere, e il volto della rosa e della rosa

selvatica hanno acquisito ornamento e freschezza dalla sua poesia splendente, e la statura del bosso e l’altezza affabile del libero cipresso hanno accolto temperanza ed eleganza

dalla solidità del suo pensiero.E con fortuna ma anche con cattiva sorte si è legato alle

persone dal corpo bello, e nel convivio dei poveri e dei nobili e nelle stanze private della religione e dello stato, con sovrani e mendicanti, con i colti e gli ignoranti, si è dato ai banchetti

e in ogni luogo ha istigato tumulti ed elevato fervori.

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Le carovane delle sue canzoni conquistarono il mondo in pochissimo tempo, raggiungendo l’Asia Centrale e l’India, e le lettighe della sua parola che allieta il cuore in breve hanno lambito i margini dei due Iraq e dell’Azerbaijan, “soffiava

come il vento e come Cristo mostrava il sentiero con affetto, come una parabola giungeva ad ogni luogo, e come il lampo,

come le immagini notturne si precipitava”. La danza dei mistici non si sarebbe accesa senza le sue estatiche canzoni, e

il convivio degli adoratori del vino non avrebbe trovato splendore senza il gusto inebriante e succoso del suo

discorso.

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La Sura di GiuseppeLa più bella delle storie…

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“Ecco i Segni del Libro Chiarissimo: ecco, l’abbiam rivelato in dizione araba a che abbiate a comprenderlo. Noi ti

narreremo ora la più bella delle storie, col rivelarti questa Lettura, nonostante che tu, prima, sia stato fra i noncuranti. Quando Giuseppe disse a suo padre: - O padre mio, ho visto undici stelle e il sole e la luna, li ho visti che avanti a me si

prostravano - Rispose il padre: - Figliuol mio, non raccontare il tuo sogno ai tuoi fratelli, che non abbiano a insidiarti

d’insidie, poiché certo Satana è un chiaro nemico. E così il tuo Signore ti trasceglierà, t’insegnerà l’interpretazione dei detti oscuri, e compirà su di te la Sua grazia. E per certo vi sono, in Giuseppe e nei suoi fratelli, dei Segni per cercatori

del Vero.”

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“E Così Noi demmo un rango importante a Giuseppe in quella terra, anche per istruirlo nell’interpretazione dei detti oscuri; ché Dio vince sempre nell’eseguir il Suo Piano, ma i

più non lo sanno, fra gli uomini. […]

Ora la donna, nella cui casa egli abitava, gli chiese che si desse a lei, e chiuse tutte le porte, e disse: - Vieni qui! - Ma egli rispose: - Mi rifugio in Dio! Il mio Signore, in verità,

m’ha dato asilo buono, e certo gli iniqui non prospereranno! - Ed essa lo desiderava, e la avrebbe desiderata egli pure, se non fosse ch’ei aveva visto la Prova del Signore: così noi

allontanammo da lui il male e la turpitudine, perché egli era uno dei nostri servi puri.

E corsero ambedue verso la porta, ed essa lo afferrò e gli strappò la tunica per di dietro.”

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“E dicevano certe donne per la città: - La moglie del principe è presa d’amore per il suo garzone! Egli l’ha infiammata

d’amore: a noi sembra che si stia chiaramente traviando! - E quando essa udì le loro dicerie segrete, mandò a invitarle, e

preparò loro un banchetto, diede a ciascuna di loro un coltello, poi disse a Giuseppe: - Esci, e mostrati ad esse! - Quando quelle lo videro, grandemente lo ammirarono, e si

tagliuzzavan le mani, e dicevano: - Dio ce ne guardi! Costui non è un uomo, costui è un angelo sublime del cielo -

E la donna disse loro: - Ecco, questo è colui per il quale mi biasimavate; sì, io ho bramato che egli si desse a me, ma

costui mi ha rifiutato.”

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Sa’di (Iran, XIII sec.)

1. No, non posso avvolgermi in lenzuola di seta la notte dell’addio, ché lunga è la notte per chi dorme nel letto della solitudine.

2. Del progressivo impazzire del folle gli assennati lo sannoche non rimane alcuna pace a chi non sopporta.

3. Se guarderai il suo volto, e riuscirai a distinguere le mani dai cedrisarà tuo diritto rimproverare le turpi brame di Zoleikha.

4. Così giovane come sei, cala il velo sul tuo voltoaltrimenti scapperà il cuore di mano al seppur solido vecchio.

5. Tu sei quell’albero fiorito che l’altezza della tua staturaha tolto ogni valore dall’elevato cipresso.

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6. Qualunque cosa tu dirai io non mi opporrò piùperché senza te non ci è possibile vivere.

7. Con gli occhi spalancati come le più lucide stelle dell’Orsa Minore veglio per tutta la notte, a guardare le Pleiadi.

8. Che meraviglia è restare svegli, a notte, con la fiaccola del tuo abbraccioe guardare il tuo volto, perché ciechi diventino i rivali.

9. Io cos’ho da lamentarmi di te? Ché nella religione d’amorelo perdonano l’amato, persino se ha commesso volontario delitto.

10. Così tu hai rubato il cuore a una città intera con gli sguardicome i servi di Bani Sa’d hanno saccheggiato la tavola del banchetto.

11. Così come tu ti comporti è con mille come Sa’diche potrai praticare infedeltà e violenze, ma ti prego, non farlo, amore mio.

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1. Ogni porta da cui uscirai tu, così bello e meravigliososarà una porta della Grazia ad aprirsi sul volto della gente.

2. Là, dove sarà tratta dal velo la bellezza di Giuseppe,non distingueranno le proprie mani dai cedri, loro che inutilmente si dedicano al biasimo.

3. E’ con gioielli che adornano il corpo dei belli in volto,ma tu, dal corpo d’argento, sei così bello da ornare tu stesso i gioielli.

4. Scorge il volto della rosa l’usignolo, e la sua lingua prende a cantare,ma io, davanti al tuo viso, sono così preso da sgomento che mi si serra in petto la voce.

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5. No, tu così splendido non puoi celare il volto alla gente,ché brilli come il sole attraverso la coppa, e si scorge il tuo corpo dai delicati tessuti.

6. Siedi tu su un grado elevato, anima mia, e non ti curi dei poveri,così assonnato non concedi grazia alcuna a coloro che svegli se ne stanno.

7. Come libero cipresso sei spuntato elegante dal fango,e allora non allontanarti da noi, ché unica è la nostra origine.

8. Se non mi dedichi parole amorose, allora fammi felice con gli insulti,seppur amara, è dolce cosa la parola pronunciata da quelle labbra.

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9. Assetato mi gettai in mare, pensando che sino alla cintura m’arrivasse l’acqua,solo quando non trovai più piede compresi che, come nell’Oceano, in te sprofondo.

10. Non importa se con me vorrai slacciare le vesti, oppure inasprirti il volto,non può dirigersi ad altro luogo la mosca, lontano dal bazar dello zucchero.

11. Sa’di, tu fai resuscitare i morti con queste dolci parole,come può il pappagallo, nei tuoi giorni, vantarsi del dolce eloquio?

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Hafez (XIV sec.)

1. Coloro che in oro tramutano la terra con lo sguardo,potranno mai volgere a noi i loro occhi?

2. E’ meglio che il mio dolore celato resti ai presuntuosi medici,

ché forse troverà rimedio nello scrigno dell’occulto.

3. Se l’amato non trae il volto dal velo suo,perché ognuno immagina i tratti del suo viso?

4. La salvezza non dipende dalla dissolutezza e nemmeno dall’ascesi,

meglio allora rimettere alla Grazia la propria vita.

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5. Non privarti della Sapienza, ché nel mercato dell’amorela Gente di Sguardi tratta solo con chi ben conosce.

6. Sono mille i turbamenti che scorrono adesso dietro il velo,

vedremo poi cosa accade quando il velo sarà tratto.

7. Non stupirti se geme la pietra per questo racconto,i Sovrani del Cuore cantano splendidamente la storia del

cuore.

8. Bevi vino, perché cento peccati velati agli estranei,sono meglio della falsa devozione.

9. Temo che la veste da cui mi giunge l’odore di Giuseppesia strappata dai fratelli suoi invidiosi.

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10. Passa per il tempio del vino, perché la folla che ti attende

passerà il tempo a pregare per te.

11. Chiamami a te di nascosto dagli invidiosi perché i grandi

è in segreto che si dedicano al bene per soddisfare il Signore.

12. Hafez, non è possibile che l’incontro perduri,è poca l’attenzione che prestano i sovrani alla vita

del mendicante.